Gennaio 2018 n. 1 Anno XLVIII MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Indice Una notizia per gli appassionati di enigmistica Bitcoin: nuovo oro o truffa? Mistero anestesia Mica son qui che... cazzeggio Come facevamo la spesa I mille volti del polpettone A spasso per l'Umbria Una notizia per gli appassionati di enigmistica La nostra Biblioteca ha effettuato la trascrizione in Braille di Reazione a catena (Giochi enigmistici), edito da Rai Eri nel 2017. L'opera si compone di 4 volumi, per un totale di 484 pagine. Non � disponibile in prestito, ma pu� essere acquistata al prezzo di euro 48,40, o pu� essere ottenuta in omaggio, tramite il servizio "book on demand". Rinfrescare la mente giocando con le parole e scoprendo le mille curiosit� della lingua italiana: questo libro propone, per la prima volta, come un'unica grande sfida, il meglio dei popolari giochi del quiz show condotto da Amadeus su Rai1, come "Caccia alla parola", "L'intesa vincente", "Le catene musicali", "Una tira l'altra", ma anche i pi� classici cruciverba. Bitcoin: nuovo oro o truffa? (di Andrea Greco, "Oggi" n. 52/17) - La moneta virtuale per anni valeva quasi zero. Oggi per comprarne uno sono necessari pi� di 16-mila dollari. Ma perch�? - Ora che hanno superato i 16-mila dollari, tutti parlano di bitcoin. Sull'argomento si esprimono generalmente due fazioni: quella degli entusiasti scommette che i bitcoin saranno la rivoluzione della moneta, tanto quanto le mail hanno rivoluzionato la posta e gli mp3 la musica. L'altra, quella degli scettici, ritiene questa valuta, che non viene emessa da una banca centrale e non � garantita da nessuno, fumo senza arrosto. Sulle pagine dei giornali i bitcoin erano una bolla pronta a esplodere quando raggiunsero i 100 dollari e quando toccarono i mille. Oggi che valgono 16 mila dollari qualcuno comincia a temere che siamo di fronte a un fenomeno epocale. Ci sono stati spaventosi saliscendi, ma il loro valore � cresciuto immensamente. Pi� di qualsiasi altro prodotto finanziario. Se nel 2009 qualcuno di noi avesse avuto la brillante idea di investire un solo dollaro in bitcoin, ora avrebbe quasi 18 milioni di euro! Purtroppo il fatto che siano cresciuti non � promessa che continueranno a farlo. Chi oggi compra un bitcoin domani potrebbe trovarsi con l'investimento azzerato. Quando nascono? - I bitcoin nascono il 3 gennaio 2009. La Lehman Brothers � fallita da pochi mesi e la crisi finanziaria � esplosa con una violenza tale che le societ� avanzate sembrano sull'orlo di una catastrofe finanziaria. A inventare e lanciare questa moneta � Satoshi Nakamoto. La sua criptovaluta, questo � il nome tecnico (o moneta matematica), incarna la contrapposizione al sistema: non viene emessa da una banca centrale, non � controllata da governi, � quasi impossibile da sequestrare o confiscare, � sostanzialmente anonima, circola senza intermediari, le leggi che la regolano sono decise a priori e rigide. Chi li ha inventati? - Ma chi � Satoshi Nakamoto? "Di lui si sa pochissimo, il nome � uno pseudonimo, forse copre l'identit� di una persona, forse quella di un ristrettissimo gruppo: chi ha realizzato i bitcoin ha dimostrato di sapersi muovere agilmente tra crittografia, teoria dei giochi, computer networking, teoria monetaria", spiega Ferdinando Ametrano, professore di Bitcoin e Blockchain Technology all'Universit� Milano Bicocca e al Politecnico di Milano. "Sono discipline complesse e lontane tra loro: maneggiarle tutte con tanta disinvoltura � un tratto geniale". Che fine abbia fatto Nakamoto nessuno lo sa. A met� del 2010 Gavin Andresen, l'esperto sviluppatore informatico a cui Nakamoto ha affidato, via mail, il software di Bitcoin affinch� lo migliorasse, con una mail lo informa che ha accettato di rispondere ad alcune domande della Cia. A questa notizia Nakamoto si inabissa per sempre: si stima possegga circa un milione di bitcoin nel suo portafoglio elettronico, e che di questa cifra non abbia mai speso un solo centesimo. Quanto sono un milione di bitcoin? Al momento in cui andiamo in stampa (il cambio � molto instabile) circa 17 miliardi di dollari, il che farebbe del misterioso Satoshi Nakamoto una delle 100 persone pi� ricche del mondo. Come funzionano? - Per farsi un'idea di come funziona il sistema bitcoin � necessario usare l'immaginazione. Il misterioso Satoshi Nakamoto, quando li ha realizzati, si � ispirato a meccanismi diversi rispetto a quelli delle altre valute. Il bitcoin non esiste in forma fisica, ma � un file elettronico non duplicabile o falsificabile. Tutte le transazioni in bitcoin vengono decrittate, controllate, registrate e poi certificate da una rete di computer. Chiunque pu� far parte di questa rete, che adotta un software open source, ossia che pu� essere scaricato liberamente. Ogni dieci minuti viene processato un blocco di transazioni. Una volta certificato che � tutto regolare, si passa a quello successivo. Tutte le transazioni certificate finiscono su un pubblico registro on line, che tutti possono controllare e nessuno pu� modificare. Il fatto che i calcoli per le certificazioni vengano elaborati da una rete di computer aperta, a cui chiunque si pu� aggiungere o togliere in ogni momento rende la rete molto solida: mancando una sede centrale � difficile, se non impossibile, per gli hacker, o per un governo, bloccare il sistema bitcoin. Chi li produce? - Questa rete di computer che automaticamente controlla e certifica con ora e data certa le transazioni, si chiama blockchain e potrebbe essere usata in campi come quello delle compravendite immobiliari, o per il registro automobilistico, velocizzando il sistema ed evitando il costo degli intermediari. Ma perch� qualcuno mette in rete i suoi computer e li fa lavorare per il sistema bitcoin? Cosa ci guadagna? Per capirlo bisogna conoscere la logica di questa moneta. Quelle che normalmente usiamo hanno una banca centrale che decide quante immetterne sul mercato, adattando l'offerta alla situazione contingente. Il bitcoin invece segue uno schema fisso, deciso fin dall'inizio, immutabile: di questa valuta ci sono oggi circa 17 milioni di pezzi, e cresceranno sempre pi� lentamente fino a raggiungere, nel 2140, 21 milioni. Non uno di pi�. Uno schema che si ispira all'oro, di cui ce n'� una quantit� definita. I nuovi bitcoin si creano in un solo modo: vengono generati automaticamente e assegnati ai computer che per primi risolvono un blocco di transazioni. Per ogni blocco in questo momento sono in palio 12,5 bitcoin, circa 210-mila dollari. Chi mette a disposizione i suoi computer (si chiama "miner" ossia minatore, altra analogia con l'oro) punta al premio. Si usano come i soldi? - Supponiamo di essere andati su una piattaforma di cambio, aver ricevuto l'indirizzo del nostro portafoglio elettronico (l'equivalente dell'Iban), aver memorizzato la nostra password, e aver cambiato degli euro in bitcoin: dove li