Novembre 2019 n. 11 Anno XLIX MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice Chiss� cosa c'era sotto Meraviglie e inganni dell'udito Magellano: il giro del mondo in un'intuizione Chi ha inventato l'orologio da polso? Pasta ripiena, ricca bont� della tradizione New York, benvenuti al centro del mondo Eros Ramazzotti si racconta Chiss� cosa c'era sotto (di Massimo Polidoro, "Focus Storia" n. 19/08) - Confraternite, giudei, servizi segreti, "cupole" alla conquista del mondo. Perch� da sempre vediamo ovunque trame oscure - Gli attacchi terroristici dell'11 settembre? Una cospirazione dei poteri forti americani per creare il pretesto della guerra all'Iraq. L'Aids? Un'arma di distruzione di massa messa a punto da Usa e Urss per frenare la crescita della popolazione e colpire africani e omosessuali. Sono solo due esempi contemporanei di teorie della cospirazione, ma l'idea che il mondo sia governato da una "cupola" di pochi uomini potentissimi non � certo una novit� del nostro tempo. Per comprendere perch� tanta gente - in ogni epoca - finisca per pensare che dietro a svolte e fatti eclatanti ci siano sempre trame occulte, nella seconda met� del Novecento il filosofo Karl Popper ha analizzato la "teoria sociale della cospirazione". "Questa teoria � simile a quella che si trova in Omero" ha spiegato Popper. "Per gli antichi Greci tutto ci� che accadeva nella pianura davanti a Troia era solo un riflesso delle molteplici cospirazioni tramate sull'Olimpo. La teoria sociale della cospirazione � in effetti una versione della credenza in divinit� i cui capricci o voleri reggono ogni cosa". Poich� la societ� si � secolarizzata, il posto degli dei � stato preso dai diversi gruppi di potere, ai quali imputare di avere organizzato questo o quel disastro. Il complotto, come diceva Pier Paolo Pasolini, ci libera anche dal peso di doverci confrontare da soli con la verit�. � d'accordo il semiologo Umberto Eco: "La psicologia del complotto" dice "nasce dal fatto che le spiegazioni pi� evidenti dei fatti preoccupanti non ci soddisfano, e spesso ci fa male accettarle". Cos� si preferisce immaginare un "Grande Vecchio" colpevole di tutto piuttosto che constatare il fallimento del proprio modello sociale. Forse per questo, secondo lo storico Richard Hofstadter della Columbia university, la "mania" delle cospirazioni � parte integrante della mentalit� americana sin dalla nascita degli Stati Uniti. Se ne trovano tracce gi� nel 1760, quando prese corpo l'idea dell'esistenza di un piano segreto del governo inglese per togliere ai coloni americani i diritti che si erano conquistati. Ma il boom delle teorie del complotto si ebbe nel 1963 quando, per spiegare l'assassinio del presidente Kennedy, si diffusero varie teorie secondo cui l'omicida, Lee Harvey Oswald, non era un semplice squilibrato ma l'esecutore di un piano i cui mandanti potevano essere la mafia (che aveva conti in sospeso con i Kennedy), la Cia (ai ferri corti con il presidente per la questione cubana), ma anche il Kgb. La teoria del complotto, secondo Hofstadter, nasce da un modo di pensare paranoico e distorto, magari gi� presente nella societ� e "amplificato" dalla propaganda. Il complotto infatti � sempre diretto contro la propria nazione, la propria cultura, il proprio stile di vita, messi in pericolo dal nemico di turno, spesso un nuovo arrivato sulla scena della Storia. Nella Roma dei primi secoli dopo Cristo, per esempio, si diceva che i cristiani appiccassero incendi e propagassero malattie per indebolire l'impero. E pi� tardi il ruolo di capro espiatorio fu preso dagli ebrei, accusati prima di voler distruggere la societ� cristiana, poi di voler conquistare il mondo attraverso il potere del denaro. I Protocolli dei Saggi di Sion, un testo redatto ad arte da gruppi antisemiti russi, ma presentato nel 1903 come un documento autentico, fu a lungo utilizzato come prova di questa cospirazione inesistente. Eppure di cospirazioni, nel corso dei millenni, ne sono avvenute davvero. A partire dalla congiura per uccidere Cesare (44 a.C.) fino allo scandalo Watergate (1972) che port� alle dimissioni del presidente americano Nixon, gli esempi abbondano e non sono solo i paranoici a vederli. Come si spiega? "Popper non ha mai negato l'esistenza di cospirazioni" precisa Giulio Giorello, docente di Filosofia della scienza all'Universit� di Milano. "Ha invece puntualizzato come esse non si realizzino mai o quasi mai nei modi in cui gli attori coinvolti si aspettavano. Che l'omicida di Marat o quello di Lincoln abbiano agito da soli o con dei complici, non sembra che quelle azioni abbiano giovato rispettivamente alla causa del re di Francia o a quella dei Sudisti. La nostra analisi della Storia non pu� non tenere conto di quelle che potremmo chiamare le conseguenze non intenzionali delle nostre scelte e decisioni". La Storia, insomma, � una realt� complessa e imprevedibile. Nemmeno Hitler, lui stesso un teorico della cospirazione e un uomo dal potere assoluto, riusc� a realizzare le sue trame. Perch� fall�? Secondo Popper, intanto, perch� altri potenti cospirarono a loro volta contro il F�hrer. Ma anche perch�, nella societ� come nelle vicende di popoli