Aprile 2019 n. 4 Anno XLIX MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri per un importo pari ad euro 23.084,48 e del MiBACT per un importo pari ad euro 4.522.099. Indice I rappresentanti dell'Associazione dei Ciechi del Burkina Faso in visita alla Biblioteca Sport all'aria aperta, allenati e protetti Il fascino del bastian contrario Chi ha inventato il tappo di sughero? Costata si scottona, un sapore molto speciali In Calabria tra spiagge e parchi Mal: a 75 anni far� ancora centro I rappresentanti dell'Associazione dei Ciechi del Burkina Faso in visita alla Biblioteca (di Pietro Piscitelli) Il 27 febbraio scorso si � tenuto un importante incontro tra lo scrivente, Presidente della Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita", e due rappresentanti dell'Associazione per Ciechi e Ipovedenti del Burkina Faso, rispettivamente il Presidente Christophe Oule e il Segretario Generale Ilboudo Lassan�. L'incontro ha rappresentato un'ottima occasione per scambiarsi metodi, informazioni e vissuti da parte di due realt� che, sia pur geograficamente distanti, si rivolgono primariamente allo stesso target, ovvero ai minorati della vista residenti sui rispettivi territori nazionali. Nel corso dell'incontro sono stati trattati i seguenti temi: A) l'inclusione scolastica dei disabili visivi, B) i servizi di consulenza tiflopedagogica erogati nei confronti degli alunni e degli studenti, C) le modalit� di stampa e trascrizione dei testi sia scolastici che di lettura amena. A suggello di tale incontro sono state consegnate ai rappresentanti dell'Associazione Ciechi e Ipovedenti del Burkina Faso una copia della Costituzione Italiana stampata in Braille e rilegata ed una targa riportante l'alfabeto inventato dal celebre intellettuale francese. Molti sono stati gli spunti di riflessione emersi: innanzitutto la conoscenza reciproca, che ha portato a delle considerazioni su beni e servizi da offrire nei confronti dei disabili visivi. Lo scrivente ha illustrato quelle che sono le principali attivit� della Biblioteca, scendendo poi nel dettaglio anche attraverso un tour guidato presso i diversi uffici, all'interno dei quali vi � stata l'occasione di presentare non solo il lavoro che viene quotidianamente svolto dalla Biblioteca ma anche i macchinari e gli strumenti utilizzati. Numerosi sono stati gli apprezzamenti espressi dagli ospiti del Burkina Faso in relazione per esempio alle stampanti Braille, alle procedure attuate per arrivare a delle rilegature ottimali dei testi, fino a tutti i passaggi che portano da un foglio bianco ad una pagina fruibile. Nel corso della visita � emersa una profonda differenza tra la situazione italiana e quella del Burkina Faso per quanto riguarda l'alfabetizzazione e, di conseguenza, la scolarizzazione degli alunni e studenti del Paese africano. La stessa Associazione ha infatti affermato di trovare molte difficolt� nell'assicurare una reale integrazione dei minorati della vista nel sistema scolastico, a causa di investimenti quasi inesistenti da parte delle loro istituzioni, della mancanza di collaborazione con le scuole che raramente avviano attivit� specifiche di supporto per gli studenti videolesi e la conseguente scarsezza di strumenti anche piuttosto tradizionali come fogli, punteruoli e tavolette. Inoltre, essi hanno evidenziato che il sistema scolastico del Burkina Faso indirizza i maschi e le femmine verso lavori manuali: ai primi viene insegnato primariamente a prendersi cura della terra e ad essere impiegati quindi nel settore agricolo, mentre le seconde vengono indirizzate verso la lavorazione del sapone e di un prodotto tipico come il burro di karit�. Incerto � anche il numero di minorati della vista presenti nel Paese, stimato comunque in circa 36.000 persone, ma al di l� del difficile reperimento di statistiche ufficiali ci� che colpisce � che molte persone nascondano in questa realt� la propria disabilit�, quasi come se essa rappresentasse una vergogna. Come Biblioteca Italiana, si ritiene di dover prendere spunto da quanto riportatoci dagli amici del Burkina Faso per rafforzare ancora di pi� l'impegno nel fornire servizi di qualit� ma anche nel ragionare in un'ottica pi� estesa, pensando di poter davvero rappresentare un modello nei confronti di tante altre realt� che, per diversi motivi, devono ancora implementare una produzione di beni e servizi realmente efficace nei confronti dei minorati della vista. Siamo certi che l'Associazione dei Ciechi e degli Ipovedenti del Burkina Faso abbia tratto indicazioni utili su quelli che possono essere progetti futuri, e di aver conosciuto una realt� alla quale rivolgersi se in futuro le risorse a loro disposizione aumenteranno. In questo senso la Biblioteca si � formalmente impegnata a fornire testi in lingua francese su richiesta dell'Associazione, e al fine di supportare questa dichiarazione di intenti ha reso omaggio al Presidente e al Segretario del libro "Le Petit Prince" ("Il Piccolo Principe"), stampato all'interno della struttura di Monza. Sport all'aria aperta, allenati e protetti ("RivistAmica" n. 3/19) - Dallo shampoo alle creme idratanti fino a garze e cerotti, ecco cosa non deve mai mancare per difendere la salute e la bellezza di ogni parte del corpo di chi conduce una vita sportiva - Con la primavera torna la voglia di fare sport all'aria aperta. Attivit� come, ad esempio, corsa, ciclismo o escursionismo, sono ottime per stare in forma e incidono positivamente anche sul benessere psicologico. Gli allenamenti possono per� anche affaticare o rendere pi� fragili alcune parti del corpo: piccoli inconvenienti a cui ovviare con prodotti specifici che vanno a comporre un "kit dello sportivo" dilettante a difesa di igiene, salute e bellezza. E se � il sole con il suo calore a rendere piacevole la pratica sportiva in primavera, bisogna per� anche proteggersi dai suoi possibili effetti nocivi. Per questo, oltre ad occhiali con lenti scure che bloccano i raggi UV e a un cappello, nella borsa deve trovare spazio una crema con filtro solare, da scegliere in base al proprio fototipo (pi� la pelle � chiara, pi� il fattore di protezione deve essere alto): di norma, il prodotto va applicato 20-30 minuti prima dell'allenamento e rimesso ogni due ore circa. Con la bella