Agosto 2021 n. 8 Anno LI MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. Resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice Il fattore fame Ritorno al Cinema Estate 2021: dove (e come) si potr� andare in vacanza? A bocca aperta E poi arriv� la forchetta Olio d'oliva o di semi? Sfida all'ultimo condimento Diodato: Ora sogno un futuro pieno di abbracci Il fattore fame (di Aldo Carioli, �Focus Storia� n. 176/21) - Il cibo � da sempre un �termometro� della societ�: misura disparit� economiche, � un indicatore di prosperit� o miseria ed � sensibile alle svolte epocali - �Durante quell'anno una grande carestia oppresse quasi tutte le Gallie. Molti facevano il pane con i semi dell'uva o con i fiori dei nocci�li; altri con le radici delle felci pressate, seccate e poi ridotte in polvere, mischiate con un po' di farina. N� manc� chi, del tutto privo di farina, si limit� a raccogliere e a mangiare vari tipi di erbe: questi per� deperivano, diventando tutti gonfi�. Il cronista gallo-romano Gregorio di Tours descrive cos� la drammatica fame che attanagli� l'Europa alla fine del VI secolo, un'epoca di grandi mutamenti nella storia alimentare del continente. S�, perch� il fattore cibo � davvero un motore della civilt�. Valeva per i primi ominidi, vale per le societ� complesse. Per sfamarsi gli uomini del Neolitico, sempre pi� numerosi, inventarono l'agricoltura. �La popolazione della Terra pass� da circa un milione di individui di 60-mila anni fa a oltre 9 milioni di 10-mila anni fa�, spiega il divulgatore britannico Tom Standage, autore di Una storia commestibile dell'umanit� (Codice). Serviva pi� cibo e la soluzione si chiamava grano. Durante le sue migrazioni, il genere umano impar� a produrre da s� il cibo, invece di accontentarsi di quello che si procurava con la caccia o la raccolta. Probabilmente per caso qualcuno not� che certe piante spontanee avevano caratteristiche utili: spighe robuste e grandi, che non perdevano i loro semi commestibili. Erano i cereali, primo ingrediente della nostra dieta �fai da te�. �Inizi� allora quel processo di selezione per cui, oggi, quasi nessun cibo che mangiamo pu� pi� essere definito naturale�, conclude Standage. Tra il 9000 a.C. e il 5000 a.C. la tavola imbandita dall'umanit� si arricch�: grano e orzo in Medio Oriente, riso in Cina; gli ovini allevati per la prima volta tra Anatolia e Mesopotamia, maiali in Cina e polli nel Sud-Est asiatico. Seguirono il mais in America (3500 a.C.), la birra egizia, il vino e l'olio d'oliva dei Greci, il farro di Etruschi e Romani, nell'Alto Medioevo avena e segale. Che fosse di frumento, d'orzo, di castagne o di manioca, persino di ghiande, l'apporto delle farine � stato (ed �) vitale per ogni gruppo umano. Per questo, nella cronaca di Gregorio di Tours, � la penuria di farina la pi� grave conseguenza della carestia. Si scrive farina, ma si legge pane. In Mesopotamia si cuocevano �schiacciatine� d'orzo, gli Egizi introdussero il lievito, a Roma l'ars pistorica (il mestiere dei fornai) era cos� importante da essere regolata da leggi severissime. Pochi alimenti hanno una carica simbolica altrettanto forte: Omero non definisce forse �mangiatori di pane� i mortali, e i cristiani non pregano �dacci oggi il nostro pane quotidiano�? Non per niente ogni volta che nella Storia il prezzo della farina aumentava, scoppiavano sommosse popolari, come quella seicentesca raccontata da Manzoni nei Promessi Sposi, o quelle che anticiparono la Rivoluzione francese. �Dal VI secolo divent� normale convivere con la fame, sopportarla e attrezzarsi per combatterla�, spiega Massimo Montanari, medievista e storico dell'alimentazione autore del saggio La fame e l'abbondanza (Laterza). Nei secoli della civilt� romana c'era stato quasi sempre da mangiare per tutti, complici un'agricoltura sviluppata ed efficiente e un ciclo climatico favorevole, due fattori che garantivano buoni raccolti nonostante la popolazione crescente. Ma il crollo del sistema romano e l'abbandono dei campi coltivati spazzarono via ogni certezza alimentare. �Differenziare: � forse la parola-chiave per comprendere i meccanismi di reperimento e di produzione del cibo nei secoli in cui venne meno il quadro di riferimento politico dell'Impero romano�, spiega Montanari. Insieme a leggi e lingue, la nuova Europa dei barbari rivoluzion� il men� continentale. �Le popolazioni celtiche e germaniche, avvezze a percorrere le grandi foreste, avevano sviluppato lo sfruttamento della natura vergine e degli spazi incolti. La caccia, la pesca, la raccolta dei frutti selvatici, l'allevamento brado nei boschi erano centrali nel loro sistema di vita. Non il pane o le polente, quindi, ma la carne era il valore alimentare di primo grado. Non il vino, ma il latte di giumenta, il sidro tratto dalla fermentazione dei frutti selvatici, o la birra dove si coltivavano cereali nelle piccole radure. Non l'olio d'oliva, ma il burro e il lardo�. Semplificando, dieta mediterranea contro w�rstel e crauti. La nuova dispensa europea era quasi piena. Mancavano solo i tesori d'Oriente, come il riso portato dagli Arabi, e soprattutto pepe, cannella e zucchero di canna, che fecero la fortuna dei mercanti italiani dopo il Mille. Per ultime sbarcarono le novit� portate dalle Americhe dopo i viaggi di Cristoforo Colombo: patate, mais, pomodori, tacchini e il fortunato cacao. In comune, tra romanit� ed Europa medievale, c'erano invece le distribuzioni del grano o farina, l'unica risposta alle emergenze agricole (ma per i governanti romani erano anche un modo con cui garantirsi il consenso popolare). �Nel Cinquecento la popolazione aument� notevolmente in Europa: si pass� dagli 84 milioni di bocche da sfamare stimate nel 1500 ai 111 milioni di un secolo dopo�, spiega Montanari. �Accanto ai trattati di agronomia, fiorirono saggi dedicati all'alimentazione, o meglio alla fame: saggi che presumono di insegnare ai poveri tecniche di sopravvivenza improntate all'utilizzo di ogni possibile risorsa e magari all'impiego di piante mai provate�. Fu anche cos� che si diffusero, nel Nord Italia, le colture del riso (fino al XVI secolo cibo esotico solo d'importazione) e del mais arrivato dall'America e trasformato in polenta. Ma rachitismo, scorbuto e pellagra, malattie provocate dalla carenza di vitamine, rimasero prerogative di contadini e ceti poveri, nonostante