Ottobre 2020 n. 10 Anno L MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice Gli anni di piombo Autunno: la stagione interiore Tutti al proprio posto La nascita di Google Un tesoro chiamato zafferano Monte Isola, gioiello nel cuore della Lombardia Barbara d'Urso si racconta Gli anni di piombo (di Simone Cosimelli, �Focus Storia n. 161/20) - L'epoca buia della lotta armata che cerc� di colpire al cuore la Repubblica, per pi� d'un decennio - �La prova pi� lunga, difficile e cruenta che la societ� civile e le istituzioni abbiano affrontato in epoca repubblicana�. Cos� il giornalista Sergio Zavoli defin� gli �Anni di piombo�, il periodo della storia italiana caratterizzato dal dilagare della violenza politica e del terrorismo, che and� dal 1969 al 1982. Con un grave bilancio: 1.100 feriti e 350 morti. L'espressione, in particolare, viene dal film della regista Margarethe Von Trotta Die bleierne Zeit (tradotto: Gli anni di piombo), uscito in Germania nel 1981 e ispirato alle vicende del gruppo rivoluzionario tedesco Rote Armee Fraction (Raf). Dal momento che anche l'Italia, a partire dalla seconda met� degli anni Settanta, stava facendo i conti con la lotta armata di estrema sinistra, l'espressione venne subito presa in prestito, e ottenne una larga diffusione. Il piombo simboleggiava le armi utilizzate da organizzazioni come le Brigate Rosse, che colpirono carabinieri, poliziotti, dirigenti d'azienda, magistrati, giornalisti, politici, sindacalisti. Ma che cosa accadde? E perch�? Tra gli anni Cinquanta e Sessanta l'Italia cambi� pelle. Gli effetti del rapido sviluppo (il �boom economico�) aiutarono il Paese a crescere, lasciandosi alle spalle la miseria del Dopoguerra. Ma non tutti vissero l'improvviso benessere. La nascita di una moderna economia industriale, soprattutto nell'area tra Milano, Torino e Genova, spiazz� una societ� modellata sui ritmi dell'economia agricola. Moltissimi contadini si ritrovarono a lavorare nelle fabbriche. Inizi� uno spopolamento dei piccoli centri a vantaggio delle grandi citt�, che in breve si trasform� in un'emigrazione di massa: fino al 1970, 9 milioni di italiani si spostarono da una regione all'altra, in particolare dal Sud al Nord. Nel 1965 il �boom� aveva ormai rallentato e aumentarono i casi di sottoccupazione, precariato, sfruttamento. I salari degli operai rimasero bassi, i servizi dello Stato insufficienti, il sistema scolastico inadeguato e i modelli culturali arretrati. Cos�, alla fine del decennio, l'Italia fu scossa da due ondate di radicale contestazione: la prima, nel 1968, animata dal Movimento studentesco che chiedeva pi� giustizia sociale e meno autoritarismo, la seconda, nel 1969, innescata dalle rivendicazioni degli operai (il cosiddetto �autunno caldo�). Manifestazioni, scioperi, occupazioni di fabbriche erano all'ordine del giorno. Si avvi� un conflitto sociale di vaste dimensioni e l'Italia sembr� spostarsi a sinistra. Nacquero aspettative rivoluzionarie in molti studenti e operai che avrebbero voluto superare il capitalismo. I governi e gli organi dello Stato diventarono sempre pi� reazionari pur di fermare questo sommovimento sociale. L'Italia faceva parte dell'Alleanza atlantica guidata dagli Stati Uniti ed era condizionata dalla Guerra fredda: l'anticomunismo era stato la priorit� strategica fin dal Dopoguerra. Il Partito comunista italiano (Pci) era il pi� forte di tutto l'Occidente e aveva contribuito alla sconfitta del fascismo. Ma era legato all'Urss, e per questo era stato escluso dal governo nazionale. L'avvio del conflitto sociale offr� al Pci l'opportunit� di consolidarsi e la Democrazia cristiana (Dc), che era il partito al governo dal 1948, cominci� a temerne l'avanzata. Pi� in generale, nella prima parte degli Anni '70 si cre� un eterogeneo blocco di potere (che comprendeva parte dei servizi segreti e degli apparati militari) per respingere l'avanzata comunista. La linea anticomunista si sald� con manovre antidemocratiche. Nel mondo, del resto, si erano registrati decine di colpi di Stato autoritari (soprattutto in America Latina, Africa e Asia) e nell'Europa Meridionale esistevano ancora dittature di destra (in Spagna, Portogallo e Grecia). Anche per l'Italia, in funzione anticomunista, alcuni avrebbero voluto un destino simile. Gruppi neofascisti, tollerati e mal contrastati, furono responsabili di attentati, azioni squadriste, tentativi di golpe. Scuole e universit� divennero campi di battaglia. Inoltre, a partire dalle 17 vittime causate dalla strage neofascista di Piazza Fontana, a Milano, il 12 dicembre 1969, una serie di attentati (prevalentemente di estrema destra) macchiarono di sangue il Paese: con un bilancio, fino al 1974, di 50 morti e pi� di 300 feriti. Furono gli anni della cosiddetta strategia della tensione: si cerc� di inasprire il clima politico, di criminalizzare movimenti o partiti di sinistra per convincere l'opinione pubblica (terrorizzata dal disordine sociale) che servisse una svolta autoritaria. L'ultimo episodio di questa catena di eventi fu la bomba esplosa alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980, che provoc� ben 85 morti e circa 200 feriti. Dopo il 1969 si formarono gruppi estremisti di sinistra che accusarono il Pci di essersi integrato nel �sistema�, di aver tradito la classe lavoratrice e di non voler attuare la rivoluzione comunista. Al tempo di rivoluzione si discuteva apertamente: anche perch�, nell'ambito del processo di decolonizzazione del Terzo Mondo, molte popolazioni lottavano in nome della libert�. Nel ritornello di una canzone molto diffusa (L'ora del fucile) si cantava: �Tutto il mondo sta esplodendo dall'Angola alla Palestina/ l'America Latina sta combattendo, la lotta armata vince in Indocina/ in tutto il mondo i popoli acquistano coscienza/ e nelle piazze scendono con la giusta violenza./ E quindi cosa vuoi di pi�, compagno, per capire/ che � suonata l'ora del fucile?