Febbraio 2022 n. 2 Anno LII MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione #;?aa#1971 n. 202 Dir. Resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice Nel segno di Mao Le nostre abitudini si trovano qui Colombo misterioso Formaggio al quadrato Ivrea: non solo industriale Povia, un artista scomodo Nel segno di Mao (di Riccardo Michelucci, �Focus Storia� n. 177/21) - Un secolo fa nasceva il Partito comunista cinese. Ma la lotta di Mao divenne tragedia di un popolo - Cento anni fa, un gruppo di uomini in barca cambi� per sempre le sorti della Cina contemporanea. Il primo congresso nazionale del Partito comunista cinese ebbe inizio il 23 luglio 1921 a Shanghai, ma i lavori proseguirono su un�imbarcazione ormeggiata in un lago dello Jiaxing, i dodici delegati stilarono il primo statuto del partito che proponeva un riscatto per un Paese dilaniato dalle guerre, impoverito e al collasso. Tra i principali obiettivi fissati in quei giorni c�erano il rovesciamento della borghesia e la costruzione di una societ� socialista attraverso la lotta di classe, la dittatura del proletariato e la nazionalizzazione dei mezzi di produzione. A risultare vittoriosa fu la linea marxista-leninista rappresentata da Chen Duxiu, preside della facolt� di Lettere dell�Universit� di Pechino, che divenne il primo presidente e il segretario generale del nuovo partito. Ma tra i fondatori c'era anche un giovane 27-enne che, nel successivo quarto di secolo, avrebbe traghettato la Cina dal Medioevo alla modernit�. Si chiamava Mao Zedong. Ribelle e statista, politico diabolicamente scaltro e abile stratega militare, Mao fu il �Grande Timoniere� della rivoluzione comunista cinese. Una figura colossale che per� sar� per sempre legata all'enormit� dei suoi crimini e a un periodo di terrore senza precedenti, nel quale persero la vita decine di milioni di persone. �Predic� la lotta di classe permanente, finch� questa non divent� una gabbia dalla quale n� lui, n� il popolo cinese potevano evadere; e liber� la Cina dalla camicia di forza del suo passato confuciano. Ma il radioso futuro rosso che aveva promesso si trasform� in uno sterile purgatorio�, scrive Philip Short in Mao. L'uomo, il rivoluzionario, il tiranno (Rizzoli), che � considerata la biografia pi� aggiornata sul leader cinese. Era nato il 26 dicembre 1893 a Shaoshan, provincia dello Hunan, nel cuore contadino dell'immenso impero dei Qin. Mao era un figlio della terra e venne allevato con i metodi tradizionali della piccola borghesia rurale, alternando lo studio al lavoro nei campi del padre. In una Cina ormai senza guida, nel 1911 - non ancora 17-enne - si un� alla rivolta che port� alla caduta dell'impero. Dopo il diploma alla scuola dello Hunan si spost� all'Universit� di Pechino, dove divenne assistente bibliotecario. L� si avvicin� per la prima volta alla dottrina marxista, grazie al direttore della biblioteca, Li Dazhao, tra i fondatori del Partito comunista cinese. Nel 1923, al terzo congresso del partito, venne eletto nel Comitato centrale. In questa fase cominci� a elaborare molte delle sue tesi politiche, individuando nelle agitazioni contadine la fonte da cui attingere per la rivoluzione. Nel 1928 il congresso del Partito comunista cinese appoggi� la nascita di soviet rurali sul modello russo e lo incaric� di introdurre alcune misure di riforma agraria. Ma il suo profilo di leader incontrastato emerse negli Anni '30, nel corso della guerra civile: nel 1934 si mise alla testa della cosiddetta Lunga Marcia, durante la quale, a un costo in termini di vite umane altissimo, l'esercito comunista riusc� a rompere l'accerchiamento delle truppe nazionaliste di Chiang Kai-shek. La rivoluzione comunista si afferm� definitivamente poco dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Il primo ottobre 1949 a Pechino, nella piazza Tienanmen, Mao proclam� la nascita della Repubblica popolare cinese, da lui presieduta. Da quel momento, anche grazie all'impegno economico e militare di Mosca, la Cina si avvi� verso la modernit�, schiacciata per� da una delle pi� spietate dittature del Novecento. Il Grande Timoniere statalizz� l'economia per promuovere uno sviluppo rapido dell'agricoltura e dell'industria e spinse sull'acceleratore delle riforme. Nel 1958 avvi� il cosiddetto Grande balzo in avanti, un gigantesco piano economico e sociale pensato per far entrare la Cina tra le principali potenze industriali del mondo. �L'obiettivo era trasformare il sistema economico rurale in una societ� comunista industrializzata basata sulla collettivizzazione�, spiega lo storico di Hong Kong Frank Dik�tter, autore di numerosi saggi sulla Cina di quegli anni. �Da Pechino decine di milioni di contadini ricevettero l'ordine di abbandonare i campi per trasformarsi in manodopera per la nascente industria siderurgica�. Fu teorizzato che in pochi anni le derrate alimentari sarebbero raddoppiate, addirittura triplicate, e che la produzione di acciaio avrebbe superato quella dei pi� moderni Paesi occidentali. Invece, a causa anche delle gravi carestie che colpirono la nazione a partire dal 1959, circa 30 milioni di cinesi morirono di stenti. Fu un fallimento epocale che fece guadagnare consensi ai suoi oppositori all'interno del Partito comunista. Eppure, ancora una volta, Mao seppe restare al timone. Ancora una volta, a un prezzo altissimo per i cinesi. Per governare le conseguenze del disastro economico e sociale e contrastare l'apparato del partito che cercava di ridimensionare il suo potere, il Grande Timoniere lanci� la cosiddetta Rivoluzione culturale. �Temeva una condanna postuma per i suoi clamorosi fallimenti, com'era gi� accaduto a Stalin dopo la sua morte�, sostiene Dik�tter. �Ma soprattutto era ancora convinto di poter trasformare la Cina in un paradiso socialista e, pur di riuscirci, era disposto a chiedere qualsiasi sacrificio al suo popolo�. Nell'agosto 1966 un milione di giovani Guardie rosse osannanti giunte da tutto il Paese si riunirono