stagione c'� poi il problema degli insetti: uno spray repellente � la soluzione giusta se volete evitare le punture. Durante un allenamento pu� accadere di subire piccoli infortuni. � quindi importante che uno sportivo abbia sempre una riserva minima di garze, disinfettante e cerotti contro tagli ed escoriazioni e una crema specifica per alleviare i dolori: se volete puntare sulle soluzioni naturali una buona scelta pu� essere l'arnica. Buste di ghiaccio (esistono anche quelle istantanee), spray "freddo" e cerotti riscaldanti possono invece aiutare per affrontare l'affaticamento e piccole contusioni. In questo senso, per la parte del corpo che va dalla caviglia al polpaccio, possono essere utili anche le calze a compressione graduata, che rendono pi� veloce il recupero muscolare. L'allenamento ritempra l'organismo, ma la fatica, il sudore e gli agenti atmosferici mettono a dura prova la pelle e i capelli. Un docciaschiuma a doppia azione � l'ideale per avere un pratico prodotto unico per la doccia: scegliete quello pi� adeguato al vostro tipo di pelle, meglio se delicato e naturale ma adatto all'uso frequente. Quelli energizzanti, con profumazioni come agrumi o menta, sapranno darvi una sensazione di freschezza e leggerezza. Se per� avete capelli fragili e volete dei prodotti dedicati alla loro salute, potete scegliere uno shampoo idratante e purificante, senza dimenticare la possibilit� di applicare anche un velo di balsamo nutriente per ridare corpo alla chioma sfibrata. Quando avete poco tempo, invece, potete usare come soluzione di emergenza lo shampoo secco, che si pu� applicare anche senza bagnare la testa. Affinch� il rito della doccia post allenamento sia davvero defaticante, prima di rivestirvi abbiate cura di idratare la pelle del viso e del resto del corpo utilizzando prodotti specifici che possono anche favorire la tonicit� del fisico e poi rinfrescatevi con il deodorante, meglio se privo di alcool, adatto al vostro grado di sudorazione e al vostro tipo di pelle. Il fascino del bastian contrario (di Elena Meli, "Focus" n. 318/19) - Chi dice no ci piace tantissimo: tendiamo persino a sceglierlo come leader. Perch�? E come mai invece chi dice s� finisce per essere meno apprezzato? - Una sola parola pu� valere pi� di mille discorsi. Quella parola � "no". Perch� se i bravi ragazzi e le brave ragazze vanno in paradiso, i bastian contrari vanno dappertutto: contestatori e ipercritici hanno, pare, un fascino tutto particolare. Ci piacciono cos� tanto che li scegliamo come leader. Ogni riferimento a persone realmente esistenti � del tutto casuale, visto che a dirlo � la scienza: gli ultimi esperimenti infatti mostrano che diamo pi� credito a chi va controcorrente. Ma perch�? Da dove nasce lo charme di chi polemizza? E per quale motivo invece chi dice s�, sotto sotto, ci piace di meno? Una prima risposta arriva da una ricerca di Eileen Chou, dell'Universit� della Virginia (Usa). Chou ha esplorato con 11 esperimenti qual � l'atteggiamento verso i contestatori, pronti alla stroncatura, e verso chi invece esprime opinioni positive. Spoiler dei risultati: i bastian contrari hanno trionfato sempre... In un test, per esempio, i volontari dovevano valutare recensioni su un ristorante: chi stroncava il locale era considerato pi� indipendente e senza peli sulla lingua. Altri volontari dovevano invece giudicare un'opera d'arte, divisi in due gruppi: in uno era stato "infiltrato" un bastian contrario, nell'altro un entusiasta. L'ipercritico � stato cos� seguito da essere eletto capogruppo... In un altro esperimento ancora, Chou ha fatto leggere dichiarazioni reali (anonime) di candidati alle presidenziali Usa. L'autore delle frasi negative � stato giudicato pi� adatto a governare. Il punto, spiega Chou, � che dire no � associato all'avere forza. Il "critico" � visto come una persona che fa ci� che vuole e non si sottomette alle norme sociali che ci vorrebbero invece cortesi e accondiscendenti: due caratteristiche da leader. Come sottolinea Chou, "pensiamo di volere capi incoraggianti e ottimisti, ma istintivamente ammiriamo chi si oppone. L'uomo crea gerarchie per mantenere l'ordine e si � evoluto per essere sensibile agli indizi comportamentali che indicano capacit� di comando. E saper dire no � uno di questi. Preferiamo affidarci a chi non ha paura di andare controcorrente, perch� pensiamo abbia pi� capacit� di farsi valere". Insomma, sentiamo i nostri interessi meglio rappresentati da chi sa fare la voce pi� grossa. Come fa notare Loris Vezzali, coordinatore della Sezione di Psicologia Sociale dell'Associazione Italiana di Psicologia, "qualunque sia il gruppo a cui scegliamo di aderire, diamo credito a chi � vicino a noi come idee e allo stesso tempo � capace di dissentire con forza da quelle degli altri, per distinguersi dai gruppi "rivali"". E chi dice s�? Negli esperimenti di Eileen Chou, viene giudicato meno potente, ma pi� piacevole. Una magra consolazione, per�. Perch� essere gentile e collaborativo, letteralmente, non paga: lo ha evidenziato un'altra recente ricerca, condotta da Miriam Gensowski, dell'Universit� di Copenhagen. L'economista ha esaminato i guadagni di una vita dei partecipanti a un lungo studio e ha visto che le persone pi� gradevoli, quelle pi� collaborative e amichevoli, avevano guadagnato 270.000 dollari meno della media. Come mai? "Essere capaci di collaborare � un tratto molto ricercato dai datori di lavoro, in realt�", ci risponde Miriam Gensowski. "Perch� allora sembra portare a guadagni pi� bassi? Faccio due ipotesi. La prima � che le persone "gradevoli" si battano meno quando negoziano il proprio stipendio, perch� tendono a evitare i conflitti. La seconda � che finiscano per scegliere o comunque avere lavori meno pagati". Dire no, invece, sarebbe un tratto di chi fa carriera. Rivela infatti intraprendenza e autonomia, come spiega Patrizia Catellani, docente di psicologia sociale all'Universit� Cattolica di Milano e membro del gruppo di studio Itanes (Italian National Election Studies): "Dire s� � considerato "comune", perch� tendenzialmente siamo conformisti. Chi dice no mostra invece di avere una forte identit� e di non aver paura di essere diverso". Insomma, un piglio pi� da boss che da yes-man: non a caso, una