�. Gruppi come Potere Operaio e Lotta Continua si presentarono quindi nelle fabbriche, organizzando propri cortei e raccogliendo consensi. Per loro lo Stato democratico era un regime mascherato. E dopo l'aumento della violenza dell'estrema destra, visto che il fascismo sembrava riemergere, si pass� ai fatti. Nelle manifestazioni apparvero bastoni e bombe incendiarie. Fu in questo quadro che, nel 1970, nacquero le Brigate Rosse (Br): una piccola formazione cresciuta nelle fabbriche milanesi. Le Br si distinsero per la rivendicazione dei propri attacchi: furono incendiate le auto di neofascisti e picchiati o sequestrati dirigenti industriali, lasciando volantini accompagnati da una stella a cinque punte. Lo scopo? Dimostrare la necessit� della lotta armata, anche in Italia. �Tra i gruppi di lotta autonomi che si erano strutturati e agivano all'interno della dialettica tra capitale e lavoro�, spiega Marco Clementi, docente di Storia contemporanea presso l'Universit� della Calabria, �le Brigate Rosse furono il pi� solido. Nella pratica quotidiana, fatta di volantinaggi, mobilitazione, sostegno agli scioperi e azioni contro obiettivi mirati, le Br acquisirono prestigio e fiducia all'interno della classe operaia, che forn� praticamente tutti i quadri in realt� come Milano, Torino e Genova. Le Br non emersero in concorrenza con altre sigle, ma proposero una lotta politico-militare che fu considerata pi� corrispondente alle necessit� del momento e che convinse molti militanti a confluire nell'organizzazione�. Intanto, con una fase pi� distesa della Guerra fredda, la societ� civile si richiam� ai valori dell'antifascismo, la violenza dell'estrema destra sembr� ridursi e la Dc e il Pci (con la proposta del �compromesso storico�) cercarono un accordo per superare la crisi democratica: una nuova stagione politica si apriva. L'area dell'estrema sinistra si framment�, invece, e decine di formazioni minori impugnarono le armi. Ferimenti e uccisioni segnarono di rosso le cronache. Le Br si rafforzarono, anche se uno dei fondatori, Renato Curcio, era gi� stato arrestato nel 1974. Il primo obiettivo, per disarticolare il sistema politico, divenne l'attacco �al cuore dello Stato�. L'episodio pi� clamoroso fu il sequestro, dal 16 marzo al 9 maggio 1978, del presidente della Dc Aldo Moro, ucciso dopo 55 giorni di prigionia. Da l�, per�, le Br persero il sostegno sociale di cui avevano in parte goduto. Alcuni brigatisti iniziarono a collaborare con le autorit�, facendo arrestare compagni ricercati e rinvenire depositi di armi. �Le Br�, continua Clementi, �furono sconfitte militarmente attraverso una repressione fortissima cominciata subito dopo l'uccisione di Moro e condotta dai nuclei coordinati dal generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. Ma il fallimento del progetto brigatista fu anche politico quando, alla fine degli Anni '70, non furono in grado di riprodurre, o rinnovare, un tipo di lotta politica e sindacale all'interno del mondo operaio in evoluzione�. Il fenomeno della lotta armata, per intensit� e durata, fu molto pi� esteso rispetto agli altri Paesi europei: sino al 1982 provoc� oltre 120 morti. La Repubblica non croll�, ma il prezzo per uscire dagli Anni di piombo fu altissimo. I 55 giorni Il sequestro di Aldo Moro fu un momento tragico. Insieme al segretario del Pci Enrico Berlinguer, Moro stava cercando di rilanciare il sistema politico italiano attraverso un accordo che allentasse i vincoli della Guerra Fredda. Tuttavia, secondo le Brigate Rosse si trattava di un tentativo controrivoluzionario per rinforzare il capitalismo italiano e internazionale. Cos� le Br lo rapirono, a Roma, uccidendo i 5 uomini della sua scorta. Per liberarlo chiesero la scarcerazione di alcuni brigatisti e un riconoscimento politico. I giornali seguirono giorno dopo giorno la vicenda. Sia la Dc sia il Pci, per�, in nome dell'integrit� dello stato, decisero di non trattare. Il corpo di Moro fu fatto ritrovare in pieno centro a Roma, in via Caetani, 55 giorni dopo. Autunno: la stagione interiore (di Vittorio Sgarbi, �Focus� n. 325/19) - Con i suoi colori caldi illuminati da una luce ogni giorno pi� tenue, sembra invitare gli artisti, e tutti noi, a una riflessione sui modi dell'anima e della vita stessa - �Autunno. Gi� lo sentimmo venire nel vento d'agosto, nelle piogge di settembre torrenziali e piangenti e un brivido percorse la terra che ora, nuda e triste, accoglie un sole smarrito. Ora passa e declina, in quest'autunno che incede con lentezza indicibile, il miglior tempo della nostra vita e lungamente ci dice addio�. Lo stato d'animo di Vincenzo Cardarelli rispecchia la malinconia e il sentimento di insufficienza (in questo caso del tempo che fugge) che l'autunno, dopo la forza vigorosa dell'estate, ci trasmette. L'autunno � una tonalit�, non manda luce, l'assorbe e l'attenua. Sembra predisposto per la tavolozza di un pittore postimpressionista. Lo sentiamo nell'Albero di gelso di Vincent van Gogh, che non � una immagine di natura ma di uno stato d'animo: in quell'albero tormentato, contro il cielo blu, si specchia la sua condizione psicologica. Siamo nel 1889: dopo essersi separato violentemente da Gauguin ed aver abbandonato la casa in cui avevano convissuto, Van Gogh ha una crisi nervosa ed � ricoverato nell'ospedale di cura mentale di Saint-R�my. Durante la degenza, Vincent scrive numerose e dolenti lettere al fratello Theo, e racconta la difficolt� e il disagio di essere in manicomio, suo e degli altri pazienti; in una lettera manifesta il timore che gli altri ricoverati possano avvelenarlo. Con il passare dei giorni e delle notti, la situazione cambia e Vincent comincia a sentirsi meno solo: i pazienti non sono pi� minacciosi, anzi, sono quasi �compagni d'avventura�. Van Gogh dipinge la liberazione del suo animo in quel gelso che si espande contro il cielo: una disperata euforia. Ben diversamente, con un animo placato, ma con una sensibilit� fragilissima, che in ogni momento si pu� incrinare, l'autunno meteorologico entra, con le foglie secche, nello spirituale Sole d'autunno di Egon Schiele, sinfonia per soli archi, con il sole bianco sulle nuvole grigie appena disegnate e, in primo piano, gli alberi sulle colline con le foglie fragili e caduche che orlano, come pietre preziose, il tenue declivio. Il dipinto di Schiele � prezioso e casto, di una misura commovente, di un respiro misurato, al limite del decorativismo o del gusto giapponese, ma con la naturalezza artificiosa di una pietra paesina. La pietra paesina (roccia sedimentaria di calcare e argilla, ndr) prende il nome dal suo aspetto, che sembra rappresentare paesaggi astratti di forme svariate ed imprevedibili, prevalentemente lineari. Queste forme hanno la loro origine da minuscole aree poligonali, trapezoidali o rettangolari di varie tonalit� che vanno dal giallo al bruno e sono delimitate da piccole fratture all'interno della pietra. Cos� il paesaggio di Schiele. Diversamente, Gustav Klimt, con la sua Fattoria con alberi di betulla (1902), evoca una immersione nel bosco, consonante con la Pioggia nel pineto (poesia di Gabriele D'Annunzio, ndr), di mirabilissima densit�, come una stoffa preziosa o un mosaico minuto. Klimt tocca supreme raffinatezze, e nega la natura mentre la rappresenta. Non c'� il bosco, non c'� la fattoria: ci sono il sentimento del bosco e il sentimento della fattoria, con una sottigliezza bizantina, come la natura nei mosaici di Sant'Apollinare in Classe. Klimt annulla la luce e la materia degli impressionisti. In quello stesso anno, il 1902, Monet dipinge con la stessa concentrazione e la stessa