le buone intenzioni dei trattatisti. La differenziazione alimentare iniziata con il Medioevo fa luce sul lato economico e sociale del mangiare, ancora oggi rilevante. Secondo Greci e Romani, nonostante il nostro immaginario fatto di orge e banchetti, a tavola doveva regnare la misura. �Bisognava accostarsi al cibo con piacere ma senza voracit�, offrirlo generosamente, ma senza ostentazione�, racconta Montanari. �La tradizione celtica e germanica propone invece il �grande mangiatore� come personaggio positivo, che proprio mangiando e bevendo molto esprime una superiorit� animalesca sui simili�. I fastosi banchetti rinascimentali, figli di questa visione, diventano riti sociali: come quello del 1487 per le nozze del figlio di Giovanni Bentivoglio, signore di Bologna, a base di pavoni arrosto �vestiti con le loro penne a guisa che facessero la ruota� e castelli di zucchero abitati da uccelli vivi e conigli. Sul fronte nutrizionale, le differenze sociali si riflettevano nell'assenza della carne dalla tavola dei poveri: la caccia era faccenda da nobili o ricchi mercanti. Gli scalchi (addetti al taglio delle carni) distribuivano le porzioni migliori in base a rango e censo. E nel Settecento la gotta, provocata dall'eccesso di carne, divent� un �marchio� rispolverando le idee del greco Pitagora, ponevano le basi del vegetarianesimo. Come sappiamo tutto questo? Per scoprire che cosa si metteva in tavola nel passato, gli storici leggono cronache di banchetti, trattati e ricettari, oppure fanno un giro al museo. Prendiamo il dipinto Mangiafagioli, di Annibale Carracci: all'epoca (1585 circa) la principale fonte di proteine erano i fagioli. Noti a Greci e Romani, conobbero un vero boom a inizio '500, quando le variet� americane scalzarono quelle asiatiche e africane. La �fasolada� del quadro � accompagnata da una torta salata di sfoglia, un tipo di pasta nata nel Medioevo, qui ripiena di verdure (ma si farciva anche di pesce); il tutto mangiato con cucchiaio di legno e coltello. In tavola anche pane bianco di frumento (un lusso, di solito era di segale), porri e una caraffa di vino. Niente frutta fresca, invece. Anche perch� orti e frutteti gentilizi erano luoghi recintati e curati a vista. �La maggiore nobilt� dei frutti degli alberi rispetto a tuberi e radici era giustificata non solo in senso metaforico, con riferimento alla maggiore o minore vicinanza al cielo, ossia alla divina perfezione, ma anche in termini �scientifici��, prosegue Montanari. �Si pensava che la �digestione� del cibo da parte delle piante, vale a dire l'assimilazione dei principi nutritivi, avvenisse con tanta maggiore compiutezza quanto pi� la pianta si spingeva verso l'alto�. Ai popolani spettavano i frutti spontanei dei boschi, o tuberi, come la patata americana, che si diffuse nel Settecento a partire dalla Prussia di Federico il Grande, che ne fece il rancio dei suoi soldati. Come dolce, miele per tutti. Almeno fino al XVIII secolo, quando lo zucchero delle barbabietole (coltivabili anche nei rigidi climi d'Europa) prese il posto di quello di canna, molto pi� costoso, essendo importato dai Paesi tropicali. Proprio perch� la carne � stata per secoli un lusso (e in molte regioni del mondo ancora lo �), la crescita costante del suo consumo � stato il cambiamento alimentare pi� profondo negli ultimi cento anni, almeno nei Paesi industrializzati. Attenzione per�: nel Medioevo si mangiavano soprattutto suini e ovini, oltre a cigni, cormorani e cacciagione. Oggi pollame e bovini. Una fame di bistecche che il Pianeta sta pagando a caro prezzo, da decenni: l'allevamento intensivo � infatti ben poco sostenibile, tra enorme fabbisogno d'acqua e consumo del suolo per far spazio a infiniti campi di cereali da mangime. Tradotto in numeri, in Europa si � passati dai 30 kg annui pro capite del Duecento al minimo storico di 14 kg tra Settecento e Ottocento, fino a esplodere con gli oltre 80 kg medi di oggi nei Paesi avanzati (ma negli Stati Uniti si sfonda la soglia dei 100). Troppi, sotto ogni profilo. In fuga dalle carestie Dietro ai grandi flussi migratori di oggi ci sono guerre, povert�, carestie e fame. La stessa fame che spinse milioni di europei a lasciare il Vecchio Mondo per le Americhe. E la stessa che mosse molti dei 28 milioni di italiani emigrati negli ultimi 160 anni. �Tra il 1800 e il 1913 la popolazione del continente si moltiplic� di due volte e mezzo, da 188 a 458 milioni�, spiega il demografo Massimo Livi Bacci nel suo libro In cammino. Breve storia delle migrazioni (Il Mulino). All'inizio, per sfamarsi i contadini si spostarono verso le citt� industriali, ma presto cercarono terre vergini. Il legame tra fame ed emigrazione era lampante per gli irlandesi del 1850. Il loro alimento base era la patata, ma nel 1845 la peronospora, una malattia delle piante, distrusse due raccolti, nel 1846 e nel 1848. Se negli Stati Uniti ci sono i Kennedy, i Murphy e gli O'Brian, la ragione � la Great Famine (�grande carestia�) che colp� l'Isola verde facendo oltre un milione di morti per la fame e per le politiche imposte da Londra. Tra il 1845 e il 1855 partirono 1,5 milioni di persone (su 8), a fine secolo quasi met� degli irlandesi viveva all'estero. Una diversa crisi agraria colp� l'Italia dal 1870. A provocarla fu l'importazione di granaglie a basso costo da Russia, Americhe e Australia, che mise in ginocchio i contadini italiani. A ci� si aggiunsero flagelli naturali come la filossera (un parassita) che colp� i vigneti del Nord Italia o il brusone (un fungo) che annull� i raccolti di riso. La pressione fiscale del neonato Regno d'Italia fece il resto, con crescenti tasse sul macinato. Fra il 1870 e il 1913 l'emigrazione italiana continu� ad aumentare, con punte di 870-mila partenze l'anno, verso Brasile, Argentina e Stati Uniti. Il sale, oro bianco Un tempo, i russi e altri slavi offrivano all'ospite, in segno di benvenuto, pane e sale. � solo una delle tante tradizioni legate al prezioso �oro bianco� Il valore storico ed economico del sale da cucina (cloruro di sodio) dipende dalla sua rarit� e dalla sua utilit�. La prima si deve al fatto che si ricava tradizionalmente solo in due modi: per evaporazione nelle saline marine, limitate a particolari tratti di costa e a zone salmastre, o dalle miniere di salgemma, non rinnovabili. L'utilit� del sale ha origine dalle sue propriet� di