Giugno 2018 n. 6 Anno XLVIII MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri per un importo pari ad euro 23.084,48 e del MiBACT per un importo pari ad euro 4.522.099. Indice Noi e Facebook Gli italiani in riva al mare I ragazzi di villa Emma Ode al pomodoro, l'oro rosso della terra Nel cuore dell'Agro Pontino Baudo ricorda Caruso Noi e Facebook (di Rebecca Mantovani, "Focus" n. 307/18) - Il social network � sempre sotto accusa per come gestisce le nostre informazioni. Dobbiamo preoccuparci? S�, anche se non abbiamo nulla da nascondere - La banca dati pi� grande del mondo, dove sono custodite le informazioni personali e sensibili di oltre 2 miliardi di persone, ha un indirizzo famoso: Hacker Way 1, Menlo Park, California. Enti governativi e agenzie per la sicurezza per� non c'entrano. Ad elaborare senza sosta i fatti privati del 28% della popolazione mondiale - e tra questi 30 milioni di italiani - sono i server di Facebook. Interessi, amicizie, spostamenti, fotografie, telefonate ed sms, reddito, stato di salute, orientamento sessuale, relazioni sentimentali, preferenze politiche. � tutto archiviato nei big data dell'azienda. Facebook, nata nel 2004 dall'idea di 4 studenti universitari, � oggi un impero tecnologico-finanziario quotato in Borsa per oltre 500 miliardi di dollari, pi� o meno come il Pil della Svezia, e fonda il proprio valore proprio sul controllo di queste informazioni. Il business di Facebook � semplice e ben noto: permette alle persone di mettersi in contatto con i propri amici e con i propri interessi in maniera veloce, efficiente e gratuita. In cambio raccoglie i loro dati, li profila, cio� li suddivide in gruppi omogenei per sesso, et�, preferenze o altro, e li rivende agli investitori pubblicitari perch� possano veicolare i propri messaggi in maniera mirata e molto efficace. Ci� che non si conosceva, e che � stato portato alla luce dallo scandalo Cambridge Analytica scoppiato a marzo, erano alcune falle del sistema - oggi apparentemente risolte - che hanno permesso la cessione non autorizzata di questi dati. Dati che poi sarebbero stati utilizzati, non � ancora chiaro quanto efficacemente, per influenzare il referendum per la Brexit e poi le elezioni americane a favore di Trump. Come � stato possibile? "Se conosci il profilo psicologico e gli interessi di una persona", spiega Giuseppe Riva, docente di Psicologia e Nuove Tecnologie della Comunicazione all'Universit� Cattolica di Milano "puoi creare messaggi ad hoc in linea con le sue aspettative: se ad esempio sei un fondamentalista religioso chiuso mentalmente, e hai dichiarato di non votare Trump perch� va con le prostitute, ti potrebbero mandare una notizia in cui si dice che la Clinton partecipa alle messe nere. A quel punto voterai Trump perch� per te andare a una messa nera � peggio che andare con una prostituta". Ma com'� possibile conoscere ogni dettaglio della nostra intimit�? Come si fa a ricostruire il nostro orientamento politico o l'intenzione di acquistare una station wagon piuttosto che una bicicletta? Ci pensa la psicometria, una scienza sviluppata fin dagli anni '60 che permette di ricavare i profili psicologici e i gusti delle persone a partire dai loro comportamenti. E chi meglio di Facebook raccoglie le infinite tracce che lasciamo online e che si possono combinare per ottenere un preciso profilo di chi siamo, come pensiamo, che cosa vogliamo? Come � noto, le informazioni a disposizione di Facebook sui propri iscritti provengono da due fonti distinte: quelle che comunichiamo volontariamente, e quelle che il social desume osservando ed elaborando i nostri comportamenti, sia online sia offline. Fanno parte del primo gruppo tutti i dati che Facebook ci chiede per esempio al momento dell'iscrizione: indirizzo email, nome e cognome, data di nascita, situazione sentimentale, citt� dove viviamo, scuole che abbiamo frequentato, libri e film che ci piacciono, sport che pratichiamo. Ma i dati pi� interessanti per chi acquista pubblicit� sono quelli che Facebook impara osservandoci. Gi� nel 2013 Michal Kosinski, David Stillwell e Thore Graepel, tre ricercatori dell'Universit� di Cambridge, avevano dimostrato con una ricerca scientifica, pubblicata su Pnas, come le nostre azioni sul social network possano essere utilizzate per ricavare interessi e tratti della personalit�, credenze e orientamenti sessuali, preferenze politiche e carattere, esposizione ai media e comportamenti di consumo. Sei uomo e ti piacciono i cosmetici Mac? Probabilmente sei gay. Sei un fan di Lady Gaga? Allora sei un tipo estroverso, a differenza di chi ama la filosofia che invece � pi� chiuso verso gli altri. Allo stesso modo, se hai messo un like a Hello Kitty, ci sono buone probabilit� che tu sia afro-americano, aperto mentalmente, di fede cristiana e incline a votare per i democratici. Secondo Kosinski, il cui modello psicometrico � stato utilizzato per sviluppare il software di profilazione di Cambridge Analytica, bastano 70 "mi piace" per sapere pi� cose sulla personalit� di un soggetto rispetto ai suoi amici, 150 per saperne pi� dei genitori e 300 per conoscerlo meglio rispetto al partner di una vita. E poich� ogni like e ogni condivisione sono registrati e analizzati dai sistemi di intelligenza artificiale di Menlo Park, Facebook pu� farsi un'idea sempre pi� precisa e aggiornata su ciascuno di noi. Non solo: grazie alla geolocalizzazione dei nostri smartphone conosce anche i nostri spostamenti e l'analisi di questi dati pu� svelare, anche se non lo abbiamo esplicitamente dichiarato, dove abitiamo, dove lavoriamo, come raggiungiamo l'ufficio, a che ora arriviamo e a che ora siamo soliti uscire. E ricostruire anche come passiamo le nostre vacanze. I sistemi di Facebook sono estremamente efficaci nel ricostruire le nostre reti di contatti, anche con persone incontrate per caso o con le quali abbiamo avuto pochissimo a che fare. Per esempio nel 2016 la polizia di Birmingham ha arrestato un rapinatore dopo che Facebook l'aveva proposto a una delle sue vittime tra le "persone che potresti conoscere". Ancora pi� inquietante la storia di una psichiatra che ha scoperto che il social network consigliava ai suoi pazienti di stringere amicizia con altri pazienti. Dato che Facebook non rivela i dettagli dei criteri che usa per proporre gli amici, si pu� supporre che soltanto il fatto di aver consultato Facebook (o Instagram o WhatsApp, che sono controllate dalla stessa