Gennaio 2019 n. 1 Anno XLIX MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri per un importo pari ad euro 23.084,48 e del MiBACT per un importo pari ad euro 4.522.099. Indice Una donazione particolare La tua casa non mente Mettiti in ordine la mente Il vero volto di Pilato T� e tisane, coccole che fanno bene all'organismo Tel Aviv: tutto pu� succedere Alessandra Amoroso � arrivata a 10! Una donazione particolare (di Luca Olivetti, "Bene Insieme" n. 10/18) - Le adozioni a distamza sono un gesto di grande solidariet�. Facciamo il punto su come funzionano - Sono molti i modi con cui si pu� aiutare chi si trova in difficolt�, tra cui il sostegno a distanza. Da molti anni, infatti, esiste una forma di solidariet� che permette di aiutare le persone in condizione di povert� ed emarginazione, principalmente bambini, evitando loro il trauma di dover abbandonare il proprio Paese: le adozioni a distanza. Non si tratta di vere e proprie adozioni, come le adozioni internazionali che comportano l'ingresso del bambino adottato nel nostro nucleo familiare, con tutta una serie di conseguenze legali. L'adozione a distanza, pi� correttamente sostegno a distanza, permette di offrire un sostentamento economico a un bambino o a un adulto, senza allontanarlo dalla propria comunit�, famiglia o Paese, consentendogli di ricevere un'adeguata educazione, la necessaria assistenza sanitaria e dignitose condizioni di vita. Dal punto di vista legale, si tratta di una donazione, atto giuridico mediante il quale il donante arricchisce un altro soggetto. In Italia, per�, mancano regole precise riguardo al sostegno a distanza, tanto da rendere concreto il rischio che qualche male intenzionato, approfittando delle nostre buone intenzioni, utilizzi i soldi donati per ben altri scopi che il sostegno delle persone in difficolt�. Meglio sarebbe controllare i progetti finanziati dall'associazione, verificando che siano compatibili con lo sviluppo autonomo delle persone che si vogliono aiutare. Una volta certi dell'associazione, si dovr� compilare il modulo di attivazione dell'adozione a distanza e scegliere frequenza e modalit� della donazione (mensile, annuale, mediante bonifico ecc.). L'associazione vi informer� sul soggetto destinatario del vostro aiuto e, effettuato il primo pagamento, l'adozione a distanza sar� attiva, permettendovi di ricevere aggiornamenti periodici sui suoi progressi negli studi e sul miglioramento delle sue condizioni di vita. La donazione potr� essere interrotta in qualsiasi momento se doveste decidere di non continuare. Infine, potrete detrarre in dichiarazione dei redditi fino al 26% di quanto donato. Non vi resta che scegliere, dunque, chi volete aiutare. La tua casa non mente (di Elena Meli, "Focus" n. 312/18) - Gli oggetti disseminati nelle varie stanze rivelano molto di chi le abita. In particolare, a parlare di pi� sono gli spazi privati, come la camera da letto - Meglio pensarci due volte prima di aprire la casa agli ospiti. Perch� le stanze dove viviamo raccontano parecchio di noi e un osservatore esperto potrebbe capire quasi alla prima occhiata non solo se siamo o meno ordinati (fin qui son capaci tutti), ma anche se siamo introversi o un po' nevrotici, o quali sono le nostre debolezze. Parola di Sam Gosling, psicologo dell'Universit� del Texas, che da alcuni anni studia gli spazi altrui - casa, ufficio, laboratorio - fino a farne una vera e propria scienza, che ha chiamato snoopology (traducibile con "curiosologia"). Meno semplice di quanto si pensi: in un ambiente non basta notare i libri sul tavolino o i quadri alle pareti; per farsi un'idea della personalit� di chi abbiamo di fronte occorre guardare nei posti giusti. Serve allenamento, insomma, per affinare il fiuto per i dettagli e diventare un po' come Hercule Poirot, il detective belga dei romanzi di Agatha Christie: un curiosone professionista che non si lasciava ingannare dalle apparenze. Il riferimento a Poirot non � casuale: Gosling spiega infatti che "per interpretare bene ci� che trapela dagli spazi altrui dovremmo essere proprio come lui, capaci di capire se una traccia � coerente col resto, dando a ciascuna il giusto peso. Faccio un esempio: sulla mia scrivania qualche tempo fa c'era una pila di cd di musica religiosa ma io non sono un tipo spirituale, erano l� per caso. Poirot avrebbe capito l'incongruenza solo guardandosi attorno, perch� nient'altro nella stanza andava in quella direzione". Mai fermarsi alla prima impressione, quindi. Anche perch� gli oggetti che affollano salotti, bagni, camere e uffici (a meno che non ci arrivino per caso come i cd di Gosling), si possono dividere in tre tipi diversi, che lanciano messaggi differenti. La prima tipologia � quella che Gosling ha chiamato le "affermazioni di identit�": oggetti con cui vogliamo dichiarare qualcosa di noi, messi in bella evidenza negli spazi condivisi perch� gli altri li vedano e ci giudichino di conseguenza. Un souvenir esotico per dimostrare di essere viaggiatori curiosi, un quadro astratto per far capire di essere colti e appassionati d'arte, le riviste di salute e