Maggio 2021 n. 5 Anno LI MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice L'isola della discordia Sesso teen Se non ci fossero gli insetti... Gli uomini vengono da Marte Di capra e pecora, formaggi amici di salute e palato Alcune cose bellissime da vedere a Rimini in un giorno Federico Fazzuoli: non ho mai smesso di scoprire luoghi nuovi L'isola della discordia (di Riccardo Michelucci, "Focus Storia" n. 172/21) - Cento anni fa, l'Irlanda fu divisa in due Stati per tamponare una situazione incandescente. Doveva essere una soluzione temporanea, invece � stato il pi� lungo conflitto europeo del Novecento - Nel 1921, dopo anni di sanguinose guerre anti-coloniali (l'Irlanda era sotto gli inglesi da secoli), Londra impose agli irlandesi il durissimo compromesso della divisione. A gran parte dell'isola fu concesso di diventare uno Stato sovrano liberandosi gradualmente dal dominio inglese. Una parte della provincia settentrionale dell'Ulster rimase invece all'interno della Gran Bretagna andando a costituire un'entit� politica mai esistita fino ad allora: lo Stato dell'Irlanda del Nord, pari a circa il 17 per cento del territorio dell'isola, formato da quattro contee a maggioranza protestante (Antrim, Armagh, Down e Londonderry) e due a maggioranza cattolica (Fermanagh e Tyrone). I confini del nuovo staterello furono tracciati in modo da assicurare complessivamente una maggioranza di due terzi ai protestanti. Da quel momento in poi l'Irlanda sarebbe rimasta divisa a tempo indeterminato, contro la volont� della maggioranza della popolazione. Secondo Diarmaid Ferriter, docente dell'University College di Dublino e tra i pi� autorevoli storici irlandesi contemporanei, "quello che divide l'Irlanda in due parti � un confine grottesco perch� la sua stessa natura morfologica lo rese incontrollabile fin dall'inizio, stravolgendo la vita di migliaia di persone con effetti distruttivi sull'economia di entrambe le parti dell'Irlanda. In passato persino i politici britannici hanno riconosciuto la sua assurdit�, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro". Ma perch� cento anni fa si arriv� alla divisione dell'isola? All'inizio del XX secolo l'Impero britannico era giunto al crepuscolo. Tutte le aree del passato splendore, dal Medio Oriente all'India, dall'Egitto alla Mesopotamia, stavano mostrando segnali di cedimento. Di l� a poco il Regno Unito avrebbe perso il ruolo di grande potenza mondiale. L'Irlanda rappresentava un tassello fondamentale e imprescindibile dell'impero, ma dalla seconda met� dell'Ottocento gli indipendentisti irlandesi cominciarono a battersi in parlamento per ottenere l'autonomia. A Westminster furono presentati tre progetti di legge sull'autogoverno (Home Rule) dell'Irlanda nel 1886, 1893 e 1912, ma nessuno di essi venne approvato, anche a causa dell'ostruzionismo dei protestanti dell'Ulster che invece volevano mantenere il legame con la Gran Bretagna. Negli anni della Prima guerra mondiale gli irlandesi si convinsero che Londra non era realmente disposta a garantire l'indipendenza dell'isola. A riprova, le elezioni politiche britanniche del dicembre 1918, in cui il partito repubblicano indipendentista Sinn F�in ottenne il 70 per cento dei seggi riservati all'Irlanda: era la dimostrazione che la maggioranza assoluta degli irlandesi era favorevole alla nascita di una repubblica indipendente da Londra. Eppure il governo britannico guidato da David Lloyd George non volle riconoscere l'esito delle urne e schier� l'esercito in assetto da guerra nelle strade di Dublino per impedire l'insediamento del First D�il, il primo parlamento eletto da tutto il popolo irlandese. La lotta democratica stava per lasciare definitivamente lo spazio alle armi: nel 1919 iniziarono in tutto il Paese scontri durissimi tra l'Ira (l'Irish Republican Army) e le truppe britanniche, finch� Londra, resasi conto di non poter tenere a bada l'isola con la semplice repressione militare, decise di mantenere solo il controllo della zona industrializzata: l'Ulster, unica provincia a maggioranza protestante. Concesse agli unionisti un loro piccolo Stato, l'Irlanda del Nord, e impose la divisione del Paese. "All'epoca i politici britannici non credevano che la divisione sarebbe stata la soluzione definitiva del problema, n� un assetto permanente per l'isola", spiega Ferriter, "ma in quel momento ebbe l'indubbio vantaggio di pacificare gli unionisti consentendo a Londra di porre fine alla guerra d'indipendenza". Il 3 maggio 1921 entr� quindi in vigore il Government of Ireland Act, la legge con cui il parlamento di Westminster divise l'isola in due parti. Gli scontri armati durarono altri due mesi, finch� non fu raggiunta una tregua funzionale all'avvio dei negoziati per un trattato di pace anglo-irlandese. Al tavolo delle trattative il governo britannico pose due condizioni imprescindibili: l'Irlanda doveva continuare a far parte dell'impero e la provincia settentrionale dell'Ulster sarebbe stata esclusa dal nuovo Stato al quale fu concessa una prima, limitata forma di autogoverno. Il 6 dicembre, dopo mesi di negoziati svolti a Londra tra il governo inglese e una delegazione irlandese guidata da Michael Collins e Arthur Griffith, fu firmato il trattato anglo-irlandese, in base al quale 26 delle 32 contee dell'isola avrebbero costituito il cosiddetto Stato libero d'Irlanda con un proprio esercito e il controllo sugli affari interni ed esteri. Londra impose per� pesanti limitazioni, confermando il legame con il Commonwealth e obbligando gli irlandesi a prestare giuramento di fedelt� al re d'Inghilterra. Per i nazionalisti si trattava di condizioni inaccettabili, che nei mesi seguenti avrebbero portato il Paese alla guerra civile. "L'Irlanda fu divisa in due parti per una combinazione di fattori, tra cui il doppio gioco dei britannici, le insicurezze e le paure degli unionisti dell'Ulster e le speranze disattese dei repubblicani irlandesi", spiega Ferriter. Anche l'Irlanda del Nord ebbe la sua assemblea legislativa nel palazzo di Stormont, alle porte di Belfast, ma come la defin� il primo ministro inglese dell'epoca, James Craig, sarebbe stata "un parlamento protestante per uno Stato protestante". Fin dalla sua nascita lo Stato dell'Irlanda del Nord fu fondato sulla discriminazione della minoranza cattolica, con conseguenze simili a quelle del Sudafrica ai tempi dell'apartheid. Proprio com'era gi� successo in Palestina e