azienda e condividono i dati tra loro) nello stesso luogo (per esempio quello della rapina o lo studio della psichiatra) sia sufficiente a rivelare relazioni pi� o meno vere. La creatura di Zuckerberg, inoltre, � in grado di seguire i propri iscritti anche al di fuori del social network. Innanzitutto pu� sapere quali siti internet stiamo visitando anche quando non siamo loggati; poi, grazie a Facebook Messenger o Facebook Lite su telefoni Android, pu� anche tenere traccia delle telefonate che facciamo dal nostro smartphone e degli sms che inviamo: numeri in entrata e uscita, date, orari. E infine, come rivelato da un'inchiesta di ProPublica del 2017, e come spiega la stessa Facebook a chi fa pubblicit� sulla sua piattaforma, il social integra i dati che ricava dall'analisi della navigazione dei propri utenti con quelli che ottiene dai cosiddetti information broker, aziende come Acxiom, Experian, Greater Data, Epsilon, Quantium, TransUnion, WPP e Oracle data cloud che gestiscono i profili di milioni di persone per attivit� di marketing diretto. Queste societ� ottengono numerose informazioni personali e nominative, quindi identificabili, da registri pubblici e privati come le tessere fedelt�, i concorsi, i questionari, i dati delle aziende di credito. Il mix tra le diverse fonti online e offline consente a Facebook di realizzare quella che probabilmente � la profilazione dei consumatori pi� dettagliata al mondo. Il social network potrebbe per esempio sapere quali prodotti alimentari siamo soliti acquistare e in base a queste informazioni, unite a quelle derivanti dalla nostra attivit� online, desumere che apparteniamo a un certo credo religioso, che siamo allergici ad alcuni cibi o che abbiamo qualche patologia, alla quale magari non vorremmo dare troppa visibilit�. Non c'� nulla di segreto nelle attivit� di raccolta dati e profilazione svolte da Facebook sui propri utenti. � tutto spiegato nelle policy e nelle regole del servizio che accettiamo quando ci iscriviamo. E anche nel caso Cambridge Analytica il ruolo di Facebook potrebbe essere davvero limitato. "Non dovrebbero configurarsi responsabilit� per Facebook se non quella, da dimostrare, di non aver inibito subito a Cambridge Analytica l'uso dei dati dopo essere stata avvertita", spiega Stefano Mele, avvocato esperto di Diritto delle tecnologie e di privacy. Il tema � importante per tutti noi, anche se riteniamo di non avere nulla da nascondere. Chi estrae i nostri dati personali e li elabora non � interessato ai nostri "mi piace", alle foto virali che condividiamo e alle nostre vacanze. � interessato a trovare leve efficaci per vendere, orientare, persuadere, persino manipolare attraverso la disinformazione. E le trova utilizzando le nostre attitudini, i nostri interessi e le nostre passioni. L'uso che poi ne fa pu� essere pi� o meno trasparente. Edward Snowden, l'ex tecnico informatico della National Security Agency (Nsa) che ha svelato i programmi di sorveglianza digitale dell'intelligence americana e britannica, sul tema � molto chiaro: "Affermare che non si � interessati al diritto alla privacy perch� non si ha nulla da nascondere � come dire che non si � interessati alla libert� di parola perch� non si ha nulla da dire". Il mix di informazioni sulle persone e tecnologie a disposizione di Facebook � comunque un'arma potente e il "pulsante di fuoco", per la prima volta nella storia, � nelle mani di un'azienda privata che non sembra averlo perfettamente sotto controllo. Lo stesso Zuckerberg, a cui gli utenti di Facebook hanno dato fiducia, ha recentemente affermato che "ci vorranno anni per sistemare il social network". Le domande a cui dovr� rispondere sono diverse: che garanzie abbiamo sull'utilizzo dei dati da parte di Facebook e dei suoi clienti? Come facciamo a sapere se siamo manipolati? I nostri dati sono protetti da potenziali hacker? Insomma: abbiamo messo la nostra vita in una banca di cui non conosciamo i cassieri, n� le regole degli amministratori, n� la sicurezza delle cassaforti. E da cui, neanche volendo, riusciremo mai a ritirarla. Gli italiani in riva al mare (di Giuseppe Vela, "Focus" n. 298/17) - Uno studio che sfata molti stereotipi - La visione pi� sgradevole per un bagnante italiano? Un uomo in "mankini", il costume con le bizzarre bretelle reggi-gonadi rese popolari da Sasha Baron Cohen nel film Borat. L'esperienza pi� fastidiosa? Trovare asciugamani e vestiti altrui disseminati accanto al proprio ombrellone. Quella pi� desiderabile? Affacciarsi a uno specchio di acqua pulita, privo di alghe, spazzatura e detriti. Il ritratto perfetto dell'italiano in vacanza, visto che quasi met� delle ferie i nostri connazionali la passano al mare (seguono nell'ordine citt�, montagna e campagna), si ricava scavando con pazienza nel ponderosissimo rapporto che il sito di viaggi Expedia ha commissionato e diffuso nelle scorse settimane. Lo studio, dal titolo esplicito Flip Flop Report 2017, ovvero "Rapporto in ciabatte 2017", � stato realizzato dall'istituto australiano Lonergan Research, e mette a confronto con oltre 18-mila interviste le abitudini estive di 17 nazionalit�, permettendo di ricavarne le passioni e le idiosincrasie caratteristiche. Parafrasando Desmond Morris, questo rapportone antropologico ci presenta una specie di "Scimmia nuda", o, pi� precisamente, in costume da bagno, vale a dire l'Homo aestivus 2017. Che cosa distingue, dunque, noi italiani da tedeschi, belgi o brasiliani? Per cominciare il rapporto con la spiaggia e con il sole, che nel nostro caso definire totalizzante � poco. Gi� quando progettiamo una vacanza al mare, stando alla ricerca, non ci curiamo della scomodit� del tragitto o della residenza - siamo dispostissimi a viaggiare low cost e non ci infastidisce la eventuale modestia dell'albergo - mentre ci interessa molto che la meta, la spiaggia, sia il meno frequentata possibile... Vero che � un desiderio difficile da realizzare (pensiamo a Jesolo, Rimini o anche San Vito Lo Capo in agosto), ma � l'aspirazione che ci guida nelle vacanze e che riflette davvero la nostra personalit� collettiva. E se pensate che voler fuggire la folla sia un'ovviet�, sappiate che per un bagnante messicano o giapponese l'assenza di compagnia tra i cavalloni rappresenta, al contrario, quasi un disvalore. Una volta raggiunto l'obiettivo, e cio� la sabbia o le rocce, le diversit� culturali e di gusto tra le varie culture diventano ancora pi� lampanti. A