Novembre 2017 n. 11 Anno XLVII MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Indice Rinnovo abbonamento riviste Per non cadere nella rete La trappola delle serie Tv Mi sento gi�... Martin Lutero: nel nome di Dio Speck: il re dei salumi di montagna Ravenna, la colta Zio Adriano, il provocatore Rinnovo abbonamento riviste Ricordiamo a quanti desiderano continuare a ricevere, a titolo gratuito, le riviste: Minimondo L'Angolo di Breuss Parliamo di... Giorno per giorno Suoni Infolibri di confermare per iscritto il proprio abbonamento, entro e non oltre il 31 gennaio 2018, tramite lettera Braille o in nero, via fax o e-mail. I periodici possono essere ricevuti in Braille o su supporto informatico, salvo Suoni, che viene recapitato soltanto in Braille. Per non cadere nella rete (di Luca Olivetti, "Bene Insieme" n. 8/17) - Ecco cosa si deve sapere in tema di reputazione sul web e di diritto all'oblio - In molti casi sottovalutiamo la "potenza" del web e inseriamo elementi della nostra vita in rete, tramite i social, senza comprendere che quanto viene condiviso difficilmente potr� essere rimosso e che pertanto, chiunque sia dotato di un computer, utilizzando un motore di ricerca, potr� ottenere informazioni sul nostro conto. Ovviamente se le informazioni che ci riguardano sono inserite da terzi soggetti e sono false e/o offensive si ha il diritto a ottenere la cancellazione immediata delle stesse e un risarcimento del danno, ma vi � un caso particolare nel quale si ha il diritto di vedere eliminate dalla rete delle notizie "vere" pregiudizievoli che ci riguardano. Tale diritto � il "diritto all'oblio", una forma di garanzia che prevede la non diffondibilit�, senza particolari motivi, di precedenti pregiudizievoli d'onore di una persona, per tali intendendosi principalmente i precedenti giudiziari di una persona. In base a questo principio non � legittimo, ad esempio, diffondere informazioni a proposito di condanne (in sede civile o penale) ricevute, esecuzioni in corso, situazioni debitorie, fallimenti o comunque altri dati sensibili di analogo argomento, salvo che si tratti di casi particolari ricollegabili a fatti di cronaca e anche in tali casi la pubblicit� del fatto deve essere proporzionata all'importanza dell'evento e al tempo trascorso dall'accaduto. La giurisprudenza ha da tempo affermato che � riconosciuto un "diritto all'oblio", cio� il diritto a non restare indeterminatamente esposti ai danni ulteriori (alla "gogna" mediatica) che la reiterata pubblicazione di una notizia pu� arrecare all'onore e alla reputazione, salvo che, per eventi sopravvenuti, il fatto precedente ritorni di attualit� e rinasca un nuovo interesse pubblico all'informazione. Si tratta quindi del diritto del cittadino a essere dimenticato, o meglio, a non essere pi� ricordato per fatti che in passato furono oggetto di cronaca. In sostanza, un individuo che abbia commesso un reato o un illecito (anche solo una sanzione amministrativa) di qualsivoglia natura in passato ha il pieno diritto di chiedere che quel fatto non venga pi� divulgato e/o venga cancellato dal web; a condizione che il pubblico sia gi� stato ampiamente informato sul fatto e che sia trascorso un tempo sufficiente dall'evento, tale da far scemare il pubblico interesse all'informazione per i casi meno eclatanti. Risulta importante evidenziare che questo diritto difende indirettamente anche le vittime, in quanto ogni volta che un caso viene rievocato finisce per pesare di riflesso su chi lo ha dolorosamente subito nel ruolo di parte lesa, si pensi al caso delle violenze sessuali. Un altro fattore da tenere in considerazione riguarda l'articolo 27, Comma 3�, Cost. secondo cui "Le pene [...] devono tendere alla rieducazione del condannato", ovvero il principio della funzione rieducativa della pena. Il diritto all'oblio favorirebbe, in questo senso, il reinserimento sociale del reo. Il diritto all'oblio non � altro, pertanto, che una particolare espressione del diritto alla privacy e alla riservatezza, del resto � necessario un bilanciamento del diritto all'oblio sia con il diritto di cronaca che con l'interesse pubblico a conoscere le informazioni che possono essere acquisite attraverso la rete Internet. La trappola delle serie Tv (di Elena Meli, "Focus" n. 301/17 - Sono congegnate apposta: cos�, chi le guarda non riesce a staccarsi - Ogni appassionato non fa che ripeterlo tra s�: "Un'altra puntata. Una sola, poi vado a letto. No, voglio vedere come va a finire... Ancora una, in fondo dura poco. Poi dormo", mentre sullo schermo (televisione, computer, tablet, non si va troppo per il sottile) scorrono gli episodi dell'ultima stagione di House of Cards, Breaking Bad o Narcos. La forza di volont� vacilla e sempre pi� spesso soccombe: il numero dei drogati di serie tv, che divorano episodi uno dietro l'altro � in continuo aumento. E il fenomeno, cominciato negli Usa ma ormai diffuso ovunque (Italia compresa) ha pure un nome, binge watching (letteralmente: scorpacciata visiva): perch� somiglia a ingozzarsi di cibo, fino a non poterne pi�. Solo che al posto di pasticcini o cioccolata, l'abbuffata � di puntate. E i fanatici di maratone televisive sono davvero tanti, come dimostra un'indagine condotta dalla School of Mass Communication Research di Leuven, in Belgio: analizzando il comportamento di oltre 400 giovani adulti di fronte allo schermo, Liese Exelmans ha scoperto che ben otto su dieci almeno una volta hanno guardato una serie tv per ore e ore; di questi, il 40 per cento lo ha fatto nell'ultimo mese e il 28 per cento molte volte. E c'� pure un 7 per cento che si � dedicato al binge watching addirittura tutte le sere nel mese precedente. Le indagini dimostrano anche che uomini e donne si abbuffano di tv in maniera diversa (perch� scelgono serie differenti), ma il risultato finale non cambia: le scorpacciate al maschile sono infatti meno frequenti, ma gli uomini passano in media pi� tempo incollati allo schermo. Lo studio si � concentrato sugli under 25 e secondo Daniele La Barbera, presidente della Societ� italiana di Psicotecnologie e clinica dei nuovi media (SIP Tech), "ci� non stupisce, perch� il fenomeno � pi� comune nei giovani, anche se ha ormai contagiato persone di ogni et� pure nel nostro Paese grazie alle nuove tecnologie. Che non sono affatto estranee al boom". La televisione on demand e i servizi streaming hanno