Luglio 2020 n. 7 Anno L MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice Effetto Covid Le tracce utili Dipendenza dallo smartphone, ecco come affrontarla A che cosa serve un amico Radicchio, il fiore da tavola che mantiene giovani Alla scoperta del Salento: Frigole Tormentoni 2020, la colonna sonora della "strana" estate Effetto Covid (di Margherita Fronte, "Focus" n. 333/20) - Perch� il nuovo coronavirus si � dimostrato diverso da tutti gli altri e perch� in futuro dobbiamo aspettarci nemici sempre pi� difficili da fronteggiare - Da circa sei mesi un virus che assomiglia a quelli del raffreddore tiene il mondo sotto scacco. SARS-Cov-2 si diffonde molto rapidamente; pu� uccidere, oppure passare nel corpo senza lasciare traccia. Si trasmette con un'efficacia sorprendente, e salta da una specie all'altra con una facilit� mai vista prima. All'inizio si pensava che colpisse soltanto le vie respiratorie, ma poi si � scoperto che danneggia moltissimi organi. Per un po' si � ritenuto che chi non manifestava i sintomi dell'infezione non potesse contagiare altri, ma poi si � visto che proprio la trasmissione dagli asintomatici ha accelerato la diffusione della malattia. A lungo si � sperato che risparmiasse i pi� piccoli, ma poi si � scoperto che - per fortuna molto raramente - pu� determinare nei bambini e negli adolescenti una grave infiammazione dei vasi sanguigni, che in qualche caso � risultata letale. Tutti gli agenti infettivi nuovi riservano delle sorprese, perch� la scienza ha bisogno di tempo per studiarli e per capirli. L'imprevedibilit� del nuovo coronavirus � per� essa stessa una sorpresa. "La peculiarit� pi� specifica di SARS-Cov-2 riguarda la variet� di sintomi e manifestazioni che pu� determinare", spiega Mario Clerici, Direttore del Dipartimento di fisiopatologia medico-chirurgica e trapianti dell'Universit� degli Studi di Milano. "Non ci sono altri virus cos�. Quello dell'Aids, per esempio, pur colpendo molti organi, ha caratteristiche chiare che si ripetono in tutti i pazienti. Altri agenti infettivi possono invece determinare quadri clinici pi� o meno gravi, ma il nuovo coronavirus li supera di gran lunga e questa variabilit� rappresenta un fatto nuovo". Le ragioni del fenomeno non sono note. Sappiamo che la malattia � pi� seria negli anziani, nei fumatori e nelle persone con patologie croniche. Eppure, sono finiti in terapia intensiva anche giovani sportivi che non avevano nessun fattore di rischio conosciuto. Sappiamo che la causa pi� comune dei decessi � la polmonite. Ma quando i medici hanno iniziato a compiere le prime autopsie sono rimasti sorpresi dall'estensione dei danni in tutto il corpo. SARS-Cov-2, infatti, ha la capacit� di colonizzare moltissimi tessuti, ed � stato associato a problemi cardiaci, insufficienza renale, danni al fegato. Studi recenti hanno dimostrato che pu� anche determinare la formazione di coaguli nei vasi sanguigni, causando trombosi, ictus e infarti. L'infezione colpisce inoltre l'intestino, e pu� manifestarsi anche soltanto con febbre e diarrea. Ed � stata associata a disturbi neurologici, perch� sembra che il virus possa arrivare al cervello, passando dall'epitelio olfattivo del naso, che � fra i primi tessuti colonizzati (per questo, un sintomo molto comune � la perdita dell'olfatto). L'entit� dei danni di Covid-19 era del tutto inattesa anche perch� il nuovo virus � quasi identico a quello della Sars, la polmonite che fra il 2002 e il 2003 mise in allarme il mondo causando qualche centinaio di morti, e che tuttavia colpiva "soltanto" le basse vie respiratorie. E a rendere il puzzle ancora pi� complesso c'� il fatto che i due agenti infettivi utilizzano la stessa porta di ingresso per entrare nelle cellule (la proteina Ace2) e che quindi, sulla carta, dovrebbero agire in modo simile. Cos�, per spiegare il diverso comportamento di SARS-Cov-2, � stato ipotizzato che il nuovo coronavirus possa avere anche un secondo meccanismo di accesso alle cellule, non ancora identificato, che gli permetterebbe di colonizzare organi diversi. La scienza � invece gi� in grado di spiegare altri comportamenti anomali del virus, che dipendono dalle caratteristiche molecolari individuate dall'intenso lavoro di ricerca compiuto, nei mesi scorsi, dai laboratori di tutto il mondo. Come gli altri coronavirus, SARS-Cov-2 � un virus a Rna: il suo codice genetico � cio� conservato in una molecola (l'Rna, invece che il Dna come accade pi� spesso in biologia) che � molto instabile. Questa caratteristica � comune a molti altri agenti infettivi - fra cui l'Hiv, Ebola e i virus influenzali - che sono infatti soggetti a continue mutazioni, che ne modificano le caratteristiche. Al contrario degli altri virus a Rna, i coronavirus riescono per� a mantenere abbastanza costante nel tempo il loro codice genetico, perch� hanno un meccanismo molecolare che corregge le mutazioni, quando si verificano. Questa particolarit� ha parecchie conseguenze pratiche. Per esempio, rende pi� semplice l'individuazione di farmaci e vaccini utili. "Uno dei motivi per cui non si riesce a ottenere un vaccino contro l'Aids � proprio la grande variabilit� di Hiv. Con il nuovo coronavirus, questo compito sembra meno arduo", spiega Clerici, che assieme al suo gruppo di ricerca ha pubblicato su Journal of Virology uno studio proprio sul tasso di mutazione del virus. Per contro, la stabilit� genetica consente di smentire l'idea diffusa secondo cui Covid-19 � oggi meno aggressiva che nei mesi scorsi. "Non abbiamo nessuna prova che SARS-Cov-2 abbia modificato le sue caratteristiche", dice l'esperto. Uno studio dell'Universit� di Milano e del Cnr di Bari lo conferma: il confronto fra le sequenze genetiche di oltre 1.100 virus, isolati in diverse parti del mondo, mostra che il coronavirus di Covid-19 muta pochissimo. Cos�, anche se il futuro potrebbe ancora riservare delle sorprese, "oggi vediamo malati meno gravi perch� la