Febbraio 2021 n. 2 Anno LI MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice Perch� fa paura il coprifuoco? Come reagisce il corpo al freddo Se non ci fosse lo sport Una tavola anti-ox Charles Goodyear: l'uomo di gomma Pippo Franco: con una faccia cos� chi � che non mi riconosce Quattro chiacchiere con Paolo Del Debbio Perch� fa paura il coprifuoco? (di Lidia Di Simone, "Focus Storia" n. 171/21) - Da dove deriva la parola e quando � stato applicato nei secoli? Ecco la storia di una misura restrittiva che sa di dittatura, anche quando � a fin di bene - A sera, attacca il suono delle sirene. I ragazzi che si sono attardati nelle strade del centro si disperdono velocemente sperando di sfuggire alla gendarmerie. Una voce esce dall'altoparlante posto sull'auto delle forze dell'ordine parigine per richiamare alle regole del couvre-feu. Sembra la scena di un film, � una serata d'autunno del 2020. Per Parigi � il terzo coprifuoco. Prima di questo provvedimento, preso dal presidente Macron il 17 ottobre, la citt� ne aveva sub�to uno durante la Guerra d'Algeria (1954-1962). Ma il primo pesantissimo coprifuoco risale all'occupazione nazista (1940-1944), quando molte citt� furono disseminate di sirene da guerra, mantenute perfettamente efficienti anche oggi: per testarne il funzionamento, la Rna (R�seau Nationale d'Alerte), la rete di sirene d'allarme risuona infatti ogni primo mercoled� del mese, per un minuto a mezzogiorno, con il suo segnale inconfondibile; che ora torna utile sotto il coronavirus. I parigini hanno un modo di dire, "se faire appeler (farsi chiamare) Arthur", che significa "farsi rimproverare", perch� durante la guerra i nazisti urlavano ossessivamente, in direzione delle finestre con le luci ancora accese, l'espressione "acht Uhr, acht Uhr!", ore otto. Il coprifuoco dalle venti alle sei del mattino era stato instaurato nel giugno 1940, fin dall'inizio dell'occupazione tedesca della capitale: nelle strade venivano spenti i lampioni e si schermavano le finestre con panni scuri per non dare all'aviazione alleata punti di riferimento. Il 25 agosto 1944, ormai circondati, i tedeschi ribadirono il divieto con nuovi volantini. Non dur� che poche ore: dopo oltre 1.500 giorni sotto il giogo nazista, era arrivato il giorno della liberazione di Parigi. Si capisce quindi come i francesi abbiano sviluppato una certa allergia a questa misura, che pure fu adottata nuovamente negli Anni '60, sotto la presidenza De Gaulle, nell'ambito della "guerra contro-insurrezionale" al Fronte di liberazione nazionale algerino: faceva parte, cio�, di quei provvedimenti messi in atto dall'esercito d'Oltralpe per controllare i sostenitori dell'indipendenza algerina, allora colonia francese governata dai pieds-noirs, i francesi del Maghreb. Cos�, mentre ad Algeri gli abitanti sperimentavano la durezza del Dpu, il Dispositivo di protezione urbana che consentiva ai soldati di controllare la popolazione quartiere per quartiere, perquisendo le case della Casbah senza tanti complimenti, un provvedimento analogo veniva adottato a Parigi nei confronti dei "francesi musulmani d'Algeria". Era stato imposto una prima volta nel 1958, e poi di nuovo in modo discriminatorio il 5 ottobre del 1961, dal prefetto della Senna Maurice Papon, per cercare di contenere il pericolo di attentati e il clima di violenza generato dal conflitto. La sera del 17 di quel mese, in migliaia marciarono dalle banlieue della capitale per convergere verso il centro: protestavano contro questa forma di segregazione al grido di "Viva l'Algeria algerina". Sorpresa dall'ampiezza del corteo, la polizia represse la manifestazione in un massacro. Il coprifuoco fu tolto solo il 19 marzo 1962, data in cui la colonia raggiunse l'indipendenza. Notizie sul coprifuoco in Europa se ne hanno gi� dal Trecento. Le case erano di legno e il fuoco, che veniva acceso in genere al centro delle abitazioni, in un buco nel pavimento, richiedeva ogni cautela. � per questo che nel Medioevo le citt� si erano riempite di torri campanarie (in latino, ignitegium o peritegium), dall'alto delle quali a sera si dava il segnale di "coprire i fuochi" con placche di metallo, per evitare lo scoppio di incendi notturni. Secondo alcune fonti, gli inglesi importarono il termine curfew direttamente dal francese couvre-feu o cerre-feu (chiudi-fuoco) gi� con Guglielmo il Conquistatore, che dopo la battaglia di Hastings (1066) si prese l'Inghilterra e impose lo spegnimento di tutti i fuochi dalle otto di sera. Metodo quanto meno efficace per tenere la popolazione negli alloggi e reprimere cos� la nascita di movimenti sediziosi da parte degli Angli. Secondo lo storico Walter Hutchinson (1887-1950), sempre in funzione anti-cospiratoria Guglielmo aveva proibito anche l'uso delle candele. Altre fonti fanno risalire la legge sul coprifuoco per prevenire i roghi all'anno 872, quando il re Alfredo il Grande l'aveva introdotta nella citt� di Oxford, o addirittura dall'occupazione romana delle isole britanniche. Il divieto di tenere accesa qualsiasi luce fu poi abolito da Enrico I nel 1100, ma rimase la consuetudine di suonare una campana alle otto della sera. E il termine divenne abituale per suddividere temporalmente la giornata. Comunque, ancora oggi ci sono curfew towers di epoca Tudor nel castello di Windsor, come nel complesso della Torre di Londra. Enrico VIII ne aveva infatti ribadito l'uso in un'ordinanza. L'ufficio del commercio britannico ripristin� questa misura nel 1918, chiudendo locali e ristoranti e spegnendo le luci per far fronte alla crisi del carbone e risparmiare il gas dell'illuminazione. Da noi l'ultimo coprifuoco prima del 2020 fu istituito insieme con lo stato d'assedio il 26 luglio 1943, all'indomani della caduta di Mussolini, attraverso un proclama del maresciallo Badoglio. Con lo