definizione che in maniera impietosa associa il s� a chi � servile e subordinato... Ma se alla fine (smentendo le "gufate" degli psicologi) un bonaccione arrendevole arriva al vertice � apprezzatissimo dai suoi sottoposti, giusto? Mica tanto. Secondo lo psicologo Art Markman, autore di Habits of Leadership (Perigee), alla lunga un capo che non fa mai critiche verrebbe considerato privo di carattere. Senza contare che essere troppo compiacenti rischia di creare qualche problema, per esempio perch� dire sempre s� significa accettare troppi compiti per il proprio team. In questo caso, rincara Robert Sutton della Stanford University (Usa), "chi dice sempre s� non � un buon leader, perch� non riesce a selezionare davvero quello che serve fare. Lavorare con lui significa dover svolgere compiti a volte inutili". A favore dei bastian contrari, c'� invece un ulteriore fattore: chi critica appare anche pi� preparato. Come sottolinea Vezzali, "seguire il gregge � pi� comodo e sicuro: non si rischiano brutte figure. Per questo tendiamo a giudicare competente chi dissente: pensiamo debba saperla lunga per motivare il suo andare controcorrente e sostenere le critiche che inevitabilmente subir�". Il che spiega perch� a volte le idee "contro" facciano facilmente breccia. Per giunta, chi dice no si sente pi� "potente": lo hanno dimostrato ulteriori esperimenti di Eileen Chou, secondo cui chi si oppone innesca una spirale di auto-consapevolezza che lo porta a sentirsi in controllo della situazione e ad aumentare questa idea di s� anche negli altri. A questo punto, gi� sarebbe abbastanza chiaro come mai chi invece "dice s�" faccia fatica a farsi ascoltare. Ma in pi� si � scoperto che i bonaccioni tendono pure a passare inosservati... Yeon Soon Shin della Yonsei University di Seul ha visto cosa accade nel nostro cervello quando ci troviamo di fronte degli anticonformisti o delle persone pi� accomodanti. E ha rilevato che cataloghiamo velocemente gli oppositori, mentre per farci un'idea su chi � arrendevole impieghiamo pi� tempo e dobbiamo "accendere" pi� aree cerebrali deputate al giudizio. In parole povere: il bastian contrario si fa notare, l'altro no. "Quando arriva un'informazione negativa, un "no", si crea un conflitto che catalizza l'attenzione", spiega Vezzali. "La persona che esprime una critica richiama l'interesse, instilla il dubbio che quanto dice sia giusto, introduce nuovi dati che costringono gli altri a riflettere". E poi, anche se � vero che i ribelli hanno sempre avuto il loro fascino, sembra che il momento sia particolarmente propizio a chi batte i pugni sul tavolo. "In un momento di grande insoddisfazione generale ci si sente pi� rappresentati da chi porta messaggi negativi e sembra dar meglio voce alla rabbia", osserva Catellani. "In politica, il successo di chi si oppone pu� essere correlato anche al populismo: pi� sale la sfiducia nei politici di stampo classico, pi� si propende per leader decisi e aggressivi. Fanno eccezione le donne: se sono oppositive vengono giudicate troppo dominanti e non piacciono. Anche in ufficio, alle donne leader � sempre chiesto di dimostrare maggiore capacit� di relazione". Sicuri per� che, alla lunga, il no non sia controproducente? "In politica o al lavoro, le situazioni si evolvono e chi si mette sempre di traverso alla fine stanca", fa notare Catellani. "Il bastian contrario, continuando a dire no per marcare la propria unicit�, rischia di cadere nel narcisismo mentre pu� essere pi� utile far capire al proprio gruppo che si � sulla stessa barca". Per di pi� si rischia di scivolare nell'opposizione fine a se stessa, e di apparire irragionevoli. Infine, come conclude Vezzali, "si perde in competenza". Agli altri, insomma, viene il sospetto: non sar� che il bastian contrario, a parte "no", non sa dire nient'altro? Come combatterlo o... imitarlo Un ribelle pu� essere pieno di charme se preso a piccole dosi, ma alla lunga avere a che fare con lui pu� non essere semplice. Come maneggiare il collega criticone che deve sempre dire la sua, l'amico a cui nulla va bene, il capo (o il dipendente) "tossico"? Ecco i passi suggeriti dagli psicologi. Favorire il dissenso. Nei gruppi e nelle riunioni, il contestatore che ama farsi notare per il suo anticonformismo si "depotenzia" se � considerato normale che ci siano idee discordanti. Evitare la rabbia. Mai arrabbiarsi, anche se a volte le critiche del bastian contrario sembrano vere provocazioni. Valutare, accettare e... ignorare. Il punto di vista opposto - anche se � di un "criticone" - pu� essere un arricchimento: invece di mettersi subito sulla difensiva, sarebbe meglio fermarsi a prendere in considerazione l'idea. Poi per�, se si � convinti che la propria posizione sia giusta, � bene andare avanti senza farsela smontare. Non prenderla sul personale. Chi fa l'avvocato del diavolo non ce l'ha con voi: bisogna sempre sforzarsi di non considerare le questioni come confronti personali. Rilanciare. Se un collega dice che qualcosa non pu� funzionare, � bene chiedergli perch� e soprattutto quali sono le sue idee per far andare tutto al meglio. Vale anche nei rapporti personali: non bisogna lasciare che il bastian contrario sia il problema, ma far s� che proponga una soluzione. Imparare dai maestri. Da chi dice no, in realt�, c'� anche molto da imparare. Secondo Vanessa Patrick, dell'Universit� di Houston (Usa), avere il coraggio di esporsi con un "non voglio" anzich� "non posso" (che lascia spazio) significa dimostrare che si � saldi sulle proprie posizioni. Secondo Patrick, "serve imparare la strategia del rifiuto anche su obiettivi semplici, come dire alla cassiera del negozio "Non voglio la tessera fedelt�, non la uso" anzich� "Oggi non ho tempo, ma grzie!". Chi ha inventato il tappo di sughero? (di Matteo Liberti, "Focus Storia" n. 150/19) - Ecco le origini e l'evoluzione di un oggetto che ha cambiato la storia della conservazione e del trasporto del vino - Tradizione vuole che il moderno tappo di sughero sia apparso verso la fine del Seicento. Cio� quando don (o dom) Pierre P�rignon (1639-1715), monaco francese addetto alle vigne e alle cantine dell'abbazia di Hautvillers (a nord di �pernay, nella regione del Grand Est), ebbe l'idea di chiudere le bottiglie contenenti i suoi vini