Ottobre 2021 n. 10 Anno LI MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. Resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice Liberi di lasciarsi Sandali: la storia ai nostri piedi Torta alle mele: gusto e leggerezza Zermatt: a cospetto del Cervino, dentro la storia Con la musica si mangia? Nicoletta Orsomando: l�arte di dire Signore e Signori, buonasera Liberi di lasciarsi (di Biagio Picardi, �Focus Storia� n. 170/21) - A cinquant�anni dall�introduzione della legge sul divorzio, scopriamo come si faceva �prima� a liberarsi di un coniuge scomodo - � il primo dicembre del 1970. �L'Italia � un Paese moderno�, titolano i giornali in caratteri cubitali. E ancora: �Ha vinto la libert�, e poi �Vittoriosa conclusione di una giusta battaglia�. O, pi� semplicemente: �Il divorzio � legge�. Perch� � il giorno in cui, nonostante l'opposizione della Chiesa e della Democrazia Cristiana, viene introdotta in Italia con il numero 898�1970 la �Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio�, la legge sul divorzio. Al traguardo si � arrivati grazie al lavoro dei deputati Loris Fortuna (socialista) e Antonio Baslini (liberale), che hanno intercettato i bisogni della societ� italiana. Dai titoloni si capisce che siamo di fronte a un evento epocale: l'Italia � il Paese che ospita il papa, e per la Chiesa il matrimonio � un �vincolo indissolubile tra marito e moglie�. E infatti appena 4 anni dopo le forze cattoliche promuovono un referendum per la repentina abrogazione della legge. I tempi, per�, sono ormai maturi per rendere scindibile il vincolo matrimoniale e per questo, alle urne del 1974, il 59,26% degli italiani dice no, promuovendo definitivamente il nuovo istituto giuridico. La legge 898 consente a marito e moglie di dirsi addio: per decisione reciproca, su richiesta di uno dei coniugi, e in casi particolari, come per esempio la condanna penale di uno dei partner per reati gravi. Prima della 898 gli sposi che non andavano d'accordo dovevano fare buon viso a cattivo gioco e resistere cristianamente. Nel Vangelo di Marco, Ges� dice: �L'uomo lascer� quindi suo padre e sua madre e si unir� a sua moglie. Essi pertanto non sono pi� due, ma una sola carne�. Il cristianesimo, insomma, annull� quelle libert� in materia che negli anni prima di Cristo s'erano viste, con maggiore o minore intensit�. C'erano ad esempio nella Roma imperiale, dove lui e lei potevano accordarsi sul divorzio, anche senza una particolare motivazione. A patto che il marito restituisse la dote all'ex consorte e si tenesse i figli. Condizioni, specialmente la prima, che puntavano a tutelare la donna, rendendola nuovamente un buon partito dopo il divorzio. Nell'et� repubblicana, al contrario, una moglie non poteva ripudiare in alcun caso il marito mentre poteva venire cacciata di casa e privata delle chiavi (�claves ademit, exegit�) anche per futili motivi: assistere ai giochi pubblici senza permesso, chiacchierare con altre donne di dubbia fama, uscire in strada senza velo. Le cose cambiarono ancora con Augusto e la Lex Iulia de maritandis ordinibus del 18 a.C., che imponeva ci fossero sette testimoni e la notifica di un liberto per divorziare, ribadendo che alla divorziata bisognava restituire la dote. Ma se questa aveva tradito il marito, finiva esiliata su un'isola, in base alla Lex Iulia de adulteriis coercendis. Con l'indissolubilit� sancita dal cattolicesimo, invece, i mariti che volevano cambiare moglie dovettero inventarsi stratagemmi pi� o meno fantasiosi. Un gioco che riusciva bene soprattutto fra le fasce sociali pi� elevate e ancora meglio ai sovrani, che ci mettevano un niente a considerare improvvisamente �vecchia� la consorte al cospetto di nuove ancelle, pi� convenienti alleate o affascinanti cortigiane. La malcapitata di turno, cos�, veniva ripudiata, rinchiusa in convento o anche giustiziata con le peggiori scuse: falsa accusa di adulterio, presunta incapacit� di dare un erede al re, tradimento. A partire dal X secolo si svilupparono nell'Europa occidentale scappatoie legali per evitare problemi sotto lo stesso tetto (nei casi di marito violento), che per� non davano l'agognata libert�. Rifacendosi proprio al diritto romano, alcuni Paesi contemplarono per esempio il divorzio �a mensa et thoro�, letteralmente dalla tavola e dal letto: marito e moglie vivevano fisicamente separati ma non potevano risposarsi e formalmente la loro relazione matrimoniale era ancora in corso. Una sorta di quella che oggi � la �separazione legale�. La scappatoia della separazione in Inghilterra rest� in vigore fino al 1857, quando fu approvato il Matrimonial Causes Act (poi aggiornato nel 1878 e nel 1973), che considerava il matrimonio come un affare della societ� e non della Chiesa e andava quindi discusso nei tribunali civili. Non pi� un sacramento, quindi, ma un contratto. Procedura costosa, certo, ma ora accessibile anche alla borghesia. Restavano per� le limitazioni per la donna, di fatto propriet� del marito. Quest'ultimo poteva infatti chiedere il divorzio per adulterio, mentre la donna oltre al tradimento doveva aver sub�to la diserzione, l'incesto o la crudelt�. Era stato un re inglese, tre secoli prima, a opporsi fermamente all'intransigenza del �vincolo indivisibile�: era il 1524 ed Enrico VIII, pur di cambiare moglie, arriv� a proclamare lo scisma anglicano. La storia � nota, ma vale la pena ricordarla per l'enorme impatto che ebbe a livello politico, sociale e religioso in tutto il mondo cristiano, gi� in fermento per la Riforma luterana. Tutto cominci� da una concessione papale, firmata da Giulio II per consentire a Enrico VIII di sposare Caterina d'Aragona, vedova di suo fratello. L'obiettivo era che Caterina desse un erede maschio al trono. Purtroppo, per�, i due bimbi partoriti dalla regina morirono subito dopo la nascita e il re s'invagh� della pi� giovane e si sperava fertile Anna Bolena. Enrico VIII scrisse quindi nuovamente al pontefice, che nel frattempo era diventato Clemente VII, per ottenere una nuova dispensa. Non