differenza di noi italiani, per esempio, agli occhi di uno statunitense conta moltissimo che la localit� balneare prescelta sia ben fornita di locali di intrattenimento per adulti, mentre per un brasiliano o per un indiano il discrimine sta soprattutto nel fatto che si tratti di una spiaggia famosa e apprezzata sui social (l'italiano medio, invece, in vacanza tenderebbe a staccarsi dalla Rete, almeno cos� racconta). Nel complesso, quando andiamo in vacanza noi siamo pigri e alquanto morigerati. Non investiamo per escursioni tanto denaro quanto i tedeschi, ma almeno risparmiamo sugli alcolici rispetto a inglesi, olandesi e australiani. Nelle spese per il cibo ci battono invece francesi, spagnoli, neozelandesi e... quei buongustai dei thailandesi. In definitiva i nostri tratti balneari caratteristici disegnano, come vedremo, un'immagine simpatica, famigliare e, per molti versi, priva di quell'esibizionismo caciarone che noi stessi ci attribuiamo. Per molti versi, ma non per tutti, visto che i "nostri" intervistati hanno specificato che a loro non danno quasi per niente fastidio n� le moto d'acqua n� il fragore dei motoscafi, mezzi che invece procurano notevole ansia a gente che ha le orecchie pi� sensibili di noi, come gli spagnoli oppure gli indiani. Ma qual �, in maggior dettaglio, la fenomenologia (e di conseguenza, anche la psicologia) degli italiani in vacanza? Ai primi posti per importanza noi valutiamo la pulizia di una spiaggia, che non importa sia esotica o inesplorata, ma invece, come si diceva, non dovrebbe risultare troppo affollata (anche se da altre parti della ricerca si ricava che abbiamo un rapporto tutto sommato sereno anche con le folle pi� numerose). Al mare andiamo principalmente per abbronzarci e per divertirci uscendo la sera, magari al bar o in discoteca; ma, contrariamente agli stereotipi, per noi la vacanza non rappresenta soprattutto un terreno di caccia sessuale. Anzi: privilegiamo attivit� molto pi� tranquille, il nuoto, con moderazione, e la lettura, mentre rifuggiamo in genere da impegni "faticosi" come la corsa e perfino le passeggiate sulla sabbia. A proposito di sabbia, i ricercatori di Lonergan Research hanno voluto sapere quale popolazione costruisca ancora i famosi castelli e hanno scoperto che oggi li tirano su solo i messicani e gli indiani. Altra breve digressione nel subcontinente asiatico: il rapporto degli indiani con la spiaggia risulta quantomeno curioso, visto che sono gli unici ad ammettere di lavorare in vacanza (nemmeno i giapponesi e i coreani lo fanno) e passano il tempo che resta ad ascoltare musica, postare sui social media, ubriacarsi smoderatamente e, se ne avanza ancora, a ritemprarsi con esercizi di yoga! Torniamo all'Italia. Il timbro famigliare delle nostre ferie estive � sottolineato da altri indizi. Gli italiani, maschi e femmine, non amano chiacchierare con gli sconosciuti, mentre si preoccupano abbastanza dei bambini (dei loro, perch� di quelli degli altri sembra che non importi molto). Il timore principale? Che i figli siano punti da una medusa, oppure che si scottino al sole. Gli adulti, invece, non riferiscono particolari preoccupazioni personali. Non temono per esempio, a differenza dei brasiliani, di essere derubati in spiaggia, n�, come i coreani, di annegare o di venire trascinati al largo dalle correnti, n�, a differenza dei francesi, di essere divorati da uno squalo. Si potrebbe obiettare che noi siamo pi� sereni per via dell'assenza di squali, della debolezza delle correnti e delle condizioni tutto sommato agevoli dei mari attorno alla Penisola. Ma non sarebbe del tutto vero. � pi� una questione di carattere. Da una parte, infatti, oltre met� degli italiani ha visitato almeno una volta una spiaggia all'estero, sperimentando, si presume, anche una meteorologia meno favorevole. Dall'altra, a riprova che certe paure sono pi� frutto dell'immaginazione collettiva che della realt� dei fatti, una parte degli spagnoli afferma di temere molto gli tsunami, bench� del fenomeno non si abbia gran memoria nella penisola iberica. Un capitolo importante della ricerca di Expedia � dedicato, com'era inevitabile, al rapporto dei bagnanti con il proprio corpo, con quello degli altri, e in generale con il sesso. Anche qui gli italiani sfatano molti preconcetti. Noi in spiaggia non abbiamo complessi, e non ci preoccupa troppo la nostra apparenza fisica. Accettiamo con filosofia la pancetta o la cellulite, manifestazioni che ai soliti indiani risulterebbero in teoria insopportabili, eppure una debolezza l'abbiamo anche noi. Al pari dei tedeschi ci impegniamo a pre-abbronzarci prima di partire in vacanza (a differenza di canadesi e belgi, che evidentemente non hanno il nostro complesso del pallore). Ma � soprattutto l'atteggiamento verso il sesso (e l'altro sesso) che fa di noi un popolo tutto sommato tranquillo e tutt'altro che "caliente", termine non scelto a caso. A farla breve, per gli italiani la spiaggia non � luogo particolarmente adatto per accoppiarsi, n� letteralmente n� in modo figurato, dato che l'aspirazione pi� audace per la maggioranza degli intervistati, maschi e femmine, sembra essere quella di farsi magari corteggiare da sconosciuti, ma esclusivamente in modo platonico. L'ardore mediterraneo, a quanto pare, lo lasciamo agli spagnoli, un quarto dei quali ha fatto l'amore in spiaggia (contro, va detto, il 27 per cento degli americani e la bellezza del 29 per cento dei brasiliani). A noi, pigri, rilassati e perfino un po' paciocconi, resta anche al mare l'orgoglio di un certo senso estetico, anche se non sempre impeccabile. In spiaggia accettiamo volentieri chi si pavoneggia del proprio corpo, siamo favorevoli al topless femminile e indossiamo, senza i problemi di americani e olandesi, costumi da bagno maschili attillati. Ma almeno, e per fortuna, consideriamo importabile il perizoma da uomo e, come certifica il prestigioso standard qualitativo ISO 2052 della ricerca di mercato citata, rifiutiamo tuttora in modo categorico il famigerato "menkini" del giornalista kazako Borat Sagadiyev. L'ombrellone del vicino Che invidia! Tutti, probabilmente, l'abbiamo provata. La stizza per chi ha un posto bello comodo, in aereo, mentre noi stiamo perdendo l'uso delle gambe. O per l'ombrellone altrui vicino alla battigia. Gi�, anche nel relax estivo scatta un pizzico d'invidia. "Possiamo provare questa emozione, pur se a bassa intensit�, se vediamo che l'altro beneficia di