Agosto 2018 n. 8 Anno XLVIII MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11 1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri per un importo pari ad euro 23.084,48 e del MiBACT per un importo pari ad euro 4.522.099. Indice Storia di una bambina straordinaria Salviamo la punteggiatura Attenti al lupo Tonno, un mare di gusto Autodromo di Monza, il tempio della velocit� Due chiacchiere con Rafael Nadal Bob Dylan: il menestrello che ama l'Italia Storia di una bambina straordinaria (di Agnese Codignola, "Focus" n. 310/18) - 40 anni fa nasceva in gran segreto Louise Brown, la prima bimba concepita in vitro - "� una bambina", annunciava in prima pagina e a caratteri cubitali il Daily Mail. E non stava parlando di qualche Royal baby, ma di una bambina qualunque, Louise Brown, la prima persona concepita in provetta. Figlia di John e Lesley, era nata in modo segretissimo poche ore prima, il 25 luglio 1978, con un parto cesareo all'Ospedale di Oldham nel Regno Unito, e dopo una gravidanza protetta, per quanto era stato possibile. "Padri scientifici" della piccola erano stati Patrick Steptoe (1913-88), un ginecologo di Oldham che aveva messo a punto una tecnica innovativa per l'apertura delle tube, una delle pi� frequenti cause di infertilit� femminile, e Robert Edwards (1925-2013), dell'Universit� di Cambridge, che da anni lavorava sulla manipolazione dei gameti e degli embrioni e che quasi dieci anni prima era riuscito, per primo, a fecondare un ovulo al di fuori del corpo di una donna. A loro Lesley e John Brown si erano rivolti dopo nove anni di tentativi infruttuosi per avere un figlio, e da loro era venuta una proposta abbastanza fumosa, relativa alla possibilit� di tentare con una procedura innovativa. Senza spiegare ai coniugi Brown che quest'ultima non era mai stata provata prima in una donna. Oggi una procedura cos� avventata non sarebbe possibile: i comitati etici degli ospedali richiedono maggiori tutele per i pazienti impiegati nelle sperimentazioni cliniche e il consenso informato impone di spiegare accuratamente le procedure prima di intraprendere protocolli cos� innovativi. Ma allora erano altri tempi e soltanto a gravidanza avanzata Lesley inizi� a sospettare che le stesse accadendo qualcosa fuori dall'ordinario. Colpa dei giornalisti inglesi che, desiderosi di conoscere tutti i particolari della sua vita, avevano iniziato a seguirla per strada. Con grande astuzia i coniugi Brown riuscirono a volgere a proprio vantaggio questa spasmodica attenzione, vendendo l'esclusiva della nascita della loro figlia per 300.000 sterline appunto al Daily Mail. Alla trentaquattresima settimana la gravidanza era improvvisamente sembrata a rischio: la bambina era piccola, per l'et� gestazionale, e la mamma aveva la pressione sanguigna troppo alta; si era quindi optato per un ricovero sotto falso nome, presto scoperto dai cronisti. La situazione non era delle pi� facili: far nascere una creatura fecondata in vitro apparteneva pi� alla fantascienza che alla realt�, la maggioranza degli addetti ai lavori era scettica e si temeva che - se qualcosa fosse andato storto - potessero nascere neonati deformi. Dopo cinque settimane di riposo assoluto, proprio quel 25 luglio, nel pomeriggio, Steptoe decise che l'ora fosse giunta e, per tenere segreto il parto, adott� una serie di stratagemmi degni di uno 007. Prima del parto cesareo, Lesley doveva restare digiuna per otto ore, ma per non insospettire i giornalisti Steptoe fece servire comunque la cena che, grazie alla complicit� di un'infermiera, fu buttata di nascosto nella spazzatura. Anche il pap� della nascitura, dopo la consueta visita alla moglie, fu mandato a casa all'oscuro di tutto e venne richiamato in piena notte, poco prima del parto. Steptoe rientr� a casa come sempre, fingendo l'assoluta normalit�, per poi tornare di nascosto in ospedale. Persino Robert Edwards, rientrato da una breve vacanza, fu avvisato all'ultimo momento. Infine l'�quipe medica fu messa in allerta poco prima dell'ora stabilita, cos� come la troupe incaricata di filmare l'evento, in virt� di un accordo fra Steptoe e il ministero della Sanit� britannico. Alla fine, tutto and� per il meglio: Louise nacque alle 23:47 ed era sana, anzi, perfetta e bellissima. E la mamma stava bene. Sono passati quarant'anni da quella notte d'estate, e Louise ha avuto una vita sana e normale. "Non c'� niente di strano in me, sono una persona che lavora tutto il giorno e cresce due figli. Anche la mia infanzia e l'adolescenza sono state normali, perch� i miei genitori, dopo un primo momento in cui hanno girato il mondo per rispondere alla curiosit� dei media, mi hanno fatto condurre una vita come tutti gli altri. Io ho saputo come sono nata attorno ai quattro anni, un giorno in cui i miei genitori mi hanno fatto vedere il filmato del parto. E in quel momento non ho ben capito in che cosa consisteva il mio essere speciale, ma d'altronde ero davvero piccola. L'unica cosa strana � stata, di tanto in tanto, essere al centro dell'attenzione dei media". La nascita di Louise Brown, per quanto straordinaria da un punto di vista scientifico (nel 2010 Robert Edwards ricevette il Nobel per la medicina e la fisiologia per le sue ricerche), � stata soltanto un primo importante passo di un percorso pi� lungo che ha portato - si stima - alla nascita di circa 10 milioni di bambini fecondati in provetta. "Da allora infatti i cambiamenti sono