intensit� il giardino di Giverny: vi si immerge, sente il cielo oltre le piante, il calore della giornata, si lascia avvolgere, i suoi sensi vibrano con i fiori e le piante. Noi sentiamo i profumi e la brezza. Nel bosco di betulle di Klimt tutto � fermo. Noi non siamo l� e non siamo dentro il bosco. L'immagine � bloccata come un fotogramma. E il taglio isola, come un campione di stoffa, una tessitura verticale senza margini. Nel bosco c'� un ordine irreale. Il fitto sottobosco assume un tono dorato fino a diventare oro, proprio come nei mosaici. Non c'� aria, non ci sono vibrazioni; la luce � immobile. Klimt non intercetta una vibrante condizione luminosa per tradurla in uno stato interiore, come avviene in Monet, ma evoca un'emanazione aurea, spirituale: le foglie sono piccoli segmenti di marrone, marrone-arancio, rosso-arancio, arancio, con la sovrapposizione di segmenti blu, in un percorso lineare. Non si concede tocchi, grumi, virgole e linee curve come vediamo nella pittura di Monet. La procedura per segmenti, come tessere, risponde a un ordine superiore che governa i dipinti klimtiani, un mondo in cui si d� l'idea del bosco. Klimt dipinge un arazzo, una stoffa preziosa. Con Kandinskij e il suo Fiume d'autunno ci si allontana ancor pi� dalla realt� fisica della natura per trasferirla in una dimensione interiore, che ha l'atmosfera e la malinconia dell'autunno, coinvolgendo la testa prima dei sensi. Kandinskij cerca lo �spirituale� della natura, una stimmung, un'impronta del pensiero sull'immagine, carica della emozione profonda dell'autunno. In questa sequenza di opere di grandi artisti che hanno trasformato le immagini in visioni che cambiano la storia, l'ultima, di un pittore italiano �macchiaiolo�, Telemaco Signorini, � la pi� lontana dal manifesto di una concezione pittorica, che si definisce in una tendenza del gusto, in un movimento, in una dichiarazione programmatica, impressionismo, simbolismo, espressionismo, secessione, astrattismo. Novembre � semplicemente un dipinto, il resoconto di un'emozione in una giornata di pioggia, tra il fango e le nuvole e i monti lontani, senza ideologie, ricerche ottiche, divisionismi, pointillismi, concetti ascosi. Novembre ha la stessa intensit� psicologica della omonima poesia di Giovanni Pascoli: �Gemmea l'aria, il sole cos� chiaro che tu ricerchi gli albicocchi in fiore, e del prunalbo l'odorino amaro senti nel cuore... Ma secco � il pruno, e le stecchite piante di nere trame segnano il sereno, e vuoto il cielo, e cavo al pi� sonante sembra il terreno. Silenzio, intorno: solo, alle ventate, odi lontano, da giardini ed orti, di foglie un cader fragile. � l'estate fredda, dei morti.� Morte: questo ci dice l'autunno nella pittura assoluta, che assorbe le emozioni della natura, di Telemaco Signorini. Siamo in autunno, ora. Tutti al proprio posto (di Biagio Picardi, �Focus Storia� n. 168/20) - Dalle affollate panche del Cinquecento fino alle sedute monoposto adottate per l'emergenza Covid-19: cos�, nei secoli, il banco scolastico ha cambiato forma e dimensioni - Ergonomici, colorati, piccoli e adattabili. Sono i nuovi banchi scolastici, figli dell'emergenza Covid-19 e della necessit� di garantire il distanziamento sociale anche nelle aule per tenere al sicuro scolari, studenti e insegnanti di tutta Italia. Ogni ordine di scuola (primaria, secondaria di primo o di secondo grado) ha sedute con caratteristiche e misure differenti, ma tutte proveranno a scrivere un nuovo capitolo di una storia plurisecolare: quella del banco scolastico, appunto. Tutto cominci� nel XVI secolo, quando la necessit� di contrastare la diffusione del protestantesimo spinse i vescovi a trasformarsi in maestri e a diffondere nelle chiese, improvvisate aule, la dottrina cristiana. Dall'alto del proprio �trono�, che prese il nome greco di kath�dra, il vescovo o il sacerdote di turno istruiva i fedeli, convincendoli della bont� del suo credo rispetto alla nuova dottrina emergente. I cristiani, cos�, si trasformarono in alunni, disposti a tornare in chiesa per approfondire gli argomenti trattati durante la messa. Queste lezioni, col tempo, coinvolsero sempre pi� i giovani, che ascoltavano il maestro seduti su semplici panche di legno da sei- otto posti, senza spalliere, poste di fronte alla kath�dra o a un leggio che sosteneva il libro, sul modello delle universit� medievali (XI secolo). Nelle scuole di dottrina, gli �alunni� dovevano per lo pi� ascoltare, quindi i primi banchi scolastici non avevano bisogno di uno scrittoio. Soltanto i pi� capaci, infatti, potevano esercitarsi a scrivere su un grande tavolo, in disparte. Niente in comune dunque con gli scrittoi degli amanuensi che nei monasteri, in piedi o pi� raramente seduti su una seggiola davanti a una piccola scrivania, ricopiavano testi e manoscritti prima dell'invenzione della stampa. Furono invece proprio le postazioni dei monaci a ispirare i primi e rari banchi �completi�, che si diffusero a partire dal Seicento. Nel Seicento, chiesa e scuola continuarono ad andare a braccetto, con l'aumento dei sacerdoti che avevano come attivit� collaterale quella dell'insegnamento, seppure riservato a pochi privilegiati e mai obbligatorio. L'insegnamento era prevalentemente individuale e affidato a un precettore privato. Furono le scuole dei Gesuiti a fornire tra le prime un'istruzione secondaria collettiva. Le �classi� comprendevano ragazzi di et� e preparazione diversa, e il maestro era costretto, per verificare il lavoro di ognuno, a camminare tra le panche. Queste ultime nel frattempo erano state dotate di un lungo piano per scrivere fissato al pavimento oppure collegato direttamente alla seduta (senza schienale) e sulla quale trovavano posto dai sei agli otto alunni. La svolta decisiva arriv� soltanto nella seconda met� del XIX secolo, quando la diffusione del positivismo e delle idee progressiste in campo pedagogico promosse in Europa una migliore organizzazione scolastica e una maggiore attenzione alla salute degli scolari. Anche grazie all'invenzione e alla diffusione della lavagna si cominciarono a formare classi composte da ragazzi della stessa et� (anche se negli Anni '60 in Italia esistevano ancora classi disomogenee), passando definitivamente a un insegnamento di tipo collettivo, incentrato su nuovi modelli didattici. Come quello di Johann Ignaz Felbiger (1724-1788), un pedagogista ungherese chiamato a Vienna da Maria Teresa d'Austria (1717-1780) per sovraintendere alla sua riforma del sistema scolastico, che prevedeva l'obbligo di frequenza per tutti i bambini dai sei ai dodici anni. A partire da met� Ottocento vennero progettati banchi �scientifici�, capaci di garantire allo studente una postura corretta, con una spalliera e una distanza tra seduta e scrittoio ridotta