bellezza sul tavolino per sembrare amanti dell'aspetto fisico. Oggetti di questo tipo potrebbero per� mentire (� umano cercare di mettersi in una luce positiva). Anche se, secondo la "teoria dell'auto-conferma" elaborata da William Swann, psicologo sociale dell'Universit� di Austin, vale la pena osservarli perch� la maggior parte di noi in realt� non li sceglie per apparire diversa o migliore, ma per mandare messaggi abbastanza realistici sulla propria personalit�. "Sono per� segnali che vengono lanciati deliberatamente e vanno presi con le pinze. Per esempio curiosando in pi� di una stanza, magari in camera o in bagno, dove di solito non c'� l'intento di segnalare qualcosa agli altri e siamo pi� sinceri", dice Gosling. In altri termini, se in salotto c'� una rivista di alta moda, magari di due mesi fa, e in bagno il giornale di gossip dell'altroieri, forse alla padrona di casa piace far credere di essere "fashion", ma il suo vero interesse sono i retroscena della vita dei vip. Pi� interessante, quindi, � osservare bene la seconda categoria di oggetti, i "regolatori emotivi". Sono tutte quelle "cose" che si disseminano per casa per stare meglio nei momenti di stress: le fotografie dei figli in bella mostra in salotto potrebbero essere l� per far credere che adoriamo la famiglia, ma se sono pure in camera � pi� probabile che sia vero perch� le immagini che ci cadono sotto gli occhi quando siamo soli sono quelle da cui traiamo conforto o che ci danno la forza per affrontare i guai della giornata, anche se non siamo pienamente coscienti del loro effetto (il semplice fatto che entrino nel campo visivo ci fa star meglio, ma spesso non sapremmo spiegare neppure perch�). Secondo uno studio di Wendi Gardner della Northwestern University (Usa), l'85 per cento delle persone ha per casa questi cosiddetti "snack psicologici", che del resto utilizziamo fin dall'infanzia, quando per esempio tenevamo in mano il giocattolo preferito per autoconsolarci nel caso di una sgridata. Questo tipo di oggetti racconta bene chi siamo: una sentimentale che ha ancora il peluche di quand'era bambina o un egocentrico che si d� la carica guardando la foto di un successo personale, dalla laurea al trofeo di tennis. Che la verit� si trovi pi� spesso in camera da letto, lo spiega anche una ricerca di Carol Werner dell'Universit� dello Utah condotta su circa 300 abitazioni di Salt Lake City per capire se sia possibile indovinare il grado di socievolezza di una famiglia osservando come decora l'esterno della casa per Natale. "Gli ornamenti, se sono abbondanti, indicano famiglie ospitali e aperte; ma abbiamo rilevato che anche quando non ci sono decorazioni esterne, si pu� indovinare la socievolezza degli occupanti vedendo le stanze pi� intime. E se l'aspetto delle camere � vissuto e confortevole, ci� indica famiglie affabili", dice Werner. Ma gli oggetti, o meglio gli indizi, fondamentali per scoprire che tipo sia il padrone di casa, sono quelli del terzo tipo: i cosiddetti "residui comportamentali". Si tratta delle tracce fisiche che lasciamo ogni giorno inconsapevolmente dietro di noi, di cui non ci diamo troppo pensiero e che per questo sono davvero rivelatrici. I libri non riordinati, i biglietti del teatro sul mobile all'ingresso, i vestiti appesi fuori dagli armadi in camera... insomma tutto ci� che non ci diamo la pena di rimettere a posto o che � una conseguenza di quel che facciamo: per esempio una persona coscienziosa difficilmente lascer� piatti o bicchieri da lavare nel lavandino dopo la colazione. Il massimo sarebbe sbirciare nella spazzatura, come ha fatto l'antropologo William Rathje, che scandagliando l'immondizia ha capito come � cambiata la societ� negli ultimi decenni; o come gli artisti francesi Bruno Mouron e Pascal Rostain, che con le loro foto del pattume delle star hanno fatto luce sulle vite di Kate Moss o Mick Jagger meglio di mille interviste. Spiega infatti Gosling che "ci� che gettiamo non lo consideriamo pi�, quindi non ce ne serviamo per impressionare gli altri ed � lo specchio di quel che siamo e che facciamo davvero. Se in cucina ho tante teiere ma non ci sono filtri usati nel cestino � difficile che io sia una persona meditativa e quindi amante della pausa delle cinque. Non potendo guardare nel bidone, basta vedere se le porcellane sono immacolate o se ci sono molti t� in dispensa". No alla superficialit� quindi, occorre scrutare dove sono gli oggetti, accanto a che cosa vengono messi, quali ci aspetteremmo di trovare e che invece mancano. Scegliere le zone giuste in cui guardare serve a evitare "trappole": tanti per esempio credono che il frigo sia rivelatore, invece "quasi tutti ci teniamo le stesse cose organizzate in modo simile, solo se ce ne sono di davvero insolite racconta qualcosa del proprietario", conclude lo psicologo. Il vero osservatore, insomma, deve soprattutto sbirciare ovunque. E, se � bravo, potrebbe perfino diventare una spia: nel caso ci fossero dubbi sul fatto che la "curiosologia" sia una scienza seria basterebbe pensare a quando nel maggio 1942, sei mesi dopo l'ingresso