possiamo spendere? Gli esercizi commerciali che accettano bitcoin sono pochi: a Milano sono 38, a New York il doppio, a Tokyo 50. Jacopo Brigada, titolare di due saloni di bellezza, nel 2016 ha accettato una trentina di pagamenti in bitcoin. "Il mondo del web mi interessa. Il destino ha voluto che proprio di fronte al mio negozio, MJ Studio, ci sia la sede di BlockchainLab, una societ� che lavora nel settore: chiacchierando coi titolari, che vengono a tagliarsi i capelli, ho deciso di accettare bitcoin. Ora ne possiedo mezzo, che vale circa 8 mila euro, e non voglio disfarmene. Certo, da quando il bitcoin si rivaluta di continuo nessuno ha pi� voglia di spenderli per farsi un taglio di capelli". Anche da MakerZONE, una attivit� che si divide tra e-commerce di prodotti informatici e la creazione di siti web, accettano bitcoin: "In realt� li accetteremmo, ma nessuno ha mai chiesto di pagare con questa valuta" racconta uno dei titolari, il designer Marco Rozzoni. "Noi siamo entrati sin dall'inizio in questa avventura, abbiamo anche fatto per qualche tempo i minatori di bitcoin, ma abbiamo lasciato perdere". Valgono troppo? - Se � cos� difficile da usare, perch� questa criptovaluta vale cos� tanto? Su questo le spiegazioni sono molto diverse. Il professor Ametrano premette: "Bitcoin rappresenta per la prima volta in ambito digitale un bene trasferibile, ma non duplicabile. Se aggiungiamo che � un bene scarso, allora sembra che potremmo essere di fronte all'equivalente digitale dell'oro fisico. Non possiamo ancora sapere con certezza se il bitcoin dimostrer� nel tempo di poter davvero essere oro digitale, ma in questo caso � ancora molto sottovalutato; se invece dovesse fallire, allora � destinato a scomparire. Di certo incarna un cambiamento culturale, anche perch� si passa da un sistema centralizzato a uno decentralizzato. Consente un passaggio di denaro tra due persone in assoluta sicurezza (senza una banca che emetta moneta o faccia da intermediario), si basa sulla crittografia (cio� la cifratura di un messaggio) e consente transazioni a basso costo ovunque e con chiunque. Inoltre ha dimostrato di essere sicuro e resistente agli attacchi. Caratteristiche uniche: pensi a qualcuno che � perseguitato, o vive in uno Stato sull'orlo del default. Ora ha la possibilit� di convertire ci� che ha in bitcoin e salvare il suo denaro in una scheda di memoria minuscola, facile da mettere in salvo". Luca Fantacci, che insegna Storia dei sistemi monetari all'Universit� Bocconi di Milano, sottolinea invece alcuni aspetti poco convincenti: "Il bitcoin ha alcune buone idee, ma non � una buona moneta: troppo instabile, chi vorrebbe svendere o fare un mutuo con una moneta che oggi vale uno, domani tre e dopodomani chi lo sa? C'� chi lo paragona a una commodity (ossia quei beni richiesti e scambiati sul mercato, come l'oro o il petrolio, ndr), per� le commodity hanno un valore intrinseco, servono a qualcosa: la domanda di petrolio pu� avere un picco per colpa delle speculazioni, ma non pu� calare a zero, finch� il petrolio viene usato in mille modi. La domanda di bitcoin oggi sale perch� tutti lo comprano nella speranza di poterlo rivendere a un prezzo pi� alto: � la classica logica speculativa. Ma per contro la domanda pu� calare a zero. Il misterioso Nakamoto ha ideato i bitcoin per truffare il prossimo, in questo momento sono un investimento ad altissimo rischio". Ci sono punti deboli? - La rete di computer che lavora in rete per decrittare e certificare le transazioni in bitcoin consuma una quantit� immensa di energia. Secondo alcune stime nel 2016 complessivamente ha consumato pi� di una nazione come l'Irlanda. Per questo Silvio Micali, docente di informatica al Mit, il prestigioso Massachusetts Institute of Tecnology, ha definito il sistema bitcoin "rococ� e dispendioso". Luca Fantacci conferma: "Oggi per processare una sola operazione il sistema usa l'energia che consuma una famiglia americana in una settimana. Pi� c'� richiesta di bitcoin pi� le operazioni si complicano, rendendo necessaria una maggiore potenza di calcolo e un maggior consumo di energia: la richiesta di energia potrebbe essere insostenibile". Un elemento critico in un momento nel quale si considera imperativo trovare in ogni campo soluzioni a basso impatto ambientale. Giacomo Zucco, Ceo di Blockchainlab precisa: "Il consumo di energia e la potenza di calcolo sono elementi necessari per rendere sicuro il sistema. Se ci sono, i punti deboli, sono altri: il primo � che la produzione di processori dedicati ai computer utilizzati per le blockchain � in gran parte in mano a una sola azienda. L'altro � il premio per i computer che risolvono i blocchi di transazioni, che si dimezza ogni quattro anni: c'� la possibilit� che questa attivit� diventi economicamente insostenibile". "Se pensiamo al ruolo cruciale dell'oro nella storia della civilit�", conclude Ametrano, "la possibilit� di essere di fronte a "oro digitale" avrebbe impatti dirompenti nel futuro della moneta e della finanza". Mistero anestesia (di Chiara Palmerini, "Focus" n. 299/17) - A quasi due secoli dal suo primo uso, � una tecnica che funziona (quasi) alla perfezione... Ma non si sa perch� - Dieci. Nove. Otto... In pochi arrivano a contare fino a sette. Che i farmaci arrivino attraverso un ago infilato nel braccio, o respirati tramite una mascherina, il sonno dell'anestesia � irresistibile. Pochi secondi e la luce si spegne. Milioni di persone si addormentano ogni anno nelle sale operatorie di tutto il mondo, e si risvegliano dopo aver sopportato senza sentire niente incredibili affronti al loro corpo. Ma su come funzioni l'anestesia, su come facciano farmaci molto diversi tra loro a spegnere la coscienza e a indurre uno stato che � tra il sonno e il coma, rimane un mistero. Su cui oggi si comincia a fare un po' di luce. A met� Ottocento, il chirurgo William Morton fece la prima dimostrazione pubblica dell'anestesia, addormentando con l'etere, in un teatro operatorio del Massachusetts General Hospital, a Boston, un paziente cui venne rimosso un tumore del collo, senza che desse alcun segno di sofferenza. Subito dopo fu la volta del cloroformio, usato all'inizio soprattutto per stordire le donne durante i dolori del parto, in seguito per la chirurgia. Da allora � diventato un arsenale quello delle sostanze chimiche, alcune da inalare, altre da iniettare in vena, che servono come anestetici. A differenza delle molecole utilizzate per l'anestesia locale, che semplicemente bloccano i meccanismi nervosi della trasmissione del dolore dalla periferia al centro, quelle usate per l'anestesia generale provocano un fenomeno ben pi� eclatante: la perdita della coscienza. Oggi, di solito, un'anestesia generale inizia con l'iniezione di un farmaco chiamato propofol, lo stesso la cui overdose ha causato la morte di Michael Jackson, che lo usava come sonnifero. Pochi secondi, e si