pressione sui sistemi sanitari si � allentata, e quindi riusciamo a curarli prima, e perch� abbiamo fatto progressi nelle terapie. Il virus per� � sempre lo stesso", spiega Mario Clerici. Un'altra particolarit� che rende SARS-Cov-2 diverso da tutti i virus conosciuti � la grande facilit� con cui si trasmette da una specie all'altra. "Le analisi molecolari hanno accertato che � arrivato all'uomo dal pipistrello, forse tramite un ospite intermedio (il pangolino, accusato inizialmente, potrebbe essere invece innocente, stando agli studi pi� recenti)", spiega Clerici. Ma a questo iniziale spillover, termine con cui si indica il passaggio dall'animale all'uomo, � seguito uno "spillover inverso": noi umani abbiamo cio� trasmesso la malattia a diverse altre specie. "Fino a oggi non mi risulta che il fenomeno si sia mai verificato con questa entit� per altri agenti infettivi", dice l'esperto. I padroni dei gatti e dei cani hanno contagiato i loro animali da compagnia; mentre in Olanda sono risultati positivi i visoni di un allevamento. A New York, il personale di servizio dello zoo del Bronx ha trasmesso la Covid-19 alle tigri e ai leoni ospitati nella struttura, facendo scattare l'allerta in India, dove ora ci si preoccupa per le popolazioni di tigri selvatiche. L'attenzione � alta anche in Africa, perch� il passaggio di SARS-Cov-2 ad altri primati � tutt'altro che improbabile. Cos�, in una lettera aperta pubblicata su Nature, gli esperti del Great Ape Consortium, che tutela queste specie, hanno chiesto di sospendere il turismo e di limitare le attivit� di ricerca nelle zone che ospitano i grandi primati non umani, allo scopo di proteggerli dalla malattia. Ma, oltre a destare preoccupazione fra chi si occupa di conservazione della fauna selvatica, questo fenomeno fa anche suonare pi� di un campanello d'allarme per la nostra salute. Ci si chiede, per esempio, se gli animali contagiati possano a loro volta diffondere nuovamente l'agente infettivo. E ci si interroga anche sulle ragioni di questa grande versatilit� del virus, perch� la risposta che la scienza lascia intravedere � anche quella di fronte alla quale si vorrebbero chiudere gli occhi e le orecchie, per paura. "I dati da cui partire sono due: il primo � che siamo di fronte a un virus stabile, che muta poco, e che pu� contagiare molte specie animali con grande facilit�", riprende Clerici. "Il secondo � che, purtroppo, � gi� la terza volta in meno di 20 anni che un coronavirus portatore di una malattia potenzialmente letale passa dai pipistrelli all'uomo. In precedenza, i soli coronavirus capaci di infettarci erano quelli del raffreddore". I due precedenti sono la Sars, emersa nel 2002 e poi scomparsa nell'estate seguente (senza che se ne sia ancora capito il motivo), e la Mers, la sindrome respiratoria mediorientale, comparsa nel 2012 e tuttora diffusa in alcuni Paesi arabi. "I tre agenti infettivi sono molto simili fra loro e questo significa che nei pipistrelli circola un coronavirus che, modificandosi di pochissimo, pu� passare a noi e causare malattie molto gravi", conclude Clerici. "Dopo la Sars, la Mers e Covid-19 dobbiamo quindi aspettarci l'arrivo di un quarto coronavirus e magari anche di un quinto. La scienza deve studiare ci� che sta accadendo per capirne di pi� e preparare le difese. Dal canto loro, le autorit� sanitarie devono prendere provvedimenti per limitare i contatti fra le persone e la fauna selvatica, fonte di contagio". Le tracce utili (di Riccardo Oldani, "Focus" n. 333/20) - Facebook, Google, Apple e altre societ�, in situazioni di emergenza come quella attuale, utilizzano i nostri dati - in forma anonima - per aiutare gli esperti a trovare soluzioni efficaci. Anche in Italia - Giovanna � la mamma di due bambini. Vive nel quartiere Milano Bovisa insieme al marito, e l'emergenza Covid-19 ha rivoluzionato le loro abitudini di vita. Mentre lei pu� lavorare da casa in smartworking, suo marito anche durante il lockdown � sempre andato in fabbrica. Le scuole sono chiuse e Giovanna ogni giorno resta sola con i figli, che deve seguire mentre lavora. Quando esce a fare la spesa, per ottimizzare i tempi, usa una app che - basandosi sui dati Gps - le indica i negozi con meno code pi� vicini a lei. La donna � anche molto "social": condivide le sue foto su Instagram e usa WhatsApp per scambiare messaggi con gli amici... ovviamente mantenendo attiva la funzione di tracciamento della posizione. In questo modo, si sa, Giovanna sta fornendo ai gestori delle app che usa una miniera di informazioni su di s� e sulle sue abitudini. Ma i suoi dati finiscono anche nelle mani di un'ampia gamma di ricercatori - data scientist, epidemiologi, sociologi ed economisti -, che li utilizzano per studiare l'epidemia di Covid-19 e il suo impatto sulle nostre vite. A fin di bene. Un esempio emblematico di uso dei dati di questo tipo � quello dell'azienda statunitense Tectonix, specializzata nell'analisi di dati di localizzazione delle persone, per supportare le decisioni di aziende e istituzioni in molti settori, dall'urbanistica alle telecomunicazioni, dalla sanit� al marketing digitale. Agli inizi di marzo, quando il contagio di Covid-19 cominciava a diffondersi con grande rapidit� negli Stati Uniti, e ci si chiedeva come fosse possibile, Tectonix realizz� una mappa interattiva che mostrava chiaramente come i partecipanti a una serie di feste sulle spiagge di Fort Lauderdale, in Florida, dove erano presenti persone infette, si fossero spostati, nei giorni successivi, in migliaia di localit� in tutti gli Stati Uniti, diffondendo il contagio su vasta scala. Qualcosa del genere avviene anche in Italia. Un gruppo di studiosi dell'Universit� Ca' Foscari di Venezia, del Politecnico di Milano, dell'Universit� di Brescia e del Cnr, per esempio, ha potuto constatare come le misure di lockdown abbiano colpito principalmente le persone a basso reddito e le localit� in cui le