conservante, pi� che nelle sue qualit� nutrizionali o di condimento. La salagione (che disidratando gli alimenti blocca l'azione dei microrganismi che li fanno deperire) � stata, fino all'invenzione del frigorifero, il principale sistema di conservazione per i cibi. La conoscevano gi� nel Sudan di 10-mila anni fa e la praticavano i popoli della Mesopotamia e gli Egizi. E se Roma 2.500 anni fa prevalse sugli altri centri del Lazio, fu anche perch� controllava l'isola Tiberina, dove confluivano le vie del sale che collegavano Tirreno, Appennini e Adriatico. Inseguite quell'enzima! Perch� gli italiani sono pi� intolleranti al latte rispetto agli olandesi? Tutto dipende da un enzima: la lattasi, che permette di digerire il lattosio, uno zucchero del latte. Normalmente nei cuccioli d'uomo (ma anche in quelli degli altri mammiferi), la produzione di lattasi diminuisce dopo lo svezzamento, fino a cessare. Una mutazione genetica avvenuta circa 7.500 anni fa tra gli allevatori dell'Europa Centrale favor� in quella popolazione la cosiddetta persistenza di lattasi, cio� la produzione dell'enzima dopo l'infanzia e la conseguente capacit� di digerire latte e latticini in et� adulta. Ecco perch� nel Nord Europa, dove l'allevamento di bovini e il consumo di latte sono pi� antichi, l'intolleranza al lattosio � rara. Nell'Europa del Sud e in Italia, dove la mutazione � quasi assente, � pi� diffusa. Lo stesso vale per i cacciatori-raccoglitori di ieri e di oggi (inclusi i nativi americani), refrattari all'allevamento e anche al lattosio. E per i cinesi, quasi tutti privi della persistenza di lattasi e che non tollerano i latticini. La forza del merluzzo � un pesce umile e popolare, eppure il merluzzo ha contribuito alle grandi scoperte geografiche. I primi a comprendere le potenzialit� dei Gadus morhua (il merluzzo dell'Atlantico Settentrionale) furono i Vichinghi. Era infatti la risorsa alimentare pi� abbondante e nutriente (oltre il 18% di proteine) reperibile in Scandinavia. Impararono a essiccarlo e inventarono lo stoccafisso, di cui si ha notizia almeno dal IX secolo. Dopo aver fatto la fortuna dei pescatori baschi, che avevano scoperto i ricchissimi banchi di merluzzo dell'Atlantico del Nord (oggi decimati dall'overfishing, la pesca eccessiva), lo stoccafisso si diffuse nel '400 anche grazie al navigatore veneziano Pietro Querini (1400-1448), naufragato alle Lofoten (Norvegia) e tornato in Italia con quella novit�. Fu proprio il merluzzo, grazie alla sua facile conservazione essiccato o sotto sale, a sfamare i marinai nei lunghi viaggi di esplorazione nelle Americhe. Dove, nel '600, divenne il business principale dei primi coloni inglesi, sulle coste del Massachusetts dalle parti di Cape Cod, �Capo Merluzzo�. Ritorno al Cinema (di Claudia Consonni) Finalmente le sale hanno riaperto, tiriamo un sospiro di sollievo e riprendiamo il rituale dell'entrata materiale, del passaggio da una visione alla luce al vedere nel buio, con qualche variante a causa del Covid-19, ma insomma, la routine riprende. Per molti poi, non � nemmeno un rito, � piuttosto un'abitudine, un passatempo, ma, sempre, � amore per il cinema. Eppure, la percezione del buio e i suoi effetti sottili, non sfuggono ad alcuni cinefili. Cos�, quando iniziamo la sequenza di azioni preparatorie, probabilmente senza prestarvi alcuna attenzione e raggiungiamo la sala, scendendo o salendo un numero indefinito di gradini, scivolando sul pavimento piano di un corridoio, qualche cosa dentro di noi potrebbe cambiare. L'idea di stare sotto o sopra, in platea o in galleria, potrebbe influenzare la mente e la visione? Entrati nella sala, ci si guarda attorno per scegliere il posto, calcolare la vicinanza o la lontananza dagli altri e dallo schermo. La presenza delle persone produce in noi qualche effetto? Su questo argomento, la sociologia delle comunicazioni di massa, nel corso degli anni, ha realizzato molti studi. Qui, per�, a me piacerebbe sfiorare ancora una sfumatura percettiva, sottile e particolare. Il buio della sala - quello che a casa non c'� - potrebbe in qualche modo influenzarci? Forse s�, o forse no. Appena ci sediamo, con le luci ancora accese e con la nostra aspettativa tutta intera, ci pu� capitare di dare un'occhiata alle persone che ci circondano e, forse, senza nemmeno rendercene conto, ce ne facciamo un'idea. Ma, non potrebbe anche succedere che, dopo essere stati per un certo tempo immersi nel buio, finito il film e riaccese le luci, le impressioni suscitate in noi da quelle stesse persone siano mutate? Proviamo ad immaginarci spettatori: gettiamo uno sguardo rapido a chi ci sta intorno per scambiare un cenno di saluto con qualcuno che conosciamo, ma anche per evitare qualcun altro. Dunque, un frammento visivo, un volto, un'espressione, la rotazione di un polso che spunta dalla manica di una giacca, potrebbe catturare la nostra attenzione. E poi? Poi ci mettiamo comodi nel posto scelto, mentre la pubblicit� e la programmazione, con tutto quello che segue, ci accompagnano nel buio. Allora quei frammenti visivi non sono pi� niente, nemmeno ricordi, cancellati dal buio con un'unica passata che sgombra la mente e ci guida verso un ben altro orizzonte. Tuttavia, le persone sono corpi, respiri, colpi di tosse, odori che saturano l'aria, suoni di risa, bisbigli, timbri bassi e acuti che creano un'atmosfera originale. Il vissuto del film � un impasto multiforme, � l'espressione consapevole e subliminale di persone convenute l� con un obiettivo comune; non un gruppo, ma corpi pulsanti, abbandonati su isole confortevoli. Spettatori che si lasciano attraversare dal buio, che nell'oscurit� cercano qualche cosa: dal divertimento al rilassamento, dall'appagamento alla catarsi, dal sogno ad una inestinguibile inquietudine... Forse, non tutti sentono che, nel buio finalmente ritrovato, insieme alle immagini, qualche cosa si muove in noi... Oggi, la tecnologia ha reso il passaggio dalla luce all'oscurit� quasi perfetto. Ha eliminato quel pulviscolo d'oro, che il fascio di luce del proiettore spargeva su di noi, trascinandoci, come il pifferaio di Hamelin, dietro alla pellicola. Eppure, il buio mantiene ancora intatto il suo effetto. Pu� succedere, infatti, che durante la visione del film, mentre le immagini riempiono schermo, occhi e cervello, l'aria satura di vibrazioni, ci tocchi, ci