cambiato non poco il modo di guardare la televisione: venti o trent'anni fa c'erano gli sceneggiati, ma toccava aspettare una settimana per una nuova puntata; e lo stesso valeva fino a pochi anni fa per le fiction. Oggi su molte piattaforme, per esempio Netflix, le stagioni sono disponibili tutte in blocco da subito e non serve alzare (letteralmente) un dito per vederle, perch� l'episodio successivo parte in automatico e tocca "attivarsi" per smettere anzich� il contrario. Il che spiega perch� spesso il binge watcher diventi tale senza accorgersene, come nota lo studio belga gi� citato: i partecipanti non avevano quasi mai intenzione di starsene dieci ore davanti alla tv, per� hanno ammesso di non riuscire a distogliere lo sguardo. "Solo un episodio in pi�", � il loro mantra, spiega una ricerca dell'Universit� canadese di Ottawa secondo cui tanti telespettatori cadono vittima del binge watching almeno un giorno a settimana perch� avvinti da sceneggiature che sembrano fatte apposta per non far mollare la presa. Non tutte le serie infatti sono uguali: "Quelle che costruiscono mondi paralleli, come Lost o Game of Thrones, hanno le carte in regola per portare alla visione ininterrotta: la mancanza di intervalli fra le puntate accentua l'effetto realistico della narrazione e aiuta a immergersi nella storia, come se avvenisse qui e ora. Si apprezzano di pi� i dettagli, non si perdono o dimenticano riferimenti e particolari che costruiscono l'ambiente. In pratica, si entra davvero e per ore in un altro mondo", osserva La Barbera. "Pure quelle che abbondano di colpi di scena o coinvolgono emotivamente inducono a non staccarsi dallo schermo per vedere come va a finire". Non basta. Si usa ancora a piene mani un vecchio trucco che si chiama "effetto cliffhanger" (letteralmente, restare appesi al precipizio): ogni episodio finisce sul pi� bello. Il guaio � che oggi la suspense dura appena un attimo, e la curiosit� pu� essere soddisfatta subito. Un meccanismo al passo con la cultura di oggi, rilevano i sociologi, in cui la gratificazione istantanea di Internet iperveloce o della messaggistica su WhatsApp ci ha reso impazienti cronici: Ramesh Sitaraman, docente all'Universit� del Massachusetts, analizzando le abitudini di oltre sei milioni di utenti di Internet si � accorto che la maggioranza � disposta ad aspettare non pi� di due secondi perch� un video venga caricato. Dei restanti, dopo cinque secondi uno su quattro abbandona la pagina, dopo dieci uno su due passa oltre: una cultura dell'impazienza che fa il paio con l'incapacit� di aspettare giorni per vedere la prossima puntata della serie preferita e va a nozze con l'impulsivit� giovanile. "Chi � alla continua ricerca di novit�, � pi� portato a fare abbuffate tv: queste caratteristiche si trovano pi� spesso nei giovani perch� per motivi biologici sono in una fase "esplorativa" della loro vita", spiega La Barbera. "Inoltre, guardando una serie tv, nel cervello si liberano i neurotrasmettitori della ricompensa, dopamina ed endorfine: il cervello adolescente � pi� sensibile a questa gratificazione e quindi pi� predisposto a comportamenti compulsivi. Risultato, i ragazzi non sanno fermarsi". Cos�, a furia di vedere senza sosta The Walking Dead, orde di telespettatori si stanno trasformando in zombie da telecomando. E non � un bene: una ricerca dell'Universit� del Texas ha dimostrato che le maratone tv si associano a un maggior rischio di depressione e solitudine, perch� alcuni finiscono per mettere in secondo piano il lavoro e le relazioni (il 98 per cento guarda gli episodi in beato isolamento, stando a un sondaggio di Netflix). E la vita reale va facilmente a rotoli perch� pu� accadere che il mondo parallelo e virtuale da cui non ci si riesce a staccare diventi quello principale, come dimostrano gli studi di Katherine Wheeler, della Georgia Southern University. Di nuovo, sono i giovani a correre pi� rischi: la personalit� strutturata di un cinquantenne pu� uscire indenne dalle scorpacciate tv, magari perfino culturalmente arricchita se si sceglie uno dei tanti prodotti di buona qualit�; un ragazzino, che per� preme pi� difficilmente il tasto stop, pi� spesso si allontana dal mondo, inizia ad andare peggio a scuola, passa poco tempo all'aria aperta, vede meno gli amici. "Per ora in Italia i casi di binge watching divenuti "patologici" sono rari. Tuttavia lo spettatore deve sforzarsi di capire se sta esagerando, perch� una volta instaurata una dipendenza tornare indietro � complicato. Una delle prime spie che qualcosa non va? I disturbi del sonno", conclude La Barbera. Chi non si stacca dallo schermo dorme di meno ma soprattutto peggio, come ha rilevato Liese Exelmans: a volte il numero di ore passate a letto sarebbe sufficiente (basta recuperare dormendo fino a tardi), ma l'allerta mentale da troppa suspense e coinvolgimento emotivo regala sonni agitati, con il corollario di difficolt� di concentrazione, sonnolenza e stanchezza il giorno dopo. Rimedi? Per esempio ignorare del tutto i segnali di BingeAlarm, il servizio che avvisa per mail quando arriva una nuova puntata della serie preferita. O non incollarsi a siti per veri maniaci come bingeclock. com, dove c'� pure la sezione Bingeidea coi suggerimenti per gli indecisi che non sanno (ancora) cosa guardare. E se proprio non ci si riesce, si pu� sempre uscire e fare una passeggiata. Dopo 700 puntate � finita... adesso che faccio? Dopo dieci (a volte pi�) stagioni, la serie finisce. E il vero drogato da telecomando va in crisi: lo ha dimostrato Emily Moyer-Gus� della Ohio State University, spiegando che l'addio provoca ai pi� affezionati un trauma simile alla fine di una storia d'amore. Per riprendersi, uno su due si lancia sulle repliche, il 40 per cento si sfoga stando ore su Internet. Lo stop forzato non induce quindi a riprendere i rapporti umani, almeno non subito. Forse perch� chi pi� sente angoscia e abbandono quando finisce una serie � anche una persona che si affeziona al telefilm per trovare compagnia o fuggire dalla realt�. Questi individui intrecciano una sorta di tele-relazione con i personaggi che seguono con passione fino a farli diventare quasi reali. Vale soprattutto per le donne, che pi� degli uomini ammettono di sentirsi "coinvolte". "Ma il lutto da finale di serie riguarda entrambi i sessi in uguale misura", afferma Moyer-Gus�. "Tra l'altro, le donne per reagire