ricevendo risposta prese l'iniziativa, sposando il 25 gennaio del 1533 la Bolena. Quando poi la Chiesa bocci� quell'unione e lo scomunic�, l'impaziente sovrano proclam� lo scisma da Roma e fond� la Chiesa anglicana. Tanto rumore per nulla, direbbe Shakespeare: perch� neppure Anna riusc� a dargli un erede maschio (ma �solo� una bimba, la futura Elisabetta I) e lui pens� bene di ripudiare anche lei. Nonostante avesse ormai riscritto le leggi sull'annullamento di �alcuni� matrimoni, decise di togliere ogni dubbio sulla legittimit� della sua nuova unione con la giovane Jane Seymour, condannando a morte Anna Bolena, con false accuse di stregoneria, incesto e ingiuria. Il vincolo matrimoniale imposto dalla Chiesa, insomma, non � mai stato un grande affare per le donne, specie se di nobile o reale lignaggio. Dalle nozze celebrate davanti a Dio, era difficile per le mogli uscirne libere o almeno vive. Al contrario, laddove il concetto di matrimonio laico si fece finalmente strada, le donne iniziarono a essere maggiormente tutelate. � il caso ad esempio della Russia all'indomani della Rivoluzione del 1918. Attiviste come Aleksandra Michajlovna Kollontaj si batterono per riscattare le donne da una condizione pessima, come quella raccontata da Lev Tolstoj nel romanzo Anna Karenina, ambientato tra il 1875 e il 1877. Bench� la Chiesa ortodossa ammettesse il divorzio, all'epoca si poteva sciogliere un matrimonio soltanto in caso di difetti fisici di uno dei coniugi, mancata procreazione e adulterio, comunque affrontando sempre un processo lungo, costoso e soprattutto umiliante. Tanto che il tradito o la tradita di turno spesso preferivano �salvare le apparenze� piuttosto che esporsi al pubblico ludibrio. Nel 1918, invece, vennero stabiliti alcuni punti innovativi per il Paese: l'istituzione del matrimonio civile come unico valido al posto di quello religioso; l'introduzione del divorzio consensuale; la previsione di un tribunale chiamato a stabilire l'affidamento dei figli (che prima spettavano sempre al marito) e il pagamento degli alimenti. Regole rafforzate ulteriormente nel 1926, con la possibilit� di divorziare anche solo presentando richiesta presso l'ufficio di stato civile e al contrario rese pi� complicate nel 1944, con quegli stessi tribunali chiamati a trovare mille espedienti per tenere in vita i matrimoni. Il divorzio, per�, sempre legale. In Italia, invece, come detto bisogn� aspettare il 1970, dato il secolare ostracismo della Chiesa. La condanna era chiara, ribadita all'inizio del 1208 da papa Innocenzo III, che lo defin� un �sacramento� a tutti gli effetti, e nel 1545 dal Concilio di Trento, che nel decreto finale tra le altre cose recita: �Sia anatema chi dice che il matrimonio si pu� sciogliere per l'adulterio dell'altro coniuge�. L'unica possibile scappatoia era quindi ricorrere (a pagamento) alla Sacra Rota, istituto creato con bolla papale nel 1331 e attraverso il quale il tribunale ecclesiastico pu� redigere una Dichiarazione di nullit� del sacramento del matrimonio, se l'unione � stata imposta o se uno dei coniugi � infedele o incapace di adempiere agli obblighi coniugali (oggi anche per �mammismo�). Non si parla, per�, di rottura di un matrimonio valido, ma del riconoscimento della nullit� del vincolo, che invece se �giusto� non pu� in alcun modo essere sciolto. Una breve parentesi si ebbe nel 1804 con il Codice Napoleonico che, sull'onda della Rivoluzione Francese, consentiva di sciogliere almeno le unioni civili se i coniugi avevano l'autorizzazione dei genitori e dei nonni. Poca roba, per�, perch� nei fatti il vincolo continuava a essere indissolubile, dato che nessuno in Italia voleva fare un torto al papa. Quando nel 1902 il governo di Giuseppe Zanardelli ipotizz� una norma che concedesse il divorzio in caso di adulterio, lesioni al coniuge o condanne gravi, la bocciatura fu immediata, aiutata poi negli anni successivi dai venti di guerra che concentrarono l'opinione pubblica sulla povert�. Ci pens� poi nel 1929 Benito Mussolini con i Patti Lateranensi a tranquillizzare la Chiesa perch�, recitava il testo, �in qualsiasi disposizione concernente il matrimonio, lo Stato si impegna a mantenere illeso il principio dell'indissolubilit�. Ci fu poi un'altra guerra, con una nuova, difficile ricostruzione. E soltanto le effervescenze degli anni Sessanta riaccesero il dibattito, con appunto il lavoro di Fortuna e Baslini. Grazie ai quali, oggi, in Italia la legge sul divorzio festeggia... le nozze d'oro. Sandali: la storia ai nostri piedi (di Federica Campanelli, �Focus� n. 347/21) - � la prima scarpa che abbiamo inventato, i suoi usi e le sue forme sono cambiati nei millenni, ma ancora la indossiamo. Tutto quello che c�� da sapere su una calzatura eterna, regina dell�estate - Pu� un particolare tipo di calzature raccontare modi di vivere e mentalit� del passato? S�, se parliamo dei sandali: le prime scarpe indossate da uomini e donne. I sandali hanno calzato i nostri piedi per millenni, dal Neolitico all'era contemporanea, conoscendo fasi alterne di fortuna e oblio. E, a dispetto della loro semplicit�, hanno un passato molto complesso: nel tempo hanno infatti assunto i significati pi� disparati, passando da mero sostegno e protezione per i piedi a status symbol, fino a diventare addirittura emblema di ribellione e di movimenti politici. A far supporre che i sandali siano state le prime tipologie di scarpe sono le testimonianze archeologiche. I pi� antichi mai rinvenuti hanno oltre 9.000 anni e sono stati trovati nel 1938 nei pressi di Fort Rock Cave, nello Stato americano dell'Oregon. Ma se i primitivi modelli di sandali avevano una foggia molto elementare (simile a ciabatte casalinghe), con l'avvento delle grandi civilt� il �design� ebbe una decisiva svolta. Nella Terra del Nilo, gi� 6.000 anni fa, gli Egizi producevano sandali nelle pi� svariate versioni, tra cui le intramontabili infradito: nella tomba di Tutankhamon ne sono state scoperte molte paia, alcune delle quali arricchite con pietre e metalli