in piazza Tienanmen, dove ricevettero l'ordine di attaccare i �centri della controrivoluzione� e distruggere i �nemici della Cina�: le idee, la cultura, le abitudini, i comportamenti. I comandamenti della rivoluzione furono elencati nel famigerato Libretto rosso, stampato in milioni di copie. �Da quel momento� prosegue Dik�tter �il furore iconoclasta avrebbe colpito qualsiasi traccia del cosiddetto �passato borghese e imperialista�, portando alla distruzione e al saccheggio di monumenti e luoghi di culto, e innescando una guerra civile che caus� centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati. Mao aizz� gli studenti contro gli insegnanti, incit� il popolo ad attaccare i membri del partito, infine fece intervenire l'esercito, portando il Paese in un vortice di terrore nel quale le persone cercarono disperatamente di dimostrare la loro fedelt� al capo supremo�. Non furono attaccati soltanto i dirigenti, i funzionari del partito e tutti coloro che avevano manifestato perplessit� nei confronti delle politiche del Grande Timoniere. Decine di migliaia di cittadini comuni vennero perseguitati, imprigionati, torturati, uccisi. Il terrore consent� a Mao di eliminare tutti i veterani del partito che avevano iniziato a criticarlo e anche di sollevare una fitta cortina di fumo davanti agli occhi del popolo per nascondere i suoi insuccessi, dando la colpa a controrivoluzionari veri o presunti. Fino al 1968 vi fu una drammatica escalation di violenza: gli studenti inquadrati nelle Guardie rosse presero di mira soprattutto gli insegnanti, aggrediti, umiliati e picchiati in pubblico, assassinati o costretti al suicidio. Le case dei cittadini benestanti venivano assaltate alla ricerca di beni di lusso, di mobili e libri antichi, di valuta estera. Infine la Rivoluzione culturale si spost� nelle campagne causando nuovi drammi. �Con l'uso della violenza Mao riusc� a incarnare l'utopia, a diventare oggetto di un vero e proprio culto della personalit�, ma in ultima analisi il processo apr� la strada anche al tramonto del Maoismo�, conclude Dik�tter. Mao mor� il 9 settembre 1976. Da anni soffriva di una malattia degenerativa e di problemi causati dal fumo. Dopo i solenni funerali in piazza Tienanmen, seguiti da oltre un milione di persone, la salma imbalsamata fu traslata in un grande mausoleo in stile sovietico. Prima di morire, Mao era riuscito a riallacciare i rapporti con l'Urss, ma la sua scomparsa fece esplodere le contrapposizioni tra le diverse anime del partito, sopite fino ad allora. A prevalere sul gruppo di potere finito alla sbarra nel clamoroso processo alla �Banda dei Quattro� (tra i quali Madame Mao) fu l'ala del presidente Deng Xiaoping, che negli Anni '80 intraprese una serie di riforme per decollettivizzare l'economia. Mantenendo per� il principio dell'autorit� assoluta del partito, contro ogni democrazia e pluralismo. Le nostre abitudini si trovano qui (di Margherita Zannoni, �Focus� n. 350/21) - La giornata di ognuno di noi � contrassegnata da comportamenti �ricorrenti�, che ci aiutano a vivere. Ecco quali meccanismi li attivano - Siamo abitudinari: svolgiamo sempre nello stesso modo circa il 40% delle nostre attivit� quotidiane. Basta pensare a gesti meccanici come lavarsi i denti, allacciare la cintura di sicurezza dell'auto o accendere la luce entrando in una stanza. Ma anche a comportamenti pi� articolati che seguono uno specifico copione: per esempio, la sequenza di azioni fatte ogni mattina prima di uscire, o quando si rincasa. Poi ci sono le consuetudini riguardo alla gestione del proprio lavoro, della vita famigliare, del tempo libero, fino a che cosa si mangia a colazione. La nostra vita quotidiana include centinaia di abitudini di cui, in parte, non siamo consapevoli fino a quando, come � avvenuto con la pandemia, non abbiamo dovuto necessariamente rinunciarvi. A cosa servono queste azioni ripetute? E che cosa accade se siamo costretti a cambiarle? Il cervello tende sempre a convertire una sequenza di azioni in una routine se ci� porta a un �premio�. Il processo � noto come �chunking� e si compone di tre fasi: una situazione da cui nasce un desiderio (per esempio, sentire profumo di brioches sulla strada del lavoro); un'azione (comprare una brioche); infine, la ricompensa, che � il vantaggio che si trae dall'azione (il piacere della brioche) e attraverso cui il cervello stabilisce se vale la pena di ricordare e ripetere questo schema (mangiare una brioche prima del lavoro). Il ciclo situazione, azione e ricompensa diventa sempre pi� automatico fino a consolidare un'abitudine. Perch� un'abitudine prenda piede occorre per� che entrino in gioco i gangli della base, strutture cerebrali collocate in profondit�, sotto la corteccia, che codificano le azioni che compongono quella consuetudine. Una volta che lo schema di comportamento � impresso nel cervello, diventa estremamente difficile abbandonarlo. Per questo, �Le abitudini ci aiutano a sopravvivere�, come afferma Justin O'Hare, neurobiologo della Duke University (Usa), che ha studiato proprio i meccanismi cerebrali che consentono il formarsi delle abitudini. �Fermarsi a pensare a ogni piccola cosa che si fa nella vita quotidiana sarebbe paralizzante�. Entrando invece in modalit� �abitudine�, il cervello risparmia fatica e diviene pi� efficiente liberando spazio nella mente per pensare ad altro, un po' come chiudere un programma nel pc o nello smartphone libera RAM per far girare pi� velocemente altre applicazioni. C'� per� un risvolto negativo: capita a tutti di trovarsi a parcheggiare l'auto sotto casa senza essersi resi conto del tragitto (�Come ho fatto ad arrivare qui?