percorra, a volte solleciti le corde pi� sensibili e nascoste della nostra anima. Ci sentiamo, allora, esseri fluttuanti, esploratori e avventurieri guidati da tutti e da nessuno nel mare oscuro. E siamo un banco di pesci trascinato dalle immagini della pellicola in una corrente ignota e familiare, in buona parte sommersa, che l'ombra fa risalire dal nostro �inconscio collettivo�. Quando il film coinvolge fortemente gli spettatori, l'oscurit� aiuta lo svelamento di passaggi segreti, libere associazioni originali che connettono realt�, sogno e immaginazione. Il buio � un luogo magico, un tempo sospeso dove sentirci isola e, insieme, arcipelago. � bello tornare al cinema cos�. Estate 2021: dove (e come) si potr� andare in vacanza? (esquire.com) - Le destinazioni possibili in Italia e all'estero, le tendenze e le regole su mascherine e vaccini - Grazie alla campagna di vaccinazione di massa, che in Italia ha superato le 40 dosi somministrate ogni 100 abitanti, si intravede all'orizzonte la libert� di viaggiare. D'altronde � gi� successo l'estate scorsa: grazie alla bella stagione i contagi erano scesi quasi del tutto, e quest'anno oltre al caldo estivo la nostra salute avr� un altro alleato, i milioni di vaccini gi� somministrati. Rimane per� una domanda: dove si potr� andare? E come faremo a organizzare i nostri viaggi? Bisogna considerare che il governo italiano, in accordo con l'Unione Europea, sta portando avanti i lavori per approvare definitivamente il cosiddetto �passaporto vaccinale�, detto anche �green pass�. Per l'approvazione definitiva non dovrebbe mancare molto, anche perch� con l'avvicinarsi dell'estate e del periodo delle vacanze si fa sempre pi� utile e urgente, ma nel frattempo a migliaia vogliono organizzare le vacanze, e quindi lo fanno a prescindere dal documento. Quando si tratta di viaggi da organizzare nell'estate del 2021, bisogna anche sapere che la maggior parte delle persone che di solito viaggiano hanno tra i 20 e i 60 anni, ma questa fascia di et� �, per ovvie ragioni, quella meno vaccinata. Gli anziani invece, che hanno ricevuto la maggior parte dei vaccini, sono gli italiani che viaggiano meno. Anche per questo le vacanze estive, quest'anno, prescinderanno dal pass vaccinale. Cos�, per evitare di aver bisogno di pass vaccinali e documentazione di vario tipo, la maggior parte di noi pensa di non andare oltre i confini nazionali. Ma non vale solo per l'Italia: pi� della met� dei viaggiatori di tutto il mondo, il 59%, non vuole andare all'estero fino a quando non riceveranno il vaccino. Restare in Italia, ok, ma dove? Proprio per cercare di evitare di vedere il proprio volo cancellato, e di avere necessit� di passaporto vaccinale, la scelta migliore sembra essere quella di andare al mare, andarci in treno, in bus o in macchina e di farlo a piccoli gruppi. In questo modo i viaggi non saranno suscettibili di cancellazioni o ritardi, si eviteranno gli assembramenti, e si star� in un ambiente aperto, sano e pulito come la spiaggia. Stando ai dati diffusi dal sito di prenotazioni Booking.com le localit� in crescita rispetto all'anno scorso sono quasi tutte balneari: c'� Positano, Porto Cervo, Ostuni, Forte dei Marmi, Procida, l'Elba, Amalfi e cos� via. Pochissime, invece, quelle all'estero. Nonostante il turismo sembra essersi adattato alla pandemia evitando grandi spostamenti, viaggi all'estero e voli intercontinentali, questo non significa che le precauzioni spariranno. I dati sui contagi e il progredire delle vaccinazioni, al momento, sono incoraggianti, ma la pandemia da Covid-19 ci ha insegnato che le ricadute e i peggioramenti possono esserci eccome. Ecco perch�, anche per i turisti che staranno all'aperto, al mare e non troppo lontano dalla loro residenza, sar� comunque obbligatorio l'uso della mascherina (almeno nei luoghi al chiuso e sui mezzi) e saranno proibiti gli assembramenti. Cos� come rimarr� caldamente consigliata la misurazione della temperatura prima di entrare in bar e ristoranti. Sono misure minime, noiose ma essenziali per permettere a tutti di godere dell'estate in sicurezza. A bocca aperta (di Raffaella Procenzano, �Focus� n. 344/21) - Lo facciamo tutti, circa otto volte al giorno. Sbadigliare mantiene in allerta e comunica empatia. Indica anche fame o noia. � un segnale che ha molte funzioni, alcune ancora da indagare - Innanzitutto, non spaventatevi: se durante la lettura di questo articolo vi verr� pi� volte da sbadigliare, � perfettamente normale. Non state crollando dal sonno e (almeno speriamo) non � perch� questo articolo sia incredibilmente noioso. � tutta colpa della caratteristica pi� �strana� dello sbadiglio, quella che lo rende pi� misterioso: spalancare la bocca e contrarre i muscoli proprio in quel modo � contagioso perch� � un segnale sociale. Che la scienza sta ancora studiando. E non si sbadiglia solo �per contagio�. Lo facciamo anche quando siamo completamente soli: per sonno, per noia, per fame... Non a caso gli studiosi distinguono due tipi di sbadiglio, quello fisiologico che segnala un'esigenza del nostro corpo (il sonno o la fame appunto), e quello psicologico dettato dalla noia o dall'imitazione di qualcuno che sbadiglia. Una spinta cos� forte che non serve osservare bene una bocca che si spalanca per essere portati a fare lo stesso. Le ricerche hanno dimostrato che basta vedere uno sbadigliatore di profilo e perfino solo �ascoltarlo� per essere indotti a imitarlo, non importa se tiene la mano davanti alle labbra. � stato addirittura provato che si ottengono pi� sbadigli leggendo un testo che parla di sbadiglio rispetto a uno che parla di singhiozzi (che invece non fa singhiozzare!). Insomma, persino la parola �sbadiglio� ha un potere... sbadigliogeno. E anche se non � l'unico segnale che ci capita di imitare da altre persone (succede di canticchiare la stessa melodia, grattarsi la fronte o il naso, toccarsi i capelli come chi ci sta di fronte) � il pi� difficile da controllare. Di pi�: gli studi dimostrano che, nei momenti di socialit�, lo sbadiglio viene pi� ricambiato di un sorriso. Del resto si tratta di un segnale pressoch� impossibile da nascondere: anche chi � abile nel fare questo gesto a bocca chiusa viene tradito dall'intensa contrazione dei muscoli del collo e di quelli che circondano la bocca, inevitabile per impedire alle mascelle di aprirsi. Tutti i presenti, insomma, capiscono che si tratta di uno sbadiglio. Secondo gli studi, uno sbadiglio dura tra i 3 e i 10 secondi (mediamente sei secondi) e ognuna delle fasi descritte pu� andare tra 1 e 4 secondi. La frequenza media degli sbadigli umani � 7 o 8 volte al giorno. Ma c'� una variabilit� enorme tra individuo e individuo: si va da 0 a ben 28-30 sbadigli nell'arco della giornata. E non ci sono differenze tra maschi e femmine, mentre in alcune specie animali (soprattutto scimmie) i maschi sbadigliano di pi�. Esistono per� momenti della giornata in cui gli sbadigli sono al picco: uno studio condotto negli Stati Uniti sulla distribuzione di questo fenomeno nelle ventiquattr'ore ha mostrato che alle 23:00 si sbadiglia di pi� in assoluto e che gli altri due momenti in cui ci si lascia andare facilmente allo �yaaaawn!