Ottobre 2017 n. 10 Anno XLVII MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Indice Vietnam: inferno in Asia Manteniamoci in forze Chi erano i tre moschettieri? Ad ogni sugo la sua pasta Siviglia: relax e movida in salsa andalusa Fedez si racconta a J-Ax Vietnam: inferno in Asia (di Simone Cosimelli, "Focus Storia" n. 132/17) - Fu un conflitto "lontano", in un territorio sconosciuto e pieno di insidie. Forse, anche per questo, gli Stati Uniti non riuscirono a vincerlo - Fino all'alba gli elicotteri statunitensi avevano portato via verso il Mar cinese meridionale quasi 5-mila persone, uno sgombero disperato e incompleto. Era il 30 aprile 1975 e Saigon, capitale del Vietnam del Sud, sarebbe caduta qualche ora dopo. I carri armati del Vietnam del Nord erano alle porte. Le immagini dei soldati sul tetto dell'ambasciata che, armi alla mano, respingevano decine di civili in fuga lasciavano l'amaro in bocca a chi dall'altra parte del mondo aveva visto il proprio Paese impantanarsi in un conflitto tragico. Dopo oltre 15 anni la guerra stava per concludersi: il Vietnam ne usciva con circa 3 milioni di morti e gli Usa da sconfitti. Ma come c'erano finiti gli americani nel Sud-est asiatico? L'Indocina francese (o Unione Indocinese) era una colonia che riuniva i territori di Laos, Cambogia e Vietnam. Istituita dai francesi nel 1887, e controllata dai giapponesi dal 1940, durante la Seconda guerra mondiale viveva anni difficili. Il rivoluzionario comunista Ho Chi Minh nel 1941 fond� il Viet Minh, un movimento per l'indipendenza del Vietnam. Nel 1945 conquist� le province del Nord e gran parte di quelle centrali sperando in un riconoscimento internazionale. Gli Stati Uniti, per�, preoccupati dall'espansione del comunismo, non raccolsero l'appello di Ho Chi Minh. Era l'inizio infatti della Guerra fredda, che vedeva ideologicamente e politicamente contrapposte le due potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale, gli Usa e l'Urss. A corollario della Guerra fredda vi era la "teoria del domino": se un Paese fosse crollato davanti al comunismo avrebbe trascinato con s� gli altri vicini. In questo caso il Vietnam avrebbe potuto scatenare una reazione a catena negli Stati limitrofi come Giappone, Filippine, India. Nel frattempo i francesi reclamavano i territori della loro ex colonia. Inizi� cos� nel 1946 la Guerra d'Indocina che si concluse con i negoziati di Ginevra nel 1954. I francesi, appoggiati militarmente dagli Usa, persero contro le truppe Viet Minh, e inoltre dovettero accettare l'indipendenza del Laos e della Cambogia. Per il Vietnam gli accordi prevedevano invece una temporanea divisione lungo il 17� parallelo. Una tornata elettorale, entro il 1956, avrebbe dovuto riunificarlo. Prossimi a lasciare la regione, i francesi si ritirarono nel Sud (con capitale Saigon) e il Viet Minh nel Nord (con capitale Hanoi). Senza sottoscriverli, gli Usa promisero di rispettare gli accordi. Ma non lo fecero: sostennero nel Vietnam del Sud l'impopolare governo di Ngo Dinh Diem, che tentava di sradicare i residui del Viet Minh sotto il 17� parallelo. E le elezioni saltarono. Cos� con la guida di Hanoi i guerriglieri, chiamati in modo dispregiativo Viet Cong (comunisti del Vietnam), imbracciarono le armi e nel 1960 fu ufficialmente costituito il Fronte di Liberazione Nazionale (Fin). Nel 1963, dopo un colpo di Stato dei generali sudvietnamiti contro Diem (avallato dagli Stati Uniti, che giudicavano il governo troppo debole) e l'assassinio del presidente John F. Kennedy, 16-mila consiglieri militari statunitensi erano gi� in Vietnam. Il neo presidente Lyndon B. Johnson era riluttante all'idea dell'intervento militare, ma una cosa era certa: non voleva un regime comunista in quella regione. Il Fronte inoltre, che controllava gi� il 30% del Sud, nell'agosto del 1964 attacc�, nel golfo del Tonchino, il cacciatorpediniere americano Maddox. Johnson chiese allora al Congresso di poter "prendere ogni necessaria misura" e ottenne il via libera. La risoluzione gli permise di cominciare la guerra senza dichiararla ufficialmente. Nel febbraio 1965 fu autorizzata una prima campagna di bombardamenti sul Nord. Alla fine dell'anno c'erano 180-mila soldati statunitensi, che dopo 3 anni divennero pi� di 500-mila. Le missioni aeree colpirono basi militari, fabbriche, strade e ferrovie. Ma non danneggiarono seriamente Hanoi: una societ� agricola e poco industrializzata pu� pi� facilmente resistere ai bombardamenti. Cina e Urss inoltre inviavano risorse a sostegno dei Viet Cong, compensandone le perdite. A terra la guerriglia nemica e la mancanza di un fronte delineato vanificavano la superiorit� militare e tecnica degli Usa. Non serv� a sbloccare la situazione neppure l'uso del napalm, dei defolianti chimici e degli elicotteri. Anzi, la cruda escalation militare spinse la popolazione locale a solidarizzare con i Viet Cong. Il 31 gennaio 1968, giorno del capodanno vietnamita (il Tet), Hanoi e l'Fnl lanciarono un attacco al Sud. Nonostante la sonora sconfitta (quasi 30-mila morti) i Viet Cong uccisero 1.100 americani e 2.300 sudvietnamiti. Ma molte furono le perdite anche tra i civili: 12.500 morti e oltre 20-mila feriti. Nessuno aveva previsto l'offensiva e l'impatto mediatico mondiale fu sconvolgente: all'improvviso il Vietnam era reale. Walter Cronckite, autorevole giornalista della Cbs, comment�: "Siamo stati cos� delusi dall'ottimismo dei leader americani, in Vietnam come a Washington, che non possiamo pi� credere loro quando affermano di vedere spiragli di luce tra le nuvole pi� scure". Era chiaro che la vittoria non era a portata di mano. "La guerra del Vietnam fu la prima guerra "televisiva"", spiega Stefano Luconi, docente di Storia degli Stati Uniti all'Universit� di Firenze. "Grazie a due fattori: da una parte la diffusione del mezzo (nel 1960 il 90% circa delle famiglie americane possedeva un televisore e oltre 60 milioni di persone seguivano i notiziari serali); dall'altra la disponibilit� di Washington a consentire alle troupe televisive l'accesso al fronte. L'invio delle truppe sul campo e dell'aviazione poi, a partire dal 1965, segn� una crescita dell'interesse dei media: i giornalisti accreditati nel Vietnam del Sud erano appena una ventina nel 1964, ma superarono i 500 nel 1968". E nei primi quattro mesi del '68 il dissenso su quella guerra crebbe, passando dal 28 al 42%. Le immagini e le notizie che arrivavano dal fronte impressionarono molto l'opinione pubblica. Come lo scatto del fotoreporter Eddie Adams, nel quale il capo della polizia di Saigon giustizia sommariamente per strada un ufficiale Viet Cong con un colpo di pistola alla testa; o la foto di Nick Ut che ritrae bambini in fuga dopo un bombardamento al