Maggio 2019 n. 5 Anno XLIX MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri per un importo pari ad euro 23.084,48 e del MiBACT per un importo pari ad euro 4.522.099. Indice Un'Italia senza Dio Se la Terra fosse piatta? Come mantenere il sangue freddo Chi ha inventato il frigorifero? Fragole, golosa tentazione In bicicletta alla scoperta dell'Italia Tony Hadley e i mitici anni 80 Gianluigi Buffon: un italiano a Parigi Un'Italia senza Dio (di Marco Marzano, "Il fatto quotidiano" del 10-05-2019) - Nonostante la popolarit� di Papa Bergoglio, ateismo e agnosticismo rischiano di diventare oggi la normalit� - I cattolici reazionari come quelli sfilati a Verona qualche settimana fa si conquistano sempre pi� spesso le prime pagine dei giornali, ma il Paese reale va in tutt'altra direzione. Quello che anticipiamo oggi � il primo commento ai risultati di un importante sondaggio sulla religiosit� in Italia commissionato dall'associazione Uaar (Unione degli Atei, Agnostici e Razionalisti) alla Doxa. Il campione su cui � stata svolta la ricerca � rappresentativo dell'intera popolazione italiana e le interviste sono state realizzate faccia a faccia e non al telefono. Il primo dato che salta agli occhi viene dal confronto con i risultati di un analogo sondaggio svolto da Doxa per l'Uaar nel 2014 e riguarda il modo in cui i nostri concittadini definiscono se stessi sul piano religioso. Comparando i due sondaggi, scopriamo che in soli cinque anni, il numero di credenti cattolici � diminuito di quasi otto punti percentuali (esattamente di 7,7), mentre il numero di atei e agnostici � cresciuto di 5 (passando dal 10 al 15 per cento). Si tratta di un dato di grande ampiezza e notevole rilevanza. Una rilevannza amplificata dal fatto che in questi ultimi cinque anni non � cresciuto nel Paese il numero di migranti di religione non cattolica. Sono numeri quelli raccolti da Doxa che confermano l'ampiezza, la profondit� e l'impressionante rapidit� del processo di Secolarizzazione, cio� del distacco delle popolazioni dei Paesi pi� sviluppati da ogni forma di religiosit�. Se il processo avanzasse a questo ritmo, in pochi decenni si realizzerebbero le profezie di tanti grandi pensatori dell'Otto e del Novecento: i credenti scomparirebbero quasi del tutto e ateismo e agnosticismo diventerebbero la normalit�; la religione si trasformerebbe nella reliquia di un passato sempre pi� lontano. Per confermare l'impressione che proprio di Secolarizzazione e non di un dato casuale e contingente si tratti, basta dare un'occhiata ai dati sulle differenze generazionali. Si scoprir� che tra i giovani del campione di et� compresa tra i 15 e i 34 anni (compresi i tanti da poco reduci da catechismo e ora di religione) gli atei e gli agnostici superano il 22 per cento, mentre i credenti cattolici sono poco pi� del 50 per cento. Il numero di cattolici sale man mano che aumenta l'et� degli intervistati fino a raggiungere il picco del 76,9 per cento tra gli ultracinquamtacinquenni. Insomma, ogni nuova generazione sembra notevolmente meno religiosa di quella che l'ha preceduta. Anche quella territoriale si conferma una variabile molto importante per comprendere la geografia religiosa dell'Italia contemporanea: il Nord (e soprattutto la parte occidentale) � nettamente pi� secolarizzato del Sud. Nel Nord-Ovest i cattolici sono poco meno del 50 per cento (49,2), atei e agnostici sfiorano il 30 (28,5). Nel Mezzogiorno i cattolici sono quasi l'80 per cento (78,5), gli atei e gli agnostici meno del 10 (7,5). Insomma, come confermato anche da alcune autorevoli ricerche sociologiche, lo sviluppo economico e il benessere sociale riducono in modo significativo la necessit� della religione. In modo analogo agisce l'istruzione: solo il 51 per cento dei laureati si definisce credente cattolico, contro l'87,6 per cento di coloro in possesso della sola licenza elementare. La religione si conferma una risorsa importante per chi non ne possiede altre: quelle che vengono dalla cultura, dal lavoro e dalla sicurezza economica ed esistenziale. Dal sondaggio vengono anche numerose altre indicazioni. Apprendiamo, ad esempio, che anche molti di coloro che si dichiarano credenti cattolici desiderano uno Stato laico e rigorosamente neutrale riguardo alla religione. Quasi l'80 per cento degli intervistati (omogeneamente distribuiti su tutto il territorio nazionale e tra tutti i ceti e le classi sociali) dichiara infatti di desiderare un governo che operi tenendo conto in egual misura dei valori dei credenti e di quelli dei non credenti, e addirittura pi� dell'83 per cento si dichiara favorevole al principio di laicit�, cio� alla completa separazione tra la Chiesa e lo Stato. Ben il 54 per cento degli intervistati dalla Doxa � favorevole alla tassazione integrale di tutti gli immobili della Chiesa e un altro 30 per cento � favorevole alla tassazione almeno di quelli dai quali la Chiesa ricava un reddito. Non pi� del 9 per cento del campione � favorevole a esentare completamente l'istituzione religiosa da ogni versamento fiscale. Tutti questi dati (e altri ancora presentati nel sondaggio) stanno a significare che prima ancora e pi� che della fede in Dio gli italiani sono ansiosi di liberarsi dall'invadenza di quelle istituzioni come la Chiesa Cattolica che pretendono, nel suo nome, di condizionare la vita di tutti, credenti e non credenti. � vero peraltro