� sono le 18:00 e il risveglio. Con alcune differenze tra le persone che si definiscono allodole (quelle che non hanno difficolt� a svegliarsi ed essere attive gi� la mattina presto) e i cosiddetti gufi (le persone che �carburano� solo verso sera). In effetti, a sbadigliare si comincia gi� prima di nascere (tra le 12 e le 14 settimane di et� gestazionale). Ma in questo caso non c'� un legame con il sonno: il bambino non ha ancora acquisito il ritmo sonno-veglia. Nelle ecografie, per�, si osservano chiaramente lente aperture della bocca contemporanee a un abbassamento della lingua, che occupano il 50-75% dello sbadiglio: la bocca resta completamente aperta per 2-8 secondi per poi ritornare lentamente in posizione di riposo. Nei feti che crescono poco perch� arriva loro meno nutrimento sono stati osservati molti sbadigli in sequenza, tanto che alcuni studiosi hanno ipotizzato che questo meccanismo aumenti il ritorno di sangue al cuore. Dopo la nascita, per�, cambia tutto: secondo una teoria, gli sbadigli del lattante e del bimbo un po' pi� grande avrebbero soprattutto lo scopo di stringere legami con gli adulti che se ne prendono cura, inducendoli a imitarli. Insomma, perch� si sbadiglia? Sembra incredibile, ma dopo secoli di studi (gi� Ippocrate diceva che �cos� si scaccia l'aria cattiva dai polmoni�) la risposta a questa domanda � ancora controversa. �Una cosa � certa: non serve a fornire ossigeno al cervello, come si ipotizzava fino a qualche decennio fa�, spiega Gianluca Ficca, direttore del laboratorio del sonno del Dipartimento di Psicologia dell'Universit� della Campania. Quest'ipotesi � stata definitivamente smontata da un celebre esperimento condotto nel 1987. Alcune persone hanno inalato aria con livelli di CO2 pi� alti del normale (circa 8 volte di pi�). Risultato: la frequenza respiratoria dei soggetti � aumentata, ma non hanno sbadigliato. Allo stesso modo, se i partecipanti inalavano ossigeno, lo sbadiglio spontaneo non veniva inibito. Il che significa che non si tratta di un riflesso fisiologico per migliorare l'ossigenazione cerebrale. Allora che cos'�? �Probabilmente un riflesso di attivazione del cervello: dopo che si sbadiglia di solito si diventa pi� attenti, un po' come quando si sbattono e si stringono gli occhi (ammiccamento). Non a caso quest'ultimo segnale attiva i sistemi montati sulle auto pi� moderne che avvisano il guidatore che � il momento di fare una pausa�, continua Ficca. �Per� non si sa se sia lo sbadiglio a svegliare il cervello o piuttosto sia il cervello che, svegliandosi, produce lo sbadiglio. Io propendo per la prima ipotesi�. La verifica sperimentale che lo �yaaaawn!� mantenga il cervello pi� sveglio anche di fronte a un compito noioso � di pochi anni fa. A un piccolo gruppo di persone � stato fatto indossare sul polso un apparecchio detto actigrafo, che misura il livello di attivit� della persona (quanto si muove): nei 15 minuti che seguivano ognuno dei 747 sbadigli osservati, la motilit� aumentava. C'� per� chi afferma che sbadigliare sia pi� il segno di un imminente cambiamento di stato piuttosto che un segnale di stanchezza: in effetti si spalanca la bocca quando si passa dal sonno alla veglia, dalla saziet� alla fame, dalla noia all'attenzione. Tant'� vero che le persone che si aspettano che accada qualcosa di nuovo si abbandonano allo sbadiglio di frequente: � stato osservato, per esempio, che i paracadutisti che stanno per lanciarsi tendono a farlo. �Lo si vede anche negli animali: nei gelada, scimmie simili ai babbuini, si sbadiglia a denti sia scoperti sia coperti. Ma sono entrambi segni di un �passaggio�. Nel primo caso si segnala aggressivit�, nel secondo invece desiderio di essere pi� in sintonia con gli altri membri del gruppo, e in questo caso lo sbadiglio � contagioso�, fa notare Elisabetta Palagi, docente di Etologia all'Universit� di Pisa. Il mistero pi� intrigante riguarda appunto la contagiosit� di questo atto. �Di recente abbiamo scoperto che tra i leoni, se un individuo sbadiglia, un altro fa lo stesso. Poi, il primo leone si alza e si incammina in una direzione, il secondo leone, qualche attimo dopo, fa lo stesso seguendo pure un'identica traiettoria. Insomma, i due individui si �sintonizzano� tra loro. E cos� fanno molte altre specie di mammiferi che vivono in gruppo�, continua Palagi. Nell'uomo, il meccanismo non � molto diverso. �Ci sono ormai molte prove del fatto che la contagiosit� dello sbadiglio ha a che fare con la capacit� di entrare in empatia con gli altri�, sottolinea Ficca. Secondo le ricerche dello psicologo evoluzionista statunitense Steven Platek, che ha a lungo studiato questo aspetto, la suscettibilit� allo sbadiglio contagioso � infatti associata all'attivazione delle regioni del cervello implicate nei processi cognitivi sociali. Il che significa che chi riesce a mettersi meglio nei panni degli altri si fa anche contagiare di pi� dagli sbadigli rispetto a chi resta abbastanza indifferente alle emozioni altrui. Lo sbadiglio � quindi un �collante sociale�. Non a caso, i bambini cominciano a imitarlo solo dopo i due anni, quando acquisiscono la capacit� detta �teoria della mente� che consiste appunto nell'immaginare che cosa stanno pensando gli altri. Sbadigliare, dunque, indica un passaggio di stato, un'attivazione del cervello, un bisogno come dormire o mangiare, ma anche quello di sentirsi pi� vicini ad altri individui. �� un atto che si � evoluto in tempi antichissimi, � normale che in molti milioni di anni abbia acquisito pi� scopi. E che questi