napalm. Il quotidiano New York Times poi diede la notizia del massacro di My Lai: il 16 marzo 1968 in un piccolo villaggio un plotone americano uccise 347 civili indifesi. Ma non fin� qui. Nel 1971 il quotidiano pubblic� anche i Pentagon papers, 47 volumi segreti che dimostravano le bugie del governo sul conflitto. A quel punto un altro fronte si era surriscaldato: quello interno. I movimenti studenteschi e pacifisti fecero blocco unico contro la guerra. E le tensioni assunsero anche un carattere razziale. "I neri contestavano di essere diventati "carne da cannone" per le forze armate", prosegue Luconi. "E criticavano l'intenzione di Washington di difendere la democrazia nel Sud-est asiatico, mentre il razzismo continuava a dominare nel Sud degli Stati Uniti". Anche il Congresso era diviso e Johnson gett� la spugna. Per le elezioni del 1968 non si ricandid�. Fu eletto Richard Nixon. Era chiaro ormai che gli obiettivi statunitensi non sarebbero mai stati raggiunti e ora, con gli occhi del mondo addosso, era necessario arrivare a una pace onorevole. Una delle prime mosse fu la "vietnamizzazione", cio� una politica che puntava al progressivo disimpegno militare americano bilanciato per� dal potenziamento dell'apparato governativo e bellico del Vietnam del Sud: in questo modo Saigon, speravano a Washington, sarebbe sopravvissuta anche senza il sostegno degli Usa. Intanto, per forzare le trattative, intensificarono i bombardamenti. Nixon assediato dalle proteste gioc� la partita su pi� tavoli. Nel febbraio del 1972, in Cina, apr� a Mao Tsetung. Tre mesi dopo era in Russia, per firmare, insieme al leader sovietico Breznev, l'accordo per la limitazione degli armamenti, il Salt (Strategie Arms Limitation Talks). Sfruttando le divergenze tra le due potenze comuniste, Nixon aveva riscritto gli equilibri della Guerra fredda e il Vietnam, dove rimanevano ancora 40-mila americani, aveva perso la centralit� degli inizi. A Parigi nel 1973 gli americani dettarono i termini della tregua; Hanoi accett� ma non rinunci� alla riunificazione e si prepar� per l'attacco finale. Saigon, senza gli aiuti degli Usa (paralizzati dal Watergate), cadde nel '75. Si comp� cos� un destino gi� scritto, e pagato a caro prezzo: gli Stati Uniti contavano 58-mila morti, 153-mila feriti e spese per 170 miliardi di dollari. Manteniamoci in forze (di Alessia Aldini, "Bene Insieme" n. 7/17) - Ecco come tenere alte le difese del nostro sistema immunitario in vista dell'inverno - Il sistema immunitario consiste in una complessa struttura difensiva che il nostro organismo schiera per salvaguardarci da assalti esterni quali virus, batteri, parassiti. In particolari condizioni, eventualmente dovute a periodi di stress psico-fisico intenso, la sua funzionalit� pu� risultare compromessa, con un conseguente calo delle difese. In vista della stagione invernale si pu� intervenire dando al nostro corpo un sostegno in pi�. Fare chiarezza fra le varie proposte presenti sul mercato pu� aiutarci a capire quale sia la soluzione pi� adatta a noi, ma anche a leggere con coscienza le etichette dei vari rimedi. Vediamo allora insieme quali aiuti possiamo avere sia dalla fitoterapia che dalle vitamine. Dalla fitoterapia: Echinacea e Uncaria - L'Echinacea regna sovrana fra i prodotti a sostegno delle difese immunitarie. Si tratta di una pianta della famiglia delle Compositae originaria del Nord America della quale esistono diverse variet�, ma tre sono quelle pi� usate in fitoterapia: Echinacea Angustifolia, Echinacea Pallida e Echinacea Purpurea. Possiede propriet� antivirali, antibatteriche e immunostimolanti. Pu� essere impiegata in fase preventiva, assumendola a cicli di circa 20 giorni, intervallati da pause, ma trova impiego anche durante le fasi acute. Questa pianta aiuta a migliorare la sintomatologia dei disturbi a carico dell'apparato respiratorio quali tosse, raffreddore, bronchite, mal di gola, tonsillite. Esistono diversi preparati contenenti Echinacea, che vengono prodotti utilizzando pi� parti della pianta, dalle radici alle foglie: possiamo trovare estratti secchi incapsulati, estratti idroalcolici, ma anche estratti analcolici, adatti ai pi� piccoli o a chi non tollera le prime due forme. Per la marcata azione stimolante del sistema immunitario bisogna valutare attentamente l'utilizzo di Echinacea e prestare molta attenzione nel caso in cui si sia affetti da patologie autoimmuni. L'Uncaria Tomentosa � una pianta originaria dell'America del Sud, della quale spiccano le propriet� antivirali e antiossidanti. Viene spesso inserita nei preparati insieme all'Echinacea, in modo che possano operare in sinergia. L'Uncaria pu� essere un rimedio prezioso anche per coloro che soffrono spesso di herpes labiale, in quanto � in grado di alleviare velocemente i sintomi in fase acuta, aiutando a prevenirne la ricomparsa. Dalle vitamine: la vitamina C e la vitamina D - La vitamina C � sicuramente nota per le sue propriet� benefiche per l'organismo, specialmente durante gli stati influenzali. Si tratta di un potente antiossidante in grado anche di aumentare la reattivit� del corpo umano nei confronti delle infezioni. Se vi � la necessit� di integrarla e si desidera utilizzare una fonte pi� naturale possibile, si pu� optare per le ciliegie di acerola, che ne contengono quantit� elevatissime. Si possono trovare commercializzate sotto forma di pastiglie masticabili, dal gusto gradevole. Abusarne non serve: si tratta di una vitamina idrosolubile che, una volta in eccesso, viene direttamente escreta dal nostro corpo attraverso le urine. La vitamina D viene comunemente prodotta dalla pelle in seguito all'esposizione solare, o assunta tramite alimenti quali uova, olio di fegato di merluzzo e pesci grassi. La sua funzione pi� nota � quella di regolare l'assorbimento del calcio e con esso la mineralizzazione ossea. I pi� recenti studi di immunologia hanno messo in evidenza un ruolo chiave di questa vitamina nel controllo della risposta immunitaria, tramite l'attivazione dei linfociti, in particolare quelli di tipo "T". I linfociti T sono cellule del nostro sistema immunitario specializzate nel riconoscere gli agenti nocivi esterni e promuoverne l'eliminazione. In caso di carenza di vitamina D si possono assumere integratori, generalmente di tipo liquido-oleoso, dei quali bastano poche gocce al giorno per raggiungere concentrazioni adeguate. Salviamoci dall'ansia globale (di Marta Erba, "Focus" n. 300/17) - Sempre pi� connessi, sempre pi� stressati, sempre pi� inquieti. Dalla scienza, qualche consiglio per vivere meglio - Per quale motivo un giocattolo antistress, inventato pi� di 20 anni fa, da qualche mese sta spopolando in tutto il mondo, soprattutto tra i giovanissimi? Sta