Maggio 2017 n. 5 Anno XLVII MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Indice Chi ha inventato il protezionismo SOS allergia! L'amara verit� Lo "smemorato" di Collegno Il pecorino toscano: delizia per il palato Lago Maggiore: Acqua, terra e cieli azzurri Addio a Gianni Boncompagni Tour 2017: Francia ma non solo Chi ha inventato il protezionismo (di Matteo Liberti, "Focus Storia" n. 127/17) - Le prime misure a tutela del mercato interno risalgono addirittura a Greci e Romani. E, passando poi dal mercantilismo seicentesco, sono arrivate fino a noi - L'idea del presidente americano Donald Trump di mettere dazi sui prodotti stranieri in risposta alle restrizioni del Vecchio Continente sulle importazioni di carne statunitense trattata agli ormoni, non � certo una strategia nuova. Il protezionismo infatti ha origini lontane. Ma da dove deriva storicamente l'uso di questa controversa misura economica? Ancora oggi per tutelare i propri prodotti vengono poste restrizioni sulle merci di importazione. Avviene sostanzialmente in due modi: creando delle barriere non tariffarie, ossia restrizioni sull'importazione di alcune merci; oppure, ed � il sistema pi� comune, imponendo i cosiddetti dazi doganali. Il termine deriva dal latino datio, che significa "il dare; l'atto di dare", perch� a differenza delle "imposte" (obbligatorie per il cittadino) i dazi sono tributi "volontari" da versare per commerciare, introdurre o far transitare una merce in un determinato Paese straniero. "Con la formazione dei moderni Stati nazionali e il loro pieno affermarsi nel XIX secolo", spiega Fabio Masini, docente di Storia e teorie delle relazioni economiche internazionali all'Universit� degli Studi Roma Tre, "le lobby industriali hanno sempre trovato il modo di convincere sovrani e governanti a difendere i loro interessi attraverso misure protezionistiche". Ma anche se la concezione di queste misure cos� come oggi le conosciamo � ottocentesca, provvedimenti simili esistevano gi� in tempi pi� remoti. Le primissime tracce di dazi doganali e di interventi statali nell'economia ci portano nel mondo antico. Ad Atene 2500 anni fa esisteva per esempio la pentekoste (il cinquantesimo). L'obolo prevedeva che fosse versata sulle merci in transito nel Pireo una somma corrispondente al 2% (un cinquantesimo appunto) del loro valore. A Roma scopriamo che nel 92 d.C. l'imperatore Domiziano, per far fronte a una crisi di sovrapproduzione di vino e proteggere il mercato, viet� di piantare nuovi vitigni lungo la Penisola. Nel 301 l'imperatore Diocleziano fiss� con apposito editto il costo massimo di molte merci. Un'usanza, quella di intervenire nell'economia, a cui non fu immune neppure Costantinopoli che dall'VIII secolo pose il kommerkion, dazio del 10% su ogni genere di prodotto. Le tasse sui commerci erano tra l'altro uno dei principali introiti di molti regni e citt� dell'Europa medioevale, dove dal XII secolo fiorirono le corporazioni, ovvero le associazioni di categoria. Il boom delle politiche mercantilistiche, parenti strette del moderno protezionismo, si ebbe tra XVII e XVIII secolo. Il loro presupposto era che la ricchezza di un Paese dipendesse dalle quantit� di moneta e di metalli preziosi (oro in primis) possedute. Da qui la scelta di incoraggiare le esportazioni, per aumentare gli introiti monetari, e limitare le importazioni con apposite barriere doganali, per evitare che il denaro dei pagamenti uscisse dai confini nazionali. "Le politiche mercantiliste pi� efficaci furono attuate nella Francia del Seicento su iniziativa dell'economista Jean-Baptiste Colbert", racconta Masini. "Peraltro, in linea teorica, se tutti i Paesi portassero avanti politiche di questo tipo si tenderebbe a un gioco "a somma zero", poich� la quantit� mondiale di metalli preziosi � grossomodo fissa. Se qualcuno guadagna, altri ci rimettono, e il meccanismo non aiuterebbe certo le relazioni tra gli Stati, divenendo anzi causa di conflitto; come spesso � stato". All'alba dell'et� contemporanea le istanze del protezionismo, opposte a quelle del libero scambio, si diffusero negli Stati Uniti e in Inghilterra con il Dallas tariff (1816) e le Corn Laws (1815). Il primo provvedimento mirava a proteggere il "made in Usa" dalla concorrenza dei Paesi d'Oltreoceano per aiutare le industrie locali a recuperare il divario con quelle europee; il secondo limitava l'importazione di derrate agricole favorendo l'aristocrazia terriera inglese. L'Inghilterra poco dopo cambi� regime passando a un'economia industriale pi� liberista e concorrenziale, viceversa una grave crisi, iniziata nel 1873, spinse altri governi come quello tedesco e quello italiano verso politiche restrittive. "Le grandi stagioni di questa politica economica hanno spesso coinciso con momenti di tensione internazionale, con la protezione delle industrie vista come garanzia di sussistenza in caso di prossima guerra", spiega Masini. Ma spesso il protezionismo viene ripagato, per cos� dire, con la stessa moneta. Una delle pi� importanti restrizioni del Novecento fu lo Smoot-Hawley Tariff Act (1930), emanato negli Usa dopo il crollo di Wall Street del 1929 che port� alla Grande depressione. Il nuovo regolamento alz� le tariffe doganali e, per tutta risposta, altrettanto fece l'Europa. Nel Vecchio Continente il protezionismo sedusse soprattutto l'Italia fascista che mir� direttamente all'autarchia, ossia alla completa