scopi siano anche un po' differenti in specie diverse�, aggiunge Palagi. I centri cerebrali che producono lo sbadiglio si trovano infatti nel tronco encefalico, una zona molto antica del cervello, vicino ai centri respiratori e a quelli che controllano i muscoli mimici del volto, della respirazione e della deglutizione. Strettamente connessa a queste zone � la cosiddetta formazione reticolare ascendente che arriva alla corteccia cerebrale e ne modula proprio la vigilanza. Ma esiste anche un controllo superiore dello sbadiglio, che dall'ipotalamo arriva alle strutture cerebrali che lo generano e che spiegano l'origine degli sbadigli �da fame� (regolata appunto a livello dell'ipotalamo). Devono per�, secondo gli studiosi, esistere anche legami con la corteccia superiore, dato che molte persone - se vogliono - riescono a sbadigliare �a comando� (lo fanno anche gli attori in alcuni esercizi di recitazione). Del resto, in alcune circostanze, sbadigliare pu� essere una gran soddisfazione. Tanto che molti lo considerano piacevole, come bere quando si ha sete o mangiare quando si ha fame (si tratta pur sempre del soddisfacimento di un bisogno fisico). E se siete arrivati fin qui, leggendo di questo argomento di sicuro avrete sbadigliato almeno due o tre volte. Speriamo di piacere e non di noia! Un movimento in tre fasi Lo sbadiglio ha tre momenti, evidenziati oltre mezzo secolo fa da Jacques Barbizet, un medico francese che studi� una sequenza di radiografie della bocca e del collo ottenute ogni mezzo secondo durante l'atto. Prima fase: la bocca si apre e la faringe si dilata insieme a laringe e torace. Il diaframma scende. L'osso ioide si abbassa dal livello della seconda vertebra cervicale a quello della sesta o settima vertebra, mentre la lingua si retroverte. Il classico suono inspiratorio di questa fase (non sempre presente) � prodotto dal palato e dall'istmo faringeo. Seconda fase: � il momento in cui la dilatazione faringea � massima. Arriva a essere 3 o 4 volte pi� ampia del normale e non raggiunge questa dimensione in nessun'altra circostanza. Bocca e narici sono dilatate e i muscoli delle palpebre si contraggono causando la semichiusura degli occhi. Le sopracciglia si sollevano e la pelle alla base del naso fa qualche piega pi� profonda. Terza fase: mentre la bocca si richiude avviene una lenta espirazione, accompagnata di solito dal tipico suono prodotto dalla laringe. Gli occhi piano piano si riaprono. Nel corso di questa fase (ma anche delle prime due) � possibile esagerare o limitare l'azione dei gruppi muscolari rendendo lo sbadiglio pi� o meno evidente (e pi� o meno �sonoro�). Gesto maleducato? In India, si ritiene che i �bhuts� (spiriti) preferiscano entrare nel corpo attraverso la bocca. Sbadigliare comporta quindi un duplice rischio: o i demoni penetrano nel corpo dalla gola, oppure una parte dell'anima potrebbe scappare dal corpo. Una credenza molto simile si afferm� anche in Europa intorno al 590 d.C., al tempo di papa Gregorio Magno, quando un'epidemia di peste bubbonica decim� la popolazione. Inoltre, nella societ� occidentale lo sbadiglio non � mai stato apprezzato, anche perch� viene associato alla noia. E non da oggi: Vespasiano rischi� di essere condannato a morte perch� sorpreso a sbadigliare mentre Nerone cantava nel teatro di Roma, atto che equivaleva a �delitto di lesa maest�. Per tutti questi motivi, sbadigliare senza mettere la mano davanti alla bocca (come invece fa l'ex ministro della difesa giapponese Gen Nakatani) ancora oggi � considerato maleducato. Anche per i musulmani sbadigliare in pubblico � riprovevole, e lo stesso vale in Giappone. Poche societ� apprezzano il gesto. Come alcune comunit� di nativi americani, visto che tra gli appellativi dell'apache Geronimo c'era il nome Goyathlay, che significa �colui che sbadiglia�. E poi arriv� la forchetta (di Giuliana Lomazzi, �Focus Storia� n. 177/21) - Oggi � indispensabile, eppure � stata l'ultima posata ad arrivare sulle nostre tavole. Anche colpa di una certa fama... - In principio furono i denti dritti. Lo dimostrano gli esemplari pi� antichi della nostra posata pi� utilizzata: sono stati ritrovati in Cina, in tombe del III-II millennio a.C., ma a differenza delle forchette odierne avevano i rebbi (due o tre) dritti, utili per infilzare pi� che per mangiare. Nel bacino del Mediterraneo, per trovare i primi rudimentali esemplari di forchette scoperti dagli archeologi, a soli due rebbi, bisogna arrivare al II secolo d.C. Prima di allora non si usavano? Niente affatto. Si legge per esempio nella Bibbia (Samuele, libro I): �Il servo del sacerdote veniva nel momento in cui si faceva cuocere la carne; teneva in mano una forchetta a tre punte, la piantava nella caldaia o nel paiuolo o nella pentola o nella marmitta�. Insomma, per cucinare o per il servizio in tavola la forchetta era indispensabile: un servitore infilzava la carne, per esempio un volatile, e la tagliava a pezzi per i commensali. Cos� facevano Egizi, Greci (nell'Iliade si legge di �forche� impugnate dai convitati) e Romani. Questi ultimi prelevavano, dal triclinio su cui erano semisdraiati, il cibo con le posate di servizio, lo mettevano nel piatto e da qui con la mano destra lo portavano alla bocca. Siamo insomma ancora molto lontani dalle posate individuali a disposizione di ogni commensale; del resto, si trattava sostanzialmente di consumare finger food, come diremmo oggi. Alla corte di Bisanzio le mani unte non piacevano. E infatti l'imperatore e i suoi familiari mangiavano con la forchetta. Quando la principessa bizantina Teodora and� sposa al doge veneziano Domenico Silvo (1071-1084), al banchetto nuziale ostent� una �forcina� d'oro a due denti, suscitando grande scalpore. Il teologo Pier Damiani raccont� che la dogaressa non toccava il cibo con le mani, ma �lo avvicinava alla bocca con fare schizzinoso�, con quello da lui definito �instrumentum diaboli�. Forse non era proprio demoniaca, ma di certo agli occhi di papa Innocenzo III (1161-1216) la forchetta era un segno nefasto della vanit� umana, insieme a �tovaglie decorate, coltelli dal manico d'avorio, vasi d'oro, ciotole d'argento� e tante altre suppellettili delle mense pi� ricche. Ma lo �strumento diabolico�, nonostante l'opposizione della Chiesa, continuava, seppure lentamente, a fare proseliti. Lo ritroviamo in miniature dell'XI