e proporzionata all'altezza media dei bimbi. Per realizzarli furono utilizzati anche nuovi strumenti, come �l'antropometro� dell'ispettore scolastico Francesco Innocenti Ghini. Questo strumento rilevava l'altezza degli scolari e dei loro arti, in modo da poter poi costruire una postazione davvero a misura di bimbo. Le caratteristiche di queste postazioni si potevano leggere per esempio nel 1875 sul Giornale del Museo d'Istruzione e di Educazione di Roma. �Il banco�, recitava il bollettino ministeriale, �deve essere costruito in modo che lo scolaro trovi tre punti di appoggio perfettamente corrispondenti per forma e distanza alle membra degli studenti: piedi, anche e schiena�. Alla fine del XIX secolo l'istruzione pubblica era ormai obbligatoria per i bambini di gran parte degli Stati europei e questa nuova, grande partecipazione scolastica richiese strumenti sempre pi� adeguati. Nel 1888 il ministero della Pubblica istruzione italiano aveva gi� pubblicato nuove norme che imponevano nelle scuole elementari e negli asili banchi a due posti, per garantire ai piccoli libert� nei movimenti e comodit�, ma anche abbastanza distanza l'uno dall'altro per tutelare l'igiene. La crescente attenzione alla salute dello scolaro fece crescere il ruolo di medici e igienisti nella progettazione dei banchi scolastici. In Italia ebbero grande risonanza le ricerche del batteriologo riminese Costantino Gorini (1865-1950), che all'inizio del Novecento condusse un approfondito studio sulle postazioni scolastiche. Gorini arriv� alla formulazione delle �regole del banco igienico�, secondo le quali piano e sedile dovevano adattarsi allo scolaro; dovevano essere specificamente pensati per attivit� di tipo sedentario e progettati per garantire la posizione pi� funzionale e comoda nel corso delle ore di lezione. Lo stesso ministero della Pubblica istruzione spieg� sul suo Bollettino Ufficiale che i banchi andavano costruiti in modo che gli alunni vi si potessero sedere senza curvare la schiena e che si potessero poi alzare, alla chiamata del maestro, senza sforzo. Fu cos� che vennero progettati i banchi �a distanza negativa mobile�, cio� con il tavolo che sporgeva sopra il sedile per facilitare l'alunno nella scrittura (un diritto ormai acquisito per tutti). Le prime misure ufficiali dei banchi, in Italia, furono stabilite nel 1925. Per elaborare le sue �regole�, Gorini viaggi� molto, studiando i diversi modelli utilizzati in Germania, Svezia, Austria, Francia e Danimarca: con tavolino e sedie a reclinazione, con tavolino mobile per il ripiegamento o a scorrimento. Ma in Italia, per lungo tempo, i banchi rimasero in legno, per due alunni, con un ripiano piatto e leggermente inclinato, uno spazio per il calamaio e un altro per la penna. La seduta era collegata a tutto il resto, con il risultato di una struttura pesante da spostare. Gli anni Quaranta e Cinquanta furono segnati da un nuovo fermento pedagogico: gli studi della pedagogista Maria Montessori (1870-1952) criticavano il ruolo costrittivo che il banco aveva assunto nelle classi, tanto da definirlo �un principio di repressione fino quasi alla schiavit��. E mentre igienisti e pedagoghi decretavano che il banco ideale doveva essere a un posto solo, per lasciare pi� libert� al bimbo, i progettisti si sbizzarrivano con postazioni sempre pi� originali, come quella �a zaino�: a un posto s�, ma pieghevole in modo che l'alunno potesse portarsela sulle spalle per le lezioni all'aperto. Alla fine, per�, questioni di spazio e di costo costrinsero le istituzioni a propendere per una postazione �igienica�, ma a due posti. Le cose cambiarono definitivamente quando, negli Anni '60, nel nostro Paese accanto al ferro e al legno si diffuse l'acciaio, perch� pi� durevole. Continuarono a essere costruiti banchi a due posti, ma, sul modello del �single desk� americano, si cominciarono a produrre anche banchi singoli. Avevano la sedia staccata, gambe metalliche, uno scrittoio, sotto cui si trovava una mensola (o �sottobanco�) per riporre libri e quaderni. Alcuni erano anche dotati di un gancio laterale, dove appendere la cartella. Un'ulteriore svolta si ebbe negli Anni '70 con l'introduzione di rivestimenti plastici (la f�rmica, per esempio), che resero i banchi pi� ergonomici e leggeri. Alla lavagna! Un grande passo avanti per la didattica � stata l'invenzione della lavagna, fondamentale per il passaggio a un metodo di insegnamento frontale, che cambi� per sempre la disposizione dei banchi nelle aule scolastiche. L'idea di questo semplice eppure straordinario strumento si deve a un giovane predicatore statunitense di nome Samuel Read Hall. Nel 1823 Hall fu nominato pastore e insegnante nella cittadina di Concord, nel Vermont, ma ben presto si dedic� alla formazione dei maestri di scuola, diventando un pioniere della didattica. Hall bas� il suo metodo di insegnamento sull'uso di una grande lastra di ardesia, una roccia tenera di colore scuro, sulla quale poteva scrivere con il gesso. Col tempo lo strumento si diffuse in tutto il mondo. Eppure, Hall non brevett� mai la sua straordinaria invenzione. Questa innovazione nel XIX secolo si afferm� anche in Italia, prendendo il nome dalla cittadina ligure di Lavagna, dove da secoli si estrae l'ardesia, la pietra nera in origine utilizzata, in lastre, come materiale da costruzione e per i tetti. La nascita di Google (di Marco Consoli, �Focus� n. 311/18) - Pi� di un ventennio fa due studenti idearono un nuovo motore di ricerca. Lo volevano vendere per poi laurearsi, ma... - Il 14 settembre 1998 Larry Page e Sergey Brin fondarono Google, la societ� nata dall'intuizione di un motore di ricerca per orientarsi sul World Wide Web, e oggi diventata la seconda azienda di maggior valore al mondo, con attivit� in svariati campi. Ma come � nato il motore di ricerca pi� famoso e remunerativo del pianeta, che oggi ha un valore di oltre cento miliardi di euro? E come si � evoluto nel corso degli anni, fino a diventare quello che � oggi? La prima sorpresa � che Page e Brin, all'inizio, non avevano in mente di mettersi in affari. Nel gennaio del 1997, i due avevano gi� da un paio d'anni l'embrione di quello che sarebbe diventato Google, ma volevano entrambi seguire le orme paterne, laureandosi a Stanford e facendo carriera all'universit�. Cos� pensarono di vendere la tecnologia che avevano sviluppato a una delle societ� che all'epoca permettevano di eseguire ricerche sul Web, e cio� Yahoo!, AltaVista ed Excite. L'unico disposto a incontrarli, per�, fu George Bell, un manager che veniva dall'editoria ed era a capo di Excite. Page, che aveva il pallino degli affari, stim� un prezzo di vendita pari a 1,6 milioni di dollari, comprensivo di una consulenza per 7 mesi in modo da mettere a punto il software prima di