frizzanti con turaccioli ricavati proprio da questo materiale. Lo scopo era sostituire i tappi di legno usati fino a quel momento, avvolti nella canapa, fissati al collo delle bottiglie con una funicella e poi sigillati con cera o pece. Secondo la leggenda, il frate si ispir� ai tappi usati da viandanti e pellegrini che frequentavano l'abbazia, soliti chiudere le proprie borracce, ricavate da zucche, con dischi di sughero che non lasciavano passare una sola goccia d'acqua. Il monaco, considerato anche inventore dello champagne (tanto che uno dei pi� pregiati si chiama come lui: Dom P�rignon), intu� subito che il sughero aderiva in maniera perfetta ai colli delle bottiglie, impedendo anche l'uscita dei gas prodotti durante la "rifermentazione", il processo indotto dall'aggiunta di lieviti e zuccheri che sta alla base della produzione dello champagne. Fu una benedizione sia per i vini frizzanti (esistenti fin dai tempi antichi, ma dalla vita breve a causa delle chiusure inefficaci), sia per quelli fermi, che cos� potevano invecchiare in maniera ottimale. Il tappo di sughero inizi� cos� a diffondersi ovunque, unendo il proprio destino a un altro manufatto perfezionato in Inghilterra negli stessi anni: la bottiglia, pi� spessa e solida di ogni contenitore di vetro usato fino ad allora. Una volta "incontrato" il tappo di sughero, la loro "unione" port� a una rivoluzione nella conservazione e nel trasporto dei vini. Le molte propriet� del sughero, prima di tutto elasticit�, impermeabilit�, leggerezza e longevit�, erano note gi� millenni fa in Cina, Persia ed Egitto, e poi apprezzate anche in Grecia e a Roma. Questo materiale, ricavato dai fusti delle sughere (o querce da sughero), era diffuso in tutta l'area mediterranea: veniva impiegato per realizzare calzature, galleggianti da pesca e rivestimenti per le pareti, ed era conosciuto anche per le sue capacit� isolanti. Si ricorreva gi� al sughero per produrre rudimentali tappi per anfore e giare da olio e da vino, in alternativa a chiusure in legno o metallo, avvolte da stoffe e impastate di resina. Non assomigliavano per� ai moderni turaccioli, anche perch� a dover essere chiusi erano grandi recipienti, non singole bottiglie. Queste, realizzate prevalentemente in terracotta, venivano usate soltanto a tavola, riempiendole di volta in volta da anfore e botti. Non erano perci� previsti tappi per isolare il contenuto, anche se ne esistevano alcuni decorativi soltanto da "appoggiare" sull'imboccatura. Le cose cambiarono poco nel Medioevo, periodo in cui si registrarono tuttavia migliorie nella lavorazione del vetro e in particolare delle bottiglie. I primi contenitori in vetro, risalenti all'antichit� e usati soprattutto per cosmetici e profumi, erano fragili e costosi, e cos� rimasero appunto per secoli. Tuttavia, questi oggetti considerati di lusso finirono anche a tavola, per esempio nelle corti rinascimentali, ma sempre e solo per servire il vino ai commensali, mai per conservarlo. Le cose cambiarono nel 1615, quando il re inglese Giacomo I, per salvaguardare le foreste britanniche, disboscate per costruire la flotta, fece proibire con un provvedimento l'uso del legno nei forni usati per la lavorazione del vetro. In sostituzione venne impiegato il carbone minerale, combustibile che consentiva di ottenere temperature superiori, utili a garantire un vetro pi� robusto. Nacque cos� la english bottle, perfezionata dal filosofo-imprenditore Kenelm Digby (l'invenzione non fu brevettata, ma gli fu riconosciuta nel 1662). Dotate del caratteristico colore verde o marrone, per proteggere il vino dalla luce, le nuove bottiglie avevano la parte bassa pi� tondeggiante rispetto a oggi, e il collo pi� allungato. Ma nel giro di pochi anni assunsero la forma attuale, pi� pratica per lo stoccaggio nelle cantine. Intanto era stato necessario perfezionare i tappi per renderli pi� robusti e pratici, e cos�, subito dopo la nascita delle moderne bottiglie, arriv� l'intuizione del turacciolo di sughero attribuita a P�rignon. Inizi� quindi una nuova era per il mondo dei vini, che potevano finalmente andare incontro a lunghi invecchiamenti ed essere commercializzati direttamente in bottiglia, come avviene ancora oggi. Il perfezionamento del tappo di sughero implic� anche la nascita di un altro nuovo oggetto: il cavatappi. Il primo esemplare, composto da un manico fissato a una spirale metallica, fu brevettato nel 1795, mentre in precedenza si usava uno strumento analogo nato in origine per la pulizia dei fucili. Ormai nulla poteva fermare il successo dei turaccioli di sughero, neanche l'entrata in scena, tra XIX e XX secolo, di nuovi tappi metallici come quelli "a corona" e "a vite". Nel mondo del vino di qualit�, a farla da padrone � infatti ancora il caro, vecchio tappo di sughero, ecologico, riciclabile e totalmente biodegradabile. Anche se ogni tanto qualcosa pu� andare storto: stiamo parlando di quando il vino viene rovinato dal famigerato "sapore di tappo". Si tratta in realt� di un processo chimico causato dalla presenza di tricloroanisolo, sostanza portata da un parassita della quercia da sughero. Costata si scottona, un sapore molto speciali ("RivistAmica" n. 3/19) - Dalle marinature alle salse fino ai condimenti pi� ricercati: ecco come donare un gusto sorprendente a un grande classico delle grigliate di primavera - Le giornate della bella stagione sono perfette per gli amanti della griglia, nel quale la costata di scottona � uno dei piatti forti. E se i puristi della brace pretenderanno di gustarla al naturale, perch� non provare anche a sperimentare nuove suggestioni di sapore con marinature, salse e condimenti pi� ricercati? Ecco qualche idea per sorprendere i propri commensali in occasione di una grigliata all'aria aperta. La scottona � una femmina di bovino giovane che non ha ancora partorito. Un esemplare nel quale la presenza di ormoni in maggiore quantit� favorisce la crescita organica e il deposito di grasso, che si infiltra nel tessuto muscolare e rende pi� morbida e succosa la bistecca. Tra i vari tagli di scottona, la costata � uno dei pi� pregiati: si ricava dalla schiena dell'animale e presenta le tipiche "marezzature", infiltrazioni di grasso che si sciolgono durante la cottura. Questa carne si prepara a