accadendo al "fidget spinner", una specie di trottola con tre estremit� arrotondate e un cuscinetto centrale da tenere tra le dita, che viene fatta roteare con l'altra mano anche per vari minuti. Secondo il New York Times, il grande successo dello spinner rispecchia i nostri tempi: testimonia l'aumento vertiginoso dei disturbi d'ansia, anche tra i ragazzi, che la simpatica trottolina aiuta ad alleviare. E in effetti i dati del National Institute of Mental Health statunitense sono preoccupanti: soffrirebbe d'ansia quasi il 20% delle persone, il 4% in forma grave, percentuali in linea con quelle europee e italiane. Che aumentano ancora se si considerano i pi� giovani: sono ansiose soprattutto le ragazze (quasi il 40%) ma anche i maschi non scherzano (26%). La colpa di questa epidemia sarebbe soprattutto dei cellulari e dei social. Esiste anzi una nuova forma di ansia che ha preso il nome di Fomo, "Fear of missing out": la "paura di essere tagliati fuori" se non ci si collega continuamente al cellulare. Chiariamo subito: l'ansia di per s� non � una malattia. � una reazione normale che serve a mobilitare tutte le nostre risorse di fronte a un pericolo: diventiamo pi� vigili e concentrati, i muscoli si contraggono per prepararci all'azione, il cuore batte pi� forte, il respiro si fa pi� frequente. La sperimentavano i nostri antenati quando individuavano le tracce di una belva, proprio come facciamo noi, oggi, se abbiamo un'importante scadenza di lavoro o un compito in classe: concentrazione e prontezza maggiori possono proteggerci da un licenziamento o da una bocciatura. Perfino l'impulso che ci spinge a collegarci continuamente al cellulare ha una spiegazione evolutiva: l'uomo primitivo sempre aggiornato sulla situazione intorno a lui aveva maggiori possibilit� di sopravvivenza. Il problema nasce quando i sintomi dell'ansia non servono a proteggerci o a migliorare le nostre prestazioni, ma al contrario ci impediscono di affrontare situazioni a rischio bassissimo o inesistente. Quando palpitazioni, tachicardia, aumento della sudorazione, tremori, sensazione di soffocamento, nausea, vertigini, vampate di calore o anche un senso di distacco dalla realt� (nei casi pi� gravi) non ci fanno prendere sonno, oppure interferiscono con le nostre relazioni o compromettono le nostre performance a scuola o sul lavoro, allora non si parla pi� di ansia ma di "disturbo d'ansia". In altri casi il disturbo pu� sfociare in attacchi di panico: i sintomi ansiosi sono cos� accentuati che la persona crede di avere un infarto, oppure teme di perdere il controllo o di impazzire. La ricerca dimostra che, se non trattati, questi disturbi possono condurre alla depressione o, a causa dello stress cronico, compromettere la salute. E ci dice anche che la cura pi� efficace non sono i farmaci: meglio una psicoterapia che aiuti a individuare l'origine dell'ansia. Punto di partenza per tutti, che si tratti di un'ansia grave o meno, � comunque quello di identificare, per poter poi modificare, gli schemi mentali e i pensieri automatici che sono alla base dei sintomi e che portano a valutare male le situazioni. Per esempio � comune - e spesso considerato saggio - il ragionamento del tipo "Better Safe than Sorry", che si potrebbe tradurre cos�: � meglio andare sul sicuro (safe) che fare qualcosa di cui ci si potrebbe pentire (sorry). Si tratta in realt� di un atteggiamento iperprudente che se applicato in ogni occasione porta a sopravvalutare i rischi e a sottovalutare le proprie capacit� di affrontarli, inducendo a evitare una serie di situazioni che non sono poi cos� pericolose, e facendo sentire sempre pi� incapaci e quindi sempre pi� ansiosi. Ci sono poi "schemi cognitivi disfunzionali", cio� ragionamenti scorretti, veri e propri errori logici, che favoriscono l'ansia. Per esempio le generalizzazioni: "mi va sempre male", "nessuno mi apprezza", "tutti pensano che io sia stupido". Oppure la tendenza a ingigantire l'importanza di un singolo episodio: "Sono un incapace perch� non ho passato l'esame". O ancora l'abitudine di concentrarsi sui propri punti deboli dimenticandosi i punti di forza. Infine, c'� il potente meccanismo della "catastrofizzazione", cio� la tendenza a temere il peggio in ogni situazione: la stessa che porta a interpretare un sintomo banale come segnale di un disturbo gravissimo favorendo, per esempio, un attacco di panico. Come sfuggire a queste "trappole mentali", capaci di generare ansia continua? Di recente Olivia Remes, studiosa dell'Universit� di Cambridge, ha indicato quattro strategie, scientificamente provate, a chi si sente bloccato dai pensieri negativi che funzionano come un detonatore per l'ansia. "Sapete qual � il miglior trucco per superare l'indecisione o il senso di inadeguatezza che impedisce di intraprendere una nuova esperienza o di iniziare un nuovo progetto? Semplice: farlo male", spiega Remes. Pu� sembrare paradossale ma, come diceva lo scrittore inglese G.K. Chesterton, "Se una cosa merita di essere fatta, merita di essere fatta male la prima volta". Spesso, invece, chi � ansioso si pone standard molto elevati, per non dire irraggiungibili, e passa ore e ore per decidere come e quando muoversi, procrastinando il momento dell'azione fino a paralizzarsi. Un circolo vizioso che alimenta l'ansia e la sensazione di non essere capaci. Molto meglio mettersi l'anima in pace e accettare il fatto che la prima volta che si affronta un compito ci si pu� anche permettere di essere maldestri. Anzi, non pu� che essere cos�. Un principio che aiuta a sbloccarsi e a perseguire i propri obiettivi, riconciliandosi con se stessi. Spesso poi, guardando indietro, si finisce per scoprire che non si � andati proprio malaccio. E anche se cos� fosse, c'� tutto il tempo per migliorare. "Imporci di "farlo male" ci d� il coraggio di iniziare nuove cose, aggiunge un pizzico di divertimento e riduce la preoccupazione sui risultati: ci fa sentire liberi", sintetizza la ricercatrice. Il secondo trucco � quello di perdonarsi. Di solito le persone ansiose si sentono sempre giudicate, e interpretano ogni situazione sociale come una performance: la tensione allora le fa balbettare, sudare, arrossire, o le fa sentire sottosopra. Si tratta di un altro circolo vizioso: pi� si � critici verso se stessi, pi� i sintomi dell'ansia peggiorano. "Immaginate di avere un amico che puntualizza in continuazione i vostri errori e le vostre figuracce: probabilmente vi liberereste di lui il prima possibile", osserva la ricercatrice inglese. Invece le persone ansiose riservano a se stesse un trattamento che mai avrebbero verso gli altri, n� d'altro canto accetterebbero da parte di nessuno. S�, ma come si fa a cambiare? Utili per imparare a perdonarsi sono