scioglimento del partito fascista, vennero chiusi locali pubblici e centri sportivi, teatri di variet� e cinematografi: dalle 21 alle 5 del mattino, se sprovvisti di lasciapassare, fatti salvi i sacerdoti, le levatrici e i medici in servizio, non si poteva circolare n� a piedi n� in bici o con mezzi motorizzati. Furono messe fuori legge le riunioni pubbliche con pi� di tre persone: "Sono vietati gli assembramenti", ordinava il maresciallo d'Italia, ora a capo del nuovo governo (anche se limiti agli assembramenti erano previsti gi� dalle leggi "fascistissime" del 1926). Se si veniva scoperti per strada bisognava rispondere subito al "Chi va l�?" ed esibire un documento. Altrimenti si rischiava l'arresto, il tribunale militare e persino la morte. D'altra parte il provvedimento non era "consigliato", era imposto: "Primo indiscutibile dovere, nel momento attuale � l'obbedienza. Si tratta di un periodo transitorio, per superare il quale occorre appunto la pi� scrupolosa osservanza delle disposizioni impartite dall'autorit� militare". Gli Stati Uniti hanno sperimentato negli ultimi cento anni svariate tipologie di coprifuoco. Il pi� recente � stato deciso per New York, travolta dall'onda del Covid: chiusura anticipata per bar, locali e ristoranti, come accadde anche durante la Seconda guerra mondiale per risparmiare elettricit� e dare sostegno morale ai soldati impegnati in Europa. Ma pi� spesso � stato imposto dopo episodi di disordini. Come a Washington nel 1989 contro la violenza delle gang, a Los Angeles durante la "rivolta del ghetto nero" nel 1992 e, recentemente, dopo le proteste del movimento Black lives matter in seguito alla morte dell'afroamericano George Floyd a Minneapolis, il 20 maggio del 2020, per un intervento brutale della polizia. L'episodio pi� importante, ma non l'unico, di questi mesi, che hanno visto scendere in strada la guardia nazionale. In America Latina il coprifuoco, o toque de queda, essendo essenzialmente un provvedimento militare fa ancora pi� paura perch� risuona di echi dittatoriali. Il Messico lo ha adottato la scorsa estate per contenere la mobilit� e fermare la diffusione del coronavirus, ma secondo gli storici ha precedenti all'epoca delle invasioni francesi e statunitensi ottocentesche. Durante la guerra dichiarata dagli Stati Uniti al Messico nel 1846-48, e la successiva campagna di invasione dei gringos, chi non rispondeva al "Qui�n vive"? si beccava un proiettile in corpo. In Per� venne imposto contro il terrorismo tra gli Anni '80 e '90. In Guatemala durante il colpo di Stato del generale Osorio (1970), che prima di diventare presidente del Paese aveva fatto assassinare dai suoi squadroni della morte migliaia di contadini e sindacalisti. Fu dichiarato il coprifuoco anche durante il colera del 1991 per far fronte ai gravi disordini scoppiati in quel periodo. Ma il binomio epidemie-misure restrittive era un classico nel Paese gi� da decenni. Alle calamit� naturali fanno spesso seguito i disordini, cos� un coprifuoco sanitario anti-colera, ma anche per il controllo del territorio, � stato promulgato nella Repubblica di Santo Domingo nel 1962. Poi di nuovo nel 1979, dopo il passaggio dell'uragano David, e oggi per il Covid. Ma la notte pi� lunga e dura resta quella del Cile, dove la dittatura militare di Pinochet cancell� con la legge marziale ogni diritto civile dal 1973 al 1987. Per i primi due anni, dalle 21 alle sei del mattino i cileni furono costretti a chiudersi in casa. Hanno sperimentato un nuovo coprifuoco in seguito allo spaventoso terremoto del 2010 e poi nella primavera di quest'anno. E ogni volta un brivido corre lungo la schiena. Come reagisce il corpo al freddo (di Giovanna Camardo, "Focus" n. 339/21) - Avete i brividi e sentite la pelle gelata? Si sono attivate le difese dell'organismo. Contro un nemico insidioso - Ha sbaragliato armate e piegato alpinisti esperti. � un nemico insidioso, il freddo. Come reagisce il nostro corpo al suo attacco? All'inizio, le difese si attivano e proteggono le postazioni strategiche. "Si parte con la vasocostrizione nella periferia del corpo: il sangue arriva meno dove disperdiamo calore, alla cute, e si "concentra" sugli organi vitali, mentre gli arti possono anche raffreddarsi", spiega Matteo Cerri, docente di fisiologia all'Universit� di Bologna. Questo pu� bastare per piccole variazioni di temperatura. Se no, il nostro corpo schiera la difesa termica. Si attiva il tessuto adiposo bruno (diverso dal bianco, quello che aumenta quando ingrassiamo), specializzato nella produzione di calore. E si ricorre ai brividi. "Posso generare calore con la contrazione dei muscoli. Ma questo ha un alto costo metabolico e compromette la nostra capacit� di muoverci". Oltre un certo punto, per�, il corpo non riesce pi� a difendersi. E rischia di iniziare la sequenza descritta da una fiaba tristissima di Hans Christian Andersen, La piccola fiammiferaia. "Il racconto descrive in modo efficace i reali sintomi dell'assideramento", spiega Cerri. "La bimba ha allucinazioni, che compaiono appunto con il raffreddamento progressivo del cervello (come anche difficolt� a parlare e problemi cognitivi, ndr). E immagina una stufa che la scalda: a un certo punto, infatti, il sangue torna a scorrere negli arti e nella cute, tanto che le persone in ipotermia possono sentire un'ondata di calore". Poi il freddo, davvero, attanaglia il cuore, dando fatali aritmie. "Con il raffreddamento, sotto i 30�C, l'impulso a contrarsi viaggia pi� lentamente e le cellule iniziano ad attivarsi in modo scoordinato. Ma il cuore funziona solo se questa attivit� � coordinata", conclude l'esperto. Cos�, il freddo diventa letale. Un cuore caldo Sulla nostra pelle ci sono sensori di temperatura, i termocettori: sono molecole presenti sulle terminazioni dei neuroni sensoriali, sensibili