sarebbe accaduto di l� a poco anche in India, le divisioni imposte dagli inglesi non avrebbero risolto i problemi di quei territori ma, al contrario, li avrebbero esacerbati. "Il confine tra la Repubblica d'Irlanda e l'Irlanda del Nord venne creato un secolo fa per cercare di risolvere la questione irlandese una volta per tutte", prosegue Diarmaid Ferriter, "ma nei decenni successivi la situazione degener� fino a esplodere in un nuovo conflitto, che � stato risolto solo con l'accordo di pace del 1998". Ai giorni nostri, quel confine era stato cancellato anche per effetto dell'integrazione europea, ma il referendum sulla Brexit del 2016 ha risvegliato l'ultima frontiera dormiente dell'Europa Occidentale con il rischio di riaccendere antiche tensioni. Con l'uscita di Londra dall'Ue, quello tra le due parti dell'Irlanda � diventato l'unico confine terrestre tra la Gran Bretagna e l'Unione. "Come in una sorta di nemesi, la Brexit ha riavvolto l'orologio della Storia riaprendo ferite che si credevano rimarginate per sempre. E potrebbe persino far saltare l'accordo di pace del 1998, che si basava anche sulla cancellazione di quel confine", conclude Ferriter. Sesso teen (di Chiara Palmerini, "Focus" n. 311/18) - Qualcosa � cambiato: ecco come gli adolescenti vivono seduzione e sessualit� al tempo dei social - Giovani, a volte giovanissimi: il primo approccio col sesso, secondo i dati emersi nelle ricerche condotte in tutta Europa, avviene intorno ai 16-17 anni, senza differenze tra maschi e femmine. E per alcuni ragazzi (circa il 20%) addirittura verso i 14 anni. Ma come vivono la loro sessualit�? C'� differenza con le esperienze vissute dai loro genitori? � vero che si incontrano online, scambiandosi anche messaggi erotici? E come gestiscono il rapporto amore e sesso? In realt�, come gli adolescenti italiani e la generazione che li ha preceduti (i nati negli anni Novanta), si confrontino con la loro sessualit�, rimane un po' un mistero: manca un'indagine completa che li analizzi sotto ogni punto di vista. I dati in questo campo insomma sono scarsi, frammentati, e spesso da prendere con le molle, perch� non � detto che le risposte ai sondaggi e alle ricerche siano sincere, in una sfera tanto delicata. Per scoprire qualcosa in pi� sul sesso e i giovani bisogna esaminare le ricerche pi� approfondite a disposizione, che per� riguardano il mondo anglosassone e i ragazzi pi� "grandi" (teen agers esclusi quindi). Una recente indagine inglese li dipinge come pi� esitanti verso il sesso, tanto che aspetterebbero di pi� per concedersi la prima volta (dati dal Next Steps Project, studio curato dallo University College di Londra). E tra i Millennials americani, secondo una ricerca condotta da Jean Twenge, del dipartimento di psicologia alla San Diego State University, la percentuale di coloro che dichiara di non avere un partner sessuale � pi� che doppia rispetto alla generazione dei genitori nati negli anni Sessanta: 15 per cento contro 6 per cento. Guardando per� il dato dalla prospettiva opposta, a essere sessualmente attivo alle soglie dell'et� adulta (intorno ai 20 anni), quando magari non si ha ancora una relazione stabile, � l'85% dei giovani Usa: non sembra certo l'immagine di una generazione poco interessata al sesso, anche se cos� � stata talvolta presentata. Il campo � minato e, ammesso che lo studio tragga conclusioni valide per altri Paesi, non risulta che lo stesso sia vero per gli italiani. "Quella dei giovani meno interessati al sesso � una bufala che emerge ogni tanto, ma questa affermazione non � fondata su alcun dato certo", dice Emmanuele Jannini, docente di sessuologia medica all'Universit� di Roma Tor Vergata. I risultati di queste analisi, di solito, vengono attribuiti al dilagare della tecnologia, che scoraggiando sempre pi� le occasioni di contatto fisico farebbe perdere interesse per il sesso reale. Ma � molto difficile dimostrare che sia davvero cos�. In fondo, i giovanissimi hanno molte pi� occasioni di incontrarsi "faccia a faccia" della popolazione media se si pensa che vanno a scuola, fanno sport, escono la sera. Tutti momenti di interazione tra coetanei. Una cosa � certa per�: rispetto a vent'anni fa, c'� stata una sorta di "normalizzazione" del sesso, dicono psicologi, sessuologi, antropologi che hanno a che fare con il mondo giovanile. Se ne parla molto di pi�, anche in famiglia. E i giovani sembrano sapere gi� tutto. "Ci� non significa che siano pi� consapevoli o competenti", osserva Emanuela Confalonieri, docente di psicologia dell'educazione e dello sviluppo all'Universit� Cattolica di Milano. Da alcune ricerche svolte con gruppi di adolescenti emerge una fatica maggiore di un tempo a tenere insieme la dimensione sessuale e quella affettiva. "Scindono l'aspetto tecnico della sessualit� da quello amoroso. Iniziano magari relazioni in cui non si sentono a loro agio, ma sono inconsapevoli delle scelte, spesso incapaci di dire no. Pi� sono giovani, pi� capita". Svincolare l'esperienza sessuale dall'amore, comunque, non � detto sia un male. "L'adolescenza � uno spazio di sperimentazione su tutto, quindi anche nel sesso", dice Nicoletta Landi, antropologa che fa ricerca sui comportamenti sessuali giovanili e autrice de Il piacere non � nel programma di scienze (Meltemi editore). "I problemi nascono solo quando vengono a mancare l'ascolto e il rispetto dell'altro". Fenomeno che sembra esistere, in modo preoccupante, anche tra i ragazzi. Da un'indagine realizzata nel 2012 da Eurispes e Telefono azzurro risulta che anche tra i giovanissimi la violenza verbale � piuttosto diffusa: un intervistato su tre riporta che il fidanzato o la fidanzata gli si � rivolto urlando; uno su cinque dice di avere ricevuto insulti. Uno su venti � addirittura stato minacciato di botte. Anche la pornografia, in un certo senso, ormai � "normalizzata": molto facilmente disponibile, usata da tanti, anche se rimane un fenomeno pi� che altro maschile. Quasi la met� dei ragazzi italiani tra 12 e 18 anni dichiara di conoscere almeno un coetaneo che ne fa uso (per evitare risposte non sincere non viene fatta in questi casi la domanda diretta). "Per curiosit�, per divertimento, per trasgressione", sono le motivazioni principali per cui i ragazzi credono che i contenuti porno vengano guardati. "Quello del consumo di pornografia � per� un terreno scivoloso", afferma Landi. "Di solito l'argomento viene utilizzato contro i