che a questa consapevolezza non sempre fa riscontro un'adeguata conoscenza dei mezzi attraverso i quali perseguire un ridimensionamento della potenza ecclesiale, se � vero quel che rivela il sondaggio e cio� che quasi met� dei contribuenti italiani non conosce il funzionamento dell'8 per mille, il principale strumento di finanziamento della Chiesa Cattolica. Ma i risultati forniti dalla ricerca sono comunque assai importanti e dovrebbero essere letti con attenzione anche dagli esponenti di una classe politica ancora troppo spesso abbagliata dai miti della rinascita di un partito cattolico o della conquista dell'elettorato che va in Chiesa. Quell'Italia non esiste pi�. Quella laica, sempre pi� forte e numerosa, reclama spazio e diritti. Se la Terra fosse piatta? (di Elena Meli, "Focus" n. 319/19) - (e sottolineiamo se), sarebbe un altro mondo - Un manipolo di terrapiattisti ha annunciato che nel 2020 partir� per una crociera verso le colonne d'Ercole del loro mondo orizzontale, per andare a toccare con mano il muro di ghiaccio che sorgerebbe intorno al bordo del disco su cui sono convinti di vivere. Meglio non dirgli che tutti i sistemi di navigazione delle imbarcazioni si basano sul fatto che il nostro pianeta � sferico: la loro nave andrebbe in giro a caso, se la Terra fosse piatta. Ma non sarebbe certo questa la conseguenza pi� seria o bizzarra, se avessero ragione: la prima � che non saremmo qui a parlarne, perch� probabilmente non saremmo mai esistiti. Per immaginare un mondo piatto dobbiamo innanzitutto pensare a un universo dove la forza gravitazionale non � quella che conosciamo, in cui le mele non cadono dagli alberi e i pianeti possono non essere una "palla". Secondo le leggi fisiche note, infatti, sono sferici perch� a partire dal nucleo primordiale attraggono gas e materiali dallo spazio, che vi si distribuiscono sotto l'azione della forza di gravit�: il risultato � un oggetto tondo perch� solo cos� tutti i punti sulla superficie sono alla stessa distanza dal centro di gravit� e quindi ne sono attratti allo stesso modo (no, non vale l'obiezione che esistono i bitorzoluti asteroidi: sono molto piccoli, se la massa � poca la forza di gravit� non riesce a modellarli). Nota a margine: anche l'atmosfera sta appiccicata alla Terra grazie alla forza di gravit�, se questa non valesse pi� non avremmo neppure aria da respirare. Poniamo per� che non sia cos�, e che stiamo sospesi nello spazio su un disco di circa 40-mila chilometri di diametro come sostengono i membri della Flat Earth Society, con tanto di "atmoplano" (un'atmosfera sarebbe una contraddizione in termini) e un Sole che, anzich� caderci addosso (senza le interazioni gravitazionali che producono le orbite sarebbe inevitabile), stazionasse in cielo come una lampada; comunque la vita non si sarebbe potuta sviluppare, come spiega Lucia Marinangeli, coordinatrice della sezione di Geologia Planetaria della Societ� Geologica Italiana e docente del Laboratorio di Telerilevamento e Planetologia dell'Universit� D'Annunzio di Chieti: "Nel nucleo della Terra ci sono sostanze radioattive che, decadendo, generano il calore per mantenere fluido l'interno del pianeta. Se calore e radioattivit� fossero distribuiti sotto al disco-Terra, lo spessore della crosta difficilmente basterebbe a proteggerci: non avremmo acqua in superficie e la vita sarebbe impossibile". Carol Finn, geofisica della United States Geological Survey, rincara la dose: "Su una Terra piatta non ci sarebbe un campo magnetico, perch� per formarsi questo ha bisogno di due poli; senza, il vento solare strapperebbe lo strato di ozono che ci protegge dalle dannose radiazioni solari e saremmo tutti morti". Se in qualche modo la superficie terrestre fosse abitabile, magari ipotizzando uno spessore terrestre enorme e in un certo qual modo una protezione simile a quella del campo magnetico, di certo il paesaggio sarebbe diverso: "Senza un nucleo sferico non ci sarebbero i moti del magma sotto la crosta. Quindi, niente vulcani e movimenti delle placche terrestri", dice Marinangeli. Certo, significherebbe non dover pi� temere eruzioni e terremoti, ma non si potrebbero formare neppure le catene montuose e tutto sarebbe noiosamente liscio come un lenzuolo. Lavorando di fantasia, poniamo che per qualche magico motivo la Terra fosse come la vediamo ma piatta, con aria da respirare (sotto una mega-cupola?), montagne e oceani: potremmo assistere comunque a qualche strano fenomeno, primo fra tutti un Sole contemporaneamente alla stessa altezza sull'orizzonte, in Scandinavia come nel Sahara. "Arriverebbe su tutto il mondo con la stessa inclinazione nello stesso momento, tramonterebbe e sorgerebbe ovunque alla stessa ora: non ci sarebbero i fusi orari n� le stagioni. E se queste cambiassero grazie a un'inclinazione del disco, avremmo comunque la stessa stagione dappertutto", specifica l'astrofisico Aldo Dell'Oro dell'Istituto Nazionale di Astrofisica - Osservatorio Astrofisico di Arcetri di Firenze. "Da qualsiasi punto della Terra, poi, vedremmo sempre le stesse stelle". Sulla Terra piatta, poi, i meteorologi sarebbero disoccupati: non ci sarebbero i venti dovuti alla rotazione del globo e quindi niente tempeste o uragani, ma una temperatura costante e un meteo simile ovunque a quello della Penisola Arabica, stando al meteorologo Jeff Masters: "Pioverebbe solo di pomeriggio, quando il