autosufficienza economica come risposta alle sanzioni imposte dalla comunit� internazionale, con relativo stop ai commerci con l'estero. Queste forme di chiusura verso l'esterno, adottate da regimi dittatoriali come quello nazista in Germania e quello franchista in Spagna, iniziarono ad andare in pensione alla fine del secondo conflitto mondiale: fu allora che si cominci� ad affermare il liberismo, basato, come suggerisce il nome stesso, sul libero mercato e la libera circolazione delle merci. "Peraltro, se la politica ha spesso strizzato l'occhio al protezionismo, � raro che l'abbiano fatto gli economisti", dice Masini. "Alcuni hanno semmai teorizzato l'utilit� di misure temporanee, magari per aiutare un Paese a trasformarsi da agricolo a industriale, nell'ottica comunque di un ritorno al libero scambio". A sancire il nuovo corso dell'economia mondiale fu nel 1944 la conferenza di Bretton Woods (Usa), dove i grandi Paesi industrializzati pianificarono l'erosione di tutte le barriere commerciali. Nel 1957 un ulteriore sprone al libero scambio di merci, capitali e persone venne dalla nascita della Cee (Comunit� economica europea) antesignana della Ue. E, da allora, al netto dei rigurgiti protezionistici seguiti alla crisi energetica del 1973, l'integrazione commerciale e culturale tra nazioni � aumentata esponenzialmente, dando vita al fenomeno della globalizzazione. "Il protezionismo � stato a lungo visto come una sorta di "patologia", ma l'avvento di Trump e le retoriche nazionaliste provenienti dall'Europa stanno sdoganando l'idea che sia buono e giusto, che faccia l'interesse dei cittadini, quando invece molto spesso avvantaggia le grandi lobby", avverte Masini. Che conclude: "Se portato alle estreme conseguenze, ossia all'autarchia, il protezionismo indurrebbe gli Stati ad allargare i loro territori in cerca di risorse, con i relativi rischi di conflitti armati". La ricetta per un buon equililirio economico e politico quindi non passa necessariamente dalla difesa a oltranza del proprio mercato. SOS allergia! (di Alessia Aldini, "Bene Insieme" n. 3/17) - Come affrontare l'arrivo della primavera senza pensieri - L'arrivo della primavera � il momento desiderato da tutti durante l'inverno, ma pu� rivelarsi una situazione di disagio per coloro che soffrono di allergie ai pollini. Per non rischiare di declinare l'invito al pic-nic al parco con gli amici � utile informarsi e capire come poter agire per godersi questi momenti in tutta serenit�. Le allergie ai pollini si presentano soprattutto nella stagione primaverile poich� essa coincide con il periodo di pollinazione della maggior parte delle piante presenti sul suolo italiano. In generale quindi la sintomatologia legata a questo disturbo ha un carattere prettamente stagionale. Una delle specie pi� diffuse � quella delle Graminacee, la cui fioritura va da aprile a giugno. Esistono alcune specie, come le Cupressacee, che hanno una fioritura precoce o pre-primaverile. Meno frequenti sono invece le fioriture nel periodo autunnale o invernale. Risulta quindi importante conoscere esattamente la specie alla quale si � allergici, il suo periodo di fioritura e la sua localizzazione nel territorio. La dispersione dei pollini nell'ambiente sar� favorita da giornate calde e ventose, viceversa risulter� ridotta nei giorni pi� umidi e piovosi. In un soggetto allergico si riscontra un'aumentata produzione di Immunoglobuline E (IgE) ovvero una variet� di anticorpi correlata all'insorgenza di allergie. Il nostro sistema immunitario si viene cos� a trovare in uno stato di iper-reattivit�. Questi anticorpi saranno attivi verso tutta una serie di sostanze, potenzialmente innocue, che prendono il nome di allergeni. L'interazione fra allergene, in questo caso il granulo pollinico, e gli anticorpi d� il via a una serie di eventi fisiologici. Il legame fra i due si traduce nel rilascio di diverse sostanze infiammatorie da parte di cellule del nostro sistema immunitario note come mastociti, fra cui l'istamina. Risultato finale sar� appunto il quadro sintomatico da patologia allergica. Si potranno presentare sintomi principalmente rinologici: starnuti frequenti, prurito, ostruzione nasale, rinorrea, il cosiddetto "naso che cola". Nei casi pi� gravi possono insorgere anche stati di asma bronchiale. Potranno essere coinvolti anche gli occhi con eccessiva lacrimazione, pizzicore, palpebre gonfie. I rimedi che ci possono aiutare sono vari e con diversi meccanismi d'azione. Il trattamento di elezione varia a seconda dei casi e dell'intensit� dei sintomi, la cosa migliore da fare � chiedere sempre consiglio al medico di famiglia o al farmacista di fiducia. Farmaci - Fra i pi� utilizzati rientrano gli antistaminici che, come dice il nome stesso, contrastano gli effetti causati dal rilascio di istamina. Sono disponibili sia in compresse che in spray e colliri. Rimedi fitoterapici - Il macerato glicerico di ribes nigrum stimola le ghiandole surrenali a produrre il cortisolo, una sostanza che aiuta il nostro corpo a reagire alle infiammazioni. Rimedi omeopatici - Se ne trovano in granuli con uno o pi� componenti, ma esistono anche formule in spray nasale. Possono essere utilizzati ad esempio: apis, pollen, allium cepa, ephrasia officinalis, in varie combinazioni o diluizioni. Vengono assunti anche a scopo preventivo, un paio di mesi prima del periodo di pollinazione. Non impediranno all'allergia di