ragazzi, per dire che oggi non hanno valori, senso della moralit�. In realt� a renderla rischiosa � il fatto che, soprattutto nei pi� giovani, che non hanno ancora avuto esperienze dirette, pu� insegnare modelli di sessualit� un po' troppo rigidi". Per esempio che il maschio deve far durare a lungo il rapporto e che la donna deve sempre provare piacere. I contenuti sessuali pi� o meno espliciti viaggiano anche attraverso i messaggini: � il cosiddetto "sexting". La percentuale dei teen agers italiani che affermano di aver ricevuto sms o video a sfondo sessuale era di 1 su 4 gi� alcuni anni fa (indagine Eurispes-Telefono azzurro). E il 90 per cento dice di non averne mai parlato con i genitori. Le reazioni dei ragazzi, per�, non sono scandalizzate: al 60 per cento ha fatto piacere o ha strappato una risata. Solo una minoranza si � dichiarata infastidita o imbarazzata. Poi ci sono le app per incontri, che ormai si rivolgono anche al mondo degli adolescenti. Quanto influiscono davvero nel far nascere relazioni? Sono fenomeni che cambiano rapidamente. Se nelle indagini di 4 o 5 anni fa era una minoranza a utilizzarle, i numeri sembrano in aumento. Le pi� popolari sono Yellow o MyLOL, che prevedono la possibilit� di scegliersi sulla base delle foto. Del resto � in crescita anche il numero di coloro che affermano di essersi conosciuti in maniera "virtuale" (soprattutto sui social) e di aver poi proseguito la relazione nel mondo reale. "Sexting e dating online sono stili di comportamento che esistono, ma comunque non sono la norma. Per un ragazzo medio di una media citt� italiana, il corteggiamento segue ancora le dinamiche tradizionali", sottolinea ancora Jannini. Anzi. Dopo le lettere del passato remoto, e l'analfabetismo del passato prossimo, insomma, oggi si assiste secondo il sessuologo addirittura a un recupero della parola scritta come strumento di seduzione. Ai tempi di WhatsApp, si torna a cercare di far colpo dimostrandosi brillanti con le battute e i ragionamenti. Dalle esperienze di chi � a contatto con i ragazzi, inoltre, emerge che, nonostante i mezzi siano cambiati, i dubbi e le domande dei giovanissimi sul sesso sono un po' sempre gli stessi. "Alle scuole medie chiedono delucidazioni sul corpo che cambia, sulla masturbazione... I maschi insistono sulla pornografia, le femmine sulla verginit�. Alle superiori fanno domande pi� pratiche: vogliono sapere quanto deve essere lungo il pene per essere normale, si informano sui dettagli tecnici della prima volta. Raramente chiedono di malattie o infezioni. Probabilmente perch� non vogliono pensare a questi aspetti", racconta Landi, che collabora con il consultorio Spazio Giovani di Bologna e conduce attivit� di educazione nelle scuole. � quello che emerge anche da un'indagine promossa alcuni anni fa dall'Istituto superiore di sanit� sui ragazzi di seconda e terza media in varie regioni italiane: la maggioranza ha sentito parlare di Aids, ma molti non sanno dove si comprano i preservativi o (il 20 per cento) crede sia necessaria la ricetta del medico. Questa indagine per� � stata condotta su ragazzi molto giovani, al massimo quattordicenni. Salendo con l'et�, tra i 15 e i 18 anni solo il 22% non ha mai parlato con nessuno di contraccezione o di malattie sessuali. Ed � a questo punto che, semmai, superata la fase dell'adolescenza, qualche problema nel rapporto col sesso emerge. "Negli ultimi anni ho notato un aumento delle richieste di aiuto da parte di giovani uomini e donne", dice Roberta Rossi, psicoterapeuta e presidente dell'Istituto di sessuologia clinica di Roma. "C'� una quota di maschi che si sentono inadeguati, non esperti come il diktat culturale li vorrebbe, che hanno fobie perfino a farsi toccare. Mentre molte ragazze si sentono indietro rispetto all'amica che si racconta come disinibita". Anche in questo caso, per�, a parte alcuni studi che parlano di un aumento delle disfunzioni sessuali tra i giovani, non esistono dati affidabili che confermino l'impressione. "Trae in inganno il fatto che la sessualit� sia ritenuta la cosa pi� naturale del mondo", continua Rossi. "In realt�, di naturale c'� solo il motore, la spinta verso il sesso. I comportamenti sono sempre frutto di apprendimento". A fare da insegnante, per�, spesso non c'� nessuno. Di che genere sono io? Alcune ricerche realizzate all'estero suggeriscono che i giovani di oggi abbiano una sessualit� pi� "fluida", ovvero impieghino pi� tempo a definire se stessi come del tutto maschi o femmine. E comunque che siano pi� aperti e tolleranti con la sessualit� altrui. In Inghilterra, secondo un'indagine, solo due teen agers su tre si definiscono per esempio completamente eterosessuali. Un fenomeno che trova poco riscontro da noi. "Gli adolescenti italiani sono anzi molto influenzati dagli stereotipi di genere. Tra di loro � pi� probabile ci sia un posizionamento che potremmo chiamare "omofobo"", dice Nicoletta Landi. "Solo i pi� grandi sono forse un po' pi� aperti e liberi". Gli addetti ai lavori osservano comunque una maggiore difficolt� a definirsi. Presi tra tanti stimoli diversi, i ragazzi sarebbero insomma pi� disorientati e confusi. Se non ci fossero gli insetti... (di Gabriele Ferrari, "Focus" n. 342/21) - Alcuni sono davvero fastidiosi, ma tutti gli altri sono essenziali. Tanto che non ne possiamo fare a meno - Sono ovunque. Fastidiosi, pericolosi, addirittura letali. Ma molto pi� spesso utili ed essenziali, indispensabili per il funzionamento di tutti gli ecosistemi tranne il mare e i ghiacci antartici. Gli insetti sono cos� tanti che � difficile pensare a una Terra che ne sia priva: finora abbiamo contato 1,5 milioni di specie, ma si stima che potrebbero essere almeno 5,5. Eppure, secondo alcuni rapporti, il pericolo che stiano scomparendo sembra esistere, eccome. Una raccolta di articoli uscita sulla rivista scientifica Pnas denuncia infatti la diminuzione di alcune specie in alcuni ambienti terrestri. Se questa tendenza fosse reale, e scomparissero tutti gli insetti, quindi, cosa succederebbe al Pianeta? Una domanda di questo genere ha risposte complesse. "Mi � difficile pensarci", spiega Pierfilippo Cerretti, professore associato di entomologia all'Universit� di Roma. "O meglio: credo che togliere gli insetti dal sistema Terra, come quello in cui viviamo, vorrebbe dire vivere in un altro sistema con un altro equilibrio. Che non sappiamo quale possa essere". Basta solo considerare