riscaldamento del terreno porterebbe una brezza dal mare verso l'interno e quindi provocherebbe la risalita dell'aria verso l'alto; l'umidit�, raffreddandosi e condensandosi, darebbe un po' di pioggia. Le brezze marine per� entrano per poche decine di chilometri nell'entroterra, poco oltre la costa non pioverebbe mai". In compenso, armati di un buon binocolo potremmo vedere lontanissimo: "Guardando una barca allontanarsi sul mare vediamo prima scomparire lo scafo e solo da ultimo l'albero maestro: l'orizzonte � pi� vicino di quanto sembra, anche se non ce ne rendiamo conto, e possiamo vedere solo fino a 4-5 chilometri di distanza stando in piedi sulla spiaggia. Su una Terra piatta la nave rimpicciolirebbe e basta", osserva Dell'Oro. Spostandosi verso i bordi del mondo, poi, assisteremmo a uno strano fenomeno: solo al centro del disco terrestre, infatti, la forza di gravit� sarebbe come quella che conosciamo. Essendo una spinta che punta verso il baricentro della massa, all'esterno della Terra sarebbe sempre pi� inclinata e ci premerebbe verso il "cuore" del mondo (dove peraltro per lo stesso motivo finirebbe tutta l'acqua): gli alberi, che crescono opponendosi alla gravit�, sarebbero man mano pi� orizzontali e camminare verso l'esterno sarebbe faticoso come scalare una montagna. Arrivati sul bordo "non cadremmo nello spazio perch� lungo le pareti verticali la gravit� ci terrebbe di nuovo ancorati", nota Finn. Resta da capire per� che cosa potrebbe esserci sotto: su questo nessuno azzarda ipotesi. Nella speranza che non sia un "sottosopra" abitato da mostri come nella serie Tv Stranger Things. Come mantenere il sangue freddo (di Margherita Zannoni, "Focus" n. 319/19) - Che cosa succede al nostro corpo e al nostro cervello in una situazione di pericolo? E come si fa ad avere quella lucidit� che, alla fine, ci pu� salvare la vita? - Milano, 20 marzo 2019. Un autista armato dirotta un autobus che ha a bordo studenti delle medie, ritira i cellulari, lega i polsi a ragazzi e professori, cosparge l'interno del mezzo di benzina, si dirige verso l'aeroporto dove minaccia d'incendiarlo uccidendo tutti. Ma tre ragazzini mantengono la lucidit� per salvare se stessi e i compagni: Rahmi non consegna il cellulare, finge di non averlo con s�. � lui a fare la prima telefonata al 112; poi Riccardo si libera dalle fascette ai polsi e raccoglie il cellulare che nel caos era caduto a terra, passandolo ad Adam, dietro di lui, che d� al 112 le indicazioni per localizzarli. Un sangue freddo invidiabile: in situazioni simili la maggioranza delle persone resta paralizzata dalla paura. Lo ha rilevato lo psicologo John Leach, oggi all'Universit� di Portsmouth (Uk), studiando molti tipi di emergenze, compresi naufragi e incidenti aerei, tramite testimonianze oculari, resoconti di superstiti, rapporti ufficiali e simulazioni. Cos� ha elaborato la teoria del 10-80-10: circa il 10% delle persone gestisce l'emergenza lucidamente, prendendo decisioni mirate e precise; l'80% entra in confusione e, sopraffatto dall'ansia, resta bloccato; infine, il 10% mette in atto comportamenti controproducenti. E noi, come reagiremmo in una situazione di pericolo? Quali sono i fattori che ci fanno avere un autocontrollo da supereroe? "Di fronte a un'emergenza si attivano due sistemi fisiologici progettati per migliorare l'autoconservazione: la porzione simpatica del sistema nervoso autonomo e l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene", spiega Sarita J. Robinson, psicologa dell'Universit� del Lancashire Centrale (Uk). Ci� porta al rilascio di ormoni come adrenalina e cortisolo, che preparano l'individuo all'azione (� la cosiddetta reazione di "attacco o fuga"): aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, inibizione del sistema digestivo e incremento dell'apporto di glucosio ai muscoli. In tal modo, siamo pronti a scattare per difenderci dal pericolo. Questo, per�, non basta per farci gestire efficacemente la situazione. Infatti, come precisa Robinson, "sebbene tali cambiamenti fisiologici siano utili per migliorare le risposte fisiche alla minaccia, i concomitanti mutamenti neurochimici a livello cerebrale possono influenzare negativamente il funzionamento della corteccia prefrontale, riducendo le possibilit� di sopravvivenza". Quindi si va nel pallone perch�, se lo stress � troppo alto, la corteccia prefrontale non funziona a dovere: � l� che si elaborano le strategie d'azione e viene regolato il comportamento emotivo. Leach ha riscontrato che, poco prima di gettarsi dall'aereo, persino i paracadutisti pi� esperti presentano un deficit nella memoria di lavoro, una funzione gestita proprio dai lobi prefrontali che rielabora le nuove informazioni e, intanto, recupera dati dalla memoria a lungo termine, orientando il comportamento in base alle conoscenze gi� acquisite. Questo spiega perch� anche chi ha alle spalle diversi lanci, in caso di problema col paracadute principale, pu� andare incontro a un "blocco cerebrale" e non aprire quello di riserva (si stima che cos� avvenga circa il 10% delle morti per paracadutismo). "Si tratta di una paralisi cognitiva che induce una reazione di congelamento", commenta Leach. Un'immobilit� spesso documentata dai testimoni di aggressioni o incidenti, come quello dell'affondamento del traghetto Estonia nel 1994: interi gruppi di persone restarono semplicemente sedute, senza