stati epocali", spiega Luciano Ghisoni, direttore scientifico del Centro medico Monterosa e ginecologo dell'Ospedale San Pio X-Humanitas, che individua due altre tappe fondamentali della procreazione medicalmente assistita: lo sviluppo dell'Intra cytoplasmatic sperm injection (Icsi) e il congelamento degli ovociti. "L'Icsi ha aumentato molto le probabilit� di successo, soprattutto quando l'infertilit� � maschile", spiega Ghisoni. "Grazie a potentissimi microscopi � possibile inserire uno spermatozoo direttamente nel citoplasma della cellula uovo; una volta fecondati, gli ovuli si trasformano in embrioni che poi possono essere selezionati, scegliendo i migliori. Negli stessi anni Novanta, poi, � stata sviluppata a Bologna la tecnica di congelamento degli ovociti, che ha permesso di pianificare la maternit�, di migliorare le diagnosi preimpianto in caso di malattie ereditarie e, per arrivare ai casi che pi� colpiscono l'opinione pubblica, di far avere un figlio anche a donne in menopausa". Ma non solo. "L'inquinamento, lo stress, le crisi economiche e i cambiamenti nel mondo del lavoro hanno comportato una riduzione drammatica della fertilit�, sia maschile sia femminile, e ci� si � tradotto in un aumento esponenziale del ricorso all'assistenza medica al concepimento", continua Ghisoni. Non senza conseguenze che di scientifico hanno ben poco: la procreazione assistita si � trasformata in un business, "al punto che oggi numerosi fondi di investimento speculano sulle cliniche della riproduzione assistita", spiega ancora Ghisoni. E Louise? Nel frattempo ha deciso di impegnarsi in prima persona per difendere la scienza e la medicina a cui, tutto sommato, deve la sua esistenza: ha pubblicato l'autobiografia (Louise Brown: My Life as the World's First Test-Tube Baby) e aperto un sito (louisejoybrown.com) attraverso i quali � diventata una paladina dei diritti alla riproduzione e alla ricerca scientifica. "� cruciale", commenta infatti, "che le persone abbiano fiducia nei medici e nella scienza, permettendo cos� il progresso di nuove tecniche. Quella che ha permesso la mia nascita sembra alquanto primitiva, se paragonata a quelle a disposizione delle coppie di oggi. Al tempo stesso, per�, � importante che i legislatori siano tempestivi nel definire se quanto viene proposto dai medici � accettabile da un punto di vista morale e legale". Ogni tanto anche la cronaca torna a occuparsi di lei: � successo quando ha avuto il primo figlio, Cameron, nel 2006 e poi il secondo, Aiden, nel 2013, entrambi concepiti naturalmente. Non si trattava dei primi bambini nati da una donna concepita in provetta. La sorella, Nathalie, anche lei nata grazie alla fecondazione in vitro, l'aveva preceduta nel 1999, conquistandosi cos� il titolo di prima donna al mondo concepita in provetta a dare alla luce, per vie naturali, un figlio. Le sue vicende sono tornate di attualit� nei mesi scorsi, quando � stato svelato l'ultimo segreto che ancora avvolgeva la sua nascita. Alla fine degli anni Sessanta, infatti, la sperimentazione di Edwards suscitava paure e perplessit� e i finanziamenti delle autorit� pubbliche erano alquanto limitati. Lo scienziato britannico, sul punto di abbandonare le proprie ricerche per mancanza di fondi, venne soccorso da un'ereditiera americana, la filantropa Lillian Lincoln Howell, che aveva iniziato a elargire cifre che, nell'arco dei dieci anni successivi, avevano raggiunto la cifra ragguardevole di circa 100.000 dollari (equivalenti a 500.000 dollari attuali). L'unica clausola richiesta dall'eccentrica miliardaria era stata quella di non svelare mai la sua identit�, se non dopo la sua morte che � avvenuta quattro anni fa, a 93 anni. Nello scorso giugno sono state rese note le donazioni della Lincoln Howell, proprio in occasione dei 40 anni di Louise. Che non aveva mai saputo nulla di questo generoso contributo. Salviamo la punteggiatura (di Elisa Venco, "Focus" n. 310/18) - I punti e virgola stanno sparendo, mentre quelli esclamativi sono in buona salute. Ecco come (e perch�) cambia l'interpunzione nell'era degli emoticon - In una delle scene pi� famose del cinema italiano, nel film Tot�, Peppino e la malafemmena (1956), i due fratelli Caponi preparano una lettera per la fidanzata del nipote: "Punto! Due punti!! Ma s�, fai vedere che abbondiamo", suggerisce Tot�, in segno di generosit�. Gi�, perch� la punteggiatura - anche se non sempre ci facciamo attenzione - � importante per esprimere sfumature emotive e logiche che spesso possono cambiare il senso di ci� che si scrive. Come nel caso della frase "Vado a mangiare, nonna" che, senza la virgola, diventa "Vado a mangiare nonna". Per questo qualcuno � arrivato a concludere: "Una virgola pu� salvare una vita. Usa la punteggiatura, salva la nonna". Certo, non � sempre facile decifrare il senso delle interpunzioni, anche perch� non tutti ne padroneggiano le regole. Perci� � difficile distinguere, per esempio, se un sms concluso da puntini di sospensione implica qualche sottinteso (come l'incertezza in "ne parliamo...") o nasce semplicemente dalla "moda" di non finire un messaggio con un punto fermo. � anche vero, per�, che nel tempo lo stile della scrittura � cambiato e quelle che un tempo erano norme immutabili, scolpite nella "pietra grammaticale", oggi vengono applicate con maggiore elasticit�. Con la conseguenza, tra l'altro, che oggi il punto e virgola non si usa quasi pi�, mentre in