Aprile 2021 n. 4 Anno LI MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice L'amore al tempo del Covid Lavarsi ma non troppo Brrrrr che fame! I segreti del caff� per mantenersi in forma Con le ali ai piedi Serena Rossi: mi metto in ghingheri per cantare Giro d'Italia 2021: da Torino a Milano L'amore al tempo del Covid (di Marco Fubini e Alessandro Politi, "Millennium" n. 43/21) - Solo in Italia i Dpcm vietano i ricongiungimenti tra coppie di regioni diverse - Prova a immaginare di amare qualcuno con tutto te stesso, vorresti farci dei bambini, vorresti costruirci una famiglia, vorresti passarci insieme ogni momento libero. Ma da un giorno all'altro non vi potete pi� vedere. Vivete in due regioni separate, c'� la pandemia e, per effetto dei Dpcm, non ci si pu� spostare tra regioni. Magari vi separano 30 chilometri, ma c'� un "confine" in mezzo e quindi non si pu�. Il tuo vicino di casa invece, che ha la fidanzata a 200 chilometri di distanza, pu� vederla quando vuole perch� entrambi vivono nella stessa regione. Come ti sentiresti? Prova a immaginare, per giunta, che tutti i giorni ci sono migliaia di persone che possono muoversi tranquillamente spostandosi anche di 50, 100, 200 chilometri per andare a fare shopping in centri commerciali super affollati, che possono andare in crociera, a messa, a festeggiare fuori dallo stadio tutti ammassati per sostenere la loro squadra del cuore, viaggiare in metropolitana o sui mezzi pubblici appiccicati come sardine purch� tutto avvenga senza cambiare regione. Saresti furioso, no? Sono tantissime le coppie di innamorati che provano questa situazione. "Quello che stiamo vivendo � ingiusto e disumano. Come si pu� vivere senza amore? Come possono fregarsene in questo modo di tutti noi?". A parlare � Loris Stanghellini, amministratore del gruppo #congiuntifuoriregione che rappresenta migliaia di coppie. "C'� chi non vede il proprio partner da mesi, chi ha la ragazza incinta e non la pu� raggiungere, chi stava iniziando a progettare una famiglia e si trova relegato in questa situazione. Siamo un piccolo esercito, nel mio gruppo siamo oltre 10 mila, ma ne esistono diversi altri che contano altre decine di migliaia di coppie. Il problema c'� ed � davvero enorme, ma sembra che ai piani alti, non interessi a nessuno - spiega Loris di Bologna - Al Governo e alle Regioni chiediamo solo di aggiungere all'autodichiarazione la voce "ricongiungimento tra congiunti" cos� da poterci muovere tra le regioni, dimostrando una relazione stabile, senza incorrere in multe o conseguenze penali". La paura � che la chiusura tra regioni non verr� prorogata solo fino al 6 aprile. "L'anno scorso il Dpcm di questo periodo era durato fino giugno e quest'anno non ce la facciamo davvero pi�". "Stiamo pensando di organizzare una manifestazione il 14 marzo in varie citt� italiane. Lo faremo rispettando tutte le norme di sicurezza, indossando mascherine Ffp2, mantenendo il distanziamento e ovviamente dopo aver ricevuto i permessi dagli enti preposti. Vogliamo fare tutto per bene, non siamo negazionisti e ci rendiamo conto che c'� una crisi sanitaria, ma noi vorremmo solo stare con chi amiamo rispettando la legge". Dopo mesi di appelli e proteste l'unica vera differenza � stata l'aggiunta del concetto di "rientro all'abitazione del partner". "Il problema per� � che non � stata data una definizione precisa - ci spiega Loris di #congiuntifuoriregione - quando chiamiamo le forze dell'ordine, le Regioni, il ministero della Salute, lo stesso numero verde 1500 ci danno spesso risposte discordanti". Oggi chi esce di casa per andare a trovare il partner, utilizzando la motivazione "ricongiungimento con il partner presso l'abitazione" rischia. Dipende tutto da chi ti ferma e da come interpreter� il concetto di "abitazione". "Questo comporta, e ha pi� volte comportato, diverse conseguenze sia civili che penali per chi si � trovato a fare i conti con interpretazioni negative delle forze dell'ordine. Non � possibile che sia una sorta di roulette russa, se ti gira bene, allora tutto ok, se no multe e rischio di ricevere a casa una bella raccomandata da parte della procura". "Ma ti sembra normale? Ti faccio un esempio estremo - ci racconta Francesca P. di Roma - il mio fidanzato lavora nelle forze dell'ordine e vive in caserma, io non posso usare il concetto di abitazione quando vado a trovarlo, nonostante quella sia proprio la sua abitazione. Che senso ha?". "A me avevano spiegato che potevo tranquillamente andare a trovare il mio ragazzo a Reggio Calabria - racconta Francesca di Taranto - basta motivare lo spostamento come "ricongiungimento con il partner presso l'abitazione" e sinceramente anche online c'era scritto cos�, peccato che quando mi hanno fermata mi hanno dato 400 euro di multa. L'ho pagata, ma penso sia una vera ingiustizia. Adesso sono mesi che non ci vediamo". "Noi tutti ci sentiamo profondamente presi in giro dal fatto che venga data la possibilit� di andare in altri Stati per vacanza o divertimento, basta guardare tutte le persone che vanno a Dubai a farsi foto e selfie in spiaggia senza mascherine - aggiunge Lucia di Sarno da Pistoia - invece a noi non � concessa l'autorizzazione di vedere la nostra met�, anzi ci multano se proviamo a farlo! Siamo gli unici a vivere questa situazione in Europa perch� da nessun'altra parte � cos�". In effetti andando ad analizzare la situazione negli altri Stati dell'Unione Europea, siamo rimasti sorpresi quando abbiamo scoperto che questo problema tra le coppie sostanzialmente non esiste. In Germania, anche nell'attuale lockdown, � possibile incontrarsi con massimo una persona non convivente, senza limiti geografici. In Gran Bretagna, anche nell'attuale lockdown, tutti i single possono formare una "support bubble" con un altro nucleo familiare, quindi no problem per gli innamorati. In Francia non esiste nessun limite agli incontri, se non durante il coprifuoco notturno. In Spagna la normativa e i divieti sono emanati dalle singole regioni. Nessuno prevede vincoli per gli incontri tra partner non conviventi. In Belgio, anche durante l'attuale lockdown, � possibile invitare una persona non convivente a casa. Se si � single, tale numero aumenta a due persone da invitare. In Olanda come in Svizzera non risulta nessun divieto agli incontri fra persone non conviventi, nessun vincolo territoriale. In Austria, che pure mentre scriviamo si trova in lockdown, � consentito a una