tornare a dedicarsi agli studi; ma l'intermediario e investitore Vinod Khosla sugger� di abbassare le pretese a 750-mila dollari. A quel punto Page e Brin incontrarono Bell per dimostrargli quanto fosse avanzata la loro �invenzione�. Su due computer, l'uno a fianco dell'altro, vennero testati il motore di ricerca dei due studenti, allora 24-enni, e quello di Excite: una volta inserita la parola �Internet�, quest'ultimo diede come risultato pagine web in cinese su cui appariva anche la parola inglese �Internet�, mentre quello di Page e Brin mostr� delle pagine in cui si spiegava come utilizzare un browser per la navigazione sul Web. Bell rimase a bocca aperta. Ma come avevano fatto due ragazzini a battere le decine di ingegneri esperti di uno dei motori di ricerca pi� famosi al mondo? Fin da quando l'americano Larry Page, pochi mesi prima di iscriversi a Stanford nel 1995, aveva conosciuto il russo naturalizzato Sergey Brin, che era la sua guida per una visita turistica a San Francisco, i due, pur non piacendosi immediatamente, avevano capito di avere la medesima passione per l'informatica, e avevano iniziato a frequentarsi, fino a diventare indivisibili, tanto che la gente si riferiva a loro come �Larry e Sergey�. Era stato Page, mentre entrambi bazzicavano il Gates Computer Science Building, edificio di ricerca sponsorizzato dal milionario Bill �Microsoft� Gates, a intuire che non esisteva ancora un modo affidabile per districarsi in quel World Wide Web che dal 1993, dopo essere stato utilizzato in centri di ricerca e universit�, era divenuto pubblico, diffondendosi in modo esponenziale. AltaVista, Yahoo! ed Excite - il primo fondato da studenti di Palo Alto, il secondo e il terzo da alunni di Stanford - attiravano molto traffico sulla loro �home page�, strutturata come un portale suddiviso in categorie, ma lasciavano a desiderare quanto a risultati. Il funzionamento di questi motori di ricerca era basato su 4 passaggi: un programma esplorava il Web, poi indicizzava i contenuti individuando le parole utilizzate, quindi - basandosi sulla richiesta dell'utente - trovava negli indici archiviati quelli pi� rispondenti alla ricerca, e infine proponeva una lista di risultati. Il processo era laborioso ma impreciso, perch� se la parola ricercata appariva molte volte in una stessa pagina web, questa balzava automaticamente in cima ai risultati, anche se non era pertinente. Il problema non era dunque trovare le pagine, ma metterle in ordine di importanza. Larry Page, che cercava uno spunto per la sua tesi di laurea, ebbe un'idea diversa: se i link che in una pagina web rimandavano a un'altra si potevano paragonare alle citazioni della bibliografia nei libri, le pagine pi� citate (attraverso i link) dovevano essere le pi� importanti. Con l'aiuto di Brin, che era un genio nella raccolta di dati, cre� un software in grado di scandagliare il Web per ricavare i link presenti nelle pagine html. Il loro primo motore di ricerca faceva proprio questo, e perci� fu chiamato BackRub, perch� faceva una specie di �pesca a strascico di link a ritroso�, mentre l'algoritmo che organizzava la classifica tra le pagine e consentiva di trovare quella pi� appropriata alla richiesta fu battezzato PageRank: anche se tutti pensavano che �Page� si riferisse al termine inglese di �pagina�, Larry con un vezzo d'orgoglio aveva usato il proprio cognome. Per fare ricerca su tutto questo, per�, bisognava archiviare il numero pi� ampio possibile di pagine web (con relativi link), cos� Page si rec� dal suo mentore Terry Winograd, docente di informatica alla Stanford University, e gli disse che voleva scaricare sul suo Pc tutto il Web: �Ce la far� in una settimana�, esclam�; ma in realt� ci sarebbero voluti anni (e centinaia di computer). In ogni caso, nel giro di un anno, la fetta di Web archiviata nei server che Page e Brin avevano sistemato in mobiletti costruiti col Lego era sufficiente a far funzionare BackRub: inserivi una parola e ottenevi una classifica di pagine, in base alla pertinenza. Il motore era molto intelligente, perch� contestualizzava i risultati: se cercavi �Bill Clinton�, e il nome del presidente era usato molte volte per creare un link al sito della Casa Bianca, il sito stesso balzava in cima alla classifica, anche se non includeva il nome del presidente americano. BackRub, analizzando e raccogliendo link, diventava pi� efficace a mano a mano che il Web si espandeva e i link aumentavano di numero, a differenza dei concorrenti che arrancavano. Eppure Page e Brin, che avevano capito come la loro ricerca, iniziata per scopi accademici, potesse trasformarsi in business, continuavano a non voler mettersi in affari. Erano interessati a tornare ai propri studi, anche se magari non prima di aver guadagnato qualche milione vendendo la tecnologia a una grande societ�. Quando nel 1997 George Bell vide il proprio motore, Excite, stracciato da BackRub, ci rimase male, come testimoni� poi Scott Hassan, primo programmatore di BackRub e tra i primi dipendenti di Page e Brin. Anzich� pensare di acquistarlo e inglobarlo, infatti, Bell rifiut� l'offerta di vendita. Sul motivo per cui lo fece ci sono opinioni contrastanti. Secondo Hassan, Bell sosteneva che BackRub offriva una risposta troppo efficace, per cui gli utenti avrebbero lasciato subito il motore di ricerca, danneggiando la raccolta pubblicitaria. All'epoca, infatti, nessuno aveva ancora capito come ricavare utili da un motore di ricerca e i portali funzionavano come grandi cataloghi zeppi di argomenti, ma anche di banner che fruttavano guadagni. La versione di Bell � differente: Page non solo voleva vendere, ma pretendeva che Excite azzerasse la propria tecnologia e la sostituisse con quella di BackRub. Un'ipotesi inaccettabile, anche perch� secondo il manager la differenza nei risultati delle ricerche di BackRub non era nettamente migliore di quella di Excite. Di fatto, Page e Brin se ne andarono con la coda tra le gambe. Nessuno voleva comprare, se non a prezzo stracciato, la loro invenzione, n� appariva interessato ai motori di ricerca, perch� nessuno sapeva come monetizzare un'attivit� del genere. Quasi costretti dal successo che BackRub aveva avuto in pochi mesi tra i ricercatori di Stanford, dove il motore funzionava a pieno regime, cercarono un nuovo nome, e dopo aver scartato The Whatbox (assomigliava troppo a �wetbox�, termine slang per i genitali femminili) coniarono Google, traslitterazione errata di �googol�, che identifica il numero 1 seguito da 100 zeri. Il loro motore d'altronde voleva scandagliare una quantit� enorme di indirizzi web e metterli in ordine di importanza. Convinti che nessun altro avrebbe potuto trasformare in idea imprenditoriale la loro ricerca, Page e Brin si convinsero a fare da s�: crearono una pagina web pubblica del motore e il 4 settembre 1998 fondarono Google. Ci erano riusciti grazie a 100-mila dollari investiti dal creatore di Sun Microsystems, Andy Bechtolsheim, che invitato da Vinod Khosla diede loro un appuntamento e in 15 minuti stacc� un assegno, prima di sfrecciare via in ufficio con la sua Porsche. Page e Brin andarono a festeggiare con un panino da King Burger, poi aprirono un conto in banca e depositarono il primo investimento. A distanza di 20 anni, l'azienda vale 132,1 miliardi di dollari. E chiss� se George Bell, dopo il gran rifiuto, � pi� riuscito a dormire serenamente. Un tesoro chiamato zafferano (di Raffaella Procenzano, �Focus� n. 328/20) - Per capire come mai questa spezia � la pi� preziosa in assoluto basta passare una giornata nei campi, raccoglierla e parlare con chi la coltiva - Come dicono gli agricoltori, �la terra � in basso�. E nel caso dello zafferano � particolarmente vero: le piantine (i crochi) sono alte appena una quindicina di centimetri. La preziosissima spezia (gli stigmi del pistillo) si trova nei fiori, che vanno raccolti uno a uno, delicatamente, con la punta delle dita, piegando parecchio schiena o ginocchia e rimanendo nella scomoda posizione quel tanto che basta per staccarli facendo molta attenzione a non strappare via tutto, per poi passare alla piantina adiacente. Un lavoro lento e faticoso, che ho provato in prima persona, e che deve essere terminato prima che il Sole sia alto e le corolle si aprano, perch� la luce degrada le molecole a cui si deve l'odore e il sapore dello zafferano. Il luogo della mia raccolta � Civitaretenga, frazione di Navelli, in provincia dell'Aquila. � la �patria� dello zafferano: qui infatti, nel Tredicesimo secolo, arrivarono dalla Spagna i primi bulbi di Crocus sativus, pianta originaria dell'Isola di Creta e gi� nota agli Assiri sia per le propriet� coloranti, sia per l'aroma dei suoi pistilli. �E si pu� dire che i nostri bulbi, su per gi�, siano ancora quelli�, racconta Massimiliano D'Innocenzo, presidente del Consorzio per la tutela dello zafferano dell'Aquila Dop. La pianta dello zafferano � infatti frutto di numerose selezioni naturali cominciate gi� nell'Et� del bronzo e con gli incroci � divenuta sterile, il che vuol dire che non pu� riprodursi senza l'aiuto dell'uomo. Nella pratica, il Crocus sativus riesce a passare da un anno a quello successivo semplicemente perch� ne vengono conservati i bulbi, che a ogni stagione fanno �getti� nuovi e producono nuove piantine. Un �tesoretto� di importanza non indifferente: per ogni quintale di bulbi si producono 100 grammi di zafferano, per un valore (al consumatore finale) di 2.400 euro se in pistilli interi o di 2.660 euro se la spezia viene ridotta in polvere e messa in bustine monodose. Ovvero 26,60 euro al grammo (tanto per fare un paragone, l'oro attualmente � quotato intorno ai 42 euro). Si tratta di una delle coltivazioni pi� redditizie: ogni metro quadro di terreno coltivato a Crocus sativus, infatti, frutta all'agricoltore fino a 13 euro. I bulbi sono cos� preziosi che se qualcuno, per varie ragioni, deve smettere di coltivare zafferano, il Consorzio li ricompra, perch� non vadano perduti o, peggio ancora, rivenduti in altre regioni d'Italia o addirittura in altri Paesi. Oggi, lo zafferano dell'Aquila viene coltivato su un'estensione di pochi ettari, sull'altipiano di Navelli, secondo un rigidissimo disciplinare (vale a dire un insieme di istruzioni che i produttori devono seguire) che serve a tutelarne l'aroma: � infatti particolarmente ricco di picocrocina, la molecola che gli d� il sapore, e di safranale, che gli d� il tipico odore, ma anche di alfacrocina, il carotenoide che colora di giallo intenso i piatti. �Ne � molto pi� ricco di tante altre variet� sul mercato proprio perch� lo raccogliamo quando i fiori sono ancora chiusi. Inoltre, i nostri campi non vengono irrigati, anche se in questo modo otterremmo molti pi� fiori, in cui per� le molecole aromatiche sarebbero ben pi� diluite�, prosegue D'Innocenzo. La raccolta � infatti solo il punto di arrivo di una coltivazione che inizia in primavera (con l'aratura) e prosegue rivoltando continuamente la terra perch� non si formino erbacce, visto che non si possono usare pesticidi. In estate, infine, i bulbi vengono prelevati dal campo che li ha visti fiorire l'anno precedente e piantati nel campo pronto per accoglierli. A questo punto non si fa pi� nulla e si aspetta la fioritura dei crochi, che di solito avviene nella seconda met� di ottobre, e che dura 15-20 giorni al massimo. Poi i bulbi restano l�, in attesa di essere spostati di nuovo. Ecco perch� per la raccolta c'� poco tempo: poche ore al giorno per non far aprire le corolle per pochi giorni l'anno. Inutile dire che, anche se gli appezzamenti di terreno coltivati a zafferano sono sempre piuttosto piccoli, per questo tipo di coltura occorrono molte persone (per un chilo di prodotto occorrono circa 500 ore di lavoro). �Ogni famiglia chiama a raccolta zii e cugini, e chi non fa l'agricoltore a tempo pieno, prende le ferie proprio in questo periodo�, sottolinea D'Innocenzo. Anche perch� il �raccolto� di ogni giornata va essiccato prima di sera: i fiori vengono privati degli stimmi con delicatezza, ancora una volta uno a uno... ma almeno questa fase della lavorazione avviene in casa, comodamente seduti su una sedia. Bisogna fare attenzione, sfogliando il fiore, a tenere intatto il pistillo: la parte pi� chiara in fondo a ogni �filo� rosso � proprio quella che contiene pi� aromi. Dopodich� avviene l'essiccazione, sopra a una brace costituita da legna di mandorlo, di faggio o di quercia. Altre specie, soprattutto quelle resinose (pino o abete), altererebbero il sapore dello zafferano. Dopo una mezz'ora, il prodotto � pronto (� diventato leggerissimo: essiccato, perde circa il 70% in peso). Potrebbe essere anche impiegato subito, ma viene consegnato al Consorzio che si occupa di tritarlo e imbustarlo o, in alternativa, metterlo nei vasetti di pistilli interi pronti per la vendita. Prima per� il raccolto di ogni produttore deve essere analizzato, per capire se contiene abbastanza molecole aromatiche per poter ottenere il marchio Dop e quindi poter approfittare del confezionamento del Consorzio. Il contenuto di crocina deve essere maggiore del 6% e quello di safranale del 4%. Oggi, i coltivatori di zafferano dell'Aquila (uno dei 3 italiani marchiati Dop insieme a quello sardo e a quello di San Gimignano, in Toscana) sono circa 80 e nel 2019 sono riusciti a produrre 22 chili di zafferano. Troppo poco per entrare nelle grandi catene di supermercati: �I nostri acquirenti sono soprattutto ristoratori oppure punti vendita non troppo lontani dalla nostra provincia, o ancora negozi di prodotti