qualcosa che ci piacerebbe: un posto migliore, la possibilit� di saltare la fila... Sappiamo che non c'� stata una ingiustizia e il privilegio non � immeritato, perch� l'altro ha pagato o prenotato prima. Ma ci secca comunque", dice Cristiano Castelfranchi, dell'Istituto di Scienze cognitive del Cnr. Insomma, anche rosicare (almeno un po') � parte della psicologia della vacanza. E infatti non vi stupir� il risultato di uno studio di Izak Benbasat (Sauder School of Business, Canada): le foto di viaggio su Facebook sono tra i principali detonatori per l'invidia e innescano gare a postare il selfie pi� "cool". Ma non sentitevi in colpa: � la natura di noi umani, portati a guardare che cosa fa il vicino. In questo caso, di ombrellone. I ragazzi di villa Emma (di Franca Porciani, "Focus Storia" n. 139/18) - Nel modenese tra il '42 e il '43 furono messi in salvo oltre 70 giovani ebrei di varie nazionalit� - A Nonantola, un paese a una manciata di chilometri da Modena, si trova Villa Emma. Apparentemente una villa come tante altre, in realt� uno straordinario luogo della memoria. Un bell'edificio costruito a fine Ottocento dove, fra il 1942 e il 1943, trovarono rifugio 74 ebrei, tra i 6 e i 17 anni, di diverse nazionalit�: tedeschi, austriaci, polacchi e slavi. Tutti in fuga dai nazisti. Grazie alla gente di questo paesino emiliano che li protesse, li nutr� e li nascose, tutti i ragazzi (tranne uno) si salvarono. E dopo la guerra, molti di loro proseguirono il loro viaggio verso la Terra Promessa, Eretz Yisrael. La vicenda a lieto fine � quasi unica nel panorama delle persecuzioni razziali, tanto che dal 2004 a Villa Emma � intitolata una Fondazione, dove si possono trovare testimonianze e ricostruzioni di quegli avvenimenti. L'odissea dei piccoli � stata anche rievocata recentemente dalla storica Mirella Serri nel suo libro Bambini in fuga, pubblicato da Longanesi. Tutto ebbe inizio a Berlino nel 1933, quando Recha Schweitzer, direttrice della J�dische Jugendhilfe (istituto ebraico per l'assistenza ai giovani) e moglie del rabbino Moritz Freier, cre� alcune agenzie per l'espatrio degli orfani verso la Palestina. Ma nel luglio del 1940 Schweitzer - che fino a quel momento aveva salvato circa 7-mila bambini - ricercata dalla Gestapo fu costretta ad abbandonare il progetto e a fuggire a Zagabria. Qui in ottobre affid� a Josef Indig, un maestro (madrich) croato poco pi� che ventenne, una quarantina di bambini, i cui genitori erano morti nei campi di concentramento oppure non avevano pi� dato notizie. Al maestro fu assegnato il difficile compito di metterli in salvo. A dare appoggio all'operazione pens� l'associazione Delasem, la delegazione per l'assistenza agli emigranti ebrei, con sede a Genova, fondata in Italia nel 1939. Nel luglio del '41 Indig, con un esercito di 40 bambini e 8 accompagnatori, part� da Zagabria, caduta ormai sotto l'occupazione tedesca, per approdare nella Slovenia Meridionale. Qui il gruppo si sistem� nel castello di Lesno Brdo, un maniero cadente e tetro - ma relativamente sicuro - a 18 chilometri da Lubiana (nella zona controllata dai militari italiani), affittato appositamente per loro dalla Delasem. La sopravvivenza a Lesno Brdo era difficile e procurarsi il cibo un'ossessione quotidiana. Bisognava cercarlo al mercato nero o dai contadini dei dintorni, macinando chilometri su chilometri. E i bambini dovevano anche studiare. "Indig, seguendo il modello educativo di Recha Schweitzer, comunic� che gli accompagnatori, trasformandosi in insegnanti, avrebbero impartito lezioni di ebraico moderno e di italiano per ridurre il disagio di vivere da profughi", scrive Mirella Serri. Dei genitori si era persa ogni traccia: le cartoline inviate a Dachau o Auschwitz tornavano indietro con l'intestazione "destinatario sconosciuto" e le poche che arrivavano dai campi raccontavano storie di fame, di freddo e di annientamento. A partire dalla primavera del '42, per�, anche il paesino sloveno non fu pi� un luogo sicuro: era iniziata la lotta dei partigiani iugoslavi. La Delasem aveva a Modena un suo rappresentante, Gino Friedmann, ex sindaco di Nonantola, e decise di trasferire i ragazzi in quel paese, prendendo in affitto Villa Emma. L'edificio era molto grande, aveva pi� di 40 stanze e un parco di sette ettari. Il trasferimento, che, nonostante le leggi razziali in vigore dal '38, ebbe il via libera del ministero dell'Interno (unica autorizzazione di questo tipo concessa durante la guerra), fu compiuto nel luglio del '42. I ragazzi approdarono cos� a Nonantola. La struttura, disabitata da tempo, era piena di polvere e topi e inizialmente gli ospiti dovettero accontentarsi di dormire sul pavimento; solo in seguito arriv� qualche branda. La cosa positiva tuttavia era che il cibo qui non scarseggiava, anzi, la signora che gestiva la trattoria vicina, cucinava tutti i giorni per loro. "Indig trov� a Nonantola, un ambiente raccolto, amichevole, dove la politica razziale di Mussolini era scivolata via come acqua fresca", scrive Serri. I ragazzi che non potevano frequentare osterie e pubblici esercizi, n� allontanarsi dal Comune - cos� recitava la normativa di polizia - con la complicit� dei nonantolani si potevano invece muovere in libert�. I carabinieri chiudevano un occhio e, al cinema, il bigliettaio faceva finta di non vederli. Qui Indig per i suoi orfani organizz� una vera e propria scuola con quattro classi divise per fasce di et� (c'era anche un grammofono e un pianoforte). Nel novembre del '42 la Delasem trasfer� da Genova (bombardata) alla soffitta di Villa Emma anche il magazzino da dove partivano pacchi per gli oltre 6-mila ebrei internati in varie localit� italiane. E nella primavera del 1943, da Spalato arrivarono altri 34 ragazzi ebrei serbo-croati. I piccoli rifugiati divennero cos� 74. Ma dopo qualche mese la situazione precipit�. Con la firma dell'armistizio tra il governo Badoglio e gli Alleati firmato l'8 settembre 1943 e i tedeschi in arrivo, bisognava nascondere i piccoli rifugiati, che dovettero lasciare la villa. Le ragazze vennero ospitate dalle suore, mentre i maschi furono nascosti dalla popolazione nei fienili, nelle stalle e nei sottotetto, dividendo con loro i pur magri pasti. "Le Ss andarono casa per casa a chiedere se vi fossero ebrei nascosti nella zona, ma nessuno fiat�", scrive Serri. I nonantolani mostrarono, ancora una volta, tutta la loro solidariet�, rischiando la vita in prima persona pur