disparit� sono pi� stridenti. "L'analisi ci ha mostrato come una misura uguale per tutti, la limitazione dei movimenti imposta per contenere il coronavirus, possa produrre effetti asimmetrici e colpire maggiormente alcune categorie di cittadini o aree del Paese", commenta Walter Quattrociocchi, che dirige il laboratorio di Data Science e Complessit� all'Universit� Ca' Foscari di Venezia, e che � stato uno dei coordinatori dello studio. Osservazioni del genere possono essere molto utili per modulare le politiche sul territorio e determinare l'impatto dei provvedimenti, fornendo a politici e amministratori uno strumento importante per capire la bont� o meno delle loro decisioni e correggerle in corsa, senza aspettare gli esiti di analisi tardive. Per il loro studio, Quattrociocchi e colleghi hanno usato serie di dati rese disponibili alla ricerca da Facebook, nell'ambito del programma "Data for Good", in corso da diversi anni, che ha consentito in passato di analizzare spostamenti di massa e fenomeni connessi a disastri naturali come eruzioni di vulcani, alluvioni e anche epidemie. Per esempio, utilizzando i "data for good" di Facebook, la Ong indiana Seeds ha potuto, nell'agosto del 2019, calibrare meglio i soccorsi a migliaia di persone costrette a lasciare le loro case in seguito a una disastrosa alluvione monsonica. L'esame delle direttrici di spostamento dei fuggitivi, tracciate attraverso i loro cellulari, ha infatti consentito di individuare le zone dove era pi� urgente allestire punti di soccorso. In modo simile, i dati di localizzazione hanno facilitato il coordinamento dei soccorsi in California, durante il terribile incendio di Camp Fire del 2018, o in Australia, all'inizio del 2020, quando roghi estesi su migliaia di ettari hanno devastato gran parte della costa occidentale del Paese. Facebook non � la sola societ� che ha deciso di mettere i dati di localizzazione in suo possesso a disposizione della ricerca. Anche Google utilizza i dati raccolti con Google Maps per produrre i "Mobility Report" per Covid-19, liberamente scaricabili dal Web, che ricostruiscono nel dettaglio, Paese per Paese, come � cambiato il modo di spostarsi dei cittadini verso diverse destinazioni, come negozi, parchi, uffici e abitazioni. Per l'Italia, � disponibile il dato nazionale e quello per ognuna delle 20 regioni, aggiornato praticamente in tempo reale, con un ritardo di soli due giorni rispetto al rilevamento. Apple, basandosi sui dati raccolti con la sua app Maps, ha realizzato un servizio simile, con lo stesso livello di aggiornamento. Anche societ� molto pi� piccole, ma estremamente specializzate, hanno deciso di percorrere questa strada. Un esempio � Cuebiq, azienda con sede negli Stati Uniti ma fondata da data scientist italiani, che rielabora dati di localizzazione desunti da app di uso comune (come quelle per trovare il distributore pi� vicino) per fornire servizi alle imprese. Da circa tre anni ha avviato un suo "Data for Good Program", con cui fornisce alla ricerca serie di dati resi totalmente anonimi. I dati di Cuebiq sono stati utilizzati per un'altra indagine sulla mobilit� in Italia, condotta dalla Fondazione ISI (Istituto per l'interscambio scientifico) di Torino, che realizza analisi di grandi serie di dati per studiare e interpretare fenomeni sociali tipici della nostra epoca. La Fondazione ISI ha avviato un suo Covid-19 Mobility Monitoring Project, con cui ha prodotto una serie di rapporti su come � cambiato il modo di spostarsi degli italiani, a partire dalle prime avvisaglie dell'epidemia fino al lockdown e alla cosiddetta "Fase 2", quando sono stati rimossi i divieti pi� rigidi. Ne sono scaturite osservazioni interessanti, in alcuni casi in contrasto con la realt� percepita. "Per esempio", dice Michele Tizzoni, data scientist della Fondazione che lavora al progetto, "abbiamo visto che in tutta la Penisola gli italiani hanno rispettato l'invito a stare a casa, ma in maniera uniforme e in alta percentuale solo dopo l'introduzione del lockdown, con norme che hanno avuto anche la funzione di dare ai cittadini l'esatta percezione del pericolo del contagio. La nostra chiusura non � stata totale come in Cina, perch� molte aziende di importanza strategica hanno continuato a lavorare. Ma nei week-end, in particolare, quando tutte le attivit� si fermavano, abbiamo riscontrato livelli di contrazione della mobilit� fino all'83% rispetto alla normalit�, del tutto paragonabili a quelli riscontrati a Wuhan, la citt� cinese epicentro dell'epidemia". Forse, tra i dati forniti da Cuebiq alla Fondazione ISI, rientrano anche quelli raccolti dallo smartphone di Giovanna. In realt�, nessuno pu� dirlo. C'� molto timore, a livello di opinione pubblica, sul fatto che i dati personali siano trattati davvero in modo anonimo. Questo anche per effetto di casi come quello di Cambridge Analytica, la societ� di analisi britannica fallita nel 2018 in seguito alla vicenda che port� alla luce l'uso non autorizzato dei dati di 50 milioni di americani, profilati per fini elettorali. "In realt�", spiega Tizzoni, "le serie di dati che ci vengono forniti da Cuebiq sono totalmente de-identificate, attraverso algoritmi di "privacy preserving", che li rendono non pi� riconducibili a singole persone. Per fare un esempio: nel fornire il dato sul raggio medio di spostamento degli utenti, calcolato prendendo come riferimento il luogo in cui ognuno di noi staziona pi� a lungo durante il giorno, cio� la nostra abitazione, Cuebiq non fornisce l'esatta localizzazione degli abitanti di un comune, ma li colloca tutti nel centroide della localit�, cio� la media geometrica di tutte le localizzazioni rilevate nel territorio". In altre parole, ipotizzando che il centroide di Milano si trovi in piazza del Duomo, � come se tutti i milanesi, anche Giovanna e la sua famiglia, abitassero nel salotto della citt�. Nel privare i dati di ogni traccia della nostra identit�, gli