degli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale, l'Ufficio servizi strategici Usa mise a punto un programma per identificare i militari pi� adatti a infiltrarsi dietro le linee nemiche, capaci quindi di capire persone e situazioni al volo, a partire da dettagli minimi. Come li hanno scovati? Con il test degli effetti personali: i candidati dovevano descrivere uno sconosciuto solo guardando gli oggetti presi dalla sua camera da letto. Personalit� sul posto di lavoro L'ufficio � un luogo pubblico ma anche personale, dove i messaggi per gli altri o per se stessi si mescolano in pochi metri quadrati. Le foto sulla scrivania rivolte all'esterno, per esempio, mandano segnali a chi arriva (sono un uomo di famiglia, uno sportivo eccellente e cos� via), quelle verso di s� evidenziano ci� che risolleva il morale nei momenti bui. Se alle pareti ci sono diplomi o attestati, � possibile aver di fronte qualcuno un po' frustrato perch� ha un'alta considerazione di s� ma non si sente apprezzato dagli altri (e allora mette loro sotto il naso le prove del proprio valore); caramelle o piante sulla scrivania indicano una persona aperta e socievole, che perci� vuole rendere l'ambiente pi� gradevole per gli ospiti. Dalla libreria si capisce se si � ordinati o autoritari: i veri coscienziosi risistemano cataloghi, raccoglitori, libri sempre nello stesso modo, se l'ordine � solo apparente (si riconosce un criterio di organizzazione, ma alcuni libri sono al posto sbagliato), la persona potrebbe essere autoritaria e desiderosa di far credere agli altri che ha tutto sotto controllo. Purtroppo il "grado di libert�" per personalizzare i propri spazi per� non � uguale in tutti gli uffici, il che rende difficile capire la personalit� di chi occupa la scrivania. Tra l'altro, uno studio di Meredith Wells, della Eastern Kentucky University (Usa) ha dimostrato che decorare l'ufficio rende i lavoratori pi� soddisfatti, perch� abbiamo tutti bisogno di dire agli altri quel che siamo. Mettiti in ordine la mente (di Federico Bona, "Focus" n. 265/14) - Travolti dalle informazioni e dalle cose da fare? Districarsi si pu�. Parola di neuroscienziato - Nel corso dell'evoluzione, l'uomo si � distinto dalle altre specie animali per la capacit� di utilizzare il proprio cervello per risolvere i problemi. Oggi quella capacit� viene messa in serio pericolo dall'eccesso di informazione. � vero, gi� nel 1525, appena 70 anni dopo l'invenzione della stampa, il filosofo Erasmo da Rotterdam si lamentava che l'uscita di troppi nuovi libri costituisse un ostacolo all'apprendimento. E lo stesso sostenevano nel secolo successivo due matematici come Leibniz e Cartesio. Quest'ultimo suggeriva addirittura di ignorare i libri perch� diveniva impossibile distinguere l'informazione buona da quella inutile. Oggi per� siamo giunti a un punto di rottura. A sostenerlo con decisione � Daniel Levitin, neurologo Usa e docente di psicologia e neuroscienza del comportamento alla McGill University di Montreal. Il carico di informazioni cui siamo sottoposti, sottolinea, � quintuplicato negli ultimi 25 anni: "Nel solo tempo libero ciascuno di noi elabora quotidianamente 34 gigabyte di informazioni, vale a dire 100-mila parole, mentre computer, smartphone e tablet di ogni singola persona contengono l'equivalente di mezzo milione di libri". Il problema � che il nostro cervello � limitato: "La capacit� di elaborazione della nostra mente consapevole � pari a 120 bit al secondo", continua Levitin. "Per capire ci� che ci dice un'altra persona teniamo occupata una banda pari a 60 bit al secondo. Ci� significa che non possiamo comprendere pi� di due persone per volta. Ma vuol anche dire che aprire la porta di casa mentre evitiamo di rovesciare i sacchetti della spesa e intanto badiamo a non fare uscire il cane o il gatto � sufficiente a occupare tutte le nostre risorse. Se in pi� squilla il telefono, accadr� che dopo aver risposto non saremo in grado di ricordare dove abbiamo messo le chiavi, perch� il nostro cervello ha dovuto lasciar perdere l'informazione, avendola ritenuta in quel momento meno importante". Come se non bastasse, siamo assediati da nozioni e compiti sempre nuovi: "Ciascuno di noi svolge funzioni che in passato erano tipiche di altre professioni", aggiunge Levitin. "Molte aziende hanno scaricato sui clienti lavori come prenotare un volo o riempire il serbatoio alla pompa della benzina, costringendoci a prestare attenzione continua a decine di cose: troppe". La soluzione? Sapere come funziona la mente e alleggerirne i compiti. Una delle chiavi per essere efficienti � mantenere la concentrazione su ci� che stiamo facendo, senza lasciarci distrarre dalle decine di stimoli che ci vengono dal nostro stesso cervello, come ricordare le persone che dobbiamo incontrare nella giornata o organizzare il pranzo o la cena, oppure gli input esterni, come una email o il suono improvviso di un clacson in mezzo alla strada. A gestire per noi questo "filtro attenzionale" � una specie di interruttore collocato in una parte del cervello detta insula, collegata alla corteccia prefrontale. Essa