preziosi. Erano i precursori degli odierni (e iper-femminili) �sandali gioiello�. Se s� esclude l'et� contemporanea, il periodo d'oro delle calzature aperte � stato per� quello dell'antichit� greco-romana. La stessa parola �sandalo� ha origine in Grecia, dove il termine sandalon indicava una scarpa costituita da una suola e varie liste di cuoio intrecciate nei modi pi� disparati. Non si trattava peraltro di una semplice protezione per il piede. Spesso i sandali erano caricati di significati profondi: per esempio, il rito matrimoniale greco prevedeva che la donna indossasse i nymphides, dei �sandali da sposa� che rappresentavano il passaggio dal nubilato alla vita coniugale. Questi venivano allacciati quando la futura sposa si trovava ancora nella casa del padre, per poi essere slacciati prima di unirsi ufficialmente al consorte. La potenza di Roma contribu� poi a diffondere capillarmente le calzature di matrice greca in tutta Europa. Con la caduta dell'Impero romano, la moda dei sandali svan�. Nei secoli che seguirono, a indossare i sandali erano solo i membri di alcuni ordini sacerdotali, quale simbolo di povert� e vita monastica. Per rivederli ai piedi della �gente comune� bisogner� attendere la fine del Settecento, quando il gusto per l'antico promosso dal Neoclassicismo influenz� anche il modo di abbigliarsi. Ma, a differenza del passato, erano soprattutto le donne di alto rango a indossarli, mentre erano pressoch� assenti nei guardaroba maschili. A guardar bene, per�, i sandali proposti tra Sette e Ottocento avevano poco a che fare con le calzature a cui s'ispiravano. I modelli in voga tra XVIII e XIX secolo erano infatti scarpe chiuse e con tacco basso. E a evocare gli antichi sandali dei Greci e dei Latini erano solamente le decorazioni sulla tomaia, che somigliavano a stringhe intrecciate. Alle donne, infatti, non era concesso mostrare il piede seminudo. A fare eccezione furono le Merveilleuses (�meravigliose�), appartenenti a una corrente culturale francese nata in seno al Direttorio (1795-1799), la forma di governo affermatasi dopo la Rivoluzione francese. Le Merveilleuses, nostalgiche dell'Ancien R�gime, portavano avanti una personalissima protesta anti-rivoluzionaria attraverso un look �alla greca�, caratterizzato da abiti semitrasparenti e, per l'appunto, sandali che lasciavano i piedi scoperti. Nel corso dell'Ottocento la moda continu� a proporre calzature ispirate all'et� classica, come nel caso delle delicate scarpette-sandalo, realizzate con nastri da avvolgere alla caviglia o lungo la gamba. Come racconta Elizabeth Semmelhack nel suo saggio Scarpe, storia, stili, modelli, identit� (Odoya), si trattava di calzature quasi inconsistenti che poco si adattavano all'uso quotidiano. Del resto, uscire e camminare fuori casa erano attivit� che mal si coniugavano con l'ideale femminile ottocentesco: la donna (aristocratica o borghese) era il centro spirituale e affettivo della casa, e l� doveva �regnare�, non certo per le strade dissestate e fangose dell'epoca. In compenso le scarpe sandalo erano perfette per le ballerine. In anni in cui il balletto smise di essere un passatempo riservato agli aristocratici e inizi� ad appassionare anche le classi borghesi, le danzatrici apparivano leggere ed eteree nelle loro scarpette di seta che, opportunamente modificate, permettevano anche di danzare sulle punte. Fu Maria Taglioni nel 1832 la prima ballerina a inaugurare la tecnica, dopo aver rinforzato le sue scarpette da ballo con opportune cuciture laterali. Un altro contesto che richiedeva l'uso di sandali o scarpette leggere erano le neonate vacanze al mare. Poich� il piede nudo era ancora tab�, il guardaroba dei primi vacanzieri si adatt� alle nuove esigenze: in mare si entrava rigorosamente con i piedi calzati! Il XIX secolo fu anche l'epoca dell'apertura verso nuove mete esotiche (Nord Africa e Oriente in primis) che, grazie ai racconti di viaggio di artisti e intellettuali, catturarono l'immaginario europeo. E ancora una volta i sandali tornarono a imporsi: le scarpe provenienti da quei luoghi incarnavano infatti l'armonia con la natura e il distacco dalla cultura borghese dominante, assumendo dunque un carattere �anticonvenzionale�. Dopotutto, li calzava la stessa Libertas, dea romana che personificava la libert�. E fu proprio ispirandosi a questa divinit� che, non molto tempo dopo, alcune attiviste americane per il suffragio femminile indossarono vestiti classicheggianti e sandali alla marcia di Washington del 1913. A politicizzarli contribuirono poi anche gli uomini. Lo scrittore socialista Edward Carpenter (1844-1929), noto agitatore politico, ne fece per esempio l'emblema del radicalismo e della �vita semplice�. Altro personaggio che contribu� a stringere il legame con il pensiero radicale fu Raymond Duncan (1874-1966), fratello della scandalosa ballerina Isadora, colei che per prima os� danzare a piedi nudi. Strenuo sostenitore di uno stile di vita genuino e lontano dai precetti borghesi, Raymond scelse di vivere indossando perennemente tunica e sandali, anche in inverno. Dal XX secolo, l'industria della moda promosse i sandali per il guardaroba giornaliero, complice anche un rinnovato interesse per l'estetica del piede femminile e il fatto che le gonne, ormai, continuavano ad accorciarsi. Fu in tale contesto che nacque un vero mito: la zeppa, �pietra miliare� nella storia dei sandali giunta fino a oggi. In realt�, suole imponenti erano in uso anche nel Rinascimento, quando le dame di corte spagnole e italiane indossavano altissime pianelle (o chopine). Ispirato da queste bizzarre scarpe, negli anni Trenta, lo stilista Salvatore Ferragamo inizi� a usare pezzi di sughero per riempire lo spazio tra tacco e suola. Era l'Italia del fascismo, sul Paese pesavano le sanzioni economiche imposte dopo l'invasione dell'Etiopia e il regime incoraggiava le industrie a impiegare materiali locali. Ferragamo scelse quindi di utilizzare sughero sardo, con cui nel 1937 brevett� il suo primo modello di zeppa. E fu subito