algoritmi di "privacy preserving" compiono, insomma, anche un atto di giustizia sociale: ci rendono tutti uguali e tutti inquilini della stessa casa. Dipendenza dallo smartphone, ecco come affrontarla ("RivistAmica" n. 7/19) - I segnali per capire quando l'utilizzo intensivo di questo strumento comincia ad essere un problema e i consigli pratici per ridurre l'attaccamento al dispositivo - Lo smartphone � diventata una presenza costante nella vita quotidiana di molte persone. Secondo un recente rapporto Agi-Censis il 61,7% degli utenti italiani (soprattutto tra i 18-34enni) lo usa anche quando si trova a letto, il 34% quando � a tavola e il 14% ha la pericolosa abitudine di adoperarlo mentre guida. Dati che descrivono una frequenza d'utilizzo che in alcuni casi pu� diventare un problema: "� un'abitudine che pu� trasformarsi in una dipendenza, con seri rischi per la nostra salute e per chi ci sta vicino", avverte Marcella Mauro, psicologa referente del Centro di Neuropsicologia dell'Apprendimento dell'Humanitas Medical Care di Milano. "Si parla di dipendenza tutte le volte in cui l'uso di qualcosa � disfunzionale. In questo caso, se lo smartphone viene utilizzato in qualunque luogo, tempo e spazio senza nessun limite". Ovviamente, ci sono livelli di gravit� diversi, e quando si raggiungono soglie di utilizzo pericolose pu� essere necessario anche rivolgersi a degli specialisti. I segnali pi� comuni a cui prestare attenzione sono il controllo ossessivo delle notifiche, l'incapacit� di avere o mantenere relazioni sociali "reali", il disagio che si prova quando il telefono � scarico o non ha linea, l'addormentarsi con lo smartphone in mano o l'accenderlo subito al risveglio. Quando si tengono questi comportamenti con una certa frequenza e intensit�, bisognerebbe porsi delle domande per capire se si sia innescata una dipendenza. Un meccanismo che pu� avere delle conseguenze molto negative. "Il primo grande problema riguarda la dimensione sociale - sottolinea Marcella Mauro -. Uno scorretto uso dello smartphone tende a isolare le persone e a renderle sempre meno inclini al contatto con gli altri". L'eccessivo attaccamento al telefono, poi, pu� peggiorare la qualit� del sonno, la produttivit� al lavoro, la capacit� di concentrazione e la memoria. Come "disintossicarsi" se si capisce di avere un problema di questo tipo? Il primo passo � prendere coscienza della propria condizione: "Non sempre ci si rende conto di quanto si adoperi davvero il cellulare - continua l'esperta -. Per questo motivo consiglio di attivare le app che consentono di visualizzare e gestire i tempi e i modi d'uso di questi device". Inoltre, si pu� iniziare a fissare degli orari di utilizzo: "Ad esempio, si pu� impostare una sveglia ogni 15, 20 o 30 minuti per segnalare il momento in cui si potr� andare a controllare il telefono. Pi� passer� il tempo e pi� l'obiettivo sar� quello di allungare la "pausa mediatica"". Altre soluzioni utili suggerite dalla dottoressa Mauro sono impostare il display dello smartphone non pi� a colori ma su scale di grigio, per evitare che tonalit� come il rosso e il blu attivino in noi l'ansia da controllo della notifica; lasciare il telefono fuori dalla stanza da letto utilizzando una sveglia tradizionale per svegliarsi; disabilitare le notifiche di chat e social network e impostare la modalit� silenziosa nelle situazioni pubbliche, come ad esempio in treno, durante i pasti o in metropolitana. Scuola, una settimana senza smartphone I ragazzi in et� scolastica, i cosiddetti "nativi digitali", sembrano essere tra le persone pi� a rischio di sviluppare una dipendenza dai device tecnologici. All'istituto di Istruzione Superiore Morea-Vivarelli di Fabriano (AN) � stato organizzato un interessante esperimento al riguardo: nello scorso marzo, infatti, 10 dei suoi studenti hanno accettato di vivere un'intera settimana senza smartphone. I risultati sono stati incoraggianti: dopo un momento iniziale di noia i ragazzi hanno infatti provato sensazioni positive e nessuno di loro si � "ritirato" prima della fine della settimana. Come si attiva la dipendenza "Il cervello umano � fatto per essere attratto dalle novit� - spiega la dottoressa Mauro -. Cos�, quando arriva una notifica, il nostro corpo rilascia un neurotrasmettitore, la dopamina, che ci d� una sensazione di appagamento. Ci sentiamo bene, gratificati, proprio come accade quando si fa uso ad esempio di alcol o nicotina. Non a caso la dipendenza da smartphone viene spesso accostata a quella da queste sostanze". A che cosa serve un amico (di Raffaella Procenzano, "Focus" n. 333/20) - Non d� solo gioia. � soprattutto un utile alleato al quale, nella vita quotidiana, non possiamo rinunciare. Perch� ci mantiene sani, ci aiuta nel lavoro, ci insegna a vivere in gruppo - Lo fanno tutte le scimmie, i cavalli, gli elefanti, i cetacei e naturalmente gli umani: si prendono cura di individui con i quali non sono imparentati, passano del tempo con loro anche se non � strettamente necessario, condividono il cibo. In altre parole, fanno amicizia. Ma perch�? Che cosa c'� di speciale in questo rapporto che ci � mancato tanto in queste settimane di lockdown e che in molti hanno riscoperto proprio grazie all'isolamento, magari contattando (anche se da remoto) persone che non sentivano da tempo? Secondo gli studiosi, solo gli umani e pochi altri animali sono davvero capaci di amicizia, e non � un caso che si tratti di specie che vivono in gruppi sociali stabili e ricchi di legami. "La vita di gruppo ha i suoi vantaggi, ma pu� diventare stressante: per esempio non sempre � possibile scappare nelle situazioni di conflitto. Ed � l� che entra in gioco l'amicizia", spiega Robin Dunbar, direttore del gruppo di ricerca sulle neuroscienze sociali ed evoluzionistiche dell'Universit� di Oxford. "Nel mondo dei primati, al quale apparteniamo anche noi, gli amici servono infatti a formare un'associazione