a diverse temperature. Ci sono quelli per sentire il freddo e quelli per il caldo. Ma sono attivati anche da particolari sostanze: il canale TRP-M8 media la sensazione di freddo ed � attivato per esempio dal mentolo, che perci� ci d� una sensazione di "fresco". Le informazioni sulla temperatura arrivano al cervello, che organizza le reazioni del corpo: dalla vasocostrizione cutanea (che d� per esempio il pallore) alle contrazioni muscolari (i brividi). Cervello - Le informazioni sulla temperatura arrivano al cervello. Sono smistate alla corteccia cerebrale (che ci fa percepire il freddo) e all'ipotalamo: � la regione del cervello che si occupa della termoregolazione e d� l'avvio a una serie di reazioni. Vie respiratorie - L'aria viene umidificata e scaldata nel naso e nel primo tratto dell'apparato respiratorio. Al freddo, l'attivit� respiratoria deve aumentare: � necessario far arrivare pi� ossigeno, per sostenere la produzione di calore. Grasso - Il tessuto adiposo bruno produce calore. Fondamentale nel regolare la temperatura dei neonati, negli adulti si trova nel collo e vicino alle vertebre: una posizione ottima in particolare per scaldare il sangue che va al cervello e al midollo spinale. Peli - La piloerezione � una risposta antica: i muscoli attorno al follicolo pilifero si contraggono, dando la "pelle d'oca". Un riflesso di quando avevamo la pelliccia: i peli eretti intrappolano pi� aria, con effetto isolante. Muscoli - Una forma di difesa dal freddo sono i brividi: contrazioni toniche intermittenti dei muscoli, che come ogni movimento generano calore. Il brivido del muscolo massetere fa vibrare la mandibola e ci fa battere i denti. Sistema vascolare - C'� una vasocostrizione superficiale: arriva meno sangue alla cute e si riduce la dispersione di calore verso l'ambiente. Il sangue � deviato verso gli organi interni, di cui si deve mantenere la temperatura. Se non ci fosse lo sport (di Ismaele Morabito, "Focus" n. 339/21) - Saremmo pi� tristi, pi� egoisti, pi� malati, pi� presuntuosi, pi� maleducati, pi� soli - Chiss� se gli uomini primitivi si sfidavano nella corsa o a chi gettava la lancia pi� lontano. Forse qualcuno lo ha fatto, per dimostrare ai compagni di trib� di essere il pi� forte. Ma lo sport come lo conosciamo, con le sue regole, � nato molto dopo: per millenni il movimento � stato limitato a quello necessario a procacciarsi il cibo. Solo con l'avvento delle prime grandi civilt� � diventato sport. Ovvero un rituale sociale, religioso e politico; come in Grecia, dove i vincitori delle Olimpiadi erano venerati in odi e poemi. Oppure una forma di intrattenimento spettacolare, come accadeva nell'antica Roma con i combattimenti. E se tornei cavallereschi, pallacorda francese e calcio fiorentino hanno segnato Medioevo e Rinascimento, � nell'800 che lo sport si � trasformato in attivit� codificata, con regolamenti precisi. Come saremmo oggi se non fosse successo, se non avessimo mai provato a gareggiare in velocit� e salti, se non conoscessimo il basket o la pallavolo? Sicuramente saremmo meno in salute. Fino ad alcuni decenni fa, infatti, la maggioranza della popolazione poteva dirsi fisicamente attiva: scale mobili e ascensori erano rari, pochi avevano l'auto, i bambini e i ragazzi uscivano per giocare tutti i giorni. Oggi, il lockdown per contenere la pandemia di Covid-19 pu� solo peggiorare una situazione gi� parecchio "statica": ci spostiamo dal divano alla cucina oppure, nel migliore dei casi, da casa al luogo di lavoro. Per i giovanissimi, le tre ore settimanali di allenamento di calcio, ginnastica e cos� via sono l'unica occasione per staccarsi letteralmente dalla sedia; lo stesso vale per la corsa e l'uscita in bici degli adulti. Se non esistesse lo sport, i venti milioni di italiani che ne praticano uno o pi� sarebbero anche loro spiaggiati sul divano. Cos� saremmo di certo pi� grassi, e questo aumenterebbe il rischio di malattie come il diabete e le patologie cardiovascolari e metaboliche. Non a caso anche l'Organizzazione Mondiale della Sanit� "prescrive" lo sport come medicina preventiva: visto che la sedentariet� uccide (in Italia 90-mila persone l'anno, stando alle stime pi� recenti dell'Istituto Superiore di Sanit�), il minimo raccomandato � 150 minuti alla settimana di attivit� fisica moderata o intensa, quindi almeno una camminata sportiva che faccia sudare e possa supplire al fatto che passiamo il resto del tempo quasi sempre in panciolle. Senza sport saremmo anche pi� predisposti alle malattie, perch� l'attivit� fisica "allena" il sistema immunitario: succede perfino in chi � pi� debilitato, come ha dimostrato una ricerca della Vittoria University in Australia su uomini con tumore alla prostata, in cui un miglioramento della risposta immunitaria pu� avere effetti anticancro, perch� le cellule immunitarie possono riconoscere ed eliminare le cellule malate con maggiore efficienza. Finiremmo poi per ingessarci una gamba o un braccio pi� spesso, perch� avremmo ossa fragili come porcellana: l'attivit� fisica infatti impone al nostro organismo di depositare massa ossea in abbondanza per far fronte alle sollecitazioni del movimento. Stando fermi diventeremmo man mano sempre pi� simili agli invertebrati. E, chiss�, forse alla lunga ci estingueremmo per mancanza di attivit� sessuale: la Societ� Italiana di Andrologia di recente ha sottolineato che la sedentariet� porta lui a fare flop sotto le lenzuola, dimostrando su pazienti con disfunzione erettile che incrementare il movimento quotidiano fino a raggiungere i fatidici 10-mila passi aiuta il sesso in un caso su due. Lo sport fa bene anche all'umore: ricercatori dell'Oregon University hanno pubblicato sulla rivista Mental Health and Physical Activity un ampio studio da cui emerge che saremmo pi� esposti al rischio di