e nazioni, il risultato delle azioni umane, anche quelle compiute nell'ombra, non � quasi mai quello previsto. I fan del complottismo, per�, non si rassegnano ad accettare il fatto che la Storia non si possa plasmare a proprio piacimento. Meraviglie e inganni dell'udito (di Marco Ferrari, "Focus" n. 236/12) - Aiuta a orientarci nell'ambiente, facendoci percepire suoni e rumori. Ma pu� influenzare anche l'umore e la salute. Ecco come funziona - Una camera anecoica � una stanza coperta di strane strutture piramidali o a parallelepipedo, che assorbono qualsiasi suono riflesso. Una di queste camere, all'Universit� di Salford (Inghilterra), � considerata "il luogo pi� silenzioso del mondo". Un posto tranquillo dove riposare e meditare? No, perch� nessuno vi resiste pi� di tre quarti d'ora: rischia di impazzire. In ogni momento della nostra vita, infatti, siamo immersi nei suoni, nel rumore, nella musica; dalla sveglia alla mattina alle automobili alle (insopportabili) frenate dei treni. Gradevoli come una sinfonia o irritanti come il pianto di un bambino. Tutto dipende dall'orecchio, un "congegno" relativamente semplice, presente all'interno del cranio. La parte pi� importante � una specie di chiocciolina ben protetta quasi al centro della testa, che risale a circa 400 milioni di anni fa, all'antenato di tutti gli animali terrestri. E ha lo scopo di percepire al meglio i suoni, perturbazioni dell'aria provocate da un corpo che vibra: che pu� essere qualunque cosa, dalle corde vocali a uno strumento musicale fino a un martello pneumatico. L'orecchio umano pu� percepire questi spostamenti d'aria solo all'interno di un determinato ambito di frequenze (da 16 a 20.000 hertz, dai suoni pi� bassi ai pi� acuti); al di sotto e al di sopra di questi valori, il nostro orecchio � insensibile. Il suono arriva dunque alla parte sensibile, la coclea; � una struttura a forma a chiocciola, forse per fare stare in poco spazio la sequenza di cellule che vibrano con le onde sonore. La coclea ha un sistema che filtra i volumi troppo alti: potrebbero danneggiare le sue delicate cellule. Oggi per� le sollecitazioni sono molto frequenti e costanti, e spesso l'orecchio si trova sottoposto a veri e propri bombardamenti. Sia involontari, come una sirena che ci sorprende alle spalle, sia volontari, come alcuni gruppi rock che emettono un vero tsunami di suoni. I "Sunn O)))", gruppo Usa di doom metal, fanno firmare una liberatoria prima dei concerti, scaricandosi delle responsabilit� per eventuali danni all'udito. I pi� a rischio sono per� i musicisti stessi e i giovani che ascoltano la musica in cuffia; a meno che non indossino le nuove cuffie a soppressione del rumore, che abbassano drasticamente il rumore esterno e permettono di tenere un volume pi� basso. L'inquinamento acustico generalizzato rappresenta per� un grave danno per tutta l'Unione Europea. Pi� del 44% della popolazione dell'Unione, 210 milioni di persone, � regolarmente colpito da un rumore superiore ai 55 decibel: oltre 50-mila persone muoiono prematuramente a causa dell'inquinamento acustico, per le conseguenze della mancanza di sonno e dell'ansia provocate dall'esposizione al rumore, e 200.000 soffrono ogni anno di problemi cardiovascolari a causa del rumore del traffico. Secondo uno studio dell'istituto indipendente olandese Tno, uscito poche settimane fa, � proprio il traffico veicolare la fonte pi� dannosa di inquinamento acustico. � stato calcolato che il programma di riduzione del rumore nelle autovetture (in esame alla Commissione europea) permetterebbe a 8 milioni di persone di dormire meglio, e farebbe risparmiare 326 milioni di euro di spese sanitarie in vent'anni. Spesso quel che accade all'orecchio per� � inevitabile: e il danno abbassa la capacit� di ascoltare, fino alla sordit�. Un fenomeno esploso negli ultimi anni. "L'inquinamento acustico negli ambienti di vita � in aumento" dice Giancarlo Cianfrone, ordinario di audiologia alla Sapienza di Roma "e il fenomeno � incontrollabile. Le norme esistono, ma sono deboli e osservate un po' a macchia di leopardo". Le conseguenze sono un aumento delle malattie dell'udito, come ipoacusie, iperacusie (eccessiva sensibilit� ai suoni) e sordit� vera e propria. Ma i rischi non sono solo per l'apparato uditivo direttamente: "Anche a livelli inferiori agli 85 decibel (la "barriera", oltre la quale ci sono danni permanenti) possono sorgere problemi di ipertensione o di cardiopatie. Oppure turbe del sonno, con conseguenze come ansia, depressione e altri disturbi psicologici". Se la sordit� si pu� tamponare con i normali apparecchi acustici, diffusi ormai a milioni in Italia, � molto pi� complesso riuscire a ovviare alla sordit� profonda, quella che implica un danno alla coclea: "Gli impianti cocleari, il cosiddetto "orecchio bionico", sostituiscono completamente la coclea (per impiantarli occorre un intervento chirurgico) e mandano il segnale nel nervo acustico. In Italia sono presenti da anni, dovrebbero essere intorno ai 10-15.000, mentre in Europa sono circa 150.000-200.000" spiega Cianfrone. Se riescono a evitare i danni del rumore e del volume eccessivo, le cellule nervose inviano, attraverso le fibre