dorme gi�. "Dopo la fase dell'addormentamento, chiamata induzione, il paziente viene intubato perch� smette di respirare, e di solito vengono aggiunti altri farmaci: derivati del curaro per bloccare i muscoli e impedire movimenti involontari, pericolosi durante il lavoro del chirurgo, altri anestetici, che contribuiscono al mantenimento dell'incoscienza, e magari farmaci contro il dolore, di solito oppioidi", spiega Antonio Corcione, presidente della Societ� italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva. Il segno pi� visibile dell'anestesia all'elettroencefalogramma � un progressivo aumento delle onde di bassa frequenza e alta ampiezza, uno stato simile a quello che si osserva nel coma. Tanto che spesso l'anestesia viene definita un coma reversibile, anche se gli anestesisti preferiscono parlare di sonno, forse per non inquietare i pazienti. Di sicuro, al livello giusto per iniziare un intervento, il paziente � incosciente, non respira da solo e non risponde agli stimoli dolorosi. Fin da quando gli anestetici sono stati scoperti, ci si � chiesti come mai sostanze chimiche tanto diverse, dagli atomi singoli di un gas come lo xenon fino alle forme complesse dei barbiturici, possano ottenere tutte lo stesso risultato: la perdita di coscienza. L'ipotesi principale sul funzionamento a livello cellulare di questi farmaci si deve a due scienziati tedeschi. Nel 1901, lavorando indipendentemente, scoprirono che un anestetico � tanto pi� potente quanto meglio si dissolve nell'olio d'oliva. "Il tessuto cerebrale � una sorta di budino untuoso", osserva Enrico Facco, gi� docente di anestesiologia all'Universit� di Padova. "Queste sostanze pi� sono liposolubili, pi� funzionano". Come conseguenza logica si pens� che l'anestesia agisse sulle membrane delle cellule del cervello, composte essenzialmente di lipidi, provocando un loro malfunzionamento e, come effetto collaterale, l'incapacit� di trasmettere segnali, e dunque il black-out. Questa idea, nota come ipotesi di Meyer-Overton, ha resistito per pi� di cento anni. Probabilmente per� � troppo semplice. Negli anni '80, si cominci� a pensare che alla base del meccanismo ci fosse un'azione specifica sui canali che permettono la comunicazione tra le cellule e controllano la trasmissione degli impulsi nervosi, piuttosto che un generico disturbo della membrana delle cellule. E via via, alcuni target specifici per i diversi anestetici sono infatti stati scoperti, come quello per il Gaba (acido gamma-amino-butirrico), uno dei principali neurotrasmettitori del sistema nervoso, responsabile di bloccare il passaggio del segnale tra un neurone e l'altro. Di recente, si � per� affacciata una nuova ipotesi, ancora pi� sofisticata. Secondo alcuni biofisici, gli anestetici potrebbero spostare il "punto critico" della fluidit� delle membrane, quello in cui il funzionamento delle sinapsi, responsabili della trasmissione dell'impulso nervoso tra un neurone e l'altro, � ottimale. Cambiando lo stato fisico della membrana cellulare, irrigidendola, un po' come nel passaggio da acqua allo stato liquido a ghiaccio, si renderebbero pi� difficili o impossibili l'attivit� delle sinapsi e lo scambio di informazioni tra i neuroni. Nonostante queste scoperte, resta l'incognita su come questi cambiamenti nelle cellule del cervello riescano a influire globalmente sui circuiti cerebrali, fino a spegnere del tutto la coscienza. "Non abbiamo una visione definitiva di come funziona l'anestesia sul piano farmacologico perch� non abbiamo ancora un'idea chiara di cosa sia la coscienza", osserva Facco. Per anni si � andati in cerca dell'"interruttore centrale", che per� non � mai stato trovato. Oggi prevale l'idea che i farmaci agiscano su diverse leve nelle varie aree del cervello, provocando con meccanismi differenti i loro vari effetti: la perdita della memoria, quella della coscienza, dei movimenti e dei riflessi. Negli studi in cui � stato osservato con tecniche di visualizzazione il cervello dei pazienti sotto anestesia, si vede che la sua attivit� si acquieta, e diminuisce o cessa lo scambio di informazioni tra un'area e l'altra. Queste osservazioni sono in linea con un'ipotesi recente, quella che il senso dell'"io" emerga come risultato di una sorta di dialogo interno al cervello, su cui forse i farmaci agiscono. "Abbiamo dimostrato in diversi studi che la maggior parte dei farmaci anestetici blocca proprio la comunicazione tra le aree del cervello", spiega Mario Rosanova, ricercatore che con il gruppo di Marcello Massimini, all'Universit� di Milano, studia con varie tecniche neurofisiologiche la coscienza e le sue alterazioni. Ma anche questa ipotesi non spiega tutto. Pu� darsi che la comunicazione tra le aree cerebrali sotto anestesia languisca semplicemente perch� non ci sono informazioni da scambiare. � questa l'idea che recentemente un gruppo di neuroscienziati tedeschi ha proposto osservando in laboratorio come si modificava, diminuendo, l'attivit� cerebrale locale in alcuni furetti sottoposti a vari round di anestesia. E ancora: non tutti i farmaci agiscono nello stesso modo. La ketamina, per esempio, anestetico un tempo molto utilizzato, aumenta invece di diminuire il metabolismo cerebrale e abolisce la percezione del dolore, ma mantiene la coscienza, in uno stato simile al sogno. Perch�? Altro mistero. Di sicuro non si tratta solo di questioni da addetti ai lavori. "Capire come funzionano gli anestetici aiuterebbe a ridurre i rischi, sia pure rarissimi, che l'anestesia generale vada male; a usare il farmaco pi� giusto per ogni specifico paziente; a impedire che si verifichino casi, rari ma possibili, di persone presenti a se stesse durante l'operazione", osserva Rosanova. Il ritorno dallo stato di coma reversibile che � l'anestesia generale � un processo inverso a quello dell'andata. "Un po' come in un volo aereo, in previsione dell'atterraggio, cio� la fine dell'intervento, si comincia a ridurre la quantit� di farmaco somministrata, per poi sospenderla del tutto", spiega Corcione. L'anestesista valuta i tempi in base alla sua esperienza clinica, alle caratteristiche del paziente e ai dati ricavati dal monitoraggio intraoperatorio. "Ma esistono anche sistemi che calcolano in automatico proprio come un computer di bordo, in base a et�, peso e altezza del paziente, quanti minuti impiegher� per svegliarsi". E per molte molecole, per esempio per i farmaci che paralizzano i muscoli, sono oggi disponibili antidoti che sospendono l'azione del farmaco in pochi secondi, senza aspettare che venga smaltito naturalmente dall'organismo. Finito l'effetto dell'anestesia, il primo segno � il ritorno della respirazione spontanea. Poi aumentano battito cardiaco e pressione, inizia la salivazione, e il paziente mostra segni di fastidio a uno stimolo doloroso, ma gli occhi rimangono chiusi. Infine torna il tono muscolare, il paziente fa smorfie, inghiotte saliva, tossisce, spesso