depressione e di alterazioni dell'orologio biologico e quindi, per esempio, del ciclo sonno-veglia. Quando svolgiamo attivit� motorie, il benessere mentale migliora grazie alle endorfine prodotte, che hanno molti effetti positivi sul cervello; anche il bisogno di riposo indotto dallo sforzo, poi, contribuisce a mantenere un buon ritmo sonno-veglia. Cos� non c'� da stupirsi che gi� nel 1982 il Journal of the American Medical Association scrivesse che "non esistono programmi n� farmaci in grado di offrire garanzie per prolungare la qualit� della vita al di l� di un'attivit� fisica costante". E Fabio Pagliara, segretario generale della Federazione Italiana di Atletica Leggera, aggiunge: "La capacit� di movimento � scritta nei nostri geni e sta alla base di ogni mansione, senza non esisteremmo. La crescente consapevolezza dell'utilit� dello sport ha favorito il riaffermarsi di uno stile di vita dinamico che l'uomo moderno rischiava di alterare; in Italia per� siamo in ritardo rispetto ad altre nazioni nel considerare l'attivit� fisica come medicina preventiva. Le nostre citt� per esempio spesso non sono concepite per lo sport". Per di pi� senza sport, salute a parte, saremmo pi� maleducati: essere "sportivo" significa saper accettare le sconfitte, rispettare l'avversario, condividere regole e attenervisi. "Tutti gli sport hanno il valore didattico e civile di educare all'apprendimento di regole e alla loro comprensione", osserva Carmelo Finocchiaro del Dipartimento di matematica dell'Universit� di Catania. "Alcuni sport educano anche a risolvere problemi, ad avere intuizioni, a cogliere l'attimo successivo a una mossa sbagliata dell'avversario. Forse educano anche a comprendere meglio discipline come la matematica: imparare gli assiomi della geometria euclidea, per esempio, � un po' come imparare le regole di un gioco". Anche la societ� e la storia sarebbero state diverse, senza lo sport. Le Olimpiadi di Berlino nel 1936 furono un potente mezzo di propaganda per la Germania nazista, la vittoria del Sudafrica nella Coppa del mondo di rugby del 1995 � stata il principale motivo di coesione per un nuovo corso in quel Paese. "Senza lo sport, la Storia sarebbe cambiata", scrive Antonio Lombardo, docente di Storia dello sport all'Universit� Tor Vergata di Roma. "Nell'antica Grecia per esempio vi era la "tregua olimpica", la sospensione di ogni conflitto durante i Giochi, non solo in onore delle divinit� a cui erano dedicati, ma anche per motivazioni economiche: l'indotto generato dalle manifestazioni atletiche era fondamentale per le casse dello Stato, dunque nessuno poteva essere minacciato, soprattutto gli atleti e gli spettatori che dovevano attraversare i territori nemici per arrivare a Olimpia". Il denaro "mosso" dallo sport era tanto allora come oggi: secondo i dati di Nielsen Global Media, presentati allo Sport & Business Summit nel novembre 2019, il settore fattura oltre 250 miliardi di dollari l'anno con un trend in crescita, soldi mossi in gran parte dal merchandising, dai biglietti degli eventi e dai diritti pagati dalle televisioni che li trasmettono. In Europa ogni anno grazie allo sport lavorano circa 4,5 milioni di persone, che contribuiscono ad ampliare un indotto gi� enorme generato dagli spostamenti dei tifosi e dai loro consumi, ma anche dai miliardi spesi in scommesse. Senza contare le cifre da capogiro degli sponsor: Cristiano Ronaldo incassa circa 3 euro al secondo ma genera profitti ben maggiori alle aziende che lo sponsorizzano, dando lavoro a migliaia di famiglie. "Gli sportivi sono turisti, consumatori, praticanti che innescano meccanismi in ambito economico", sottolinea Pagliara. "Basti pensare al proliferare di offerte e pacchetti turistici dedicati agli sportivi, cos� come agli hotel che adattano la loro offerta alle esigenze di clienti attenti alla gestione del proprio tempo dedicato allo sport". Una serie di motivi che spiegano perch� il calcio si continui a giocare il pi� possibile, anche a pandemia in corso. Un assaggio del mondo senza sport e del tracollo economico che ne deriva lo abbiamo avuto con il lockdown della scorsa primavera. In quei mesi, per compensare l'assenza di manifestazioni cui assistere, molti tifosi hanno scoperto i tornei di e-sport, che si giocano su console: l'eNASCAR Racing virtuale, a marzo, � stato visto negli Stati Uniti da oltre 1,3 milioni di persone, un boom senza precedenti per una competizione di sport virtuale. La "nostalgia" delle competizioni, anche solo da spettatori, ci travolge perch� senza sport ci sentiamo un po' persi. Ne abbiamo bisogno come collante emotivo: senza, mancherebbe un'occasione di coesione sociale, per chi si d� appuntamento per una manifestazione sportiva e per chi si identifica con i colori della stessa squadra del cuore. Lo sport ha una grande potenza narrativa: i nostri nonni e bisnonni ricordano dov'erano il pomeriggio del 4 maggio 1949, quando quasi tutti i calciatori del grande Torino morirono nell'incidente aereo di Superga; i pi� giovani ricordano il 9 luglio 2006, quando la nazionale di calcio di Marcello Lippi si laure� campione del mondo. Perch� lo sport regala emozioni e le storie di molti atleti sono esempi di riscatto e coraggio: Jesse Owens, nero e quattro volte oro a Berlino '36, � stato un simbolo di speranza negli anni bui del nazismo. E sui campi da gioco anche l'impossibile diventa realt�, perch� tutti hanno la loro chance: chi avrebbe scommesso sul diciassettenne Boris Becker a Wimbledon 1985? Eppure, vinse lui. Una tavola anti-ox (di Luca Borelli, "Bene Insieme" n. 4/16) - Come combattere i radicali liberi mangiando i cibi capaci di contrastarne gli effetti ossidativi - Inquinamento, fumo, alcol e stress psicofisico intenso sono alcuni dei fattori esterni che concorrono alla produzione di radicali