difensiva che tiene gli altri individui a distanza, ma senza escluderli del tutto dalle relazioni". Appunto, "servono". Gli studi pi� recenti sulle dinamiche dell'amicizia dimostrano che abbiamo amici proprio perch� ancora oggi, nella vita di tutti i giorni, abbiamo bisogno di alleati. Ne � convinto Robert Kurzban, psicobiologo dell'Universit� della Pennsylvania (Philadelphia, Usa), che sostiene: "L'amicizia umana � il frutto di sistemi cognitivi che hanno la funzione di creare coalizioni in vista di potenziali controversie". Come dire: il nostro cervello � costruito per cercarci degli alleati. Non a caso, le ricerche provano che le amicizie si creano pi� facilmente con gli individui del "rango pi� alto disponibile" (per il semplice fatto che si tende a entrare in relazione con persone che hanno il nostro stesso status sociale e, quando si riesce, uno status superiore). Ne consegue che gli amici "pi� potenti possibile" sono anche coloro che potrebbero pi� facilmente fornire un aiuto in caso di difficolt�. Tutto qui? Niente affatto. Anche se gli scienziati si occupano di questo legame da poco tempo, appena una trentina d'anni, le ricerche ormai dimostrano che le amicizie danno in realt� un lungo elenco di benefici: riducono lo stress, fanno diminuire il rischio di ammalarsi, aumentano la produttivit� sul lavoro, durante l'infanzia insegnano la fiducia negli altri e quindi promuovono un migliore inserimento nella vita sociale. Inoltre, perch� no, rendono piacevole la vita in generale. Solo qualche dato. Le persone socialmente isolate hanno un rischio maggiore di patologie cardiovascolari, malattie infettive e pressione sanguigna elevata, sostengono molte ricerche. Mentre una meta-analisi (uno studio che ne raggruppa molti altri), condotta da alcuni scienziati della Brigham Young University (Utah, Usa), ha riscontrato un aumento del 50% della probabilit� di sopravvivenza a cinque anni di distanza per le persone con relazioni sociali pi� forti, anche a parit� di et�, sesso e stato di salute. I dati provenienti da 26 studi economici diversi, elaborati all'Ohio State University (Usa), hanno invece dimostrato che i gruppi di amici si comportano meglio dei gruppi di conoscenti quando occorre svolgere un compito che richiede un elevato numero di risultati, come pu� succedere in un ambiente di lavoro molto competitivo. Vantaggio confermato anche nella particolare situazione in cui i fondatori di un'azienda siano ottimi amici tra loro: resisteranno molto pi� a lungo alla tentazione di sciogliere la societ� non appena i conti economici diventano problematici. Lo provano gli esperimenti condotti dai ricercatori della Wharton Business School (Universit� della Pennsylvania, Usa), in cui veniva simulata questa situazione. Quanto alla piacevolezza di passare del tempo con un caro amico, � tutta questione di chimica. Il piacere � legato in particolare all'aumento di ossitocina, un ormone coinvolto nella formazione dei legami madre-figlio e in quelli di coppia. Questo ormone aumenta le premure verso gli altri, promuove i sentimenti di fiducia e incoraggia la generosit�. Ma l'ossitocina non agisce da sola: hanno un ruolo anche le beta-endorfine, neurotrasmettitori simili agli oppioidi, che vengono prodotti dal cervello per resistere per esempio alla fatica muscolare. In un esperimento di alcuni anni fa � stato dimostrato che se una persona fa canottaggio insieme ai propri amici, e quindi condivide lo sforzo della remata, produce molte pi� beta-endorfine rispetto a quando rema da sola, anche se la fatica � identica. Sono quindi queste sostanze, insieme all'ossitocina, a dare benessere al cervello quando si sta in buona compagnia. Del resto, "l'esclusione sociale e la perdita degli amici provocano sensazioni molto vicine al dolore fisico", dice Lauren Brent, neurobiologa della Duke University (North Carolina, Usa), che studia proprio le molecole legate a questo sentimento. Utilit� o benessere, quindi? Qual � il vero scopo dell'amicizia? Se lo � chiesto anche la sociologa olandese Mariska Van der Horst, dell'Universit� di Utrecht, con un maxi-studio in cui ha esaminato il comportamento e le opinioni di oltre 24-mila persone. "C'� un proverbio che recita: "Gli amici sono simpatici, i parenti sono utili", ma non � cos� schematico", dice la studiosa. "Anche nell'amicizia lo scambio di favori reciproci ha un peso importante: quando abbiamo bisogno di supporto concreto non ce lo danno solo le persone con cui siamo imparentati. Per� anche il piacere di passare tempo con un amico senza volere nulla in cambio resta importante e in questo caso meglio incontrarsi di persona. Una delle cose che emergono dalla nostra indagine, per esempio, � che a contare non � il numero di amici, ma la qualit� della relazione. Insomma, meglio pochi e stretti". L'importante � frequentarli: Robin Dunbar ha calcolato che se nell'arco, per esempio, di 18 mesi due amici non interagiscono mai, perdono il 15% della loro vicinanza emotiva. E la lontananza cresce se il periodo si allunga. Per perdersi del tutto, comunque, occorre tempo: una ricerca condotta negli Usa su un campione di trentenni ha provato che le persone che vivono a grande distanza possono restare amiche anche per 8 anni o pi�. Ma per le amicizie nate nella tarda adolescenza (tra i 16 e i 19 anni) tutto ci� sembrerebbe non valere: anche dopo una lunga lontananza questi amici spesso possono riprendere la relazione esattamente da dove l'avevano lasciata. Chi sono, dunque, gli amici? Di solito sono persone il pi� possibile simili a noi, dicono le statistiche: stesso sesso, fascia di et�, grado di istruzione, status sociale. Ma non basta. Una ricerca di alcuni anni fa aveva addirittura dimostrato che gli amici sono "vicini" anche dal punto di vista genetico, pi� simili di quanto sarebbe possibile se la somiglianza fosse solo casuale: possono avere tanti geni in comune quanto i parenti di quarto grado (per esempio due cugini). Il che spiegherebbe perch� ci diamo tanto da fare per aiutare un estraneo: anche se non imparentato, potrebbe ugualmente possedere - e magari trasmettere - una parte dei nostri geni. Una cosa � certa, per�: gli amici pensano utilizzando gli stessi meccanismi mentali. Lo ha dimostrato due anni fa Carolyn Parkinson, psicologa dell'Universit� della California a Los Angeles, scansionando con la risonanza magnetica i cervelli di 42 studenti ai quali venivano mostrati filmati di molti tipi diversi (si andava dal documentario alla canzone folk, dalla manifestazione di protesta al monologo comico). I cervelli degli amici si "accendevano" nello stesso modo e negli stessi tempi in molte aree della corteccia, come quelle coinvolte nel modo di porre l'attenzione, nel decifrare gli stati mentali altrui, nell'elaborare il linguaggio e il contenuto narrativo delle storie, e naturalmente quelle importanti per il coinvolgimento emotivo. Erano cos� simili che dal risultato dell'esame la studiosa poteva indovinare chi fosse amico di chi, solo osservando le reazioni dei cervelli. L'ipotesi � che la stessa modalit� di leggere la realt� renda pi� facile comunicare, e che quindi sia per questo che scegliamo per amici proprio queste persone piuttosto di altre: non solo ci capiscono, ma ragionano come noi. Che cosa � l'amicizia? Gli scienziati ne danno una definizione molto pragamtica, basata sulle azioni: per la neurobiologa statunitense Lauren Brent: "Gli amici si impegnano molto pi� spesso e per periodi pi� lunghi rispetto ai non amici in alcune attivit�: conversare, urlare, cooperare alla ricerca di qualcosa, rannicchiarsi uno vicino all'altro, condividere il cibo, allearsi contro altri individui". Una descrizione che si adatta benissimo all'uomo ma pure ad altre specie animali. Anche le relazioni sessuali potrebbero far parte di questo quadro, se le azioni vissute insieme sono le stesse che si farebbero con un amico (e del resto si pu� dire che i membri di molte coppie affiatate siano anche amici tra di loro). Noi come loro Nell'amicizia non siamo soli: "Molti studi hanno dimostrato che, come l'uomo, gli individui di parecchie specie sanno riconoscere le relazioni che hanno tra loro altri membri del gruppo. In natura essere amici serve: i maschi che hanno legami con altri maschi hanno pi� cuccioli, le femmine con le amicizie pi� durature e salde hanno un maggior numero di figli che arrivano all'et� adulta", dice Robert Seyfarth, primatologo dell'Universit� della Pennsylvania (Usa). Qualche esempio? Alcuni esperimenti hanno provato che i corvi riconoscono gli amici (membri del gruppo con i quali avevano passato del tempo) anche dopo tre anni che non si vedevano pi�. Anche le iene maculate e i delfini formano vere reti di amicizia. Ma i comportamenti pi� stupefacenti si osservano negli scimpanz�, che riescono a stabilire relazioni di fiducia. In un esperimento condotto da Jan Engelmann dell'Universit� di Berkeley, California, alcuni scimpanz� presi a coppie dovevano scegliere tra due corde: se uno dei due tirava la prima corda riceveva un cibo qualunque, se tirava la seconda, l'altra scimmia riceveva un cibo molto pi� ghiotto. Quando la coppia era formata da amici, invariabilmente lo scimpanz� tirava la seconda corda, contando sul fatto che l'amico avrebbe diviso con lui il cibo appetitoso. Se la coppia era formata da scimpanz� non molto affini, era invece pi� raro che venisse scelta la seconda corda. Radicchio, il fiore da tavola che mantiene giovani ("RivistAmica" n. 9/17) - A lungo rimasta confinata nel trevigiano, questa variet� di cicoria selvatica si � diffusa oggi grazie alla sua croccantezza e alle propriet� antiossidanti - La prima volta in cui il radicchio � comparso su una tavola, probabilmente, lo ha fatto per caso. La leggenda vuole che alcuni contadini del trevigiano intendessero conservare nelle stalle una variet� di cicoria selvatica per nutrire i loro animali, salvo accorgersi poi che i cuori di radicchio, invece di marcire, diventavano gustosi e croccanti. Da allora questo alimento si � ritagliato il suo spazio in molti piatti, dal risotto all'insalata. Merito anche delle numerose propriet� benefiche che lo caratterizzano. Leggende a parte, si sa che la coltivazione del radicchio si � imposta nella provincia trevigiana a partire dalla met� del XIX secolo, grazie soprattutto all'introduzione di una particolare tecnica, quella della forzatura-imbianchimento, che produsse l'alimento come oggi lo conosciamo. Questa particolare variet� di cicoria selvatica, per�, si mangiava a livello locale gi� dal XVI secolo: lo dimostrano una ricerca dell'Universit� di Padova e un dipinto, "Nozze di Cana" di Leandro Bassano, in cui foglie di un ceppo di radicchio spuntano da un cesto di primizie. Negli anni '20 del Novecento, il radicchio ha progressivamente conquistato le tavole degli italiani, ispirando anche descrizioni poetiche: "Il radicchio di Treviso � un fiore commestibile [...] sembra, nella casalinga insalatiera, un mazzo d'orchidee in una preziosa coppa di porcellana", scriveva ad esempio Elio Zorzi nel 1928. Grazie anche alla nascita di piatti tipici come il risotto alla trevigiana, l'ortaggio ha avuto una diffusione senza limiti: i semi del radicchio sono arrivati anche nello spazio, durante una missione del 1998 in cui la Nasa mirava alla sperimentazione degli effetti della microgravit� su sementi e piante. Se il radicchio fa parte del nostro men� � anche grazie alle sue propriet�. Ricca di anti-ossidanti e vitamine, quest'erba rallenta l'invecchiamento cellulare e dei tessuti, contrastando anche l'insorgenza di alcuni tipi di tumore. I benefici per l'organismo, del resto, erano riconosciuti gi� ai tempi in cui il radicchio non si mangiava: gli antichi Egizi lo utilizzavano come erba medica per ripulire fegato e sangue e anche Plinio il Vecchio nel primo secolo a.C. parla di una "lattuga