sola persona l'incontro con un affetto stabile. Il fatto che in Italia non si consideri l'esigenza delle coppie fuori regione contrasterebbe inoltre con la risoluzione Europea 2020/2790 Rsp del 13-11-2020, "che invita gli Stati membri a rispettare il diritto alla vita familiare... e a consentire il ricongiungimento delle coppie e delle famiglie separate da misure connesse al Covid-19, indipendentemente dal loro stato civile e ad astenersi dall'imporre standard inutilmente elevati di prova della relazione." In Italia l'unica a "rispettare" la risoluzione sarebbe l'ordinanza dell'Alto Adige che � rimasta invariata in questi mesi ed ha sempre consentito il rientro presso il domicilio o residenza o abitazione del proprio partner. Se venisse applicata a livello nazionale potrebbe essere gi� una possibile soluzione. Perch� non � mai stato preso nemmeno in considerazione? "Per farti un esempio di come le Regioni sostanzialmente stiano sottovalutando il nostro problema - continua Loris Stanghellini - con la nuova ordinanza della regione Toscana, le coppie si trovano ancora pi� nei guai. In sostanza la Regione ha concesso il rientro presso la propria abitazione-residenza-domicilio o seconda casa solo a chi sul territorio regionale ha il proprio medico di base. E come potrai immaginare molte coppie se hanno la residenza e il domicilio in un'altra regione ovviamente non possono averlo in Toscana... quindi non possono vedersi in nessun modo". Spulciando in Gazzetta Ufficiale � indicato che chi arriva da Paesi Ue possa rientrare se ha un partner stabile residente in Italia, questo per� non vale per chi � di un altro comune o separato da un confine regionale. "Che senso ha? - si chiedono i membri del gruppo di Loris - E chi ha un partner che non risiede nell'Ue? Non sembra si siano posti il problema. Giada Secchi di Empoli racconta: "Questa situazione ci sta creando danni psicologici ed emotivi importanti, perch� alimenta quotidianamente una sorta di stress cronico. Non si pu� vivere cos�. Abbiamo bisogno di leggi chiare che ci consentano di ricongiungerci ai nostri affetti senza ansie o preoccupazioni esattamente come avviene in maniera controllata in tutti i Paesi d'Europa". "Siamo provati profondamente, siamo esausti - racconta Alessandro Setti di Torino - si parla infatti di veri e propri danni psicologici che l'isolamento pu� produrre su chi � gi� messo a dura prova da problemi legati alla pandemia". "La mia compagna vive in un'altra regione - racconta Mattia Bosi di Bologna, che ricorda il dolore del primo lockdown - non sapevo quando l'avrei rivista, giorni di pianti infiniti, un dolore immenso nel cuore e adesso stiamo rivivendo la stessa identica situazione, � un incubo nell'incubo. La cosa senza senso � che stando nella regione le persone possono fare quello che vogliono ma noi no perch� la persona che amiamo vive oltre quel confine. Non siamo congiunti di serie B, dobbiamo avere gli stessi diritti degli altri". "Abbiamo bisogno di vivere con serenit� la nostra storia, di poterci raggiungere senza ulteriori ansie e stress. Non ha senso tutta questa privazione - aggiunge Federica Frulio di Avellino, altro amministratore del gruppo #congiuntifuoriregione - il mio fidanzato vive a Taranto e lavora nell'ambito sanitario. Durante il primo lockdown siamo stati separati lunghi e dolorosissimi mesi ed � stato straziante per entrambi. Ogni 15 giorni cambiava il Dpcm, prolungando la tortura, perch� di questo si parla. Quando ci si ama e non si pu� non stare assieme anche per tre o quattro giorni ci si sente male, figurati per mesi e mesi. Adesso l'incubo � ricominciato, aggiungendosi ai tanti problemi quotidiani che tutti abbiamo e mettendo a dura prova pazienza e soprattutto umore. Non ce la facciamo pi� a vivere come marionette vittime dei Dpcm che decidono come vivere la nostra storia e le nostre vite. S� a shopping, a negozi e bar aperti, a festeggiamenti fuori dagli stadi, a pranzetti e aperitivi seppur rimanendo in regione, a spostamenti per lavoro, a crociere o a programmi televisivi che permettono spostamenti tra regioni col fine di creare nuove coppie ma non � contemplato in modo chiaro ed esplicito il ricongiungimento di fidanzati come noi, ma perch� ci trattano in questo modo?". Sul gruppo "Congiunti Fuori Regione" � comparso questo post: "Chiedo aiuto per conto di un amico che � sei mesi che non vede la sua ragazza che vive in un'altra regione e dopo avere sentito che hanno prorogato il divieto fino alla fine di marzo... si voleva buttare dalla finestra". Dobbiamo veramente arrivare a tanto? Cosa aspettiamo a provare a trovare una soluzione? Il Covid ci ha gi� tolto tutto, vogliamo perdere anche l'amore? Lavarsi ma non troppo (di Elisa Venco, "Focus" n. 341/21) - Usare il sapone per asportare lo strato superficiale della pelle tiene lontane le malattie. L'importante � non esagerare: anche l'igiene eccessiva � dannosa - "Per il lavaggio delle mani � sufficiente il comune sapone. Bastano tra i 40 e 60 secondi e alcuni semplici movimenti". � uno degli inviti apparsi sul sito del ministero della Salute nei primi mesi del 2020, quando anche l'Italia ha conosciuto la Covid-19. Da quel momento, l'abitudine di lavarsi spesso le mani si � diffusa in tutto il mondo: infatti, anche se il sapone non uccide i germi presenti sulla pelle, li rimuove "catturandoli" in micelle (formate dalle molecole di sapone che circondano i granuli di sporco) e poi trascinandoli via quando ci sciacquiamo. Eppure, per quanto quella di lavarsi le mani sia sempre stata una pratica igienica comune, la consapevolezza della sua necessit� quotidiana, almeno fino a qualche anno fa, non era cos� diffusa. Secondo il World health report del 2000, quando vanno in bagno in molti Paesi le persone si sfregano le mani con acqua e sapone meno di di una volta su 5 (in Italia siamo invece pi� puliti), al punto che nei Paesi in cui l'igiene generale lascia a desiderare, tuttora si registrano circa 2 milioni di morti l'anno per forme di dissenteria che, nella met� dei casi, potrebbero essere evitate con abluzioni delle mani. E comunque i lavaggi, secondo uno studio pubblicato sul Journal of Environmental Health nel 2013, si prolunga almeno 15 secondi solo per il 5% delle persone. Negli altri casi, la durata media � di 6 secondi per gli uomini e 7 per le donne. Non ci sono studi mondiali pi� recenti, ma viste le attuali raccomandazioni anti-Covid probabilmente oggi