gli esercizi di mindfulness (tecnica psicologica di meditazione, derivata dalla tradizione buddista), attraverso i quali ci si abitua a rendersi conto dell'impulso continuo a giudicarsi, e quindi si impara a riportare l'attenzione al presente, a concentrarsi su quello che si sta facendo: un recente studio del Massachusetts General Hospital, pubblicato su Psychiatry Research, dimostra che le pratiche di mindfulness riducono i sintomi dell'ansia e rinforzano la resilienza, cio� la capacit� di affrontare gli imprevisti con la necessaria flessibilit�. Terza strategia suggerita da Olivia Remes: aspettare qualche ora a preoccuparsi. "Se qualcosa va male, di solito � inutile cominciare subito a rimuginare sull'accaduto. Chi rimugina, infatti, non elabora le ansie, le minacce e i propri fallimenti, ma al contrario si limita a crogiolarsi in essi in modo sterile, potenziandone l'importanza. Pu� essere molto pi� vantaggioso, allora, posticipare la preoccupazione", suggerisce la studiosa. Quello che spesso succede, infatti, � che cos� facendo l'ansia cala, poich� non viene "nutrita" da pensieri e dubbi nell'arco di tutta la giornata. Ultima strategia, dimostrata tra gli altri da uno studio dell'Universit� della Virginia pubblicato su Emotion nel 2013: fare in modo che la propria esistenza abbia uno scopo. "Quanto tempo della vostra giornata pensate a qualcun altro che non siete voi stessi? Se � poco o nullo, siete a rischio di un problema di salute mentale", avverte Olivia Remes. Connettersi mentalmente agli altri, spostando i riflettori da s�, � il modo migliore per guarire dall'ansia. "Le persone che pensano che non ci sia niente da aspettarsi dalla vita non si sono ancora accorte che � la vita ad aspettarsi qualcosa da loro", diceva il neurologo Viktor Frankl. Occuparsi degli altri pu� voler dire prendersi cura di un bambino o di un anziano, impegnarsi nel volontariato o dedicarsi ad attivit� che possono dare un beneficio alle generazioni future. "Non � necessario che le persone a cui vi dedicate sappiano quello che avete fatto e che intendete fare per loro. L'importante � che lo sappiate voi", conclude la ricercatrice. Tentare, in questo caso, non nuoce di sicuro a nessuno. Chi erano i tre moschettieri? (di Niccol� Piccoi, "Meridiani" n. 238/17) - Pura fantasia la storia dei personaggi di Dumas? Per niente: d'Artagnan, Athos, Portos e Aramis erano figure in carne ed ossa. Ogni riferimento non � puramente casuale - Charles de Batz de Castelmore. Armand de Sillegue, d'Athos et d'Auteville. Isaac de Portau. Henri d'Aramitz. Tutti originari di una Guascogna che oggi non c'� pi� (ma corrisponde a sei attuali dipartimenti atlantici che hanno comunque Bordeaux come citt� di riferimento), e soprattutto nati nel giro di pochissimi anni: pi� o meno dal 1615 al 1620. Coetanei, dunque. Chi sono? In effetti le loro figure sono conosciute da centinaia di milioni di lettori in tutto il mondo, forse miliardi, gi� a partire dal 1844 quando sul quotidiano parigino Le Si�cle cominci� la pubblicazione a puntate di un romanzo d'appendice destinato a diventare uno dei pi� celebri in assoluto: Les trois mousquetaires, cio� I tre moschettieri di Alexandre Dumas (padre). E i protagonisti della storia (con i due seguiti, Vent'anni dopo nel 1845 e Il visconte di Bragelonne nel 1850) erano proprio loro, anche se nelle pagine del romanzo i nomi erano diventati quelli di d'Artagnan, Athos, Portos e Aramis, i cadetti di Guascogna. I quattro personaggi disegnati da Dumas erano cio� fotocopie di altrettanti moschettieri in carne e ossa, alle cui vicende lo scrittore si era ispirato. E non solo lui, visto che gi� alla fine dell'anno 1700 erano uscite, prima a Colonia poi in Francia, le Memoires de Monsieur d'Artagnan firmate da Gatien de Courtilz de Sandras, anch'egli moschettiere in giovent�, poi giornalista e scrittore fecondissimo. Insomma, se i personaggi di Dumas erano di fantasia, ne esistevano altrettanti (e corrispondenti) che gli avevano fornito i loro connotati e che l'autore aveva conosciuto scartabellando fra manoscritti e archivi. Ma chi erano i cadetti di Guascogna, e chi i moschettieri? Tradizionalmente i cadetti (in guascone capd�th) erano i figli non primogeniti dell'aristocrazia, destinati in genere a diventare militari e ufficiali, tanto � vero che gi� nel XV secolo tutte le grandi famiglie del Paese ambivano a mandarli al servizio del re, presso il quale era stata costituita proprio una "compagnia dei cadetti di Guascogna" della quale, in tempi diversi, avrebbero fatto parte anche personaggi borderline fra letteratura e storia, come Cyrano de Bergerac e il Capitan Fracassa inventato da Th�ophile Gautier nel 1863. Si presentavano nella Parigi del re Sole spesso ancora adolescenti, vivevano in piccoli gruppi, condividendo una spada, un moschetto e magari un servitore. Facevano lavoretti d'occasione, nel modo pi� avventuroso possibile. L'aspirazione comune era quella di diventare cadetti nel reggimento della Guardia del Re... e magari, dopo due o tre campagne militari, entrare a far parte del corpo dei moschettieri. I moschettieri, dunque. Sono sempre stati rappresentati come perfetti schermitori, ma in realt� si trattava di fanti e cavalieri armati appunto di moschetto, arma molto impegnativa ed evoluzione dell'archibugio. Gi� nel 1600 Enrico IV aveva creato a propria difesa una compagnia di gentiluomini armati di carabina (e da qui i "carabinieri"). In seguito, nel 1622, Luigi XIII avrebbe fatto sostituire la carabina con il cosiddetto "moschetto a serpentina", pi� leggero e manovrabile, e gli uomini della sua Guardia sarebbero diventati i mousquetaires de la maison militaire du roi. Qualche anno pi� tardi, il corpo sarebbe stato suddiviso in due compagnie: "I moschettieri neri", con abito scuro, guarnizioni dorate e cavallo morello, e i "moschettieri grigi" con abito e guarnizioni argentate e cavallo grigio pomellato. Il vero d'Artagnan era Charles de Batz de Castelmore. Apparteneva a una famiglia nobile ma povera, che possedeva solo un piccolo castello a Lupiac (nella regione dei Midi-Pirenei, dipartimento Gers), attualmente un paesino che conta appena 312 abitanti. D'Artagnan in realt� era il cognome della madre Fran�oise il cui casato, i Montesquiou d'Artagnan, era un po' pi� antico di quello paterno. Sapeva leggere e scrivere, conosceva il latino e tirava discretamente di scherma. Arriv� diciassettenne a Parigi in cerca di fortuna, come un'infinit� di altri ragazzi del suo paese, ma c'era una differenza: Charles portava con s� alcune lettere di presentazione (da parte materna), e la stima di Jean Armand du Peyrer conte di Troisvilles (poi Treville), altro amico di famiglia, capitano dei moschettieri e intimo di re