cerca di togliersi le cannule per l'intubazione. A questo punto l'anestesista di solito lo estuba. Ancora qualche minuto per verificare che il paziente risponda ai comandi e che sia effettivamente "tornato", ed � tempo di uscire dalla sala operatoria senza ricordare, se tutto � andato come doveva, assolutamente nulla di quel che � accaduto. Mica son qui che... cazzeggio (di Camilla Ghirardato, "Focus" n. 302/17) - Distrarsi o giocherellare serve: rende pi� produttivi e creativi. Lo provano le ultime ricerche - Cazzeggiatori, buone nuove... S�, stiamo parlando della nobile arte del perdere tempo, che sia scarabocchiare sul foglio invece di prendere appunti durante una riunione, svolazzare sui social invece di rispondere alle mail o seguire incantati il volo geometrico di una mosca invece di concentrarsi sullo studio. Certo, anche lo scrittore Joseph Conrad si domandava perplesso: "Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?". Non tutti i cazzeggiatori, ovviamente, sono destinati a diventare scrittori ma (e qui arrivano le buone notizie) tutti possono trasformare il tempo che dedicano ai trastulli in momenti di elevata prestazione intellettuale. � proprio questa la tesi di Srini Pillay, neuropsichiatra all'Universit� di Harvard, negli Stati Uniti, che al perder tempo ha dedicato il suo ultimo saggio (Il potere del cazzeggio, Centauria). Nel quale del perdersi in attivit� inutili si fa un appassionato, ma rigorosamente scientifico, elogio. "Prech� reisci a lgegere quetso tetso?": alzi la mano chi ha problemi a decifrare questa frase. Nessuno? La spiegazione � semplice: per gli psicologi l'importante � che la prima e l'ultima lettera della parola siano nella giusta posizione perch� il cervello ne colga il senso. Basterebbe solo quest'esempio per capire come spesso non sia necessario concentrarsi per arrivare al nocciolo della questione. Eppure la linea di pensiero attualmente pi� seguita d� alla concentrazione un ruolo cruciale nello svolgimento di qualsiasi compito. Tuonano infatti contro la disattenzione sul lavoro molte aziende, poich� i vari tipi di cazzeggio costano tempo e denaro alla societ�. Quanto? Secondo alcuni studi, l'impatto economico delle distrazioni sul posto di lavoro non corrisponde a spiccioli: la stima si aggira intorno ai 600 miliardi all'anno solo per l'economia americana. Srini Pillay per� � pronto a ribaltare questo punto di vista: focalizzarsi selettivamente su un unico oggetto alla volta non � la soluzione migliore per rendere di pi� al lavoro. Anzi: pu� essere assai limitante per la soluzione di un problema. Emblematico � il caso del cosiddetto "gorilla invisibile", un esperimento classico che si conduce in psicologia. A un gruppo di volontari viene fatto vedere il filmato di un incontro di basket con la richiesta di contare i passaggi palla di una delle due squadre. Ma nessuno degli esaminati, concentratissimi sulla conta, di solito nota un uomo mascherato da gorilla che a un certo punto irrompe in campo. Stare troppo concentrati su qualcosa, dunque, pu� far perdere qualche particolare importante. Ecco un altro esempio tratto da una recente ricerca dell'Universit� Xavier (Ohio), che ha avuto come oggetto di studio un gruppo di studenti. Sono state prese in esame le relazioni fra tre variabili: uso di Internet, tendenza a rimandare gli impegni (procrastinazione) e media dei voti universitari. I ricercatori hanno scoperto che esiste una correlazione diretta tra tempo trascorso in Internet e la tendenza a rimandare, confermando dunque la convinzione che il Web sia un gran sciupatempo. Tuttavia, e qui le cose si fanno interessanti, si � scoperto anche che non esiste correlazione diretta tra procrastinazione e media accademica. In parole semplici: chi trascorre pi� tempo in Internet tende a cazzeggiare di pi�, ma la quantit� di cazzeggio non abbassa i voti. Come spiegarsi questo risultato apparentemente contraddittorio? Forse la soluzione potrebbe trovarsi in un terzo studio "pro cazzeggio" effettuato dall'Universit� di Hiroshima: i ricercatori hanno scoperto che guardare sul pc immagini di animali e bambini graziosi aumenta la capacit� di concludere con successo i compiti assegnati: le emozioni positive suscitate dalla visione di soggetti kawaii ("carini") aiuteranno poi a concentrarsi in modo produttivo. Distrarsi, dunque, fa s� perdere tempo ma a quanto pare migliora la qualit� delle nostre riflessioni. Gli scienziati, poi, stanno scoprendo solo ora come funziona nel cervello ci� che chiamiamo "distrazione". Per imbambolarci durante una riunione (evento frequentissimo: secondo una ricerca di Barracuda Networks, ci incappa addirittura il 90% dei partecipanti ai meeting aziendali) bisogna che si attivi una centralina neurologica, un gruppo di neuroni legati proprio alla "distrazione". Si tratta di un sistema molto importante, che funziona solo quando la mente � off: stiamo parlando del Default Mode Network (detto "Dmn"). � una rete di regioni che si trovano nella corteccia cerebrale e sotto di essa, che si "accendono" quando non si presta attenzione a nessun compito specifico. Ed � solo quando il Dmn prende il comando che emergono abilit� cognitive sorprendenti, che spesso sono disinnescate in stato di vigilanza. Come la capacit� di ripescare alcuni ricordi della propria vita, di riflettere profondamente sui propri e sugli altrui stati mentali, di provare un alto tasso di empatia riuscendo a valutare con esattezza reazioni emotive proprie e altrui. Ma non solo. "La distrazione", sostiene Pillay, "permette al cervello di rilassarsi, in modo da essere pronto, ricaricato, coordinato e creativo quando ce ne sar� pi� bisogno". La disattenzione, infatti, limita l'attivit� dell'amigdala (una delle centraline dello stress) e genera un senso di calma. E, aggiunge il neuropsichiatra, "stimola la corteccia verso la creativit�. Spinge l'attivit� dell'insula anteriore che rinvigorisce la consapevolezza di s�. Tiene a bada il nostro ego che ci osserva "da dentro" controllando le azioni, che ci porta a volte a sentire imbarazzo e disagio". Il segreto per� non sta nell'inabissarsi ogni tanto in questo standby mentale quanto nell'alternare momenti on ad altri off. Cio�, come dice Pillay, trovare il proprio ritmo cognitivo, che rappresenta la capacit� di sincronizzare fasi di concentrazione con momenti di distrazione. � proprio in questo stato mentale che la lampadina s'accende. "Non a caso i momenti di rivelazione funzionano pi� o meno cos�", spiega Matteo Motterlini, docente di Filosofia della scienza all'Universit� Vita-Salute San Raffaele di Milano: "ci si imbatte in un problema che ci ossessiona, si cerca una possibile soluzione, non la si trova e ci si blocca. Frustrati, si comincia a pensare ad altro, magari si fa una doccia, una passeggiata, una corsa. Ed ecco che la soluzione giusta si rivela improvvisamente". Ma in che modo questo