del nervo uditivo, il segnale al sistema nervoso centrale, dove il rumore diventa sensazione. Come accade per la vista, il segnale uditivo deve essere elaborato per diventare interessante. Anche se "non c'� bisogno di arrivare alla coscienza per accorgersi per esempio di suoni stonati" dice Elvira Brattico, neuroscienziata e docente presso l'Universit� di Helsinki. "La risposta velocissima a suoni "impropri" � una procedura automatizzata dal cervello". La corteccia uditiva primaria risponde, senza che intervenga l'attenzione, a suoni stonati, cio� fuori da una normale scala musicale. "Per altre regole pi� complesse, come quelle dell'armonia, entra in azione un'altra area della corteccia cerebrale, situata nella parte destra del cervello: si trova nella zona corrispondente a quella che, nell'emisfero sinistro, si occupa del linguaggio" aggiunge Brattico. Anche l'udito subisce per� l'influenza culturale; quelli che per noi sono accordi stonati potrebbero essere deliziosi pezzi musicali per gli asiatici. Per capire un suono � quindi necessario tutto il cervello: lo dimostra una malattia, l'amusia. Chi ne � affetto sa riconoscere i suoni, ma non riesce a capire la musica, perch� i fasci di fibre che connettono la zona del cervello che serve per l'ascolto e quella utile alla sua comprensione sono pi� sottili. "Per questo si affidano alle parole delle canzoni per riconoscerle e possono far finta di provare piacere nell'ascolto. Per loro" dice Brattico "sentire un pezzo musicale � come ascoltare pentole che sbattono fra di loro". Negli amusici � quindi carente una delle distinzioni pi� importanti della vita moderna, quella tra suono e rumore. Molti libri la spiegano con la differenza tra la forma delle onde prodotte: il rumore produrrebbe onde disordinate e caotiche, il suono sarebbe ordinato e regolare. "La distinzione non rende la ricchezza dell'argomento. Credo sia meglio usare una definizione un po' tecnica, che viene dall'informatica" afferma Carlo Andrea Rozzi, fisico dell'Istituto Nanoscienze del Cnr con la passione per la musica. "Il suono � la parte dell'ascolto che mi interessa, il rumore � ci� che mi disturba. In un concerto il rumore pu� essere un fruscio o un colpo di tosse, ma durante una registrazione si utilizzano rumori di fondo per rendere la musica pi� viva". Se si vuole avere l'effetto di "musica anni '70", si possono introdurre sui cd i clic tipici dei dischi in vinile. Ma anche qui la cultura fa la parte del leone. Se noi occidentali siamo abituati a suoni armonici, la musica dell'Estremo Oriente si basa su campane, gong eccetera; sono suoni cangianti e la distinzione tra suono e rumore � molto pi� sfumata. "La stessa gradevolezza degli accordi � cambiata nel tempo. Alcuni accordi precisi erano considerati consonanti (cio� gradevoli) nel Medioevo; nel periodo barocco e classico l'armonia si complica. Furono ritenuti innovatori i musicisti che introdussero accordi fino a quel momento intollerabili, come fece Beethoven nell'ultimo movimento della Nona sinfonia" precisa Rozzi. Hanno lo stesso effetto gli accordi importati dalla musica nera in quella occidentale, cio� il blues e la musica da esso derivata, dal jazz al rock. Con l'organo dell'udito, il cervello e i nostri ricordi, il suono � determinato anche dai luoghi: a differenza della camera anecoica, l'ambiente ideale "contiene" sempre un po' di suoni e rumori. � per questo che la struttura di una sala da concerto � complicata: come onde nel mare, i suoni rimbalzano, si rafforzano e si indeboliscono. "Gi� l'architetto romano Vitruvio diceva che nei teatri greci e romani si disponevano grossi bacili metallici per migliorare l'udibilit�. L'acustica architettonica adesso � molto pi� scientifica, e uno dei suoi scopi � governare il tempo di riverberazione" dice Rozzi. Cio� il tempo che passa dall'emissione diretta del suono a quello che viene riflesso o ritrasmesso dalle pareti, dagli ascoltatori e dai componenti dell'ambiente. Se una certa quantit� di riverberazione migliora il suono, quando questa � eccessiva il suono diventa confuso. "Tutte le strutture delle sale da concerto (vele, pannelli, coni, piramidi, coperture) sono utili per governare il tempo di riverberazione degli strumenti. In modo da avere una diffusione del suono il pi� possibile uniforme, sia in intensit� sia come tempi di riverbero" spiega Rozzi. Anche i materiali sono fondamentali nella diffusione del suono. Un teatro pieno "suona" molto diversamente da uno vuoto; sono gli abiti degli spettatori che assorbono diversamente dalle poltrone vuote. Il tutto ovviamente dipende anche dal tipo di musica: La Scala di Milano, per esempio, � molto pi� adatta alla lirica che alla musica da camera. Problemi completamente diversi esistono ovviamente per i palazzetti che ospitano concerti rock o pop, dove anche il volume del suono influenza l'ascolto. Che cosa sentono gli animali Le capacit� uditive degli animali sono molto migliori di quelle dell'uomo. I cani ci superano, perch� sentono da 40 a 60.000 Hz. I veri maestri nell'arte di usare il suono sono per� i pipistrelli, in grado di percepire suoni con frequenza da 20 a 150.000 Hz. Emettendo gridi fortissimi, e riascoltando