lavora in background e decide se � il caso di interrompere lo stato di massima attenzione verso il compito che stiamo svolgendo per sottoporgli qualcos'altro, e lo fa in base ai cambiamenti che intercetta e all'importanza che attribuisce loro. "Quando guidiamo l'auto", esemplifica Levitin, "il cervello ci segnala se la strada inizia a essere dissestata, perch� rileva un cambiamento importante, ma se l'asfalto continua a essere imperfetto per chilometri, smette di richiamare la nostra attenzione su questo particolare, perch� non � pi� una novit�. Se invece ci appare davanti agli occhi la pubblicit� di un concerto della nostra band preferita, fa in modo che lo leggiamo e registriamo l'informazione, perch� sa che quell'informazione ha una certa importanza per noi, mentre continua a ignorare i manifesti dei gruppi musicali che non conosciamo". Questo meccanismo non � controllabile coscientemente, ma possiamo agire in modo da limitarne l'intervento. Il motivo per cui dobbiamo farlo � che il nostro cervello elabora i compiti uno per volta e quando pensiamo di fare pi� cose insieme, vantandoci della nostra capacit� di multitasking, in realt� lo costringiamo a passare continuamente da un'occupazione all'altra, affaticandolo inutilmente e costringendolo ad attingere alle nostre riserve di glucosio. A fine giornata, cos�, siamo stanchissimi pur avendo ottenuto risultati inferiori alle nostre possibilit�. "Il segreto? Scaricare l'informazione dal cervello al mondo esterno: una cosa che abbiamo imparato 5.000 anni fa inventando la scrittura", spiega Levitin. "Basta annotare su un foglio le cose che dobbiamo fare, o preparare un calendario preciso di impegni, per evitare al filtro attenzionale di chiedersi continuamente se ci stiamo davvero occupando della cosa pi� importante e se non ce ne siano altre in arrivo che richiedono la nostra concentrazione. Gli amministratori delegati delle societ� pi� importanti hanno assistenti che si occupano di interromperli quando un altro impegno lo esige, lasciandoli liberi in ogni altro momento di dedicarsi al 100% a quello che stanno facendo: per fortuna, le persone comuni possono imitarli affidandosi alle notifiche di computer e smartphone". Levitin suggerisce altri esempi pratici, applicabili a un'infinit� di altre situazioni che incontriamo nella nostra vita quotidiana. Resta che qualcosa dobbiamo comunque tenere a mente, e per farlo in modo efficiente il nostro cervello ha imparato fin dagli albori ad associare la memoria di un oggetto al luogo fisico in cui esso si trovava. Per i nostri progenitori era infatti importante sapere "dove" fossero le cose essenziali (il cibo, i rifugi ecc.): una qualit� che pu� tornare utile a noi oggi per archiviare informazioni. "Non abbiamo bisogno di sapere dove abbiamo messo ogni singola forchetta o coltello o cucchiaio", esemplifica Levitin, "perch� abbiamo un cassetto dove teniamo tutte le posate insieme". � un'idea che va estesa a tutto ci� che le nostre case contengono. Non per nulla, gli oggetti che perdiamo pi� spesso sono quelli che in genere non hanno una collocazione fissa, come le chiavi, o gli occhiali da lettura, che possono servirci in pi� luoghi diversi, dove poi li abbandoniamo dopo averli usati. La soluzione, in un caso, � tenere una ciotola per tutte le chiavi, possibilmente vicino alla porta d'ingresso, nell'altro avere per esempio pi� di una copia di occhiali da tenere in posti diversi. Esempi replicabili per altri oggetti. Nell'organizzare lo spazio intorno a noi, per�, bisogna tener conto di una scoperta cui gli esperimenti di neurologia cognitiva sono giunti di recente: la nostra mente non � capace di gestire contemporaneamente pi� di quattro diverse categorie. Nella pratica di tutti i giorni, ci� significa che � meglio non suddividere mai le nostre cose, siano esse i nostri attrezzi da bricolage o i faldoni dove teniamo documenti personali, bollette e ricevute, in pi� di quattro, ricordando che l'ultima categoria deve essere sempre mista e contenere tutte quelle cose per le quali, per numero o bassa frequenza di utilizzo, sarebbe poco economico creare un archivio a s�. Se facciamo pochi lavori in casa, sar� inutile separare i tipi di viti e di chiodi che possediamo, se invece amiamo i lavori di falegnameria sar� bene dividerli in categorie per poterli trovare rapidamente. La regola del quattro � valida anche quando si tratta di organizzare il nostro tempo. Come abbiamo gi� visto, � fondamentale approntare liste di cose da fare e, utilizzando questo nuovo dato, Levitin consiglia di dividere gli impegni in quattro categorie: cose di cui devi occuparti subito; cose che puoi delegare; cose che puoi affrontare in un altro momento; cose che non meritano la tua attenzione. L'altra strategia a cui abbiamo gi� accennato � dedicare momenti specifici della giornata a determinate attivit�, come rispondere alle email. Anche in questo caso, c'� un dato importante da considerare: l'importanza di riservarsi un po' di tempo libero. Le indagini di neurologia cognitiva pi� recenti hanno infatti dimostrato che sono i momenti di sonno o di