un successo mondiale. Subito dopo, nel secondo dopoguerra, il Giappone divenne un grande produttore di gomma. E fu proprio la gomma a sostituire le fibre naturali per la produzione degli zori, le infradito della tradizione nipponica. Nacquero cos� le ciabatte casalinghe o da doccia (in Occidente assunsero il nome di �flip-flop� per via del rumore che emettono camminando) che rapidamente divennero l'emblema indiscusso del relax estivo. Negli anni che seguirono, la controcultura hippy degli anni Sessanta e Settanta si appropri� dei sandali, conferendo loro nuovamente un carattere anticonvenzionale. Il celebre modello tedesco Birkenstock, nato come articolo ortopedico, si afferm� tra i seguaci di una vita spartana e libertaria, tanto da diventare oggetto di scherno: alle primarie presidenziali americane del 2004, alcuni conservatori coniarono infatti il termine �Birkenstock liberal� per deridere i sostenitori degli avversari politici. Ma i sandali da uomo, tenuti lontani dal guardaroba maschile per secoli, saranno definitivamente sdoganati solo negli anni Ottanta, grazie anche al lancio del primo modello sportivo della storia: il Teva, creato nel 1984 da una guida fluviale del Grand Canyon, che aggiunse dei cinturini da orologio a delle comuni ciabatte da spiaggia. Un gesto semplice che chiuse il cerchio: i sandali tornarono a essere la scarpa adatta a tutti, uomini e donne, sportivi e non. Proprio come era gi� stato per i Greci e i Romani dell'antichit�. Torta alle mele: gusto e leggerezza (Tortadimele.it) Amatissima da grandi e piccini, la torta di mele � uno dei dolci pi� conosciuti in tutto il mondo. Tuttavia, pur essendo tanto nota, l�incertezza sulle sue origini regna ancora sovrana. Non esistono, infatti, fonti certe che possano testimoniare con assoluta precisione il luogo e/o il periodo in cui nacque questa leccornia. L�unica cosa su cui non si ha il minimo dubbio � che la torta di mele sia un golosissimo prodotto dell�arte pasticcera occidentale. Secondo alcune fonti la prima torta di mele vide la luce in Europa intorno al 1300 quando, dopo un periodo di decadimento dell�arte culinaria, ci fu un risveglio che anticipava gli antichi splendori gastronomici del Rinascimento. In quel periodo le migliori �scuole di gastronomia� erano sicuramente le cucine dei monasteri, che diffondevano un gran numero di ricette. Tra le ricette dell�epoca rientra anche la Tarte aux Pommes, ovvero la torta di mele, che aveva per� qualche ingrediente diverso rispetto alla ricetta che noi tutti conosciamo. Al posto dello zucchero veniva, infatti, adoperato il miele o un ripieno di cipolle appassite, spesso utilizzate nelle preparazioni dell�epoca allo scopo di rendere pi� dolce e appetibile la torta. Nel corso dei secoli qualche ingrediente fu poi abbandonato e la torta di mele di origine medievale cominci� ad adattarsi agli ingredienti disponibili e ai gusti delle persone fino a giungere, dopo tante modifiche, ai giorni nostri. Altre fonti riconducono invece la torta di mele a un�origine inglese, anche se la ricetta, arrivata in America durante il periodo della colonizzazione, divenne famosissima nel New England e in breve tempo sconfin� in tutto il continente diventando un�icona della gastronomia nazionale con il nome di American Pie. Questa fonte, diversamente da quella francese, sembrerebbe confermata da un detto tipicamente statunitense utilizzato per definire un vero americano �American as an Apple Pie�. Sebbene le sue origini non siano chiare, possiamo affermare con certezza che fino all�avvento del frigorifero, ma pure dopo giacch� non tutti potevano permetterselo, la preparazione della torta di mele era principalmente finalizzata alla conservazione della frutta poich� le mele cotte potevano essere consumate anche dopo qualche giorno. Se inizialmente, almeno in America, la mela veniva cotta nel forno e poi messa direttamente sopra l�impasto, col tempo si prese l�abitudine di aggiungere sopra la frutta un ulteriore strato di impasto e fu cos� che nacque la torta di mele che noi oggi conosciamo. Tuttavia va detto che sono numerosi i paesi del mondo che possono vantare una propria versione di questo delizioso dolce. Si va dall�Apple Pie americana, alla Tarte Tatin francese fino al Crumble di mele inglese e c�� spazio anche per l�Appeltaart olandese, per il famosissimo Strudel di mele austriaco e per le tantissime varianti italiane con cioccolato, mandorle, ricotta, yogurt, marmellata, crema pasticcera e chi pi� ne ha pi� ne metta. Per la serie Paese che vai, torta di mele che trovi! Quali sono le mele pi� adatte Come sappiamo la torta alle mele ha un numero indefinito di varianti e ci� comporta, a seconda dei gusti e ovviamente della ricetta, l�utilizzo di differenti variet� di mele. Se per la preparazione di alcune torte di mele vengono preferiti frutti dalla consistenza farinosa e dal gusto dolce, per altre si preferisce utilizzare invece mele croccanti, dal sapore pi� deciso e intenso. Le mele solitamente pi� usate sono per� due, le Renette e le Golden Delicious, molto diverse le une dalle altre ma entrambe azzeccatissime per realizzare un�ottima torta alle mele. Ma entriamo pi� nello specifico. La Renetta � ottima per preparare la torta di mele perch� in fase di cottura perde il suo gusto leggermente acidulo e diventa dolce, succosa e compatta. Tuttavia, poich� questa mela presenta diversi gradi di maturazione, sapore e consistenza a seconda del periodo in cui viene acquistata, suggeriamo di utilizzarla per la preparazione di torte, crostate, Strudel e dolci solo nei mesi autunnali e invernali. La Golden Delicious, dolce, profumata e dalla polpa croccante e zuccherina, � la scelta giusta per chi vuole preparare una torta alle mele squisita. Come la Renetta, anche la mela Golden, tende a diventare meno soda e pi� dolce con la maturazione. Se troppo matura invece diventa farinosa e prende un gusto leggermente amarognolo che tanti trovano fastidioso, pertanto valutate bene quando adoperarla. Tra le altre mele in grado di