l'eco che proviene dall'ambiente, possono navigare nel buio. Anche i cetacei, in particolare delfini e capodogli, possono usare il sonar sott'acqua per percepire le prede e addirittura stordirle con la potenza delle onde sonore. Chi invece � in grado di ascoltare suoni con frequenza pi� bassa sono gli elefanti, che addirittura possono comunicare oltre i 10 km grazie ad essi. Anche per quanto riguarda la sensibilit�, molti animali ci battono: se i cani arrivano a meno 30 decibel, i gatti sono ancora pi� sensibili. Gli uccelli hanno praticamente la nostra stessa sensibilit�, e solo rettili e anfibi sono molto meno sensibili di noi. Si sviluppa bene solo dal 5� mese Ancor prima di nascere i bambini sono in grado di percepire i suoni attraverso le vibrazioni del liquido amniotico della madre e gi� appena nati sanno riconoscere la voce della mamma o il brano musicale che essa ascoltava spesso in gravidanza. Seppur in grado di percepire i suoni pi� acuti, i neonati non sanno localizzare bene da dove essi provengano: questa abilit� viene sviluppata perfettamente attorno al quinto mese di vita. A questa et� l'orecchio discerne anche i toni pi� gravi, come la voce del padre, mentre a partire dai sei mesi i bambini tentano di riprodurre i suoni ascoltati in forma di sillabe. Il loro linguaggio non ha ancora preso forma, ma diversi studi hanno dimostrato che gi� a questa et� essi sono in grado di comprendere ci� che dice un adulto, specialmente quando gli argomenti vertono sul cibo. Magellano: il giro del mondo in un'intuizione ("Focus Storia" n. 156/19) - Una brillante idea permise all'esploratore, 500 anni fa, di circumnavigare per la prima volta il globo e cambiare le conoscenze geografiche dell'uomo - Part� con cinque navi e centinaia di uomini al seguito. Lui non torn� mai, mentre delle imbarcazioni ne rientr� solo una, con 18 persone a bordo. Una tragedia? S�, ma anche un successo epocale. Il ritorno di quell'unica nave, dall'emblematico nome di Victoria, sanc� la prima circumnavigazione del globo, impresa che, cinquecento anni fa, cambi� per sempre le conoscenze geografiche dell'uomo. Quel "nuovo Ulisse" era un navigatore portoghese che rispondeva al nome di Fern�o de Magalh�es, alias Ferdinando Magellano. La febbre delle esplorazioni che dilag� in Europa tra '400 e '500 contagi� potenze navali atlantiche, come Spagna e Portogallo, alla frenetica ricerca di nuove rotte per l'Oriente, ostacolate sia da Venezia sia dall'Impero ottomano, che nel 1453 aveva preso Costantinopoli. Proprio da questo doppio sbarramento nacquero le grandi esplorazioni che segnarono quest'epoca, come il viaggio in America del 1492 di Cristoforo Colombo e la spedizione in India del 1498 del portoghese Vasco de Gama (con annessa circumnavigazione dell'Africa). Sponsor di queste audaci e costose imprese erano due superpotenze rivali: Spagna e Portogallo. Ed � per conto della Corona portoghese che Magellano inizi� la sua carriera. Nato il 17 ottobre 1480 da una nobile famiglia di Sabrosa, dopo essere rimasto orfano fu educato a corte e dal 1505 accumul� esperienza in mare, prestando servizio nei possedimenti coloniali portoghesi in India. Partecip� quindi a una spedizione nell'odierna Malesia, guadagnandosi i gradi di capitano, e poi prese servizio in Nord Africa. Coinvolto in uno scandalo, nel 1514 lasci� la carriera militare, concentrandosi su un'idea che s'era fatta largo nella sua mente: trovare un percorso marittimo per l'Asia alternativo alla circumnavigazione dell'Africa. Nel 1513 il conquistador Vasco N��es de Balboa aveva attraversato il Centro America, avvistando per la prima volta il Pacifico, che aveva chiamato Mare del Sud. Studiando le carte nautiche, Magellano si convinse dell'esistenza di un passaggio nell'estremo sud dell'America, che connetteva l'Atlantico a quel mare. "Nessuno aveva idea di quanto fosse lungo il Sud America; anzi, per quel che se ne sapeva poteva non esistere il modo di attraversarlo o aggirarlo, e cos� quella di Magellano appariva come una vera "scommessa"", spiega lo storico Alessandro Barbero. Per vincerla, il navigatore chiese al re portoghese Manuele I di finanziargli una spedizione, ma invano. Se ne and� allora in Spagna, rivolgendosi alla "concorrenza". Nel 1518 Magellano sedusse con il proprio progetto Carlo V d'Asburgo, giovane re di Spagna e prossimo sovrano del Sacro Romano Impero. Carlo comprese come una nuova rotta per l'Oriente, e in particolare per l'area delle Molucche, o "isole delle spezie" (noce moscata e chiodi di garofano, venduti in Europa a peso d'oro), avrebbe portato grandi vantaggi commerciali. C'era poi una questione "tecnica", legata al fatto che nel 1494, con il Trattato di Tordesillas, Spagna e Portogallo si erano spartite il mondo extra-europeo seguendo una linea immaginaria che attraversava in verticale l'oceano Atlantico, proseguendo idealmente dall'altra parte del globo. "Le terre a est di questa linea spettavano ai portoghesi, quelle a ovest agli spagnoli, la cui speranza era di attestare come le isole delle spezie rientrassero nella loro met� di mondo", afferma Barbero. Fu per questo che Carlo V offr� al navigatore portoghese un contratto che prevedeva