di salvare questi ragazzi. Dopo meno di un mese la situazione era per� diventata insostenibile e quindi fu presa la decisione di tentare la fuga in Svizzera. Cos�, tra il 6 e il 14 ottobre 1943, il gruppo lasci� il paese di Nonantola e pass� il confine, guadando nottetempo il fiume Tresa. Tutti si salvarono, tranne uno: Salomon Papo, l'unico deportato ad Auschwitz. Il ragazzo di Sarajevo, malato di tubercolosi, dalla villa era stato trasferito nel sanatorio di Gaiato di Pavullo sull'Appennino modenese. Qui, nella primavera del '44 fu prelevato dalla Gestapo: un infermiere, accortosi che era circonciso, lo aveva denunciato ai nazisti. Il 29 maggio del '45, a guerra finita, 46 ragazzi da Barcellona partirono per la Palestina, altri poi li seguirono, qualcun altro and� negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Iugoslavia. Indig � morto in Israele nel 1998 a ottant'anni. Nel 2003, la citt� israeliana di Haifa su iniziativa di un'ex ragazza di Villa Emma ha intitolato ai cittadini di Nonantola un parco. E nella cittadina emiliana sar� costruito presto un "luogo della memoria" dedicato alla vicenda. Ode al pomodoro, l'oro rosso della terra ("RivistAmica" n. 5/18) - Dalla pasta all'insalata, dall'antipasto al dolce: ricco di gusto e vitamine, domina le tavole degli italiani - "Astro della terra, stella ricorrente e feconda, ci offre il dono del suo colore focoso e la totalit� della sua freschezza": per celebrare il pomodoro si � scomodato persino Pablo Neruda, premio Nobel per la letteratura nel 1971. Da solo o nelle pi� elaborate ricette, del resto, questo frutto (sapevate che non si tratta di un ortaggio?) � al centro della tradizione gastronomica di tutto il mondo. Gusto, colore, consistenza e dimensione cambiano parecchio tra le tipologie di pomodoro. Ci sono quelli piccoli, tondi od ovali, che crescono in grappoli, come il ciliegino o il Piccadilly; quelli allungati, come il San Marzano e l'oblungo e quelli molto grandi, dal Cuore di bue all'insalataro. Ampia anche la gamma cromatica: oltre alle sfumature del rosso, la buccia pu� colorarsi di verde, giallo, arancione e persino nero: il SunBlack, ottenuto da un incrocio in laboratorio, possiede sapore e caratteristiche dei suoi "cugini" colorati, a cui aggiunge le propriet� della frutta scura. Non che ai pomodori manchino le virt�: vitamine (B, C, D, E), licopene e betacarotene svolgono funzioni antiossidanti. Ferro e zinco rafforzano l'organismo, mentre gli acidi organici favoriscono la digestione. Per assicurarsi i benefici del pomodoro, meglio consumarlo crudo: le possibilit� sono infinite e spaziano dalla bruschetta all'insalata, dove cipolle e mozzarella sono il rinforzo prediletto dagli italiani. La cucina nostrana non pu� prescindere poi da salsa e passata, ingredienti fondamentali per la pizza e il sugo dei primi. Ma c'� anche chi trasforma il pomodoro in dolce e in cocktail: lo dimostrano le ricette della "Black Magic Cake", torta di cioccolato con crema di pomodoro condensata o del "Bloody Mary", drink a base di vodka, succo di pomodoro e spezie. Ma da quanto tempo questa bont� � diffusa sulle nostre tavole? Tra le immense ricchezze che il conquistador Hern�n Cort�s port� con s� nel 1540 c'erano anche delle piante di pomodoro. Come altri prodotti arrivati dall'America, per�, l'insolito frutto non fin� subito in tavola. In compenso, presunte propriet� afrodisiache gli valsero un nome che in francese significava "mela dell'amore", prima che da ornamento ("pomo d'oro") diventasse alimento da consumo. Ettaro dopo ettaro conquist� progressivamente le campagne del Mediterraneo, diffondendosi fra Centro e Sud Italia: poi arrivarono l'invenzione della salsa a fine Settecento e il fortunato matrimonio con la pasta nel secolo successivo. Il nostro Paese si presta per clima e tradizione alla coltivazione del pomodoro e ci sono alcuni comuni italiani che ne hanno fatto un'eccellenza specifica del proprio territorio. Come San Marzano sul Sarno (Salerno): sul terreno vulcanico dell'Agro nocerino-sarnese si coltiva una variet� molto allungata, che ha ottenuto la certificazione DOP. In Sicilia c'� Pachino, paese del siracusano noto gi� ai greci per la fertilit� dei suoi terreni. Il disciplinare IGP del Pomodoro di Pachino include diverse variet�, fra cui spicca il ciliegino, dal colore rosso vivo e la forma tonda. La Denominazione Comunale d'Origine (DeCO) si applica a ogni pomodoro raccolto a Belmonte, in provincia di Cosenza: un emigrante calabrese di ritorno dall'America ci avrebbe portato i semi della prima pianta. I frutti di questa terra, di colore rosso chiaro, sono carnosi e superano di solito il chilo di peso. Per assaggiare il costoluto fiorentino basta un giro nelle campagne toscane: la polpa succosa e saporita lo rende perfetto per la preparazione della salsa. Il pomodoro Regina, le cui foglie formano una sorta di corona, � tipico invece della costa adriatica della Puglia. Nel cuore dell'Agro Pontino (di Mattia Scarsi, "Bene Insieme" n. 4/18) - Due giorni a Latina, la citt� del '900, passando per Sperlonga, Gaeta e il parco del Circeo - In pieno centro Italia, poco pi� a sud di Roma, c'� una citt� moderna per fondazione e carattere, una meta molto apprezzata dai turisti e dai villeggianti perch� � ricca di suggestioni artistiche e di attrazioni naturali in una scenografia che varia dalle fresche colline dell'Agro Pontino ai lidi incantevoli che si affacciano sul Tirreno, passando per la bellezza di Sperlonga e Gaeta, per la poesia mitologica di un luogo come il Circeo. Se non avete ancora indovinato, ve lo diciamo noi: questo mese andiamo alla scoperta di Latina, definita "citt� del '900" e conosciuta anche come Littoria, nata da un imponente lavoro di bonifica dell'Agro Pontino, alla fine degli anni '20 del secolo scorso. Da questa base ci inoltreremo nei dintorni, nella sua provincia che, soprattutto a primavera inoltrata, regala tante sfumature per vivere un intero fine settimana all'insegna dell'arte, del divertimento, del folclore e della tintarella. Il fulcro della vita e del raccoglimento cittadino si svolge nella storica Piazza del Popolo. Partiamo da l� dunque, dove risiede il Palazzo del municipio con la sua grande Torre e la Fontana centrale (Fontana della Palla) con la famosa sfera di marmo sulla cui posa esistono svariate leggende. Quello che � certo � che tutta la piazza, nella sua sobria linearit�, disegna davanti a voi una simmetria