Luigi XIII. Dunque, buone credenziali accompagnavano il suo valore: d'Artagnan entrer� come cadetto nella Guardia del Re nel 1633, e diventer� uomo di fiducia del cardinale Giulio Mazzarino, primo ministro. Fu poi capitano delle Guardie stesse, svolse incarichi che oggi definiremmo di alto spionaggio, comand� il corpo dei moschettieri dopo il 1658, partecip� all'assedio di Dunkerque, ed ebbe incarichi delicatissimi, come quello di arrestare il ministro delle finanze di re Luigi XIV, Nicolas Fouquet, accusato di peculato e alto tradimento, sorvegliarlo durante il processo e accompagnarlo in esilio. Una storia complessa durata quattro anni. Nel 1673 era comandante della compagnia dei "moschettieri grigi" nella guerra contro i Paesi Bassi: aveva appena compiuto 58 anni quando, il 25 giugno, mor� colpito da un proiettile alla gola durante l'assedio di Maastricht. I suoi soldati lo adoravano al punto che vegliarono il suo corpo mentre il fuoco nemico continuava. Luigi XIV, il re Sole, avrebbe fatto celebrare per lui un servizio funebre nella propria cappella privata. D'Artagnan venne sepolto nella chiesa di san Pietro e Paolo, a Wolder. Aveva sposato nel 1659 Charlotte Anne de Chanlecy, e da lei aveva avuto due figli. Delle altre figure che ispirarono Dumas si sa di meno, ma comunque qualcosa si sa. L'Athos de I tre moschettieri � per esempio ricalcato su Ermand de Sillegue, d'Ethos et d'Auteville, anch'egli di bassa nobilt� ma con la buona sorte d'essere nipote del capitano di Treville. Coetaneo di d'Artagnan, era nato nel B�arn, antica provincia oggi parte del dipartimento dei Pirenei Atlantici, e il suo nome trae origine da un altro centro piccolissimo cresciuto intorno a un mercato, Ethos-Aspis, che oggi conta meno di duecento abitanti. Divent� moschettiere a 25 anni ma mor� dopo soli tre anni, nel 1643, in seguito alle ferite riportate durante un duello. Il vero nome di Portos era invece Isaac de Portau, signore di Camptort e Castetbon, sempre nel B�arn. Nato a Pau nel 1617, di famiglia ugonotta e benestante, figlio del segretario di re Enrico di Navarra (poi Enrico IV di Francia), entr� come cadetto nel reggimento della Guardia reale, conobbe d'Artagnan e combatterono insieme, anche se non ci sono prove che sia stato anche nel corpo dei moschettieri. Ferito pi� volte, torn� in Guascogna poco pi� che quarantenne e fece parte della guardia alle munizioni nella fortezza di Navarrenx, ruolo in genere assegnato agli invalidi di guerra. Degli anni che seguirono non si sa nulla. Anche le origini di Aramis, cio� Henri d'Aramitz, erano nobili. Suo padre era vissuto a lungo a Parigi, come maresciallo della logistica dei moschettieri, ma era poi tornato in Guascogna. Tuttavia ancora una volta lo zampino del capitano di Treville aveva guidato gli eventi: era zio di Henri e grazie al suo interessamento a 21 anni il giovanotto (nato nel 1620) era diventato moschettiere, e aveva conosciuto d'Artagnan. Guerre, duelli, avventure: alla morte del proprio padre, nel 1648, Aramis allora ventottenne diede per� le dimissioni e torn� a casa, e si occup� come abate secolare (abb�) nel B�arn. Spos� Jeanne de B�arn-Bonasse nel 1650 ed ebbe due figli e una figlia. La date della sua scomparsa sono incerte: si va dal 1655 al 1674. "Uno per tutti, tutti per uno" � il celebre motto letterario dei moschettieri. E in effetti, a leggere le loro note biografiche, d'Artagnan, Athos, Portos e Aramis non erano soltanto colleghi: erano anche uniti da amicizia, da parentele neppure troppo lontane, che spesso si annodavano intorno alla figura del signore di Treville, ed erano colleghi d'arme nella vita e non solo nel romanzo. Probabilmente le loro famiglie si conoscevano, visto che tutte erano originarie nel B�arn e l� abitavano. Si legge spesso nei risguardi di un'opera letteraria che "ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti � puramente casuale". Per quanto riguarda la storia dei tre moschettieri raccontata da Dumas la risposta � tranquillamente "no". Ad ogni sugo la sua pasta ("RivistAmica" n. 7/17) - Con il sugo di mare meglio spaghetti o linguine, per un condimento "freddo" perfetti i fusilli, l'arrabbiata � unica con le penne - Chi la vuole cotta, chi la vuole "al dente", chi la preferisce lunga, chi solo corta, chi la desidera rigata e chi predilige la liscia: ad ogni persona il proprio formato di pasta ideale. Ma per fare di un primo piatto una ricetta davvero unica � indispensabile abbinare un sugo che ne esalti gusto e resa finale. La masticabilit�, la resistenza in cottura, la capacit� di mantenersi al dente sono le caratteristiche da tenere presente, cos� come � essenziale la superficie della pasta: pi� � ruvida e spessa pi� si adatter� ad un sugo corposo e ricco di ingredienti. Generalmente le paste lunghe secche non vanno abbinate a sughi di carne: baster� provare un piatto di spaghetti al rag� per rendersi conto che tra i due ingredienti non c'� feeling, perch� lo spaghetto scivola nella carne trita senza che questa vi aderisca. � preferibile quindi accostare spaghetti e linguine a salse marinare e sughi a base di verdura o preparati con soffritto d'olio, come quello alla Norma. Tra le paste corte, quelle lisce trattengono meno sugo e risultano pi� delicate; le rigate invece hanno una buona attitudine ad unirsi a sughi di carne come quelli di brasato, di selvaggina o agnello. Andando pi� nello specifico, ecco qualche abbinamento perfetto tra pasta e sugo che vi permetter� di esaltare i sapori e preparare un primo piatto davvero unico. Con il sugo di vongole invece degli spaghetti sar� preferibile scegliere le linguine perch� ai margini della "lente" la semola cuoce un po' prima, cedendo l'amido: si crea quell'effetto "cremoso" che, emulsionato con l'olio, � necessario per mantecare i primi piatti realizzati con pesce o frutti di mare. Al sugo all'amatriciana, ancora pi� famoso nel mondo dopo il sisma che ha sconvolto il Centro Italia nel 2016, era legato originariamente lo spaghetto. Con il passare del tempo per� i bucatini hanno preso il sopravvento, grazie alla struttura spessa e ruvida che cattura meglio pomodoro e guanciale. Un'arrabbiata con pomodoro e tanto peperoncino � perfetta con le penne rigate o le mezze penne, mentre sono fortemente sconsigliati formati come gli ziti o i paccheri che, per la loro forma e la superficie liscia, accolgono meglio sughi pi� robusti come quelli di carne e che possono essere utilizzati anche per un timballo di pasta da infornare. I fusilli sono molto adattabili e possono essere utilizzati anche per paste fredde: la caratteristica forma di maccherone forato e arricciato trattiene il condimento ed � un alleato ideale per nascondere tra le sue spire olive, capperi e dadini di