alcuna capacit� di reagire. Morirono in 852. Quando i ricercatori hanno studiato il comportamento delle persone che in situazioni di forte stress restano lucide, hanno scoperto che il loro sangue freddo ha una base biologica. Charles A. Morgan, psichiatra della Yale Medical School, ha esaminato soldati americani partecipanti a un addestramento di tre settimane che simulava in modo realistico la vita in un campo di prigionia, comprese ore di estenuanti interrogatori. Effettuando prelievi di sangue ha trovato, in quelli che superavano anche le prove pi� snervanti con calma e lucidit�, livelli pi� elevati di neuropeptide Y, una catena di amminoacidi che regola l'appetito e i vasi sanguigni e che ha un effetto ansiolitico. La differenza era cos� schiacciante che Morgan poteva capire chi avesse la tempra per entrare nelle Forze speciali da un esame del sangue. Se solo alcuni hanno una predisposizione biologica al sangue freddo, tutti gli altri sono per forza destinati ad andare in tilt? No: "biologico" non equivale necessariamente a "ereditario". Infatti, � noto che il cervello si modifica con l'apprendimento e le esperienze. E che lavorando su personalit� e attitudini si influenzano le risposte cerebrali. In particolare, le ricerche hanno individuato tre abilit� che fanno la differenza quando si tratta di mantenere i nervi saldi: consapevolezza della situazione, resilienza e regolazione emotiva. Vediamoli nel dettaglio. Prima di tutto "chi riesce rapidamente a farsi una mappa mentale accurata di ci� che sta accadendo attorno a lui ha pi� chance di gestire bene una situazione di emergenza e le persone abitualmente curiose nella vita vi sono predisposte", spiega Lawrence Albert Siebert, psicologo della Portland State University (Usa). Si tratta della capacit� di osservare la situazione per individuarne gli aspetti critici e anticiparne l'impatto nell'immediato futuro. Ci� include: "Il saper leggere lo stato emotivo degli altri, per giudicare se le loro reazioni sono utili, e dell'eventuale aggressore per coglierne intenzioni e paure", spiega Siebert. Inoltre, avendo il polso della situazione, chi ha sangue freddo sa aspettare il momento giusto per agire valutando, in modo creativo, un'ampia gamma di opzioni di risposta prima di decidere. Seconda abilit�: chi ha sangue freddo affronta in modo positivo le avversit� della vita, in una parola � resiliente. La ricerca ha dimostrato che per funzionare bene sotto stress occorre: vedere i cambiamenti e le incertezze come opportunit� stimolanti, non come minacce; concentrarsi su ci� che si pu� fare per migliorare una situazione stressante, anzich� sentirsi impotenti; mantenere un senso di impegno nei confronti del mondo che ci circonda, invece di ritirarsi. "Chi ha buone chance di cavarsela in situazioni di crisi � flessibile, adattabile, ha fiducia nella propria capacit� di influenzare gli eventi, non si sente una vittima: il suo modo abituale di reagire alle sfide quotidiane favorisce la sua sopravvivenza nelle emergenze", spiega Siebert. Infine c'� la regolazione emotiva. Chiunque, per quanto addestrato, si allarma se rischia la vita. In questi casi l'importante � "non aver paura della paura". La maggioranza delle persone lotta con la propria paura e ne interpreta negativamente i segnali corporei (come il cuore che batte forte), innescando un circolo vizioso che aumenta l'ansia e mina il controllo. Al contrario, chi ha sangue freddo capisce che la paura non deve offuscarlo o trattenerlo, che pu� persino aiutarlo. Infatti, una dose moderata di stress d� la carica per affrontare una sfida migliorando la concentrazione. Perci� gi� da bambini bisognerebbe imparare a non temere le proprie emozioni, ad accettarle come reazioni naturali. In pi�, nelle emergenze collettive l'autocontrollo � contagioso, spiega Siebert: "Le storie di sopravvissuti rivelano che tali persone estendono la loro capacit� di far fronte alla situazione a chi li circonda". Quindi, si pu� essere d'esempio per gli altri. 5 consigli per mantenere i nervi saldi 1. Allenarsi alla consapevolezza - Abituarsi ad osservare con attenzione ci� che ci circonda aiuta ad avere il polso della situazione in caso d'emergenza. 2. Reagire allo stress - Concentrati su ci� che puoi fare per cambiare le cose, anzich� sentirti una vittima impotente. 3. Sentirsi attivi - Coltiva un senso di impegno nei confronti della vita, con responsabilit� e fiducia nella possibilit� di influenzare gli eventi. 4. Sviluppare flessibilit� e capacit� di adattamento - Considera gli eventi imprevisti come occasioni per metterti alla prova. 