rendere deliziosa una o pi� varianti della classica torta alle mele citiamo la Stark Delicious, la Fuji e la Pink Lady. La Stark Delicious, caratterizzata da un gusto dolce con punte acide quasi del tutto impercettibili e una scarsa aromaticit�, ha una polpa particolarmente succosa che si scioglie in bocca e si presta benissimo alla preparazione dello Strudel e della torta di mele, soprattutto nelle varianti pi� soffici. Per ottenere risultati soddisfacenti � per� importante conservarla in un luogo fresco perch� con il caldo tende a diventare farinosa, risultando poco gradevole al palato anche dei pi� grandi estimatori di questo frutto. Caratterizzate da una polpa dolce, croccante e succosa, le mele Fuji si prestano bene a qualsiasi variante della torta di mele, mentre le Pink Lady sono ideali per chi vuole aggiungere alla torta una nota fresca e leggermente acidulata. Considerato quindi il perfetto connubio di sapori, quest�ultima variet� di mela � consigliatissima per la preparazione della torta di mele e yogurt. Le migliori mele per la torta di mele e cioccolato sono invece le Golden e le Royal Gala, che creano un piacevole contrasto di sapore e consistenza tra il cioccolato e il resto degli ingredienti. Zermatt: a cospetto del Cervino, dentro la storia (Giornirubati.it) Potrebbe essere una localit� amena della Svizzera come tante se non fosse per la sua spettacolare posizione ai piedi del monte Cervino (4478 m) che, a partire dall�Ottocento, l�ha proiettata nelle pi� importanti pagine della storia dell�Alpinismo. Nel 1865 infatti, dopo svariati tentativi, si concluse la prima scalata al Cervino che purtroppo cost� la vita a quattro intrepidi alpinisti. Da allora, questa montagna aguzza ha riempito pagine di libri e ispirato una vasta cinematografia, a loro volta fonte di suggestione per molti scalatori che si avvicendano, ancora oggi, nel tentativo di ascendere alla vetta (e molti ci riescono!). D�altra parte il Cervino � un monte estremamente affascinante: spesso viene chiamato �piramide� per la sua geometria triangolare quasi perfetta che potrebbe essere l�archetipo stesso della montagna e anche dal basso offre delle visuali spettacolari ai visitatori. Per questo e per molti altri motivi, come l�attenzione alla conservazione dell�ambiente e l�ottima accoglienza al turista, Zermatt rappresenta sicuramente una destinazione da consigliare per un weekend in montagna. Dalla sua ha anche la particolarit� di poter essere raggiunta solamente in treno e, una volta in loco, ci si pu� spostare soltanto mediante veicoli elettrici. L�attenzione all�ambiente � dimostrata anche dall�impiego di sistemi fotovoltaici per gli impianti di risalita e dei pannelli solari per garantire energia ai ristoranti d�alta quota. Per chi ama lo sci, Zermatt offre la possibilit� di praticare questo sport in tutte le stagioni dell�anno e un weekend in montagna a Zermatt pu� essere dedicato alla neve anche in pieno agosto. Questa localit�, infatti, � parte del comprensorio sciistico Matterhorn Ski Paradise, dove � possibile sciare anche in piena estate, grazie al ghiacciaio del Plateau Rosa. Esperti e sciatori alle prime armi potranno contare su 350 chilometri di piste, inclusa la lunga ed avvincente discesa del Piccolo Cervino. Anche gli appassionati di snowboard troveranno pane per i loro denti cimentandosi nelle acrobazie dei campioni di questa disciplina al freestyle �Gravity Park�, la sede degli allenamenti degli atleti olimpionici. Da non perdere anche il famoso Palazzo di ghiaccio: raggiunto l�ingresso con la funivia del Klein Matterhorn, � possibile scendere a ben 15 metri sotto la superficie del ghiaccio per ammirare caratteristiche grotte naturali, gallerie sotterranee e un�intera sala che accoglie ogni anno nuove e avvincenti sculture di ghiaccio. D�altra parte anche chi ama la montagna ma non gli sci ai piedi potr� vivere splendide esperienze a contatto con la natura: per esempio, la suggestione di un tour a bordo del trenino che porta ai 3100 metri di quota di Gornergrat, nella regione del Monte Rosa, attraversando silenziosi paesaggi di ghiaccio per arrivare alla piattaforma che regala la superba visione del Cervino riflesso nel lago Riffel, � una di quelle cose che rimane scolpita nella mente per tutta la vita. Passeggiando per i caseggiati del paese, poi, ci si potr� rilassare osservando i balconi fioriti di curati edifici in legno e pietra. Oppure si potr� andare a caccia di occasioni nelle boutique locali e gustare le squisitezze delle pasticcerie, come i minuscoli caratteristici �Cervini� di cioccolato. Degni di nota sono anche i tour organizzati dall�ufficio turistico di Zermatt che portano alla scoperta delle tradizioni e dello stile di vita di questa localit� svizzera prima del suo boom turistico. Per fare un tuffo nella storia dell�alpinismo e della �conquista� della famosa vetta, niente di meglio, infine, di una visita al Matterhorn Museum � Zermatlantis. Il museo propone ricostruzioni dettagliate e conserva ancora oggi reperti di grande rilievo storico, quasi reliquie per gli appassionati dell�alpinismo, come le sezioni della corda utilizzata nell�impresa del 1865. Naturalmente Zermatt offre moltissime possibilit� escursionistiche e tranquille passeggiate come i sentieri panoramici del Panoramaweg e il 5-Seenweg o gli itinerari alla scoperta degli affascinanti laghi del posto, dal Lago Leisee al Gr�nsee. Come arrivare Come detto, Zermatt, situata nel canton Vallese, si raggiunge in treno, data la chiusura al traffico della citt�. � possibile approfittare dei collegamenti per Visp e Briga, per poi proseguire con la linea ferroviaria �Cervino-Gottardo�. Chi preferisce spostarsi in aereo potr� raggiungere i vicini aeroporti di Ginevra e Zurigo, prima di proseguire il viaggio in treno fino a destinazione. Con la musica si mangia? (di Andrea Conti, �Millennium� n. 47/21) - Cameretta generation, trionfa chi fa stream (e gli oldies arrancano) - Non solo stadi, concerti e grandi eventi. Ci sono anche pubblicit�, convegni, concerti