compenso dilaga il punto esclamativo. Ma come siamo arrivati sino a qui? Dove nascono i segni che costellano le nostre frasi, tra una parola e l'altra? E come si stanno evolvendo? Per cominciare, occorre dire che i segni di interpunzione non sono sempre esistiti, e non sono nemmeno presenti in tutte le culture. Per esempio, non sono quasi registrati presso alcune antiche civilt�, come i Maya, i Greci, i Cinesi. Il loro inventore si pu� identificare con Aristofane di Bisanzio, un dirigente della biblioteca di Alessandria vissuto nel III secolo a.C. che aveva ideato tre puntini posti ad altezze diverse: quello in alto era simile al nostro punto fermo, quello in basso a una virgola, e quello in mezzo ai due punti. Ma fu soprattutto tra il XIII e il XIV secolo che avvenne il cambiamento. Con il tramonto della lettura ad alta voce a favore di quella silenziosa, nei manoscritti copiati dai monaci si diffusero le abbreviazioni e i segni d'interpunzione, che soccorrono il lettore separando le frasi. Il passo successivo avvenne nel 1500, quando lo stampatore veneziano Aldo Manuzio introdusse il punto e virgola e l'apostrofo, mentre il probabile inventore del punto esclamativo fu Iacopo Alpoleio da Urbisaglia, che lo rivendica nel suo De ratione punctandi (circa 1360). Anche se non manca chi lo riferisce a una contrazione grafica della parola latina io (evviva), che i copisti medievali scrivevano per indicare sorpresa o gioia, in cui la "i" � diventata l'asta del punto esclamativo e la lettera "o" si � ridotta al puntino sottostante. Nel tempo, per�, l'uso ha mutato la rilevanza dei vari segni di interpunzione. E, come anticipato, mentre il punto e virgola � caduto nel dimenticatoio, il punto esclamativo vive un momento di gloria nei testi letterari. Prendiamo Il vecchio e il mare (1952) di Ernest Hemingway: l'unica frase con un punto esclamativo � un "Ecco!" pronunciato dal vecchio Santiago, nel momento decisivo in cui il gigantesco marlin ingoia la lenza e abbocca all'amo. Nel best seller 50 sfumature di grigio di E.L. James (2011), invece, i punti esclamativi sono ben 299, per arrivare ai 439 di Zadie Smith in Della bellezza (2005), con una media di uno a pagina. Opposta la sorte del punto e virgola, di cui gi� 80 anni fa lo scrittore Leo Longanesi lamentava il declino. Aveva ragione. Basta infatti un confronto tra romanzi di epoche diverse per trovare conferma: in Ragione e sentimento di Jane Austen (1881) si registrano 31,1 punto e virgola ogni 1.000 parole, per un totale di 1.571, mentre nel libro La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano non ce n'� nemmeno uno. Un tracollo riassunto da Giuseppe Antonelli, docente di Linguistica italiana all'Universit� di Cassino, con una battuta: "Signora mia, non ci sono pi� le mezze interpunzioni!". A cosa si devono queste variazioni? Alla tendenza del linguaggio scritto alla semplificazione, con una progressiva esclusione delle interpunzioni pi� "impegnative". Ma incide anche la tecnologia: dal 1850, quando negli Stati Uniti si diffuse il telegramma, il fatto che il suo costo fosse in proporzione al numero di parole indusse a privilegiare la brevit�. Ecco allora che i segni di punteggiatura, che costavano quanto un vocabolo, sono stati i primi a saltare... anche se non mancano esempi in cui, al contrario, rimangono l'unica "parola". Un caso emblematico � il telegramma inviato nel 1862 da Victor Hugo al suo editore per chiedergli delle vendite del suo capolavoro, I miserabili. Lo scrittore fece trasmettere un solo carattere: "?". L'editore rispose: "!", segno che il libro vendeva alla grande. Oggi, la diffusione dei telefonini, delle chat e delle email ha enormemente ampliato la quantit� di testi che consumiamo; tuttavia questa "lingua scritta, per motivi di velocit�, somiglia sempre pi� al parlato in cui le virgole, i punti e virgola, i due punti, i puntini di sospensione non ci sono", ha spiegato lo scrittore Paolo Nori. E dato che in questo "parlato camuffato da scrittura" il tono di ci� che si scrive � importante quanto il contenuto, � addirittura cambiata l'interpretazione legata a certi segni, con sfumature emotive prima sconosciute. Il punto e virgola, per esempio, nelle email e sui social network � ritenuto "artefatto, poco spontaneo e fuori luogo in un contesto di simulazione dell'oralit�", spiega Antonelli. Una forma di posa, insomma. Il punto fermo, sostiene invece Ben Crair, editorialista del periodico Usa The New Republic, se digitato alla fine di un sms o di un'email esprime aggressivit�, fastidio e distacco. Non solo: secondo uno studio pubblicato sulla rivista Computers in Human Behaviour, un messaggio concluso da un punto viene percepito come falso pi� spesso di uno "aperto". Al contrario, il punto esclamativo, tradizionalmente usato per trasmettere enfasi e stupore, viene usato sempre di pi� per esprimere sincerit� e calore. Non a caso, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Computer-mediated Communication, le donne lo usano pi� spesso: sono pi� attente all'effetto delle loro parole sugli altri. I social network hanno cambiato anche l'italiano: "Punteggiatura diversa, segni grafici, emoticon, oltre che a logiche di rapidit� ed economia, rispondono all'esigenza di trasmettere la vitalit� e l'espressivit� della lingua orale a quella scritta", sostiene Marco Biffi, docente di Linguistica all'Universit� degli studi di Firenze e responsabile del sito