meraviglia sulla griglia rovente senza fiamma, pochi minuti per lato (circa 3 per averla "al sangue", di pi� se la desiderate pi� cotta) e girata una volta soltanto. L'alternativa casalinga pu� essere una padella antiaderente, a patto che sia molto calda. Un errore da evitare � invece quello di bucarla con un forchettone mentre cuoce rischiando di farle perdere parte della sua irresistibile succosit�. Per donare una veste inusuale alla classica costata si pu� cominciare dalle marinature per ammorbidirla e al tempo stesso renderla pi� saporita. Esistono molti tipi di mix di ingredienti nei quali immergere la carne prima della cottura (lasciandola a contatto con i condimenti per 1-2 ore), dai pi� classici ai pi� originali. Per i palati pi� tradizionali c'� quello "mediterraneo" con olioextravergine, aceto, aglio tritato e origano. Per chi invece vuole osare, le alternative non mancano. C'� ad esempio la marinatura alla birra: servono birra scura, olio di sesamo e aglio tritato, oltre a origano secco, sale grosso, pepe nero e un pizzico di peperoncino in polvere. Una scelta pi� "light" ha come ingredienti principali salvia e limone (sia il succo che la scorza grattugiata) accompagnati da olio, aglio, pepe e scalogno tritato. I pi� coraggiosi, invece, possono optare per una marinatura decisamente "alcolica" e piccante a base di whisky, ketchup, olio, aceto, aglio tritato, pepe fresco e una punta di tabasco. Un'idea vincente per la costata di scottona pu� essere anche la cottura su una piastra leggermente salata: la fetta di carne assume cos� sapidit� in maniera graduale e uniforme durante la preparazione. Provate ad esempio con il sale rosa dell'Himalaya, un tipo di salgemma con una composizione pi� variegata di quello tradizionale: zinco, magnesio, calcio e ossido di ferro gli conferiscono il colore particolare e un gusto pi� marcato che si adatta perfettamente alla costata. In alternativa si pu� usare il sale grigio bretone, a granelli pi� grossolani, con un basso contenuto di sodio e che insaporisce delicatamente. Se poi volete un sale "arricchito" da altri aromi per rendere pi� complesso il gusto della carne, le alternative migliori sono quello variegato alle erbe per una sensazione pi� fresca e quello affumicato che conferisce invece un sapore pi� profondo. A fine cottura, la costata si pu� ancora insaporire con un olio aromatizzato: la scelta � ampia, ma quelli al rosmarino o piccante sono i pi� indicati per le carni alla griglia. Anche le salse possono contribuire a rendere indimenticabile il vostro piatto, da quella bernese alla guacamole, per un sorprendente abbinamento con la dolce consistenza dell'avocado. E se volete puntare su un condimento ancora pi� esotico, buone alternative sono il "chimichurri" argentino, un mix di prezzemolo, peperoncino, aglio, olio e aceto di vino bianco, la "salsa romesco" catalana, un composto di peperoncini tritati, pomodori arrostiti, nocciole, mandorle e aglio ben amalgamato dall'olio d'oliva, o il "mojo pic�n" delle isole Canarie, a base di paprica e pepe essiccato. Con questi accompagnamenti nessuno oser� affermare che alla carne manca sapore. Idee per stupire Per condire la costata di scottona � possibile sperimentare nuove strade, dalle variet� pi� esotiche di sale agli oli aromatici, senza dimenticare le salse, confezionate o fai-da-te. Ecco alcuni abbinamenti che convinceranno all'assaggio anche i commensali meno amanti della carne. Pepe verde - Se il filetto � il suo sposo prediletto, il pepe verde � capace di esaltare anche il gusto della costata. Non esagerate, per�: ne bastano davvero pochi grani per arricchire il sapore della carne. Sale rosso delle Hawaii - Ricco di ossido di ferro, il sale rosso delle Hawaii ha un aroma pi� intenso e robusto rispetto a quello tradizionale. Conserva il suo sapore anche durante la cottura, per questo � perfetto per la carne alla griglia. Olio aromatico al peperoncino - Un filo d'olio aromatico al peperoncino e la costata di scottona diventa davvero stuzzicante per il palato. Consigliato agli amanti dei sapori intensi che non snaturano per� la bont� della carne. Salsa poivre - La salsa poivre � preparata con uova, senape, pepe nero e pepe rosa. Il suo sapore avvolgente arricchisce ogni boccone della costata con un aroma profondo e inconsueto da provare. In Calabria tra spiagge e parchi (di Mattia Scarsi, "Bene Insieme" n. 7/18) - Alla scoperta di Cosenza e dei parchi naturali della regione - L'estate � in arrivo e noi ci rechiamo nel sud Italia. A quelle latitudini si va in spiaggia sei mesi l'anno e nei giorni pi� caldi si fa la siesta. Con il verde smeraldo dei suoi parchi, il blu turchese dei suoi due mari a un cielo dai cromatismi irreali, la Calabria � una tavolozza di colori, sapori e storie con cui poter dipingere le nostre giornate di vacanza. Il suo territorio � uno dei pi� interessanti e variegati d'Italia e per conoscere la sua meravigliosa duttilit�, andiamo a scoprire una delle sue province pi� antiche, Cosenza, e i suoi famosissimi parchi naturali: Pollino, Sila e Aspromonte. Cominciamo da un luogo antichissimo, le cui origini risalgono all'VIII secolo a.C. e che, come la citt� eterna, sorge su sette colli. Si tratta di Cosenza, che ai tempi del Rinascimento veniva chiamata "l'Atene della Calabria" per il fervore culturale e artistico che la caratterizzava. Il nostro invito, per�, non � soltanto volto a celebrarne il glorioso passato, ma anche e soprattutto a godersi la sua particolare struttura urbanistica, i vicoli tortuosi e romantici, i palazzi signorili e gli edifici monumentali che fanno del suo nucleo storico uno dei pi� belli e antichi d'Italia. Partendo da Piazza dei Bruzi, sede del Municipio della citt�, oltrepassate il Complesso di San Domenico, con l'omonima Chiesa del XV secolo, esempio di stile gotico-barocco. Una volta superato il Ponte Mario Martire, potrete osservare un punto curioso dove, secondo leggenda, si trova il Tesoro di Alarico, il Re dei Goti, ossia la confluenza dei fiumi Crati e Busento. Ancora pochi minuti e vi accoglier� la Cattedrale, edificata in epoca normanna, tanto che al suo interno troverete uno stralcio della pavimentazione originale costituita da un mosaico normanno. La Cattedrale � Patrimonio di cultura di pace