questi tempi si sono allungati. In ogni caso, nonostante sia dimostrato che un'accurata detersione delle mani tiene lontano varie malattie, meno certezza si ha nel definire quale sia la giusta quantit� di lavaggi che non solo le mani, bens� tutto il nostro corpo devono affrontare per evitare le malattie. Per esempio, per quanto si pensi che "fare la doccia ogni giorno sia pi� salutare che lavarsi meno spesso", come sostiene Robert Schmerling, professore associato alla Harvard Medical School, "in realt� si tratta di un'abitudine pi� legata alle norme sociali e culturali che alla salute". Se pi� lavaggi non equivalgono a pi� salute, in un'epoca ossessionata dai germi come la nostra, si pu� anche arrivare al paradosso: a furia di pulirci, cio�, rischiamo di ammalarci. "Sulla nostra pelle vive una flora microbica che � determinata dalla genetica per alcune parti del corpo; per altre invece � influenzata anche dall'ambiente (per esempio la flora sulla pelle dei piedi dipende dal tipo di calze e scarpe)", premette Antonio Costanzo, responsabile di Dermatologia dell'ospedale Humanitas di Rozzano (Milano) e docente della Humanitas University. "Questa flora superficiale da un lato ha una funzione di prima barriera contro i germi patogeni; dall'altro mantiene "all'erta" il nostro sistema immunitario stimolando alcune cellule chiamate linfociti T, che sono pronte a rispondere ad agenti allergizzanti o ad attacchi di germi e batteri". Insomma, � come se sulla nostra pelle vivesse un esercito di sentinelle che difendono la nostra salute: eppure, ogni volta che ci insaponiamo, insieme allo sporco rimuoviamo anche loro. Nulla di tragico, per carit�: dopo qualche ora la situazione in genere ritorna quella che era. Ma, per quanto ogni tipo di pelle sia diverso (per esempio quella degli anziani, che � gi� delicata e sensibile, se viene disseccata dai detergenti diventa pi� facilmente preda di infezioni e allergie), un metodo per capire quando stiamo esagerando con la pulizia c'�: se, dopo esserci lavati il corpo o il viso, la pelle resta secca per oltre 3 ore, stiamo sbagliando qualcosa. Abbiamo eliminato, cio�, lo strato idrolipidico, la parte grassa che si trova sulla superficie della pelle, facilitando l'ingresso nel nostro corpo di sostanze allergeniche. A questo punto ci sono due scelte: o ripariamo al danno fatto dal detergente spalmando sulla pelle una crema idratante o, meglio ancora, cambiamo il detergente. Del resto, secondo alcuni studi, l'alterazione della flora microbica superficiale legata a un eccesso di pulizia sarebbe responsabile di un fenomeno in netto aumento negli ultimi anni: la diffusione delle allergie cutanee. "Il nostro sistema immunitario, per produrre anticorpi, fin dall'infanzia necessita di una certa quantit� di stimolazione da parte di microrganismi, sporcizia e altri fattori ambientali, i cosiddetti "antigeni"", chiarisce Costanzo. Se per� gi� dai primi anni di vita si esagera con l'igiene, si riduce anche questa sorta di "memoria immunitaria", ovvero la capacit� di difenderci da elementi con cui siamo gi� venuti a contatto: "� come se per anni fossimo vissuti sotto una campana di vetro e poi, di fronte a un agente allergizzante, non fossimo "allenati" a resistere", illustra Costanzo. "Non a caso, esistono studi clinici che dimostrano come alcuni popoli nomadi si difendano meglio degli altri dalle allergie, al punto da non sviluppare quasi mai un disturbo della pelle detto dermatite atopica. Perch� gli individui fin da bambini entrano spesso in contatto con vari tipi di antigeni", sigla il medico. Un'altra teoria sostiene che, su una pelle gi� stressata dai lavaggi, le allergie cutanee siano in aumento a causa dell'inquinamento, che altera gli antigeni in modo da renderli irriconoscibili al sistema immunitario. Mark Holbreich, allergologo dell'Indiana, ha scoperto che gli Amish attuali, che vivono come si faceva nelle nostre campagne oltre un secolo fa, hanno livelli di allergie, eczemi e altri problemi della pelle molto pi� bassi perfino dei coetanei che abitano sui monti della Svizzera. Non potendo trasferirsi lontano dalle citt�, come possiamo evitare di danneggiarci per troppo bagnoschiuma? Una possibilit� "soft" � quella, se non addirittura di ridurre, di abbreviare le docce: "Non pi� di 3 minuti, con acqua tiepida anzich� calda, e insaponando solo ascelle, inguine (ma non genitali) e i piedi", raccomanda Emily Newson, dermatologa al centro medico dell'Ucla, Universit� della California a Los Angeles. Del resto, in quelle aree specifiche, non � il sudore di per s� a emanare la puzza, bens� la flora batterica, che fa fermentare il fluido prodotto dalle ghiandole sudoripare apocrine, localizzate appunto sotto le ascelle e attorno all'inguine. Ecco perch�, se si fa sport, o si suda molto o si ha la pelle grassa, "in loco" � il caso di usare il bagnoschiuma. Invece, nelle altre zone del corpo dove la flora batterica incontra le secrezioni delle ghiandole eccrine, che restano inodori, non serve insaponare per scongiurare la presenza di effluvi. Per proteggere la pelle da troppa igiene, resta infine l'alternativa radicale: bandire del tutto sapone, shampoo e deodorante. � quello che ha fatto il giornalista ed esperto di salute pubblica James Hamblin, che ha perfino calcolato il tempo che si risparmierebbe nel corso di 100 anni di ipotetica vita se ogni giorno non si dovessero pi� impiegare almeno 30 minuti (tra mattina e sera) per lavarsi: 18-mila 250 ore, pari a 3 anni di tempo libero in pi�. Nel suo saggio Clean: the new science of skin, Hamblin ha raccontato cosa � successo al suo corpo quando, ben 5 anni fa, ha iniziato a lavarsi solo con l'acqua. "All'inizio ero una bestia oleosa e puzzolente", scrive ricordando la fase in cui i batteri della pelle, trovando a disposizione una superficie pi� unta, producevano pi� cattivi odori. Ma piano piano la sua flora batterica si � riequilibrata, "la pelle si � fatta meno grassa, ho ridotto gli eczemi e perfino sotto le ascelle l'odore si � fatto meno pungente di quando saltavo il deodorante per un giorno". Si tratta ovviamente di un eccesso, ma la conclusione dell'esperimento di Hamblin (che tuttora ha una fidanzata e una vita sociale) � che, per proteggere la pelle e la salute, sia necessario concentrarsi sulle evidenze scientifiche. Una di esse, per esempio, "� che lavarsi solo con l'acqua non rende profumati, ma non danneggia la pelle", conclude Costanzo. Una