dell'Accademia della Crusca. Nelle chat e nelle email, dunque, usiamo quello che Antonelli ha battezzato "e-taliano": uno stile nuovo, veloce, che si allontana volentieri dai formalismi, in cui la punteggiatura � vissuta come qualcosa di cos� personale da ignorare regole fisse. E in cui la punteggiatura semmai si usa per gli emoticon (i due punti e una parentesi chiusa, a ricordare un sorriso, creato nel 1982 dall'informatico statunitense Scott Fahlman). Certo, parecchi studiosi distinguono tra chi scrive informalmente per scelta e chi per necessit�, non conoscendo le regole grammaticali di base. Per� � anche vero che la lingua non � statica, ma si evolve. E se due secoli fa Giacomo Leopardi nel suo Zibaldone si lamentava dell'eccessivo uso della punteggiatura, nei testi scritti di oggi rientrano spesso anche gli Emoji (cio� "pittogrammi"), creati alla fine del 1990 da una societ� di comunicazione giapponese. Dimostrazione che un'immagine vale pi� di 1.000 parole. Specie quando vanno digitate. Attenti al lupo (di Roberto Roveda, "Focus Storia" n. 141/18) La mamma era stata chiara: per nessun motivo avrebbe dovuto attraversare il bosco per andare dalla nonna. La bambina, si sa, fece invece di testa sua. E in men che non si dica si trov� alle prese con un grosso lupo astuto e famelico. Come sappiamo, le cose per Cappuccetto Rosso alla fine volgono al meglio, per� il messaggio della favola � chiaro: chi non segue la retta via rischia di fare brutti incontri. Non � un caso se la retta via � quella lontana dal bosco e il brutto incontro della favola ha le sembianze di un grosso lupo, la belva per antonomasia del folklore e della tradizione europea. La saggezza popolare espressa nei proverbi � prodiga di moniti e metafore che lo vedono protagonista: "il lupo perde il pelo ma non il vizio", "c'� un tempo da lupi" oppure "avere una fame da lupo". Ma a cosa deve una cos� pessima fama? E da quando uomo e lupo sono diventati nemici? Nell'antichit�, simbolo della ferocia era un altro predatore, il leone, che i Romani sterminarono senza piet�. Inoltre, secondo la tradizione, fu proprio una lupa a salvare Romolo e Remo ponendo la prima pietra della futura gloria di Roma. Il rapporto di buon vicinato prosegu� anche nei primi secoli dell'et� medievale, come ci conferma Riccardo Rao, storico dell'Universit� di Bergamo: "Il paesaggio dell'Europa dell'Alto Medioevo era caratterizzato da grandi estensioni di boschi e per gli uomini il lupo era una presenza in un certo senso quotidiana. Tanto che Lupo era piuttosto diffuso anche come nome di persona". Proprio nell'Alto Medioevo cominci� a diffondersi attorno a questo animale la leggenda nera che lo ha accompagnato quasi fino ai giorni nostri. Che cosa era cambiato rispetto a prima? C'era stata l'affermazione del cristianesimo. Racconta Rao: "Quella cristiana � una religione pastorale, legata alla figura di Cristo come buon pastore che accudisce le pecore, cio� i suoi fedeli. E proprio le pecore erano le prede preferite del lupo. Fu cos� che questo animale cominci� a essere considerato come la personificazione del Maligno". Non a caso nei Vangeli proprio Ges� ammonisce i suoi discepoli dicendo di mandarli come "pecore tra i lupi". Lupi che poi vivevano nel buio dei boschi, che si muovevano a loro agio soprattutto con le tenebre, che attaccavano preferibilmente chi era da solo e in difficolt�. Insomma potevano essere solo figli del Demonio, se non il Diavolo stesso. A rendere ancora pi� tesi i rapporti furono anche i cambiamenti avvenuti in Europa dopo l'anno Mille. Per secoli nel nostro continente la popolazione era stata scarsa a causa delle invasioni barbariche e delle guerre. Ma attorno al volgere del millennio le cose cambiarono e il bisogno di campi coltivati e di pascoli aument�: "L'avanzata veloce degli spazi coltivati e lo sviluppo dell'allevamento ovino", conferma Rao, "intaccarono l'habitat naturale del nostro predatore. Il lupo si ritrov� con meno prede selvatiche a disposizione; cos� cominci� a spingersi al di l� dei suoi spazi abituali e divenne anche pi� aggressivo nei confronti delle greggi". L'uomo e il lupo erano ormai in competizione aperta, non solo per la Chiesa ma anche per pastori e contadini. Del resto i branchi dovevano essere veramente tanti, se leggiamo fra le righe della nostra toponomastica cos� ricca di Montelupo, Montelupone, Cantalupo e Bocca del lupo. Signori, principi e sovrani emanarono disposizioni precise per la caccia in cui si incitava ad agire soprattutto in maggio, mese della riproduzione, cos� da uccidere i cuccioli. Vennero inoltre concesse ricompense a chi riportava la pelliccia di un lupo e inflitte punizioni esemplari a chi feriva o uccideva un cane da pastore. Ogni residenza di campagna che si rispettasse aveva poi tra il suo personale almeno uno o due lupari, cio� persone esperte nel tendere trappole e posizionare tagliole. E quando venivano segnalati branchi di grosse dimensioni partivano le spedizioni che coinvolgevano interi villaggi. Questo clima contribu� a diffondere ancora di pi� la diffidenza, anzi il terrore nei confronti di quello che era stato per tanto tempo il re incontrastato delle selve. Una paura che � ben presente nei racconti del tempo dove si parla di viandanti aggrediti per strada, di monaci divorati, di mercanti salvi per miracolo e di lupi che col favore della notte si aggirano per i villaggi per rapire i neonati. Un lupo