passano pi� tempo con amici e familiari. E cos� si riprendono prima dallo "shock"". Mi sento gi�... (di Amelia Beltramini, "Focus" n. 301/17) - Tutti conosciamo la sensazione di essere un po' a terra. A che cosa � dovuta? - Capita a tutti di sentirsi gi�: possiamo essere abbacchiati, accasciati, avviliti, mogi, sbattuti, gi� di corda, a terra, fuori fase, gi� di giri, gi� di tono, gi� di morale... Insomma, nel bel mezzo di quelle giornate no che a volte si preannunciano fin dal mattino, ben riassunte nel detto "alzarsi con il piede sbagliato". Da quel momento in poi tutto sembra andare storto: il caff� non sa di nulla, il mondo � pi� grigio del solito, si ha una vaga sensazione di malessere che di solito prosegue almeno per qualche ora. E, proprio nello stesso modo, esistono anche giorni in cui altrettanto immotivatamente si scende dal letto con una strana esultanza, il mondo ci sorride, e ci sentiamo benissimo... Ma, mentre il piacere (e la felicit�) che a volte ci assale � dovuto a meccanismi cerebrali ormai parecchio studiati, sulla sensazione di sentirsi a terra non ci sono molte ricerche scientifiche. Qualche indizio sulle ragioni biologiche dell'essere abbacchiati per� pu� darcelo una teoria in grado di spiegare i normali alti e bassi del nostro umore. Nel 1980 Richard Solomon (1918-1995), psicologo di Harvard, cap� che ogni volta che si prova un'emozione, quella seguente � pi� o meno il suo contrario. Se ci si sente gi�, quindi, � forse perch� fino a qualche tempo prima, si era contenti. Del resto, � esperienza comune anche la sensazione contraria: dopo aver provato un attimo (pi� o meno lungo) di tristezza ci si sente un po' pi� sereni. Il sentirsi a terra potrebbe dunque essere una sorta di "effetto rimbalzo" dopo un periodo di eccitazione psicologica positiva: i neuroni di alcune zone del cervello, cio�, in un certo senso se ne vanno un po' a riposo e arriva la sensazione di malinconia. Del resto, secondo il neurobiologo americano George Koob, tutti noi viviamo in una sorta di "stato psicologico di base", che � una via di mezzo fra felicit� e tristezza. Se proviamo una gioia o un piacere, l'equilibrio si rompe in una direzione, in questo caso positiva, e il cervello cerca di contrastare questa rottura dell'equilibrio con un po' di sensazione negativa, per tornare alla posizione di neutralit�. In conclusione, un po' di malumore � il prezzo da pagare per avere molti momenti felici. Del resto, spiega Koob, "se fossimo sempre stati contenti, non avremmo mai tenuto conto delle potenziali minacce dei predatori". Non c'� dubbio: per progredire e mettersi in gioco spesso ci vuole una punta di tristezza e di insoddisfazione. Altrimenti non cambieremmo mai nulla della nostra vita beata. "� normale sentirsi gi� ogni tanto, noi diciamo che ci "sentiamo depressi", ma non � cos�. Una tristezza passeggera non � sintomo di malattia (la depressione "vera")", fa notare Michel Lejoyeux, docente di psichiatria e medicina delle dipendenze all'Universit� Denis Diderot di Parigi. Tristezza e depressione, infatti, in comune non hanno nulla. Non la durata, per esempio: si pu� fare una diagnosi di depressione se il paziente ha sentimenti tristi e perdita di energie da almeno tre mesi, o pi� spesso sei. Mentre la malinconia del "sentirsi gi�" dura meno, e non mette radici. "Gli stati d'animo negativi in effetti non sono causati da disturbi biologici e neppure da disfunzioni del cervello. Sono reazioni normali a difficolt� e problemi: la paura di entrare attivamente nella vita che spesso prova un adolescente, i rimpianti di un sessantenne, l'angoscia di andare in pensione, i momenti difficili di una coppia, i dubbi sul senso della propria vita; insomma, � normale che di tanto in tanto tutti, e a qualsiasi et�, si sentano tristi", prosegue Lejoyeux. Qualche indicazione su come funzioni il cervello, quando ci si sente un po' gi�, pu� comunque venire dagli studi sugli effetti di alcuni componenti del cibo, e di alcuni farmaci. Uno degli ormoni cerebrali che danno serenit�, la serotonina, viene sintetizzata dall'organismo a partire da una molecola presente in molti alimenti, il triptofano. Un esperimento condotto su topi da laboratorio privati del triptofano dimostra che questi animali avevano anche livelli di serotonina molto bassi e l'umore a terra... Gli alimenti pi� ricchi di triptofano sono il cioccolato (non a caso considerato "antidepressivo"), ma anche le uova, il cocco, le banane, il riso e la carne. Altre molecole che si sono dimostrate efficaci nel prevenire il cattivo umore sono i cosiddetti omega-3, acidi grassi contenuti soprattutto nel pesce: molti studi hanno infatti provato che le persone che consumano pesce abitualmente sono pi� in forma (e si presume pi� allegre) di quelle la cui dieta ne � sprovvista. Infine i farmaci: � stato dimostrato che il comune paracetamolo, per esempio, influisce sull'umore: rende chi lo assume meno sensibile alle emozioni positive. In un esperimento in cui venivano presentate immagini piacevoli a un gruppo di volontari, si � visto che chi aveva assunto un'ora prima paracetamolo era impermeabile alle sensazioni gradevoli, ma anche di fronte a immagini tristi non avvertiva sensazioni negative: insomma, il diffusissimo farmaco abbassa la febbre ma rende un tantino indifferenti. Non mancano comunque i casi in cui la sensazione di essere gi� di giri ha cause molto pi� banali. Un'ipoglicemia per esempio: se l'ultimo pasto risale a 10-12 ore prima, e se si tende a saltare la colazione aumenta il rischio di sentirsi gi� fin dal mattino. Ma si tratta soprattutto di mancanza di energia disponibile. Un buon pasto e torna il sorriso (il malumore per ipoglicemia � comune soprattutto nei bambini). Un'altra causa "semplice", forse la pi� frequente in questa stagione, � l'arrivo dell'inverno che pu� mettere in crisi il ritmo seguito dal nostro corpo per compiere tutte le funzioni vitali. Un agglomerato di fibre nervose cerebrali sensibile alla luce � infatti il responsabile della taratura del cosiddetto "orologio biologico". Un orologio che va in crisi quando ci si sveglia e fuori � ancora buio: il corpo non � ancora pronto a svegliarsi. La conseguenza pu� essere una lieve depressione del tono dell'umore durante tutta la giornata. Si pu� rimediare spalancando le finestre la mattina e, se fuori non c'� proprio luce, accendendo tutte le lampade elettriche di