le funzioni che gli insetti svolgono all'interno degli ecosistemi, cio� quelle che gli studiosi chiamano "nicchie ecologiche", per capire quanto siano fondamentali nel mondo che conosciamo. Prima di tutto sono i pi� grandi spazzini del Pianeta: ingeriscono detriti, materiali in decomposizione, legno vivo o morto, materiale acquatico sospeso, altri componenti dei vegetali compresa la linfa degli alberi. In questo modo riciclano i nutrienti, disperdono i funghi, smaltiscono le carogne e le feci degli animali. E poi degradano il legno e le foglie, una funzione fondamentale soprattutto in foreste e savane dove pi� facilmente si accumulerebbe il legno morto: "In certi ambienti tropicali il 100% della massa di legno morto passa per il corpo degli insetti, come le termiti", svela Cerretti. Con questi loro interventi mantengono in equilibrio le singole specie della comunit� ecologica. E lo dimostra un esempio: "Nelle foreste tropicali molti grossi mammiferi che disperdevano i semi voluminosi sono scomparsi, eppure le giungle continuano a vivere", racconta Moreno Di Marco, ecologo che guida il Laboratorio di biodiversit� e cambiamento globale all'Universit� di Roma. "Se non ci fossero gli insetti invece la foresta scomparirebbe". Perch� sono proprio questi ultimi a essere fondamentali per la propagazione delle piante, grazie all'impollinazione e appunto alla dispersione dei semi. Gli insetti non sono soltanto predatori o parassiti. In molti casi sono cibo per altre specie; se non ci fossero, tutti gli uccelli o i ragni o i pesci che se ne nutrono direttamente o indirettamente scomparirebbero. Persino gli uccelli che si cibano di semi, i cosiddetti granivori come passeri o fringuelli, potrebbero scomparire perch� catturano gli insetti da dare in pasto ai loro piccoli. Anche i rapporti di collaborazione tra specie sono importanti. Oggi non esiste un paesaggio senza piante da fiore, e molti tra questi invertebrati si sono evoluti assieme a esse: senza farfalle, zanzare e altri insetti perderemmo quindi molte specie di piante. Si stima che in tutto il mondo ci siano oltre 300-mila specie di piante provviste di fiore che richiedono di essere impollinate dagli animali, che in gran parte sono insetti. Se scomparissero, o addirittura non ci fossero mai stati, perderemmo per cos� dire 400 milioni di anni di evoluzione e di rapporti tra gli insetti e le altre specie del Pianeta, uomo compreso. Ma se dovessimo "perdere" adesso gli insetti, e quindi la loro biodiversit�, quanto ci metteremmo a tornare indietro? "All'attuale tasso di comparsa delle specie, ci vorrebbero milioni di anni", spiega Di Marco. Sarebbe una tragedia tale che in confronto anche il riscaldamento globale - che rimane la pi� grande minaccia per l'uomo - apparirebbe una crisi passeggera: "Il cambiamento climatico � iniziato poco pi� di un secolo fa, e potremmo anche riuscire a rimediare ai danni nel giro di un altro secolo circa, se seguiamo politiche corrette". Non sarebbe altrimenti se gli insetti sparissero. L'impollinazione delle piante, questa volta quelle coltivate, � fondamentale anche per gli aspetti pi� propriamente economici: vale infatti una cifra tra i 235 e i 577 miliardi di dollari. Alcuni stimano addirittura che i 3/4 delle specie di piante che in qualche modo fanno parte della dieta dell'uomo dipendano dall'impollinazione degli insetti. Non � il caso del grano che � impollinato dal vento cos� come le graminacee in genere. Tuttavia, la maggior parte delle colture agricole che sono alla base della nostra alimentazione utilizza proprio l'impollinazione animale. E dunque gli insetti. Al di l� delle api, che sono specie domestiche e potrebbero anche essere salvate da un eventuale disastro ambientale che coinvolgesse gli insetti selvatici, ci sono altri casi assolutamente imprevedibili. Il cacao, per esempio, vive solo nei climi tropicali e per l'impollinazione si affida a piccoli moscerini che preferiscono il caldo. Senza di essi l'intera industria del cioccolato scomparirebbe. Ma ci sono altri servizi che gli insetti forniscono agli ecosistemi e all'economia mondiale. Per esempio il controllo biologico delle specie infestanti, quali nematodi, virus e crostacei. Ci sono persino formiche che difendono alcune piante dagli altri erbivori. E poi c'� il riciclaggio della materia organica in tutti gli ambienti: "Se non ci fossero le mosche", afferma come esempio Cerretti, "la gran parte dei cadaveri di animali grandi e piccoli rimarrebbe negli ambienti senza essere degradata". Con tutte le conseguenze che possiamo pensare per quanto riguarda la presenza di batteri e virus che rimangono nell'ambiente e che potrebbero "saltare" all'uomo. A prima vista ci sarebbero per� anche aspetti positivi, nella scomparsa di questi animali. Senza zanzare e mosche, per esempio, non ci sarebbero pi� malattie trasmesse da questi vettori come virus, batteri o altri parassiti come i plasmodi. Il problema in realt� � pi� complesso: "Per quanto in alcuni casi ci danneggino, mosche e zanzare sono comunque un tassello del sistema di cui facciamo parte anche noi", obietta Cerretti. Se poi volessimo, con una prospettiva davvero limitata, distruggere solo le zanzare, i nostri tentativi porterebbero alla distruzione di tutto l'ecosistema, prima della scomparsa di questi animali. In definitiva, la perdita della biodiversit� degli insetti sembra essere al di l� della nostra capacit� di comprensione, come ribadisce Di Marco: quasi uno scenario da fantascienza. Qualcuno suggerisce che altri potrebbero prendere il loro posto. Le mosche che si nutrono di cadaveri in fondo sono sulla Terra da circa 50 milioni di anni. Prima, qualche altra specie aveva questo "compito ecologico" di spazzino. E quindi anche dopo di esse qualche altro animale si assumerebbe questo compito: "Ma sicuramente noi come umanit� non saremmo l� a osservare la situazione", conclude Cerretti. Con gli insetti, scompariremmo anche noi. Gli uomini vengono da Marte (di Riccardo Antoniucci, "Il Fatto Quotidiano" del 17 Marzo 2021) - Torna il fascino del Pianeta rosso - Perseverance � approdata il 18 febbraio nell'entusiasmo generale. Curiosity � l� dal 2012, mentre in orbita ruotano Hope degli Emirati arabi uniti e l'europeo ExoMars, tra gli altri satelliti. Presto arriver� il primo rover cinese, mentre sulla Terra la Space X di Elon Musk testa missili e idee per viaggi interplanetari. Oggi Marte appare affollato, ma