succede? "Finalmente rilassati", continua Motterlini, "abbiamo messo a tacere l'emisfero sinistro (in particolare l'area prefrontale dorsolaterale), che fino a quel momento aveva cercato in modo analitico e coscienzioso la soluzione senza vederla. Quello non �, infatti, il suo territorio. Il colpo di genio necessita piuttosto dell'attivit� dell'emisfero destro e di una specifica area di esso: il giro superiore temporale anteriore, una piccola piega di tessuto un po' sopra l'orecchio (chi ce l'ha lesionata non capisce barzellette e metafore, per intenderci). Quest'area si attiva intensamente pochi secondi (8 per l'esattezza) prima della "rivelazione" della nuova idea. �, insomma, il collegamento che prima mancava". Pi� o meno quello che � successo al biochimico Kary Mullis quando, durante un noioso viaggio in macchina, mentre con la mente riandava distrattamente ai suoi esperimenti di chimica, visualizz� a colori le catene del Dna. Qualche anno dopo il dottor Mullis si aggiudic� il premio Nobel grazie proprio a quell'intuizione avuta al volante: gli era apparsa l'immagine della reazione a catena che consente di creare in laboratorio frammenti di Dna o di Rna (detta "Per"). Anche alzarsi spesso durante il lavoro e gironzolare per l'ufficio aiuta a riprendere gli impegni pi� ricchi di idee. "Gli spazi architettonici dell'azienda 3M (ma anche di Pixar e di Google), per esempio, sono progettati affinch� le persone, preferibilmente diverse tra loro per mansione e competenze, s'imbattano di frequente tra loro, cos� che il loro contatto provochi scintille creative", spiega Motterlini che su queste e altre stategie ha scritto il saggio La psicoeconomia di Charlie Brown (Rizzoli). Per questo, non sentitevi in colpa se vi vien voglia di un altro caff�: davanti alla macchinetta potreste incontrare qualcuno che vi d� un buono spunto per il lavoro. E il collega di scrivania che ogni tanto parla da solo? No, non � matto. Alcuni studi recenti hanno dimostrato l'importanza del self-talk, del dialogo interiore, come strategia per ridurre lo stress. Parlare poi in seconda persona (rivolgendosi a se stessi con il "tu" o chiamandosi per nome) � pi� efficace rispetto a parlare a se stessi e basta. Un'altra tecnica suggerita da Pillay per rendere produttivo il cazzeggio � quella della dissociazione. Come? Scegliendo di essere un altro. Si pu� immaginare di essere uno chef, un velista, un professore d'informatica, insomma, chi si desidera, e immergersi in questo nuovo ruolo in modo da osservare la vita da un punto di vista estraneo ai propri schemi. Immaginarsi diversi stimola le regioni del cervello coinvolte nel processo creativo, Dmn compreso. E il modo migliore per cazzeggiare con profitto � fantasticare, ma facendolo in maniera volontaria e consapevole. "Scambiarsi bizzarre ipotesi sul futuro o su come affrontare possibili scenari", spiega Pillay, "� un modo giocoso di utilizzare l'immaginazione, che potenzia l'abilit� di concepire soluzioni per problemi gi� noti". Ogni fantasticheria va bene, dall'architettare nella mente la conquista della pi� carina del quartiere, al vedersi protagonisti di una performance sportiva senza precedenti. Ma va benissimo anche osare, immaginando, perch� no, il discorso da fare all'investitura da presidente degli Usa come ringraziamento, mentre nella sala risuona fragorosa la standing ovation. Come facevamo la spesa (di Arianna Pescini, "Focus Storia" n. 135/17) - Prima dei supermercati e degli acquisti online, per fare compere si andava nei fori romani, nelle agor� greche e nei mercati rinascimentali. Ecco come... - Nell'ottobre del 1957, mentre era in visita ufficiale negli Stati Uniti, la regina d'Inghilterra, Elisabetta II, rest� colpita dall'insegna di un supermarket nel Maryland e chiese di potersi fermare a visitarlo. Tra gli sguardi curiosi dei clienti, la sovrana ascolt� attenta il titolare che illustrava i vari tagli della carne preconfezionata. Quando lo sguardo le cadde sui piccoli sedili pieghevoli montati sui carrelli della spesa esclam�: "Dev'essere proprio carino portare qui i bambini!". La sorpresa di Elisabetta era comprensibile: i grandi negozi di alimentari "self-service" infatti, diffusi negli Stati Uniti gi� da qualche anno, non avevano ancora cambiato le abitudini degli inglesi e degli europei in genere. In Gran Bretagna i supermercati erano poche decine, mentre in Germania e Italia avevano appena aperto i battenti. Prima che si trasformasse in una parentesi necessaria, inserita nelle nostre frenetiche giornate, fare la spesa era soprattutto un'occasione di incontro e scambio. Fin dall'et� antica, infatti, il bisogno di reperire beni - anche quelli necessari a nutrirsi - � andato di pari passo con il desiderio di confrontarsi, avere notizie della propria comunit� e socializzare. Le agor� greche e i fori romani erano il luogo non solo delle attivit� politiche ma anche di quelle commerciali. Nei territori dell'antica Roma fare compere era un'esperienza che coinvolgeva uomini e donne di ogni estrazione sociale: i contadini potevano vendere e scambiare i loro prodotti e i cittadini, anche quelli pi� poveri, potevano trovare qualcosa per sfamarsi. Vi si incontravano anche le matrone, che pur affidando agli schiavi la spesa dei beni di prima necessit� si recavano di persona nei mercati per acquistare stoffe, suppellettili, gioielli, o per commissionare un'opera a pittori e scultori. La citt�, grande o piccola che fosse, offriva possibilit� per tutte le tasche: mercati periodici e permanenti, negozi, banchine, ambulanti e persino vendite all'asta. Se in origine le attivit� commerciali si trovavano nel foro, dopo il III secolo a.C. si spostarono in edifici appositi come i macella, progenitori degli odierni mercati coperti. Nelle strade brulicanti della capitale, che alla fine dell'et� repubblicana raggiunse il milione di abitanti, nobili, schiavi e gente del popolo si incontravano ogni giorno nelle tabernae, le botteghe che artigiani e commercianti avevano sotto i portici dei fori o al piano terra delle insulae, i palazzi condominiali dell'epoca. La taberna era un locale di piccole dimensioni con una grande porta, dotato di un soppalco, che fungeva da magazzino o da abitazione del venditore, e di un bancone che dava, per comodit�, sulla strada. Per rendersi visibili, i commercianti affiggevano sopra l'ingresso scritte o simboli per "promuovere" la merce che vendevano, qualcosa di molto simile alle insegne moderne. Vi erano tabernae che offrivano generi alimentari come frutta, pesce e carne (taberna fructuaria, taberna piscaria e taberne lanienae), quelle per la vendita di stoffe (taberna vestiaria) e di prodotti artigianali. Alcuni negozi si dedicarono a bevande e cibi pronti, anticipando di secoli i fast food: i thermopolia vendevano pasti caldi in grossi recipienti di terracotta o bronzo, che si consumavano sul bancone. Quando Roma, nel suo splendore