sia un compenso economico sia la concessione di uno dei territori eventualmente conquistati (esclusi quelli pi� ricchi). Magellano si ritrov� cos� a disposizione cinque navi (la Concepci�n, la San Antonio, la Santiago, la Trinidad e la Victoria) e oltre 230 uomini (spagnoli, seguiti da portoghesi, italiani e interpreti africani e asiatici). Riunitasi nel porto di Sanl�car de Barrameda, a nord di Cadice, la flotta salp� per il mare aperto il 20 settembre 1519. Dopo una tappa nelle Canarie, le navi solcarono l'Atlantico e a dicembre giunsero in Brasile, scendendo poi verso l'Argentina. Qui fu esplorato il rio della Plata, fiume scambiato per il possibile passaggio, dopodich� la flotta si spinse in Patagonia, attraccando nel marzo 1520 in localit� Puerto San Juli�n. Dell'agognata via d'acqua non c'era per� traccia e, non bastasse, le scorte alimentari stavano scarseggiando. Ci fu un tentativo di ammutinamento che Magellano affront� abbandonando su un'isola deserta il capo della sommossa, Juan de Cartagena, assieme a un frate. A scuotere gli animi fu poi il naufragio della Santiago, inviata in perlustrazione. Magellano non si scoraggi� e a ottobre ripart� in direzione sud, continuando a esaminare ogni baia e ogni promontorio in cerca del passaggio. Finch�, il 21 ottobre, le vedette scovarono uno stretto che s'incuneava nell'entroterra, puntando verso ovest. Era la via marittima che stavano cercando, in cui si avventurarono per� soltanto tre navi, visto che la San Antonio prefer� mollare l'impresa facendo rotta verso casa. La rimanente flotta attravers� quindi una regione aspra, battuta da gelidi venti e segnata da inquietanti fumi che salivano dalle sponde del braccio di mare. "Gli uomini di Magellano la chiamarono per questo "terra dei fumi", espressione poi mutata in "terra del fuoco", ritenuta pi� suggestiva dai cartografi", annota Barbero. "Quanto all'origine dei fumi, si trattava verosimilmente di indios che bruciavano i terreni per prepararli alla coltivazione". Superato il tortuoso passaggio, lungo oltre 500 km e poi ribattezzato "Stretto di Magellano", il 28 novembre le navi entrarono in una nuova distesa d'acqua, oltre cui c'era il tanto sospirato Oriente. Il nuovo oceano si present� a Magellano particolarmente placido, con correnti e venti favorevoli, tanto che lo chiam� Pacifico. Con la prua puntata a nord-ovest, ne solc� le acque per mesi, durante i quali l'equipaggio fu decimato dalla fame, dalla sete e dagli effetti dello scorbuto e di altre malattie (nei diari di bordo si contavano 19 cadaveri gettati in mare). Il 6 marzo 1521 si profil� finalmente terra all'orizzonte: erano le isole Marianne, dove le navi si rifornirono per poi rimettersi in viaggio e sbarcare dieci giorni dopo nelle Filippine. Qui, nell'isola di Cebu, Magellano si dedic� a convertire al cattolicesimo la popolazione locale, guidata dal sovrano Raja Humabon. "Pur finalizzate agli affari, le spedizioni dell'epoca vantavano infatti anche un risvolto ideologico, basato appunto sulla diffusione del cristianesimo", spiega Barbero. Se la comunit� di Cebu accett� di sottomettersi agli spagnoli, la vicina isola di Mactan si mostr� invece estremamente ostile, e quando il 27 aprile 1521 Magellano sbarc� sull'isola, armi in pugno, i guerrieri locali, guidati dal capo Lapu-Lapu, lo uccisero a colpi di lance e frecce, senza poi riconsegnare il corpo al resto dell'equipaggio. Ormai orfani del loro comandante, i sopravvissuti ripresero il mare, ma non prima di aver dato fuoco a una delle navi rimaste, la Concepci�n. Il motivo? Non vi erano pi� uomini per condurla. Prese il comando lo spagnolo Juan Sebasti�n Elcano, che guid� la flotta attraverso le acque malesi e indonesiane approdando a novembre nelle Isole delle spezie, vero obiettivo della spedizione. "Che si fossero fatti tanti sforzi "solo" per un po' di spezie non deve stupire", ricorda Barbero. "Erano infatti ricercatissime sia a tavola sia nel tessile, per produrre coloranti, sia in ambito medico, per preparare farmaci". Il traguardo era stato dunque raggiunto: non restava che tornare a casa. La Trinidad, danneggiata, rimand� per� la partenza (cadr� poi in mano ai portoghesi), mentre la Victoria, condotta da Elcano, attravers� indenne l'oceano Indiano, oltrepass� l'Africa e risal� l'Atlantico, attraccando il 6 settembre 1522 nel porto di partenza. Tra i pochi a bordo, il navigatore veneto Antonio Pigafetta, che aveva annotato in un manoscritto la cronistoria (l'unica esistente) di quello straordinario viaggio verso l'ignoto. Queste le suggestive parole appuntate nell'ultima pagina del quaderno: "dal tempo che se partissemo [...] fin al giorno presente avevamo fatto quattordici mila e quattrocento e sessanta leghe e [...] compiuto lo circolo del mondo, dal levante al ponente". In totale, la circumnavigazione del globo era durata due anni, 11 mesi e 17 giorni. Quanto alle Isole delle spezie, la contesa tra Spagna e Portogallo sar� risolta nel 1529 dal Trattato di Saragozza, favorevole ai portoghesi. In ogni caso il sogno di Colombo di raggiungere l'Oriente navigando verso Occidente era stato finalmente realizzato. E la spedizione di Magellano, che dimostrava una volta