c'� stato un momento, nei vent'anni trascorsi tra la missione Viking del 1976 e Pathfinder del 1997, in cui il pianeta rosso non interessava pi� a nessuno. Cos'era successo? Una delusione. Viking aveva certificato che, il pianeta era privo d'acqua, rompendo cos� un motore che per 150 anni ha alimentato la curiosit� umana, non solo scientifica: la domanda "c'� vita su Marte?". Il primo a porre seriamente il quesito � stato l'astronomo italiano Giovanni Schiaparelli, che tra il 1877 e il 1878 aveva creduto di osservare canali rettilinei, artificiali, sulla superficie di Marte e tracci� varie mappe. Un effetto ottico, che per� � rimasto a lungo incastonato nel pensiero scientifico. "Fino agli anni 50 e 60 le idee, comunque realistiche, di Schiaparelli erano ancora enormemente in voga", spiega Marcello Coradini, planetologo e responsabile dei programmi d'esplorazione del Sistema solare dell'Esa, che ha guidato la missione ExoMars ed � autore del saggio Marte, l'ultima frontiera (Il Mulino). "Per preparare le prime missioni sul pianeta rosso - continua Coradini - la Nasa usava praticamente la stessa mappa di Schiaparelli. Se dovessimo descriverlo come fenomeno culturale, direi che la Nasa ha preso il testimone dalle mani di Schiaparelli". Anche la statunitense Sarah Stewart Johnson, che ha lavorato alle missioni Spirit, Opportunity e Curiosity, in un libro recente (quasi omonimo: Marte. L'ultima frontiera, Sperling & Kupfer) ricorda che "il mistero di quelle formazioni lineari fu uno dei motivi per cui nel 1969 la Nasa decise di lanciare una coppia di sonde verso Marte". La vita su Marte ha alimentato un immaginario che si � evoluto in parallelo tra scienza e finzione. Nel 1880, due anni dopo le ricerche di Schiaparelli, esce il romanzo Across the Zodiac di Percy Greg, in cui un esploratore scopre che il pianeta rosso � abitato da esseri molto simili a noi, che si rifiutano di credere che il visitatore venga da un altro pianeta. Quasi subito i marziani diventano pericolosi. Opera iniziatrice � La guerra dei mondi di Herbert George Wells (1898), riadattata da Orson Welles nel celebre sceneggiato radiofonico nel 1938 e poi in pellicola da Steven Spielberg. Di fatto � la prima invasione extraterrestre della storia letteraria, dove, peraltro, l'unica cosa che salva i terrestri dall'inesorabile avanzata marziana � un batterio. Quando la Terra precipita nella spirale delle guerre mondiali, Marte si offre come specchio in cui riflettere criticamente sulla societ�. Succede nella trilogia Sotto le lune di Marte dell'ex militare Edgar Rice Burroughs (1912-1919): un capitano viene teletrasportato su Marte e trova un mondo morente e una civilt� dilaniata dalla guerra tra fazioni divise dal colore della pelle. Dopo la seconda guerra mondiale comincia la corsa allo spazio e nella cultura di massa � la fase dell'Invasione degli ultracorpi (romanzo del 1954 e film del 1956) e delle epiche extraterrestri alla Star Trek. Anche solo per associazione cromatica, Marte � spesso metafora del "nemico" comunista (esiste in effetti un'utopia socialista marziana: la scrisse Bogdanov nel 1908), ma altre volte serve a criticare la societ� del consumismo, come nel Pianeta rosso di Robert Heinlein o nelle Cronache marziane di Ray Bradbury. Filone prolifico � anche quello della colonizzazione, di cui � icona I fondatori di Isaac Asimov, primo romanzo sulla "terraformazione" di Marte. "Perch� non abbiamo pensato ai crateri?" disse il re della fantascienza guardando una fotografia scattata dalla sonda Nasa Mariner 4, che per prima fotograf� il pianeta rosso nel 1965. Come a ogni grande narrativa, le storie marziane hanno avuto il loro risvolto parodistico. Dal gioviale Marziano a Roma di Ennio Flaiano, che si ritira sopraffatto dall'indolenza dei terrestri capitolini, al cult Mars Attacles! di Tim Burton, parodia dell'action movie sull'invasione aliena. Fino a Fascisti su marte di Corrado Guzzanti, che sceneggia una farsesca invasione nera del pianeta rosso in un mix di satira politica e parodia delle cronache marziane. Dopo la delusione del 1976 sono state altre le suggestioni scientifiche che hanno ispirato l'epica spaziale. L'esplorazione intergalattica, i buchi neri e i paradossi della gravit�. Diventato un "sasso" qualunque, il pianeta rosso ha ispirato meno, restando ancorato all'immaginario anni 70. Oggi, per�, la seconda corsa allo spazio promette di portare gli astronauti su Marte: di certo gli autori stanno prendendo nota. Di capra e pecora, formaggi amici di salute e palato ("RivistAmica" n. 7/19) - Meno diffusi delle classiche varianti di latte vaccino, sono un'ottima scelta per variegare la propria dieta grazie a un sapore stuzzicante e a importanti qualit� nutrizionali - Gli esperti di nutrizione sono concordi nell'affermare che una dieta varia � uno strumento fondamentale per mantenersi in salute. Per questo motivo potrebbe essere opportuno includere nel proprio regime alimentare accanto ai pi� classici formaggi di latte vaccino, anche quelli caprini e ovini, che uniscono qualit� nutrizionali importanti a un gusto ricco e inconfondibile. Ecco i loro punti di forza, illustrati dalla dottoressa Maria Cristina Varotto (www.ladottoressacri.it), dietista che collabora con il Centro Medico Santagostino e altri studi medici polispecialistici di Milano, oltre che con la LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori). Appagare anche il palato non � soltanto un piacere, ma pure un modo per riuscire pi� facilmente a seguire un'alimentazione improntata alla ricerca del benessere psico-fisico. Quindi il gusto pronunciato e particolare � il primo motivo per cui acquistare un formaggio che non sia vaccino, al di l� dell'esigenza di variegare le proprie scelte a tavola. Come ricorda la dottoressa Varotto, inoltre, "si tratta di prodotti molto pi� digeribili rispetto ai loro analoghi vaccini. Questo perch� la struttura proteica del latte caprino e ovino � diversa da quella del latte di mucca ed � pi� facilmente scomponibile dagli enzimi digestivi". I formaggi di capra e di pecora sono quindi particolarmente adatti a chi soffre di disturbi gastrici, e - soprattutto quelli freschi - anche ai bambini. Visto poi il loro gusto deciso, ne baster� una porzione pi� piccola per soddisfare il palato, caratteristica da non sottovalutare se si vuole tenere sotto controllo il responso della bilancia. Infine, per questioni legate alle