imperiale, arriv� ad avere enormi quantit� di merci provenienti da ogni angolo del mondo, vennero istituiti pi� di 300 grandi magazzini (horrea), dove era possibile anche acquistare all'ingrosso. Fu un gigantesco sistema commerciale che sarebbe poi rinato, in altre forme, dopo la fine dell'impero e il periodo buio delle invasioni barbariche. La scomparsa di alcune grandi vie di comunicazione romane e il declino di molte citt� non imped� infatti, la rinascita dei mercati e la fioritura di nuovi centri urbani in tutta Europa, per esempio Venezia, Londra, Parigi. Ma con una differenza rispetto a prima: i centri erano pi� nettamente separati dai villaggi di campagna, che offrivano soprattutto prodotti locali. Nel Medioevo la combinazione mercato-botteghe divenne fondamentale per gli scambi con l'esterno e la vita delle comunit�, in un sistema che fu riscontrabile in molti Paesi ancora nel XIX secolo e oltre. I venditori ambulanti giocavano un ruolo importante anche nella diffusione delle notizie. "La citt� del XII secolo vive di scambi, sulla piazza del mercato si incontrano artigiani e mercanti, il danaro e le idee sono in continua circolazione. La citt� � un luogo stretto, ricchi e mendicanti si incrociano per le vie", scrisse lo storico Arno Borst in Forme di vita nel Medioevo (Guida Edizioni). Classi sociali diverse si mescolavano nei mercati, fiorenti nell'Italia del Trecento: "Nel regno del Sud, meno segnato dagli scambi, era in piedi un vero sistema di fiere e mercati stagionali, in particolare per la gente che arrivava dalle campagne per fare acquisti. Ma anche nei centri urbani, accanto alle botteghe, c'erano il mercato settimanale e quello giornaliero di frutta, verdura e cacciagione, come testimoniano le logge al coperto che possiamo ancora vedere in molte citt� italiane", afferma lo storico Giovanni Cherubini, professore emerito all'Universit� di Firenze. A partire dal XVI secolo, in Europa botteghe e mercati si arricchirono di nuovi prodotti in arrivo dalle Americhe. Si diffusero anche le "drogherie", negozi che vendevano spezie (droghe), zucchero e, di l� a poco, t�, cacao e caff�. Questi negozi erano come le nostre gioiellerie perch� le spezie erano molto costose. "A Roma i mercati pi� importanti erano quello settimanale di Piazza Navona e quello delle Erbe, i nobili avevano il permesso di far entrare i servi addirittura prima dell'apertura, per acquistare la merce migliore. Era il periodo delle corporazioni dei commercianti, assai potenti. I contadini che portavano i loro prodotti ai mercati, invece, li dovevano vendere in base ai prezzi fissati dal governo", spiega Marina Caffiero, docente di Storia Moderna all'Universit� La Sapienza di Roma. Dopo la rivoluzione industriale e lo sviluppo del ceto medio, nell'Ottocento e nel Novecento in Europa il concetto di spesa e di tempo libero si fusero in un tutt'uno, traducendosi nella pratica nei grossi centri per l'acquisto: nacquero i grandi magazzini di Parigi, Londra e Milano, i general stores come si chiamavano negli Stati Uniti, o gli empori dedicati generalmente a prodotti non deperibili. Saranno proprio gli americani, agli inizi del Novecento, a guidare il cambiamento, a unire il fresco con il confezionato e a semplificare di colpo la vita delle famiglie, livellando in parte le differenze sociali. Tuttavia per vedere la prima drogheria "self-service", con cestini per la spesa e il personale in divisa, si dovette attendere il 1916: si chiamava Piggly Wiggly e nacque a Memphis, nel Tennessee, da un'idea dell'imprenditore Clarence Saunders, che ne apr� altre negli anni successivi. Il primo vero supermercato, organizzato con casse, reparti e parcheggio fu il King Kullen, aperto nel 1930 a New York. Una rivoluzione che invest� nel secondo dopoguerra anche l'Europa: "La struttura artigianale e famigliare del negozio-bottega era destinata a cambiare in poco tempo, segnando l'avvio di una nuova epoca commerciale. Si diffuse in quegli anni una innovativa tipologia distributiva, non pi� individuale e sociale; il commercio inizi� ad organizzarsi come una vera e propria impresa industriale", scrive Franco A. Fava in C'era una volta il supermarket (Sperling&Kupfer). L'esperienza della spesa oggi sta evolvendo ancora, immergendosi in una nuova dimensione, quella virtuale dello shopping online e della consegna direttamente a domicilio, ma non per questo i mercati e i mercatini nei paesi e nelle citt� di tutto il mondo hanno smesso di vivere e soprattutto di essere frequentati, a dimostrazione del fatto che quel rito antico della spesa come momento di incontro e luogo di svago � ancora presente nella nostra societ�. Cos� l'Italia scopr� il supermercato Tra Ottocento e Novecento nel nostro Paese erano gi� nati, su modello di Londra e Parigi, i grandi magazzini capaci di offrire migliaia di metri quadri di moda, bellezza e accessori per la casa. Ma la svolta nel settore alimentare arriv� solo nel 1956, quando il Dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti fece allestire a Roma l'esposizione di un supermarket-tipo americano, con commesse che spiegavano come fare la spesa "self-service". L'iniziativa ebbe un grande successo di pubblico, tanto che un gruppo di imprenditori decise di seguirla e, nel 1957, nacque a Milano il primo supermercato Esselunga. Fu proprio in quegli anni che cambiarono infatti per sempre le abitudini di spesa degli italiani, con il boom economico e l'influenza dell'american way of life (il modo di vivere all'americana). Le donne erano entrate nel mondo del lavoro, si svilupp� una maggiore attenzione al tempo libero e la diffusione degli elettrodomestici, inoltre, influenz� per sempre la vita delle famiglie. Il frigorifero, presente in molte case, rappresent� la vera rivoluzione nell'alimentazione e nel modo di fare la spesa: finalmente si potevano conservare cibi freschi per qualche tempo e non era pi� necessario comprarli quotidianamente. Il cambiamento, comunque, avvenne piuttosto gradualmente: nel 1971 i supermercati in Italia erano ancora solo 607, due terzi dei quali situati nelle regioni del Nord. I mille volti del polpettone ("RivistAmica" n. 10/17) - Non esiste solo di carne, ma pu� essere preparato anche con il pesce o in versione vegetariana e vegana. Per renderlo ancora pi� goloso si pu� aggiungere anche una farcitura - L'Artusi, il famoso gastronomo e autore del libro di ricette "La scienza in cucina e l'arte di mangiare bene", non amava particolarmente le polpette, ritenendole un piatto che chiunque sapeva fare, ma era ben pi� clemente con il polpettone, pur riconoscendone le umili origini di piatto povero. In effetti - sar� per le dimensioni, sar� che un po' ricorda un arrosto, sar� perch� fatto con carne cruda e non con gli avanzi del lesso - il polpettone ha ben altra presenza scenica rispetto alle polpette, tant'� che non sfigura neanche sulla tavola del pranzo della domenica. La tradizione