scomoda verit� Perfino in ambito medico, il legame tra pulizia delle mani e malattie � emerso solo di recente. Si � arrivati infatti fino al 1840 perch� un medico ungherese, Ignaz Semmelweis, notasse che se i medici si lavavano le mani prima di avvicinarsi a una partoriente, meno donne morivano dopo il parto. E fu solo nel 1860 che il chirurgo inglese Joseph Lister introdusse procedure antisettiche per i chirurghi. Fino a quel momento i medici ridicolizzavano l'idea che la mancanza di pulizia personale potesse essere responsabile della morte dei loro pazienti. Brrrrr che fame! (di Giovanna Camardo, "Focus" n. 341/21) - In inverno, il cibo pu� essere un'attrazione fatale. Come mai? Colpa dell'evoluzione, del brutto tempo e... del profumo di polenta coi funghi - Prendetevela con Darwin, se alla fine di questo inverno salirete sulla bilancia e lei vi dir� che siete ingrassati. Sarebbe (anche) colpa dell'evoluzione, infatti, se quando il termometro scende il nostro peso tende a salire. Ma non solo: ci sono l'effetto del freddo, la tristezza delle giornate grigie... Tutte cose che in inverno sembrano attirarci verso il cibo. Come mai? Qual � l'effetto dei cibi invernali sul corpo e, soprattutto, sullo spirito? E c'� qualcosa che dovremmo davvero mangiare, in inverno? Se c'� una "stagione grassa", � l'inverno. Il momento in cui pi� ci sembra che la fame aumenti, e il peso pure. Il team di Yunsheng Ma, della University of Massachusetts Medical School, ha seguito 593 persone dai 20 ai 70 anni, negli Usa, per contabilizzare le variazioni di cibo, attivit� fisica e peso in un anno. Ha rilevato il massimo apporto calorico a novembre (86 kcal al giorno in pi� rispetto al minimo, a maggio), il tracollo dell'attivit� in dicembre e il picco di peso in febbraio, con una differenza di mezzo chilo. "Una media, per�, forse sottostimata. Direi che una variazione di 1 kg, anche di 1,5 kg in pi� alla fine dell'inverno � fisiologica", commenta Enzo Spisni, docente di fisiologia della nutrizione all'Universit� di Bologna. "L'importante � che poi il peso sia perso; accade naturalmente, perch� in estate si sta pi� all'esterno e quindi c'� un aumento di attivit� fisica persino nei pi� sedentari, e perch� il caldo tende a togliere appetito. Se per� i chili restano da un inverno all'altro, diventano gradini verso il sovrappeso". In inverno, dunque, ci muoviamo meno e tendiamo a pensare pi� al cibo. Il freddo � solo uno degli elementi in gioco. "La fame aumenta se il nostro cervello "rileva" un aumento del consumo di energia, cosa che accade se ci si espone al freddo e si fa attivit� fisica", dice Spisni. Il freddo ci fa bruciare per il fatto di dover mantenere la temperatura corporea: a meno 10�C (con vestiti adeguati) il nostro metabolismo basale, il consumo energetico a riposo, aumenta del 10%. "Il punto di minor spesa energetica per noi � attorno ai 25�C: se fa pi� caldo o pi� freddo spendiamo per attivare i meccanismi di termoregolazione", spiega Spisni. "Dunque, se ho fatto attivit� nella neve o lavorato all'esterno, avr� pi� appetito". In natura il peso del freddo sulla dieta � evidente. David Raubenheimer (University of Sydney) ha seguito i rinopitechi dorati, scimmie che vivono in fredde foreste cinesi. Ha dato loro cibo in pi�, per vedere cosa mangiavano liberamente, e ha visto che in inverno il loro introito energetico raddoppiava: le calorie aggiuntive venivano da carboidrati e grassi, mentre l'apporto di proteine era uguale. L'energia introdotta in pi� corrispondeva a quella spesa per tenere il corpo caldo. Il punto � che noi non siamo rinopitechi delle montagne cinesi, e non siamo nemmeno i nostri nonni. "Se si sta in un ambiente a temperatura costante - come i nostri uffici o case - la spesa energetica non cambia", sottolinea Spisni. "Per questo va sfatata l'idea che l'inverno sia il momento di mangiare piatti grassi e carni: era vero per i nostri nonni, che vivevano davvero al freddo, in case meno riscaldate e all'aperto, facevano pi� attivit�, erano pi� magri e non iperalimentati come noi. Un pasto ricco di grassi saturi lo bruciavano subito, stando al freddo". Insomma, un boscaiolo in Lapponia o un ricercatore in Antartide hanno bisogno di una dieta pi� robusta. Ma noi? "No. E non ci sono specifiche necessit� nutrizionali per l'inverno, ma sarebbe bene mangiare verdure di stagione come cavoli e altre brassicacee: � l'occasione per aumentare l'apporto di sostanze antitumorali di cui queste verdure sono ricche. Inoltre le verdure di stagione hanno meno residui di pesticidi: subiscono meno trattamenti, necessari invece per le colture in serra", consiglia Spisni. "Le arance e altri agrumi possono poi fornire vitamina C: con la D, � la vitamina principale per le difese immunitarie. In inverno la concentrazione ematica di vitamina D scende per la mancanza di esposizione al sole, quindi � bene "abbondare" con la vitamina C. Meglio assumerla con gli alimenti: cos� si raggiungono livelli moderati nel sangue, ma che durano per ore; invece, con un integratore si ha un picco breve e il resto viene espulso. Un'arancia al mattino e una al pomeriggio forniscono la dose raccomandata giornaliera. Danno vitamina C anche le erbe aromatiche, in inverno disponibili anche essiccate". Se non stiamo al freddo, in teoria, non dovrebbe venirci pi� fame. Ma alla fisiologia si sovrappone la psicologia. Cos�, per esempio, in inverno a volte aumenta la voglia di "comfort food": quel cibo che ci consola e fa star bene, associato all'infanzia o alla cucina casalinga, spesso ricco di carboidrati. Dalla crema spalmabile alle lasagne di mamma... "La quantit� di comfort food che mangiamo � legata a quanto conforto ci serve. In inverno ci sono meno ore di luce, stiamo pi� in casa, facciamo meno esercizio fisico e possiamo essere pi� isolati socialmente: tutto questo pu� avere un impatto negativo sull'umore e rendere pi� probabile il ricorso a comfort food e cibi dolci per migliorarlo", spiega Rachel Herz, neuroscienziata della Brown University (Usa) e autrice di Perch� mangiamo quel che mangiamo (Edt). "In inverno poi possiamo sentirci pi� annoiati, soprattutto ora con la pandemia: mangiamo giusto per far qualcosa, e notiamo di pi� gli stimoli dell'appetito". Alla base dell'effetto anti-tristezza ci sono meccanismi fisiologici e psicologici. "Primo, i cibi ricchi in zuccheri e grassi stimolano i centri del piacere e della ricompensa nel cervello e portano al