privati, partecipazione a colonne sonore o film, attivit� imprenditoriali. Gli artisti oggi non vivono di sola musica ma �arrotondano� con le attivit� extra che la fama, il successo e la notoriet� regalano. Ghali, per fare solo un esempio, � diventato il volto di United Colors of Benetton. E diversi cantanti si sono lanciati anche in altri ambiti, la ristorazione fa furore. � il caso del trapper multiplatino Sfera Ebbasta che con l'attaccante del Napoli, Andrea Petagna, al quale si � aggiunto anche lo stilista Marcelo Burlona ha inaugurato due anni fa a Milano il ristorante �Healthy Color�, aprendo poi una filiale a Roma e altre due a Napoli. C'� poi, chi si lancia nei gioielli come il rapper Gu� Pequeno, socio della Nove25 di Lugano. Anche la �vecchia guardia� ha saputo sfruttare le doti imprenditoriali. Al Bano, con le sue tenute in Puglia, produce un vino esportato in tutto il mondo. Gli ultimi dati parlano di un milione e mezzo di bottiglie prodotte solo nel 2016, per 4,5 milioni di euro di fatturato. Tutto questo accade in un momento di grande cambiamento, mentre il lockdown ha consolidato un diverso consumo della musica. In quest'anno difficile si � conclusa la lunga fase di transizione digitale del mercato musicale italiano: i consumatori di tutte le et� hanno abbracciato le offerte online, facendo esplodere la fruizione delle canzoni. Si � registrata una significativa affermazione dei consumi sulle piattaforme social, dove i ricavi dei modelli sostenuti dalla pubblicit� sono cresciuti del 31,59% raggiungendo 38,9 milioni di euro. L'uso di Instagram e Facebook, durante la pandemia, ha dato un'accelerata a queste piattaforme, oltre ai tradizionali servizi come Spotify, Amazon Music, Apple Music e altri. In Italia tra fisico, digitale e diritti il mercato ha generato lo scorso anno oltre 258 milioni di euro, segnando +1,44% sull'anno precedente. Quindi, nonostante il Covid-19 abbia piegato interi settori, il mercato discografico gode di ottima salute. Ma questi numeri, pur importanti, hanno cancellato quella che fino a prima della pandemia era considerata la �fascia media�. Oggi ci sono da una parte i Big - come Vasco Rossi, Eros Ramazzotti, Laura Pausini e Ligabue - e dall'altra una nuova generazione di artisti, compreso chi proviene dal mondo rap. Sono i cantanti di nuova generazione, i nativi digitali, che hanno creato un collante virtuale con i fan. L'uso di piattaforme come Spotify ha consentito al consumatore medio di scoprire e ascoltare nuovi cantanti. Ormai chiunque pu� produrre un brano nella sua cameretta, caricarlo in Rete attraverso sistemi operativi ad hoc e farlo circolare il pi� possibile anche grazie all'uso di piattaforme popolarissime come TikTok. Big, artisti medi e �giovani�, abbiamo detto. Oggi � cambiato tutto. Fino ad ora la generazione degli artisti �medi�, che non lavoravano con i social, viveva di rendita, facendo buoni tour e vendendo - se andava bene � 50-mila copie per album. Lo streaming ha ribaltato tutto puntando su un unico concetto: una canzone funziona o no. Ha successo o no. Tutto ci� ha �oscurato� gli artisti che fino a ieri pubblicavano concept album con ritmi lenti, a distanza di 2-3 anni, e che faticavano gi� prima della pandemia a riempire stadi, palazzetti e teatri. Se una singola canzone funziona, pu� arrivare subito a 100-mila stream: di conseguenza, tutti possono avere una chance di sucesso. Con una velocit� cos� estrema di proposte e di consumo della musica, la nuova generazione delle �camerette� si � imposta con numeri esorbitanti. Basti pensare al fenomeno del cantautore 21-enne Alfa che conta oltre 228 milioni di stream totali su Spotify, pi� di 14 milioni di stream di Apple Music e oltre 107 milioni di view su YouTube. Le sue canzoni sono state condivise in oltre 5 milioni di video su TikTok e i suoi ultimi video sono entrati ai vertici delle tendenze di YouTube. Poi ci sono fenomeni crossover tra musica e social come Fedez, con alle spalle 13 milioni di follower su Instagram rafforzati dai 24 milioni della moglie Chiara Ferragni. Insieme spostano un pubblico importante, creando share strabilianti con medie di 4-5 milioni di view nelle stories. Durante la pandemia i singoli di Fedez hanno avuto un grande successo: doppio platino (oltre 140-mila copie vendute) per Bella storia e Bimbi per strada (Children). Con un telefonino si abbattono i muri della discografia e si rende la fruizione musicale pi� democratica. L'artista diventa �mass media� di se stesso. Passando all'atto pratico, all'artista oggi si fanno due tipi di contratto. Una percentuale delle royalty (il compenso riconosciuto al proprietario di un'opera) anticipate su un totale �garantito� di album da mettere in vendita. Il cosiddetto anticipo minimo garantito, che rappresenta un tetto sicuro di remunerazione e che in genere si attesta tra il 10 e il 12% sul guadagno complessivo di un album. Se non si vendono le copie garantite, a rimetterci dal punto di vista economico � la casa discografica. E un nuovo tipo di contratto, che sta prendendo piede soprattutto con le nuove generazioni: le royalty sul singolo brano senza anticipo garantito, ma con una percentuale cinque volte pi� alta di incasso. Non � un salto nel vuoto perch� chi proviene dal mondo degli streaming ha le spalle gi� coperte, da milioni di ascolti. L'equazione perfetta �: pi� un artista �streamma�, pi� guadagna. Poi c'� tutto il resto: per ricevere somme importanti su YouTube bisogna partire da un minimo di 1 milione di visualizzazioni. Sul versante dei download per ogni disco venduto il guadagno si attesta su 1,30 euro, molto meno per un brano singolo venduto a 0,99 centesimi. In concreto lo �stipendio� annuale di un cantante famoso in tutto il mondo pu� arrivare a decine e decine di milioni di euro. E da noi in Italia? Il guadagno discografico di un cantante di successo con gli stream pu� arrivare a 200-300-mila euro all'anno. E ci sono anche altri introiti che provengono dai brand, le operazioni pubblicitarie, le convention