relax, quando il pensiero spazia senza apparente scopo o filo logico, quelli in cui il nostro cervello riordina ci� che ha appreso e crea categorie e legami tra le cose: "Una grave mancanza di sonno nei primi 2-3 giorni dopo l'apprendimento di qualcosa pu� seriamente danneggiarne l'acquisizione", precisa Levitin. Ecco perch� diventa importante cercare, ogni giorno, di lasciare qualche minuto libero per noi stessi, ed � fondamentale non intaccare mai le ore dedicate al sonno. Paradossalmente, lasciare a noi stessi un po' di tempo libero potrebbe anche aiutarci a vincere quello che probabilmente � il nemico numero uno dell'ordine: la naturale tendenza umana a procrastinare le attivit� meno gradite. La soluzione a molti problemi che ci appaiono fuori dalla nostra portata arriva infatti spesso grazie all'attivit� di riorganizzazione neuronale che avviene durante il riposo. Bisogna assolutamente evitare, quindi, le notti in bianco. La vera svolta in questo campo, per�, sta nel comprendere che, per sua natura, il nostro cervello cerca soddisfazioni immediate, spingendoci a intraprendere compiti facili e di breve durata. Come aggirare questa predisposizione per ottenere risultati pi� importanti, che spesso richiedono anni per essere realizzati fino in fondo? Semplice: dividere ogni impresa in parti pi� piccole e programmarle nel tempo, ottenendo cos� soddisfazione da ciascuna di esse. Perch�, come insegna Levitin, usare al meglio il nostro cervello assediato dalle informazioni dipende solo da noi. Il vero volto di Pilato (di Massimo Manzo, "Focus" n. 308/18) - Un oscuro funzioanrio di cui oggi gli storici stanno delineando la personalit�: era capace di molta durezza ma non di inutili crudelt�. Insomma, per l'epoca, era un politico onesto - Una mattina di duemila anni fa, la Storia pose sulle spalle di un oscuro funzionario romano un giudizio che avrebbe cambiato le sorti di un'intera civilt�. Il suo nome lo conoscono tutti: Ponzio Pilato, l'uomo che condann� a morte Ges� Cristo. Su di lui le leggende sono tante, ma le certezze poche. Per questo gli storici hanno rimesso sotto i riflettori la sua vita, per scoprire che prove abbiamo della sua esistenza (escludendo i Vangeli), e soprattutto che ruolo gli fu poi attribuito dalla tradizione cristiana. Insomma, quale fu la sua vera importanza nella Storia. Ma, innanzitutto, chi era davvero Ponzio Pilato? Probabilmente un politico onesto, un funzionario dotato di ottime doti diplomatiche (rest� infatti in carica 10 anni) e fedele a Roma. Per svelare le sue origini dobbiamo spostarci tra i monti del Sannio, antica regione appenninica allungata tra Molise, Abruzzo e Campania. � da l� che proveniva la famiglia dei Ponzi, politici locali menzionati in alcune epigrafi della Roma repubblicana. "Nulla ci autorizza a immaginare qualcuna di queste figure come un antenato del governatore, ma Ponzio era un nome sannita", precisa lo storico Aldo Schiavone. "Possiamo inoltre dire con certezza che apparteneva all'ordine equestre, dato che la provincia di Giudea era amministrata da cavalieri". Non un patrizio dunque, ma un italico esponente di una classe sociale in ascesa, paragonabile alla moderna borghesia. La sua esistenza, prima dell'arrivo in Giudea, � comunque avvolta nel mistero. Ignoriamo la data di nascita e persino il suo praenomen, l'equivalente del nome proprio, anche se grazie alla scoperta di una frammentaria iscrizione, trovata nel 1961 a Cesarea Marittima (oggi Israele), gli archeologi hanno ipotizzato che si chiamasse Lucio o Tito. In quella stessa iscrizione, Pontius Pilatus dedicava un edificio pubblico a Tiberio, l'imperatore a cui doveva la nomina a prefetto di Giudea, ottenuta nel 26 d.C.. Il suo compito era amministrare la piccola e turbolenta regione che comprendeva Gerusalemme, mentre la vicina Galilea, dove sorgeva Nazareth, era retta da un sovrano vassallo dell'Urbe: Erode Antipa. "I governatori come lui risiedevano di solito nella citt� costiera di Cesarea", precisa Schiavone. Oltre alla gestione dell'ordine pubblico, il suo compito era intrattenere delicati rapporti con la massima autorit� ebraica, il Sinedrio, assemblea rappresentativa delle principali correnti religiose della comunit�. Un compito non facile: "All'epoca la Giudea era una delle province pi� difficili da amministrare. Le rivolte anti-romane erano frequenti e anche la comunit� ebraica, divisa tra farisei e sadducei, era spesso turbolenta", aggiunge l'esperto. Che tipo di governatore fu? Il filosofo Filone di Alessandria, nel Legatio ad Gaium (I secolo d.C.), descrive il suo mandato come un'epoca di "torture, abusi ed esecuzioni senza processo" e usa contro Pilato aggettivi durissimi: "implacabile", "ostinato", "di una crudelt� senza limiti". Ma gli storici credono che abbia volutamente esagerato. "Niente ci conferma che Pilato abbia commesso le atrocit� di cui lo incolpa Filone e nelle opere dello storico Giuseppe Flavio affiora una figura diversa", spiega l'esperto. Anche all'epoca, dunque, quando si desiderava screditare un avversario politico a quanto pare si ricorreva alle... fake news. Di