rilascio di sostanze che ci fanno immediatamente sentire bene: il solo fatto di sentire un sapore dolce ha questo effetto, prima che il cibo sia metabolizzato", dice Herz. "Secondo, il comfort food � spesso legato all'infanzia. I suoi aromi ci riportano a ricordi ed emozioni collegate all'accudimento e al conforto, e ci� ci fa sentire bene. Come un caldo abbraccio di mamma". A farci mangiare ci sono poi le abbuffate delle feste. E il fatto che i cibi invernali possono essere pi� seducenti. "Se caldi, oltre ad avere la piacevolezza del calore, sprigionano pi� profumi. L'odore di cibo fa partire l'acquolina in bocca e la secrezione dei succhi gastrici, e da esso deriva parte della sensazione di fame. Molti cibi invernali hanno profumi gradevoli e ci� fa aumentare la voglia di mangiarli. Ci si butta pi� volentieri su una polenta coi funghi che su un'insalata", dice Spisni. E, purtroppo per il peso, molti cibi invernali sono "ricchi". "Quelli estivi hanno in genere una minore densit� calorica: ci riempiono lo stomaco e ci saziano, ma dandoci meno calorie". Un po' per� sembra anche colpa dell'evoluzione, come dicevamo. In inverno avremmo una spinta inconsapevole a mangiare di pi�, secondo uno studio di Andrew Higginson della University of Exeter (Uk). "Abbiamo usato un modello al computer per simulare le strategie di migliaia di individui (animali) rispetto a disponibilit� variabili di cibo, per stabilire quale fosse il "livello ottimale" di grasso da accumulare. Il modello predice come le condizioni ambientali determinano le strategie che si evolvono", spiega Andrew Higginson. Il responso del computer non ci stupisce pi� di tanto. "La strategia migliore � accumulare pi� grasso nei periodi in cui la disponibilit� di cibo � incerta, come assicurazione nel caso non se ne trovi altro: per i nostri antenati questo periodo era l'inverno, con risorse scarse e aumento del consumo energetico per riscaldarsi". C'� da dire, per�, che i cibi invernali caldi hanno un gradevole effetto collaterale. Pare che le tisane o le zuppe, oltre a scaldarci, possano renderci pi� buoni (a parte il periodo delle feste: l� � ufficialmente merito di Babbo Natale). "Alcune ricerche hanno mostrato che il fatto di tenere in mano qualcosa di caldo ci riscalda emotivamente", spiega Rachel Herz. Tra queste, lo studio di Lawrence Williams (University of Colorado at Boulder, Usa) e John Bargh (Yale University, Usa). Hanno fatto tenere in mano ai volontari tazze di caff� bollente o freddo, e chiesto loro di valutare la personalit� di una persona: i partecipanti con la tazza calda l'hanno giudicata pi� "calda", cio� generosa e premurosa. In un altro esperimento, i volontari che avevano tenuto in mano una busta di gel calda tendevano a scegliere un piccolo dono per un amico invece che per s�. Gli studiosi pensano che la sensazione di calore ci riporti al tepore del corpo materno, sperimentato da piccoli: quindi associamo il calore fisico a quello psicologico. Inoltre, entrambe le sensazioni di "caldo" sono elaborate nella stessa zona del cervello, la corteccia insulare. Altri esempi? Alla giapponese Kyushu University hanno mostrato che tenere in mano una tazza vuota calda rendeva le donne (l'effetto non si � notato sugli uomini) pi� altruiste verso una persona di un'altra comunit�. E uno studio di Han-Seok Seo (University of Arkansas, Usa) ha visto che dopo aver mangiato una zuppa calda - piuttosto che a temperatura ambiente - i partecipanti riportavano pi� emozioni positive. "Consumare bevande o cibi caldi ci scalda fisicamente e questo pu� farci sentire brevemente pi� positivi e calmi", spiega Rachel Herz. "Tuttavia, l'effetto dipende dalle persone e da ci� che si sta consumando: se beviamo t� o caff� caldo ogni mattina, � improbabile che influenzino il nostro umore. Ma una tazza di cioccolata ci fa sentire confortati e contenti: fisicamente per il calore, psicologicamente perch� ci concediamo un dolcetto, fisiologicamente per l'azione di zuccheri e grassi". E, a proposito di liquidi che "scaldano", l'alcol non � tra questi. Dilata i vasi sanguigni, quindi all'inizio ci fa davvero sentire pi� caldo alle estremit�, ma poi tale dilatazione ci fa perdere pi� calore: se siamo fuori al freddo, quindi, pu� aumentare il rischio di ipotermia. Meglio il thermos con la tisana. I segreti del caff� per mantenersi in forma ("RivistAmica" n. 2/18) - Impensabile (o quasi) fare colazione senza un caff� o un caffellatte. In realt� in una tazzina di caff� non si cela solo la "pozione magica" per svegliarsi, ma molto di pi� - Quanti caff� bevete al giorno? Sapete che quel liquido nero e fumante non � solo un'ancora di salvezza per svegliarvi e darvi una dose di energia? A quanto pare, infatti, con tre tazzine al giorno si fa il pieno di effetti benefici per la salute e, se applicato localmente, si ottengono anche ottimi risultati estetici. Come spesso accade in nutrizione � l'equilibrio a fare la differenza: se non si superano le tre o quattro tazzine di espresso al giorno ne traggono giovamento arterie, fegato, linea (a patto di berlo senza zucchero) e mal di testa. I tannini e in generale i polifenoli che contiene sono potenti antiossidanti, mentre le sostanze chiamate diterpeni contribuiscono a prevenire alcune malattie epatiche (cirrosi o calcolosi). Il caff� - meglio se amaro e della moka - sembrerebbe, inoltre, aiutare anche il fegato nella digestione dopo pasti particolarmente ricchi. � la caffeina la sostanza miracolosa che contribuisce a svegliarci la mattina, ma i suoi effetti, in realt�, hanno una portata molto maggiore. L'effetto broncodilatatore riduce l'affaticamento dell'apparato respiratorio, particolarmente utile per chi soffre di asma. Il mal di testa, invece, pu� essere alleviato con una tazzina di espresso, perch� anche leggermente analgesico. La caffeina � uno stimolante del sistema nervoso e di quello cardiovascolare e favorisce l'eliminazione di grassi e liquidi, stimolando la circolazione e tonificando i tessuti. Per questi motivi si usa per preparare - anche in casa - prodotti snellenti, tonificanti, anticellulite ed anti-et�. In base alla "ricetta" si pu� usare sia la classica polvere di caff� che la bevanda, ad esempio per preparare impacchi o maschere per il viso. La tanto temuta prova costume non � poi lontana, meglio, quindi, iniziare a correre ai ripari se durante l'inverno ci si � lasciati andare un po' troppo. Sana alimentazione e attivit� fisica