lineare, spoglia, quasi metafisica, molto somigliante a una tela di De Chirico o di Sironi. Ogni prima domenica del mese, nella Piazza si stanzia un mercatino dell'antiquariato assai frequentato dai locali. Proseguendo per Piazza della Libert� trovate il Palazzo del Governo con iscrizioni di Plinio il Vecchio, stemmi e sculture allegoriche. Al centro della piazza la fontana a due vasche sovrapposte che riceve l'acqua da fasci di spighe di grano, venne donata nel 1933 dalle citt� di Vasto e di Asti. Per chiudere la terna delle piazze, c'� da vedere Piazza del Quadrato, simbolo del passaggio da borgo rurale a citt� moderna, come sottolineano le statue dei portici, opera di Egisto Caldana, raffiguranti temi agricoli. La fontana dello scultore Pasquale Rizzoli domina la piazza e rappresenta la palude liberata dalle acque. Le linee forti e marcate della statua bronzea vi trasmetteranno tutto il vigore e la concentrazione che richiede l'imponente sforzo fisico della bonifica. Prima di pranzo, dirigetevi verso il litorale della citt� con l'idea, tempo permettendo, di consumare sul posto un pranzetto light a base di pesce. Da Sabotino fino ad arrivare alla spiaggia detta della "Bufalara" ci sono locali e stabilimenti balneari attrezzati, adattissimi sia per le famiglie, sia per chi cerca pace e comodit�. In alternativa non mancano bei tratti di spiaggia libera: anche da qui potrete prendere il sole e magari fare il primo bagno della stagione. Come detto non mancano i localini dove mangiare una insalatina di mare tiepida con un calice di bianco frizzantino e per la siesta post-prandiale, cosa c'� di meglio di morbide dune sabbiose? Se troppo relax non fa per voi, vi proponiamo attivit� ben pi� stimolanti: il trekking per esempio che grazie alla vicinanza dei Monti Lepini � una passione ben coltivata da queste parti. Uno dei sentieri di trekking pi� classici e suggestivi � l'Anello del Monte Semprevisa: itinerario che permette in una sola escursione, di raggiungere il punto pi� alto dei Monti Lepini e di ammirare l'intero Agro Pontino. Fare sport in mezzo alla natura � un privilegio non sempre facile da ottenere: scendere con la canoa nel Cavata, piccolo fiume sotto il borgo medievale di Sermoneta, coniuga sport, ambiente con uno spruzzo, anzi tanti, di pura adrenalina. Pronti per l'avventura? Si parte dalle origini del fiume fino ad arrivare ai margini del Monumento Naturale Regionale "acque sorgive di Monticchio" per un percorso avvincente di circa due ore e mezza, nella bellezza verace di questo territorio. Non � necessaria una particolare abilit�, ma i bambini, ovviamente, devono essere accompagnati dai genitori o da un adulto. Prima di gettarvi fra le "rapide", ecco qualche consiglio sull'equipaggiamento: abbigliamento sportivo, con pantaloni lunghi, cappellino e scarpe chiuse. In caso di giornata variabile, meglio portare felpe e giacche impermeabili sopra gli abiti, per proteggersi dal freddo, dagli schizzi d'acqua e dalla pioggia. La citt� di Latina � un ottimo punto di partenza per andare, nel vostro secondo giorno di permanenza, alla scoperta delle meraviglie dell'Agro Pontino: Sperlonga, il Circeo e le localit� del Golfo di Gaeta, tutte meritevoli e poco distanti dalla citt�. Una di queste meraviglie � sicuramente il Lago di Fogliano, un'oasi di pace che si trova nel Parco Nazionale del Circeo, a pochi chilometri dal centro citt�. � uno dei laghi salmastri pi� grandi della provincia di Latina e pu� essere percorso per quasi tutta la sua interezza grazie a una serie di sentieri che attraversano i boschi di cui � circondato. In un posto come questo, potete scegliere di muovervi a piedi o in bicicletta, si pu� praticare la pesca e gli appassionati di birdwatching hanno un'avifauna numerosissima da osservare che comprende fra gli altri, germani reali e cormorani. Sempre a Fogliano trovate uno dei Parchi Letterari pi� belli d'Italia: ne avete mai visitato uno? I parchi letterari sono sezioni di territorio che illustrano l'evoluzione dello stesso e della comunit�, attraverso la letteratura. Questo � dedicato a Omero, che nelle pagine delle sue avventure epiche, descrisse alcuni dei paesaggi della pianura pontina. A 50 km da Latina c'� uno dei borghi pi� belli d'Italia grazie al suo centro storico dal tipico aspetto mediterraneo: per questo e altri motivi non perdetevi Sperlonga, conosciuta soprattutto per le sue spiagge e il suo splendido litorale che da 18 anni consecutivi si aggiudica la Bandiera Blu. Il territorio circostante fa della fantasia il suo punto di forza: alle spiagge dalla sabbia fine e bianca, si alternano speroni di roccia che sembrano quasi precipitare verso il mare. Da questo immobile movimento, si formano delle meravigliose calette che spesso sono raggiungibili solo in barca. Queste formazioni le potete ammirare, percorrendo la zona pi� a sud della cittadina in direzione del promontorio di Gaeta. Il borgo di Sperlonga conserva architetture civili, religiose e militari e anche un importante sito archeologico. Tra quelle civili vale la pena menzionare sicuramente Palazzo Sabella. Va detto inoltre che per la sua posizione, nel territorio di Sperlonga furono costruite varie torri di avvistamento per difendersi dalle invasioni dei Saraceni, tra cui la Torre Centrale detta anche Torre Maggiore che faceva parte di un sistema pi� ampio di strutture difensive realizzato nel corso del XVI secolo. Altra torre nei dintorni � la Truglia, costruita sulla punta del promontorio dove sorge il paese e in un ottimo stato di conservazione anche perch� per anni � stata la sede della Guardia di Finanza. Tra le costruzioni religiose potete visitare la Chiesa di Santa Maria, composta da due navate. All'interno � possibile vedere una tela che raffigura la Madonna Assunta posta sull'altare maggiore e una statua lignea di San Leone Magno. Ci� che pi� d'ogni altra cosa ha alimentato e alimenta il flusso turistico di Sperlonga e la sua fama nel mondo, � la Villa dell'imperatore romano Tiberio che costituisce un ampliamento di una precedente villa, risalente al periodo tardo repubblicano; gli ambienti interni sono disposti intorno a un portico e qui si trova anche una grotta naturale. Non perdetevi questo incommensurabile patrimonio archeologico. Prima di tornare a casa, chiudete questa seconda giornata all'insegna dello spettacolo della Natura! Visitate il parco regionale della Riviera di Ulisse, un'area protetta compresa nei comuni di