poteva tenere in scacco l'intera citt� di Gubbio, come ci racconta la tradizione, e per placarlo si poteva solo ricorrere all'intervento di un santo eccezionale come Francesco d'Assisi! Non c'era dubbio che fosse un animale diabolico, tanto che ai cristiani venne anche vietato, in un tempo di fame nera, di consumare le carni "allupate", cio� di animali uccisi da lupi. Una proibizione che nasceva forse da ragioni pratiche (le carogne di animale provocavano malattie e difficilmente erano utilizzabili), ma che nascondeva il timore che quelle carni fossero contaminate dal Male e che potessero creare mostri come il temuto lupo mannaro, met� uomo e met� belva. Per chi non sottostava al divieto era facile essere sospettato di licantropia e finire sotto processo oppure al rogo. In questi secoli medievali si rafforz� il mito del lupo "mangiatore di uomini" le cronache ci parlano di decine di vittime in tutta l'Europa. Verit� o fake news ante litteram? "Quello che sappiamo oggi � che da pi� di cent'anni in Italia non sono registrate aggressioni nei confronti di esseri umani", ricorda Riccardo Rao. "Inoltre ci sono fonti medievali che inventano aggressioni per motivi funzionali. Come alcuni testi ecclesiastici scritti per alimentare la paura del lupo, inteso come personificazione del Diavolo. Certamente poteva accadere che i lupi, spinti dalla fame, aggredissero bambini e ragazzi lasciati soli a guardia delle greggi. O che scorrazzassero tra i feriti e i cadaveri dopo una battaglia. � per� indubbio che il lupo come preda prediliga gli animali selvatici, non certo l'uomo". La guerra per� era dichiarata e per secoli il lupo � stato cacciato senza tregua, tanto che oggi � estinto in buona parte dell'Europa Centrale e Settentrionale. In Italia le ricompense per l'uccisione dei lupi sono state pagate fino al 1950 e nel 1973 nel nostro Paese esistevano ormai solo un centinaio di individui. Poi le politiche di protezione e i divieti di caccia hanno invertito il trend. Non hanno cancellato per� la diffidenza, pronta a riaccendersi ogni volta che una pecora sparisce dal gregge. Una diffidenza figlia di una semplice realt�, secondo Riccardo Rao: "Il lupo � il nostro alter ego. � il padrone dello spazio incolto mentre l'uomo � il signore degli spazi abitati e coltivati". Un alter ego cos� terribile che nelle favole ha sempre la peggio... come nella realt�. Tonno, un mare di gusto ("RivistAmica" n. 6/18) - Accompagna pasta e riso e non sfigura come piatto principale - Quando il caldo incombe e nelle citt� manca l'aria, cresce la voglia di freschezza, almeno a tavola. Per fortuna c'� il tonno: sia crudo che cotto, � un ingrediente perfetto per i piatti dell'estate. Con il tonno si pu� fare davvero di tutto: primi, secondi, veloci piatti freddi o ricercati manicaretti. Per un pranzo light fuori casa, basta mettere nella "schiscetta" un'insalata di riso: tocchetti di tonno, scottato alla piastra, ben si abbinano a mozzarella, pomodorini e olive. Chi ha un po' di tempo in pi�, invece, pu� prepararsi un piatto di spaghetti o paccheri al tonno, sia nella versione "bianca" che in quella rossa, arricchita dal gusto del pomodoro fresco. Granella di pistacchi, acciughe e capperi sono ben accetti, ma sar� sufficiente anche un filo d'olio extravergine d'oliva per sentirsi come in riva al mare. Il trancio di tonno � un taglio ricco e nutriente, che si pu� cucinare in modi diversi. I pi� abili ai fornelli si cimenteranno con il tonno "in crosta", di patate o di sesamo: pesce morbido e panatura croccante danno vita a un invitante contrasto di sapori. Abbondano anche le specialit� regionali: dal Sud Italia arriva la millefoglie di peperoni e tonno fresco, una lasagna marinara per stomaci robusti. Nuota nella salsa di pomodoro, invece, il tonno "alla carlofortina", vanto di una colonia ligure sulle coste della Sardegna. Guardando oltre i confini dell'Italia, facile imbattersi nelle prelibatezze orientali: sashimi e hosomaki sono pietanze giapponesi sempre pi� diffuse anche nel nostro Paese. La parte pi� pregiata del tonno � la ventresca, ottenuta dal grasso addominale dell'animale che avvolge i suoi fasci muscolari. Molto pi� magri risultano la coda e la schiena. Su 100 grammi di prodotto, infatti, solo 8 sono lipidi e una buona parte di questi � costituita da acidi grassi polinsaturi come gli Omega 3, dall'effetto benefico per il cuore e il sistema circolatorio. Le carni del tonno contengono anche parecchi minerali, come sodio, calcio e fosforo, che contribuiscono alla buona salute dei muscoli. Come per gli altri pesci che si trovano ai piani alti della catena alimentare, meglio non esagerare: metalli pesanti quali cadmio, piombo e mercurio potrebbero annidarsi in concentrazioni molto elevate soprattutto negli esemplari pi� anziani. Secondo le autorit� competenti, il limitato consumo medio di tonno in Italia (2 kg all'anno circa a persona) mette comunque al riparo da ogni rischio. Il tonno che mangiamo pi� di frequente � della qualit� "pinne gialle" (Thunnus albacares il nome scientifico) e si pesca negli oceani alle latitudini pi� calde. Quello pi� vicino all'Europa nuota nelle acque atlantiche del Portogallo e della Spagna e raramente si avventura oltre lo stretto di Gibilterra. Transita dalle nostre parti, invece, il tonno rosso, o "pinne blu" (Thunnus thynnus), una specie che migra ogni primavera nel Mediterraneo per riprodursi. Durante questo viaggio, banchi di