vuole il polpettone realizzato a base di carne a cui si aggiungono del pane raffermo ammollato nel latte, delle patate lesse schiacciate oppure della ricotta, per dare morbidezza; uova e pangrattato, invece, per far s� che il polpettone tenga la forma. Nella ricetta classica non mancano, infine, sale, pepe, parmigiano o grana grattugiato e spezie a piacere per insaporirlo. La carne rossa di manzo (ma si pu� usare anche carne macinata mista, ovvero con l'aggiunta del maiale) pu� essere sostituita da un mix di macinato di pollo e tacchino, bisogna solo fare attenzione a non fare asciugare troppo il polpettone di carne bianca, magari aggiungendo un sughetto con cui servirlo oppure un ripieno che doni la giusta umidit� alla carne. Anche con il pesce si pu� preparare un ottimo polpettone, perfetto per aumentarne il consumo se si � poco abituati a mangiarlo o invogliare chi preferisce sperimentare sapori nuovi. Potete sia creare un impasto a base di tonno in scatola e patate lesse, sia basarvi su una ricetta analoga a quella tradizionale, sostituendo la carne con del pesce bianco gi� cotto. Anche chi non mangia n� carne n� pesce o nessun tipo di derivato animale, pu� preparare dei polpettoni che piaceranno a tutti. Con patate lessate e schiacciate, verdure, uova e formaggio � possibile preparare un polpettone vegetariano, da servire come contorno o come piatto principale. Una variante vegana, ovvero senza nessun tipo di derivato animale, � quella preparata con un impasto di legumi frullati, insaporiti con spezie ed erbe (e con l'eventuale aggiunta della frutta secca) e poi tenuto insieme da pangrattato oppure patate schiacciate. Il polpettone pu� essere cotto praticamente in ogni modo. Potete optare per la cottura in forno, bastano dai 35 ai 60 minuti - dipende dalle dimensioni - a 180 gradi. Avvolgetelo in un foglio di carta da forno bagnata e adagiatelo in una teglia da plumcake, in modo che resti umido al punto giusto e cuocia nei suoi succhi (la crosticina croccante si former� ugualmente). Il polpettone pu� essere preparato anche in pentola, proprio come un arrosto: fatelo rosolare su tutti i lati, sfumate con del vino e fate cuocere coperto (anche per questo tipo di cottura bastano dai 35 ai 60 minuti). Se preferite una cottura pi� leggera e avere due piatti con un solo procedimento, scegliete la bollitura: avvolgete il polpettone nella carta da forno o in un canovaccio pulito, legando bene le estremit�. Preparate poi una pentola con le classiche verdure da brodo, immergeteci il polpettone, portate ad ebollizione e fate andare a fuoco basso per circa 45-60 minuti. In questo modo otterrete un brodo, perfetto per i tortellini, e il polpettone. Anzich� dare subito la classica forma affusolata all'impasto, stendetelo formando un rettangolo, farcitelo - di solito si usano uova sode, spinaci, formaggi e salumi - e poi chiudetelo. In questo modo il vostro secondo sar� golosissimo e piacer� anche ai bambini che non sapranno resistere al polpettone ripieno e in questo modo mangeranno pi� volentieri le verdure al suo interno. A spasso per l'Umbria (di Mattia Scarsi, "Bene Insieme" n. 4/16) - Assisi, Gubbio e Spello, per un itinerario lungo un weekend - L'Umbria � una regione immersa nel verde, fatta di paesaggi incontaminati, colline, monti e valli sinuose, ma anche di citt� bellissime ricche di storia e borghi antichi. Una piccola regione del centro Italia dalla natura incontaminata, dove la cultura medievale e rinascimentale ha saputo fondersi con la religiosit�: � qui che sono nati i primi ordini monacali come quello dei benedettini da parte di San Benedetto da Norcia nonch� tanti altri santi celebri, tra cui San Francesco, patrono d'Italia. Cominciate dalla magnifica Basilica di San Francesco, costruita nel XIII secolo e composta dalla Chiesa inferiore e dalla Chiesa Superiore. Varcate le porte della Chiesa inferiore, ammirate sopra l'altare maggiore, eretto in corrispondenza della tomba di San Francesco, i quattro grandi affreschi in cui Giotto ha rappresentato le tre virt� fondamentali della Regola francescana: Povert�, Obbedienza e Castit�. Dalla Chiesa inferiore si pu� scendere alla cripta nella quale riposa la salma del Santo. Fermatevi ora a guardare la Chiesa Superiore, con la sua famosa facciata gotica lineare e raffinata su cui troneggia un bellissimo rosone. All'interno sarete stregati dalla luce che filtra attraverso le vetrate. La parte superiore � ricoperta di affreschi che narrano del Vecchio e Nuovo Testamento, la cui attribuzione � ancora incerta (forse Giotto e Cimabue). Le pareti inferiori sono invece certamente opera di Giotto e della sua scuola che qui han dato vita al ciclo pittorico pi� importante dell'iconografia francescana. Osservate con attenzione i 28 affreschi di Giotto: fra essi ce n'� uno in cui si vede San Francesco che appare ai suoi compagni su un carro di fuoco, una visione che i frati ebbero un giorno nella Chiesa di San Rufino, mentre Francesco era intento a pregare. Proseguendo per via San Francesco raggiungerete la medievale piazza del Comune attorno a cui spicca il Tempio di Minerva, risalente al I secolo a.C., un vero gioiello d'arte antica. Guardatevi intorno, siete nel centro medievale della citt�: se avete necessit� di un break i tanti caff� fra i portici sapranno rifocillarvi. Su tutti lo storico bar Minerva in posizione centralissima con una vista magnifica sul tempio omonimo. In questa piazza trovate un'altra "leggenda" di Assisi: la libreria-tipografia Zubboli, presente dal 1870! In piazza del Comune potete fermarvi per il pranzo: proprio qui c'� l'eccellente Trattoria degli Umbri, non molto grande e ben curata, specializzata in primi piatti: fra tutti gli strangozzi, pasta locale simile a grossi spaghetti o ai "pici" toscani (provateli al tartufo!). Buona anche la scelta di salumi e formaggi, anche se, dovendo scegliere, consiglierei la tagliata con rucola e una strofinata di pecorino. Dopo pranzo, lasciate la piazza e scendete a destra: pochi passi e vi troverete davanti alla Chiesa Nuova, realizzata nel '600 sulla casa natale di S. Francesco. Costeggiandola si arriva all'Oratorio di S. Francesco Piccolino, nel quale, secondo la leggenda, nacque il Santo. Poco distante da l� c'� piazza S. Chiara, dominata dall'omonima Basilica. All'interno di essa, si possono visitare le reliquie della Santa e il bellissimo crocifisso ligneo che, sempre secondo la leggenda, parl� a S. Francesco. Un'idea originale per vedere Assisi da un'altra prospettiva pu� essere il giro delle mura medioevali e il varco delle relative sette porte: nel caso, non dimenticate di scattare un po' di foto dalla Rocca Maggiore. Un altro modo pi� sportivo � in sella a una mountain bike: il sito www.bikeinumbria.it, che � anche una app scaricabile gratuitamente, vi offre tanti itinerari divisi per livelli di preparazione (facili, medi e difficili) che vi porteranno a