�) oppure di imboccare la strada che porta al lavoro anche nei fine settimana. �L'abitudine prende il sopravvento perch� la corteccia orbitofrontale si quieta�, ha detto Christina Gremel, neuroscienziata dell'Universit� della California, a San Diego. Si tratta dell'area del cervello che elabora le decisioni e regola il comportamento, valutandone le conseguenze. La ricercatrice ha riscontrato che a frenare la sua attivit�, consentendo cos� l'attuazione dell'abitudine, � il rilascio di endocannabinoidi, sostanze chimiche prodotte dall'organismo che modulano l'eccitabilit� dei neuroni. Il risultato � che il cervello inserisce il pilota automatico, smettendo di monitorare ci� che si fa. Cos� a volte finiamo per muoverci come zombie, affidandoci impropriamente a gesti automatici: a molti sar� successo di mettere il sale nel caff� o di compiere altre azioni altrettanto insensate. �Abbiamo bisogno di un equilibrio tra abitudini e azioni mirate. Dobbiamo eseguire azioni di routine in modo rapido ed efficiente e le abitudini servono a questo�, ha affermato Gremel. �Tuttavia, incontriamo anche circostanze mutevoli e dobbiamo mantenere la capacit� di �rompere le abitudini� per compiere azioni mirate basate su informazioni aggiornate�. Se ci� non accade le conseguenze possono perfino essere tragiche: basta pensare a quei genitori a cui � successo di lasciare per ore i figli sul sedile posteriore dell'auto: il programma automatico �andare al lavoro� ha guidato le loro menti e le loro azioni, inducendoli a dimenticare di avere i bambini a bordo, per esempio per portarli all'asilo. Uno studio dello University College di Londra ha provato che occorrono circa 2 mesi per formare un'abitudine. Un campione di volontari ha scelto un nuovo comportamento (come �bere una bottiglia d'acqua a pranzo� o �correre 15 minuti prima di cena�) e riferito ogni giorno se era stato eseguito e quanto fosse diventato automatico: in media, le nuove abitudini si sono consolidate in 66 giorni. E non � un meccanismo �tutto o niente�: i comportamenti sono divenuti abitudinari anche se occasionalmente non erano stati attuati. Al di l� di questa ricerca, comunque, si sa che le abitudini con ricompense immediate (guardare una serie tv, per esempio) sono pi� facili da acquisire di quelle che portano vantaggi a lungo termine (come fare sport). Ma tutte possono diventare fini a se stesse, indipendenti dal risultato: un team di scienziati della Duke University ha addestrato alcuni topi a premere una leva per ottenere un bocconcino, e quelli che ne avevano fatto un'abitudine continuarono ostinatamente a premerla anche se non ne ricavavano pi� nulla. Sono solo topi? Anche gli esseri umani possono essere altrettanto rigidi. Un'altra curiosa ricerca ha infatti provato che i consumatori abituali di popcorn al cinema continuano a sgranocchiarli avidamente davanti a un film anche quando sono stanchi. Lo hanno verificato con un esperimento gli studiosi della University of Southern California: gli abitudinari hanno mangiato popcorn �vecchi� quanto quelli freschi, anche se non erano affamati. Ecco perch� pu� capitare che, avendo l'abitudine di consumare uno snack a una certa ora del giorno o se ci si trova in un determinato stato d'animo, sia difficile smettere, anche se col tempo quello spuntino ha smesso di essere gratificante (un ostacolo non da poco per chi vuol mettersi a dieta!). Cos�, spesso, i cambiamenti avvengono solo quando qualcosa rompe forzatamente i nostri schemi. Ne � un esempio ci� che � accaduto con lo sciopero dei lavoratori della metropolitana londinese nel 2014. Per due giorni la protesta ha chiuso circa i due terzi delle stazioni della citt� costringendo molte persone a ripensare i propri percorsi. Uno studio delle Universit� di Cambridge e Oxford che si � svolto qualche settimana dopo ha stabilito che da quel momento il 5% dei pendolari ha cambiato stabilmente tragitto quotidiano: la rottura improvvisa della routine li ha portati a scoprirne uno migliore prima mai considerato. Con la pandemia � successo qualcosa di simile: siamo stati tutti soggetti a un enorme esperimento. Dato che le abitudini si stampano nei circuiti neurali, i nostri cervelli hanno dovuto cambiare un po' le connessioni, per esempio per abbandonare automatismi come toccarsi il viso o i capelli (quantomeno senza prima aver ben igienizzato le mani) oppure abitudini come appoggiare la mano sulla spalla di un amico o dare la mano a un conoscente: il cervello d� il via all'impulso ad allungare il braccio e poi �stop!�, lo frena. Una costante riprogrammazione di azioni, pressoch� in ogni ambito di vita. �Se una routine viene interrotta, allora dobbiamo pensare molto di pi� a cosa fare, il che mette sotto pressione la parte decisionale del cervello, il lobo frontale, che ha un'energia limitata e pu� affaticarsi�, afferma Faye Begeti, neuroscienziata dell'Universit� di Cambridge. In pi�, le abitudini nel bene e nel male ci definiscono e abbandonarle drasticamente significa rivedere ci� che siamo. Il risultato � stato un aumento esponenziale di ansia e stress nella popolazione, legato s� alla paura per la salute e al senso di incertezza ma anche allo stravolgimento della routine. Abbiamo quindi acquisito nuove abitudini per la nuova realt�, come prendere la mascherina prima di uscire o lavorare da casa. �Siamo molto bravi a imparare cose nuove e a dimenticare ci� che non � una priorit�, ha fatto notare in proposito Tina Franklin, neuroscienziata del Georgia Institute of Technology. Di conseguenza le riaperture hanno portato nuovo disorientamento nel riprendere gli schemi di comportamento accantonati. Uno stress che altera le aree cerebrali che controllano funzioni come la memoria, l'attenzione e la pianificazione del comportamento. Cos� molti hanno provato una sensazione di appannamento mentale definita �cervello pandemico�: piccoli blackout nel ricordarsi le cose, insoliti tentennamenti per decisioni banali, il non percepirsi intellettivamente reattivi e pienamente in contatto con la realt�. Per fortuna, ancora una volta, i nostri cervelli �si abituano� e quindi sono tornati (o torneranno) efficienti come prima. A qualcuno, naturalmente, occorre un po' pi� di tempo per ricalibrarsi: non tutti hanno vissuto la pandemia allo stesso modo e le reazioni sono diverse anche