pesci, lunghi fino a quattro metri per varie tonnellate di peso, lambiscono le coste di Sicilia, Calabria, Sardegna e Liguria. Il tonno rosso � attualmente nella lista di Greenpeace delle specie a rischio estinzione. Rischia la scomparsa come e pi� del suo parente dalle pinne gialle, tanto che la sua cattura � stata ora sottoposta a una stretta regolamentazione. La causa � lo sfruttamento intensivo del mare, con la pesca industriale praticata tutto l'anno con navi provviste di radar e un inquinamento sempre pi� diffuso. Nei secoli scorsi, invece, questi pesci finivano d'estate nelle reti delle tonnare, dove avvenivano le "mattanze": affascinanti e sanguinolente battute di pesca, cos� cruciali per l'economia locale da trasformarsi in un atteso rito collettivo, con tanto di processioni religiose per ingraziarsi il favore divino. Il tonno era allora "il maiale del mare": del pescato non si buttava via nulla e ogni parte dell'animale aveva la sua destinazione e un preciso metodo di conservazione. Autodromo di Monza, il tempio della velocit� ("RivistAmica" n. 7/17) - Ospita grandi corse e manifestazioni, tra cui il Gran Premio d'Italia di Formula 1 - Meta imprescindibile per gli amanti dei motori, l'Autodromo Nazionale Monza � conosciuto in tutto il mondo come il Tempio della Velocit�. Sulla pista brianzola hanno gareggiato i pi� grandi campioni di automobilismo e motociclismo internazionale, da Alberto Ascari a Tazio Nuvolari, passando per Ayrton Senna, Michael Schumacher, Lewis Hamilton e Sebastian Vettel, per restare sul pianeta delle quattro ruote. L'Autodromo si trova all'interno del Parco di Monza, di propriet� dei comuni di Monza e Milano, ed � gestito dalla SIAS - Societ� Incremento Automobilistico e Sport Spa, che � federata allo storico Automobile Club di Milano. La pista � aperta tutto l'anno per gare ed eventi, con possibilit� di accesso anche ai privati. La manifestazione pi� attesa � certamente il Gran Premio d'Italia di Formula 1, che ogni anno si tiene agli inizi di settembre, ma vanno citati anche il Monza Rally Show, il Ferrari Challenge e il Monza Historic, dedicato alle pi� belle vetture da corsa d'epoca. L'Autodromo Nazionale Monza ospita anche importanti corse podistiche competitive e non, come la Monza Power Run e la Mezza maratona di Monza. La costruzione fu decisa nel gennaio del 1922 dall'Automobile Club di Milano per celebrare il 25� anniversario dell'associazione. Dopo una serie di polemiche e la sospensione dei lavori per motivi di "valore artistico, monumentale e di conservazione del paesaggio", il 15 maggio il cantiere fu riaperto e il circuito fu costruito nel tempo record di 110 giorni grazie all'impegno di 3.500 operai, e l'utilizzo di 200 carri, 30 autocarri e una ferrovia Decauville di cinque chilometri con due locomotori e 80 vagoni. La pista fu percorsa per la prima volta il 28 luglio 1922 dai piloti italiani Pietro Bordino e Felice Nazzaro a bordo di una Fiat 570. Il circuito originario comprendeva una pista stradale di 5,5 chilometri e un anello per l'alta velocit� di 4,5 chilometri con due curve sopraelevate raccordate da due rettifili lunghi 1.070 metri ciascuno. La pista e l'anello s'intersecavano a due livelli mediante un sottopasso in zona Serraglio e il pubblico poteva vedere le gare dalla tribuna d'onore con una capienza di 3-mila posti e dalle sei tribune laterali, che potevano ospitare mille persone ciascuna. Il recinto parco comprendeva anche delle gradinate all'esterno delle curve per l'alta velocit�, della curvetta sud e in prossimit� della confluenza tra le due piste. L'apertura ufficiale dell'Autodromo Nazionale Monza avvenne il 3 settembre 1922 alla presenza dell'allora presidente del Consiglio Luigi Facta. L'8 settembre si disput� il Gran Premio motociclistico delle Nazioni, conclusosi con la vittoria di Amedeo Ruggeri su una Harley Davidson 1000, mentre il 10 settembre fu la volta del secondo Gran Premio automobilistico d'Italia (il primo era stato gareggiato sul circuito semi-permanente di Montichiari) vinto da Pietro Bordino sulla Fiat 804 a 6 cilindri. Il 1933 � tristemente ricordato per il triplice incidente stradale sulla curva sopraelevata sud in cui persero la vita Giuseppe Campari, Mario Borzacchini e Stanislas Czaykowski. Si pens� cos� di adottare una serie di percorsi ed espedienti alternativi, come gi� era stato il cosiddetto Circuito Florio. Nel 1938 venne messo in atto un ampio programma di modifiche, che comprendeva il rifacimento del tracciato stradale, l'abbattimento delle due curve sopraelevate della pista di velocit�, la realizzazione di una nuova tribuna d'onore, nuovi box e fabbricati di servizio. Il nuovo tracciato misurava 6.300 metri e fu utilizzato fino a tutto il 1954, ad eccezione degli anni della Seconda Guerra Mondiale quando le gare furono interrotte. Nella seconda met� degli anni Cinquanta furono realizzate altre trasformazioni nel segno della funzionalit� e delle moderne esigenze competitive. Fu ripristinato il circuito di 10 chilometri realizzando un anello con due curve sopraelevate che intersecava il tracciato stradale, quest'ultimo ridotto in lunghezza con la costruzione di una curva denominata Parabolica. La nuova pista di alta velocit� misurava 4.250 metri ed era costruita su strutture in cemento armato anzich� su terrapieno. Le modifiche proseguono anche nei decenni successivi e nel 1972, per ridurre la velocit� all'entrata delle curve