dinamiche e alle modalit� di produzione, � pi� spesso probabile che questi formaggi siano realizzati con latte di qualit� elevata: "Il consumo di formaggi di capra e di pecora � meno diffuso di quello di formaggi vaccini. Di conseguenza la loro offerta sul mercato � inferiore. Questo significa che ci sono meno allevamenti e meno animali in ognuno, quindi mediamente le produzioni sono meno intense. Il rovescio della medaglia � per� il prezzo, che spesso pu� essere pi� alto rispetto ai classici prodotti di mucca". Le variet� di formaggi di capra e di pecora sono molte pi� di quanto si � soliti pensare. Oltre al classico caprino a pasta molle, dura o semidura, e alla feta - un formaggio di origine greca, perfetto anche per arricchire molte ricette, come insalate e primi dalle suggestioni mediterranee - esistono tra gli altri anche robiola, ricotta, mozzarella, crescenza e variet� spalmabili a base di latte di capra, oltre al formaggio Capra Sarda. I pecorini, invece, sono formaggi che variano da regione a regione, con numerose specialit� che si sono affermate come prodotti d'eccellenza, come il pecorino senese, quello sardo, quello romano o il toscano. Per un consumo consapevole di queste tipologie di prodotti � per� necessario anche superare alcune convinzioni ad esse legate. Tra queste quella che siano realmente adatti a tutti. Infatti, vengono spesso consigliati anche a chi fa fatica a digerire i latticini, che potrebbe ad esempio essere in grado di digerire meglio formaggi stagionati di questo tipo e yogurt derivati (in ogni caso � sempre bene consultare il proprio medico per evitare ogni dubbio), oppure a chi presenta una vera e propria intolleranza. Soprattutto in quest'ultimo caso, per�, bisogna in realt� evitarne il consumo: "I formaggi caprini ed ovini non sono adatti a chi � intollerante al lattosio. Quest'ultimo, infatti, � uno zucchero contenuto in qualsiasi tipo di latte. Possono cambiare le quantit� e la concentrazione, ma � pur sempre presente". Frequenza di consumo e composizione Anche i formaggi di capra e pecora, come quelli vaccini, devono essere inseriti nel proprio regime alimentare in maniera equilibrata: "Qualsiasi formaggio andrebbe consumato un paio di volte a settimana, non importa il latte con cui � stato preparato", sottolinea la dottoressa Varotto. Secondo la Societ� Italiana di Nutrizione Umana (SINU) il formaggio va conteggiato come un secondo piatto, alla stregua di carne, pesce o uova. La porzione per un adulto medio a cui far riferimento � di 50 g per i formaggi stagionati, 100-150 g per quelli freschi, che essendo pi� ricchi d'acqua apportano meno grassi e sale. Tipi di latte a confronto A confermare che non esiste un latte "buono" e uno "cattivo" e che le diverse tipologie di formaggio che ne derivano dovrebbero convivere all'interno della dieta, c'� il fatto che dal punto di vista nutrizionale, il latte ovino e quello caprino hanno elementi che li rendono preferibili a quello vaccino, e altri invece di segno contrario. Sono infatti pi� calorici e ricchi di lipidi, in particolare di grassi saturi, ma apportano pure pi� proteine nobili e contengono pi� calcio, vitamina A, D ed E, le cosiddette vitamine liposolubili. Alcune cose bellissime da vedere a Rimini in un giorno (di Sara Izzi, thelostavocado.com) - Una serie di posti bellissimi della citt� romagnola, che vi faranno sognare - Rimini e la Riviera Romagnola richiamano subito alle nostre menti spiagge e divertimento, � vero. Ma � assolutamente riduttivo pensare che Rimini sia solo questo: i suoi quartieri e le sue piazze, chiassosi e bellissimi, sono infatti una scoperta continua, tra scorci incantati e tesori archeologici. La Storia di Rimini affonda le radici in tempi antichissimi e questo, sommato alla posizione geografica privilegiata, storicamente strategica, e all'ottima cucina regionale, tra le pi� apprezzate in Italia, contribuisce a renderla una meta degna di essere vissuta a 360 gradi. Fondata dai Romani dopo una vittoria sui Galli, l'antica Ariminum divenne un centro sempre pi� importante: i Romani non a caso fecero partire proprio da Rimini due arterie fondamentali, la via Flaminia che ancora oggi la collega con Roma, e la via Emilia che la unisce con Piacenza. Qui poi si incrociarono e si susseguirono popoli e dominazioni diverse: dai Bizantini ai Longobardi, dai Malatesta ai Veneziani. Popoli che hanno lasciato una traccia sorprendente e tutt'oggi ammirabile nell'architettura cittadina e nelle maggiori attrazioni, come l'Anfiteatro, la Rocca Malatestiana, l'Arco di Augusto o il Tempio Malatestiano. S�, non ve lo aspettavate. S�, vi siete incuriositi, sappiamo anche questo. E allora che aspettate? Seguiteci in questo appassionante tour per vivere un bellissimo weekend e visitare tutti i luoghi di interesse a Rimini, o anche solo per scoprire cosa fare e cosa vedere a Rimini in un giorno. Un viaggio che vi porter� in lungo e in largo ad esplorare le meraviglie di questa citt� tra le perle dell'Emilia Romagna e una delle migliori localit� turistiche in Italia per accoglienza e ospitalit�: godetevi il sole nelle belle spiagge, ampie e attrezzate, entrate nelle chiese e nei palazzi, respirate a pieni polmoni l'atmosfera festosa del centro e riempitevi gli occhi di bellezza! Cominciamo con una tappa obbligata, il Tempio Malatestiano, nientemeno legato al nome di Leon Battista Alberti, che ne progett� la struttura e l'esterno, e a quelli altrettanto celebri di Piero della Francesca, Giotto, Giorgio Vasari e Agostino di Duccio per gli affreschi, i dipinti e le sculture che sono custodite all'interno. Voluta da Sigismondo Pandolfo Malatesta per celebrare la sua stirpe, la Cattedrale, che era precedentemente una chiesa francescana (intrisa per� di riferimenti e simboli ancora precedenti anche pagani), � rimasta incompiuta ma � un gioiello di rara bellezza: per i cittadini, abituati alla sua lucente bellezza, � semplicemente "il Duomo", per i turisti uno scrigno di tesori. Gustatevi il contrasto netto tra l'esterno equilibrato e rigoroso e l'interno, ricco e sontuoso: varcate la soglia! Il centro storico di Rimini � un concentrato di bellezza, arte, storia e vitalit�. Gi� solo passeggiando tra le piazze e i vicoli ve ne renderete conto: v'imbatterete nel maestoso Arco d'Augusto, il pi� antico arco romano conservato, e nella famosissima Casa del Chirurgo, un prezioso scavo archeologico in Piazza Ferrari, vera e