aziendali e le sponsorizzazioni sui social. Sul versante pubblicitario il requisito fondamentale � che l'artista abbia un certo profilo e un appeal sul pubblico che � dato dalla popolarit� del nome, da eventuali attivit� filantropiche e anche dal seguito e dal target dei fan. � il caso di Elodie, che ha prestato il suo volto prima per Puma e poi � diventata testimonial di Bulgari e Gaia, ha vinto Amici 2020 e ora � testimonial di Levi's. Un altro caso? Il grosso dei danari raccolti da �Scena Unita�, l'iniziativa solidale capitanata da Fedez per aiutare i lavoratori dello spettacolo, arriva proprio dai brand e dalle operazioni che hanno realizzato con gli artisti. Per una campagna pubblicitaria si va da un cachet minimo di 10-mila euro a un massimo di 200-mila euro per un big. Per una convention aziendale, che prevede almeno un'ora di esibizione live, si va da 30-50-mila euro fino a 100-mila. Sono diversi i casi in cui musica e cinema, televisione e spot si incrociano: le colonne sonore. In questo caso si parla di una forbice di compenso tra 15-mila e 30-mila euro, ma le cifre possono aumentare. Poi c'� il Festival di Sanremo, che in Italia rimane da 71 anni un punto fermo nella carriera dei cantanti, emergenti o big non importa. Funziona cos�: la Rai d� un rimborso spese alle case discografiche che per� devono sostenere i costi di gestione e promozione dell'artista, nonch� alberghi, viaggi, prove musicali, stylist, truccatori e direttori d'orchestra. Quello che resta viene investito nel progetto discografico e quindi anche sullo streaming, di guadagno ce n'� poco. Cosa porta il Festival? Visibilit�, tanta promozione e una spinta negli stream che accorcia la gavetta. Un buon esempio � il giovane cantautore Fulminacci, che si � presentato all'ultimo Sanremo con Santa Marinella, facendosi conoscere dalla grande platea di Rai Uno. Per lui, pandemia permettendo, adesso ci saranno qualche concerto estivo e nuovi brani: il Festival � certamente servito. Proprio come � successo a Colapesce e Di Martino, esplosi sempre a Sanremo 2021, dopo dieci anni di gavetta, con Musica leggerissima. E gli artisti gloriosi del passato come Al Bano, Ricchi e Poveri, Ivana Spagna, i Righeira o i Nomadi? Covid permettendo, vanno in giro per l'Italia tra serate ed eventi in piazza, i pi� fortunati anche all'estero. Ma quali i costi? Sul versante live i contratti tra artisti e agenzie sono molto pi� articolati rispetto a quelli discografici. Per esempio ci sono contratti che prevedono tour e produzione suddivisi tra guadagni e introiti: 50% all'artista, 20% al management e 30% all'agenzia. Altri artisti invece optano per un accordo che preveda una cifra che va dai 300-mila euro a 500-mila euro per un progetto di un anno che include tre tranche di tour: estivi in grandi spazi, autunnali e invernali. In questo caso l'80% dell'introito va all'artista e il 20 al management, all'agenzia restano i biglietti. Ci sono poi contratti che prevedono un minimo ad artisti che da anni garantiscono un buon riscontro di pubblico e che riescono a mettere a segno 40 date in tutto tra estate ed autunno. In questo caso l'incasso per il musicista varia tra 10-12-mila euro. I cantanti con carriere e repertori lunghissimi, oltre che con i live, molto guadagnano attraverso gli incassi sul diritto d'autore. Per una stima di massima degli introiti annuali della Siae, almeno per quanto riguarda i Big, i numeri sono protetti dalla privacy, ma nel 2013 il Corriere della Sera � riuscito a intercettare qualche dato. Ai vertici della classifica c'erano Vasco Rossi e Ligabue, entrambi con 1.6 milioni l'anno, Zucchero (1.1 milioni) e il maestro Ennio Morricone (circa 1 milione l'anno). Giulio Rapetti in arte Mogol, autore di tutti i successi di Lucio Battisti, riceveva 700-mila euro annui, Gino Paoli 400-mila, il compositore Nicola Piovani quasi 300-mila. Ma non c'� solo la Siae. Nel 2011 � nato Soundreef, gestore indipendente di diritti d'autore con sede a Londra, che ha sotto la sua ala artisti come Fedez (la prima popstar a lasciare la Siae nel 2016: �Voglio sostenere chi fa della trasparenza e della meritocrazia un valore fondante�), Enrico Ruggeri, J-Ax e Gigi D'Alessio, Sfera Ebbasta, Gue Pequeno e Marracash. Questi artisti hanno preferito Soundreef per la raccolta online, radio, tv e grandi eventi live, per il resto rimangono artisti Siae. La differenza rispetto alla Siae non � enorme ma, come tiene a sottolineare il CEO Davide d'Atri, c'� la chiarezza sulla quantit� di soldi che arrivano nel rendiconto annuale e su come sono stati generati. Inoltre Soundreef � l'unica che rendiconta mensilmente YouTube con pagamenti ogni tre mesi anzich� annuali. Per un artista rap che macina milioni di stream � un vantaggio di non poco conto. Quindi con la musica si mangia? S�, e per avere successo bisogna scalare passo dopo passo la montagna. Il primo � la pubblicazione del brano. Poi, se va bene, arriva il grande pubblico e il successo di stream, segue la pubblicazione della seconda canzone e se si allarga la platea, scatta l'interesse di qualche casa discografica e si pensa a un contatto diretto con i fan, con piccoli tour in locali mirati. A seconda della velocit� di propagazione del progetto, poi, si pu� anche mirare a un palazzetto come il Forum di Assago, che consente di rafforzare il nome e il percepito dell'artista. La concorrenza � tanta e famelica, si parte dalla base e ancora una volta i social vengono in aiuto. Se una canzone funziona su TikTok, si entra nel mondo �vero� della musica, e del business. Lo hanno capito molto bene anche i Coldplay, che hanno presentato il nuovo singolo Higher Power proprio su TikTok, tenendo anche un concerto esclusivo (a scopo benefico) il 24 maggio. Chi l'avrebbe mai detto? Nicoletta Orsomando: l�arte di dire Signore e Signori, buonasera (di Barbara Mosconi, �Tv sorrisi e canzoni� n. 35/21) - Si � spenta a Roma a 92 anni la pi� amata delle annunciatrici: ecco la sua storia, con alcune sorprese� - Nicoletta Orsomando ci ha lasciato il 21 agosto, in un caldo sabato d'estate a Roma, dove era arrivata bambina al seguito del padre, creativo musicista e direttore di banda, e dove aveva vissuto per tutta la vita, salvo viaggiare in lungo e in largo appena se ne presentava l'occasione. �Tre anni fa � venuta a trovarmi a Tarvisio (UD) con Rosanna Vaudetti� racconta Maria Giovanna Elmi. �Siamo andate a Trieste, abbiamo girato il Friuli, siamo state pure in Austria. Non diceva mai: �Sono stanca�, anzi dovevo correre per portarla in giro, voleva vedere tutto!