formaggio. Anche le farfalle, lisce o rigate sono perfette per paste fredde e per ogni tipo di sugo con verdure: con asparagi e gamberetti sono un primo piatto da leccarsi i baffi. Ai circa trecento formati di pasta secca, vanno aggiunte le variet� di pasta fresca e ripiena di cui la Penisola abbonda. La pasta fresca generalmente � preparata a mano in casa con farina di grano tenero e uova o, in alternativa, con acqua. Dopo averla impastata e stesa si procede al taglio nella forma preferita: tagliolini, tagliatelle, pappardelle che si possono subito cuocere e condire. Tradizionalmente la pasta fresca veniva servita con sughi di carne pi� o meno elaborati, ma � ottima da gustare anche con condimenti pi� leggeri a base di ortaggi o pesce. Ravioli, cannelloni, cappelletti e tortellini sono altre specialit� della cucina italiana, piatti poveri nati dall'esigenza di recuperare avanzi di carne da usare per la loro farcitura. Oggi accolgono ripieni di verdure, formaggi, pesce, erbe, frutta secca. Il condimento deve tenere conto della farcia: ad esempio, un leggero sugo di pesce o di spinaci e salmone andr� con i ravioli ripieni di pesce, mentre una salsa di asparagi e limone con le mezzelune a loro volta ripiene di asparagi. Pasta e pomodoro, l'accoppiata storica Quando l'uomo abbandon� la vita nomade e divenne agricoltore, impar� a seminare e raccogliere per provvedere al proprio sostentamento. Dalla scoperta del grano e dalla successiva evoluzione nella sua lavorazione, si arriv� alla produzione di un impasto sottile di acqua e farina che veniva cotto prima su pietre roventi e successivamente in forno, direttamente con il condimento. Nel Medioevo si inizi� a "buttare" la pasta in acqua bollente per cuocerla e poi condirla. Che sia stato Marco Polo ad introdurre la pasta in Occidente quando torn� nel 1295 dal suo viaggio in Cina � quindi solo una leggenda; � invece pi� accreditata l'ipotesi che in maniera indipendente in Oriente si producesse una pasta con riso e miglio. Verso la fine del XVI secolo il pomodoro arriv� in Europa: dapprima considerato soltanto una pianta ornamentale, ben presto divenne ingrediente prezioso per preparare una salsa perfetta da abbinare prima alla carne e poi alla pasta. Il matrimonio tra pasta e salsa al pomodoro risale al 1839, con la ricetta "vermicelli al pomodoro" contenuta nel ricettario del napoletano Ippolito Cavalcanti. Siviglia: relax e movida in salsa andalusa ("RivistAmica" n. 7/17) - La capitale dell'Andalusia � la citt� giusta per una vacanza d'arte e divertimento, in un mix ideale di cultura, taps e flamenco - Nella parte meridionale della penisola iberica, sulle pianure fertili del fiume Guadalquivir, sorge Siviglia. Citt� magica e incantevole, non solo capitale amministrativa, ma anche simbolo della regione autonoma dell'Andalusia. Quarto centro della Spagna per numero di abitanti - dopo Barcellona, Madrid e Valencia - Siviglia ha un fascino magnetico, capace di sopravvivere e trarre ricchezza dal succedersi delle dominazioni. La citt� andalusa � la meta ideale per una vacanza da gustare nei mesi meno gettonati, quando le strade dei suoi quartieri storici si sono, almeno in parte, svuotate. Una bellezza da consumare alla luce dorata del tramonto che ha il sapore tipicamente iberico delle tapas e il ritmo del flamenco come sottofondo. Grazie al suo ampio patrimonio architettonico, Siviglia ha nel suo DNA una forte vocazione turistica. Il suo centro storico, tra i pi� grandi d'Europa, offre nel raggio di pochi chilometri diversi siti culturali dichiarati patrimonio dell'umanit� dall'Unesco. Cuore pulsante della zona turistica � il Barrio de Santa Cruz, al suo interno si trovano infatti l'Alcazar, il Palazzo Reale e la Cattedrale, la seconda chiesa cattolica pi� grande al mondo dopo San Pietro. Proprio la Catedral � l'emblema della stratificazione culturale di Siviglia, un tempo al suo posto sorgeva infatti la vecchia moschea Aljama. Oggi della costruzione mora rimane solo la Giralda - l'antico minareto da cui il muezzin chiamava alla preghiera i devoti - trasformato in torre campanaria della Cattedrale con l'aggiunta della Guglia sull'estremit� nel XVI secolo. Di fronte all'imponente cattedrale sorgono invece i "Reales Alc�zares" (i palazzi reali), anch'essi frutto di ampliamenti sulla base delle prime costruzioni arabe. Ma i luoghi di interesse non finiscono qui, impossibile non citare la Plaza de Espana, luogo dal forte valore simbolico situato a pochi passi dal fiume Guadalquivir. Sempre in prossimit� del fiume � inoltre possibile trovare l'altro monumento simbolo di Siviglia: la torre dell'Oro, un'antica postazione di sorveglianza realizzata all'inizio del XIII secolo, splendida da gustare di sera quando le illuminazioni riflesse sul fiume le conferiscono un tocco magico. Sull'altra sponda del Guadalquivir, attraversando il Ponte Isabella II, si raggiunge infatti il quartiere di Triana, insieme al Barrio de Arenai, centro della movida e della vita notturna. Fra le strade popolari di questi due quartieri si trovano molti ristoranti e bar dove gustare le specialit� tipiche della cucina locale: come i churros, gustosi bastoncini di pasta fritta serviti con zucchero e salsa di cioccolato caldo, o il gazpacho, la tradizionale zuppa fredda di verdure andalusa. Senza ovviamente dimenticare le tapas, varie e stuzzicanti: tipicamente servite come aperitivi o antipasti, potrete consumarle una dietro l'altra per una cena itinerante di locale in locale. Obbligatoria inoltre una tappa nei "tablaos", dove si pu� assistere a uno spettacolo di flamenco. Sono tanti e sparsi per tutta la citt�, ma occhio alle trappole per turisti, offrono uno spettacolo pi� scadente e costano di pi�: affidatevi alle pi� note guide di viaggio per selezionare i migliori. Fedez si racconta a J-Ax (di Claudia Rossi, "Millennium" n. 4/17) Siamo in una stradina imboscata di Milano Est. Palazzi residenziali e qualche pianta ancora fiorita nonostante il caldo. A met� di questa viuzza c'� la sede di Newtopia, etichetta discografica indipendente creata da J-Ax e Fedez. E l�, in un loft al piano interrato, che ci aspettano i due rapper in vetta a tutte le classifche. Quarantacinque anni ad agosto e un figlio appena arrivato, Alessandro Aleotti (in arte J-Ax) si prepara a intervistare il suo "socio" ventisettenne, Fedez (al secolo Federico Leonardo Lucia), perfetto rappresentante della categoria dei "Millenials", con il quale, nonostante l'amicizia che li lega, non condivide diverse posizioni." - Fede, tu sei molto impegnato, da sempre. Fin dai primi album sei stato parecchio politico. Lo dici anche nel nostro disco: � il centro sociale che ti ha dato voce. Arrivi da l� e ogni tanto lo rivendichi. "La mia