5. Non temere la paura - Se la si accetta come una reazione del tutto naturale, la si tiene a bada e pu� persino aiutare aumentando la concentrazione. Chi ha inventato il frigorifero? (di Matteo Liberti, "Focus Storia" n. 151/19) - Dalle stanze del ghiaccio agli apparecchi "smart" ipertecnologici, ecco tutte le tappe che ci hanno portato al controllo del freddo... - Ci sono invenzioni che hanno numerosi "padri": il frigorifero � senza dubbio una di queste. La sua versione moderna, infatti, prese forma nel corso di vari decenni grazie all'impegno di una lunga serie di imprenditori e uomini di scienza. Ma una data possiamo provare a ipotizzarla: nel 1756, il medico scozzese William Cullen dimostr� come si potesse creare una macchina refrigerante basata sul principio che un liquido, evaporando, sottrae calore dall'ambiente con cui � a contatto, abbassandone la temperatura. Un po' quello che capita quando, al mare, uscendo dall'acqua proviamo una sensazione di freddo, dovuta all'evaporazione delle goccioline sparse sul nostro corpo. Sulla scia degli studi di Cullen, molti ricercatori misero a punto avveniristici macchinari refrigeranti. Tra questi l'ingegnere americano Jacob Perkins che, nel 1835, brevett� una "macchina del freddo" - basata sulla compressione di vapore d'etere etilico - considerata da molti il vero prototipo di frigorifero. L'uomo si � industriato su come mantenere il cibo "in fresco" fin dai tempi pi� remoti. Gi� in epoca preistorica, le prime popolazioni stanziali iniziarono a preoccuparsi di come conservare gli alimenti, e nel corso del tempo furono perfezionati metodi come l'affumicatura, l'essiccazione, la salatura e, soprattutto, il congelamento, che pi� degli altri lasciava inalterate le qualit� degli alimenti. Durante l'inverno venivano stipati ghiaccio e neve in cavit� naturali, o scavate ad hoc, che venivano poi isolate con paglia e foglie secche. Di queste "stanze del ghiaccio" dove il cibo veniva protetto dalla contaminazione e dal deterioramento (possibile causa di malattie), si ha ampia testimonianza nell'antichit� cinese ed egiziana ma anche nel mondo greco e in quello romano. Proprio dall'Urbe si diffuse l'uso di celle scavate all'interno delle abitazioni, dette cisternae frigidariae, in cui il ghiaccio si manteneva dall'inverno all'estate. Questi metodi rimasero in auge per molti secoli, durante i quali proliferarono anche le grandi ghiacciaie comunali, o "neviere", luoghi in cui, pressando la neve, si otteneva ghiaccio destinato alla vendita. In epoca moderna giunsero le prime ghiacciaie domestiche "ad armadio" realizzate da falegnami esperti in tecniche di coibentazione con materiali isolanti come lo stagno. Dal XVIII secolo si inizi� quindi a prospettare un'ipotesi rivoluzionaria: passare dalla "conservazione" del ghiaccio offerto dalla natura alla sua "creazione". Nella seconda met� dell'Ottocento nacquero nuovi modelli basati sulla compressione e l'evaporazione di altre sostanze, come anidride solforosa e ammoniaca. Questa fu usata in particolare dall'ingegnere tedesco Carl von Linde, che nel 1876 cre� un macchinario pi� efficiente di ogni predecessore. Nello stesso anno, il francese Charles Tellier diede una dimostrazione pratica di quanto fossero utili i frigoriferi di "nuova generazione" trasportando in nave (dentro celle frigorifere), dall'Argentina alla Francia, un carico di carne, ancora buona dopo tre mesi di viaggio. Un decisivo contributo all'efficienza dei frigoriferi fu quindi dato dal ricorso all'energia elettrica per alimentarli. Nello specifico, il primo frigo elettrico per uso domestico venne messo in commercio nel 1913 dall'americano Fred W. Wolf Jr e si chiamava Domelre (DOMestic ELectric REfrigerator). Avendo prezzi altissimi, riscosse per� scarso successo. In seguito il frigo smise di essere un elettrodomestico di lusso e dal secondo dopoguerra entr� nelle case di mezzo mondo. Per tutto l'Ottocento furono decine gli scienziati e gli inventori dediti al tema della refrigerazione, molto sentito in una societ� che stava cambiando volto. Lo sviluppo industriale aveva infatti innescato un processo di urbanizzazione e svuotamento delle campagne (con relativa crescita della distanza tra centri abitati e luoghi di produzione del cibo) che rese pi� necessario di prima conservare a lungo gli alimenti. Una dopo l'altra si susseguirono quindi le macchine del ghiaccio elaborate dai molteplici "pap�" del moderno frigorifero, finch� nel XX secolo s'imposero i modelli elettrici made in Usa (su tutti, quelli della General Motors, chiamati "Frigidaire"). Dal 1931 fu inoltre introdotto un nuovo refrigerante, il freon, ricavato da una miscela di clorofluorocarburi (CFC). In parallelo, vennero progettati i primi modelli dotati di scompartimento per la congelazione, e inizi� cos� a proliferare anche l'industria dei surgelati. Tutto ci� riguard� per�, per molto tempo, prevalentemente gli Usa, poich� l'Europa dir� addio ai vecchi metodi di refrigerazione solo tra gli anni Sessanta e Settanta, quando il boom economico garantir� una nuova forza economica ai consumatori e, allo stesso tempo, macchinari sempre pi� efficienti e abbordabili. La diffusione del frigo, descritto dalle campagne pubblicitarie come "il miglior amico" delle famiglie, annull� le distanze tra consumatori e fonti di cibo, favorendo anche una diversificazione dei gusti (i nuovi impianti di refrigerazione industriali consentivano di far arrivare nel frigo di casa alimenti da tutto il mondo). Negli ultimi decenni sono stati introdotti nuovi gas, in quanto il freon � additato tra i maggiori responsabili del buco nell'ozono, mentre oggi si stanno studiando gel refrigeranti e metodi basati sui campi magnetici. Gli odierni frigoriferi si sono anche adeguati alle nuove tecnologie. Gli apparecchi pi� evoluti sono infatti connessi alla Rete, pronti ad avvisarci tramite smartphone su quali prodotti stiano terminando o siano prossimi alla scadenza. Come farebbe appunto un servizievole amico di famiglia. Fragole, golosa tentazione ("RivistAmica" n. 4/19) - Amati fin dall'antichit�, questi "falsi frutti" vengono oggi coltivati in tutta Italia, incluse le nostre zone di montagna, e