per quanto riguarda il ritorno ai contatti sociali. Ma per la maggior parte di noi oggi la vita � un mix tra vecchie e nuove abitudini: molti continueranno a cucinare pi� spesso, ad allenarsi anche in casa, a servirsi dei riscoperti piccoli negozi sotto casa, a rinunciare al superfluo, a divertirsi in nuovi modi appresi quando si era lontani dalla solita giostra di attivit�. Di certo, il reset del nostro stile di vita ci ha dato l'occasione di ripensare a noi stessi e di scegliere, per quanto possibile, cosa cambiare e cosa no di ci� che eravamo. Colombo misterioso (di Federica Ceccherini, �Focus Storia� n. 181/21) - 570 anni fa, nel 1451 (tra il 26 agosto e il 31 ottobre), nasceva uno degli uomini pi� decisivi della Storia, Cristoforo Colombo. Ma anche tra i pi� controversi - Dov'era nato? - Colombo non scriveva in lingua volgare italiana. La parlava, la capiva, ma per scrivere usava il castigliano. E, eccezion fatta per il testamento e poco altro, lui stesso non si dichiar� mai apertamente genovese. Queste particolarit�, unite al fatto che Cristoforo Colombo nel '400 era un nome diffuso, che si trova in molti documenti dell'epoca, hanno fatto sorgere dubbi sulle sue origini (che rimangono ufficialmente genovesi). E in molti, anche fuori dall'Italia, ne hanno rivendicato i natali. Tra i pi� agguerriti ci sono gli spagnoli, che a lungo hanno tentato di attribuirsi la nascita di Crist�bal Col�n. Ma anche i portoghesi e perfino i polacchi, che lo vorrebbero figlio di Ladislao III, vissuto sotto mentite spoglie. E poi Calvi in Corsica (allora sotto la giurisdizione di Genova). Anche Sanluri, in Sardegna, � stata presa in considerazione. E, sempre per rimanere in Italia, ci sono Cogoleto, Terrarossa di Moc�nesi (Ge), Chiusanico (Im) e, recentemente, Savona. Poi Piacenza e Bettola (Pc). Di certo non � facile raccapezzarsi tra montagne di documenti per capire di quale Colombo si tratti. Ma se non era il genovese nato, secondo la tradizione, in vico Diritto dell'Olivella tra agosto e ottobre del 1451, chi era il Colombo scopritore dell'America? Fu una riscoperta? � Il 12 ottobre 1492 Colombo, in realt�, non avrebbe scoperto ma �riscoperto� l'America. S�, perch� secondo alcune ipotesi, per nulla accreditate per� dagli storici, su quelle coste il genovese sarebbe giunto addirittura sette anni prima. Cio� nel 1485. Tutto ha inizio da un testo posto a corredo di una mappa del mondo, risalente al 1513, ritrovata nel 1929 in Turchia e oggi conservata nel museo Topkapi, a Istanbul. �Queste coste si chiamano litorale di Antilya. Sono state scoperte nell'anno 890 dell'era araba (corrispondente al 1485 dell'era cristiana, ndr). E si racconta che un infedele di Genova, chiamato Colombo, ha scoperto queste contrade�. Sono parole del navigatore ottomano Piri Re�s, che fa riferimento a un misterioso libro nel quale si narra che Colombo sapeva gi� che ai confini del Mare d'Occidente si trovavano terre ricche di tesori. Terre conosciute. Nella mappa di Re�s, inoltre, sarebbero state disegnate terre scoperte solo in seguito. Il tutto confermato, secondo i sostenitori della �prescoperta� dalla frase presente sulla tomba di papa Innocenzo VIII: �Novi orbis suo aevo inventi gloria� (�la gloria della scoperta del nuovo mondo�) che porrebbe il suo pontificato nel periodo della scoperta. Ma Innocenzo VIlI mor� nel luglio 1492, tre mesi prima di quell'evento. Firma illeggibile - In Italia era Cristoforo Colombo, in Portogallo Crist�v�o Colombo e in Spagna Crist�bal Col�n. Tuttavia decise di non firmarsi con nessuno di questi nomi, ma in un modo misterioso, che ha fatto spaccare la testa a generazioni di studiosi. Senza grandi risultati. Sul suo autografo esistono al momento solo congetture. S. S. A. S. potrebbero significare Servus Sum Altissimi Salvatoris, �Sono servo dell'Altissimo Salvatore�. La terza riga �X M Y� potrebbe essere un'invocazione a Cristo, a Maria e a Giuseppe, Xristus Maria Yosephus. L'ultima riga �Xpo Ferens� significherebbe Xristo Ferens �portatore di Cristo� (Cristoforo appunto). Ma c'� anche un'altra interpretazione secondo la quale le tre S rappresenterebbero la Trinit� e le lettere successive X M Y indicherebbero cristiani, musulmani ed ebrei (Xristianos, Mauros, Yudaeos) su cui scender� lo Spirito Santo. Colombo infatti, secondo questa ipotesi, era convinto di avere una missione. I suoi viaggi oltre che per la gloria e i commerci, sarebbero dovuti servire anche per convertire gli infedeli e riconquistare la Terrasanta. Che fine ha fatto? - Colombo mor� in Spagna, a Valladolid, il 20 maggio 1506, e inizialmente fu sepolto nella cripta del Convento dell'Osservanza della citt� stessa in cui spir�. Ma le notizie certe finiscono qui. Assecondando le ultime volont� dello stesso navigatore, che voleva essere seppellito nel Nuovo Mondo, nel 1537 le sue spoglie furono traslate a Santo Domingo (oggi capitale della Repubblica Dominicana), nella cattedrale. I suoi resti nell'800 tornarono in Europa, dopo una tappa all'Avana (Cuba) dove era stato portato dagli spagnoli, in fuga dall'isola dominicana nel 1795. Solo nel 1902 trovarono un po' di pace, nella Cattedrale di Santa Maria della Sede a Siviglia. O forse no: a Santo Domingo esiste infatti un gigantesco mausoleo a lui dedicato che conserva una cassa contenente resti e ossa, con l'iscrizione �Illustre grand'uomo don Crist�bal Col�n�. Appartengono forse al famoso genovese? Non si sa. Per svelare questo e altri enigmi, quest'anno l'Universit� di Granada ha avviato uno studio sul Dna di alcuni resti nella Cattedrale di Siviglia, dove ufficialmente � seppellito. Anche Genova ha qualcosa dell'esploratore: una parte dei resti, che furono donati dai dominicani alla citt�, conservati in una teca a Palazzo Tursi. Formaggio al quadrato (di Osvaldo Spadaro, �Meridiani� n. 264/22) - Discendente dagli stracchini e dai quartiroli lombardi, il taleggio � un formaggio a pasta cruda, dalla caratteristica pezzatura, tutelato dalla dop. Ancora