veneta" dalle considerevoli propriet� depurative. Il sapore amarognolo � il prezzo da pagare al potere disintossicante di questo alimento, a cui si aggiungono i benefici contro lo stress e l'insonnia, combattuti dal triptofano. Ottimo per l'intestino grazie alla ricchezza di acqua e fibre, il radicchio fa molto bene anche alle ossa, vista la massiccia presenza di calcio e ferro. Gli antociani, che caratterizzano le verdure di colore rosso e violaceo, svolgono infine funzione di prevenzione nei confronti delle malattie cardiovascolari, in particolare della cardiopatia ischemica. Buone notizie anche per chi vuole perdere peso: con 13 calorie per 100 grammi, il radicchio � il candidato perfetto per ogni tipo di dieta. Il Radicchio Rosso di Treviso � la variet� pi� nota, tutelata da un consorzio e dalla denominazione IGP. Lo si produce in 24 comuni tra le province di Treviso, Venezia e Padova, dove si coltiva in due varianti: quello precoce (meno pregiato, con foglia larga e sapore pi� amaro) e quello tardivo (foglie lunghe e affusolate, raccolto in pieno inverno e un complesso processo di produzione che lo vede immerso in vasche di acqua tiepida). Oltre a quello trevigiano, ci sono altri tipi di radicchio. C'� ad esempio quello tondo di Chioggia (Venezia), un incrocio fra il tardivo e l'indivia scarola che presenta ceppi rotondi e compatti dalla consistenza molto corposa. O il Variegato di Castelfranco (Treviso), anch'esso prodotto di una commistione di specie diverse: le foglie sono grandi e di colore bianco, appena striate di rosso, mentre il sapore � decisamente pi� dolce rispetto alle altre varianti. Conclude il tour del Veneto, il Radicchio di Verona IGP, che rispetto al suo stretto parente trevigiano ha una forma ovale del cespo, ma mantiene il gusto amarognolo e la tradizionale croccantezza. Un peccato usarlo solo per arricchire l'insalata. Tutte le sfumature dell'insalata L'insalata � il piatto perfetto per tutte le stagioni, perch� si adatta agli ingredienti del momento, pu� essere "leggera" quando serve stare attenti alla linea o pi� sostanziosa quando c'� bisogno di energia per affrontare la giornata. Sono tante le scelte per preparare la vostra, grazie alle molte tipologie di cicoria, lattuga e radicchio presenti in assortimento. Lattuga a cappuccio - La lattuga a cappuccio � una delle versioni pi� diffuse in Italia, visto che la si coltiva in ogni stagione. Per molti � la "base" di una delle pi� classiche insalate, con pomodori, mais e mozzarella. Cicoria pan di zucchero - I ceppi di questa verdura sono molto simili al cavolo cinese, con foglie carnose dal sapore amarognolo. Ricca di provitamina A, vitamina C e acido folico, si abbina bene con la carne e il formaggio. Lattuga iceberg - Negli Stati Uniti in origine accompagnava gli hamburger, ora � molto presente anche in Italia: la lattuga iceberg ha foglie verde chiaro ricche d'acqua, con solo 11 calorie per 100 grammi. Perfetta per chi vuole restare in forma. Lattuga romana - Foglie dritte, cespo allungato e compatto, colore verde intenso e consistenza croccante: � la lattuga romana, protagonista di saporite combinazioni come la "Caesar salad", insalata con parmigiano, crostini di pane e salsa Worcestershire. Alla scoperta del Salento: Frigole (di Claudia Forcignan�, "Corriere Salentino", luglio 2020) Siamo un'Italia di borghi che si trascinano dietro la nostalgia dell'abbandono nonostante la vita che fievole li attraversa, lasciati ad occupare il loro posto sulla terra senza disturbare, senza mai fare rumore, destinati ad essere percorsi senza attenzione da chi punta verso un'altra meta, sono luoghi che vivono a singhiozzo nei giorni caldi dell'estate, per poi tornare a riposare in inverno, quando si spengono le luci e torna il silenzio. Alle porte di Lecce, sorgono alcuni di questi borghi, Frigole ne � degna rappresentante: "localit� balneare", riportano i siti, ed � vero, nel senso che a Frigole il mare � tanto, ovunque, ma non di solo mare si pu� dissertare, perch� Frigole, con la sua storia da Cenerentola, cammina a testa alta, forte di una dignit� che i suoi abitanti estraggono a mani nude nelle pieghe delle diatribe politiche e filosofiche che affondano le loro radici nel fango della palude su cui sorge. Guadina, la chiamavano i Normanni. Quel fango esiste ancora, difficile da estirpare, ma su quel fango nei secoli sono sorte case, villette, attivit� commerciali e soprattutto sono nate e arrivate persone che in qualche modo ci hanno creduto, in alcuni casi vincendo la scommessa. Arrivati a Frigole, subito sulla destra si entra nel cuore del borgo, nella piazzetta dedicata a Leandro Alberti, dove si trova il distributore di benzina, l'edicola, il bar, il caseificio, un piccolo alimentari (una putea in cui entrando si ha il privilegio di sentire il profumo dei salumi e non si trova tutto ci� che esiste in commercio, ma tutto ci� che serve), la farmacia, la macelleria, l'ufficio postale e il fruttivendolo. Ovviamente non mancano la chiesa, dedicata a Santa Maria Goretti e le giostre per i bambini. Un locus amoenus in cui il tempo scorre lento, scosso dalla vita che pulsa dall'altra parte della carreggiata, dove nelle sere d'estate la friggitoria, la pizzeria e la braceria e il ristorante squarciano il silenzio del borgo confondendosi con lo spumeggiare del mare. Eppure, se oggi Frigole � ci� che vediamo, lo si deve ad un nobile salentino, Federico Libertini, che nel 1800, ritrovandosi proprietario di una palude, decise di dar fondo ai suoi averi per bonificare l'intera area. Fu un'opera d'avanguardia, considerando l'epoca: pul�, estirp� e costru� un sistema di canali per far defluire le acque verso i campi e irrigarli. Un lavoraccio di cui non pot� godere i frutti perch� mor�, lasciando in ricordo la sua masseria, oggi abbandonata a s� stessa. Dopo alcuni decenni di abbandono, la propaganda fascista si attiv� anche a Frigole per renderla vivibile