manifestarsi, ma ne potranno attenuare in maniera marcata i sintomi. Rimedi ad azione meccanica - Si applicano direttamente nel naso o intorno alle narici prima di uscire. La loro formula aderisce alle mucose proteggendole e impedendo agli allergeni di penetrare. Esistono sotto forma di pomate da spalmare o filtri nasali. Colliri - Decongestionanti, ad azione calmante e rinfrescante come quelli a base di euphrasia o diluizioni omeopatiche di cineraria maritima. L'amara verit� (di Camilla Ghirardato, "Focus" n. 277/15) - Noi tutti preferiamo i cibi un po' pi� dolci. Ma � nel "lato opposto" del palato che bisogna cercare le propriet� pi� utili alla nostra salute - Dove sono finiti i pompelmi gialli della nostra infanzia, quelli che ci strappavano smorfie per quanto erano amari? Oggi non ci sono pi�, sostituiti negli scaffali dei supermercati dalla loro versione edulcorata, cio� i pi� dolci pompelmi rosa. Stesso destino per cicorie, erbette, rucola, cavoletti di Bruxelles: a poco a poco hanno perso quel gusto che li rendeva sgradevoli ai pi�, ma che li caratterizzava. Certo, cos� se ne vendono di pi�. Ma � un peccato. Innanzitutto perch� un tocco di amaro � sempre apprezzato da tutti i palati. E poi perch� dietro a questo gusto "antico" si nasconde un'enorme variet� di sostanze e principi attivi - flavonoidi, glucosinolati, alcaloidi - che nelle giuste quantit� sono veri e propri toccasana per la nostra salute. Vediamo perch�. Innanzitutto bisogna chiarire una cosa. Se il dolce ci piace e l'amaro no, una ragione c'�: il primo, infatti, ci segnala la presenza in ci� che mangiamo di energia immediatamente disponibile per il nostro organismo, mentre il secondo ci avvisa di veleni e tossine. Questa � la ragione per cui la frutta e le verdure selvatiche sono pi� amare: le piante cercano di difendersi da chiunque, come noi, le voglia attaccare. "Il sapore dipende, in generale, dal contenuto in composti polifenolici, molecole che permettono ai vegetali di difendersi da batteri, funghi e parassiti", precisa Daniele Del Rio, docente di Alimentazione e nutrizione umana all'Universit� di Parma. E l'uomo, con l'agricoltura, ha imparato a selezionare le specie pi� nutrienti e gradevoli al gusto, che per� sono anche pi� vulnerabili e devono essere difese con insetticidi e anticrittogamici. I vegetali pi� "naturali" sono, dunque, pi� velenosi? S�; ma attenzione: ci� che � dannoso in alte dosi, spesso � benefico in concentrazioni pi� basse. Per esempio la tomatina, una sostanza che d� un gusto leggermente tannico al pomodoro, � tossica se assunta in quantit�, ma in concentrazione contenuta ha propriet� antinfiammatorie e antitumorali, oltre a tenere a bada il colesterolo. Per quel che riguarda il pompelmo da cui siamo partiti, il principio attivo � la naringina, che appartiene a una classe di composti detti flavonoidi (include anche i pigmenti che danno colore a molti fiori) ed � un antinfiammatorio e antitumorale. Ottima performance anche per la quercetina, un altro flavonoide che si trova in t� verde, broccoli, capperi, sedano e - per la gioia di chi ama il vino - nelle bottiglie di rosso: � dimostrato che previene il tumore ai polmoni. Contro il tumore del colon c'� invece la siringina, che appartiene alla classe dei glucosinolati, composti tipici di cibi dal sapore pungente come senape e rafano. La siringina, in particolare, � presente in cavolini di Bruxelles, broccoli e ravanelli selvatici: sono tutti ortaggi preziosissimi, della famiglia delle Brassicaceae. E sono ricchi anche di glucobrassicina, un altro glucosinolato che, in uno studio di Stefania Galletti dell'Istituto per le Colture Industriali di Bologna, ha dimostrato di avere prestazioni da farmaco nella cura del carcinoma mammario. La ragione per cui queste molecole sono efficaci contro i tumori � intuitiva: essendo veleni, colpiscono alcune cellule e ne inibiscono la proliferazione. D'altra parte, i benefici di queste sostanze non si esauriscono qui, come dimostra sempre la famiglia delle Brassicaceae, che � un vero e proprio scrigno di prevenzione: � ricca anche di glucorafanina, altra molecola amarissima. Il nostro organismo la converte in un'altra sostanza (sulforafano), che nei test clinici ha vinto il grande slam: previene la crescita di cellule neoplastiche e ha effetti benefici contro patologie cardiovascolari, disordini neurologici e invecchiamento in generale. Anche nel cacao e nel caff� sono presenti ottimi antiossidanti e sostanze che prevengono la formazione delle placche dell'aterosclerosi. "Sembra che diverse molecole "amare" svolgano un ruolo importante nella prevenzione delle malattie croniche, in particolare di quelle cardiovascolari", conferma Del Rio. Con tutte queste propriet� in ballo, non stupisce che gli studi nel settore si siano moltiplicati. Con risultati sorprendenti. Innanzitutto si � scoperto che, di tutto l'apparato gustativo, la parte che percepisce l'amaro � la pi� complessa: "Se per apprezzare dolce, salato e acido ci bastano uno o due recettori ciascuno, per l'amaro ne sono stati identificati circa 25", spiega Gabriella Morini, ricercatrice all'Universit� degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Cuneo). "Sono necessari per individuare migliaia di composti molto differenti tra loro". Si � scoperto, poi, che i recettori dell'amaro non si trovano solo in bocca: ce ne sono anche nell'apparato respiratorio, dai bronchi ai seni