liberi, responsabili dello stress ossidativo, dannoso per il nostro organismo. Frenare o diminuire l'accumulo di tossine e di conseguenza i processi di ossidazione cellulare �, per�, possibile se si segue un corretto stile di vita e una corretta alimentazione. Ecco allora che diventa importante sapere quali sono gli alimenti che non devono mai mancare sulla nostra tavola per contrastare l'ossidazione cellulare. Una dieta benefica per la nostra salute e per le nostre difese immunitarie deve abbondare in particolare di vegetali freschi e, come regola, ricordiamoci di utilizzare sempre frutta e verdura di stagione, conveniente anche dal punto di vista qualitativo. Frutta e verdura, per�, anche se simili, fanno parte di 2 gruppi alimentari distinti ed � importante ricordare che non sono interscambiabili. Esistono dei cibi protettivi. � stato dimostrato, ad esempio, che la soia pu� svolgere un'azione antitumorale grazie alla sua ricchezza in fitoestrogeni. Citiamo poi anche ceci, lenticchie, piselli, fave e fagioli, ottimi sostituti di carne, pesce o affettati e da mangiare ben cotti e con la buccia, dove si concentrano le sostanze anticancro. Gli asparagi contengono fibre vegetali, acido folico, vitamine A e B e sono ricchi di antiossidanti, tant'� che sono tra gli ortaggi maggiormente utili per contrastare i segni dell'invecchiamento. Inoltre sono alimento ideale per chi soffre di pressione alta e ritenzione idrica contenendo elevati livelli di asparagina, un amminoacido che aiuta l'organismo ad eliminare il sodio in eccesso. Altre verdure da mangiare con continuit� (meglio crude) sono pomodori e peperoni, ricchi di betacarotene e licopene, potenti antiossidanti. Tra le verdure amare vanno bene catalogna, radicchio, cicoria che potenziano le nostre difese. Continuando ci sono l'aglio e la cipolla che, con lo zolfo, inibiscono la crescita batterica e mantengono pulito l'intestino. Fondamentale sarebbe mangiarli crudi (aglio meglio schiacciato) per non perdere questa importante funzione. Oltre a zuccheri, la frutta contiene tanta acqua, vitamine e sali minerali (soprattutto potassio e selenio). Sono consigliate 2 porzioni di frutta fresca al d� per arrivare a consumare circa 300-400 g di parte edibile giornaliera. Meglio utilizzare la frutta come spuntino e prediligere quella fresca di stagione. Si consiglia di mangiare dell'uva (meglio nera) ricca di sostanze antiradicali e l'arancia che ha propriet� antitumorali garantite da flavonoidi, carotenoidi e vitamina C. Il t�, purch� non si aggiunga zucchero, ha un apporto calorico pari a zero e contiene molti antiossidanti (polifenoli e carotenoidi). Il t� contiene, inoltre, una buona quantit� di potassio e di fosforo, di vitamina C e di vitamine del gruppo B. Va bene a qualsiasi et�, ancora di pi� per fumatori, sportivi, soggetti molto esposti alle radiazioni UV, che essendo grandi produttori di radicali liberi, possono avere grandi benefici dal t�, soprattutto t� verde, particolarmente ricco di catechine, molecole riconosciute per le loro propriet� antiossidanti. Il cioccolato fondente rappresenta una delle pi� generose fonti alimentari di flavonoidi, i pi� importanti antiossidanti presenti negli alimenti di origine o derivazione vegetale, come il t�, il vino rosso, gli agrumi e i frutti di bosco. Tanto maggiore � la percentuale di cacao nella barretta o nella tavoletta e tanto superiore � la presenza di flavonoidi. In media, 100 g di fondente ne contengono 50-60 mg, mentre in un'analoga quantit� di cioccolato al latte ne ritroviamo soltanto una decina di mg. Il bio che fa bene La scelta di portare in tavola frutta e verdura di stagione, di scegliere i legumi, naturalmente sempre abbinati a un cereale, sia esso pane, pasta, cous cous come fonte di proteine, � importante, anche per un'alimentazione anti-ossidativa. I prodotti non raffinati (integrali) al posto di quelli raffinati e in particolare quelli biologici possono poi fare la differenza. Vediamo allora 3 punti sui quali tutti gli studi concordano che bio � meglio. - L'agricoltura biologica promuove la biodiversit� nei suoi campi molto di pi� di quella tradizionale e questo oltre � chiaramente una buona cosa a livello ambientale. - La frutta e la verdura contengono meno pesticidi e soprattutto per chi desidera consumarla cruda e con la buccia � senza ombra di dubbio un vantaggio. - I prodotti vegetali biologici presentano una minor quantit� di azoto e quindi possono aiutare chi ha azotemia pi� alta. Charles Goodyear: l'uomo di gomma (di Simone, Cosimelli, "Focus Storia" n. 171/21) - Sfortunato ma caparbio, non si arrese mai. E port� fino in fondo la sua ricerca per rendere la gomma il materiale duttile e versatile che oggi conosciamo - Con la sua invenzione ha cambiato la vita di tutti; ma per difenderla, e imporla, si rovin� la sua. Perch� tre cose era soprattutto Charles Goodyear (1800-1860): visionario, caparbio e sfortunato. Vissuto in un mondo (gli Stati Uniti) e in un'epoca (l'Ottocento) dove la storia del progresso si scriveva ogni giorno, Charles Goodyear mise a punto un metodo di lavorazione della gomma (la vulcanizzazione) che la rese elastica e iperresistente: per intenderci, senza la sua scoperta non avremmo gli pneumatici (e chiss� come sarebbe oggi il sistema dei trasporti), le scarpe da tennis e tante altre cose ancora. Nei primi decenni dell'Ottocento, seguendo l'esempio europeo, gli Stati Uniti importavano in gran quantit� gomma naturale (grezza) dal Sud America, in particolare dall'area della foresta amazzonica. Quello strano materiale, ottenuto dalla pianta Hevea brasiliensis e dal suo lattice (un succo lattiginoso), a molti, una volta trattato, sembr� un prodotto dalle straordinarie qualit�: impermeabile, duttile e in grado di migliorare utensili, abiti e tessuti. Utile per cancellare i