secondo l'UNESCO. Da Piazza XV Marzo, una delle pi� belle e importanti del centro storico di Cosenza, grazie a un pratico servizio navetta, ci si "arrampica" sul colle Pancrazio per raggiungere il Castello, edificato in epoche antiche e pi� volte rimaneggiato nei secoli dai normanni, svevi, aragonesi. Dopo un pranzo veloce, a base di street food locale, nel primo pomeriggio muovetevi verso Paola, una delle localit� pi� importanti della Riviera dei Cedri, famosa sia per le acque limpide della lunghissima e bella spiaggia di ciottoli, sia per essere una delle mete pi� importanti del turismo religioso in Calabria. La localit� infatti diede i natali al patrono della regione, San Francesco da Paola. Qui meritano una visita il Santuario del Santo e la sua casa natale. Il Santuario � situato nella gola del torrente Isca, proprio dove Francesco aveva fondato la cappella dedicata al suo omonimo proveniente da Assisi. Sul ponte, lungo il percorso del torrente, con un po' di attenzione potrete scorgere il "segno del diavolo": l'antica leggenda narra che San Francesco dovette lottare ferocemente contro Lucifero e lo vinse scaraventandolo nel torrente. Nel chiostro del Santuario si trova il roseto con accanto il romitorio, formato da angusti spazi sotterranei che costituirono il primo nucleo di cenobio per il Santo e per i suoi confratelli: incredibile pensare che ci si potesse vivere! Lasciatevi un po' di energia per salire fino al Duomo, arroccato in cima alla collina, da dove vi potrete giovare di un'impagabile vista sul mare. Il centro storico di Paola abbonda di quelle minuscole viuzze che sembrano condurvi in un'altra epoca. Passate per Piazza del Popolo: al centro di questa potrete osservare Fontana dei Pisciareddi, un'interessante fontana seicentesca in pietra arenaria. Sulla destra, sorretta da un arco rinascimentale, troviamo la vecchia Torre dell'orologio con un congegno meccanico seicentesco opera di meccanici al seguito dei Gesuiti e la chiesa della Madonna di Montevergine. Un borgo molto particolare, sinonimo di bellezza e decadenza al tempo stesso � Cleto, con le sue mura e i monumenti un po' in rovina, i vicoli abbandonati e quel senso di vissuto che insieme turba e affascina. Arroccato sulle colline, con vista di prima classe sulle selvagge isole Eolie, Cleto, a differenza di altri borghi vicini non � completamente disabitato: pu� dunque capitarvi, fra le tante abitazioni abbandonate e i vicoli silenziosi, di scorgere qualcuno, generalmente agricoltori, pastori o anziani che ritornano qui per brevi periodi di vacanza. Al suo centro storico si accede mediante quattro porte: Porta Pirillo a sud, Porta Forgia a ovest, Porta Cafarone a est e Porta Timpone a nord-ovest. Ogni passo, attraversando il borgo, rivela angoli suggestivi per uno splendore modesto, una bellezza che non si celebra. E ci� che rende ancora pi� bello Cleto � il suo fascino silenzioso, totalmente in pendant con la natura. Il monumento simbolo del borgo � il cosiddetto Castello di Cleto che domina la valle sino al mare e le cui origini sono da far risalire ai Normanni. Del castello rimangono i ruderi che vi colpiranno per la loro imponenza (immaginate il castello!). Stesso discorso per le due maestose torri cilindriche: la prima a valle era adibita alla difesa del vecchio ponte levatoio; l'altra, divisa in due, era destinata alla difesa nella parte superiore, mentre la parte inferiore ad abitazione. Per visitare il borgo, indossate delle scarpe comode, visto che la passeggiata � senza dubbio suggestiva ma pure un po' faticosa, giacch� tutta in salita. Un'ultima curiosit� sull'origine del borgo: nel mito greco Cleta (Kleta) era una delle Amazzoni, donne guerriere. Cleta era la nutrice di Pentesilea, partita verso Troia per scontrarsi con i Greci. Purtroppo la regina mor� contro Achille e Cleta part� verso l'Asia per recuperare il corpo della sua amata Pentesilea e darle una degna sepoltura. Sbarcata sulle coste calabresi decise di fermarsi e fondare una citt� che portasse il suo nome. Come detto in apertura di servizio, il territorio calabrese vanta una variet� di luoghi e paesaggi tale per cui nel raggio di pochi chilometri potete passare da borghi dal sapore vintage a foreste incontaminate, aspri promontori e lievi colline. In Calabria ci sono ben quattro Parchi nazionali che invitano a passeggiate, al trekking oppure, per chi pratica, a una cavalcata (specie nelle zone pianeggianti). Rifugi di fauna, flora e biodiversit�, i Parchi sono giustamente protetti e tutelati: andiamo a scoprirne tre. Cominciamo dal Parco Nazionale del Pollino che con i suoi quasi 200.000 ettari, a cavallo tra Calabria e Basilicata, � l'area protetta pi� grande d'Italia. Partite da Fosso Jannace: seguite il sentiero che si snoda lungo il torrente; lo attraverserete pi� volte mediante pittoreschi ponti di legno. Nel corso della passeggiata � possibile ammirare la macchia mediterranea con mirto, ginepro, corbezzolo, piante che lasciano il posto, mano a mano che si sale, all'abete bianco, all'acero e al faggio: il Pino loricato, che vive per molti secoli, con la sua postura sghemba � una originale scultura della natura, nonch� simbolo del Parco. Custode di paesaggi incontaminati ed incredibilmente affascinanti il Pollino regala panorami selvaggi e tramonti che non hanno prezzo. Ovviamente c'� spazio per tanto sport, persino per quello un po' estremo: trekking, escursionismo ma anche rafting e torrentismo pi� strong! Per il rafting si pu� scendere in canoa il fiume Lao, tra i canyon e le gole mentre su uno dei suoi affluenti, il torrente Iannello, potrete divertirvi e mettervi alla prova con numerose cascate. Soprattutto la prima soluzione � adattissima per tutta la famiglia: con una spesa che pu� variare fra i 40 e i 70 euro, vi regalerete ore di divertimento a strettissimo contatto con la Natura. Sar� una battaglia d'acqua all'ultimo schizzo con inseguimenti fra le rapide! Non scordatevi delle scarpe comode (da poter bagnare), un costume da bagno e un ricambio asciutto. All'interno del Parco, non dimenticatevi di visitare Laino Castello, abitato da meno di 800 persone, noto soprattutto per il suo centro storico abbandonato dagli anni '80, caratterizzato da vicoli larghi non pi� di un metro e da portali in