�. Conferma Rosanna Vaudetti: �Era infaticabile, non ricordo di averla mai sentita dire che non stava bene. Se le proponevo: �Facciamo un viaggio?�, rispondeva: �Ah s�, quando partiamo?�, non mi chiedeva neanche quale fosse la meta. Le piacevano l'arte e la pittura, andavamo spesso a mostre e conferenze, e pure la musica classica e il jazz. Era bravissima a cucinare, a Natale regalava alle amiche un panforte molto buono con frutta secca e mandorle�. Poi qualche settimana fa era stata poco bene, lei che per 92 anni aveva avuto una salute di ferro. Cos� era entrata in ospedale per degli accertamenti, ma l� si � spenta all'improvviso lasciando la figlia Federica e tre adorati nipoti. Al funerale sono accorse le amiche storiche, le ex colleghe: la Vaudetti, la Elmi, la Perissi, la Canale, cos� le chiamavano i telespettatori. Le altre, assenti, hanno mandato un cuscino di fiori. Sempre affettuose, vicine e attive, per quanto la vita permettesse. �Andava spesso a teatro, fino alla scorsa stagione aveva l'abbonamento all'Auditorium, poi c'� stato il Covid e abbiamo fatto una vita pi� ritirata�. A parlare � la signora Graziella Orr�, che per oltre quarant'anni le � stata vicina nella casa a Trastevere, il quartiere dove la Orsomando abitava. Fino a tempi recenti la si poteva incontrare mentre faceva la spesa, al mercato, a messa: salutava tutti e da tutti era salutata. �Era attiva, leggeva tanto, guardava la televisione, venivano a trovarla amiche e nipoti. Diceva che quel che doveva fare, l'aveva fatto�. E s� che Nicoletta Orsomando di cose ne ha fatte tante nella sua lunghissima carriera: annunci, programmi tv, apparizioni al cinema, il Festival di Sanremo del 1957 accanto a Nunzio Filogamo... Con il garbo e il sorriso che la distinguevano, aveva incontrato artisti, attori, presentatori, cantanti. Si era ritirata nel 1993, dopo 40 anni di: �Signore e signori, buonasera!�, come si diceva un tempo prima della messa in onda di una trasmissione, ma non si era fermata. Era la pi� famosa e la pi� longeva delle annunciatrici, forse perch� era stata la prima e la decana di tutte. Era nata, quarta di sette figli, l'11 gennaio 1929 a Casapulla, un piccolo comune vicino a Caserta. Il padre Giovanni era approdato nella Capitale a dirigere la banda delle Milizie. Fu l� che nel settembre del 1953 Nicoletta sostenne il provino per la Rai. �Avevo fatto un corso per la radiofonia, non ero stata assunta e facevo a tempo pieno l'assistente sociale. Ero molto impegnata, ma il mio povero pap� mi disse: �Dai, � un provino soltanto...��. Michele Vanossi che alle �Signorine Buonasera� ha dedicato un libro ricco di aneddoti, ricorda che i requisiti richiesti per l'epoca erano piuttosto selettivi: �Un diploma di scuola media superiore, la conoscenza di quattro lingue, una notevole cultura generale e una dizione perfetta�. Lei super� tutto e fu scelta. Di quegli inizi la Orsomando continuava a ripetere che era stata lei, il 3 gennaio del 1954 da Roma, ad annunciare l'inaugurazione ufficiale delle trasmissioni del servizio pubblico, quando molti riportavano il nome di Fulvia Colombo. A chi le chiedeva come fu il debutto rispondeva: �Mi rivolgevo agli amici e ai conoscenti, e raccontavo loro pi� o meno quello che la televisione avrebbe fatto nella serata e durante la settimana. La paura � nata qualche giorno dopo, quando sono arrivate le prime telefonate, le prime lettere, la gente per strada mi fermava e voleva sapere se ero proprio io la �signorina� che la sera prima aveva raccontato del tale film e della tale commedia. Poi con il tempo la paura � svanita�. �Ci siamo conosciute nel 1961� ricorda Rosanna Vaudetti, altra storica annunciatrice della Rai. �Avevamo la stessa insegnante di dizione, Maria Luisa Boncompagni. Era stata la prima annunciatrice radio della Rai e mi volle presentare a Nicoletta che era in un periodo bellissimo: stava aspettando la sua bambina, era incinta di otto mesi, e aveva una luce particolare. Era splendida�. E sul lavoro? �Era molto brava. Quando faceva gli annunci aveva le scarpe intonate alla camicetta anche se le scarpe non le vedeva nessuno! Era una donna piacevole, un po' diversa da come appariva in tv. Una volta arriv� in ritardo, rientrava dalle ferie e aveva voluto stare fino all'ultimo al mare: aveva la pelle scottata e i capelli con la salsedine�. �Per me lei era un mito� confessa Maria Giovanna Elmi, anche lei tra le pi� amate �Signorine Buonasera�. �Io sono arrivata in Rai nel '70. La prima volta che sono entrata nella stanzetta delle annunciatrici, il salottino dove ci truccavamo e passavamo la giornata, ho visto Nicoletta! Ero tutta agitata, per me lei era la Rai. � stata subito disponibile e gentile. Era lei che dava gli orari, decideva chi faceva i turni, mattina o pomeriggio, affabile e precisa, sempre molto seria. Diceva: �Noi siamo il biglietto da visita della Rai�, sapendo che dovevamo entrare in tutte le case e non dovevamo superare la misura�. Circondata da ammiratori, adorata dal pubblico, la Orsomando � stata molto riservata sulla sua vita privata. Su un presunto flirt con Gary Cooper sorrideva e scuoteva la testa. Si sa che � stata sposata per pochi anni con Roberto Rollino, giornalista Rai con cui ha avuto la figlia Federica. Quando si separ�, come ha raccontato anni fa al �Corriere della Sera�, fu �un dolore grandissimo. Vengo da una famiglia normale, che mi ha spronato a passar sopra a tante cose per salvare la famiglia, ma non ne sono stata capace: il vero rimpianto � questo�.