segni di matita sui fogli di carta, dalla gomma si ricavavano anche elastici, stivali, berretti e bretelle. Nacquero le prime fabbriche. Tuttavia, c'era un problema. La gomma era sensibile alle variazioni di temperatura: con il caldo diventava collosa, appiccicosa e dall'odore sgradevole; con il freddo, invece, compatta, fragile e inadeguata all'uso. Questo "difetto" rappresentava una grande limitazione, specialmente in un territorio come quello degli Stati Uniti che, dal punto di vista climatico, comprendeva aree molto differenti. Le aziende, cos�, cominciarono a non vendere pi� gomma, subissate dai reclami dei clienti e colpite dall'insoddisfazione generale. Improvvisamente un successo annunciato rischi� di trasformarsi in un rovinoso fallimento. Ma mentre la cosiddetta "febbre della gomma", che tanti entusiasmi aveva generato, sembrava alla fine, uno sconosciuto volle scommettere in senso contrario: Charles Goodyear. Nato nel 1800 a New Haven, in Connecticut, Charles Goodyear era il primo di sei figli. All'et� di 25 anni, dopo aver sposato Clarissa Beecher, entr� in affari con il padre, che allora gestiva un negozio di ferramenta, si occupava di bottoni e vendeva attrezzi agricoli. Con la moglie, poi, decise di trasferirsi a Philadelphia nel tentativo di ampliare il commercio di famiglia. In quell'America gi� investita dalla rivoluzione industriale, per�, l'illusione della stabilit� dur� poco. Nel 1830 la societ� fall� e lo spettro della povert� buss� alla porta. Goodyear fu costretto a barcamenarsi, tirando avanti tra debiti e delusioni. E fu proprio in quel momento, duro e tormentato, che nacque il suo interesse per la gomma. Un interesse che non lo avrebbe pi� abbandonato. Inizi� quindi a raccogliere testimonianze, a leggere, a studiare e si convinse delle potenzialit� del materiale. Nel 1834, a New York, propose alla Roxbury Rubber Company (la prima azienda di gomma del Paese) una innovativa valvola di gonfiaggio per salvagenti. Si sent� rispondere che per quel materiale presto non ci sarebbe stato pi� spazio negli States e che, di fronte alla contrazione del mercato, ulteriori investimenti non erano all'ordine del giorno. Goodyear non volle arrendersi e decise che lui stesso avrebbe risollevato le sorti della gomma migliorandone le caratteristiche. Tornato a Philadelphia tutto si fece per� pi� complicato e, a causa dei debiti, fin� in prigione. Anzich� arrendersi, chiese alla moglie di portargli in cella il minimo indispensabile per iniziare gli esperimenti. Una soluzione, pensava, doveva esistere e lui l'avrebbe trovata. Una volta libero, cominci� a provare e riprovare, sicuro di avvicinarsi sempre di pi� all'obiettivo: evitare che la gomma subisse alterazioni legate alla temperatura. Non fu facile. Ormai padre, per mantenere la famiglia decise di disfarsi dei mobili di casa, lavorando ininterrottamente e spostandosi spesso alla disperata ricerca di finanziatori. Avvi� una sua attivit� e, in principio, sembr� raggiungere il suo scopo. Il risultato, per�, per quanto interessante non fu soddisfacente. I nuovi creditori persero fiducia e per di pi�, nel 1837, una grave crisi finanziaria lo lasci� sul lastrico. Prima and� a vivere in una struttura abbandonata a Staten Island (non lontano dalla ricca Manhattan) e in seguito si spost� a Woburn, in Massachusetts. Furono anni terribili: quasi ossessionato dai segreti della gomma, dovette sforzarsi in tutti i modi per superare gli ostacoli quotidiani. Ma non moll�. E alla fine, dopo aver tentato con le sostanze pi� varie, cap�. Combinando accidentalmente gomma naturale e zolfo su una stufa calda not�, con grande sorpresa, che la gomma non si scioglieva. Anzi: una volta tolta dal fuoco rimaneva elastica e facilmente malleabile, senza perdere le sue propriet�. Ripet� l'esperimento pi� volte e le sue intuizioni trovarono conferma. Date le scarse conoscenze scientifiche del tempo, infatti, soltanto un profondo conoscitore della gomma avrebbe potuto capire che, dietro l'accaduto, si nascondeva in realt� un processo chimico di fondamentale importanza. Dopo tanti sacrifici, ce l'aveva fatta. Goodyear, all'epoca, risentiva delle fatiche e delle avversit� sopportate e temeva addirittura di morire senza aver realizzato il suo sogno. Zoppicante, ma sempre pieno di energie intellettuali, aveva urgente bisogno di perfezionare il processo, brevettarlo e utilizzarlo su scala industriale. A causa di una reputazione ormai compromessa, per�, aspett� cinque lunghi anni, muovendosi tra New York e Boston, prima di trovare capitali e opportunit�. Solo nel 1844 ottenne dal governo il brevetto tanto agognato. Intanto, avendo diffuso la notizia e non essendo abbastanza scaltro, per lui era iniziato un calvario giudiziario. Dovette difendere la sua scoperta da chi, fiutato l'affare, se ne serviva senza riconoscergli i diritti. Gran parte del denaro ricavato, cos�, se ne and� in spese legali e inoltre, morso dall'indigenza, cedette alcune licenze commerciali rinunciando a notevoli guadagni sul lungo periodo. La sua ultima delusione, poi, si consum� in Europa. Per far conoscere la "gomma elastica" aveva infatti inviato, prima del 1844, alcuni campioni nel Regno Unito con l'intento di vedersi riconosciuto l� il suo brevetto. Di quei campioni era entrato in possesso Thomas Hancock, ingegnere e grande imprenditore dell'industria della gomma, che, nel 1843, bruciando sul tempo Goodyear, aveva registrato un brevetto per lo stesso processo, chiamandolo "vulcanizzazione" in onore del dio greco Vulcano. Goodyear lo accus� pubblicamente di aver sfruttato la sua idea in modo illecito. Per risolvere la questione Hancock gli offr� met� del brevetto, ma Goodyear rifiut�, e fu uno dei suoi pi� grandi errori. La contesa si trascin� per anni, e malgrado i forti sospetti, il furto ai danni di