Gaeta, Formia, Minturno e Sperlonga che si estende su una superficie di ben 434 km quadrati. Vicino a Gaeta, per il gran finale, ecco le falesie di Monte Orlando, costituite da alte pareti di roccia che sprofondano verso il mare. Guardatevi intorno: osservate l'armonia fra storia, leggenda e natura, la suggestiva commistione che, sin dai tempi dei romani, ha reso questo luogo la meta prediletta di molti viaggiatori. Dalla costa, in parte ricoperta da macchia mediterranea, la vista spazia e si pu� intravedere il promontorio del Circeo e, nelle giornate pi� limpide, anche il Vesuvio. In una delle sue fenditure troverete una delle attrazioni pi� belle di Gaeta. Si tratta della Grotta del Turco, un enorme antro naturale, caratterizzato da un'altissima volta: ad esso si accede da una vertiginosa scalinata sita nei pressi dell'ingresso del Santuario, e man mano che si scende fino alla sua base, la grotta si apre in tutta la sua magnificenza. Bagnata dalle acque turchesi del mare, deve il suo nome ai pirati Saraceni che, nel IX secolo, durante le scorribande ai danni del Ducato di Gaeta, trovavano riparo nelle spaccature del Promontorio. In mezzo al mare: sull'isola di Palmarola Come se non bastasse gi� tanta meraviglia, all'interno del parco del Circeo potete visitare Parmarola, la pi� selvaggia delle isole Pontine, che prende il nome dalle numerose palme nane presenti. Le sue coste sono semplicemente meravigliose e l'acqua, particolarmente pescosa, � fra le pi� belle del parco. Le numerose grotte e calette sono variazioni sul candido tema delle scogliere bianche. Bella, selvaggia, verace, a Parmarola gli amanti del trekking possono avventurarsi in un'escursione della Selva di Circe, uno dei rari esempi meglio conservati e pi� estesi di foresta di pianura esistente in Italia. Il buono del paese Fave, pancetta e pecorino - Triade insuperabile fra gli antipasti, si possono gustare anche come secondo piatto. L'accostamento della pancetta dolce, o guanciale, � un tocco che arrischisce questo saporito piatto, da accompagnare con pane casereccio e del buon vino rosso. Stringozzi - Detti anche strozzapresti, sono la pasta fresca tipica della provincia di Latina. Si presentano sotto forma di strisce a sezione quadrata, sono di colore bianco e hanno una consistenza farinosa. Tiella di Gaeta - Una specialit� gastronomica tipica, consistente nell'interporre un ripieno di prodotti della terra o del mare, tra due sfoglie di pasta. Ne esistono diverse varianti, da quella con il polpo a quella ripiena di scarola con baccal� o acciughe ed olive di Gaeta, ma anche di sarde o alici, cipolla e molto altro. Baudo ricorda Caruso (di Stefania Zizzari, "Tv Sorrisi e Canzoni" n. 5/18) - Il celebre conduttore televisivo parla dell'autore e direttore d'orchestra, suo inseparabile amico, recentemente scomparso - "� un giorno triste per me. Molto triste" ammette Pippo Baudo. Sono da poco terminati i funerali del suo amico, il maestro Pippo Caruso, e il conduttore appare davvero provato. "� stato l'uomo pi� importante della mia vita di artista, il rapporto professionale pi� formativo. Pippo mi ha insegnato davvero tanto". - Quando vi siete conosciuti? "Al ginnasio a Catania. Io volevo gi� lavorare nello spettacolo e presentavo i veglioni e le serate di Carnevale. Lui aveva una band, suonava il basso, all'inizio, poi ha cominciato anche con la chitarra e il pianoforte. Un po' lo invidiavo, nel senso migliore del termine, perch� era bravissimo e faceva concerti in giro per la Sicilia. Finch� un giorno Dora Musumeci, la grande pianista jazz, lo not� e lo port� via". - Dove? "Nei locali pi� famosi di tutta Italia. La sua raffinata orchestra aveva musicisti internazionali e riusciva a spaziare tra tutti i generi musicali. E poi aveva un segreto...". - Siamo curiosi, ci dica quale. "Ogni musicista suonava due o tre strumenti: in questo modo l'orchestra cambiava suoni e registri, Pippo Caruso e la sua orchestra erano richiestissimi anche all'estero. And� in America e l� ci incontrammo di nuovo". - Come and�? "Lui suonava con l'orchestra sulle navi da crociera che partivano da New York per raggiungere i Caraibi e tornare indietro. Suonavano qualsiasi genere: dal jazz al musical, alla lirica... erano molto apprezzati. Nel 1972 ci siamo incontrati casualmente a New York e gli ho detto: "Pippo, devi tornare in Italia, dobbiamo lavorare insieme"". - Riusc� a convincerlo? "Ci pens� su. L� era molto richiesto e tornare nel nostro Paese rappresentava un'incognita. Ma si fid� di me. E nel 1973 debutt� a "Canzonissima"". - E poi cosa � successo? "Praticamente ci siamo "sposati" e siamo rimasti insieme per 40 anni!". - Sempre d'amore e d'accordo? "Sempre. Mai uno screzio, una litigata, un'incomprensione. Pippo era un uomo mite, modesto, pur consapevole delle sue straordinarie capacit� che gli venivano riconosciute da tutti". - Vi somigliavate? "Nella passionalit�. Ci buttavamo nelle cose da fare con dedizione totale. Passavamo notti intere a lavorare tra piano e spartiti. E se mi veniva un'idea, dopo mezz'ora lui aveva gi� pronta la canzone". - In cosa eravate invece diversi? "Lui era un solitario. Quando non lavorava amava stare a casa, in campagna, gli piaceva la meditazione. Io sono pi� "caciarone". Eppure eravamo sempre in sintonia". - C'era confidenza tra voi? "Molta. Ricordo quando si innamor� pazzamente di Greta, la donna che gli ha riempito la vita e di cui � stato marito innamoratissimo. Lei viveva a Torino e lui decise, testardo com'era, di convincerla a trasferirsi con lui a Roma. Mi chiese: "Vieni con me?". Prendemmo il treno, scendemmo a Torino Porta Nuova e arrivammo all'abitazione di Greta. Lui sal� e io rimasi ad aspettarlo sotto casa". - Altri ricordi che vi legano? "Facemmo una tourn�e in America. Ogni sera libera la passavamo a teatro, tra musical e concerti. E poi a cena. Ricordo che una sera volle a tutti i costi andare in un ristorante austriaco: amava sperimentare le cucine straniere. E cos� finimmo a mangiare gulasch (spezzatino tipico della cucina ungherese che ha anche una versione austriaca, il rindsgulasch, ndr) a New York". - E a lei piaceva sperimentare in cucina? "Macch�. Mi costringeva (ride). Gli piacevano molto le specialit� cinesi e giapponesi. � solo grazie a lui che ho imparato a conoscere gli involtini primavera cinesi. Ma io ho sempre preferito andare sul sicuro con la cucina tradizionale italiana". - Era un uomo curioso. "S�. Mi ha sempre