pietra scolpiti a mano che vi raccontano l'antico blasone delle famiglie. La Chiesa presente � dedicata a San Teodoro, un soldato romano che mentre difendeva il territorio, non essendo in grado di rispondere agli attacchi del nemico, aveva supplicato Dio. Venne ascoltato e ogni albero presente si tramut� in soldato alleato. Purtroppo non � questo il periodo adatto per goderselo ma sappiate che ogni anno verso met� dicembre, a Laino si mette in scena un fantastico Presepe Vivente, sfruttando la natura che ricrea qui luoghi che rammentano quelli della Nativit�. Altro must del Parco del Pollino, tanto � vero che � meta costante di numerosi turisti, � la Grotta del Romito che alla sua esemplare, ammaliante bellezza, aggiunge l'importanza come sito storico e archeologico (risale al paleolitico superiore). La Grotta ha attirato le attenzioni di tutte le comunit� storico-scientifiche europee per l'abbondanza di reperti ritrovati, che coprono un arco temporale assai esteso (circa 10.000 anni!) e che hanno consentito agli studiosi di ricostruire abitudini e stili di vita dei nostri antenati. Proseguite andando a scoprire il pi� vecchio Parco Nazionale locale (e uno dei pi� antichi in Italia), quello della Sila che si estende fra le province di Cosenza, Catanzaro e Crotone. Anche qui c'� un tesoro faunistico inestimabile che trova nella natura selvaggia il suo rifugio ideale. Dentro al Parco della Sila per�, risaltano anche i tanti minuscoli paesini presenti: alcuni dal taglio pi� turistico, e la maggior parte di antichissime tradizioni, romantiche testimonianze dell'operosit� e delle mille risorse umane. Ai piedi dell'Altopiano c'� da visitare Acri, la cosiddetta "porta della Sila": osservate le rovine del grande Castello feudale, Palazzo Julia e la sua gigantesca biblioteca o ancora la Basilica del Beato Angelo d'Acri. Passeggiare nei boschi della Sila, ricchi di conifere, faggi e abeti, � come fare una piacevolissima revisione all'apparato respiratorio: quanti benefici per i polmoni e che meraviglia per gli occhi! Ecco Castelsilano, ricco fra l'altro di zone solforose e sorgenti naturali. Per alcuni tratti, se si vuole un'alternativa alle proprie gambe, � possibile noleggiare delle mountain bike. Se in uno dei rifugi vi viene offerta la "mpanata" accettate di buon grado: si tratta di una zuppa tipica, con ricotta, siero di latte tiepido e pezzi di pane raffermo. Molto gustosa e nutriente, vi rimetter� in sesto. Raggiungendo la provincia di Reggio Calabria, potrete passare al Parco Nazionale dell'Aspromonte che prende il nome dall'omonimo Massiccio montuoso. Una sua peculiarit� � il forte dislivello che vi far� passare nel giro di pochi chilometri dai quasi 2000 metri di Montalto (la vetta pi� alta del Parco) al livello del mare. Una discesa paradisiaca fra torrenti e cascate mozzafiato come quelle di Forgiarelle. Anche nell'Aspromonte la spiccata eterogeneit� del territorio e della fauna stregano i visitatori di tutto il mondo. Scoprite com'� bello allontanarsi dal mondo per un po': fatevi avvolgere dalle spettacolari foreste di alberi secolari, dalle pinete a perdita d'occhio in cui incontrerete inquilini preziosi come volpi, faine, cinghiali, caprioli, scoiattoli neri, tutelati e difesi dalle severe normative del Parco. Severe e necessarie, aggiungiamo noi, giacch� avere cura di un patrimonio del genere � un dovere sacrosanto. Se siete amanti della Natura, questo senso del dovere lo avete gi�: siete arrivati in uno dei luoghi dove Madre Terra ha spalmato la sua bellezza senza badare a spese. Durante il vostro sentiero, saranno dei panorami surreali ad "affacciarsi" alla vostra vista: subitanei e stupendi, con mare e monti cos� adiacenti da sembrare quasi coincidenti. Non � solo la Natura incontaminata a rendere unico questo Parco. La manodopera umana, che opera nel totale rispetto dell'equilibrio, ha contribuito ad ottenere grandissimi risultati dal punto di vista produttivo. In questa zona per esempio si coltiva il bergamotto, agrume molto profumato, piuttosto raro e assai utilizzato nell'industria profumiera. Anche la produzione artigianale ha raggiunto, tramandando ai nostri giorni tecniche antichissime, delle eccellenze che vengono esportate in tutto il mondo. Con il legno per esempio vengono realizzate le pipe, ricavate dalla radice dell'erica arborea calabrese, considerata per lo scopo il legno pi� pregiato in assoluto, che finiscono nei mercati europei. Si fabbricano anche utensili agricoli come cucchiai, collari, stampi e tinozze per i formaggi o ancora strumenti musicali come tamburelli e zampogne. Il buono del paese Il peperoncino calabrese - Diavolicchio, Peperoncino di Soverato o Peperoncino Calabrese a mazzetti, sono i tanti nomi di una delle variet� di peperoncino calabrese molto apprezzata in cucina. Per la sua piccantezza media, intorno ai 30.000 sulla scala Scoville, risulta ideale anche per le ricette pi� semplici, che rende gustose e speciali. Particolarmente indicato per la lavorazione sott'olio. Soppressata calabrese - Prodotto DOP, � una delle specialit� pi� caratteristiche del territorio, un salume prodotto con le cosce del maiale sapientemente lavorate a cui vengono aggiunti grasso dello stesso animale e alcuni aromi naturali. Cuddrurieddri - Per una tipica cena cosentina, bisogna cominciare con i Cuddrurieddri: il nome � uno scioglilingua ma si tratta di deliziose ciambelline fritte salate davvero appetitose! Assaggiate con qualche fettina del Caciocavallo Silano. Mal: a 75 anni far� ancora centro (di Paolo Fiorelli, "Tv sorrisi e canzoni" n. 11/19) - Il cantante festeggia mezzo secolo di carriera. E noi siamo andati a trovarlo a casa sua, a Pordenone - Ma che ci fa un cantante inglese purosangue (addirittura di Oxford) su un campo di golf a Pordenone? "� una lunga storia" risponde Mal "e ruota tutta attorno a una parola magica che � anche nel titolo del mio nuovo album, quello che ho inciso per celebrare oltre 50 anni di carriera. Se volete ve la racconto...". - Certo che vogliamo. Qual � questa parola magica? "Piper". - Il mitico locale? "Esatto. Anche se purtroppo aveva due sedi e questo ci ha giocato un brutto scherzo... Io e il mio gruppo, i Primitives, eravamo cos� spaesati, in quella estate del 1966, che abbiamo puntato