sono alla base della "remise en forme" e qualche tazzina di caff� (senza abusarne) pu� aiutare. La caffeina, infatti, contribuisce ad accelerare il metabolismo, "trasformando" i grassi in energia per l'attivit� fisica. Ecco invece un trattamento di bellezza naturale: mescolando dei fondi di caff� con dell'olio extra vergine d'oliva si ottiene un trattamento anticellulite economico ed ecologico. Dopo aver verificato con un esperto che questo rimedio fa per voi, applicatelo sulle zone da trattare e avvolgetele con della pellicola trasparente. Lasciate in posa 20 minuti prima di rimuoverlo sotto la doccia e applicare una crema idratante. Il caff� all'americana contiene pi� caffeina, circa il doppio, dell'espresso e, per questo, andrebbe consumato con moderazione. L'espresso, invece, ne contiene meno di quello preparato con la moka e conserva meglio le propriet� benefiche, che sono volatili. Con le ali ai piedi (di Biagio Picardi, "Focus Storia" n. 173/21) - Da mezzo di trasporto a sport pi� o meno per tutti: ecco come si sono evoluti gli sci, grande amore degli appassionati di montagna - Sci, scarponi e giacche a vento: il popolo degli sciatori, tanto penalizzato dalle norme anticovid, spera di tornare al pi� presto sulla neve, per proseguire una pratica antichissima che precede anche l'invenzione della ruota. Gi� nel Paleolitico, infatti, gli uomini attraversavano boschi e valli innevate utilizzando rudimentali assi di legno ricoperte di pelli. Questi antenati degli sci venivano usati soprattutto in Lapponia e Mongolia, ma anche nel Nord Europa. Lo dimostra, per esempio, un'incisione trovata in una caverna dell'isola norvegese Rodoy, databile tra il 3000 e il 2000 a.C., che raffigura un uomo con ai piedi tavolette di oltre 4 metri, spinte da un bastone molto pi� corto utilizzato come un remo. Molteplici sono stati i ritrovamenti archeologici. Il pi� famoso � forse quello degli sci lunghi 111 centimetri (e larghi 19) risalenti a circa 4.500 anni fa rinvenuti nel 1921 a Hoting, in Svezia. Ma altri sembrano pure pi� antichi: quelli dell'Et� del ferro di Ovrebo, in Norvegia, oppure lo sci di legno del lago Sindor, in Russia, collocabile tra il 6300 e il 5000 a.C. O, ancora, quelli di 5.200 anni fa, lunghi due metri, trovati nel 1924 a Kalvtrask, in Svezia. I reperti hanno permesso agli studiosi di dividere in quattro aree geografiche la diffusione degli antenati degli sci. La prima comprende la Groenlandia e il Nord America, dove fu in voga soprattutto la racchetta da neve, un attrezzo di legno a forma d'uovo con intelaiatura di corde. Nel Nord Europa (esclusa la Scandinavia), nelle Alpi e nel Caucaso, si usava invece uno sci corto, pesante, larghissimo e piatto, guidato con piccole funi fissate alla punta, forse utilizzato soltanto per le discese. Una tavoletta pi� sottile e leggera, con la punta ricurva e ricoperta con pelle di renna o foca per una maggiore presa sulla neve, era diffusa in Finlandia, Siberia, Giappone e Norvegia Settentrionale e pure questa variante "artica" veniva guidata da funicelle legate alle punte. Il progenitore dei nostri sci � per� quello definito "nordico", usato nella Groenlandia Meridionale, in Islanda, Svezia e Norvegia Centromeridionale. Proprio come quello di Rodoy era infatti stretto e lungo, pi� leggero degli altri e senza funicelle, "mosso" da una lancia o da un bastone (solo nel 1741 abbiamo testimonianze dell'uso del doppio bastoncino). Non mancavano inoltre le contaminazioni: nei primi secoli d.C. in alcune zone veniva usato un misto tra lo sci artico e quello nordico, con l'attrezzo sinistro lungo e sottile per andare veloci e il destro molto corto, largo e foderato di pelle per spingere e poi frenare. Diverse poi le varianti: in Siberia, per esempio, nella parte meridionale si svilupp� la "Fennoscandian", con caratteristiche accostabili agli sci da discesa di oggi, mentre nella zona occidentale si afferm� la "ugrolappone", pi� adatta al fondo. Tutti comunque utilizzavano attacchi fatti di semplici lacci in pelle, che fissavano il piede. Lasciavano il tallone libero ed erano mezzi di trasporto per contadini, boscaioli o cacciatori. Eventualmente anche soldati. Per secoli le gare furono una rarit�, seppure gi� testimoniate da antiche saghe e racconti popolari. Nonostante trattati come Historia de gentibus septentrionalibus del 1555 illustrassero al mondo gli sci e i loro usi, le cime innevate furono a lungo considerate minacciose, da frequentare solo per necessit�. "A cavallo tra il Settecento e l'Ottocento, per�", spiega Franco Brevini, docente di Letteratura italiana all'Universit� di Bergamo e autore de Il libro della neve. Avventure, storie, immaginario (Il Mulino), "gli uomini iniziarono a esplorare e sfidare pi� spesso la neve in solitudine, spinti dall'affermazione di un'estetica pi� soggettivistica, che definiva "bello" ci� che procurava emozioni". La rivalutazione e la conseguente pi� spensierata colonizzazione della neve spinse allora a utilizzare gli sci, riveduti e corretti, anche per gareggiare. E cos�, nel 1833, a Christiania, nella contea norvegese di Telemark, venne fondato il primo sci club, che subito ispir� altri appassionati, soprattutto in Austria e Svizzera, dando vita anche a una tecnica sciistica, il telemark appunto, ancora "a tallone libero" ma con gli sci, pi� corti e leggeri, pensati specificamente per la discesa. Dieci anni dopo, sempre in Norvegia ma questa volta a Tromso, fu organizzata anche la prima sfida sportiva di fondo tra civili. Nuovamente, per�, le esigenze pratiche sorpassarono quelle agonistiche e le successive gare ebbero per lo pi� scopi militari. In Scandinavia comprendevano: tiro in corsa col fucile, discesa libera, discesa obbligata senza bastoncini e gara di fondo di 3 km tenendo sulle spalle uno zaino da 20 chili, moschetto e baionetta. Nel 1874 a vincere una di queste esercitazioni fu l'esploratore norvegese Fridtjof Nansen, che 15 anni dopo diffuse in tutto il mondo la conoscenza dello sci descrivendo nel saggio Pa ski over Gronland la sua traversata (la prima della storia) della Groenlandia utilizzando anche gli sci. I suoi racconti ebbero cos� successo che nacquero macchine e fabbriche per fare gli sci (in legno lamellare di faggio e pino), anche tra le Alpi. Ed � da l� che, alla fine dell'800, lo sci competitivo part� alla conquista del mondo, che cominciava a preferire la discesa al fondo. "S�, perch� sulle Alpi il paesaggio