Goodyear non fu dimostrato. Nel frattempo, nonostante gli encomi ricevuti in occasione dell'Esposizione universale di Londra nel 1851 e quella di Parigi nel 1855, Goodyear non si risollev�. Quando l'imperatore francese Napoleone III gli volle assegnare la Legion d'onore per premiarlo, si trovava in carcere per insolvenza. Mor� nel 1860 con 200-mila dollari di debiti. Per fortuna la famiglia, dopo tante difficolt� (inclusi molti lutti), pot� vivere serenamente con i proventi del suo lavoro (e un figlio, Charles Goodyear jr, mise a frutto gli studi paterni per produrre scarpe da ginnastica). A riscattare il suo nome fu un uomo che con lui non aveva avuto rapporti: Frank Seiberling. Nel 1898 fond� in Ohio un'azienda di prodotti in gomma specializzata in pneumatici (oggi tra le pi� note in assoluto) e in suo onore la chiam� Goodyear Tire & Rubber Company. Cos� ancora oggi, a 220 anni dalla sua nascita, il nome Goodyear � famoso in tutto il mondo. L'invenzione Goodyear ide� il metodo di "vulcanizzazione" della gomma naturale (o caucci�), un processo chimico che rende la gomma pi� resistente ed elastica e ne permette l'utilizzo per numerose applicazioni pratiche: suole di gomma per sneakers e calzature sportive, settori sviluppati dal figlio Charles Goodyear junior. E poi guarnizioni, tubazioni, manufatti di vario genere, ma fu utile anche per l'isolamento dei cavi elettrici e altro ancora. L'intuizione di Goodyear, soprattutto, ha aperto la strada alla produzione e alla diffusione degli pneumatici, inaugurando l'epoca della motorizzazione e dei trasporti veloci. Pippo Franco: con una faccia cos� chi � che non mi riconosce (di Andrea Di Quarto, "Tv sorrisi e canzoni" n. 49/20) - Il grande attore romano parla della sua carriera e di una popolarit� immensa, che ancora oggi lo sorprende - Pippo Franco � una continua sorpresa. Cita Einstein e Benedetto XVI, parla di trascendenza, � stato allievo di grandi pittori come Guttuso e Turcato. La sua carriera lo ha visto attore, cantante, comico, cabarettista, conduttore televisivo, sceneggiatore, commediografo, regista teatrale, umorista. E di recente anche concorrente di un game show come "Soliti ignoti". - Lei che cosa si sente? "Ho sempre ritenuto che non siamo nati per percorrere un solo mondo, ma per percorrerli tutti. Io nasco come pittore e come musicista, poi � accaduto il resto. L'attore � stato il quinto mestiere, perch� prima ancora avevo disegnato fumetti per tre anni e poi ho fatto il cantautore, scrivendo canzoni spiritose e inconsuete. L'attore � venuto come conseguenza: dovevo presentare queste canzoni e cercare di farle capire. Alla fine la presentazione ha avuto il sopravvento sulle canzoni stesse. Ma faceva tutto parte dello stesso modo di vedere la realt�: evidentemente sono nato per questo". - Nel 1960 il suo primo film: ha debuttato al cinema, in "Appuntamento a Ischia", accompagnando con il suo gruppo Mina. Che inizio! "Eravamo bravini. Stavo facendo l'esame di maturit� lo stesso giorno in cui avevo il treno per Ischia, dove si girava. Insomma, dovevo decidere se continuare l'esame o vedermi sostituire nel film. Decisi di partire: dissi al professore che andavo a bere un caff� e sparii. Per fortuna recuperai l'esame a ottobre". - � vero che fu Maurizio Costanzo a consigliarle la carriera di cantautore satirico? "Io suonavo nel locale in cui and� in scena il suo primo spettacolo. Mi prese per fare l'intervallo e la gente rideva a crepapelle". - Cochi e Renato vengono ritenuti i pionieri della canzone demenziale. Dimenticando album come il suo "Cara Kiri". "S�, eravamo proprio sulla stessa strada, tanto � vero che io ho lavorato molto con Cochi e Renato al Derby Club (storico cabaret di Milano, ndr). Noi siamo stati quelli che hanno creato questo modo d'esprimersi a quel tempo assolutamente anomalo. Eravamo i pi� rivoluzionari, in un certo senso". - Le dispiace non aver ricevuto il giusto credito? "Vede, il cabaret non va incontro alle esigenze del pubblico, ma risponde a due domande: "Chi sono?" e "Che cosa ho da dire?". Per me quello che conta � il mio rapporto con me stesso. E poi gli artisti anticipano spesso i tempi". - Lei, comunque, ebbe poi un grande successo in tv con "Dove sta Zaz�?" nel 1973. "Il successo ha andamenti altalenanti. Sono giochi del destino. La mia popolarit� non l'ho voluta io, ho fatto semplicemente un tragitto. Ci sono alchimie misteriose: io per esempio ho una faccia che � la mia. Ed � talmente riconoscibile che non mi si confonde mai con nessun altro. Ma mi creda, avrei continuato anche da sconosciuto". - Pochi sanno che nel 1972 fece un film con il grande Billy Wilder, "Che cosa � successo tra mio padre e tua madre?". "Tutti i "grandi" che ho conosciuto e frequentato, compresi Fellini e Antonioni, con i quali ho avuto rapporti personali e non professionali, hanno cercato di tirare fuori da me quello che nemmeno io sapevo di avere. Wilder mi fece leggere il personaggio che dovevo interpretare e mi chiese come avrei voluto farlo. "Scusa, ma Billy Wilder sei te, mica so' io" gli dissi. Lui insistette e io mi inventai un funzionario pubblico molto rigido. Addirittura arrivai a suggerirgli delle inquadrature e mentre lo facevo mi resi conto che stavo parlando con Billy Wilder, quello di "A qualcuno piace caldo", il regista che ha contribuito alla nascita del mito di Marilyn Monroe. E chiesi scusa. E lui: "Vai avanti!". In pratica fece il personaggio esattamente come lo avevo descritto io". - Oltre 40 anni con "Il Bagaglino". Che cosa ha rappresentato? "La "summa" di tutto quello che avevo fatto. Castellacci e Pingitore hanno portato il cabaret in tv e abbiamo fatto programmi per 23 anni. Tutti gli altri, venuti dopo, sono esplosi anche grazie a questa porta aperta da noi". - Lionello, Gullotta, lei. Difficile la convivenza? "I