oggi d� da mangiare alla valle da cui prende il nome - Spesso un nome non � molto pi� che un marchio che rimanda a un luogo ideale, senza che dietro ci siano un luogo concreto, le persone e il loro lavoro. Spesso un nome � soltanto un nome. Vale, per esempio, per il gorgonzola, che non � pi� prodotto l� dove � nato, a Gorgonzola appunto. In val Taleggio, invece, c'� ancora chi fa il taleggio e allora si pu� tirare un sospiro di sollievo: non tutto � perduto. Piuttosto selvatica e isolata fra le montagne, tanto da autorappresentarsi con orgoglio come una piccola Svizzera, la val Taleggio non ha vissuto il boom di seconde case negli anni 70 e 80, come invece � successo a molta montagna bergamasca. Dunque � rimasta abbastanza integra, tranne forse per un paio di modesti condomini, decisamente fuori contesto, che spiccano nel paesaggio. Laterale della val Brembana, si raggiunge salendo da San Giovanni Bianco con una strada stretta che costeggia un orrido che tiene fede al suo nome. Oppure da una strada ancor pi� stretta e contorta che risale la valle Brembilla e dopo un rosario di curve tra i boschi scollina alla forcella di Buna, a 884 metri di altitudine. O, ancora, ci si arriva dalla Valsassina, passando il Culmine di San Pietro, da cui si apre una vista gloriosa su questa bella conca verdeggiante. Considerato che ogni anno si vendono circa 8.400 tonnellate di taleggio - di cui un quinto all'estero - uno se la immagina come un susseguirsi di pascoli verdi, stalle e caseifici. E invece � una distesa di boschi, di anno in anno pi� fitti, che riempiono la valle e ammantano i pendii fino alle vette, non molto elevate (sui 1.500 metri, al massimo poco pi� di 2.000). �Qui a contarle larghe ci sar� una mucca per abitante�, ipotizza Mauro Arnoldi, responsabile qualit� della Arnoldi Formaggi, storica azienda di stagionatura. Dunque ben poche, considerando che gli abitanti dei due comuni, Taleggio e Vedeseta, sono circa 700 sparsi in una miriade di frazioni e piccoli borghi. �Di capi produttivi ne avremo in tutta la valle 180-200�, stima Flaminio Locatelli, presidente della Cooperativa agricola Sant'Antonio. E, mentre lo dice, lo vedi che mentalmente fa la conta dei capi. �I nostri soci sono sette, poi c'� qualche anziano che ha una manciata di vacche, ma pi� o meno siamo a 200�, ribadisce. E non serve certo un esperto casaro per capire che 200 animali non producono il latte necessario per fare tutto quel formaggio. �Eh, no. Il taleggio porta il nome della val Taleggio, ma la zona di produzione ufficiale � assai ampia e va dal lago Maggiore alla provincia di Novara, fino - almeno sulla carta - a quella di Treviso. In realt� il 90 per cento � prodotto in Lombardia, nel quadrilatero compreso tra Milano, Bergamo, Brescia e Cremona�, spiega Arnoldi. Con una netta prevalenza di Bergamo e delle sue valli, dove si consuma una versione meno cremosa, pi� �gessata�, di questo formaggio a pasta molle e crosta lavata, dalla caratteristica forma quadrata 20 per 20, il sapore deciso e l'odore persistente, specie quando matura oltre il suo periodo di stagionatura ideale, che per il disciplinare dovrebbe essere di almeno 35 giorni. �Ma per me quando arriva a 45-50 raggiunge la perfezione�, sentenzia Arnoldi. Si diceva che il taleggio non � esclusivo di questa valle, anzi. La zona di produzione attuale � stata delimitata dopo la nascita, nel 1979, del consorzio di tutela per difenderlo dalle imitazioni straniere, specie tedesche. Una battaglia andata a buon fine, visto che nel 1996 � arrivato anche il riconoscimento europeo della dop. Ma, va detto, la storia del taleggio non � mai stata confinata nella conca bergamasca. �La pezzatura � quella tradizionale di tutti gli stracchini e quartiroli lombardi, formaggi di circa un chilo ottenuti dal latte appena munto, senza scaldarlo. Erano i famosi �caci lombardi� che dal Cinquecento erano prodotti in tutta la bassa, da Milano verso Bergamo e Brescia. Soprattutto durante la transumanza (da cui stracchino, perch� la vacca era �stracca�, cio� stanca), quando gli animali abbandonavano i ricchi pascoli della pianura e lentamente salivano verso queste montagne per sfruttare l'erba estiva, permettendo in basso di accumulare foraggio per l'inverno. Alcuni formaggi erano venduti freschi, gli altri venivano fatti stagionare in piccole forme facilmente trasportabili�, racconta Arnoldi. La storia � ben ricostruita nel raccolto Museo della transumanza di Val Brembilla, con un'installazione video che riporta i racconti degli allevatori e delle loro famiglie. Testimonianze di chi, bambino negli anni 50, trascorreva l'inverno con le bestie nelle grandi cascine della pianura e in estate saliva agli alpeggi. �Un tempo i capi totali erano pi� o meno gli stessi, ma gli allevatori molti di pi��, spiega Locatelli. Ogni famiglia aveva le sue 5-6 mucche e tutti producevano il loro formaggio. �Per secoli questo territorio � stato a cavallo tra i territori della Serenissima e del Ducato di Milano, con la linea di confine che tagliava in due la nostra valle. E allora le forme di stracchino venivano usate per pagar le tasse e all'occorrenza per corrompere i gendarmi�, racconta Arnoldi. Del resto, il formaggio � sempre stato la merce di scambio con cui gli abitanti della montagna acquistavano i prodotti della pianura. Probabilmente � proprio grazie al viavai di allevatori transumanti che lo stracchino della val Taleggio si � fatto conoscere. �Non era molto diverso da quello delle zone vicine, ma era ritenuto pi� buono, e alla lunga invece di chiamarlo per esteso stracchino quartirolo della val Taleggio si � preso a chiamarlo solo taleggio�. Il nome compare per la prima volta nei documenti ufficiali negli anni 40 e da allora � diventato di uso comune in tutta Italia, anche se pochi conoscono la valle da cui origina il nome. �Qui dietro, in Valsassina, sono stati pi� bravi e intraprendenti a commercializzarlo qualche decennio prima di noi, che abbiamo iniziato solo negli anni 