casa mentre ci si prepara a uscire: anche l'umore migliorer�. Martin Lutero: nel nome di Dio (di Roberto Roveda, "Focus Storia" n. 133/17) - Cinquecento anni fa cominci� la sua "protesta" contro la Chiesa e cambi� il volto dell'Europa - La tradizione racconta che tutto cominci� con un fulmine: colpito da una saetta e salvatosi miracolosamente, Martin Lutero, giovane studente di diritto dell'Universit� di Erfurt, avrebbe deciso di diventare frate agostiniano e dedicare la vita a Dio. Verit� o leggenda che sia, quel che � certo � che fu Lutero, una volta entrato in convento, a lanciare i suoi terribili strali contro la Chiesa di Roma, la sua mondanizzazione e la corruzione diffusa. Il giovane frate, infatti, era un animo tormentato, si interrogava su temi come la fede, il rapporto con Dio, la salvezza, il bene e il male. Si chiedeva con sempre maggiore ansia se papi e cardinali, che vivevano come satrapi, potessero annunciare la Parola di Dio alla massa dei credenti. In Germania si diceva non a caso "Roma veduta, fede perduta" e Lutero ne ebbe la conferma visitando la citt� tra il 1511 e il 1512. "Se esiste l'inferno, Roma ci sta sopra", scrisse nel suo breviario anni dopo esprimendo il suo dolore di credente, ma anche la sua rabbia di figlio della Germania che vedeva tante ricchezze del suo Paese finire a Roma per finanziare il lusso della corte papale. In terra tedesca la Chiesa di Roma aveva infatti immense propriet� terriere e dai contadini di quelle lande riceveva la decima, cio� la decima parte del loro reddito. Inoltre, in quello scorcio iniziale di XVI secolo, si aggiunse la vendita delle indulgenze, una pratica antica che prevedeva che il fedele pagasse una somma di denaro perch� la Chiesa cancellasse i suoi peccati davanti a Dio. Nel 1517 in Germania lo slogan pi� diffuso era "appena una moneta gettata nella cassetta delle elemosine tintinna, un'anima se ne vola via dal Purgatorio" e i proventi delle indulgenze scorrevano a fiumi per le vie di Roma per finanziare la costruzione della basilica di San Pietro. Quello spettacolo della fede ridotta a compravendita convinse Lutero ancora di pi� che "� meglio donare un centesimo al proprio prossimo che costruire a san Pietro una chiesa tutta d'oro; la prima cosa infatti � comandata da Dio, la seconda no". Non si poteva comperare la salvezza che si riusciva a raggiungere solo con la fede, la grazia di Dio e la conoscenza. Non servivano opere pie, devozioni, mortificazioni della carne e neppure il papa poteva rimettere i peccati. Queste convinzioni, frutto di anni di tormenti interiori, Lutero le condens� nelle famose 95 tesi che affisse il 31 ottobre 1517 sulla porta della cattedrale di Wittenberg, la citt� dove insegnava teologia. Il suo voleva essere un invito alla discussione teologica come si usava nelle universit� dell'epoca. Si svilupp� invece un incendio inatteso, come spiega Elena Bonora, storica dell'Universit� di Parma: "In Germania mancava un potere forte che fosse in grado di difendere gli interessi politici tedeschi contro l'abile politica di rafforzamento della monarchia papale perseguita da Roma. Anche per queste ragioni le opinioni di Lutero si propagarono in brevissimo tempo a macchia d'olio al di fuori degli ambienti conventuali e universitari. Nel giro di pochi mesi le 95 tesi furono tradotte, stampate, diffuse anche tra i digiuni di latino". Insomma, c'era il clima politico e sociale giusto per attaccare Roma e soprattutto c'era un mezzo nuovo per diffondere le idee: la stampa. Nell'Urbe, intanto, si pensava ad altro, come conferma ancora l'esperta: "Alla corte rinascimentale di papa Leone X, la protesta di Lutero fu inizialmente trascurata e letta come una delle tante liti tra ordini religiosi tedeschi, nel caso specifico tra gli agostiniani, compattamente schierati con il loro confratello Lutero, e l'ordine domenicano a cui appartenevano i predicatori delle indulgenze". La corte papale era presa dai maneggi per la successione al trono dell'anziano imperatore Massimiliano I d'Asburgo e la pratica Lutero venne presa in mano solo quando sal� sul trono imperiale Carlo V d'Asburgo. Nel 1520 venne emanata una bolla contro il monaco ribelle che suonava gi� minacciosa: "Sorgi, Signore, e giudica la tua causa, un cinghiale ha invaso la tua vigna", diceva l'incipit. Il cinghiale era naturalmente Lutero che negli anni trascorsi dal fatidico 31 ottobre 1517 aveva intanto ampliato la sua dottrina, maturando la convinzione che al credente non servissero intermediari per rapportarsi con Dio, non servissero sacerdoti e tantomeno una Chiesa come quella di Roma. Lutero bruci� pubblicamente la bolla papale e se la scomunica non si tramut� in un rogo fu solo perch� il principe Federico il Saggio di Sassonia prese il ribelle sotto la sua ala protettrice. Federico e altri principi, infatti, avevano compreso che a mano a mano che le idee luterane si diffondevano in terra tedesca, si indeboliva anche l'autorit� della Chiesa e dei suoi vescovi a tutto loro vantaggio. "Quando nell'aprile 1521 si present� a Worms per essere processato alla dieta imperiale presieduta dal ventunenne Carlo V, Lutero non era pi� un oscuro frate ribelle, ma il campione di una proposta politico-religiosa contro Roma di grande interesse per molti principi tedeschi", precisa Elena Bonora. Di fronte alla richiesta dell'imperatore di ritrattare, Lutero rispose "Qui sto saldo. Non posso fare altrimenti", segnando cos� una frattura definitiva nel cuore dell'Europa. Federico il Saggio lo sottrasse ancora una volta all'Inquisizione nascondendolo in uno dei suoi castelli, dove Lutero cominci� la traduzione della Bibbia in tedesco. Il livore accumulato per generazioni contro vescovi, monasteri e conventi si liber� intanto tutto assieme. "Il messaggio luterano fu letto anche come un invito alla spoliazione delle propriet� ecclesiastiche", aggiunge la storica. Le chiese furono spogliate dei loro arredi, il culto dei santi, delle reliquie e della Madonna fu negato, la liturgia cattolica venne abbandonata. Lutero voleva una riforma e si ritrov� a gestire una rivoluzione, religiosa ma anche politica. Perch� molti lessero nelle sue parole anche la volont� di sovvertire l'ordine sociale e le sue gerarchie. Insorsero allora, tra il 1521 e il 1523, i cavalieri, cio� la piccola nobilt�, ma vennero schiacciati dagli eserciti dei principi. Poi si ribellarono, tra il 