comici hanno una particolarit�: non accettano che ci sia un altro comico nel raggio di 30 chilometri. Io feci capire loro che � meglio raccogliere 50 risate collettive che 10 con un comico solo. Niente rivalit�, insomma". - Spesso i comici sono persone tristi. "Io li definirei, naturalmente non in senso scientifico, "bipolari". Lo dico perch� il comico conosce la fame e conosce la morte, e vive questa sorta di "doppio" come una forma di creativit�. Non puoi parlare di ironia se non conosci il dramma e se non lo hai praticato". - Ci regala una battuta? "Cito un grande autore, Ennio Flaiano, ed � una frase che sintetizza come vivo oggi: "La stupidit� degli altri mi affascina, ma preferisco la mia"". Quattro chiacchiere con Paolo Del Debbio (di Barbara Mosconi, "Tv sorrisi e canzoni n. 3/21) - Il giornalista di "Diritto e rovescio" racconta come � cambiata la sua vita (e la sua immagine) in poco tempo - Il 12 febbraio Paolo Del Debbio ha compiuto 63 anni, portati con l'eleganza di un signore distinto, in vestito sartoriale e forma perfetta: onde grigie nei capelli fluenti, l'ombra della barba un po' incolta e un paio di occhiali vintage dalla montatura scura. In mano, i soliti fogli che durante "Dritto e rovescio" agita a mo' di bacchetta come un direttore di orchestra, scandendo i collegamenti fra le piazze esterne, gli ospiti in studio e quelli a casa. Una formula collaudata da un paio di anni che il gioved� sera su Rete 4 supera il milione di spettatori con picchi di oltre due. - Del Debbio, a settembre ha ripreso il programma con meno chili e pi�... "Pi� forza, pi� energia". - Ha parlato di una lunga dieta. "� stata una scelta, volevo mettere il fisico in sesto. Non � facile, ci si pu� scoraggiare, ma superato il primo mese e mezzo, va meglio, l'appetito va scemando. Lo dico per chi ha provato a farlo". - Gli spettatori si sono abituati al nuovo look o chiedono lumi? "Ogni tanto succede. � stato un cambiamento un po' radicale: si chiedono cosa c'� dietro, se sono stato malato, se l'ho fatto per motivi sentimentali". - E la risposta? "L'amore aiuta, se c'� un amore tutto � pi� facile. Ma la cosa � iniziata prima". - Quindi c'� anche l'amore. "S�, ma non dico di chi si tratta neanche sotto tortura. Non fa parte del mondo della tv, ci mancherebbe altro, per carit�, Dio ce ne scampi e liberi!". - Ma lei si sente un po' diverso? "S�, mi sento pi� me stesso, ragiono meglio, ho pi� voglia di fare le cose, pi� fiducia e autostima. A volte mi guardo e mi sembra cos� strano, da un po' di anni ero rotondotto, anzi, piuttosto grasso. Ho cominciato la dieta il giorno di Pasqua dell'anno scorso". - Un fioretto? "Pi� che un fioretto, una spada, anzi uno spadone! Ho perso 31 chili, ma ora mi fermo". - Il panettone lo ha mangiato? "Una fetta, ci mancherebbe! Poi rigoroso. C'� il terrore di tornare indietro". - Sar� o meno per la dieta, ma gli ascolti la premiano. "Per ora, se Dio vuole e facendo le corna, stiamo andando molto bene, pur con la concorrenza di Corrado Formigli con "Piazza pulita" su La7: lui � un osso duro, � come avere contro un mastino napoletano!". - Guarda gli altri talk show? "La tv non la vedo, non ho tempo, guardo solo film e documentari". - Quando le persone la fermano e dicono: "Dio la benedica", le fa impressione? "Mi fa un'impressione positiva che le persone mi mostrino affetto. Do loro voce e mi fa piacere. Di tutto il resto, dei partiti, della politica, non mi importa nulla, sono abbastanza anarchico e apartitico e questo mi aiuta a condurre". - Le critiche la feriscono? "No, le accetto. Non si va al circo se si ha paura dei leoni". - Una che ha trovato ingiusta? "Quella di fascismo. Io sono figlio di un deportato, mio pap� � stato nel campo di concentramento di Buchenwald due anni, poi in Grecia. Il fascismo � un errore della storia. Ho reagito pesantemente". - La parola d'ordine del 2020 � stata "distanziamento". Quella del 2021? "Vaccino". - Lo dice con speranza o con pessimismo? "Dico che � ora che si diano una mossa e che ce lo facciano avere, il vaccino � la vera luce. Il resto sono ciance. L'economia sta andando in rovina". - Che ne pensa dei virologi-star? "Sarebbe stato meglio un coordinamento a livello nazionale lasciando da parte le singole opinioni, c'� stata una comunicazione confusa. Io da un certo punto in poi ho deciso di non invitarli se non in casi rari". - Il suo motto �: "Bisogna essere semplici, ma non banali". "Lo � tuttora ed � eterno". - Vede in giro banalit� quando... "... i politici sembrano degli opinionisti, quando dicono "si dovrebbe" al condizionale o "si far�" al futuro. Invece di usare l'indicativo o l'imperativo". - Dice anche: "Ogni tanto me la prendo con qualcuno, ma sono toscano". Un alibi o un'attenuante? "Un'attenuante generica di tipo territoriale". - Con chi se la prende? "Con quelli che in tv si sovrappongono e non si capisce nulla, mi arrabbio con le piazze quando escono dal seminato". - Poi fa pace? "� una fiammatina, non sono il roveto ardente di Mos� che brucia e non si consuma". - Cos'altro ha ereditato dalle sue origini lucchesi? "La forza polemica, naturalmente, ma soprattutto tenere i piedi per terra. Non dimentico le mie origini umili e i sacrifici che hanno fatto i miei genitori per farmi studiare". - Un altro toscano, Ubaldo Pantani, fa la sua imitazione a "Quelli che il calcio". "Prima mi imitava anche Gene Gnocchi. Pantani l'ho visto una volta, � simpatico e divertente. � mica pisano?" - � originario di Cecina, Livorno. "Allora � gi� meglio". - Oltre alla tv continua a insegnare? "S�, "Etica ed economia" allo Iulm di Milano". - I suoi studenti che hanno detto della "nuova versione" del prof? "Ci sono stati un po' di commenti "carbonari", ma li ho scoperti. "Guarda un po' il prof"," "Hai capito il prof!", "Deve aver perso la testa..."".