viaggiare tra stupendi sentieri. Ecco un esempio: il tratto Assisi-Spello e ritorno (33 km) � un affascinate e discretamente impegnativo percorso che prende il via da piazza Matteotti, nella parte alta di Assisi e vi accompagna in un magico panorama nel silenzio dei faggeti della valle umbra. L'itinerario ha la sua parte pi� faticosa nella "scalata" al monte Subasio, che in alcuni punti presenta pendenze del 20% e perci� � adatta a biker con un buon grado di allenamento. Se avete voglia di spostarvi verso Perugia, sulla strada che conduce al capoluogo umbro ci sono due tappe che vale la pena inserire dedicate alle eccellenze della tavola, come olio e vino e all'artigianato: Torgiano e Deruta. Torgiano � un centro medievale tanto piccolo quanto delizioso, sorto come naturale espansione di un vecchio castello su un colle eccezionalmente ricco di uliveti e vigneti, tanto che olio e vino sono ancora oggi il pi� importante patrimonio. Dovete sapere infatti che il 90% dell'olio umbro � di qualit� extravergine: i terreni argillosi-calcarei e le particolari condizioni climatiche consentono la lenta e ottimale maturazione delle olive, che rendono l'olio umbro semplicemente mitico. Se amate il vino rosso, acquistate una bottiglia del Docg Torgiano Rosso Riserva. A meno di 10 km, ecco Deruta, la capitale umbra della ceramica artigianale grazie alle oltre duecento tra botteghe e societ� operanti nella produzione della maiolica. Divertitevi a curiosare per le strade del borgo tra le minuscole botteghe e gli spacci artigianali che espongono manufatti di ceramica colorata; � un vero piacere trovare angoli di dimore e palazzi storici ornati di mattonelle e cornici prodotte da artigiani derutesi. Una vasta collezione di ceramiche � ospitata nei giardini Milizia de Magnini, nel centro storico mentre l'ex convento di San Francesco ospita un Museo Regionale della Ceramica e una biblioteca specializzata in storia della ceramica, due piccoli grandi orgogli locali. Per la serata potreste raggiungere la poco distante Perugia: una citt� piena di possibilit�. All'ora dell'aperitivo, andate a colpo sicuro con il Caff� Kundera, a met� di via Oberdan. Troverete un happy hour degno di questo nome con ampia scelta fra pasta calda, frittini misti, polpette, torte di verdura e tanta musica anni '70. Da provare lo Spritz aromatizzato. Per il dopo cena, pu� essere un'idea una romantica passeggiata fino al Tempietto: una piccola oasi verde nel centro della citt�, in fondo a corso Garibaldi. Il Tempietto � la chiesa pi� antica di Perugia: secondo la tradizione la chiesa poggia sui resti di un antico tempio dedicato a Venere. Per altre botteghe storiche (come il Caff� Sandri) e per i locali pi� trendy, dovete perlustrare la zona che va da piazza IV Novembre a corso Vannucci. Al centro di piazza IV Novembre fermatevi qualche minuto per ammirare le geometrie acquatiche della Fontana Maggiore, una delle pi� celebri d'Italia e simbolo della Perugia medievale. Se il cielo � particolarmente terso, potrete godervi un tramonto (o un cielo stellato) sul belvedere della campagna umbra, affacciandovi dai giardini Carducci. Gubbio � un grande presepio, aggrappato alla roccia del Monte Ingino, con la sua cinta muraria che ancora oggi avvolge l'abitato del centro storico. La nostra escursione inizia da piazza Quaranta Martiri, un tempo piazza del mercato e oggi ampio spazio destinato a parcheggio e giardino pubblico, circondata dalla chiesa di San Francesco. Da piazza Quaranta Martiri la passeggiata diviene una camminata in salita lungo via Picciardi che sfocia in piazza Grande, vera e propria terrazza pensile sulla quale poggiano palazzo Pretorio e l'imponente palazzo dei Consoli. Da piazza Grande potete regalarvi uno dei panorami pi� estesi e affascinanti sull'Umbria ed � l'occasione per gettare uno sguardo sull'Anfiteatro Romano, risalente al I secolo a.C., restaurato a inizio Novecento, che durante la stagione estiva ospita spettacoli classici. Se non siete mai stati a Gubbio, ma avvertite la sensazione di avere familiarit� con alcuni di questi luoghi probabilmente siete fra i molti in Italia che seguono una delle fiction pi� amate di sempre quale � Don Matteo che qui viene girata. Se l'appetito si fa sentire, andate a scoprire le specialit� eugubine alla Locanda del Cantiniere: si trova in Via Dante Alighieri e qui pane e pasta sono fatti rigorosamente a mano. Potrete gustare piatti tipici rivisitati dallo chef. Dopo esservi rifocillati, fate due passi e continuate il percorso attraverso via Sant'Ubaldo, lunga e immersa nel verde dei boschi del Monte Ingino, fino a raggiungere la Basilica di Sant'Ubaldo: il sentiero � ampio ed � un vero incanto attraversare l'imponente bosco di conifere in una giornata di sole. La vista poi dall'alto del piazzale della Basilica � imperdibile e in un piccolo terrazzo pensile troverete un bar per una merenda tra le nuvole. All'interno della Basilica, poi, sono conservate tre strutture in legno, meglio note come Ceri, che ogni prima domenica di maggio sono portate in citt� per poi ritornare in Basilica il 15 maggio, dopo una lunga corsa dedicata a Sant'Ubaldo, patrono della citt�: � la Festa dei Ceri, un'antichissima ricorrenza pagana che coinvolge l'intera comunit�. A questo punto non vi resta che scendere a valle in direzione Spello (via Subasio). Nota nella sua storia col nome latino di Hispellum, questo piccolo borgo come molti dei suoi "fratelli" umbri, � incastonato nella natura ed � costruito per lo pi� con travertino rosa e pietra calcarea. Di straordinario interesse artistico � la Chiesa di Santa Maria Maggiore che custodisce il sublime ciclo pittorico della Cappella Baglioni dipinto dal Pinturicchio. Ogni anno, in occasione della processione del Corpus Domini, a Spello va in scena la famosa Infiorata. Diversi gruppi della citt�, realizzano, intrecciando petali di fiori, dei tappeti floreali che coprono il borgo per chilometri con un'esplosione di colori e profumi. La trasformazione da semplici fiori distribuiti sul selciato a veri e propri quadri floreali avvenne attorno al XIX secolo. La vera evoluzione artistica invece risale al 1930, quando una donna disegn� sulla strada una semplice figura floreale con ginestre e finocchi. L'opera ottenne immediatamente il plauso degli abitanti del paese i quali vollero subito imitarla, avviando una sfida per la realizzazione di opere sempre pi� grandi e particolareggiate. Le Infiorate richiedono un lavoro di preparazione di settimane ma vengono completate con i fiori freschi nell'arco di una sola notte. In genere gli ultimi dettagli vengono curati a partire dal sabato precedente la processione, con i disegnatori che lavorano nottetempo. Aldil� della bellezza del paesino, vale la pena assistere almeno una volta a questo spettacolo unico, in cui si fondono fantasia, creativit� e colore in una vera gioia per gli occhi (farete fotografie bellissime!).