generazione durante l'adolescenza ha vissuto nei punti nevralgici e nei luoghi di aggregazione come appunto i centri sociali. Adesso per�, se penso a Milano, non esistono pi� spazi simili". - Non esistono oppure non vanno pi� di moda? "Non � solo una questione di moda. Quando ero piccolo, andavo al parco vicino al Mom, che ora hanno recintato. O alle Colonne di San Lorenzo, che era un posto molto "libero". Ora non puoi nemmeno pi� metterti a suonare la chitarra credo... � cambiata molto l'offerta e di conseguenza sono cambiati anche i riferimenti dei giovani". - Quindi non c'� il "centro sociale social", cio� la pagina web che sostituisce il centro sociale di un tempo? Sai, una volta si andava per strada. Per la mia generazione quello che oggi � Facebook era la piazza. "Guarda che � cos� anche per me. Quando ero pi� piccolo non c'era Facebook". - S� ma c'era Myspace, per esempio. Quando ero giovane io non c'era nemmeno Internet. "Ok ma Myspace era una vetrina per lanciare la musica". - Allora mettiamola cos�: come mai, visto che Facebook � riuscito a riproporre tutto in maniera virtuale, non ha fatto altrettanto con il "modello centro sociale"? "Non lo so. Io da adolescente partivo s� da Youtube. A diciotto anni, per esempio, vidi proprio l� il video di un collettivo chiamato Qui Milano Libera, capitanato da Piero Ricca. Poi per� li contattai, per andare insieme a loro. Quindi c'era comunque un riscontro con la vita reale". - Tu sai che per un periodo sei stato il portavoce dei millennials. Ancora oggi, quando c'� da parlare dei ragazzi, i media chiedono a te. Ti senti un po' il Cofferati dei giovani? "Io non ho mai avuto senso di responsabilit� perch� per me non ha senso averlo. Una volta chiesero a De Gregori: "Lei non si sente responsabile per i giovani per i quali canta?", e lui rispose: "Questa � una domanda terroristica". Quindi mi hai appena fatto una domanda terroristica". - Oggi comunque non potresti pi� essere il portavoce dei ragazzi, dopo tutti questi successi. Sei diventato un artista, un'icona pop, non c'� pi� identificazione. "Gi�. Comunque tu lo sai meglio di me come vivo la mia vita artistica. Non sono mai riuscito a godere di un successo e non mi sono mai sentito portavoce di qualcosa. Non mi sono mai reso conto della portata che ho, o forse che ho avuto, in questo senso. E poi mi sento sempre sull'orlo del baratro". - Lo so. Ma tornando al discorso di partenza, tu sei sempre stato politico. Hai fatto "Penisola che non c'�" mentre i tuoi colleghi seguivano il filone del rap edonistico americano. "Questo s�. In un periodo in cui parlare di politica era visto come una cosa noiosa e super vecchia io ho cercato di rendere appetibile un argomento non interessante per i giovani. Ma non l'ho fatto per chiss� quali scopi propedeutici o educativi. Semplicemente perch� erano argomenti che toccavano me". - E oggi secondo te i giovani sono ancora cos� disinteressati alla politica? Hanno in testa, per esempio, le categorizzazioni "destra" e "sinistra"? "No. Destra e sinistra erano gi� morte quando ero adolescente io. Dai giovani, che comunque non hanno una visione nitida di ci� che succede, � sempre stato inteso tutto come un miscuglio unico. Tutto veniva e viene visto come una merda. Merda ovunque, sia a destra che a sinistra. Si � respirata un po' di partecipazione con i primi Vaffanculo day. Io ricordo che al primo V day andai che ero ancora minorenne. Volevo firmare per eliminare i corrotti dal Parlamento". - A Bologna? "No, a Milano in Porta Venezia". - Perch� io ricordo bene quello di Bologna dove andarono a cantare tanti dei nostri colleghi. "Certo. Andarono perch� era un trend. Ora che non lo � pi� dicono che � tutta una cagata. Io ho sempre avuto le mie idee e le ho sempre esposte, senza pensare troppo alle conseguenze". - Cosa pensi del "gentismo"? Come hai detto tu, in quegli anni c'era questa voglia di novit� e di partecipazione da parte della gente. Ecco, non � che questa cosa, oggi, ha preso una deriva eccessiva per cui le persone partecipano s� alla politica ma senza essere pronte a farlo? Non credi che ci sia un po' un reflusso di destra in tutto questo? "No, non direi..." - Senti, te la faccio papale papale. Secondo te, da allora a oggi, il Movimento 5 stelle non ha virato troppo a destra? "Fammi un esempio, in cosa avrebbe avuto questa virata"? - Ius soli. I grillini nel 2013 avevano presentato una legge ancora pi� avanzata di quella che contestano oggi. "Io sono favorevole allo Ius soli. Per� non c'entra l'appoggio al Movimento o al Pd. Fammi dire questa cosa: io non sono il portavoce del M5S. Ho sempre ritenuto che al suo interno ci fossero delle cose che non funzionano. Ai tempi, quando feci il mio primo endorsement, fui molto chiaro. Molte loro scelte non le condividevo, da Rocco Casalino all'ufficio stampa. Non � che un concorrente del Grande Fratello che si vantava delle pere di botulino in faccia puoi trovartelo a gestire la comunicazione del Movimento 5 stelle. Eppure, nonostante tutto, io trovavo e trovo in loro la soluzione meno peggiore". - D'altra parte � vero che il movimento non fa altro che intercettare quello che pensa molta gente. Ed � questo che mi fa paura, sai? Quando ho postato sulla mia pagina Facebook un video a favore dello Ius soli mi hanno attaccato in tantissimi. Un vespaio di merda. Di reazionari. Ecco, intercettare questo tipo di "pancia" delle persone non � secondo te un grande difetto del m5s? "S�. Ma vedi, io devo continuare ad avere una speranza nel cambiamento. E nonostante le cagate che fanno loro restano la migliore alternativa. Rimangono comunque gli unici a cercare di vederci chiaro su tanta merda che c'� in Parlamento e a tirare fuori temi che interessano la gente. Io faccio sempre l'esempio della campagna elettorale che li contrapponeva a Renzi. Lui diceva di basare tutto sulla trasparenza. Quando per� andavi a leggere i finanziamenti al partito pubblicati online ti rendevi conto che c'erano grosse cifre, si andava a botte di 50-mila, 100-mila euro. Capivi subito che dietro c'erano lobby e aziende. Ecco, io preferir� sempre un movimento finanziato dai cinque euro del signor Mario Rossi". - S�, poi per� il signor Mario Rossi non vuole lo Ius soli... "Ho capito. Ma se devo far decidere una banca o il signor Mario Rossi scelgo comunque il secondo. Tu, Ale, sei arrivato all'et� di non fare una scelta". - No, io sto iniziando ad avere paura della gente perch� sto scoprendo che questa in Italia � reazionaria e fascista. E sia chiaro, non sto dicendo che io sceglierei Renzi. Mandiamo tutti a casa, assumiamo solo manager, ceo, gente che sia capace di tirarci fuori dalla merda. "Va bene Ale, per� non si pu� vivere con una scarpa e una ciabatta. Io, ripeto, sto