sono un concentrato di sapore e salute utilizzabile anche in molte ricette - Rosse, morbide e succose, le fragole sono arrivate sulle nostre tavole. Una sana tentazione per gli occhi e il palato che, con la bella stagione, potr� finalmente essere soddisfatta. Ricche di vitamina C e sali minerali, dolci e gustose, sono molto versatili in cucina: dalle marmellate ai risotti, si possono apprezzare dall'antipasto al dessert. Il nome fragola deriva dal latino "fragrans", cio� fragrante, per la sensazione che d� quando la si addenta. Ma � sbagliato chiamarla frutto. In botanica, infatti, � definita come "falso frutto" o "frutto complesso": la polpa rossa dalla forma a cuore che mangiamo � in realt� un'infiorescenza della pianta. Questa contiene i veri frutti delle fragole, che sono gli acheni, cio� i puntini bianchi, neri e gialli, comunemente detti "semi". Le fragole sono sempre state apprezzate fin dall'antichit�, con un legame con l'amore che si � rinnovato nel tempo. Gi� i Romani le consideravano un cibo afrodisiaco, perch� generate da Venere: la leggenda vuole infatti che la Dea, addolorata per la morte del suo Adone, pianse molte lacrime sulla sua tomba. Una volta giunte a terra, le stesse lacrime si sarebbero trasformate in piccoli cuori rossi, cio� in fragole. Nel Medioevo si cominci� a chiamarle "frutto a cuore" e si riteneva che placassero i dolori sentimentali. Furono amatissime da Shakespeare, ma anche dal Re Sole, che le fece piantare dai giardinieri nella Reggia di Versailles. Pare che a corte fossero utilizzate per inviare messaggi galanti: le dame le mangiavano infatti di fronte al cavaliere amato. Le fragole sono davvero un valido alleato per la nostra salute e per questo l'istituto europeo di oncologia le ha inserite nei "longevity food", cio� i cibi pi� indicati per il nostro corpo. Contengono le antocianine, i pigmenti che conferiscono il loro caratteristico colore rosso. Questi hanno particolari effetti benefici, soprattutto sul sistema cardiocircolatorio: fanno calare la pressione, abbassano i livelli di colesterolo cattivo e aumentano l'elasticit� dei vasi sanguigni. La fisetina, poi, un'altra componente di questi frutti, avrebbe un impatto fondamentale nel preservare la memoria. Le fragole sono anche ricche di potassio, calcio e fosforo e hanno pi� vitamina C delle arance: basta mangiarne una porzione da 150 g per fare il pieno di questa sostanza preziosa e rafforzare le difese immunitarie. In Italia le fragole vengono coltivate lungo tutta la Penisola e sono sempre pi� apprezzate anche all'estero. Basilicata e Campania dominano la scena, con quasi la met� dell'intera produzione nazionale, ma le variet� che crescono nel nostro Paese sono davvero tante: tra le principali troviamo la Sabrosa, dalla forma conica allungata, colore rosso rubino uniforme e acheni gialli; la Sabrina, dalla polpa bianca, soda e consistente, con una superficie rossa e lucente e un sapore aromatico; e la Melissa, una variet� recente e precoce che d� frutti mediograndi con una polpa soda dal sapore zuccherino e una forma conica allungata di colore rosso-aranciato. Le fragole si adattano poi bene anche ai terreni di montagna e crescono pure nelle nostre zone, ad esempio in Valtellina, dove vi sono tipologie specifiche. Tra queste l'Elsanta, apprezzata per la buona produzione e l'ottima qualit�; la Maraline, dalla vegetazione rigogliosa e i frutti con colore rosso vivo; e la Seascape, che d� frutti medio-grossi di colore rosso intenso. Ormai le fragole hanno cessato di essere un ingrediente solo per macedonie o specialit� dolci, per trovare spazio anche in soprendenti ricette salate a cui regalano sapore e colore. Dai primi, col classico risotto con fragole e Champagne o una pasta lunga in cui possono abbinarsi a un formaggio fresco (robiola o ricotta), a una salsa agrodolce, spesso arricchita con aceto balsamico e vino rosso, per accompagnare piatti di carne come il filetto o un arrosto, fino alle fresche insalate della bella stagione, dove possono unirsi a lattuga, finocchi o rucola, formaggi come la feta o gamberetti e altri frutti di mare. Tutti i volti della dolcezza Frullate o intere, calde o ghiacciate, le fragole sono buone in tutte le versioni. Ecco alcune tipologie. Fragole Aprica - Coniche e regolari, si caratterizzano per il buon sapore, con un gradevole equilibrio tra dolcezza e acidit�. Per apprezzarle appieno potete gustarle al naturale o abbinarle a una pregiata coppa di Champagne e a un cucchiaino di panna montata leggermente zuccherata. Fragole Antea - Tipologia dalla forma allungata e regolare e con un colore rosso brillante. L'ottimo gusto � dato dalla giusta combinazione di consistenza, dolcezza e aroma. Tagliatele longitudinalmente e infilzatele in uno stecchino creando degli spiedini da immergere poi nel cioccolato fuso. Fragole Malga - Sono grandi, dalla forma conica e di colore rossoaranciato brillante. La polpa, dolce e saporita, � ideale da gustare al naturale con l'aggiunta di un goccio di limone. In alternativa, potete abbinarle a una classica crema pasticcera arricchita da frollini sbriciolati. Fragole Tethis - Sono grandi e di un colore rosso omogeneo, intenso e brillante. La polpa � molto consistente e presenta un buon equilibrio tra acidi e zuccheri. Preparate una frolla e cospargetela con le fragole precedentemente caramellate e tagliate a spicchi: otterrete