sorpreso come in un paese piccolo in provincia di Catania possa essere nato un uomo con una mente cos� vasta e straordinaria. Parlava correntemente inglese, francese e tedesco. Ricordo che a un Festival di Sanremo Gilbert B�caud, dopo aver ascoltato l'arrangiamento di Pippo della canzone "C'est en septembre", rimase muto per la meraviglia, lo abbracci� e mi disse: "Lo porto via con me!". E io: "Non se ne parla proprio!"". - E il suo look da moschettiere? "Fui proprio io a soprannominarlo D'Artagnan". - Cosa ammirava di pi� del suo amico e collega? "La meticolosit�, che poi � anche la mia. Noi siamo nati per fare questo lavoro e di questo lavoro eravamo malati. Non c'era tempo di fare altro: quando ci incontravamo per lavorare a un concerto, passavamo intere giornate immersi nella musica e ci scordavamo pure di mangiare". - E negli ultimi tempi? "Lo chiamavo spesso, anche due o tre volte al giorno, con la scusa di chiedergli di questa o di quella canzone. In realt� volevo solo tenere accesa la sua curiosit�. E sa una cosa? Fino alla fine era cos� informato e aggiornato che era lui a suggerirmi di ascoltare dei pezzi che lo avevano colpito. La musica lo ha accompagnato per tutta la vita". Una vita sul palco, da Canzonissima a Sanremo Pippo Caruso era uno di quei volti talmente familiari al grande pubblico da sembrare immortali. La figura asciutta, il contegno timido e soprattutto quei baffetti da moschettiere l'hanno reso un vero personaggio televisivo, al di l� della sua stessa volont�. Caruso era piuttosto schivo e riservato. Nato a Belpasso, in provincia di Catania, era andato a vivere nel verde, a Passo Corese, frazione di Fara in Sabina (Rieti), ma a un passo da Roma, sempre pronto a tornare a lavorare. Almeno finch�, in seguito a una banale caduta in casa, la rottura di un femore lo aveva costretto su una sedia a rotelle. I postumi dell'incidente lo hanno condotto lentamente alla fine, avvenuta a 82 anni, nel tardo pomeriggio del 27 maggio. La moglie � una signora polacca che Caruso, cos� aveva raccontato in una rara intervista, aveva conquistato in un night romano eseguendo "Ne me quitte pas". La vedova racconta: "� successo in casa, ed eravamo tutti con lui, io e i nostri quattro figli. Sono venuti spesso gli amici pi� cari. Mio marito anche negli ultimi tempi era continuamente al telefono, soprattutto con Pippo Baudo". Del conterraneo Baudo, Caruso era stato compagno di scuola. E dalla "Canzonissima '73" diventarono inseparabili. Impeccabile come direttore d'orchestra, dalla sinfonica della Rai a quelle di Sanremo, Caruso ha avuto un'intensa attivit� come autore di musiche e arrangiatore. Suo � il popolarissimo jingle "Perch� Sanremo � Sanremo". Senza dimenticare le hit dei bambini di tutte le et�: "Johnny Bassotto" e "La tartaruga". Tour de France 2018: Alpi e Pirenei, cronometro, strappetti e pav� Bello, molto bello, bellissimo. Tali aggettivi, riferiti a corse a tappe, sono spesso rivolti al Giro d'Italia, raramente alla Vuelta a Espa�a, quasi mai al Tour de France. Invece, nella Grande Boucle 2018, possiamo dirlo: Christian Prudhomme e i suoi si sono superati. In positivo. Raramente si � visto un Tour cos� ben disegnato, con tanti trabocchetti disseminati su tutto il tracciato e con una simile concentrazione di salite, per altro particolarmente arcigne. Un tracciato che, ancor pi� di quello 2017, strizza l'occhio alle stelle di casa. Le quali, per�, dovranno sudare prima di giungere sulle tante montagne alpine e pirenaiche. Cronometro a squadre e pav� sono i principali deterrenti nella prima settimana, in cui non sono comunque da sminuire altri possibili imprevisti. Rispetto al desolante percorso (e edizione) 2017, vi sar� solo un breve tratto in terra straniera, contro i quattro paesi attraversati nell'ultimo tour. Inoltre varia, e di molto, la lunghezza complessiva del tracciato, per un Tour mai cos� corto dal 2003 in poi. Quello che salta immediatamente all'occhio � la variet� nel disegno delle tappe. Dimenticato Leblanc e anche il se stesso versione 2017, Christian Prudhomme, assieme ovviamente al suo gruppo di lavoro, ha creato un Tour equilibrato. Otto tappe per velocisti, cinque per i differenti corridori da classiche e per i fuggitivi, sei per scalatori, una cronometro a squadre e una cronometro individuale. Certo, magari una tappa per sprinter in meno non sarebbe dispiaciuta, ma non ci si pu� lamentare. Anche perch� il ritorno del pav�, nella versione nobile e in lunghezza sinora mai affrontata nei tempi recenti, � un bonus da utilizzare per coprire alcune pecche. Piace inoltre la volont� di allargare gli orizzonti: ci sono s� le vette storiche, ma finalmente anche in Francia si sperimentano nuove asperit� come il Plateau de Gli�res e il Col de Portet, due salite per conformazione pi� vicine a quelle del Giro che a quelle della Grande Boucle. Inoltre � decisamente invitante sia il trittico alpino, con un traguardo in discesa e due in salita, che quello pirenaico, con due arrivi in discesa e uno in salita. Addio, infine, ad alcuni "mostri" visti in passato, come Pirenei messi solo in avvio di tappa o lunghe sequenze di piattoni nella prima settimana. Va per contro rilevato che il Tour de France 2018 sar� il pi� breve dal 2003 ad oggi: 3329 i km previsti, vale a dire 187 in meno rispetto al 2017. Una tappa di media lunghezza in meno, dunque; tale mancanza viene resa possibile dalla presenza di ben due minitappe di salita. Forse per il futuro questo aspetto sarebbe auspicabile venisse tenuto a mente, ma la tendenza spinge in senso opposto. La presenza di un'unica crono individuale, seppur interessante nel percorso, porta a soli 31 km nell'esercizio: dal 1934 a oggi sar� l'edizione con meno km nella specialit�, fatto salvo il caso del 2015 con 13.8 km dell'apertura neerlandese. Giusto non esagerare, ma forse l'inserimento di una seconda prova non avrebbe guastato. Un elemento interessante � quello riguardante l'inserimento degli abbuoni ad un traguardo volante posto nel finale delle tappe. 3-2-1 i secondi di bonification per i primi tre a transitare. Scelta che punta ad aggiungere pepe e incertezza. Ma proporla solamente per le prime nove tappe appare un controsenso: vi saranno uomini di classifica intenzionati a lanciarsi nella contesa? Con grande probabilit�, nessuno. Se tale accorgimento fosse stato proposto anche per le due settimane seguenti, ecco che qualche maggior interesse avrebbe potuto proporlo.