nasali. Qui, per�, non si attivano quando mangiamo, ma quando c'� un'infezione in corso (percepiscono i gas emessi dai batteri): "L'attivazione di un recettore stimola la produzione di agenti antimicrobici e fa aumentare l'attivit� delle ciglia nell'apparato respiratorio, accoppiando cos� la capacit� di uccidere i batteri con quella di rimuoverli", chiarisce Morini. Non solo; abbiamo recettori dell'amaro anche nell'intestino. Qui il loro ruolo � molteplice: quando si attivano, 1) agiscono sulla flora intestinale, esercitando una funzione antibatterica e 2) rallentano la digestione e danno un senso di saziet� (un effetto che potrebbe risultare utile nella lotta all'obesit�). Un buon digestivo, insomma, pu� davvero aiutarci a digerire; ma non in tempi pi� rapidi. C'� da dire, per�, che non tutti siamo sensibili all'amaro nello stesso modo. Esistono, per esempio, i supertaster (circa il 25% della popolazione), che hanno una sensibilit� gustativa superiore alla media: studi di laboratorio hanno dimostrato che sono gli unici in grado di percepire alcune molecole (per esempio il Ptc, un composto artificiale che alcuni trovano amarissimo e altri non sentono affatto) e che sono dotati di una sorta di "palato assoluto", che permette loro di assaporare il cibo in modo pi� raffinato. "Per� i nostri gusti dipendono pi� da fattori culturali che genetici", precisa Morini. Per questo un'educazione ai sapori, amaro compreso, � bene che sia iniziata fin dalla primissima infanzia, proponendo ai bambini una dieta che non escluda, per esempio, le Brassicaceae. Certo, la prima volta che un bambino vede un cavolo sicuramente storce la bocca. Come comportarsi? "Ci vuole pazienza", suggerisce Morini: "� normale che bambini di 7 mesi dimostrino avversione verso alcune verdure. Ma non bisogna perdersi d'animo: dopo averle assaggiate 7-8 volte di solito le accettano. D'altra parte � utile insistere con la proposta di sapori nuovi. In un recente studio, si � visto che le preferenze alimentari dei primi 2-3 anni di vita si mantengono fino all'et� adulta". Un'educazione all'amaro � importante, anche perch� (e torniamo al punto di partenza) l'industria alimentare ci porta nella direzione opposta. "Il nostro gusto si sta infantilizzando", denuncia Morini. Da una parte, l'agricoltura seleziona prodotti sempre meno amari. Dall'altra, ci sono gli interventi post produzione. Il pi� semplice � l'aggiunta di dolcificanti come le maltodestrine, ma ci sono anche speciali filtri che eliminano le molecole "indesiderate" (cio� i benefici glucosinolati, flavonoidi e...). "Ma la nuova frontiera", spiega Paola Vitaglione, docente di Nutrizione umana all'Universit� di Napoli Federico II, "� sviluppare alimenti che contengono composti amari incapsulati in una matrice, che maschera il gusto in bocca ma permette loro di essere liberati durante la digestione". Insomma, come le capsule con polveri farmaceutiche che buttiamo gi� con un bicchier d'acqua... Ma non sarebbe meglio tornare a masticare amaro una volta? Un gusto tutto da scoprire In cucina, l'amaro � un mondo tutto da scoprire. "� gradito ai palati pi� allenati, ma � apprezzato anche da chi lo trova diluito con altri sapori", spiega Massimiliano Alajmo, lo chef italiano del ristorante Le Calandre (tre stelle Michelin) di Sarmeola di Rubano, Padova. "L'amaro ha meno fan del dolce e del salato, ma questo non significa che giochi di riserva. Quando si beve un buon t� o caff�, per esempio, lo zucchero non � necessario". Alajmo rivela qualche trucco da chef: "Oltre allo zucchero, anche il sale tende a mascherare questo gusto. E ci sono altri fattori: maggiore � la temperatura, per esempio, pi� aumenta la percezione di amaro e dolce, mentre si riduce quella del salato. Un altro fattore � la masticazione. Provate a masticare lentamente una foglia di radicchio: risulter� nel finale pi� dolce, perch� l'amido contenuto nella foglia � stato trasformato in bocca dalla ptialina (un enzima della saliva) in zucchero". Lo "smemorato" di Collegno (di Massimiliano Lorenzon, "Focus Storia" n. 127/17) - Un caso che divise l'Italia negli anni Venti: chi era quell'uomo con la barba e senza pi� memoria, il professore perbene o il tipografo truffatore? - Anno 1926. La Prima guerra mondiale � finita da qualche anno e l'Italia ha vinto: ma a caro prezzo, lasciando centinaia di migliaia di vite sui campi di battaglia. Il ricordo del conflitto � ancora vivo, soprattutto per le famiglie che non si rassegnano a un padre o a un figlio dispersi. E il fascismo � al potere dal 1922. � in questo contesto che nasce il caso dello "smemorato" di Collegno, passato alla Storia come un mistero capace di interessare tutta l'opinione pubblica dell'epoca: affascin� la gente comune e coinvolse persone influenti del mondo religioso e politico. Nel 1916, Giulio Canella, professore di filosofia devoto alla Chiesa, nato a Padova e domiciliato a Verona con moglie e due figli, fu mandato a guidare un reparto di fanteria sul fronte orientale. In un combattimento nei pressi di Nicopoli - nell'attuale Bulgaria - Giulio cadde in un'imboscata con il suo reparto e di lui si persero le tracce: fu dichiarato disperso. Passarono dieci anni. Nel febbraio del 1926, un uomo trasandato e fuori di senno venne colto mentre cercava di rubare un vaso di rame nel cimitero ebraico di Torino. Visto che minacciava il suicidio e non ricordava nulla della sua identit�, l'uomo