tipici italiani che si trovano in Italia o all'estero�, spiega D'Innocenzo. Ma per il prodotto � ugualmente una grande vittoria: negli anni Settanta la coltivazione era quasi scomparsa e la possibilit� di riunire gli eventuali produttori in una cooperativa supportata da un Consorzio che si occupa di far analizzare il contenuto organolettico dello zafferano per poi confezionarlo ha, di fatto, salvato le variet� italiane di questa spezia. Attualmente, infatti, il 90% dello zafferano mondiale viene dall'Iran o dalla Spagna, dove viene coltivato su campi molto estesi e dove viene raccolto per tutta la giornata, anche dopo che il fiore si � aperto. Viene quindi essiccato da apposite macchine, perdendo inevitabilmente parte del suo contenuto in safranale. �Per conservare l'odore e il sapore di certi piatti, la produzione dello zafferano deve per forza restare artigianale�, conclude D'Innocenzo. �� il limite dello zafferano italiano, specialmente del nostro qui a Navelli, ma � anche la sua forza�. Monte Isola, gioiello nel cuore della Lombardia (�RivistAmica� n. 8/20) - Nel bel mezzo del Lago d'Iseo si trova una piccola oasi di relax, natura e buon cibo. Ideale per trascorrere un weekend rigenerante - Le sue caratteristiche sembrerebbero rinchiuse tutte l�, in quel nome particolare che ne svela in estrema sintesi il senso profondo. Monte Isola, a livello geografico, in fondo, non � altro che questo: una piccola montagna, che spunta al centro di un lembo di terra, nel cuore del Lago d'Iseo. Eppure la magia di questa oasi verde va ben oltre la fusione dei due termini con cui � diventata famosa. Nasce piuttosto dall'atmosfera unica che si respira tra i suoi borghi senza tempo. Dal suo essere cos� diversa da ci� che la circonda. L'indole isolana non si rivela solo nella distanza dalla terraferma, ma fa parte dell'anima stessa. Poco conta che le sue sponde non siano toccate dall'acqua salata del mare. O che sorga nel bel mezzo della laboriosa Lombardia, ben lontana dalle classiche mete di villeggiatura balneari: tra le sue vie non c'� spazio per la frenesia e neppure per le macchine, bandite dalla circolazione, ma solo per un ritmo e uno stile di vita a misura d'uomo. Dichiarato uno dei Borghi pi� belli d'Italia, il comune di Monte Isola ha una superficie complessiva di poco inferiore ai 13 chilometri quadrati, una circonferenza di circa 9 e un'altitudine massima di 600 metri. Per la sua conformazione � l'isola lacustre abitata pi� grande d'Europa. � composta da undici nuclei abitati, sparpagliati qui e l� per il territorio, come piccoli gioielli da scovare. Alcuni sorgono sulle sponde del lago, fungendo da ideali punti di collegamento con la terraferma (Peschiera, Sensole, Porto di Siviano e Carzano). Altri sono situati in collina (Siviano e Menzino), alcuni in prossimit� della cima della montagna (Olzano, Novale, Masse, Cure e Senzano). Nel suo territorio sono inoltre comprese anche le due isolette di San Paolo e di Loreto, rispettivamente a sud e nord dell'isola principale. �Per tutte queste caratteristiche, Monte Isola � stata riconosciuta come uno dei �Borghi pi� belli d'Italia� e si � classificata terza nell'edizione 2019 del concorso internazionale European Best Destination�, spiega l'assessore al Turismo, Guglielmo Novali. �I ritmi di vita sono sicuramente rilassati e la rendono la meta ideale per staccare un po' la spina e allontanarsi dal caos della quotidianit�. La si pu� visitare nell'arco di una giornata, oppure ci si pu� fermare qualche giorno in pi� per godere a pieno di tutte le sue bellezze�. In bici o a piedi, Monte Isola regala ai suoi visitatori scorci di assoluta bellezza. �Oltre al tour pedonale, con la bicicletta si pu� anche prendere la mulattiera che in 80 minuti circa conduce dalla frazione di Peschiera alla cima della montagna�. Qui, si trova il Santuario della Madonna della Ceriola. Tappa obbligata per ogni visitatore che transita su queste sponde, non solo per la ricchezza artistica della sua chiesa, ma anche per la visuale panoramica che offre sull'Isola e sul Lago d'Iseo. Il santuario pu� essere raggiunto, da marzo a ottobre, anche con un servizio speciale di navetta. Il sentiero che conduce al Santuario offre, inoltre, l'opportunit� di fare tappa nelle frazioni pi� in quota dell'Isola. Da Senzano a Novale, passando per Masse, Cure e Olzano. I piccoli centri che si trovano a pochi passi dalla cima della montagna conservano ancora le tracce del loro passato contadino, con un'architettura spoglia eppure ricca di storia. In bassa quota, invece, non vanno trascurati Peschiera e Carzano, due spettacolari paesi di pescatori, da sempre profondamente legati all'acqua che li circonda. A Siviano si trova il Museo della Rete che ospita una ricca raccolta di documenti e una mostra fotografica sul mondo della pesca e della creazione delle reti. La Rocca Martinengo Sopra al golfo di Sensole, a met� strada tra Peschiera e il capoluogo dell'isola Siviano, si trova la Rocca Martinengo, uno dei monumenti pi� caratteristici del posto. Lo splendido castello venne costruito nel XIV secolo sulla sponda bergamasca, di fronte a Tavernola. �Oggi � di propriet� privata - spiega Guglielmo Novali - e pu� comunque essere visitato dall'esterno�. Le specialit� culinarie Elemento fondamentale della cultura montisolana � la cucina. Tra le specialit� tipiche spicca il Salame di Monte Isola. �Non macinato, ma lavorato al coltello e con l'affumicatura�, precisa Novali. Un posto di rilievo � occupato anche dalla cosiddetta Sardina di Lago o Agone, che �viene fatta essiccare e messa sott'olio�. Inoltre, grazie alla presenza di un frantoio comunale, il comune ha una grande tradizione nella produzione dell'olio extravergine d'oliva. L'isola libera dal traffico Una delle caratteristiche pi� suggestive � la quiete che si respira nel borgo, favorita dalla quasi completa assenza di traffico. Le automobili sono infatti bandite. E la loro assenza contribuisce al fascino dell'isola, che sembra essere stata proiettata ai giorni nostri direttamente da un'altra epoca. �Le uniche automobili autorizzate sono quelle adibite per servizi importanti (ambulanza, vigili) mentre alcuni commercianti dispongono di piccole Api Car per le loro attivit�, spiega ancora l'assessore Novali. I circa 1800 abitanti dell'isola si spostano con motocicli e con l'autobus di linea, che fa la spola da una frazione all'altra. Per i turisti, invece, oltre ai mezzi pubblici, c'� la possibilit� di rivolgersi ad uno dei tanti negozi di noleggio biciclette per scegliere il modello migliore e partire alla scoperta delle diverse frazioni. Barbara d'Urso si racconta (di Giusy Cascio, �Tv Sorrisi e Canzoni� n. 40/20) - La passione per la boxe, il vizio dei dolci, le notti in bianco... La conduttrice televisiva