per tutte la sfericit� della Terra, ebbe un impatto cos� eccezionale, da essere paragonato a quello che avr� nel XX secolo il primo viaggio sulla Luna. Chi ha inventato l'orologio da polso? (di Matteo Liberti, "Focus Storia" n. 155/19) - Dalla meridiana, passando per la pendola da tavolo e la "cipolla" da taschino - Oggi ci basta un'occhiata allo smartphone, ma per decenni il gesto pi� comune per sapere l'ora era quello di sollevare il braccio e guardare l'orologio da polso, oggetto nato "ufficialmente" nel 1868 grazie ad Antoni Patek (1815-1894), fabbricante di orologi polacco naturalizzato svizzero, e all'inventore francese Adrien Philippe (1812-1877). Quell'anno i due, gi� fondatori dell'azienda Patek Philippe, realizzarono un preziosissimo orologio in oro con cinturino, acquistato da una nobildonna ungherese. Evoluzione di precedenti congegni basati su meccanismi a molle, l'accessorio spopol� inizialmente proprio tra il pubblico femminile, finch� con l'arrivo del XX secolo, grazie ai modelli dell'orologiaio francese Louis Cartier, si afferm� anche tra gli uomini. Ma ben prima dell'avvento dell'orologio da polso esistevano ovviamente vari apparecchi per la misurazione del tempo. Il primo strumento per quantificare il trascorrere delle ore, in uso gi� nella Cina del III millennio a.C., fu la meridiana: un'asta fissata nel terreno la cui ombra, proiettata su un quadrante disegnato a terra, variava nel corso della giornata scandendo il passaggio da un'ora all'altra (saranno gli antichi Egizi i primi a spezzettare la giornata in 24 porzioni da 60 minuti). Lo svantaggio principale di questo congegno - realizzato anche in "verticale", sui muri degli edifici - era quello di doversi adattare ai capricci del Sole, quindi di notte o nelle giornate nuvolose non funzionava. In seguito si diffusero le clessidre ad acqua, ossia contenitori con un foro da cui sgocciolava il liquido: a ogni quantit� fuoriuscita corrispondeva un intervallo di tempo. Sempre nell'antichit� apparvero le candele graduate (ovvero segnate con tacche corrispondenti a porzioni temporali), mentre in epoca medievale irruppe la clessidra come la conosciamo oggi, con due coni di vetro sovrapposti riempiti in parte di sabbia, utile a calcolare lo scorrere del tempo attraverso la quantit� di granellini che passava da una parte all'altra. A partire dal XIII secolo, una nuova rivoluzione arriv� dai cosiddetti orologi meccanici, con cui si superarono i limiti di clessidre, candele e meridiane. I nuovi congegni, realizzati grazie alle intuizioni di scienziati arabi, si basavano su sofisticati sistemi di pesi, contrappesi, bilancieri e ruote dentate, attraverso cui si producevano movimenti oscillatori che si traducevano nella rotazione, con ritmo regolare, di un ingranaggio fissato a una lancetta posta nel centro di un quadrante. In tutta Europa spuntarono campanili dotati di orologi (ma a quei tempi non erano precisi, cos� si diffuse l'uso di rimetterli sull'ora esatta a mezzogiorno, cio� quando il Sole raggiunge il punto pi� alto sull'orizzonte), e sulla base di meccanismi simili nacquero poi esemplari in scala ridotta, da tavolo. Nel XVII secolo prese forma l'elegante orologio a pendolo (brevettato nel 1656 dal fisico olandese Christiaan Huygens), destinato a divenire un apprezzato elemento d'arredo in numerose varianti, da quelle superlusso alle versioni "a cuc�" (che nasceranno il secolo seguente in Svizzera). Il finire del Seicento fu caratterizzato da nuovi prototipi in cui il movimento delle lancette era garantito da minuscoli ingranaggi azionati da piccole molle. Ci� permise di realizzare orologi ancora pi� piccoli, a "misura di taschino" che si diffusero velocemente. Poi nel 1868 la Patek Philippe introdusse il cinturino, iniziando a commercializzare i primi modelli da polso pensati per un pubblico femminile. Gli uomini continuarono a usare quelli da taschino, fino a quando Louis Cartier, nel 1904, cre� il Santos, un orologio con cinturino in cuoio progettato per un amico pilota, in modo da poterlo usare in volo. Nel 1911 segu� la prima produzione industriale, e gi� nella Grande guerra (1914-1918) gli orologi da polso furono molto apprezzati dai soldati. Finito il conflitto, il loro uso inizi� a diffondersi, anche grazie al fatto che molti divi di Hollywood li sfoggiavano nei film. Per tutto il XX secolo, il successo degli orologi da polso � andato di pari passo con la loro evoluzione tecnologica. Negli anni Venti l'azienda svizzera Rolex lanci� il primo modello impermeabile e nel decennio seguente perfezion� la carica automatica, meccanismo che consentiva all'orologio di auto-ricaricarsi attraverso il movimento del braccio. Sul finire degli anni Cinquanta arrivarono sul mercato i primi modelli alimentati a batteria. A produrli fu la giapponese Seiko, che dieci anni dopo cre� il primo orologio al quarzo, in cui i movimenti delle lancette, pi� precisi che nei modelli meccanici, erano determinati dalle oscillazioni di un cristallo di quarzo. Negli anni Settanta fu inventato il display digitale, in cui ore e minuti apparivano sotto forma di numeri. Nello stesso decennio, le evoluzioni del digitale consentirono di produrre innovativi