con un ampliamento della rete di canali, di cui ancora oggi sono visibili alcuni reperti (almeno quelli sfuggiti alla razzia di solerti cittadini che li hanno trafugati per abbellire le loro case), piant� alberi e cre� un bacino artificiale, tuttora esistente, per regolare l'afflusso di acqua nei canali. Per il collegamento tra Frigole, San Cataldo e Torre Chianca, bisogn� invece attendere la fine della II Guerra Mondiale, che col suo scoppio blocc� ogni lavoro e lasci� ai posteri il lungomare Attilio Mori, che per� non guarda sul mare. A Frigole esiste anche un rifugio dei pescatori, oggi Lega Navale Italiana, costruito metro dopo metro col sudore della fronte delle stesse persone che ancora oggi, ogni giorno combattono contro l'incuria, le alghe che ostruiscono il canale di uscita delle barche, i fondi che mancano, ma che hanno deciso di restare, di non cedere, offrendo un contributo importante alla comunit� intera e alle attivit� presenti sul territorio. A Frigole tutto � vintage, anche il mare, che ancora profuma di mare e i lidi che, realizzati negli Anni '60, mantengono il fascino delle "cabine", che ogni anno per la stagione estiva accolgono famiglie che incuranti delle mode, fanno ci� che la natura richiede: si divertono, organizzano tavolate, discutono, si lamentano, mentre i bambini giocano, gridano, ridono, collezionano attimi che varranno per tutta la vita, sedimentando quel legame con un luogo che chiameranno per sempre casa, anche quando saranno lontani e conosceranno spiagge nuove e pi� affascinanti. Uscendo da Frigole, avviandosi verso le campagne, tra ulivi e macchia mediterranea, � possibile raggiungere uno dei forni pi� famosi del Salento: il Forno di Giammatteo, un'avventura iniziata con un banchetto di frutta e 2 kg di pane fatto in casa. Oggi il Forno di Giammatteo � un vero e proprio punto di riferimento per chi cerca la qualit� e il gusto delle cose genuine e dei prodotti di stagione, ma non solo: chi entra nel Forno di Giammatteo incontrer� gentilezza e sorrisi che di questi tempi sono merce rara e preziosa. E veniamo alla fine di questo racconto, in cui forse i non detti superano i detti, perch� Frigole vive una doppia vita che si snoda tra ci� che va perch� in fondo � cos� che piace e ci� che proprio non va, oppressa nelle spire di promesse politiche, schiacciata dalla delusione di sentirsi ultima tra le ultime, spesso ignorata, ma comunque viva fino a quando i suoi abitanti manterranno quel coraggio che ha il sapore salmastro dell'acqua di mare e che si pu� capire solo ascoltando i racconti dei pescatori, di chi sembra vivere l� da sempre, protetto da quelle strade in croce che resistono nonostante tutto. Nonostante tutti. Tormentoni 2020, la colonna sonora della "strana" estate (ansa.it) Poche fughe all'estero, si andr� alla riscoperta dell'Italia che pure va bene. Annullati, per forza di Covid, i tour musicali estivi, non ci saranno concerti dove ritrovarsi a intonare l'ultima canzone uno stretto all'altro. Ma anche se sar� un'estate diversa, meno sociale, pi� attenta (speriamo), alla colonna sonora non vogliamo rinunciare. Le hit dell'estate, i famosi tormentoni, sono uno di quei fenomeni che, cambiando il motivetto, caratterizzano la stagione libera per definizione, che siano il sound dell'amore estivo o della gita di gruppo al mare al tramonto aperitivo incluso. A fine estate si capir� il vincitore (all'Arena di Verona il 9 settembre con Mara Maionchi la serata Rtl 102.5 Power Hits Estate, l'ex Festivalbar di storica memoria), ma intanto � partita la ricerca delle canzoni che pi� ascolteremo. � in corso la classifica dal 22 giugno su Rtl 102.5 aggiornata settimanalmente con i voti dei radioascoltatori, ma una bussola amata da tutti e soprattutto dai ragazzi � Spotify che pure annuncia la playlist Le Hit dell'Estate 2020. Le canzoni inserite nella lista si basano su dati, come i numeri in streaming, i trend attuali e le previsioni future del team locale di Spotify. I tormentoni dell'estate, accompagnati dai video su YouTube, per ora sono orientati sugli artisti italiani: Mediterranea di Irama o Good Times di Ghali ma anche DaBaby con Rockstar (feat. Roddy Ricch) e In Your Eyes di The Weeknd, How You Like That delle sudcoreane Blackpink, per viaggiare fuori dai confini italiani. Va fortissima Mamacita dei Black Eyed Peas (feat. Ozuna), Karaoke dei Boomdabash (feat. Alessandra Amoroso), Bimbi per strada di Fedez e Guaran� di Elodie. E gi� si cantano Balla Per Me di Tiziano Ferro e Jovanotti e Ho una voglia assurda di J-Ax. La regina delle hit estive, Baby K, quest'anno si � alleata con un'altra regina (del business), la debuttante Chiara Ferragni con Non mi basta pi�. E promettono di infiammare l'estate, Giusy Ferreri ed Elettra Lamborghini, prodotte da Takagi & Ketra con La Isla. Le due donne cantano per la prima volta insieme in un brano che � un inno all'estate, alla leggerezza e alle good vibes, allegro, libero ed iconico, costruito sulle note trascinanti di una salsa pop-urban che batte il tempo con il ritornello "Tu mi fai cantare, ti giuro non ho pi� bisogno di niente". Nella playlist c'� Random con Sono un bravo ragazzo un po' fuori di testa, Takagi & Ketra - Ciclone (feat. Elodie, Mariah, Gipsy King), Shablo con M'Manc (feat. Geolier & Sfera Ebbasta), Boro Boro con Nena (feat. Geolier), Rocco Hunt con Sultant' a mia, Chadia R e Federica Carta con Bella Cos�, Mr. Rain con 9.3, Ridere dei Pinguini Tattici Nucleari, Karol G - Tusa (feat. Nicki Minaj), Topic - Breaking Me (feat. A7S), Achille Lauro - Bam Bam twist, Juanfran con Como Llora, Gaia con Chega, la spagnola Rosalia con Tkn (feat. Travis Scott), Jawsh 685 con Savage Love (Laxed - Siren Beat) (feat. Jason DeRulo) e infine Lady Gaga e Ariana Grande con Rain On Me. Tra le hit papabili se ne segnalano due che sono nel mondo a supporto della Black community: This is America di Childish Gambino e Alright di Kendrick Lamar.