propria Domus romana appartenuta a un medico, appunto, con una stanza interamente adibita ad ambulatorio in cui ammirare arnesi medici, arredi tipici e anche splendidi mosaici. E ancora, Piazza Tre Martiri, che era l'antico foro romano, e Piazza Cavour, la pi� importante in epoca medievale, bellissima e regale con i suoi edifici storici come il Palazzo dell'Arengo, quello del Podest� e il Palazzo Comunale. Ma il simbolo vero della piazza � la Fontana della Pigna, al centro, da sempre punto di ritrovo per i cittadini. Allora, si parte? Appuntamento "alla Pigna", da veri riminesi! Il Museo della Citt� di Rimini � davvero bellissimo e fa parte della rete dei musei comunali insieme alla Domus del Chirurgo e al Museo Etnografico degli Sguardi, che � forse il pi� originale dei tre e sa aprire la mente a nuove visioni e nuove prospettive, quindi � anch'esso consigliatissimo. Tutti e tre questi musei li potete considerare delle vere e proprie macchine del tempo: ognuno vi far� immergere in una cultura altra o in un lontanissimo periodo storico, per fare balzi incredibili nel tempo o nello spazio. Progettato dall'architetto Torregiani e ospitato in un ex convento dei Gesuiti, nel Museo della Citt� resterete sicuramente impressionati di fronte alle opere del Ghirlandaio o del Guercino e il salto lo farete indietro nel tempo, attraverso i fasti dell'Italia. Ripercorrerete, all'interno della Pinacoteca, i momenti salienti della Scuola Riminese del Trecento e della Signoria dei Malatesta, mentre nella Sezione Archeologica sarete catapultati nella Rimini Imperiale. Salite a bordo! Per cogliere l'essenza della citt�, per�, non potete tralasciare la zona della Pescheria Vecchia, sempre in centro. Questo � di certo il posto ideale per due chiacchiere con gli amici di fronte a una buona birra o a un bicchiere di vino, in uno dei mille locali presenti: cantine, pub e ristorantini vi offriranno il meglio dell'Emilia Romagna a tavola e il romanticismo della citt�, appena fuori, far� il resto. Resterete ammaliati dalle geometrie ipnotiche dei vicoli e della galleria di archi, nata dall'ingegno dell'architetto Buonamici, sotto cui i famosi banchi in pietra, che un tempo servivano per la vendita del pesce fresco, oggi ospitano tantissimi giovani a ogni ora del giorno e della notte. Che dire? Brindate alla vostra! Altro giro, altra corsa: spostiamoci a vedere il Ponte di Tiberio, un'altra opera magnifica, sempre di epoca romana. Augusto fece costruire, sul fiume Marecchia, questo ponte che fu portato poi a termine da Tiberio e per questo ancora oggi porta il suo nome. Esempio imponente della grandezza delle costruzioni romane e soprattutto della loro enorme abilit� tecnica, il ponte a cinque fornici � realizzato in pietra d'Istria e segna l'inizio della via Emilia. � uno dei simboli della citt� e nasce, nell'idea originaria di Augusto, con l'intenzione di impreziosire il decumano massimo, la via del foro, che si apriva con il Ponte e si chiudeva con l'Arco di Augusto. Oggi in mezzo a queste due meraviglie trovate la bella passeggiata lungo il corso, che � davvero imperdibile: storia e modernit� qui si intrecciano di continuo ed � una vera magia! Lasciatevi stregare! Il borgo di San Giuliano � un'altra perla della citt�, sacra quasi come un luogo di pellegrinaggio, poich� qui nacque il Maestro Federico Fellini. Questo antico quartiere popolare vi ruber� l'anima: i panni stesi alle finestre profumano di buono e il silenzio che regna nelle strade assolate porta alla mente i pensieri pi� profondi. Gironzolate tra i murales che ricordano il grande regista, uno splendido omaggio dei suoi concittadini, e sfidate i vostri compagni di viaggio a riconoscere le scene tratte dai suoi film. Il divertimento � assicurato. Non dimenticate la macchina fotografica, perch� il luogo si presta particolarmente. Infine, una volta qui, ricordate di fare un salto nell'Abbazia di San Giuliano, che d� il nome al borgo e che contiene una splendida opera di Paolo Veronese. Partendo da San Giuliano e dai suoi murales colorati potrete organizzare un interessante itinerario felliniano, che tocchi i maggiori luoghi legati all'illustre regista. Certo, inserirli tutti vorrebbe dire stare a Rimini diversi giorni, ma potrete intanto selezionare i pi� significativi e incominciare il vostro tour. Oltre a Piazza Cavour, che � un importante luogo di incontro ne "I Vitelloni", e alla spiaggia, spesso presente nelle pellicole di Fellini, specie in autunno o d'inverno, con nuvole basse sull'orizzonte e la nebbia, potrete fare un bel giro in bici tra le vie che da Piazzale Fellini portano a Piazza Marvelli: ognuna porta il nome di un film. E Piazzale Fellini stesso, con il famoso Grand Hotel e la fontana dei Quattro Cavalli, � il simbolo di una Belle Epoque che ancora conquista e affascina. E ancora Castel Sismondo, il Porto Canale e Piazza Tre Martiri, in cui nel famoso bar "Da Rossini", il regista giocava a boccette con gli amici. Non perdete infine la Fondazione Federico Fellini, per veri appassionati vista la ricchissima documentazione presente, ma al contempo ottima per avvicinarsi alla vita e alle opere di un grande Maestro. Fateci un pensierino! E dopo tutto questo girare, finalmente un po' di meritato relax in spiaggia: godetevi il sole, il mare e l'atmosfera davvero unica della Marina riminese, una delle spiagge pi� rinomate della riviera romagnola, che merita la vostra attenzione un po' in tutte le stagioni. Dunque tutti a poltrire sulla sabbia: qui potrete rilassarvi, certo, ma anche decidere di non fermarvi nemmeno un minuto, tra partite di beach volley, ping pong, tennis e chi pi� ne ha pi� ne metta. Le attivit� e gli eventi organizzati in estate sono infiniti, tanto per gli adulti quanto per i pi� piccoli e una cosa � certa: l'adrenalina e il divertimento sono garantiti e di notte, se possibile, sono addirittura raddoppiati. Ci sembra di non dover aggiungere altro, vero? E per finire, regalatevi l'emozione di sentirvi un po' come i giganti delle storie di Swift o come Alice, che nel Paese delle Meraviglie cambiava spesso taglia e dimensione. Andate a vedere l'Italia in Miniatura a Viserba, una frazione di Rimini, e divertitevi ad ammirare le bellezze dello stivale, tanto culturali quanto paesaggistiche, attraverso le minuziose ricostruzioni in scala e gli alberi veri in miniatura: questo parco vi far� divertire moltissimo e insieme vi insegner� molto. O