1524 e il 1525, i contadini infiammati dalla predicazione di un ex allievo di Lutero, Thomas M�ntzer. Rivendicavano maggiori libert�, pi� diritti e meno vincoli nei confronti dei signori ma rappresentavano un sovvertimento inaccettabile non solo per i principi tedeschi, ma anche per Lutero "la cui fede liberatrice non concepiva il sovvertimento dell'ordine sociale n� la rivolta al potere secolare", scrive lo storico Adriano Prosperi. Dio stesso aveva affidato il governo del mondo a principi e magistrati e quindi il padre della Riforma scrisse parole terribili contro i rivoltosi: "Chiunque sia un sedizioso sia messo al bando da Dio e dall'imperatore, cosicch� chi per primo voglia ucciderlo agisce rettamente. Chiunque lo pu� deve colpire, scannare, massacrare in pubblico o in segreto". Furono oltre centomila i contadini massacrati nella repressione principesca e M�ntzer fu torturato e poi decapitato. L'ordine sociale fu salvo anche se al prezzo di legare sempre di pi� la Riforma ai principi tedeschi, gli unici che per� potevano proteggere Lutero e i suoi seguaci dalla reazione del papa e dell'imperatore. Carlo V, soprattutto, non aveva intenzione di ridurre le autonomie dei signori tedeschi: iniziarono anni di minacce, tentativi di riunione tra cattolici e luterani, diete imperiali per trovare accordi con Carlo V. Neppure la grande vittoria imperiale sui principi del 1547 a M�hlberg pot� portare indietro l'orologio della Storia. I principi luterani non avrebbero mai restituito i beni alla Chiesa ma soprattutto una parte della Germania era oramai legata indissolubilmente a Lutero, alla sua idea di libert� religiosa da Roma e una nuova Chiesa stava nascendo con i suoi pastori al posto dei sacerdoti, la liturgia in tedesco e le chiese austere. Quando Lutero era morto da quasi un decennio la pace di Augusta del 1555 tra imperiali e luterani sanc� un dato di fatto: la Germania e l'Europa erano divise tra cattolici e riformati. Le eredit� di Lutero Gli effetti della predicazione di Lutero sono andati al di l� dell'ambito religioso e hanno avuto conseguenze profonde sulla societ� europea. La possibilit� per ognuno di leggere e interpretare da solo le Sacre scritture rendeva ogni credente responsabile della sua fede. Questo atteggiamento favor� l'affermazione dell'individualismo tipico dell'Europa moderna, un atteggiamento gi� propiziato dalla cultura dell'Umanesimo e del Rinascimento. Il luteranesimo diede anche impulso alla stampa e pose le basi per l'editoria moderna. Ancora oggi la Bibbia � diffusissima nel mondo protestante. Allora la possibilit� di leggere la Bibbia spinse molti fedeli a imparare a leggere favorendo l'alfabetizzazione dei ceti meno abbienti. La traduzione della Bibbia in tedesco realizzata dallo stesso Lutero contribu� anche alla nascita di una lingua nazionale tedesca. Speck: il re dei salumi di montagna ("RivistAmica" n. 8/17) - Prodotto secondo i metodi della tradizione nelle Alpi dell'Alto Adige, vanta una ricetta che risale all'Alto Medioevo - Lo si pu� trovare in un piatto di pasta, in un ricco secondo e persino abbinato alla frutta, anche se non sfigura nemmeno mangiato su una fetta di pane abbrustolito: � lo speck, salume di montagna tipico dell'Alto Adige e dal gusto inconfondibile, prodotto da secoli seguendo le antiche regole contadine. Lo speck Igp viene prodotto soltanto in Alto Adige/S�dtirol, una terra di confine incastonata fra Italia e Austria. E anche questo particolare salume simboleggia l'incontro di due tradizioni gastronomiche: quella della stagionatura come metodo di conservazione delle carni suine propria dei popoli del Mediterraneo e l'affumicatura, metodo diffuso prevalentemente nel Nord Europa. La consumazione di cibi a base di carne conservata viene convenzionalmente fatta risalire al VI secolo d.C., periodo delle invasioni dei Longobardi in Italia. La leggenda vuole che i tagli, appesi ai soffitti delle abitazioni al riparo dagli animali selvatici, assumessero aroma e sapore grazie ai fumi della cucina. Cos� nacque il "bachen", un salume che pu� essere considerato l'antenato dello speck. Questo termine, invece, si diffuse nel Tirolo (allora completamente abitato da popolazioni germanofone) solo a partire dal XVIII secolo, designando la carne di maiale affumicata, importante fonte di grassi e proteine durante i rigidi inverni montani. Qualit� e gusto dello speck gli hanno permesso successivamente di valicare i confini dell'Alto Adige e diffondersi sulle tavole di tutta Italia: oggi questo salume � protagonista tanto di piatti tirolesi (canederli, Spiegeleier) quanto di gustosi piatti di pasta nazionali, abbinato alla panna, alle zucchine o ai pomodorini. Perch� lo speck sia "originale", cio� certificato come Igp dell'Alto Adige, � necessario che soddisfi vari requisiti. Il consorzio di tutela � composto da 29 aziende, tutte rigorosamente altoatesine, e il metodo di produzione � quello tradizionale. Nei "masi", le fattorie tipiche delle montagne sudtirolesi, si comincia con una scelta accurata della materia prima, una coscia di suino disossata proveniente da un allevamento certificato in uno dei Paesi dell'Unione Europea. Poi l'arte della salatura: la carne va frizionata a mano con una miscela di spezie come pepe, ginepro e rosmarino. Facendo attenzione a non esagerare con il sale, che non deve superare il 5% nel prodotto finito, la "baffa" (cos� � chiamata la coscia lavorata) viene fatta riposare per tre settimane in modo che la salamoia penetri uniformemente nei tessuti: la carne perde tutti i liquidi e acquista gli aromi delle spezie. Successivamente si procede a un'affumicatura leggera al fumo di un legno poco resinoso, seguita da una stagionatura di 22 settimane in locali aperti alle fresche brezze dei monti, con una temperatura compresa tra 10 e 15 gradi e un'umidit� del 60%-70%. "Poco sale, poco fumo, tanta aria", recita la regola degli antichi contadini e i produttori odierni di speck non intendono violarla. Se lo speck Igp � riconducibile soltanto alle montagne dell'Alto Adige, metodi di produzione simili danno vita a diverse varianti nelle vicine zone del Nord Italia. Lo speck trentino della Val Rendena, ad esempio, viene prodotto in maniera molto simile a quello altoatesino, mentre quello di Moena si distingue per la stagionatura pi� lunga. Tra il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, poi, si confeziona