fu portato nel manicomio di Collegno, dove rest� per un anno, durante il quale mostr� educazione e buona cultura. Cos�, il direttore del manicomio decise di pubblicarne la foto sulle pagine della Domenica del Corriere, il settimanale pi� diffuso in quel periodo. La foto mostrava un uomo con la barba, sui 45 anni. In pochi giorni l'ufficio del direttore fu invaso da decine e decine di lettere di persone che dicevano di aver riconosciuto nello "smemorato" il proprio caro disperso durante la Grande guerra. Solo una famiglia fu per� ascoltata: quella di Giulia Canella, che nel frattempo non aveva smesso di sperare nel ritorno del marito. Cos� furono organizzati degli incontri in manicomio tra Giulia e lo "smemorato" e al terzo i due si riconobbero. Tornarono quindi in Veneto: la questione sembrava chiusa e i giornali dell'epoca gridarono al miracolo. Ma pochi giorni dopo alla questura di Torino arriv� una lettera anonima, secondo cui lo "smemorato" era invece Mario Bruneri, un ex tipografo torinese, da anni latitante per truffe e debiti, con una moglie di nome Rosa e un figlio di nome Giuseppe. Lo "smemorato" fu quindi richiamato a Torino per riaprire il caso. Appena lo videro, Rosa e il figlio lo riconobbero subito. A questo punto le cose cambiarono e nacque l'enigma: qual era la vera identit� dell'uomo? E alla questione si aggiungeva una lotta tra due famiglie. Gli italiani, che seguivano l'evolversi del caso sulle pagine dei giornali, iniziarono a schierarsi a favore dei Canella o dei Bruneri. Ma come mai questa storia appassion� tanto la gente? "Possiamo fare solo delle supposizioni", spiega Giorgio Politi, docente di Storia moderna all'Universit� Ca' Foscari di Venezia. "Secondo me il caso metteva in gioco tutti i principali pilastri su cui si regge la nostra percezione del mondo: memoria, identit�, psiche, famiglia, sessualit�, religione e propriet�. Inoltre la catastrofe della Grande guerra aveva lasciato moltissime donne, e altrettante famiglie, in una sorta di limbo da incubo capace di distruggere le loro vite: essere mogli di "dispersi" significava non essere vedove e non potersi risposare". Intanto, la questione travalic� il campo del coinvolgimento sociale, sconfinando in quello politico e religioso. Giuseppe Dalla Torre, direttore dell'Osservatore Romano, e Agostino Gemelli, fondatore dell'Universit� Cattolica di Milano, erano due figure importanti nel mondo cattolico, ma avevano un altro punto in comune: prima del 1916 avevano conosciuto Giulio Canella. Furono convocati al manicomio di Collegno per esprimere un'opinione sull'identit� dell'uomo. I due non lo riconobbero, sostenendo da subito che quello era un impostore. Gemelli e Dalla Torre avviarono quindi una brutale campagna di diffamazione nei confronti di colui che per loro era Mario Bruneri: Dalla Torre utilizzando le pagine dell'Osservatore Romano, Gemelli invadendo le redazioni dei quotidiani nazionali con diverse missive. La crociata cattolica era anomala, apparentemente ingiustificata, e l'opinione pubblica si chiese il perch� di tanta battaglia. Iniziarono cos� a diffondersi dicerie relative a un'ipotesi clamorosa che per� non venne mai provata. In pratica, si sosteneva che Giulio Canella avesse ricevuto una ricca eredit�, che sarebbe stata riscossa solo se l'uomo fosse tornato dalla guerra. In caso contrario, le ricchezze avrebbero rimpolpato le casse di alcuni imprecisati ordini religiosi. Da qui le congetture sugli interessi oscuri della battaglia avviata dai due intellettuali cattolici. Nel frattempo, furono disposte le analisi delle impronte digitali e una perizia psichiatrica, condotta dal professor Alfredo Coppola, docente alla clinica psichiatrica dell'Universit� di Torino e famoso per alcuni studi sui traumi psicologici causati dalla guerra. Gli esami delle impronte attestarono che l'uomo non era Giulio Canella, bens� l'impostore Bruneri. Cosa confermata dalle analisi di Coppola, il quale asser� senza ombra di dubbio che lo "smemorato" era l'ex tipografo. Iniziato nel 1928, il giudizio in tribunale si concluse tre anni dopo. La famiglia Canella poteva contare sulla testimonianza a proprio favore di oltre 150 persone, e soprattutto sulla difesa di Roberto Farinacci, famoso gerarca fascista nonch� avvocato di successo. Una scelta strategica, almeno sulla carta, perch� al tempo si riteneva che la sola presenza in aula di Farinacci potesse influenzare i giudici a proprio vantaggio. Nonostante questo, la sentenza definitiva stabil� - sulla base delle prove scientifiche - che l'uomo era Bruneri, calatosi nella parte di Canella allo scopo di raggiungere una vita agiata e scampare ai suoi guai giudiziari. Il tribunale condann� lo "smemorato" alla prigione, ma solo per scontare le condanne relative al suo reale passato: per il furto d'identit� Bruneri non fu riconosciuto colpevole. Lo "smascheramento" di Bruneri complic� la situazione di Giulia. Prima della fine del processo, la donna aveva avuto tre figli dallo "smemorato" conteso, ma a causa della sentenza del tribunale i due non potevano registrarli con il nome di Canella. Per la legge italiana, lo "smemorato" e Giulia avevano avuto figli da un rapporto adultero. Un problema non da poco per la morale dell'Italia fascista. Il regime, per anni rimasto fuori dal caso, a quel punto non poteva pi� accettare la situazione. Perci� i gerarchi fascisti imposero ai giornali di insabbiare tutto. La