sicuro il governatore non aveva un carattere facile, come dimostrano le sue relazioni con la popolazione locale. Nelle Antichit� Giudaiche di Giuseppe Flavio (I secolo d.C.) si narra che, come previsto dal "protocollo" romano, il prefetto ordin� di esporre a Gerusalemme il ritratto dell'imperatore, violando le leggi ebraiche che vietavano di esibire nella citt� santa immagini da venerare. L'atto scaten� l'indignazione del popolo, che si radun� sotto la sua residenza. Per tutta risposta, Pilato fece accerchiare la folla dai soldati, ma di fronte alla pacifica insistenza dei manifestanti alla fine rimosse le immagini. Una situazione simile si ripropose quando prelev� una parte del tesoro del Tempio di Gerusalemme per finanziare la costruzione di un acquedotto. Normalissimo nell'ottica romana, ma l'atto gener� una violenta sommossa che questa volta fu repressa duramente, ordinando ai legionari di infiltrarsi tra i manifestanti e disperderli a bastonate. "Vi furono alcuni morti, ma l'ordine fu mantenuto senza crudelt� aggiuntive. Dopotutto l'impero non era certo una democrazia", afferma Schiavone. Pilato ragionava insomma come un ligio servitore di Roma, nulla di pi�. "Non fu un inetto n� tantomeno un sanguinario, per� nemmeno un grande politico: era "nella media" dell'epoca". Dell'episodio che lo rese celebre, invece, non ci sono fonti storiche dettagliate (a parte il cenno che ne fa Tacito nei suoi Annales). Si sa solo che, intorno al 30-33 d.C., mentre si trovava a Gerusalemme per controllare le celebrazioni della Pasqua ebraica, il Sinedrio gli trascin� davanti un predicatore nazareno di nome Ges�, pretendendo che lo mettesse a morte. La pena capitale poteva essere inflitta solo dall'autorit� romana. Eppure, dicono i Vangeli, Pilato esit�, perch� durante l'interrogatorio si accorse di non avere davanti un sovversivo, rimanendo forse colpito dal carisma di Cristo. Temendo di impelagarsi in una questione religiosa estranea agli interessi di Roma, tent� di rilasciarlo, ordinando che fosse solo fustigato e provando a liberarsi della patata bollente del giudizio passandolo ad Erode Antipa. Tutti questi particolari del processo non sono storicamente provati, ma il tentativo di lasciare il giudizio ad Erode, per esempio, � verosimile: Ges� era Galileo e ricadeva quindi sotto quella giurisdizione. Tutto inutile: messo alle strette, per evitare di incrinare i rapporti con il Sinedrio, Pilato ordin� la crocifissione per "lesa maest�", dato che il prigioniero si era dichiarato "re dei giudei" mettendo cos� in discussione l'autorit� imperiale. Pilato si sarebbe poi lavato le mani di fronte al popolo per mostrare platealmente la contrariet� alla condanna. Il celeberrimo gesto, tuttavia, � inventato. "� impensabile che un prefetto romano avesse scelto un rituale purificatore ebraico, del tutto estraneo alla propria cultura", sentenzia Schiavone. Ma l'episodio, riportato nel Vangelo di Matteo, dal punto di vista storico � fondamentale: come sottolinea Kevin Butcher, storico dell'Universit� inglese di Warwick, aveva lo scopo di assolvere almeno in parte il rappresentante di Roma dall'accusa di aver ucciso il figlio di Dio, per accreditare i cristiani agli occhi dell'impero. Le colpe sarebbero ricadute quindi solo sul popolo ebraico, giustificando secoli di antisemitismo. Dopo quel processo, Pilato fu protagonista di un'ultima vicenda, resa nota dal solito Giuseppe Flavio. Tra le montagne della Samaria, il prefetto soffoc� sul nascere un focolaio di rivolta. Probabilmente l'azione fu seguita da sanguinose repressioni, perch� i notabili locali presentarono contro di lui una protesta a Vitellio, nuovo governatore della Siria e suo diretto superiore. Questi ne approfitt� per rispedirlo a Roma, affinch� riferisse l'avvenuto a Tiberio. Era il 36 d.C., e dopo un lungo decennio di governo Pilato ritornava a casa. Da allora la Storia ha perso le sue tracce: la salita al trono del nuovo imperatore, Caligola, segn� il termine della sua carriera. Il "vero" Pilato fin� dunque nell'anonimato, ma nei secoli successivi nacque su di lui un folto ciclo di scritti apocrifi. In fondo, Pilato � il personaggio che "data" gli avvenimenti storici di cui � stato protagonista Ges� (fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, si recita nel Credo) e per questo � da sempre una figura importante per i cristiani. Alcune Chiese lo hanno addirittura fatto santo, mentre altre leggende lo sbattono dritto all'inferno. Stando a certi racconti si suicid� con un pugnale, per altri fu condannato da Tiberio a vivere in una caverna. E si fantastic� sul suo cadavere: gettato nel Tevere, avrebbe attirato spiriti maligni rendendo impossibile la navigazione. Infine sarebbe stato scaraventato in un pozzo per evitare altre sciagure. T� e tisane, coccole che fanno bene all'organismo ("RivistAmica" n. 10/18) - Con la stagione fredda queste bevande si rivelano un vero e proprio toccasana per riscaldarsi. In pi� possiedono numerose propriet� curative, ci depurano e tengono lontani i malanni invernali - Sorseggiare un t� o una tisana � diventato un rito