il salume affumicato anche a partire da tagli differenti del maiale, come il collo, il carr� o la parte lombare. Ravenna, la colta (di Mattia Scarsi, "Bene Insieme" n. 7/17) - Un viaggio alla scoperta di meravigliosi mosaici e un tuffo nel mare di Romagna - Quale pu� essere un posto dove cercare bellezza e cultura, coniugandole con divertimento e magari con gli ultimi bagni di sole? All'identikit risponde perfettamente una citt� come Ravenna: bella, colta, ricca di storia ed elegante, come dimostra la composizione architettonica del centro, una colorata e deliziosa bomboniera urbana. Il suo curriculum storico e artistico � di primo livello grazie agli 8 monumenti inseriti nella lista del Patrimonio Mondiale dell'Unesco e all'esser stata in finale per la candidatura a Capitale Europea della cultura per il 2019, assegnata poi a Matera. Inoltre, a pochi chilometri di distanza, si estende la riviera adriatica che nell'estate tricolore � l'ombelico del mondo del divertimento. Pronti dunque per un weekend ravennate? Partiamo! Prevalentemente pianeggiante, Ravenna sembra cucita su misura per il turista che voglia vivere ogni secondo a stretto contatto col suo territorio. Se desiderate muovervi con pi� rapidit�, il consiglio � quello di noleggiare una bella bicicletta: ce ne sono parecchie a disposizione gratuita di residenti e turisti, posteggiate in alcune coloratissime rastrelliere presenti in diversi punti della cittadina. Basta solo un documento d'identit� per registrarsi: dopodich� si passa a ritirare la propria bicicletta (ai turisti di solito sono riservate quelle di colore giallo). Possiamo cominciare proprio da uno degli otto monumenti Unesco e nello specifico dalla Basilica di Sant'Apollinare Nuovo, fatta costruire da Teodorico fra il 493 e il 496 d.C. come tempio ariano, consacrato poi al cattolicesimo. La parte pi� interessante � sicuramente l'interno che ospita il pi� grande ciclo di mosaici del mondo! Probabilmente la maggior parte di voi non ha mai visto niente di simile: l'immenso esercito di piccole tessere colorate schierate una accanto all'altra � frutto di una incomparabile maestria artistica e lascia davvero estasiati. Anche per questo Ravenna era (ed �) famosa in tutto il mondo. Date un'occhiata alle pareti della navata centrale: non vi sembrano affrescate con l'oro zecchino? In realt� sono anch'esse completamente decorate con mosaici, il cui colore dominante � proprio quello del metallo dei re. Per gli appassionati di storia dell'arte e di reperti di gran valore, nella parte superiore si trova il pi� antico ciclo musivo dedicato al Nuovo Testamento ancora esistente ai nostri giorni, nonostante siano passati pi� di 1500 anni. Nelle vicinanze ecco la Chiesa di San Francesco che riconoscerete per la sobria facciata in mattoni. A dispetto di tanta linearit� esterna, questa chiesa "nasconde" un bellissimo segreto. Al di sotto del presbiterio, raggiungibile tramite una doppia rampa di scale, si trova una finestrella che vi offre una favolosa vista sulla cripta, posta sotto il livello del mare e perci� piena d'acqua. La state visualizzando? Una stanza dai pavimenti decorati da straordinari mosaici, ricoperti da uno strato di acqua nel quale nuotano dei pesciolini rossi. Potrebbe essere una tela di Magritte ma � tutto vero e in 3D! I turisti fanno a gara a lanciare le monetine esprimendo un desiderio come fosse la Fontana di Trevi. Voi potete comunque ammirare i frammenti di mosaici della primitiva chiesa e un'iscrizione che ricorda l'originaria destinazione di questo ambiente; accogliere le spoglie del fondatore, il vescovo Neone. Sempre dall'interno vedrete che si sbuca in un delizioso giardino dove sorge l'Edicola di Braccioforte, risalente al XV secolo. Poco pi� in l�, infine, quasi nascosta da una cancellata, c'� un altro elemento sorprendente. Il piccolo tempio custodisce le spoglie di Dante Alighieri morto in esilio proprio a Ravenna nel 1321. Avvicinatevi: un bel bassorilievo di fine '400 lo ritrae pensoso sopra i resti tanto contesi dalla citt� d'origine e quella d'adozione. Scoprire che la tomba del sommo poeta fiorentino si trova a Ravenna e non a Firenze lascia molti (italiani e stranieri) di stucco. D'altronde l'esiliato Alighieri, nei suoi ultimi anni trov� accoglienza e conforto nella cittadina romagnola e proprio in questa chiesa si celebrarono i funerali. Il piccolo museo adiacente � ben strutturato per chi vuole conoscere interessanti aspetti della vita di Dante con cimeli, documenti e contributi multimediali. Proseguiamo lungo via Dante Alighieri (sempre lui): svoltando a sinistra incrocerete altri due patrimoni Unesco: il Battistero Neoniano, di fede ortodossa, e la Cappella di Sant'Andrea. Il primo, con la sua pianta ottagonale, � il pi� antico monumento di Ravenna ed � chiamato cos� per il vescovo Neone che ne cur� l'aspetto attuale. La seconda nasce come oratorio privato: all'interno i mosaici del V secolo raffigurano i martiri, soggetti tipici dell'ortodossia cattolica, stormi di uccelli e un insolito Cristo in veste militare. � sui resti della Basilica Ursiana del V secolo che dal Settecento sorge il Duomo di Ravenna, imponente costruzione con campanile cilindrico e facciata barocca. Nelle vicinanze c'� anche il Giardino delle Erbe Dimenticate, una fornitissima erboristeria a cielo aperto e una vera e propria oasi di pace: le possenti mura di cinta infatti, attutiscono i rumori della citt�, creando un'atmosfera magica, esaltata dai colori e dai profumi delle erbe coltivate, rare e comuni, recuperate dai ricettari degli speziali esperti di cucina mediterranea. Il giardino � visitabile tutti i giorni tranne il gioved� pomeriggio. L'ingresso � libero. Dopo una prima parte di giornata trascorsa fra le suggestioni dell'arte, dedichiamoci a un'altra eccellenza ravennate: la piadina. Acquistatela nelle numerose piadinerie del centro, farcitela a piacere, dolce o salata, sedetevi a gustarla o, se preferite, potete continuate a godervi il centro storico con in mano questa prelibatezza take-away. Nel pomeriggio gravitate ancora attorno al cuore di Ravenna. In Piazza del Popolo spicca il Palazzo Comunale e le colonne dedicate ai patroni Sant'Apollinare e San Vitale: attraversate l'elegante centro cittadino con il bel pav� e le accurate facciate fino a raggiungere due delle principali attrazioni. Con un unico biglietto acquistato al punto