aveva quei pendii ripidi assenti invece nel grande Nord. Prevalse quindi un modello col tallone bloccato e lo sci smise d'essere strumento escursionistico per diventare sportivo", aggiunge Brevini. Alla diffusione del nuovo sport sulle Alpi contribu� la passione di sir Arthur Conan Doyle (il creatore di Sherlock Holmes), che nella cittadina svizzera di Davos conobbe il commerciante Tobias Branger, tra i primi in Europa a vendere gli sci, visti all'Esposizione Universale di Parigi del 1878. Intanto si sviluppavano nuove pratiche, come lo spettacolare salto col trampolino, lo slalom e lo scialpinismo. Tra le figure che hanno favorito la diffusione del nuovo sport, va sicuramente citato anche il ceco Matthias Zdarsky, promotore della prima gara di "discesa" il 19 marzo 1905 sul Muckenkogel, in Austria. Ebbe inoltre il merito, agli albori del 1900, di accorciare gli sci a 180 cm e di brevettare 25 diversi tipi di attacchi per bloccare il tallone, segnando cos� il definitivo passaggio dal modello telemark a quello "alpino", che permetteva di scendere sempre pi� velocemente grazie al perfezionamento da parte di Victor John e Georg Bilgeri, nel 1903, della sciolina (una miscela a base di cera d'api) e all'introduzione di attacchi pi� sicuri, con staffe in ferro e puntale metallico. Materiale che dal 1950 cominci� a essere utilizzato anche per fare gli stessi sci e, dal 1957, i bastoncini. Negli Anni Settanta, infine, si intervenne nuovamente sugli attacchi, da allora dotati di sganci di sicurezza in caso di caduta. In Italia, intanto, il boom economico fece esplodere anche la passione per la vacanza invernale, l'allora elitaria "settimana bianca". La prima stazione alpina invernale italiana, in realt�, era gi� stata inaugurata il 6 gennaio 1906 a Sauze d'Oulx (To), per iniziativa dello Ski Club Torino, seguita da altre sorte attorno a Milano, sulla spinta anche dell'ammissione dello sci di fondo alle Olimpiadi del 1924. L'impulso decisivo al turismo bianco si ebbe per� negli anni Trenta, con l'introduzione dei primi impianti di risalita negli Stati Uniti e poi in Europa. Erano le "manovie", con gli sciatori che si aggrappavano a una corda di canapa chiusa ad anello e messa in movimento da un argano a motore. Il modello fu poi ripreso dall'ingegnere svizzero Ernst Constam che lo perfezion� sostituendo la canapa con una fune metallica, aggiungendo morsetti e rulli e potenziando il motore. Nel 1934 brevett� cos� la prima funivia, installata a Davos e poi in altre localit� svizzere (come Sankt Moritz), francesi e, dal 1936 (anno di ammissione dello sci alpino alle Olimpiadi) italiane: Val Gardena, Madonna di Campiglio, Cortina d'Ampezzo, Cervinia. In altre localit�, poi, come l'Abetone, Courmayeur e Bardonecchia gli impianti di risalita presero forme differenti, diventando slittovie, rotovie e soprattutto seggiovie, su ispirazione ancora una volta americana. Queste localit� divennero, cos�, centri importanti, sostenute anche da uomini d'affari, che fiutavano il business vacanziero, e governi, che pensavano a spostare pi� rapidamente i soldati sulle montagne. In Italia il primo caso � quello di Sestriere (Torino), citt� alpina di fatto creata dall'imprenditore Giovanni Agnelli a fini esclusivamente turistici, mentre un esempio di sfruttamento militare della funivia si ebbe a Courmayeur, sul Monte Bianco. Dopo la guerra e i difficili anni della ricostruzione, venne poi il boom economico che diede la definitiva spinta alle stazioni sciistiche, rendendole come le conosciamo oggi. Serena Rossi: mi metto in ghingheri per cantare (di Barbara Mosconi, "Tv sorrisi e canzoni" n. 10/21) - attrice debutta come conduttrice di un nuovo show - Serena Rossi � al lavoro: prove generali, sedute di trucco, riunioni su riunioni. Neanche il tempo di godersi il successo della serie "Mina Settembre", terminata lo scorso 14 febbraio con oltre 6 milioni e mezzo di spettatori di media ogni sera. "Un intero anno di lavoro volato in poche settimane!". La voce � quella di sempre, sonora e squillante, eccitata per la nuova avventura. Eccola pronta ad apparire ancora su Raiuno, stavolta non in veste di attrice, ma in quella di conduttrice. Anche il programma � una novit�, s'intitola "Canzone segreta", un format gi� noto in Francia e in altri Paesi, ora prodotto dalla Rai in collaborazione con Blu Yazmine. - Serena, passa direttamente dalla fiction allo show di prima serata. "In effetti, dopo mesi struccata e con addosso il cappottino rosso di Mina in giro per il Rione Sanit� di Napoli, ora mi vedrete in prima serata su Raiuno, tutta in ghingheri, con abiti eleganti, un trucco importante, gioielli bellissimi. Giocher�. Mi piace cambiare pelle". - Era gi� stata scelta per questo programma prima del buon esito di "Mina Settembre", vero? "La proposta � arrivata mentre ero sul set. Solitamente quando faccio un lavoro non vedo altro, mi concentro su quello e se arrivano proposte rispondo: "Poi ci penso". Stavolta quando mi hanno raccontato il progetto ho detto: "Fermi tutti, lo voglio fare, mi piace!"". - "Canzone segreta": le piace pi� la prima o la seconda parte del titolo? "La prima, ma ci tengo a dire che questo programma non � una semplice carrellata di canzoni spalmate su una serata. La musica � il pretesto per conoscere meglio sette personaggi noti che ogni sera si alterneranno su una poltrona bianca, riceveranno una sorpresa "sonora" da parte di amici o parenti e, proprio grazie alle note, ci apriranno il cuore". - Un po' "Carr�mba! Che sorpresa", un po' "C'� posta per te...". "Non mi piace fare paragoni, questo programma, in tutti i suoi aspetti, � veramente unico". - Una girandola di emozioni. "S�, io stessa gi� in riunione ho pianto mentre gli autori mi raccontavano le storie. Di certo anche gli ospiti saranno agitati ed emozionati, sono all'oscuro di quello che succeder�, sanno solo che riceveranno un grande omaggio". - Come li avete convinti? "E chi � che non vuole farsi omaggiare in questo modo?". - E lei, come vorrebbe essere "sorpresa"? "Sicuramente con una canzone legata alla mia vita personale e familiare, alle mie radici, non alla mia carriera". - Le sue canzoni preferite? "Non posso svelarle perch� le intoner� durante le serate. Di solito da attrice devo entrare nei panni di un'altra, qui, invece, avr� modo di svelare me stessa". - Se suo marito Davide Devenuto dovesse improvvisarle una canzone, quale sarebbe? "Spero non lo faccia mai