stampa obbed� e smise di dare attenzione alla storia. Si arriv� quindi al 1933, quando lo "smemorato" fu graziato da re Vittorio Emanuale III. L'uomo torn� in libert�, ma la situazione restava intricata: in Italia era Mario Bruneri, non Canella. Cos�, con la moglie che non era sua moglie e i figli si trasfer� a Rio de Janeiro, dove abitava il padre di Giulia. L� lo Stato brasiliano lo riconobbe come Giulio Canella e la coppia registr� i tre figli. Lo "smemorato" continu� per� a rivendicare la sua identit�. Poteva evitare di lottare, ormai aveva ottenuto il riconoscimento, sebbene solo all'estero. Perch� insisteva? Misteri dell'animo umano. E questioni d'onore della moglie, che quello s� doveva essere difeso anche in Italia. Tutti gli sforzi dell'uomo furono comunque vani: mor� nel 1941, senza nulla di riconosciuto dallo Stato italiano. Ma la giustizia nostrana, che era sembrata ingiusta a chi parteggiava per le ragioni del cuore, non aveva sbagliato. Dopo pi� di 80 anni dal processo che aveva diviso l'Italia, � stato eseguito un test sui profili genetici di un nipote certo di Canella, Julio, nato dal figlio che il professore ebbe dalla moglie prima di andare in guerra, e di Camillo, uno dei tre figli dello "smemorato" e di Giulia Canella. Secondo le analisi della genetista Marina Baldi, rivelate in una puntata del 2014 di Chi l'ha visto, lo "smemorato" non poteva essere Giulio Canella. Come aveva detto il tribunale nel lontano 1931. Anastasia Romanov? No, una polacca Nel luglio 1918, la principessa Anastasia Romanov, figlia dello zar Nicola II di Russia, venne uccisa dai bolscevichi assieme alla sua famiglia. Due anni dopo, a Berlino, una ragazza cerc� di buttarsi da un ponte ma un poliziotto riusc� a sventarne il suicidio. Portata in manicomio, la giovane disse di essere la principessa Anastasia, rivendicandone l'identit�. La donna lott� tutta la vita per il riconoscimento ma non lo ottenne mai: mor� nel 1984, di polmonite, negli Stati Uniti, dove era emigrata alcuni decenni prima. In seguito, i test del Dna effettuati sui geni della donna e su quelli di Filippo di Edimburgo, marito di Elisabetta II d'Inghilterra e parente dei Romanov, stabilirono che la giovane non era Anastasia. Chi era allora quella donna? Probabilmente una polacca, Franziska Schanzkowski, una malata mentale fuggita da un ospedale psichiatrico di Berlino nel 1919. La certezza di questa tesi arriv� nel 2007, quando tutti i corpi dei Romanov furono ritrovati, decretando l'impossibilit� che qualcuno di loro fosse scampato all'eccidio dei bolscevichi. Il pecorino toscano: delizia per il palato ("RivistAmica" n. 3/17) - Prodotto fin dai tempi dei Romani, il formaggio di latte ovino ha ottenuto nel 1996 la denominazione Dop - Fra le citt� della Toscana c'� da sempre una forte rivalit� e il campanilismo si percepisce anche a tavola. Ma c'� qualcosa che mette d'accordo fiorentini e senesi, pisani e livornesi: � il pecorino toscano, un formaggio che da queste parti si mangia da secoli e che nel 1996 ha ottenuto la Denominazione di origine protetta. Ricavato da latte intero esclusivamente di pecora, il pecorino toscano pu� essere a pasta tenera o semidura e si abbina a molte ricette tipiche. Il pecorino toscano viene prodotto in diversi caseifici disseminati sul territorio della regione, dalle campagne di Pistoia e Firenze a nord fino alla provincia di Grosseto a sud. Come gli altri formaggi Dop, viene realizzato attenendosi a un disciplinare riconosciuto dall'Unione europea. Innanzitutto, il latte utilizzato deve provenire da un'area delimitata, da pecore di razze autoctone come la Massese e l'Appenninica o importate come Comisana e Sarda. Cagliatura, rottura e formatura sono rigidamente regolamentate: il formaggio viene coagulato esclusivamente con caglio di vitello a una temperatura compresa fra 33 e 38 gradi. La salatura, che avviene a secco o in salamoia, si svolge durante un'unica giornata. Solo le forme che rispondono al 100% alle norme del disciplinare ottengono il prestigioso marchio del pecorino toscano Dop. Il pecorino viene prodotto in due variet�: fresco e stagionato. La prima, che matura in circa 20 giorni, presenta una crosta giallognola, una pasta bianca, leggermente paglierina e una consistenza tenera al tatto. Al pecorino a pasta semidura servono invece almeno quattro mesi per stagionare: questa variante pu� avere anche una crosta nera o rossastra, una consistenza pi� dura e un sapore meno dolce. Il pecorino va conservato in un ambiente fresco e asciutto, ma non troppo freddo. Nella tradizione toscana, viene completamente immerso nell'olio extravergine di oliva assieme a pepe ed alloro: in questo modo il formaggio mantiene il proprio grado di stagionatura e il sapore dell'olio ne valorizza l'aroma. Ma il formaggio di pecora in Toscana non � una scoperta recente. Le prime tracce del pecorino toscano nella storia risalgono all'epoca degli antichi Romani: nella "Naturalis Historia" di Plinio il Vecchio del I secolo d.C. viene descritta per la prima volta la produzione del formaggio (caseus in latino) nei pressi della citt� di Luni, fra Liguria e Toscana. Del resto gli Etruschi allevavano pecore gi� nei secoli precedenti e sarebbero stati i primi a utilizzare il latte di questi animali per il formaggio. Il cacio di pecora era molto gradito sulle tavole dei nobili toscani tra Medioevo e Rinascimento: Lorenzo de' Medici adorava il "Marzolino