irrinunciabile per molti italiani. Per alcuni il momento migliore � la sera, per riprendersi dalle fatiche dell'ufficio, per altri il pomeriggio, per una pausa durante il lavoro. Ma c'� anche chi sceglie il t� e le tisane per la prima colazione, cos� da iniziare la giornata all'insegna delle propriet� benefiche di queste preziose bevande. Insomma, ad una tazza calda non si dice mai di no, soprattutto durante i mesi invernali. Come recita un antico proverbio giapponese: "Un bagno rinfresca il corpo, un t� lo spirito". Nato in Oriente, nei secoli il t� si � conquistato un ruolo di primo piano anche in Occidente, fino a diventare la bevanda pi� diffusa al mondo dopo l'acqua. Vero e proprio disintossicante naturale, ha un'importante funzione antiossidante, contrastando la diffusione dei temuti radicali liberi responsabili dell'invecchiamento cellulare. Un consumo regolare, poi, aiuta a prevenire le malattie cardiovascolari e l'ipertensione. Inoltre il t� favorisce la diuresi e allontana la stipsi, rivelandosi utile anche nelle diete ipocaloriche. Recenti studi, infine, avrebbero dimostrato la sua capacit� di prevenire alcune forme tumorali. La parola t� va declinata al plurale, giacch� ne esistono molte tipologie. Le due pi� diffuse in Italia sono il t� nero e verde. Il primo contiene una maggiore quantit� di teina donando una carica di energia notevole, oltre ad avere un forte potere riscaldante. Il t� verde, diventato molto di moda negli ultimi anni, � dotato di una spiccata capacit� drenante, attenua la sete e previene la stanchezza. Quando preferire l'uno anzich� l'altro? � soprattutto una questione di gusto, anche se, proprio per la sua carica attivante, il t� nero non andrebbe consumato dopo le 17, soprattutto da parte di chi soffre d'insonnia. Un capitolo a parte va dedicato al vasto mondo delle tisane, ovvero infusi a base di fiori, erbe officinali e spezie essiccate, con cui si preparano bevande dalle preziose propriet� terapeutiche. Solitamente una buona tisana � composta da una pianta-base dominante e da altre secondarie che ne potenziano l'azione curativa e il gusto. Le tisane pi� diffuse sono quelle depurative, drenanti e digestive, ma oggi sono sempre pi� apprezzate anche quelle con funzione rilassante e anti-infiammatoria. Il primo nome che viene in mente � senza dubbio la camomilla, che aiuta a calmare i dolori di pancia e concilia il sonno. Anche la melissa � utile in caso di difficolt� ad addormentarsi, inoltre allontana lo stress e le infiammazioni. Alla menta, anche in versione piperita, vengono riconosciute virt� disinfettanti e antibiotiche, che la rendono un vero toccasana contro i malanni di stagione. Tra le piante e i fiori pi� utilizzati per la preparazione delle tisane ci sono anche la malva (ottimo emolliente e antinfiammatorio), lo zenzero (utile contro la nausea e il mal di gola) e la rosa canina (che rafforza le difese immunitarie). Da ricordare, infine, l'utilizzo della scorza di arancia e della mela: ricche di vitamine con funzioni protettive per l'organismo. Tel Aviv: tutto pu� succedere (di Giorgia Romiti, "Ulisse" n. 408/18) - Da uno dei pi� antichi porti del Mediterraneo alla metropoli di oggi. Tra le pi� vivaci, innovative e giovani del mondo - Disse David Ben Gurion che "in Israele, per poter essere un realista devi credere nei miracoli". A Tel Aviv il miracolo c'� e si vede. In poco pi� di un secolo, su un terreno arido e desertico della costa del Mediterraneo, sono nati parchi, giardini e una citt� tra le pi� vivaci, innovative e giovani del mondo, dove la popolazione conta circa 430-mila abitanti e l'et� media � di poco pi� di trent'anni. Meta imperdibile di una sosta a Tel Aviv, per la sua storia e le sue tradizioni, � Jaffa. Affacciata sul mare, rappresenta uno dei porti pi� antichi del Mediterraneo. Nelle pittoresche stradine di questo quartiere si percepisce l'unione delle culture e delle influenze occidentali e mediorientali e possiamo considerarla un ponte sul Mediterraneo. Da qui si potr� vedere la parte pi� moderna della citt� e ammirarne lo skyline dalla spiaggia godendo di una dolce brezza marina. Nella to do list di qualsiasi soggiorno a Tel Aviv c'� senza dubbio una visita approfondita della Citt� Bianca, zona dall'urbanistica lineare basata su una rete ortogonale di strade con un anello di boulevards. Qui tutto � in contrasto con i colori e i viottoli di Jaffa e, quattromila edifici caratterizzati da forme geometriche, asimmetriche e squadrate, sono un esempio lampante delle influenze dell'architettura degli anni '30 e della Bauhaus, particolarit� architettonica che le � valsa il nome di Citt� Bianca, riconosciuta dall'Unesco come Patrimonio Mondiale dell'Umanit�. Nelle ultime ore della giornata the place to be � Neve Tzedek. Fondato nel 1887, � il primo quartiere ebraico al di fuori della citt� portuale di Jaffa che negli ultimi anni � diventato il centro artistico e culturale di Tel Aviv. Nelle strade di Neve Tzedek si fondono ricordi della vita boh�mienne di Parigi e dettagli della cultura hipster di New York. Tutto racchiuso in poche strade dove vale la