apparecchi "multifunzione" che oltre all'ora offrivano calendari, calcolatrici, bussole, profondimetri e altre utilit�. Tra i modelli pi� apprezzati lo svizzero Omega Speedmaster, il primo orologio a essere "sbarcato" sulla Luna, il 20 luglio 1969, al polso dell'astronauta statunitense Buzz Aldrin. Tra gli anni Ottanta e Novanta imperversarono invece gli orologi della svizzera Swatch, modelli analogici (cio� con le lancette) dal design rivoluzionario (un trionfo pop). Nel nuovo millennio, gli orologi da polso hanno ripreso il cammino digitale, trasformandosi in computer, o meglio "smartwatch", dotati di videogiochi, radio, fotocamere, lettori multimediali e connessione web. Nonostante le prestazioni eccezionali dei nuovi modelli, gli orologi "vecchio stile" sono per� ben lontani dall'andare in pensione. Pasta ripiena, ricca bont� della tradizione ("RivistAmica" n. 8/19) - Ricette prelibate che vantano radici antiche e possono essere insaporite con una vasta gamma di farciture -m Se la pasta � la "bandiera" del gusto italiano nel mondo, la variante ripiena consente un viaggio ancora pi� approfondito nella nostra tradizione culinaria perch� � frutto dell'unione tra questo prodotto tipico e altri ingredienti rinomati del nostro Paese che la rendono ancora pi� ricca e appetitosa. Lo dimostra il fatto che questa specialit� gastronomica dalle radici molto antiche ha numerose varianti lungo lo Stivale, a cominciare da torteIlini e ravioli accompagnati da variegate tipologie di farciture, perfette con la loro sostanziosit� per i pasti dell'autunno-inverno. Tracce delle prime ricette di pasta ripiena si ritrovano gi� nel Liber de Coquina, redatto in latino volgare alla corte angioina di Napoli fra XII e XIII secolo. E se inizialmente i ripieni erano costituiti principalmente da vegetali, ben presto si cominciano per� a sperimentare anche le farciture di carne e pesce, pestati nel mortaio e insaporiti con spezie prima di adagiarli nella sfoglia. Nel Trecento i "rateviuoli" sono gi� abbastanza famosi da meritare una citazione nel Decamerone di Boccaccio, che li indica come prelibatezza dell'immaginario paese di Bengodi. La sfoglia della pasta ripiena pu� essere "bianca", ovvero realizzata con acqua e farina, o all'uovo, come molte delle specialit� pi� famose, con una variante che influisce gi� sull'aspetto del risultato finale, dal colore pi� vivo e tendenzialmente pi� corposo. Inserendo un uovo ogni circa 100 g di farina, senza acqua aggiunta, si ottiene una pasta che si sposa a ogni ripieno con avvolgente delicatezza. La presenza di tuorlo e albume, infatti, rende l'impasto particolarmente morbido e saporito, caratteristica che potrebbe pi� facilmente convincere all'assaggio anche i bambini. Un gustoso tour gastronomico attende chi vuole scoprire i tipi di pasta ripiena che si mangiano nelle diverse regioni d'Italia. Fra i pi� noti ci sono ravioli e tortellini. I primi, secondo alcune ricostruzioni di origine ligure, nella versione pi� tradizionale custodivano in origine un ripieno "di magro", composto da verdure e formaggi, come nella diffusa versione "ricotta e spinaci" ancora in auge, affiancata per� oggi anche dalle farciture a base di carne. I tortellini, invece, sono un vanto dell'Emilia, con Modena e Bologna a contendersene i natali. La ricetta dei "Tortellini di Bologna" � stata addirittura depositata, con tanto di atto notarile, dalla "Dotta confraternita del Tortellino" nel 1974: il ripieno prevede lombo di maiale, prosciutto crudo, mortadella di Bologna, Parmigiano Reggiano, uovo e noce moscata. La pasta, poi, andrebbe cucinata rigorosamente in brodo. Restando in zona si possono provare i cappellacci alla zucca, piatto tipico di Ferrara, da non confondere con i cappelletti, emiliano-romagnoli o marchigiani, solitamente con carne e formaggio all'interno. Mentre in Piemonte si farciscono gli agnolotti soprattutto con la carne di manzo, in Sardegna i culurgiones prevedono in una delle loro varianti patate lessate, cipolle e menta. Dalle valli lombarde (in particolare dalla Bergamasca) e venete arrivano i casoncelli (con ripieni e condimenti vari), e da quelle altoatesine gli "Schlutzkrapfen", gustose mezzelune di ricotta e spinaci. E se volete provare la versione dolce, spazio infine ai "cjarsons" friulani, che si possono farcire pure con cioccolato, marmellata e uva passa. New York, benvenuti al centro del mondo ("RivistAmica" n. 8/19) - Un viaggio nella Grande Mela � un'eperienza unica tra luoghi e attrazioni entrati nell'immaginario collettivo - New York non � una citt�. � "la" citt�. Con luoghi e attrazioni cos� famosi, anche grazie agli innumerevoli film ai quali hanno fatto da set, da risultare familiari anche a chi non l'ha mai visitata. Per conoscerla davvero servirebbe un soggiorno molto lungo, ma se avete meno tempo ecco alcune idee dalle quali iniziare (necessariamente da integrare con le proposte della guida ufficiale della citt�: www.nycgo.com). Ogni viaggiatore ha la "sua" mappa di luoghi imperdibili della Grande Mela. In questa uno spazio lo merita sicuramente Times Square, l'incrocio-piazza probabilmente pi� noto al mondo, da attraversare per poter vedere dal vivo le sue