del Chianti", chiamato cos� perch� prodotto alla fine dell'inverno, con le mungiture del mese di marzo. Papa Pio II era invece cos� ghiotto di "Pecorino delle creste senesi" (ora chiamato "Pecorino di Pienza"), che faceva marchiare le forme che venivano dai poderi migliori, mentre Caterina de' Medici si port� il formaggio toscano oltre le Alpi quando divenne moglie di Enrico d'Orleans e poi regina di Francia. Gi� allora il pecorino proveniente dalla Toscana rispettava precise modalit� di produzione, che resteranno sostanzialmente invariate nella sua versione moderna. L'assortimento in tema di pecorino � molto vario: oltre a quello fresco e a quello stagionato Dop, ci sono anche altre gustose varianti. Come il pecorino "Paglia e Fieno", che stagiona dai 60 ai 120 giorni accanto al fieno delle campagne toscane e ne assorbe i caratteristici aromi floreali. Il "pecorino di Grotta" viene invece lasciato a riposo nelle grotte di Acquapendente (Viterbo), dove l'umidit� conferisce cremosit� alla sua pasta. Stagiona nelle grotte di tufo anche il pecorino "Senese rosso": nell'antichit� il colore rossastro della crosta era dato proprio dai sedimenti delle grotte, mentre l'interno � giallo scuro e la pasta molto dolce. Per chi preferisce i formaggi freschi c'� il "Pane del Pastore", un marzolino toscano dalla forma tondeggiante, fatto con latte vaccino e ovino. Lago Maggiore: Acqua, terra e cieli azzurri ("RivistAmica" n. 3/17) - Una gita primaverile sul Verbano: buon cibo e artigianato fanno da cornice alle passeggiate nei borghi o per sentieri. E non mancano le attivit� sportive per gli spiriti pi� liberi - I fine settimana primaverili invogliano a scoprire le bellezze del Belpaese. Una delle tappe da non perdere per godere delle prime giornate tiepide � sicuramente il Lago Maggiore. In famiglia o con gli amici, � l'ideale per una gita domenicale. Potrete apprezzare la costa lombarda che da Sesto Calende sale fino a Maccagno, ai piedi delle Prealpi Luganesi. Se il tempo � bello godrete di una splendida giornata con il sole che batte limpido su tutta la sponda orientale del Verbano. Sar� il compagno ideale per le vostre passeggiate lungolago o per le visite a borghi e localit� che si susseguono in una suggestiva armonia. Scoprirete piccoli gioielli d'arte e paesaggistici, oppure potrete dedicarvi a una delle tante attivit� sportive che il territorio offre. Partendo da sud e costeggiando il Ticino si giunge ad Angera, la cui antica storia � testimoniata nel Museo Archeologico di via Marconi. Altri luoghi di attrazione sono il Santuario della Madonna della Riva in Piazza Garibaldi e la Rocca Borromeo. Quest'ultima domina su Angera e dal 1988 ospita il Museo della Bambola e del Giocattolo: 12 sale con esposizioni in grado di incuriosire adulti e bambini. Procedendo verso nord si attraversa Ispra, nota per il Centro Comune di Ricerca immerso nel verde, fino ad arrivare nel territorio di Laveno Mombello. Una serie di curve e paesaggi mozzafiato che si apprezzano ancora di pi� se affrontate su due ruote, siano esse a motore o a pedali. Un affascinante itinerario cicloturistico � quello compreso tra Cerro di Laveno e Monvalle, con tappa nell'Eremo di Santa Caterina del Sasso, luogo sacro con terrazza panoramica a picco sul Verbano. Laveno rappresenta un cruciale porto turistico per la navigazione verso le altre localit� lombarde, la sponda piemontese e le isole Borromee. Nel centro del paese si trova la Chiesa dell'Invenzione di Santo Stefano, mentre il Monte Sasso del Ferro domina dall'alto. � possibile prendere la funivia che in 16 minuti sale oltre i mille metri sul livello del mare, con una vista che nelle belle giornate arriva fino a Milano. Troverete un bar, un ristorante e un negozio di prodotti locali e souvenir. Per una pausa golosa, tra i dolci tipici della zona la soffice Torta Paradiso vale un assaggio. Da non perdere Luino, celebre soprattutto per il mercato che dal 1535 si svolge ogni mercoled�: quasi un evento folkloristico, vivace e cosmopolita, con prodotti etnici e provenienti da tutta Europa. Dagli abiti all'artigianato si fanno grandi affari e non manca l'ottimo pesce di lago. Una curiosit�: in questo elegante centro potrete ammirare anche la prima statua dedicata a Garibaldi, quando l'eroe nazionale era ancora in vita. Spingendosi ancora pi� su lungo la costa arrivate a Maccagno, antichissimo centro diviso in due dal torrente Giona. � soprattutto il Borgo Inferiore a colpire, con case addossate e strette viuzze per rilassanti passeggiate fino al rigoglioso lungolago. Museo internazionale del Design Ceramico Il Museo Internazionale del Design Ceramico si trova a Palazzo Perab�, prestigioso edificio cinquecentesco situato a Cerro, sulla punta del promontorio che si affaccia sul Maggiore. In questa zona nel XIX secolo nacquero tra le pi� grandi fabbriche di ceramica d'Europa. Oggi bastano 5 euro per una visita guidata che vi far� apprezzare la tradizione ceramista e i manufatti artistici esposti. Il Verbano per gli sportivi In fatto di sport, ce n'� per tutti i gusti. Dalle uscite in mountain bike per sentieri, alle passeggiate a cavallo fino al kayak sulle acque del lago. Esperienze indimenticabili, come il volo libero in parapendio, che pu� essere praticato in totale sicurezza nei pressi di Laveno grazie al supporto di team esperti. Solcherete gli azzurri cieli lombardi e a casa potrete rivedere il video del vostro