secolo, per esempio, dopodich� si ripresenta sempre pi� spesso in ricettari, libri e ovviamente dipinti. A favorirne l'ascesa in Italia fu il nostro piatto pi� famoso, la pasta, la cui produzione era attestata gi� nel XII secolo in Sicilia e Sardegna, a Napoli e Genova. Per mangiare questi maccheroni bollentissimi, molto spesso lunghi, non c'era che la forchetta: lo racconta il Liber de Coquina (1285-1309), il primo ricettario medievale. Cos�, nel XIV secolo la posata raggiunse le taverne, come testimonia nel Trecentonovelle il fiorentino Franco Sacchetti: due uomini muniti di forchetta mangiano pasta dallo stesso recipiente, ma uno dei due non rispetta le buone maniere dell'epoca, facendo la parte poco elegante di chi si abbuffa. Nel 1483 il fiorentino Sandro Botticelli dipinse il Banchetto nuziale di Nastagio degli Onesti, distribuendo sulla tavola e tra le mani degli invitati �forcine� a due denti. Nella prima met� del Cinquecento Caterina de' Medici, promessa sposa del re di Francia Enrico II, giunse a Parigi con forchetta (e molto altro) al seguito: nella sua Firenze era indecoroso mangiare con le mani. Nel 1492, nell'inventario dei beni di Lorenzo il Magnifico compaiono infatti coltelli, cucchiai e ben 56 forchette: sulla tavola del signore di Firenze, l'uso della posata con i rebbi era ormai una consuetudine consolidata. La corte francese invece liquid� la novit� giunta con la sposa fiorentina come una debolezza da effeminati, pi� o meno come avevano fatto anche il resto delle corti rinascimentali italiane (Magnifico a parte). La forchetta restava la Cenerentola delle posate, per esempio all'elegante corte estense, dove regnarono tra gli altri Lucrezia Borgia ed Ercole d'Este. Lo testimonia il ricettario del celebre scalco ducale Cristoforo Messisbugo, completato da un accurato resoconto dei banchetti. �Messisbugo fa una descrizione dettagliata di tutti gli arredi di sala, ma senza citare le forchette. Parte dei cibi veniva presa con le mani, che poi venivano lavate in appositi bacili�, spiega Alberto Capatti, storico della gastronomia italiana. Poi, finalmente, nel 1570, alla corte dei papi, la forchetta c'�. �Nella sua Opera, il cuoco Bartolomeo Scappi descrive molti men� e precisa la sostituzione di coltelli, cucchiai, �forcine� d'oro e d'argento e tovaglie. La forchetta non sempre viene menzionata, ma probabilmente era una dotazione regolare�. A inizio Seicento il viaggiatore inglese Thomas Coryat vide la forchetta nel Belpaese e per primo la descrisse, definendola un'affettazione italiana poco maschile. La port� in patria, dove come ci si poteva aspettare ebbe scarso successo. Neanche in Francia la posata con i rebbi aveva sfondato, per la verit�. Re Luigi XIV, che tra Seicento e Settecento alla corte di Versailles disponeva anche 2 di questi utensili per i commensali, da parte sua preferiva mangiare all'antica: con le mani. Per un vero cambiamento si dovette attendere la fine del Settecento, con la Rivoluzione industriale e una maggiore diffusione della ricchezza, ma soprattutto con il passaggio dal servizio alla francese a quello alla russa. Nel primo tutte le portate arrivavano in tavola insieme; nel secondo si susseguivano, come avviene oggi, e richiedevano quindi un servizio individuale di posate da cambiare a seconda dei piatti serviti. Contribu� alla diffusione capillare delle forchette anche la pi� pratica forma curva, completata nell'Ottocento dall'aggiunta del quarto dente. Quando le forchette cominciarono a entrare nelle case comuni, non lo fecero certo rivestite d'oro. Le pi� economiche erano di ferro, come nell'antichit�, o di stagno. Nell'Ottocento ne esistevano in ottone, sostituito a fine secolo da alpacca (una lega di rame, zinco e nichel) e infine dall'alluminio. L'acciaio inox si aggiunse un secolo dopo. Un successo? S�, ma parziale a ben vedere: oggi la forchetta a tavola � indispensabile soltanto per un terzo della popolazione mondiale. Tutti gli altri si dividono equamente fra chi usa la bacchetta e chi le mani. Olio d'oliva o di semi? Sfida all'ultimo condimento (�RivistAmica� n. 8/20) - Il condimento per eccellenza, l'olio � immancabile in cucina: ecco le caratteristiche dei principali a confronto - Tra le eccellenze italiane c'� l'olio d'oliva, oro verde dal sapore inconfondibile e dalle propriet� nutrizionali encomiabili. Ci� nonostante, nelle nostre cucine spesso si trova anche una bottiglia di olio di semi, dal sapore pi� delicato ed usato in alcune preparazioni specifiche. La dottoressa Chiara Saccomani, biologa nutrizionista presso il Policentro Pediatrico e Donna di Milano, lo studio Medical Point di Varese e il Centro di Ginnastica Medica di Melegnano, spiega cosa contiene ogni confezione. Con il termine oli si indicano in generale tutti i lipidi che a temperatura ambiente si trovano allo stato liquido. Di conseguenza, conferma la dottoressa Saccomani, �gli oli contengono praticamente solo grassi. � un alimento molto calorico, ma pu� avere anche propriet� nutrizionali estremamente interessanti e si usa in particolare per cuocere o per condire. In generale sarebbe preferibile usarli a crudo per preservarne le caratteristiche e conservarli in bottiglie scure, lontani da fonti di luce e calore�. Quando si parla di olio d'oliva spesso si sottintende che sia extravergine, ma forse non tutti sanno che con questo termine si indica un preciso processo di estrazione meccanico che salvaguarda propriet� organolettiche e nutrizionali. L'olio d'oliva, invece, � quello che viene definito un olio raffinato, ovvero ottenuto tramite un processo chimico e grazie all'aiuto di solventi. Si tratta, quindi, di un prodotto meno pregiato dal punto di vista qualitativo. �Dal punto di vista nutrizionale, l'olio d'oliva - sia extravergine che non - contiene vitamina E che ha propriet� antiossidanti, e acidi grassi monoinsaturi, con effetti antinfiammatori. � alla base della rinomata dieta mediterranea ed � stato dimostrato che inserito quotidianamente nella propria alimentazione ha effetti positivi sulla salute, arrivando ad abbassare anche il cos� detto colesterolo cattivo�, ricorda la nutrizionista. Gli oli di semi sono solo una piccola nicchia degli oli vegetali, che si possono estrarre anche dai cereali (come l'olio di mais o di riso), dai frutti (come le olive, l'avocado, il cocco o l'olio di palma) o dai frutti