pi� rapide del tracciato (la curva Grande o Curvone al termine del rettifilo delle tribune e la curva Ascari o curva del Vialone) furono realizzate due chicane, poi modificate per aumentare ulteriormente la sicurezza. Dal 1978 a oggi furono portati avanti altri interventi per l'ammodernamento dell'Autodromo e l'adeguamento delle condizioni di sicurezza, oltre a sostanziali modifiche degli impianti. Fu risistemato il complesso dei box, il grande paddock, il centro medico e l'eliporto di soccorso. Dopo i radicali interventi eseguiti nel 1989-90 e nel 2001-2002, l'Autodromo ha cambiato totalmente la sua fisionomia e oggi � considerato uno dei circuiti pi� belli e funzionali del mondo. Il tracciato comprende: il Rettifilo di Partenza, la Prima Variante, la Curva Biassono, la Seconda Variante, la Prima Curva di Lesmo, la Seconda Curva di Lesmo, la Curva del Serraglio, la Variante Ascari e la Curva Parabolica. La lunghezza attuale della pista � di 5793 metri, con una larghezza minima di 10 metri e massima di 12. Due chiacchiere con Rafael Nadal (di Antonella Baccaro, "Io Donna" n. 6/18) - � il numero 1 del tennis al mondo, ma si imbarazza se lo fotografano in compagnia di una pop star. Anche se, probabilmente, lei � meno popolare di lui - Un sorriso obliquo e un bacio schioccato su ciascuna guancia. Rafa Nadal, lo spagnolo "numero uno" del tennis mondiale, accoglie in questo modo chi entra, anche solo per il tempo di un'intervista, nel suo mondo cos� simile alla superficie di un lago che si ricompone immediatamente dopo il lancio di un sasso. L'universo Nadal � ordinato, armonioso, soprattutto "positivo", parola che il campione pronuncer� pi� volte nella nostra chiacchierata, durante la quale noi proveremo ogni volta a scendere a rete, mentre lui tenter� di impartirci il suo lungolinea. Del resto non si diventa campioni se non si � capaci di imporre il proprio gioco. - Rafa, lei � di nuovo in vetta alla classifica mondiale. Come si rimonta una sconfitta? "Intanto non mi ci fisso. Non puoi giocare se lo fai. Il mio primo pensiero � sentirmi bene, stare in campo come so fare. E poi mi dico: "Bueno, vediamo come va..."". - Ha dichiarato che nella sua carriera, iniziata da bambino, avendo come allenatore inflessibile suo zio Toni, ha imparato a "convivere con la sofferenza". Come ci riesce? "Be', non ci convivo tutti i giorni. Non sarebbe possibile. Ma ci sono momenti di stanchezza, in cui non sei in forma. � allora che devi superare te stesso: per me � la sfida pi� grande". - Ha mai pensato di ritirarsi in uno di quei momenti? "Finora mai. Sono una persona positiva e se mi sono fatto male non ho mai pensato di non riuscire a recuperare. Certo, ci vuole molta calma e pazienza". - Ha 32 anni. Cosa pensa delle nuove generazioni: sono in grado di sacrificarsi come lei per vincere? "Vedo giovani animati da molta passione e fortemente motivati. Tra questi ci sono sicuramente dei campioni..." - Ma? "Non devono fare l'errore di pretendere tutto e subito. In questo sport la fretta non � ammessa". - Se avesse dei figli, li sottoporrebbe al training estenuante che l'ha portata a questo livello? "No, se avr� dei figli e non so quando (lo sottolinea, sapendo che tutti gli chiedono quando ne far�, visto che il suo rivale Roger Federer a 37 anni ne ha quattro, mentre lui nessuno, ndr) mi piacerebbe che praticassero uno sport. Che poi lo vogliano fare da professionisti, � un'altra cosa". - E lei ha mai sognato una vita diversa? "Non ho avuto nemmeno il tempo di pensarci visto che a 15 anni, quando maturano quei sogni, ero gi� un giocatore professionista". - C'� un altro campione dello sport che vorrebbe essere? "Be', Tiger Wood, il "numero uno" del golf. � un giocatore di grande intensit� e determinazione". - Le piace il calcio. Tifa Real Madrid. Ma saprebbe giocare in squadra? "A me piace il gioco di squadra: la pressione esterna � meno forte perch� si spartisce tra tutti. Ma anche la vittoria si condivide. E questo forse mi piace meno..." - � competitivo, eppure si dice che con Federer � diventato amico. "Non parlerei di amicizia. Con Federer ho una relazione fantastica. Punto. Ma non � che la mia motivazione in campo cambia a seconda di chi ho di fronte". - John McEnroe invece ha ammesso che quando il rivale Bjorn Borg si � ritirato, lui ha accusato "il colpo". "Non va bene, quando si gioca bisogna essere freddi. L'unico obiettivo deve essere superarsi. Perch� si pu� vincere o perdere, ma l'unica vera soddisfazione � portare se stessi oltre il limite". - Rafa, � giusto che nel tennis le donne guadagnino quanto gli uomini? "� una comparazione che non si dovrebbe nemmeno fare. Le modelle guadagnano pi� dei loro colleghi ma nessuno dice niente. E perch�? Perch� sono loro ad avere pi� seguito. Anche nel tennis guadagna di pi� chi mobilita pi� pubblico". - E lei che rapporto ha con quello che guadagna? "Sereno. Vivo bene, ma non sono uno capriccioso. Preferisco investire in progetti sociali come la mia Fondazione che si occupa di inclusione dell'infanzia e la Academy, dove posso allevare nuovi talenti. E poi ci sono molti progetti privati". - Qualche regalo se lo sar� pur fatto. Un'automobile... "Si figuri: a 18 anni il mio sponsor era gi� la casa automobilistica Kia! (e lo � ancora insieme a Verti Assicurazioni, Nike e molti altri, per un patrimonio di oltre 100 milioni di dollari secondo Forbes, ndr). Appena ho potuto, ho comprato una barca: vivo