pena trascorrere le ore dal tramonto all'alba. Si tratta di un labirinto di vicoli ricchi di botteghe, gallerie d'arte e bistrot con tavoli all'aperto e cortili interni. Qui la creativit� non ha limiti: installazioni, musica e attivit� interattive non si fermano mai. Tutto � giovane, fresco e in evoluzione. Il complesso della vecchia stazione ferroviaria di HaTachana � uno dei migliori esempi del fervore di questo quartiere. Shabazi Street � la meta ideale per chi vuole fare shopping e acquistare gioielli, oggetti di design e abbigliamento di ogni tipo, mentre i locali per mangiare e bere sono infiniti. Tra i migliori ci sono Dallal, Popina e, per il gelato, Anita. Se avete ancora tempo da trascorrere in citt�, concedetevi un aperitivo, una cena (o anche un bagno in piscina) in uno dei rooftop di splendidi hotel come il Norman Hotel o il Brown TLV Urban. Alessandra Amoroso � arrivata a 10! (di Alessandro Alicandri, "Tv Sorrisi e Canzoni" n. 47/18) - � famosa e amata. Il suo ultimo album � un successo. Ma qui ci racconta (anche) un grande dolore - Lei sogna di avere presto dei bambini ma nell'attesa del momento giusto � nato uno dei "figli musicali" pi� desiderati: "10", il nuovo album in cui Alessandra Amoroso celebra il suo primo decennio di successi. Nell'ultimo mese grazie ai "firmacopie" ha visitato ogni parte d'Italia, per abbracciare le persone che la seguono da cos� tanto tempo. - Alessandra, � da un mese che non si ferma un secondo, ma � fresca come una rosa. Come fa? "L'energia arriva dalle persone che ho incontrato! Loro mi tengono in piedi". - Ha scelto di andare in ben 17 citt�. Non � da tutti: come mai? "Era l'unica occasione per poter scambiare due chiacchiere con ogni singolo fan". - Le avranno raccontato un sacco di cose, ma lei a loro che cosa ha detto? "Grazie. Solo grazie". - Quali sono i regali pi� belli ricevuti? "Le lettere. Mi danno la possibilit� di conoscere chi sono attraverso le loro storie". - Ma � vero che da marzo 2019 far� 30 concerti toccando tutte le regioni italiane? "Ho sfidato ogni limite tecnico e burocratico. Ho scelto di essere ovunque e mi hanno detto che era possibile. Non vedo l'ora". - Il 12 dicembre 2008 cantava ad "Amici" il suo primo singolo, "Immobile". "Mi sono rivista da poco! Che tenera che ero, mi ero tuffata in quel mondo del tutto impreparata". - In cosa � cambiata oggi? "Nella consapevolezza di quello che posso fare con la mia voce". - Non sembra cambiato per� lo sguardo che Maria De Filippi ha, verso di lei. "Maria ha creduto nel mio talento quando ancora io stessa non credevo in me. � lei che 10 anni fa mi ha convinto a rimanere nel programma, quando volevo lasciare tutto". - Un altro dei primi a sostenerla � stato Claudio Baglioni. "Lui e Gianni Morandi. Per un periodo ho tartassato Claudio di chiamate perch� non sapevo di chi fidarmi. Ci ho messo del tempo ad accettare la mia prima popolarit�". - Dal negozio in cui era commessa a Lecce si � fatta conoscere fino in America Latina. "Mi manca non esserci ancora tornata. Non ho trovato solo nuovi fan della mia musica, ma amici. Loro hanno valori simili ai miei". - A quali valori si riferisce? "Sono cresciuta con dei nonni che per tanti anni mi hanno fatto mangiare solo i prodotti della loro terra. � per questo che io canto quei valori semplici che oggi, in questi tempi cos� duri, paiono rivoluzionari. In particolare, in Messico ho conosciuto persone e realt� che mi hanno colpita nel profondo". - Questa esperienza l'ha segnata cos� tanto da imprimerla sulla pelle. "S�, sulla coscia ho tatuato un teschio messicano, che loro considerano un portafortuna e un simbolo di vita. Questa gente ha spesso poco o niente, ma sorride anche di quello che non ha". - Ha un altro tatuaggio di cui si sa poco: una luna e una stella sulla caviglia. "� un ricordo legato alla mia nonna Maria, che da poco non c'� pi�. Una volta mi ha regalato un uovo di cioccolato con dentro un "bijou" con una luna e una stellina. Ecco, mi piace pensare di essere io la luna e lei la stella vicina pi� luminosa. Non � stato facile per me accettare la sua malattia". - Come ha affrontato quel periodo? "Tra alti e bassi. All'inizio quando le ho presentato il mio compagno (Stefano Settepani, produttore esecutivo di "Amici", ndr) l'Alzheimer l'aveva gi� un po' portata via. Continuava a ripetermi di avermi cresciuto e io la prendevo in giro, era il mio modo di sdrammatizzare". - Era un modo per reagire al dolore. "Gi�. A un certo punto per me era difficile tornare a casa, ma una tappa dai nonni la facevo sempre. Il giorno pi� difficile � stato quando andando da lei non mi ha pi� riconosciuta. L�, per rabbia, ho preso per un po' di tempo le distanze. D'altronde lei mi diceva sempre: "Sei pi� importante dei miei figli". Ero la sua principessa". - Qual � l'album di questi 10 anni al quale � pi� legata? "Li amo tutti, ma direi "Vivere a colori", un disco che ha rappresentato per me una svolta, non solo a livello musicale. � stata un'ancora di salvezza per tante situazioni difficili che ho vissuto. � proprio vero che la musica, a volte, pu� fare miracoli".