cos� una crostata sopraffina. In bicicletta alla scoperta dell'Italia (di Filippo Nassetti, "Ulisse" n. 414/19) - Dalle Alpi al Lago di Garda fino alle ciclabili lungo la costa. Il territorio del Belpaese offre scorci mozzafiato da percorrere pedalando - Strade costiere, colline da valicare, anelli di lago, pendenze d'altura. Il territorio italiano offre scenari unici, da percorrere al ritmo lento di una pedalata, assecondando il paesaggio in tutti i suoi dettagli e concedendosi soste strategiche per un turismo itinerante. Il crescente successo delle e-bike, inoltre, ora permette di intraprendere percorsi dalle lunghezze sempre pi� ardite, anche oltre i 100 km al giorno. Tanti i progetti che si stanno definendo per rispondere a questa crescente domanda di appassionati. La futura ciclovia Vento, che prende il nome dalle citt� di Venezia e Torino che unisce, � il progetto di una dorsale cicloturistica ideata da un gruppo di ricerca del Politecnico di Milano. Al momento � in fase di progettazione dopo il bando di gara internazionale, il primo in Italia per una ciclovia di lunga distanza. Il tracciato corre per oltre 700 km lungo gli argini del fiume Po attraversando il territorio di quattro regioni italiane (Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte). Adatta a tutti, comprese le famiglie, � la ciclabile San Candido-Lienz, in Alta Pusteria. Un percorso da fare andata e ritorno in giornata di soli 44 km, con 500 metri di dislivello (in discesa), e che valica il confine con l'Austria arrivando nel capoluogo del Tirolo orientale. Il rientro lo si pu� organizzare anche in treno, i vagoni della linea ferroviaria sono infatti attrezzati per il trasporto delle biciclette. Per i pi� temerari invece il percorso prosegue anche in Carinzia e Slovenia. Incantevole il primo tratto ultimato della ciclovia sul Lago di Garda, da Limone a Riva, strada ancorata alla roccia che si sporge a 50 metri dal livello dell'acqua. Si tratta di una piccola anticipazione di quello che si prevede di inaugurare nel 2021 quando dovrebbero essere ultimati tutti i 190 km di perimetro del lago. Nello scenario unico delle dolci ed ebbre colline senesi si snoda il percorso permanente di Eroica Montalcino, ideato dagli amanti delle corse vintage (il 26 maggio in programma l'imperdibile ciclostorica con biciclette d'epoca e maglie di lana, dove � vietato vestirsi in lycra) e aperto tutto l'anno. Oltre tremila metri di dislivello con una buona percentuale di strade bianche (non asfaltate) ad accarezzare le rotondit� delle crete senesi. Si parte dalla terra del Brunello e si passa per i comuni di Buonconvento, San Quirico, Pienza e Trequanda. Due lunghi percorsi da segnalare anche sulle coste italiane. La ciclovia Adriatica che da Lignano Sabbiadoro, nel Friuli, approda fino al Gargano: 820 km da percorrere in pi� tappe su strade non sempre riservate alle sole biciclette. Sull'altro versante la ciclovia Tirrenica, progetto in definizione che intende unire Ventimiglia a Civitavecchia, 1.200 km che attraverseranno anche le Cinque Terre e la Maremma. La ciclovia dei Borboni unisce invece la Campania alla Puglia, in un tragitto di 334 km dove si possono ammirare Castel del Monte, i sassi di Matera e il Parco nazionale dell'Alta Murgia. Ancora in fase di studio, infine, la ciclovia della Magna Grecia, nella terra dei classici. Circa mille chilometri che partono da Lagonegro, in Basilicata, scorrono su tutta la punta dello stivale fino a Reggio Calabria, per poi proseguire nel tratto siciliano da Messina a Pachino transitando anche per Catania e Siracusa. Tony Hadley e i mitici anni 80 (di Giusy Cascio, "Tv sorrisi e canzoni" n. 20/19) - Quattro chiacchiere con l'ex voce degli Spandau Ballet - Avevo 12 anni il 4 agosto del 1987. Quella sera gli Spandau Ballet si esibivano allo stadio di Palermo. E io, al primo concerto della mia vita, ero strafelice perch� su quel palco c'era il mio idolo: Tony Hadley. Potete immaginare l'emozione quando mi sono ritrovata faccia a faccia con il mio mito per intervistarlo. L'ormai ex voce degli "Spands" (che da qualche tempo hanno un nuovo cantante, Ross William Wild) � venuto a trovarci per fare quattro chiacchiere. Tra l'euforia di una folla di colleghi di Palazzo Mondadori, Tony ha cantato alcune canzoni del suo ultimo album "Talking to the moon". E ha confermato che torner� presto in Italia in tour: il 22 giugno a Sogliano al Rubicone (FC), il 23 giugno a Grugliasco (TO), il 24 giugno a Padova, il 25 a Grado (GO) e il 31 luglio a Roma (info su www. ticketone.it). - Cosa significa questo disco per te? "Un punto di svolta. Quando ho inciso il primo album in studio da solo, "The state of play" nel 1992, non sapevo in che direzione andare. Pensavo persino di trasferirmi a Los Angeles. E cantavo di tutto: country, rock, cover. In "Talking to the moon" invece c'� il vero me stesso. Ho scritto io alcuni testi, c'� la mia voce, la mia energia, tutto quello che voglio adesso". - Contiene canzoni d'amore come "Tonight belongs to us" e altre come "Accident waiting to happen", in cui parli di una sorta di "Mr Bean" che non ne azzecca una. Ma tu ti senti pi� romantico o pasticcione? "Entrambi! Mia moglie Alison, che adoro, dice che sono un disastro" (ride). - "What am I?", "Cosa sono?" ti chiedi nel brano che chiude l'album. Il 2 giugno compirai 59 anni, finalmente lo hai capito? "Invecchiare ti