70�, ammette Arnoldi. �Per� adesso � la base della nostra economia locale: ci sono due aziende di stagionatura che danno da lavorare a 60 persone e poi c'� la cooperativa agricola con il suo indotto�, spiega Maria Chiara Gamba, consigliera del direttivo dell'Ecomuseo Val Taleggio. La Cooperativa agricola Sant�Antonio � l'unico caseificio di montagna all'interno del consorzio. �Lo produciamo a latte crudo, rigorosamente di qui. Ma accanto al taleggio abbiamo recuperato un altro formaggio tipico, e questo s� lo facciamo solo in val Taleggio. Si chiama strachitunt (�stracchino tondo�), � un erborinato a pasta cruda, simile allo zola. Stava scomparendo e invece siamo riusciti a salvarlo. Ci abbiamo messo 12 anni per avere la dop, ma adesso fa da traino a una piccola rinascita dell'allevamento in valle�, spiega Locatelli. � pi� caro e ricercato rispetto al taleggio. �Riusciamo a pagare il latte - che al 95% proviene da mucche di razza bruna alpina, l'unica davvero adatta - pi� del prezzo di mercato, il che sostiene gli allevatori. Negli ultimi anni ha invogliato due giovani a intraprendere questa vita, dura ma dignitosa�. E anche importante, perch� i contadini attivi sono i custodi del paesaggio, un ruolo che viene riconosciuto loro da tutta la comunit�. L'Ecomuseo Val Taleggio � un veicolo di promozione del territorio che sfrutta il traino del formaggio e ne fa conoscere la storia. Ha tre �porte�, ognuna posizionata lungo le tre direttrici d'ingresso in valle, e tre �stazioni�: in una si sperimenta la vita d'alpeggio, in un'altra ci si cimenta nell'arte casearia e nell'ultima si comprendono i processi di stagionatura. Ma soprattutto si capisce l'importanza del taleggio per la val Taleggio. Perch� un formaggio non � mai solo un alimento: � un prodotto che contiene il suo territorio, la sua gente e la sua cultura. Ivrea: non solo industriale (di Massimiliano Rella, �In cucina� n. 1/22) - Ivrea uguale Olivetti. La celebre azienda ha segnato profondamente la storia della citt� patrimonio Unesco, che � circondata anche da storia e natura - Vista in lontananza, sembra tagliata di netto con un rasoio: una dorsale di 20 km che declina in un rettilineo perfetto, come se il crinale fosse stato livellato con un lunghissimo righello. � la Serra morenica di Ivrea, un luogo simbolo del Canavese, vasta area del Piemonte settentrionale in provincia di Torino (e in piccolissima parte di Biella e Vercelli), al confine con la Svizzera e la Val d'Aosta: terra di laghi, di maestosi castelli, di ottimi vini e di una cittadina che dal 2018 � Patrimonio Unesco, ma non per la presenza di particolari tesori archeologici o dell'arte, bens� con l'investitura di �Ivrea Citt� industriale del XX secolo�, un premio �all'opera� di Adriano Olivetti, un progetto di sviluppo economico-industriale che divenne un modello d'impresa sociale grazie anche al tessuto di case operaie e servizi culturali e assistenziali intorno alle fabbriche dove nel 1959 nacque il primo computer italiano. La Serra morenica d'origine glaciale ci catapulta invece nel Quaternario - oltre 2 milioni d'anni fa - in un periodo geologico caratterizzato da glaciazioni che trasportavano e depositavano materiali rocciosi e detriti, dando luogo alle cosiddette morene. La Serra d'Ivrea, la pi� grande formazione del genere in Europa, quasi �disegnata� da un geometra, si estende con un rettilineo di circa 20 km, superando i 600 metri d'altezza, da Andrate fino alle porte di Cavagli� (Biella) per poi sfrangiarsi nelle alture del lago di Viverone, uno dei tanti laghi d'origine glaciale del Canavese, che sono il lago di Bertignano e i cinque laghi d'Ivrea: Sirio (il pi� grande), San Michele, Pistono, Casinette e il lago Nero; questi sono inanellati da sentieri che formano l'incantevole �Cammino dei Cinque Laghi�. Sul lago di Viverone, anzi sotto la sua superficie, dimora un altro interessante sito Unesco: il villaggio palafitticolo lacustre che riposa da secoli sui fondali. � uno dei 111 �siti palafitticoli preistorici dell'arco alpino� inseriti nella lista dei Patrimoni Mondiali dell'Umanit�. Il villaggio di Viverone - di cui rimangono 5-mila pali piantati nei fondali sabbiosi - ebbe origine tra il XVI e XV secolo a.C., quando il lago aveva acque pi� basse di un paio di metri. Circondato da palizzate protettive con la funzione di recintare le greggi, la costruzione del villaggio determin� un intenso disboscamento del territorio. Era attraversato internamente da una passerella - un po' come quelle dei porticcioli turistici - lungo la quale si affacciavano le capanne, installate su terra o palafitta. Le �casette� furono probabilmente abbandonate durante una rapida e inattesa risalita delle acque, sui cui fondali sono stati rinvenuti reperti dell'et� del bronzo: armi, ornamenti femminili, vasi per il cibo ecc�. Nella zona protetta del lago di Viverone, quella pi� selvaggia della costa sudoccidentale, � stato ricostruito un esempio di capanne palafitticole, da osservare in barca a debita distanza. Balneabile dal 2008 grazie a un progetto di bonifica che ha migliorato la qualit� delle acque, il lago di Viverone � un'oasi turistica poco conosciuta, incastonata tra colline tappezzate di vigneti, dalle cui uve nascono i vini rossi Canavese Doc e il pregiato bianco Erbaluce di Caluso Docg. Situato a 230 metri slm, il terzo lago del Piemonte misura una larghezza di 2.550 metri, ha un perimetro di 13 km e una profondit� massima di 50 metri. � piacevolmente navigabile e si presta a tante attivit� sportive: canoa, kayak, sci nautico, bici perimetrale e mountain bike; anche con le guide esperte di Canavese Outdoor che ci accompagnano lungo due itinerari, un anello pi� impegnativo di 32 km e la versione ridotta di 18 km, per polpacci meno allenati. A circa 15 km dal lago, tra i paesi di Caravino e Vestign�, svetta dalle alture il millenario castello di Masino che sormonta la barriera morenica della Serra d'Ivrea e ci regala una vista spettacolare tra le nebbie che