a Majorca, l'isola dove sono nato, stare in mare mi d� tranquillit�. Mi piace dormire in barca e andare a pescare". - A proposito di piaceri, che rapporto ha con il proprio corpo: si sente un sex symbol? "Nooooooo. Macch�! Io sono uno sportivo". - Veramente sulla copertina della sua biografia si mostra in tutto il suo splendore... "Non l'ho scelta io..." - Nemmeno il video in cui, a torso nudo, flirtava con la pop star Shakira? "Le � piaciuto"? (ride) - No, mi � sembrato terribilmente in imbarazzo. "Diciamo che non � il mio mondo". - Anche il tennis ha regole rigide circa il sesso? "Cio�"??? - Pu� fare sesso se deve giocare? "Be' se devi giocare una partita alle quattro del pomeriggio eviti di mangiare un risotto, no? Ecco, le ho risposto". - � fidanzato con la stessa donna, Xisca Perello, da dodici anni. Qual � il segreto per far durare un rapporto cos� a lungo, alla sua et� e nel suo mondo? "Le dico come facciamo noi: comprensione, rispetto e soprattutto una grande indipendenza". - Che qualit� apprezza in una donna? "Non mi piacciono le persone pesanti, quelle che criticano sempre. Se sto con qualcuna � per stare meglio, perci� mi piace la donna positiva, che mi ispira fiducia. E non sto parlando solo di non tradirsi". - Rafa, ama circondarsi del suo staff e della sua famiglia. Ha paura della solitudine? "Paura no, ma non mi piace per niente". - Non si sente solo nelle tante stanze d'albergo del mondo? "Sono anni che sono in giro. Non ci penso. Non � che abbia molto tempo per farlo". - Ha letto Open, l'autobiografia del suo collega Andr� Agassi uscita, come la sua, nel 2011? "No". - Ha fatto scalpore per aver tracciato un ritratto spietato del tennis professionistico. Un mondo nel quale un padre che ti allena ossessivamente, pu� diventare il tuo aguzzino. In cui si pu� perdere la giovent� ma non si deve mollare mai. "No, non l'ho letto. Agassi � Agassi. Quella storia � la sua storia e non pu� parlare per tutti..." - E lei come si vede da qui a dieci anni? "Da ragazzo pensavo che a trent'anni mi sarei gi� ritirato e invece sono ancora qua. L'unica cosa che so � che avr� una famiglia. Di certo solo non resto". A "bordo campo" qualcuno ci dice che il tempo a disposizione � scaduto. Se questo scambio vi ha aiutato a capire di pi� chi sia l'uomo Rafa Nadal, allora sapete chi ha vinto. Bob Dylan: il menestrello che ama l'Italia (di Marco Zoppas, "Ulisse" n. 402/18) - La voce che pi� di ogni altra ha cantato la libert�, non ha mai negato l'amore per il Belpaese - C'� un legame speciale che lega Bob Dylan all'Italia. A due anni dalla tanto discussa assegnazione del premio Nobel per la letteratura, il poeta del rock � passato nel Belpaese con il suo Never Ending Tour per una lunga serie di concerti in varie citt� italiane (Roma, Firenze, Mantova, Milano, Genova, Jesolo e Verona). Tutto inizia nel 1964 con i versi di Boots Of Spanish Leather dedicati a Suze Rotolo, la sua compagna italoamericana di allora rifugiatasi in Italia dopo una separazione tra i due. Il tentativo di riappacificazione per� risulter� vano. I riferimenti all'Italia si intensificano negli anni Settanta in When I Paint My Masterpiece dove Dylan cita le strade di Roma, il Colosseo, Piazza di Spagna e un suo appuntamento galante con una nipote di Botticelli. Ancor pi� evidente l'omaggio contenuto nella quinta strofa di Tangled Up In Blue dove il protagonista della canzone sfoglia un libro di poesie scritte da un non identificato poeta italiano del tredicesimo secolo. Una canzone che � diventata ormai una pietra miliare della "dylanologia", lasciando insoluta la curiosit� su chi sia questo enigmatico poeta italiano del tredicesimo secolo. Dante? Cavalcanti? Oppure, meno probabilmente, Petrarca? Nel tour del '75 Rolling Thunder Revue, Dylan compare in pubblico con il volto dipinto di bianco e spiega che la sua scelta vuole essere un omaggio alla commedia dell'arte italiana. E molti anni dopo la morte di Dario Fo, proprio nel giorno dell'assegnazione del Nobel a Dylan, ha il sapore di un intrigante gioco del destino, come se ci fosse stato un invisibile passaggio di consegne tra i due. Ma uno dei rari momenti in cui Dylan � apparso davvero emozionato, nell'oltre mezzo secolo di carriera, � stato probabilmente il concerto del '97 a Bologna, in occasione del Congresso Eucaristico davanti a Papa Giovanni Paolo II. Quando si avvia verso il podio del Santo Padre, inciampa, salendo la scalinata, rischiando un capitombolo e si ricorda giusto in tempo di togliersi il cappello da cowboy, prima di stringergli la mano. Un luogo italiano che ha conquistato Dylan � Taormina. Un amore non nascosto, tanto che lo si pu� ascoltare narrato anche nei versi della canzone Lights Of Taormina di Mark Knopfler, l'ex leader dei Dire Straits. Entrambi - come racconta la canzone - sono rimasti stregati dallo stesso balcone d'albergo. Dylan, nella versione di Knopfler, appare come un imperatore che tutto ha conquistato alla pari dei grandi condottieri romani, ma le onde del mare inesorabilmente gli ricordano una donna che non torner� mai pi�. I riferimenti classici non sono affatto fuori luogo. Bob Dylan ha una grande attenzione verso i poeti latini dell'antica Roma che cita e rivisita nei suoi testi. Richard F. Thomas, professore universitario di Harvard, vi ha dedicato un saggio apposito intitolato The Streets of Rome: The Classical Dylan (reperibile online cercando su Oral Tradition Journal).