ci svela tutto di s� - Dopo aver scattato le foto di questo servizio di copertina all'Hotel Magna Pars Suites di Milano, cominciamo l'intervista con Barbara d'Urso leggendo l'inizio del pi� famoso componimento del poeta latino Catullo: �Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile; non so, ma � proprio cos� e mi tormento�. � �Odi et amo�, il celebre �carme 85�, titolo e inizio del componimento poetico. E lo dedichiamo a Carmelita, celebrity della tv, per condurre insieme una conversazione su tutto ci� che ama e ci� che odia, passioni laceranti e ardenti antipatie... - Barbara, una domanda difficile: c'� qualcosa che ama pi� della tv? �La fiction? Il teatro? Nooo. Io amo il mio lavoro. Pi� della tv, solo i miei figli. Sono loro i miei grandi amori�. - Ci sar� pure qualcosa che odia nel suo lavoro quotidiano? �Io non provo odio, � una parola che non mi appartiene, non mi piace. Posso semmai provare antipatia. Non mi piace farmi fotografare, eppure ogni tanto bisogna farlo, perch� � lavoro. E non sopporto le prove costumi per scegliere quali abiti indossare: ce le ho tre volte alla settimana. Si devono decidere modelli, colori, capire cosa stringere o no, mettere o togliere brillantini, cucire, ricucire, riprovare. E dietro c'� la fatica delle sarte, che va rispettata. Ma fosse per me, mi piacerebbe indicare i vestiti col dito e dire: �Quello s�, quello no� e basta�. - Quindi, quando al pomeriggio della domenica, alla fine di �Domenica Live� annuncia: �Vado a cambiarmi il vestitino e ci vediamo stasera a �Live - Non � la d'Urso�� lo dice ironicamente pensando alla fatica che l'aspetta? �In realt� gongolo di gioia, perch� la parte delle prove � gi� finita e devo solo mettermi il vestitino�. - Le sedute di trucco e �parrucco� sono una coccola? �Magari! La parola coccola non esiste proprio, perch� mentre uno mi phona i capelli e l'altro mi mette lo smalto io magari studio il copione, sto al telefono con l'altro orecchio e intanto parlo della scaletta�. - Che cosa la esalta e cosa invece non le va gi� delle riunioni per i suoi tre programmi? �Mi esalta tutto. Specialmente il coinvolgimento e il confronto continuo con i miei inviati e giornalisti, tutti molto agguerriti. Tra noi c'� un'unione pazzesca�. - Ha mai calcolato quanto tempo libero le resta in settimana, finito �Pomeriggio Cinque�? �Dunque, vediamo un po'. In genere sarei libera intorno alle otto di sera, ma capita di dovere fare le interviste come questa e quindi lo calcoliamo come lavoro. Allora, diciamo che in teoria il tempo �libero� va dalle 21 alle 9.30 del giorno dopo. Solo che poi io lo riempio di altre cose che posso fare solo di mattina e quindi sono altri impegni...�. - Che tipo di impegni? �La danza, il pilates e la mia nuova passione: la kick boxing�. - La palestra � una tortura o una goduria? �La tortura � andarci. Ci vuole una grande forza all'idea di doversi alzare alle 6.40, uscire col freddo e ancora col buio. Ma poi, una volta l�, l'attivit� fisica � una goduria�. - Per iniziare la giornata cos�, che colazione le serve? �Io cambio spesso. Un'enorme frittata di soli bianchi d'uovo con noci, caff� e una fetta di pane. Oppure uno yogurt di capra, con la papaya e le fragole�. - Oltre all'attivit� fisica, cosa le piace fare quando non lavora? �La sera mi rilasso�. - Davanti alla tv? �No, basta tv. Ascolto musica o leggo un libro�. - Che cosa sta leggendo adesso? �Le do uno scoop. Mi hanno proposto un ruolo a teatro e quindi sto leggendo il copione, che mi sembra molto, molto interessante�. - Per togliere via la stanchezza, fa un bagno caldo o la doccia? �Doccia, doccia�. - La sera cucina volentieri o detesta �spignattare� e ordina la cena a domicilio? �Per cucinare ci vuole tempo e io ne ho poco. Sogno un uomo che cucini per me (ride)�. - Vizi ne ha? �I dolci. E se mi riempio di dolci la sera la glicemia sale e io, che di mio gi� dormo poco, non dormo pi��. - Quali virt� le riconoscono il suo portinaio, i negozianti di fiducia, i suoi pi� stretti collaboratori? �La generosit�. E la sincerit�, che a volte � scomoda. Io sono sempre stata allergica alle bugie fin da piccola. Siccome fanno stare male me, io non le dico. Ma aspetti che verifichiamo se dimentico qualcosa...�. A questo punto la conduttrice lancia la domanda: �Che altre doti ho, se le ho?�. E una sua collaboratrice aggiunge: �Barbara sembra distante, invece � autoironica. Fare l'aperitivo con lei � divertentissimo�. - Il sentimento di amore-odio � come il sapore �Dolceamaro�, per citare la sua hit con Cristiano Malgioglio. Lo prova per qualcuno? �Come le dicevo prima, io non sono capace di provare odio. Ci sono le antipatie e quelli che mi stanno antipatici, ma nulla di pi��. - �Adoro� � una parola che usa spesso in onda. Da dove nasce? �Forse dal fatto che ho tanti amici gay, che adoro�. - Idem �col cuore�, che ormai � diventato un tormentone. L'ha detto anche Mara Venier due settimane fa a �Domenica in�, lo ha sentito? Forse era un modo per salutarla. �Ah s�? No, non l'ho sentito. Se era un saluto per me, ricambio col cuore�. - Ma come si fa a conquistare il cuore di Barbara d'Urso? �Primo: essere sinceri. Secondo: essere generosi. Terzo: essere simpatici�. - Cosa la attrae in un uomo? �Deve essere un gran fico (ride). Mi attrae subito la bellezza fisica, poi un uomo deve essere intrigante, veloce di testa, deve applicarsi per farmi ridere�. - E cosa la respinge? �La tirchieria, per carit�...�. - La presunzione? �Quella gliela smonti in tre minuti!�. - Condurre � un po' sedurre. Le � mai successo che un telespettatore si innamorasse di lei? �Boh. Mi segnalano che nei messaggi privati che arrivano su Instagram qualcuno si � lanciato in vistosi apprezzamenti�. - Sui social lei � la conduttrice pi� �divisiva�: Barbara d'Urso o la si ama o la si odia, senza vie di mezzo. �Meno male, pensi che noia sarebbe se fossi �tiepida�!�. - Come reagisce, se lo fa, agli attacchi degli hater? �Non mi importa nulla. Loro si sfogano cos�, fanno una �terapia d'Urso�, sono felici e si sentono meglio, ma in realt� lo fanno inutilmente, perch� io neanche li leggo�. - La stagione tv appena iniziata � gi� infuocata di rivelazioni �choc�, come le chiama lei. �Choc choc... Ma tutto pu� cambiare in un minuto e noi seguiremo gli aggiornamenti in diretta, come sempre�. - C'� qualcuno che sogna di ospitare nei suoi salotti televisivi, ma che ancora non ha accettato il suo invito? �Amerei avere in studio il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, credo che sarebbe un bel faccia a faccia�. - Se dovesse creare una nuova puntata della sua vita, che cosa ci metterebbe? �Un uomo che mi ami a distanza�. - E cosa eviterebbe? �Eviterei come la peste la convivenza. Secondo me stare lontani � il segreto di un'unione felice�.