con Mario Rossi". - Di Virginia Raggi che pensi? "Posso dirti la verit�? Non sono abbastanza informato sul suo operato. So che c'� un'inchiesta in corso (il primo cittadino � indagato per abuso d'ufficio rispetto ad alcune nomine fatte in Campidoglio, ndr) e vedremo cosa succeder�. Sono garantista. Fare il sindaco di Roma certo non � facile. Per� � vero anche che se ti prendi questa responsabilit� devi essere in grado di andare avanti". - Va bene dai, parliamo di sesso. "Ah, cos�"? - S� dai. Oggi si parla molto di generazione genderless. Come la vivi tu e come credi che la vivano i tuoi coetanei? "Siamo in un momento in cui "i diritti sono per tutti", quando si fanno grandi battaglie. Per� poi il retaggio, un retaggio molto italiota, lo vedi nella vita reale. Dire che sei omosessuale � ancora fonte di discriminazione tra i giovani. Io credo che per un ragazzo che va alle medie o alle superiori dichiarare la propria bisessualit� o omosessualit� sia ancora oggetto di bullismo. Basta che ascolti un po' di rapper del momento per capire. Ci sono quelli molto seguiti dagli adolescenti che per far capire che sono fighi hanno bisogno di dire "io mi scopo le fighe tu prendi il cazzo in culo"". - Quando ti abbiamo fatto lo scherzo con le iene e tu ti sei messo a piangere, ricordi quanti meme con te e uno dietro a mo' di incul..., con i loghi dei siti porno? Soprattutto fatti da altri rapper. "Questo perch� mi sono mostrato sensibile". - Torna tutto. Tu mostri la tua parte femminile e questi si mostrano per quello che sono, dei misogini. "Gi�. Poi � ovvio che tutti mantengono una facciata bella, limpida, liberal. Ma un certo machismo all'italiana c'� eccome, nel rap come nella strada. Io non credo di aver mai fatto canzoni o detto cose anche lontanamente omofobe. Forse solo da molto piccolo mi sono fatto prendere da questi clich� del rap". - Senti, ma te che sei sempre a farti le foto con la fidanzata per poi postarle sui social, ma il tempo per scopare poi lo trovi? "Secondo te"? - Ma dai Fede io lo so. Cogli l'occasione per rispondere agli stronzi, no! "Ma che domanda del cazzo �, dai! Ma anche se facessi dieci foto al giorno secondo te non ho tempo per scopare"? - E va be', magari poi ci mettete ore per scegliere il filtro giusto, la didascalia... "S�, c'� tempo per fare l'amore. Ora so gi� che il titolo di questa intervista sar�: "Fedez: io e Chiara facciamo l'amore tutto il giorno"". - Quindi, l'amore oggi � romantico o � strettamente legato alla sessualit�? "Dai ma che ne so, da quando sono diventato il portavoce di una generazione"? - Fede, dai, anche nel caso dell'amore si pu� dire che tu viva una storia sotto gli occhi di tutti. Una favola dei giorni nostri che nemmeno Kate e William. E i ragazzi la vivono insieme a voi. Quindi le domande su questo alla gente interessano. "Ma non � vero. La gente vive i momenti da film, quelli belli. Litighiamo anche". - Rispondimi sull'amore. Oggi � romantico o legato solo alla sessualit�? Si vive per scopare o per amare? "Io per imparare a vivere l'amore in modo romantico ci ho messo tanto. Sono dovuto arrivare a 27 anni. E credo che sia molto legato alla persona che incontri. E comunque penso che le due cose, amore e sesso, debbano stare insieme. Sui miei coetanei non saprei, ma credo che cerchino il sesso. Finch� non arriva l'amore". - Parlando di giovani, non possiamo non parlare di droghe. Che tipo di sostanze hai provato? "Tutte, tranne l'eroina. Ora sono sobrissimo. Non riesco nemmeno a bere tre bicchieri di vino insieme. Comunque ho provato tutto, tranne appunto l'eroina". - Ti ricordi quando abbiamo sfidato il direttore di Rolling Stone a fare il test delle droghe? Sono spariti tutti. "S�, s�. A un certo punto sulla rivista esce una fake news che raccontava che noi due eravamo stati arrestati per cocaina. Questi, invece che smentire e scusarsi di aver detto una cazzata, intervistano l'autore della bufala e lo esaltano. A quel punto noi proponiamo il test della cocaina in diretta streaming. Spariti tutti. Io resto sempre disponibile a fare il test eh, di tutte le droghe". - Anch'io, marijuana compresa. Ho smesso perch� � l'ultimo gesto da antiproibizionista, per far vedere che smetti quando vuoi. Ma invece, tornando alla faccenda del "portavoce di una generazione", i ragazzi di oggi che rapporto hanno con le droghe? "Ancora? Ma che ne so! Io vivo in una realt� cos� alienata che non so cosa facciano. Io e i miei amici nemmeno le canne fumiamo. Poi so che la gente della mia et� � cresciuta facendosi di Mdma e tanta bamba (cocaina, ndr). E anche io sono cresciuto provando tutte le sostanze stupefacenti, a parte l'eroina, come gi� detto. E, per assurdo, i luoghi dove le ho trovate non sono il Cantiere o il Leoncavallo, ma le discoteche di Milano, i luoghi "socialmente riconosciuti"". - Fede, come te la vivi oggi la musica? Una volta avevi tutti gli altri rapper che ti leccavano il culo, volevano tutti firmare un contratto. Ora "hanno tolto la mano"... "S�. La signora Paola Zukar, per esempio, manager di Fabri Fibra. Ha scritto in un libro che io da ragazzo sono andato a cercarla e lei, siccome produce solo musica di qualit�, mi avrebbe detto no. La verit� � che il primo artista che mi contatt� per un featuring fu Marracash, uno dei suoi. E poi mi chiam� lei. Fui io a decidere di non firmare, consapevole che la Zukar spingesse solo Fibra. D'altra parte, se lei fa solo musica di qualit�, mi chiedo perch� abbia prodotto Moreno, che noi abbiamo rifiutato". - Ma non � che a molti colleghi stai sul cazzo perch� non hai paura di rivendicare quello che hai fatto? Sai, io ci sono passato, perch� sono stato in alto e sotto terra. E quando sei l�, sei il maestro di tutti. "Io credo che oggi i "clan" in musica non esistano pi�. Io e te siamo una squadra, ma siamo due. Gli altri sono tutti tuoi amici finch� non vendi pi� di loro. Io rivendico quello che sono e quello che ho fatto. Vengo dalla periferia. E per me � stata dura, ne ho prese tante. Ero diverso, e il diverso, in periferia, non sempre viene accettato. Oggi non nascondo quello che sono e quello che ho, e lo faccio anche per spezzare un certo tipo di invidia sociale che c'� nel nostro Paese. Io lavoro. Ho rinunciato a tanto della mia giovinezza per avere dei dipendenti, una societ� che funziona. Sono molto imprenditore, da questo punto di vista. Il mestiere dell'artista non ti fa guadagnare come un calciatore. Io, invece, guadagno come un calciatore perch� ho preso un business che non � pi� cos� redditizio e l'ho fatto fruttare con diverse start up che funzionano. E lo rivendico, rivendico il mio attico e la mia macchina. Mi spiace che non mi venga riconosciuto il bene che credo di fare al settore musicale".