volo. Addio a Gianni Boncompagni (di Paolo Fiorelli, "Tv Sorrisi e Canzoni" n. 18/17) - Dopo la sua scomparsa a 84 anni, ripercorriamo la storia dell'autore che ha cambiato il modo di fare spettacolo in Italia - "Dopo una lunga vita fortunata, circondato dalla famiglia e dagli amici se n'� andato pap�, uomo dai molti talenti e padre indimenticabile": cos� le figlie Claudia, Paola e Barbara hanno annunciato la scomparsa di Gianni Boncompagni. Che anche per il suo funerale aveva previsto uno "scherzo": nella camera ardente (allestita negli studi Rai di via Asiago a Roma, dove aveva condotto "Bandiera gialla") c'era un austero quadro fiammingo con appiccicata la sua faccia. Un dettaglio che fa capire l'allergia alle celebrazioni dell'autore e regista scomparso il 16 aprile. Meglio allora evitare i paroloni e raccontare la sua storia, che inizia in Toscana, ad Arezzo, "un posto dove" diceva "non c'era niente, neppure i semafori". "A 18 anni me ne andai in Svezia con tre amici, in autostop, e ci rimasi dieci anni". Qui collabora con la radio svedese, fa da "cicerone" agli italiani illustri di passaggio (tra cui il premio Nobel Salvatore Quasimodo) e si sposa con un'aristocratica che gli d� tre figlie e poi lo molla. Lui ottiene l'affidamento esclusivo. Nel 1964 vince un concorso per programmatore di musica leggera in Rai insieme a un altro giovane di talento: Renzo Arbore. � l'inizio di un sodalizio che durer� tutta la vita. Cominciano alla radio con due programmi che diventano presto di culto: "Bandiera gialla" (dal 1965) e "Alto gradimento" (dal 1970). Ma cosa li rendeva cos� speciali? I due (con l'aiuto di complici come Mario Marenco e Giorgio Bracardi) giocano e scherzano, sono imprevedibili. Per dirne una: nella prima puntata Boncompagni legge, dal regolamento interno, la "lista delle parole che non si possono pronunciare in radio"... Nel 1977 "Discoring", la storica trasmissione di musica da lui ideata, segna anche il suo debutto in televisione. Dopo averla condotta per tre edizioni, lascer� il timone ad altri per concentrarsi su un nuovo territorio da conquistare: quello delle trasmissioni di mezzogiorno, allora agli albori. Nel 1983 fa subito centro con "Pronto, Raffaella?", che raggiunge picchi da 14 milioni di ascolto e segna l'incontro, non solo professionale, con la Carr�. Ha detto lui di lei: "Sono stato con lei dieci anni, pi� che con mia moglie. Eppure siamo diversissimi. Lei � una credente, nel senso che crede in tutto quello che fa; io no". I due prendono casa uno di fronte all'altra e Raffaella fa da mamma alle tre figlie di Gianni. Anche dopo la fine del loro amore resteranno sempre molto legati. Seguiranno altre relazioni, tra cui quelle con Claudia Gerini e Isabella Ferrai. Nel 1991 passa a Mediaset per collezionare un altro clamoroso successo: "Non � la Rai", lo show che lancia Ambra Angiolini, Claudia Gerini, Laura Freddi. Seguono furiose polemiche (a chi lo accusa di fare "la tv del nulla" risponde semplicemente: "� vero, non voglio lanciare nessun messaggio. Che c'� di male?") e celebrazioni che durano ancora oggi (come il "Non � la Rai Day" dello scorso 12 giugno, che festeggiava i 25 anni dalla prima puntata). Poi arriva il sodalizio con Piero Chiambretti ("Chiambretti c'�" dal 2001 al 2003 su Raidue) e nel 2008 il nuovo incontro con la Carr� in "Carr�mba! Che fortuna". Boncompagni ha firmato i testi di molte canzoni: da "Il mondo" di Jimmy Fontana, a "Ragazzo triste" di Patty Pravo e molti successi della Carr� (tra cui "Tuca tuca"). Un talento di paroliere che lui amava mascherare sotto un atteggiamento sempre scanzonato, con frasi come: "Guardo pochissimo la tv, mi sembra gi� abbastanza grave farla". O il suo motto beffardo: "Presto e male!". Tour 2017: Francia ma non solo Un Tour che dal punto di vista del percorso rimescola parecchio le carte rispetto alla concezione classica di grande giro a tappe, pur mantenendone intatti i capisaldi. � la Grande Boucle del 2017, via da D�sseldorf il primo luglio con una crono individuale, 30 anni dopo la partenza da Berlino Ovest; la conclusione invece � (quasi) tradizionale (erano circolate ipotesi differenti) sugli Champs Elysees a Parigi il 23 luglio. La corsa passa anche per Belgio e Lussemburgo. Per il secondo anno consecutivo non c'� cronosquadre. Per quanto riguarda le salite il Tour de France 2017, la cui organizzazione non ha divulgato le altimetrie tappa per tappa, toccher� Vosgi, il massiccio del Giura, i Pirenei, il Massiccio Centrale e le Alpi. Dal punto di vista altimetrico la tappa regina arriva ben presto: � la nona (9 luglio), la Nantua-Chambery, ben 4.600 metri di dislivello con Col de la Biche, Grand Colombier e Mont du Chat. Nella tappa pirenaica Saint Girons-Foix, la 13� che si svolge il 14 luglio ed � lunga appena 100 km, le pendenze massime che saranno affrontate saranno del 20%. E poi c'� il Col de l'Izoard (2.360 metri) che debutta come sede di arrivo nonostante il Tour lo abbia scalato gi� 34 volte: la 18� frazione con l'arrivo sull'Izoard (dove termina anche la Course) sar� l'ultima di montagna. Infatti, dopo la Embrun-Salon de Provence, la 20� frazione sar� una crono individuale a Marsiglia con finale spettacolare allo stadio Velodrome, la casa dell'Olympique Marsiglia. Anche l'ultima tappa presenta una novit� con il passaggio all'interno del Grand Palais, il padiglione costruito per l'Expo del 1900 e poi diventato museo.