a guscio (come l'olio di mandorla usato soprattutto in ambito estetico). Tra gli oli di semi pi� diffusi ci sono l'olio d'arachide, l'olio di girasole e l'olio di lino. L'esperta spiega che �si caratterizzano per la presenza di acidi grassi polinsaturi omega 3 ed omega 6 in diverse proporzioni. Si tratta di composti essenziali per il nostro organismo; � consigliabile comunque consumare questi oli con moderazione e comunque in alternanza con l'olio extravergine d'oliva. Per preservare le propriet� nutrizionali meglio scegliere oli di semi spremuti a freddo e monoseme. L'olio di semi di lino, inoltre, va sempre conservato in frigo e usato a crudo per evitare che gli omega 3 di cui � ricco, tanto da farlo diventare un sostituto del pesce nelle diete vegane, si deteriorino�. Raccomandati L'olio d'oliva � una fonte di grassi �buoni� che aiutano a contrastare problemi cardiovascolari. Ricco di vitamina E, viene considerato un antiossidante. �, inoltre noto per le sue propriet� lassative ed emollienti per la pelle. Gli oli di semi sono ricchi di grassi polinsaturi, che, nelle proporzioni corrette, possono contribuire ad abbassare i livelli di colesterolo. Costituiscono fonti di vitamina E, potente antiossidante. Il loro consumo � da alternare a quello dell'olio extravergine. Diodato: Ora sogno un futuro pieno di abbracci (di Francesco Chignola, �Tv sorrisi e canzoni� n. 23/21) - Il tour estivo, l'Arena di Verona, quell'Eurovision mancato e l'incontro con Roberto Baggio - Alla fine del 2020 gli abbiamo dato un Telegatto come �Musicista dell'anno�. Ma oggi Diodato � pronto a guardare al futuro. Dal 15 luglio partir� per un tour che lo vedr� girare l'Italia (isole comprese). Ci risponde in video da Roma. �In autunno, quando ho visto che l'epidemia stava peggiorando, ho iniziato a rimandare il ritorno a Milano, dove stavo in una casa troppo piccola� ci racconta. �Alla fine sono rimasto qui, con una �bolla� di pochi amici sempre tamponati, per non sentirci troppo soli. Roma mi ha fatto bene. Ma tra poco torner� al Nord per le prove del tour�. - Ti stai gi� preparando? �Non sar� facile dopo tutti questi mesi. Ora devo suonare tutti i giorni, rimettere le mani sugli strumenti, riattivare quello principale, cio� la voce. � come un muscolo che deve tornare tonico, devo stare pi� attento a quello che mangio e bevo�. - Come vivi l'attesa? �Prima di iniziare un tour sento sempre un po' di fatica mentale, ma mi baster� entrare in sala prove per ritrovare il sorriso. Dovr� tornare a fare sport, perch� il fiato sul palco � importante, e poi ragionare sulle luci, le scenografie, la logistica. Insomma, c'� tanto da fare�. - Lo scorso anno sei stato uno dei pochi che � riuscito a suonare dal vivo. �Quando sono arrivato alla fine avrei voluto fare altre cento date, le sensazioni erano amplificate dalle costrizioni precedenti. Non vedo l'ora di ritrovare quell'armonia con la squadra. E poi ci sar� l'Arena di Verona, dove saremo ancora di pi�, quasi un'orchestra�. - Nel 2020 in un video per l'Eurovision hai cantato nell'Arena vuota. A settembre ci saranno i fan. �Se ci penso mi spaventa: � il concerto pi� grande che io abbia mai fatto. Poi quando sar� sul palco so che mi sentir� a mio agio, connettendomi con il luogo come ho fatto per quel video magico. Ogni volta che lo rivedo mi emoziono�. - Parlando di Eurovision: nel 2020 toccava a te, e la gara � stata annullata. Nel 2021 torna la gara... e l'Italia vince. Ti dispiace? �Lo ammetto, ho pensato: �Caspita, peccato...�. Ma credo di aver fatto anch'io qualcosa di irripetibile: un video diventato un simbolo in tutto il mondo. Mi spiace per il lato umano della condivisione con altri Paesi, e l'esibizione che avevamo preparato era pazzesca. Ma sono contento per i Maneskin, se lo meritano, hanno un'energia incredibile e una bella testa. L'importante � che vinca la musica�. - Tra le date del tour ce n'� una a Fasano, a un'ora dalla tua Taranto. �Quelle in Puglia sono serate speciali, nel pubblico riconosco gli amici di una vita, i parenti emozionati. � la mia terra. Vengo da uno dei posti pi� belli d'Italia, nonostante se ne parli sempre per altri motivi�. - Sui social hai scritto cose forti a proposito della sentenza sull'ex Ilva. �Quello che succede a Taranto da 30 anni � inaccettabile, e ora ci� che dicevano fosse �presunto� � sotto gli occhi di tutti. Le ragioni economiche non stanno pi� in piedi, tutto l'acciaio del mondo non vale una singola vita. L'unica soluzione � chiudere quella fabbrica. Noi tarantini siamo stanchi dei discorsi dei politici, tutto questo va fermato subito�. - Cambio decisamente tono: com'� stato tornare a Sanremo da ospite? �Credo che la mia grande emozione si sia sentita nella voce. Era un Festival difficilissimo, bisogna fare un plauso ad Amadeus e Fiorello. Ma spero che un Sanremo cos� non si debba fare pi��. - E musicalmente? �Bisogna continuare su questa strada, c'� stata una svolta, ora rispecchia la vera musica italiana e i risultati si vedono. Il �coraggio� della proposta vale solo per l'impatto iniziale, poi quando Sanremo parte ci si appassiona anche a chi non si conosceva prima. Mia mamma ora � una fan di Colapesce e Dimartino!�. - E tu vorresti tornare? �� un posto in cui ho lasciato vari pezzi del mio cuore e non metto limiti al futuro per�, dopo tanti anni in gara, aspetterei un po'...�. - � stato difficile scrivere �L'uomo dietro il campione�, il brano per il film di Netflix su Baggio? �Baggio � una figura che mi appassiona da sempre, e puoi immaginare l'ansia che avevo. Mi sono affidato ai ricordi. Baggio ha mostrato la sua fragilit�, la fatica, il sacrificio, ed � questo che lo ha avvicinato alla gente. Tutti noi ci siamo sentiti Baggio una volta nella vita, quando siamo caduti e abbiamo avuto la forza di rialzarci�. - Eri emozionato quando l'hai incontrato? �Avevo i brividi in testa (ride)! Sono andato in casa sua, non ci potevo credere. Irradia energia e serenit�, mi ha messo a mio agio dicendomi che l'ho fatto commuovere. Quando � uscito il brano mi ha telefonato. Sul display del telefono � apparso �Roberto Baggio�! Rendiamoci conto...�. - Il 2020 � stato un anno unico per te, ma qual � il tuo sogno per il 2021? �Ritrovarmi in un enorme festival, ballare tra la gente, abbracciarci tutti sudati. Forse non accadr� nel 2021, ma la mia speranza per il futuro � questa�.