fa capire chi sei, ma anche chi sei stato. Io un tempo mi bevevo tutte le "balle" degli amici. Con l'et� ho imparato a essere meno credulone". - Chi invecchia meglio: tu o Simon Le Bon dei Duran Duran? "Simon � un "figo"! (lo dice proprio in italiano, ndr). Ci siamo visti a un evento in onore di David Bowie l'anno scorso". - Lui � gi� nonno, a quando un nipotino anche per te? "Dei miei tre figli grandi (avuti dalla prima moglie Leonie, ndr), Tom, che ha 35 anni, Toni, di 33, e Mackenzie, di 28, solo Mac potrebbe darmi questa soddisfazione perch� sta vivendo una bella storia d'amore. Quanto alle piccole di casa, Zara ha 12 anni e Genevieve 7. Insomma, ho ancora pensieri da pap�". - � dura avere cinque figli se sei una popstar? "Ma io li amo, ne avrei voluti anche pi� di cinque". - Ti capita di ripensare ai meravigliosi Anni 80? "Un'era sorprendente per la Culture Club, U2, Depeche Mode, gli Human League...". - La hit pi� significativa? "Forse "Forever young" ("Giovani per sempre", ndr) degli Alphaville. Perch� eravamo giovani davvero!". - Ed eravate gli Spandau Ballet... Il chitarrista Gary Kemp di recente ha detto che fa fatica a pensare alla band senza te. "� un po' tardi per fare marcia indietro...". - E dai, Tony, non ti sembra un segno di pace? "Mi sembra di pi� l'ammissione di un errore colossale. I ragazzi hanno fatto del male a me, e ai fan. E al povero Ross, il cantante che mi ha sostituito, che a 30 anni pensava di aver svoltato e invece, pare, finito il tour di prova � stato buttato via". - Ma se i ragazzi te lo chiedessero ufficialmente torneresti nella band? "No". Gianluigi Buffon: un italiano a Parigi (di Filippo Nassetti, "Ulisse" n. 409/18) - Leggenda del calcio, Buffon continua a parare all'ombra della Tour Eiffel vestendo la maglia blu del Paris Saint-Germain - Non chiamatelo leggenda o monumento. Gianluigi Buffon, primatista di presenze nella nazionale italiana e uno dei quattro giocatori al mondo ad aver disputato cinque campionati del mondo, non ama rimirare la pur ricca bacheca di trofei. La scorsa estate, quando tutti aspettavano l'annuncio del ritiro, ha accettato la nuova sfida di difendere la porta del Paris Saint-Germain, uno dei club pi� prestigiosi al mondo. - Come sei stato accolto a Parigi? "Non potevo aspettarmi qualcosa di meglio. Mi hanno travolto con la loro gioia e simpatia, facendomi sentire immediatamente coinvolto nell'ambizioso progetto di crescita del PSG". - Ricordano la tua parata sul colpo di testa di Zidane, con cui negasti 12 anni fa la Coppa del Mondo alla Francia? "La ricordano ovviamente e ci scherzano su, perch� se lo possono permettere visti i risultati ottenuti negli ultimi vent'anni". - Conoscevi gi� bene Parigi? "In realt� no. Certo c'ero gi� stato e mi aveva colpito la facilit� con cui si pu� girare l'intera citt� con la metro". - Cosa ti ha piacevolmente sorpreso di Parigi? "Posso rispondere tutto? Parigi non � solo la capitale della Francia. � una capitale del mondo, come Londra, New York, Roma. � elettrizzante, elegante, affascinante. Ogni giorno � una scoperta. La sua capacit� di essere ogni giorno nuova, diversa, stimolante � la cosa che mi ha maggiormente conquistato. E continua a farlo". - In quale quartiere di Parigi hai scelto di abitare? "Nel sedicesimo arrondissement, il quartiere che comprende il Bois de Boulogne, per intenderci. Volevo una zona vicina al centro per vivere appieno quest'esperienza di immersione nella vita della citt�". - Hai gi� individuato un locale preferito? "Non ancora. Parigi offre un infinito copione di opportunit� e sono ancora nella fase della scoperta. E poi, le sere libere per potersi rilassare non sono tante, visto il calendario cos� serrato di partite". - E un luogo particolare? "Il Beaubourg di Renzo Piano � uno dei luoghi che preferisco. � una meta di ritrovo per molti turisti e per questo passeggiarci di fronte non � semplice, ma la sera o la mattina presto � un posto in cui si respira Parigi a pieni polmoni. Cos� come sono innamorato di Place des Vosges, la pi� antica delle piazze parigine. La sua eleganza, con le dovute proporzioni, mi ricorda la seria austerit� delle piazze torinesi". - Adotti uno stile sempre ricercato nel vestire, preferisci stilisti italiani o francesi? "Non ne ho di riferimento. Scelgo sempre e solo seguendo il mio gusto personale". - Vino italiano o francese? "Impossibile scegliere: ci sono prodotti di altissima qualit� sia in Italia, ovviamente, sia in Francia. L'importante � che sia rosso". - Cucina italiana o francese? "Italiana, anche se sono un amante del foie gras. Da sempre". - Sportivamente, quali differenze hai trovato? "Sono due ambienti diversi. Probabilmente dell'Italia - che ovviamente amo perch� � la mia Nazione - non perderei mai l'organizzazione sportiva e la voglia di mettersi sempre alla prova. Alla Francia ruberei la capacit� di amare - con costanza - anche altri sport, la voglia di vivere con positivit� gli eventi sportivi e il desiderio di difendere sempre a testa alta i propri "prodotti"". - In cosa vorresti l'Italia somigliasse alla Francia e viceversa? "La conosco ancora troppo poco, per� mi piacerebbe che l'Italia prendesse esempio dal suo sano sciovinismo e fosse maggiormente orgogliosa e coesa attorno ai propri risultati. Ne abbiamo tanti e le nostre capacit� non sono certo inferiori a nessuno. E di questo dobbiamo sempre essere fieri".