vi rinfrescher� la memoria, se siete gi� maghi della geografia e professori di storia dell'arte. Il Paese con il maggior numero di Siti Unesco al Mondo sa stupire sempre, anche in piccolo, e voi non vi pentirete di aver seguito il nostro consiglio. Non vi resta che partire! Federico Fazzuoli: non ho mai smesso di scoprire luoghi nuovi (di Andrea Di Quarto, "Tv sorrisi e canzoni" n. 14/21) - Siamo andati a cercare lo storico conduttore di "Linea verde". Che ora segue dei progetti anche in Oman perch�... - Sentivi il rumore dell'elicottero e capivi che era domenica. Federico Fazzuoli stava sorvolando l'Agro Pontino, il Monferrato o la Costiera Amalfitana, accompagnato da sindaci in giacca e cravatta che decantavano biodiversit� ed eccellenze agroalimentari dei loro territori. Era "Linea verde": un rito che dal 1981 al 1994 con Fazzuoli, a mezzogiorno, incollava su Raiuno fino a nove milioni di italiani. Al punto che il momento pi� importante di quel giorno, la Santa Messa, era stato anticipato da molti parroci alle ore 11. Oggi "Linea verde" c'� ancora, ma il suo inventore, l'uomo coi baffi, dov'�? "In questo momento mi trovo in Oman" ci dice al telefono. - Che ci fa nel Sultanato? "� da una decina d'anni che, periodicamente, partecipo a progetti in questo Paese. Quello che sto seguendo ambisce a ricostruirne la storia. Qui mancano monumenti e altre forme d'arte che ci possano consegnare le immagini del passato. Le abbiamo ricreate attraverso 300 quadri". - E io che la pensavo nella sua fattoria, a godersi la campagna toscana... "Le occasioni vanno colte, ma anche la fattoria � importante. Sono nato in quella casa. Era un'azienda di famiglia e quando � morto mio padre, con mia moglie e i miei tre figli abbiamo scelto di continuare l'attivit� cercando di migliorarla. Facciamo il vino, l'olio, gestiamo l'agriturismo, alleviamo i cavalli". - Per la storia della tv lei � "quello di Linea verde". Come ha iniziato? "Ero in vacanza nelle Marche quando nel 1968 l'Urss ha invaso la Cecoslovacchia. Il programma della Rai "Europa giovani" voleva sentire la voce dei giovani cecoslovacchi, appunto, ma in Italia all'epoca non se ne trovavano. C'era poco tempo, si venne a sapere che la squadra di basket del Brno era in un albergo di Porto San Giorgio e, tramite un amico, mi � stato chiesto di provare a intervistarli. Ci sono riuscito, mentre la redazione di Ancona no, ed � stato uno scoop. Cos� mi hanno chiamato in pianta stabile". - A fare che cosa? "Lavoravo al servizio "Storia", parte della direzione dei Programmi culturali. Realizzavo sceneggiati e inchieste. Ho collaborato con Arrigo Levi nel programma "Quel giorno". Un grande maestro". - Niente a che vedere con l'agricoltura. "Quella � arrivata nel 1981, quando Giovanni Minoli ha lasciato "Agricoltura domani" per passare a Raidue. Il modo di raccontare il mondo agricolo aveva bisogno di fare un salto in avanti e ho accettato la sfida. Ho pensato che la prima cosa di cui occuparmi fosse proprio togliere la parola "agricoltura" dal titolo. Avevo carta bianca. La sentivamo come una specie di missione: la spinta veniva dal fatto che venivamo pagati dai telespettatori attraverso il canone, quindi dovevamo fare tutto al meglio. Se avevo bisogno di un consulente lo prendevo, se serviva un elicottero lo noleggiavo". - E ne ha noleggiati tanti... "Pi� di mille di sicuro. � un mezzo straordinario. E poi avevo come operatore, Albertini, bravissimo: smont� il portellone e via". - Qual � stato il segreto di tanto successo? "La continuit�, aver potuto costruire un rapporto piano piano negli anni. Quando si fa una trasmissione non si deve insegnare il proprio sapere, ma andare a scoprire le cose. In questo modo si fanno le stesse domande che farebbero gli spettatori. Noi li abbiamo coinvolti, resi consapevoli. Parlavamo di antibiotici negli allevamenti, di prodotti chimici nella coltivazione. Dicevamo alla gente: "Attenti a che cosa mangiate!". Abbiamo subito anche parecchie pressioni". - Per esempio? "Dopo Chernobyl. I miei consulenti mi davano dati che stridevano con quelli diffusi dal governo, che aveva interesse a far finire l'emergenza e a dire che si poteva mangiare tutto. Sono stato convocato al Ministero dell'agricoltura dove mi � stato detto che dovevamo considerare l'emergenza chiusa e se non ci fossimo adeguati avremmo potuto essere perseguiti penalmente". - E lei? "L'ho comunicato al direttore Emmanuele Milano. Che mi ha risposto: "Sei sicuro? Allora vai avanti. Prima pensiamo alla gente, poi al Palazzo"". - Come le � venuto in mente di spedire la Spaak e la Cinquetti nelle stalle? "Le ho scelte perch� non c'entravano nulla, erano persone che non t'aspetti di vedere in quel contesto. Infatti, mi hanno criticato: "Ma che c'entra la Spaak, cos� snob?". Invece l'idea era quella di creare, attraverso loro, un momento pi� leggero. E ha funzionato". - Il successo ha portato tante imitazioni della concorrenza. "Hanno dedotto che si potevano fare ascolti. Non mi dava fastidio, era la conferma che queste tematiche funzionavano. Io avevo capito, per esempio, che l'alimentazione era importante e che bisognava fare una sorta di educazione alimentare di massa". - Come � stato diventare popolare? "� stato graduale, non improvviso. C'era questo rapporto molto forte con la gente. Mi chiamavano tutti, e ancora oggi � cos�. "Federico, sei uno di famiglia, stai tutte le domeniche a pranzo con noi" mi dicevano". - Sa quanto l'invidiavo davanti a quelle tavolate incredibili? "Erano apparecchiate con cibo che magari, per esigenze televisive, stava su quei tavoli per tre, quattro ore. A volte si passava una spruzzata d'acqua per ridare vivacit� e colore". - Nel 1994 c'� stato l'addio alla Rai. Come � andata? "Il direttore Milano � passato a Telemontecarlo e mi ha portato con s�. Quello doveva essere il terzo polo televisivo: c'erano Biagi e Santoro, tra gli altri. Era un bel sogno". - E invece? "Grande entusiasmo all'inizio, poi l'azionista, per varie vicende, ha smesso d'investire, e sono tornato in Rai". - Ma senza pi� agricoltura. "Era inutile, il mio spazio era occupato. Ho proposto di raccontare l'arte ed � nato "Made in Italy", che � andato molto bene". - Le piacciono le "linee verdi" di oggi? "Mano a mano, sono state fatte modifiche di contenuto: si sono presi gli argomenti pi� popolari, come la cucina, e si sono dilatati. Il focus si � spostato su nuovi temi e adattato ai tempi".