avvolgono l'abitato di Caravino e il campanile di Vestign�. Sullo sfondo lo scenario delle Alpi... Noto dal 1070, il maniero sorge su una fortificazione che controllava la pianura tra le montagne e il Po. I Valperga, discendenti di Arduino, primo Re d'Italia, ne hanno mantenuto il possesso dal Trecento al 1988, quando fu ceduto al FAI (Fondo per l'Ambiente Italiano) grazie a donazioni di Fiat, Cassa di Risparmio di Torino e Maglificio Calzaturificio Torinese. Nel Castello di Masino ci attendono ambienti sei-settecenteschi, antiche cantine, una sala da biliardo, la sala degli antenati, la camera da letto del vicer�, la sala dei Gobelins (dal nome delle tessiture), una biblioteca con 25-mila volumi, e poi giardini, un maestoso parco, un labirinto di 2-mila piante di carpino e una vigna di recente impianto. Nelle decorazioni e negli allestimenti i Valperga, che furono alti funzionari al servizio dei Savoia, celebrarono la propria famiglia attraverso i legami con le maggiori casate, non solo piemontesi. Nella cappella di San Carlo sono custodite le spoglie del mitico capostipite, Arduino. La �Citt� Industriale del XX secolo� � un agglomerato di uffici, fabbriche, studi di progettazione, edifici civili, abitazioni per operai e dirigenti, servizi sociali e asili nido. Un tessuto urbano e produttivo, Patrimonio Unesco dal 2018, che fu un modello di progetto industriale e socio-culturale voluto da Adriano Olivetti, il quale reclut� importanti architetti e urbanisti del Novecento per dare concretezza a una visione che voleva conciliare la crescita industriale con una corretta e sostenibile pianificazione urbana. Avveniristico per l'epoca, il progetto attingeva idee e valori anche dai primi congressi di architettura moderna, enfatizzando la portata della cultura come collante sociale e promuovendo la visione di Olivetti sulle interazioni �virtuose� tra capitale e lavoro, impresa e societ�. Traducendo in realt�, cio�, una visione sociale d'impresa con ricadute positive sul territorio, politiche innovative dei servizi sociali, quindi asili nido per i figli dei dipendenti, servizi d'ascolto e aggregazione. La Ivrea Unesco si visita liberamente passeggiando lungo la centrale via Jervis, gironzolando nei pressi della Casa Blu (centro studi ed esperienze Olivetti), arrivando sotto il Palazzo Uffici Olivetti o davanti alle officine ICO (centro produzione fino al 1955, poi uffici fino al 1997) o al vicino Edificio 18 alloggi, esempio di architettura �brutalista�, allora in voga nei paesi ex sovietici. Il giro continua nei pressi dell'unit� residenziale ovest Talponia, delle case per le famiglie numerose e del centro servizi sociali, per� con i tour guidati di Canavese Incoming possiamo anche accedere ad alcune strutture, ad esempio per ammirare l'impressionante scalone del Palazzo Uffici Olivetti, edificio degli anni '50 progettato dagli architetti Annibale Fiocchi, Marcello Nizzoli e Gian Antonio Bernasconi. Con mecenatismo (e comunicazione) la Olivetti cre� anche una cospicua raccolta d'arte e di oggetti artistici, la Collezione Olivetti, portata in mostra di recente al Museo Civico Pier Alessandro Garda, di Ivrea: oltre cento opere e altrettanti documenti storici d'archivio dell'Associazione Archivio Storico Olivetti. La mostra fa parte del programma pluriennale che il museo e l'associazione cureranno per rendere fruibile la raccolta. Durante l'esposizione erano visibili, tra gli altri, capolavori dell'artista Enrico Baj, le locandine di mostre commissionate negli anni da Olivetti e una selezione di curiose agende, �firmate� con lavori ad hoc da vari artisti (un progetto trentennale nato nel 1969). Dal canto suo il Museo Civico Garda, riaperto nel 2014 dopo lunga inattivit�, vanta un'importante sezione permanente, anche archeologica, una collezione d'arte orientale e i quadri della collezione Croff, con opere di Annibale Carracci, Giorgio De Chirico, Neri di Bicci, Pietro Arrigoni e altri. Ma non si pu� lasciare Ivrea senza un riferimento alla sua pi� nota e �impressionante� festa, la Battaglia delle Arance, un mega evento che si � fermato soltanto per due motivi: nel 1960 per la morte di Adriano Olivetti e nel 2021 per il Covid. Saltata dunque lo scorso anno, nel momento in cui andiamo in stampa non sappiamo se anche a febbraio 2022 passer� il giro. Questa furiosa lotta a base di agrumi vede uno �scontro� tra 10-mila aranceri in strada e altri 1.500 aranceri disposti su 54 carri che girano a gruppi per il centro storico; quelli ammassati sul carro sono mascherati per proteggersi dal diluvio di arance che li bersaglia, quelli in strada, invece, non sono protetti. Inutile dire che non si contano i casi di ematomi, distacchi di retina e setti nasali rotti dall'urto violento del frutto, in faccia e sul corpo. Per dare qualche numero, l'Associazione Tuchini del Borghetto, uno dei gruppi in battaglia, ordina qualcosa come 1.800 quintali di arance (1.800 quintali per un solo gruppo di aranceri!), cio� un arsenale di un quintale per ciascun Tuchino. Una figura chiave della festa � la Mugnaia, il cui nome viene tenuto segreto fino all'ultimo. Fare la mugnaia � un'ambizione per tante ragazze di Ivrea. Il Canavese � il territorio pi� settentrionale del Piemonte. In uno dei suoi paesi simbolo, Caluso, che d� il nome anche a un noto vino bianco - l'Erbaluce di Caluso - ha sede l'Enoteca Regionale dei Vini della Provincia di Torino, situata nelle cantine di Palazzo Valperga di Masino, oggi sede del Comune. Qui ci attende una sala degustazione con vari spazi espositivi e 140 etichette di 30 produttori. I principali vini del Canavese sono il Canavese Doc, un rosso da uve nebbiolo prodotto in 105 Comuni, l'Erbaluce di Caluso Docg (fermo, spumante e passito), un bianco da uve erbaluce prodotto in 36 Comuni, e infine il Carema Doc, un rosso �eroico� prodotto nel solo comune di Carema da uve nebbiolo coltivate su terrazze, in un ambiente estremo all'imbocco della Val d'Aosta. Sotto lo scenario delle