informazioni antistante, potrete entrare sia alla Basilica di San Vitale che al Mausoleo di Galla Placidia. Dopo il tour dei mosaici e delle bellezze architettoniche della citt� si pu� fare un giro nella centralissima via Rossi che pullula di negozietti caratteristici, con souvenir e oggetti di arredamento molto particolari. Una congerie di piccoli pub e caff� completano "l'arredamento" del centro di Ravenna e sono l'ideale per un gustoso break. Anche per un aperitivo di sostanza o una ricca cena romagnola le alternative non mancano: in particolare dalle parti di via Ricci, ci sono almeno un paio di grandi locali storici con una ricchissima enoteca, ambiente piacevole e, specie nel weekend, tanta bella gente. Anche per questo vi conviene prenotare. Se volete un dopo cena all'insegna del passeggio e della tranquillit� potete restare a Ravenna e gustarvi gli scorci gi� visti sotto la pallida luce lunare. A fine estate c'� il "Settembre Dantesco" con molte iniziative come letture, incontri e dibattiti per celebrare la grandezza dell'autore della Divina Commedia. Se, invece, preferite un after-dinner pi� danzereccio, potete raggiungere facilmente Marina di Ravenna dove la vita notturna ha il suo epicentro sulla spiaggia con i vari happy hour e con discoteche in riva al mare dove si balla direttamente sulla freschissima sabbia. Dopo una notte di riposo o di divertimento, ci sono ancora tante cose da scoprire qui intorno, nei luoghi che hanno rapito artisti quali Boccaccio, Herman Hesse o Gustav Klimt. Usciti fuori dal centro, a 2 km in direzione nord, ecco un altro gioiello Unesco: il Mausoleo di Teodorico (V secolo d.C.) si staglia di fronte a voi nella sua massiccia struttura e nella sua bellezza abbagliante dovuta ai blocchi di calcare istriano di cui � composto. La vasca in porfido rosso che trovate al piano superiore del Mausoleo, secondo la leggenda � la stessa in cui mor� l'Imperatore barbaro che, terrorizzato dai fulmini, durante un temporale si rifugi� nel mausoleo. Sfortunatamente venne colpito proprio da un fulmine mentre faceva il bagno. E a proposito di bagno, come detto all'inizio, Ravenna dista meno di 30 km dal mare. Dirigetevi in direzione mare, tramite via Romea: dopo circa 20 km (siamo ancora in campagna) ecco la Basilica di Sant'Apollinare in Classe, con il suo campanile cilindrico, definita dagli esperti il pi� fulgido esempio di basilica paleocristiana. Un altro capolavoro che potrete godervi al meglio, grazie all'ampia area verde intorno a essa. A questo punto proseguite ancora una dozzina di chilometri ed eccovi lungo il litorale ravennate. Ovvio che ci sia un'amplissima scelta. Ecco i nostri consigli. Marina di Ravenna, se gi� ci siete stati la sera prima, avete di certo apprezzato una localit� di tendenza dotata di una vasta gamma di servizi per l'accoglienza turistica tra cui alberghi, pensioni, camping e villaggi turistici, ristoranti ecc... Punta Marina Terme, celebre soprattutto per il suo stabilimento termale, posto direttamente sulla spiaggia, il quale, grazie alla fonte di acqua salsobromoiodica, offre diversi benefici per la cura di varie patologie. Chi ne ha bisogno pu� dunque persino giovarsi delle propriet� curative delle acque termali. Lido Adriano, forse il centro pi� moderno del litorale ravennate, molto amato soprattutto dagli stranieri. Qui, durante i mesi estivi, si organizzano corsi per apprendere l'arte del mosaico. Pu� diventare il vostro nuovo hobby? Il buono del paese La piadina - A Ravenna e in tutta la sua provincia si pu� gustare la pi� tipica di tutte le bont� gastronomiche: la piadina, un prodotto a base di farina, strutto, acqua e sale. � deliziosa nella versione dessert con cacao, cioccolato fuso e panna o mascarpone. In assenza di tutto ci� � buona anche da sola. Bell e cott - Si tratta di un caratteristico insaccato romagnolo, particolarmente apprezzato nel ravennate. � un impasto di carni di suino (di seconda scelta) tra cui muscoli, cuore e una parte di cotenne, macinate finemente e conciate. Si impasta bene e si insacca nel budello detto mariona. Zio Adriano, il provocatore (di Bruno Perini, "Millennium" n. 4/17) "Devo ammettere che quando anni fa con la canzone Tre passi avanti ho criticato e deriso il movimento beat ero "lento", molto lento. D'altronde, non per niente, mi chiamano il re degli ignoranti". Corre l'anno 2005. Zio Adriano, o semplicemente Adriano, come l'ho sempre chiamato in famiglia, abbandonate definitivamente le simpatie per l'ex Cavaliere di Arcore, confeziona su Rai Uno il pi� impegnato e antiberlusconiano dei suoi show, Rockpolitik. "� una bomba" mi aveva annunciato in una telefonata. "Vedrai, ti piacer�". Sar� infatti un tripudio di ascolti e successo. Nel corso di ogni puntata, a un certo punto, si dirige verso uno scranno che ricorda un pulpito ecclesiale e, accompagnato dalla chitarra elettrica di Michael Thompson, emette sentenze di accusa e di assoluzione nei confronti dei personaggi pi� noti del momento. Chi � assolto � "Rock", chi � colpevole � "Lento". � l� che arriva la condanna, sotto forma di autocritica, anche per se stesso. E quella non sar� l'ultima volta in cui ammetter� di aver sottovalutato i giovani beat. "Confesso che di fronte a quell'ondata di novit� che arrivava dalla Gran Bretagna rimasi attonito. Come sempre ci accade di fronte alle novit�. Ben presto tuttavia mi resi conto che stavo assistendo a una rivoluzione che stava cambiando la musica e la cultura del nostro tempo. I Beatles irruppero nella scena mondiale combinando melodia e rock e aprendo cos� una nuova era musicale. In questi casi o si coglie la novit� e ci si adegua o si rischia di venire sotterrati", rimarcher� Celentano nella biografia che ho scritto su di lui nel 2010, Memorie di zio Adriano. Quando nel 1967 a San Francisco esplode la Summer of love, in Italia lo zio Adriano, considerato da oltre un decennio il "Re del rock" anni '50, quello di Elvis Presley, Chuck Berry, Little Richard e Bill Haley, guarda con scetticismo a ci� che accade in Gran Bretagna e oltreoceano. D'altronde, l'onda lunga del pop-rock arriva con un certo ritardo dalle nostre parti e gli interpreti italiani della rivoluzione anni '60 non sono certo all'altezza degli anglosassoni. A quell'epoca ci sono i Nomadi, l'Equipe 84, i Giganti, i Dik Dik e altri discreti gruppi minori. Il confronto con i grandi del rock inglese e statunitense � tuttavia insostenibile. � proprio in questo clima culturale che nasce il pezzo Tre passi avanti, che ha fatto guadagnare allo zio l'epiteto di conservatore. "Caro Beat mi piaci tanto, sei forte perch� hai portato oltre alla musica dei bellissimi colori che danno una nota di allegria in questo mondo pieno di nebbia. Per� se i ragazzi che non si lavano, quelli che scappano di casa, e altri che si drogano e dimenticano Dio fanno parte del tuo mondo. O cambi nome. O presto finirai". Fin qui il parlato del brano. Il cantato esordisce cos�: "Tre passi avanti e crolla il mondo Beat, una meteora che fila e se ne va, ragazza svegliati. Ehi, cosa fai, mi lasci per andare con uno che ti mette nei guai". L'attacco a quella generazione � forte, l'identificazione con la droga � pesante. Ma si tratta pur sempre di una canzone. I media di allora non ne fanno un caso, anche perch� siamo alla vigilia della vera "rivoluzione", che in Italia pi� che in altri luoghi dell'Europa assumer� una colorazione politica accentuata: il fatidico Sessantotto, in cui il pianeta verr� scosso da un fremito che muover� milioni di persone che si daranno appuntamento con la storia per far sentire la loro voce e per chiedere un cambiamento davvero radicale del mondo. Alla protesta per la Guerra del Vietnam si affianca la ribellione ai carri armati sovietici che invadono la Cecoslovacchia. L'Africa nera si sveglia e si ribella al sottosviluppo voluto dall'Occidente mentre in Europa, accanto alle lotte operaie e studentesche, esplode la critica alla famiglia e nasce la rivoluzione sessuale. Sono movimenti che incidono sulla politica come sulla cultura, sulla musica come sull'economia. Anche in questo caso lo zio Adriano � attonito per quanto accade: nelle tematiche sessantottine riconosce molti dei suoi temi, dal nucleare all'ecologia, dalla critica alle forme pi� deteriori della modernit� che si ritrovano ne Il ragazzo della via Gluck o nel Mondo in mi 7�, ma la sua religiosit� lo tiene lontano e lo rende ostile a temi come l'aborto. Guarda alla rivoluzione sessuale con diffidenza, non accetta la critica alla famiglia. Ricordo le nostre prime accese discussioni a tavola, le mie sfide allo zio che si traducono nel passare con il pugno chiuso alzato sotto le finestre del Clan in corso Europa. Con lo scorrere del tempo, le cose non cambiano, anzi. Nel 1970, in piena contestazione, Adriano rilancia in modo a dir poco sorprendente. Si getta infatti in quello scenario assai complesso e ancora indecifrabile, scatenando un mare di polemiche con il pezzo Chi non lavora non fa l'amore. La canzone, non pu� essere altrimenti, viene subito interpretata come un manifesto anti operaio, una provocazione a freddo contro gli scioperi di quel periodo. Poi arriva l'imprevedibile: i neofascisti di allora, organizzati nel Movimento Sociale Italiano, si appropriano del titolo del brano e ne fanno un volantino di propaganda politica contro le serrate e il movimento studentesco. Scoppia il putiferio. In occasione dello sciopero di una piccola impresa di Monza le operaie, proprio durante un acceso corteo, replicano a distanza allo zio con un cartello gigante con su scritto: "Caro Adriano, chi lavora non fa l'amore". Per me, che in quegli anni frequento la Statale di Milano e partecipo attivamente ai moti di contestazione studentesca che hanno proprio nella mia universit� il centro nevralgico, � un colpo mortale. All'improvviso � come se fossi io il responsabile di quella canzone. Tutti quelli che sanno della mia parentela con Adriano Celentano non lesinano commenti, per cos� dire, coloriti. "Bruno, tuo zio � davvero uno stronzo! Hai sentito bene che cosa dice in quella canzone che i fascisti hanno preso come loro bandiera?". Insomma, in quel clima incandescente essere il nipote del molleggiato non � certo motivo di vanto. Le critiche non si attenuano. Un giorno, su un muro di Firenze, compare una scritta enorme: "Celentano reazionario". Decido allora di mettermi in contatto con lui e chiedergli in modo schietto per quale assurda ragione gli sia venuto in mente di comporre un brano simile, nel corso di un conflitto politico e sociale che stava cambiando il corso della storia. La replica, com'� prevedibile, � tra il naive, la buona fede e il comico. Addirittura mi anticipa prima di farmi proferire parola: "Hai visto che casino � successo per la mia canzone?" "Vorrei ben vedere, Adriano. In piena contestazione ti metti a fare il pompiere degli scioperi. Che cosa ti aspettavi? Che gli operai ti portassero le rose? Quelli non sono i figli dei fiori, quelli sono incazzati sul serio. E tu che fai? Gli dici che, oltre a non dover scioperare per ottenere pi� salario, non faranno neanche l'amore...". Dopo uno dei suoi tipici silenzi risponde: "Ma no, Bruno, hanno capito male, era un modo per sdrammatizzare lo scontro tra padroni e operai. Nel testo del mio pezzo chiedo che entrambi si mettano d'accordo. Non va bene?". Cerco di spiegargli che quella canzone, al contrario, � roba da crumiri; che magari all'inizio le sue intenzioni erano buone ma poi ne era uscita una canzone provocatoria. Malgrado le mie argomentazioni lui non molla, anche se non vuole passare per fascista. Alla fine della conversazione lo metto a conoscenza anche della scritta che campeggia sul muro fiorentino. Rimane ancora una volta sorpreso. "Adriano, che fai, ti meravigli? Era il minimo che ti potesse accadere...". "No, figurati, capisco, loro hanno interpretato quelle parole come se io fossi contro gli scioperi...". Cala un altro dei suoi silenzi. Poi riprende lasciandomi di stucco, "Bruno, scusa se te lo chiedo, ma "reazionario" che cosa significa realmente? Perch� io mica l'ho capito...". La mia rabbia si scioglie in una risata. Gli spiego di nuovo di cosa lo accusava la gente e gli consiglio anche un dizionario. In realt�, in quella domanda c'� l'essenza che contraddistingue lo zio famoso. Il suo candore, a volte fonte di anacronismi, misto a inconsapevolezza. Da quella volta, infatti, mi rassegno al fatto che Adriano � cos�. Imprevedibile. Capace, senza rendersene conto, di essere nello stesso tempo tante cose differenti: reazionario e rivoluzionario, religioso e laico, politico e distaccato. Legato alla tradizione ma anticipatore dei tempi, sia sul piano musicale sia su quello del costume. In buona sostanza, un grande estimatore (e un grande utente) del paradosso.