dritto su Roma, solo per ritrovarci davanti a un locale con le serrande chiuse. Quando finalmente scovai un telefono (allora non c'erano i cellulari!) e chiamai il manager italiano che ci aveva messo sotto contratto, mi sentii dire: "Ma non il Piper di Roma, quello di Viareggio!". Ci siamo dovuti fare otto ore di viaggio in pi� col nostro furgoncino Ford. E s� che per risparmiare sulla benzina guidavamo di notte e ogni tanto la "prendevamo in prestito" dalle altre auto con un tubo di gomma... Come dite in Italia? Ah s�, - "sifonare"". - Ma questo ingaggio da dove saltava fuori? "Il fondatore del Piper, Alberigo Crocetta, voleva importare la musica inglese ed era venuto a Londra con Gianni Boncompagni in cerca di talenti. Ci vide suonare in un club di Soho e ci scrittur�". - Boncompagni era un famoso talent scout. Le ha dato molti consigli? "Veramente era lui a chiedermi informazioni sulla musica inglese: aveva una curiosit� inesauribile. Comunque ci esibiamo a Viareggio ed � il delirio. Ci sentivamo come i Beatles. Io e Patty Pravo diventiamo "il ragazzo e la ragazza del Piper". La Rca mi propone di fare un disco con i testi di Luigi Tenco". - Addirittura. E come se la cavava con l'italiano? "Malissimo. Ero un disastro e promisi che sarei migliorato, ma Tenco mi disse: "Sei matto? Va bene cos�. L'accento inglese sar� la chiave del tuo personaggio". Aveva ragione lui". - Ed � arrivata una sfilza di successi: "Yeeeeeh", "Bambolina", "Tu sei bella come sei", "Pensiero d'amore"... "Quest'ultima � la mia preferita. Ebbe cos� successo che ci facemmo tre film, tre "musicarelli": io interpretavo un pilota e Lino Banfi era il manager della scuderia, mentre Ferruccio Amendola era il mio rivale in amore. E poi una valanga di fotoromanzi". - Le piaceva fare l'attore? "Mah, giravamo cos� in fretta che non avevo neanche il tempo di imparare le battute. Il regista diceva: "Mal conta fino a 10, ma arrivato al 5 fai una pausa". Ci pensava il doppiatore a farmi dire un sacco di frasi romantiche... Per� non dimenticher� mai la gioia di quando ho portato mio pap� sul set. Lui era un muratore, aveva vissuto i tempi duri della guerra e voleva che facessi l'elettricista per avere un lavoro sicuro. Quando mi sono licenziato per cantare gli ho dato un dispiacere e una grande preoccupazione. Quel giorno sono andato a prenderlo con la Porsche e sul set non credeva ai suoi occhi: "Signor Mal di qua, signor Mal di l�"... Da allora ha smesso di preoccuparsi. E poi, intorno al 1972, � finita la pacchia". - Perch�? "� arrivata la moda dei cantautori e tutti gli interpreti sono andati in crisi. Mi sono ritrovato con Gianni Morandi a cantare in tedesco in Germania. C'� anche una foto dove guardiamo sconsolati di l� dal muro di Berlino... Poi sono partito per l'America, per fare concerti per gli italoamericani: un successone. A Las Vegas ho cantato sul palco di Elvis Presley e come guest star avevo B.B. King!". - Finch� in Italia � "rinato" nel 1977 con "Furia": un milione e mezzo di copie, Disco d'oro e Telegatto. "Con quella canzone ho un rapporto di amore-odio. Ero gi� pronto per andare a Sanremo con un gran pezzo, "Tu sei bella da morire". Ma due mesi prima mi propongono un lavoretto: "La Rai ha questi telefilm in bianco e nero degli Anni 50. Canteresti la sigla? � una cosa da niente, vanno in onda al pomeriggio, non li vedr� nessuno". Il successo fu cos� enorme che la casa discografica mi impose di rinunciare a Sanremo per continuare a sfruttare il filone d'oro. E la "mia" canzone vinse il Festival! Mannaggia...". - Per la serie "Non si pu� avere tutto". "Gi�. A Furia devo anche l'incontro con la madre dei miei figli: mi stavo esibendo a Treviso e lei mi chiese di cantarla. La invito sul palco, ci scambiamo i numeri di telefono, un lungo corteggiamento... ed eccomi a Pordenone: lei � di qui. Per cui non posso davvero odiare "Furia". Per� il problema � che quando ho cercato di tornare a fare rock tutti mi dicevano: "Mal, ci spiace ma ormai ti sei rovinato, sei un cantante per bambini, nessuno ti prender� pi� sul serio". Ero disperato. Finch� un manager, Freddy Naggiar, ha avuto un'idea geniale: far uscire un disco con il mio vero nome, Paul Bradley, e senza foto in copertina. Sesto posto in classifica e tutti che si chiedono: "Chi � questo nuovo talento inglese?"". - Ed � "rinato" ancora. "Ho cambiato pelle tante volte... Per Fabio Fazio sono stato un computer, "Mal 9000", nello show "L'ultimo valzer". Sono diventato "l'angelo dei ragazzi" (TeenAngel) nel musical "Grease" a fianco di Lorella Cuccarini. Ho condotto un programma per bambini, "Il dirigibile", insieme con Maria Giovanna Elmi; a proposito lei vive qui vicino, a Tarvisio, � tanto dolce, ci vediamo sempre a Capodanno. Incontro spesso anche Bobby Solo che sta a due passi, ad Aviano. Forse prima o poi faremo qualcosa insieme. Ho quasi vinto il programma "La fattoria" che ringrazio ancora oggi, perch� � l� che ho imparato a mungere le mucche e ho smesso di tingermi i capelli. Che liberazione, il giorno pi� bello della mia vita. Avevo una ricrescita assurda, met� grigi e met� neri: oggi sono orgoglioso della mia chioma bianca. Ah dimenticavo: sono stato persino un papa". - Un papa? "Nel musical "Anonymous". Ma purtroppo eravamo in un teatro tenda alle porte di Roma, in inverno, e non c'era il riscaldamento. Un freddo pazzesco. Ogni giorno i ballerini protestavano... L� mi � successa la cosa pi� pazzesca su un palco: a un certo punto uno spettatore si � inginocchiato davanti a me e ha baciato l'anello. Si vede che sono convincente anche come papa". - Mal, ci tolga l'ultima curiosit�: abbiamo chiarito il mistero di Pordenone, ma non quello del golf. "Colpa del mio medico. "Tu hai bisogno di camminare, fai una vita troppo sedentaria. Vieni con me a giocare a golf". Io non avevo voglia, e invece � stato un colpo di fulmine: adesso sono il presidente di Golf Musica, l'Associazione italiana cantanti e musicisti golfisti. Organizzo tanti tornei. I premi ce li mettono gli sponsor di qui: per lo pi� vino e grappa". - Prossimi progetti? "Aumentare gli iscritti all'associazione. Per questo non siamo troppo fiscali sulle qualit� musicali dei nuovi soci. Basta saper suonare uno strumento qualsiasi, pure il campanello... e sei dentro".