Alpi, le vigne si spingono ad altitudini tra le pi� alte d'Europa, dove ogni elemento � fondamentale per la vite: il tipo di sostegni, l'orientamento, l'esposizione, la forma d'allevamento. Il Carema nasce su terrazzamenti con muretti a secco (tupiun) e pilastri in pietra che, oltre a catturare il calore e rilasciarlo alle viti nelle fredde notti invernali, sono un vanto di architettura rurale. Invece il Salam 'd Patata � un prodotto tradizionale del Canavese, in Val d'Aosta chiamato Boudeun (ma qui viene aggiunto sangue di maiale o barbabietola per avere un impasto pi� colorato). Nell'insaccato di questo curioso salume le patate e la carne suina, tanto magra quanto grassa, si equivalgono. Si aggiungono pepe, cannella, noce moscata, chiodi di garofano e grani di pepe interi. Il tutto viene insaccato in budello naturale. Si produce artigianalmente tra settembre e aprile e si mangia fresco con pane e crostini, oppure in padella, con l'uovo, o ancora come condimento di primi piatti. Povia, un artista scomodo (di Giancarlo Bolther, Rock-impressions.com) Giuseppe Povia � un cantautore che ha fatto parlare di s� fin dal primo disco, diventato famoso grazie ad una canzone �per bambini�, in realt� esprimeva una critica del mondo adulto, diventato incapace di sorprendersi e di saper apprezzare le cose piccole e semplici. In seguito Povia ha preso posizioni che hanno attirato critiche e che hanno suscitato dibattiti. Oggi il cantante torna con un disco, fin dal titolo, coraggioso, NuovoContrordineMondiale. In questo nuovo lavoro attacca i poteri forti e prende posizioni scomode, nel suo blog e in Facebook pubblica video di denuncia e informazione, in altre parole sta rivelando una personalit� complessa e sicuramente �fuori dal coro�, sia che si condivida o meno quello che propone. Questo ci ha dato lo stimolo di volerne sapere di pi�. Devo dire onestamente che mi aspettavo un risultato diverso, ma questo � quanto. Buona lettura. - Ho letto il tuo post dal titolo �Pensare in modo inedito fa soffrire, ma poi��, mi � piaciuto molto perch� mi sono rivisto quando da ragazzo non mi sentivo capito dai coetanei perch� ascoltavo musica rock. Per� il tuo sembra anche uno sfogo, come se ti fossi voluto togliere un sassolino dalla scarpa. Puoi spiegare meglio cosa intendevi dire? �Quando ci si stacca dalla linea che segue la massa, si viene visto come un estraneo o come uno che non sa stare al mondo. Io penso la stessa cosa di quelli che mi vedono cos�. - Ricordo un incontro/scontro televisivo tra te e Pino Scotto, tu cercavi di essere conciliante, dimostrando anche di conoscere il passato musicale di Pino (ex Vanadium), mentre lui col suo stile molto colorito (per cos� dire) ti attaccava a testa bassa. Che ricordo hai di quella esperienza? �Bo, ho solo perso tempo con dei bimbiminkia�. - Hai catturato l�attenzione del pubblico fin da subito con la fortunata canzone �I bambini fanno ooh�. Quanto ha cambiato la tua vita questa esperienza e chi era Povia prima e quali sono le tue influenze musicali? �Povia ha fatto il cameriere per 20 anni, ora fa il cantautore. Ho solo capito che i miracoli esistono ma noi dobbiamo essere gli artefici dei nostri miracoli. Lo diceva Tiziano Terzani�. - L�anno successivo hai vinto Sanremo con �Vorrei avere il becco� e ci sono state alcune polemiche, come le hai vissute? �Le polemiche non sono altro che uno stimolo per chi ti sta ascoltando o ti sta dando attenzione. In realt� le polemiche sono molto positive perch� aprono un dibattito�. - Da allora in poi hai intrapreso una strada impervia e ogni tua canzone ha suscitato reazioni molto diverse come �Luca era gay� e �La verit�. Sembra quasi che tu voglia provocare reazioni contrastanti e dividere il pubblico. � una scelta consapevole o � solo il desiderio di dire quello che pensi senza curarti delle possibili reazioni? �Mi piace toccare temi che nessuno si azzarda a trattare per paura di non lavorare. Provocare? Mah... Secondo me sono gli altri che si devono svegliare�. - Volendo fare l�avvocato del diavolo si potrebbe pensare che cerchi la provocazione per promuovere la tua musica? �Quindi cantiamo solo canzoni d'amore innocue�? - �Luca era gay� � una canzone molto particolare, perch� da quello che si sente dire solitamente � molto pi� facile che un uomo etero, magari sposato, renda nota una omosessualit� nascosta per anni, piuttosto del contrario. Perch� tu hai voluto invece raccontare questa storia che sembra per cos� dire meno probabile? �Perch� � possibile anche il contrario. Solo gli ignoranti o quelli in malafede lo negano�. - Mi ha colpito molto il tuo nuovo album, in primis per il titolo e poi per i temi trattati. �Chi comanda il mondo� � una canzone molto coraggiosa. Non hai paura di aver lanciato una sfida pericolosa? �La sfida � con me stesso. Mi sono fatto una domanda: vuoi continuare a fare finta di niente e guadagnare tanti soldi o cantare cose che dividono ma che portano a qualcuno un po' di consapevolezza? Per ora mi va bene la seconda�. - Sempre nel testo di �Chi comanda il mondo� ad un certo punto sembri fare riferimento a Ges�. Cosa intendi dire e perch�? �Che un certo Ges� voleva salvare il mondo ma l'hanno messo in croce�. - Canzoni come �Era meglio Berlusconi� e �Al sud� invece mi hanno fatto pensare ad un moderno cantastorie, come quelle figure del passato che spesso raccontavano in musica cose che molti avevano paura di dire apertamente. Ti senti un moderno cantastorie? �S�, mi piace questa definizione�. - Da tempo stai diffondendo dei video/blog in cui prendi posizioni nette su temi di attualit�. Questo mi ha fatto venire in mente anche i cantanti �impegnati� degli anni �70, che oggi sono stati un po� dimenticati. Ti senti un continuatore della loro esperienza artistica? �Non sono stati dimenticati, sono loro che si sono dimenticati da dove sono venuti e quello che sono stati. Penso a De Gregori e Guccini, per esempio, che restano sempre dei grandi che hanno lasciato un bel segno�.