perch�, diciamolo, il canto non � il suo forte! Nel caso, sceglierebbe "Io che amo solo te" di Sergio Endrigo: � con quella che ci siamo innamorati". - E suo figlio Diego? "Opterebbe per una canzone di "Il re Leone", il film della Disney". - Se fosse lei su quella poltrona, quale cantante vorrebbe vedere apparire? "Se � un sogno, allora Mia Martini che canta "E non finisce mica il cielo"". - Nella vita qualcuno l'ha mai sorpresa, intonando dei versi? "Non mi sembra. Lo ha fatto invece mio padre con mia madre. Un'estate, durante la vacanza nel paese di mia nonna, eravamo gi� tutti a letto, in piazza c'era il karaoke, quando mio padre disse che andava a buttare la spazzatura. Usc�, sal� sul palco e da dentro casa all'improvviso sentimmo: "Patty (mia mamma si chiama Patrizia), questa � per te!". E lui che cantava: "Una lunga storia d'amore" di Gino Paoli". - Nel suo curriculum ha recitato, cantato, ballato... "Qui non voglio strafare, perch� alla fine � fastidioso, per� mi metter� in gioco anch'io". - Rispetto al programma originale ci saranno differenze? "Siamo abbastanza fedeli al format, anche se non ho le caratteristiche del collega francese, che � pi� istituzionale. In Finlandia, invece, lo conduce una signora bionda molto simpatica. Io sar� una via di mezzo. Non essendo una vera conduttrice, avr� un modo tutto mio". - Tra una canzone e l'altra sta gi� pensando alla prossima stagione della serie "Mina Settembre"? "Certo. La prima ha avuto un finale aperto e, per rispetto del pubblico, molte storie devono essere risolte. Gli sceneggiatori stanno gi� scrivendo. Comunque, prima girer� un'altra serie per la Rai, ma non posso dire nulla". - Almeno un indizio? "Va bene: torner� indietro nel tempo e parler� un dialetto che non � il mio. Sono ben due indizi!". Giro d'Italia 2021: da Torino a Milano La Corsa Rosa scatter� sabato 8 maggio da Torino e si concluder� domenica 30 maggio dopo 21 tappe e 3.450 km. L'Unit� d'Italia, Dante Alighieri, il 90�compleanno della Maglia Rosa (indossata per la prima volta nel 1931 - prima tappa vinta da Learco Guerra e Giro vinto da Francesco Camusso), le grandi montagne, i paesaggi, i borghi e le citt� italiane, le Olimpiadi invernali e il ricordo di grandi uomini e campioni che hanno dato lustro al ciclismo e al Giro d'Italia sono alcuni degli ingredienti della 104� edizione della competizione nazionale su due ruote. La Grande Partenza - A 10 anni di distanza dall'ultima volta, e nel 160� Anniversario dell'Unit� d'Italia, Torino e la Regione Piemonte ospiteranno la Grande Partenza del Giro d'Italia. La prima frazione sar� una cronometro individuale di 9 chilometri per le vie di Torino; la seconda una tappa adatta ai velocisti da Stupinigi (Nichelino) a Novara (173 chilometri) mentre la terza partir� da Biella per terminare a Canale dopo 187 km (tappa mossa adatta ai finisseur o ai colpi di mano). La prima settimana - Primo arrivo in salita, nella quarta tappa, a Sestola con partenza da Piacenza. La parola ai velocisti nella Modena-Cattolica di mercoled� 12 maggio. Sesta frazione molto insidiosa con 3.400 metri di dislivello che porter� il gruppo dalle Grotte di Frasassi ad Ascoli Piceno (San Giacomo) con due Gpm nel mezzo e l'arrivo posto a quota 1090 m. La Notaresco-Termoli (178 km) � una tappa adatta ancora alle ruote veloci del gruppo. Sabato 15 maggio la Foggia-Guardia Sanframondi (173 chilometri) con ancora difficolt� altimetriche (3.400 m di dislivello) con il Gpm di Bocca della Selva a 53 km dal traguardo. Inedito arrivo in salita in Abruzzo, a Campo Felice, nella frazione di domenica 16 maggio con partenza da Castel di Sangro. Una tappa con ancora 3.400 m di dislivello che prevede tre Gran premi della Montagna prima dell'erta finale. La 10� tappa di luned� 17 maggio, da L'Aquila a Foligno, potrebbe adattarsi a fughe da lontano o colpi di mano nel finale. Marted� 18 � previsto il primo giorno di riposo del Giro. La seconda settimana - Si riparte, mercoled� 19, con una tappa che promette spettacolo da Perugia a Montalcino (Brunello di Montalcino Wine Stage) con una prima parte ondulata mentre negli ultimi 70 chilometri 35 saranno di Strade Bianche. L'ultimo arrivo a Montalcino, nel 2010, vide Cadel Evans aggiudicarsi la tappa in maglia iridata in una giornata contraddistinta dalla pioggia e dal fango. La Siena-Bagno di Romagna (Tappa Bartali) render� omaggio a due uomini speciali che hanno reso grande il ciclismo: Gino Bartali e Alfredo Martini. La corsa toccher� sia Ponte a Ema sia Sesto Fiorentino, per concludersi a Bagno di Romagna dopo 3 Gpm e 3.700 m di dislivello. Nel ricordo di Dante Alighieri, nel settecentesimo anniversario della morte, la 13� tappa da Ravenna (dove il Sommo Poeta � sepolto) a Verona che attende gli sprinter. Sabato 22 maggio, con partenza da Cittadella, � il giorno del temuto Zoncolan (si sale dal versante di Sutrio). L'unica volta che fu affrontato da quel versante risale al 2003 con la vittoria di Gilberto Simoni. La Grado-Gorizia, frazione adatta ai finisseur, prevede un circuito, da ripetere tre volte, che sconfiner� nella vicina Slovenia. La Sacile-Cortina d'Ampezzo, di luned� 24 maggio, chiuder� la seconda settimana. � il tappone dolomitico con il Passo Fedaia (Montagna Pantani), il Passo Pordoi (Cima Coppi) e il Passo di Giau prima del traguardo nella citt� che ospiter� nel 2026 l'Olimpiade Invernale. La terza settimana - Dopo il secondo giorno di riposo si riparte con un'altra tappa di montagna da Canazei a Sega di Ala (arrivo in salita inedito per il Giro). Da scalare, prima dell'ascesa finale, il Passo San Valentino. Gioved� 27 maggio, la 18� tappa da Rovereto a Stradella. Una frazione insidiosa con diversi strappi nel finale tra le colline dell'Oltrepo Pavese. Muover� da Abbiategrasso la tappa numero 19 che terminer� sull'Alpe di Mera in Valsesia (arrivo inedito). Questa frazione con 3.700 m di dislivello comprende anche l'ascesa del Mottarone e quella della Colma di Varallo. Da Verbania partir� una tappa contrassegnata da 5 stellette di difficolt� e 4.800 m di dislivello che terminer� sull'Alpe di Motta nella Valle Spluga. Da scalare anche il Passo San Bernardino e il Passo dello Spluga, due salite che porteranno il gruppo oltre i duemila metri. Gran finale, domenica 30 maggio, con una cronometro individuale di 29,4 km che partir� da Senago e terminer� sotto il Duomo meneghino, dove verr� incoronato, come nell'edizione 2020, il vincitore del Giro.