luci, i grandi manifesti e i megaschermi ricchi di immagini colorate sempre accesi. Meno psichedelico ma ugualmente iconico � Central Park, enorme oasi verde urbana che offre una parentesi di tranquillit� all'interno della metropoli frenetica: qui newyorkesi e turisti amano passeggiare, o fare sport all'aria aperta tra prati e specchi d'acqua, in una struttura che ospita anche uno zoo e spettacolari fontane come la Bethesda, sormontata dalla statua dell'"Angelo delle acque". Da raggiungere in battello � poi la Statua della Libert�, imponente monumento che in passato era il primo "biglietto da visita" che si presentava davanti agli occhi di coloro che venivano da lontano a cercare fortuna negli Stati Uniti: un ruolo che ancora oggi � testimoniato dal museo dedicato all'argomento, l'American Family Immigration History Center, ospitato nella vicina Ellis Island. E sempre sull'acqua si estende la spettacolare architettura del Ponte di Brooklyn, tra Brooklyn e Manhattan, soggetto perfetto per una "cartolina" della citt�, soprattutto al tramonto. L'elenco potrebbe continuare praticamente all'infinito, da tutti gli angoli di Manhattan, a Wall Street, centro finanziario mondiale con la sua celeberrima statua del toro, dal fascino gotico della Cattedrale di San Patrizio alle architetture del Rockefeller Center, fino a quartieri per tutti i gusti a partire da "Little Italy", per sentirsi un po' a casa. La scelta dei possibili itinerari � quindi sterminata. Una buona soluzione pu� perci� essere una visione d'insieme dall'alto, da uno degli imponenti palazzi e grattacieli newyorkesi. Anche in questo caso le alternative sono numerose: tre colpi d'occhio difficili da dimenticare li offrono ad esempio l'Empire State Building, capolavoro art d�co con i suoi punti d'osservazione all'86-esimo e al 102-esimo piano, l'osservatorio "Top of the Rock", posto 70 piani sopra Rockefeller Plaza e che propone una visione a 360 gradi con un'interestesante prospettiva su Central Park, e il "One World", situato sull'One World Trade Center. Il fascino di New York risiede anche nelle innumerevoli occasioni che la citt� propone per vivere esperienze emozionanti e che raccontano l'anima della metropoli. Alternative per tutti i gusti, che vanno da eventi sportivi che uniscono atleti formidabili e intrattenimento "all'americana", come una partita di baseball al mitico Yankee Stadium o una di basket NBA al Madison Square Garden. I patiti dello shopping troveranno ci� che fa per loro ad esempio nei grandi magazzini "Macy's" sulla Quinta Strada, mentre chi ama gli spettacoli dal vivo non potr� non trascorrere almeno una serata nei teatri di Broadway. E la cultura trova mille altre forme di espressione anche in spazi espositivi dove trascorrere intere giornate, come il Metropolitan Museum, il MoMa o il Museo di Storia Naturale, senza dimenticare altri luoghi iconici che vale la pena ammirare anche solo dall'esterno, come la New York City Library o la sede del New York Times. In ricordo dell'11 settembre Anche la citt� delle mille luci ha conosciuto il suo giorno pi� buio. L'11 settembre 2001, data del terribile attentato che ha distrutto le Torri Gemelle causando migliaia di vittime. Presso il World Trade Center ora le vittime di quella tragedia (e del precedente attacco del 1993) sono ricordate da un memoriale e un museo. Il primo � costituito principalmente da due grandi vasche che sorgono nel luogo dove si innalzavano le Twin Towers e che riportano incisi tutti i nomi delle vittime. Il museo � invece il luogo istituzionale della memoria, racconta con un approccio multimediale ogni aspetto dell'accaduto ed � anche tra i principali centri di documentazione e ricerca sull'attentato. Food truck, il cibo che conquista la strada I camioncini che si trasformano in cucine mobili e servono cibo praticamente a tutte le ore, i cosiddetti "food truck", sono parte integrante del paesaggio urbano di New York e un'occasione per gustare i sapori tipici della metropoli immersi nella vita cittadina. La variet� di pietanze disponibili � incredibile, dagli immancabili hot dog e hamburger ai pastrami fino a dolci e a specialit� di ogni parte del mondo, dall'Italia alla cucina mediorientale e ai piatti tipici centro e sudamericani. Eros Ramazzotti si racconta (di Leonardo Iannacci, "Ulisse" n. 419/19) - Il ragazzo "nato ai bordi di periferia" porta il meglio della musica italiana sui palchi pi� prestigiosi - L'esaltante volo sul mappamondo di emozioni che il giovane Eros sognava da bambino, cercando una terra promessa fatta di note e di grande musica, ha toccato la tappa pi� esaltante. Al centro di quel mondo immaginario che studiava a occhi chiusi nella sua cameretta di Cinecitt�, Ramazzotti ci � arrivato con "Vita ce n'� World Tour", il progetto partito a fine 2018 con il disco pubblicato in 100 paesi (record per un artista italiano) e che proseguir� sino al 2020 con una serie di concerti top. Abbiamo incontrato Eros, ambasciatore della musica italiana, nei camerini archeologici dell'Arena di Verona, il teatro magico dal quale � partito il secondo "leg" del tour. Abbiamo scoperto che quel ragazzo di periferia non � cambiato affatto: � l'Eros di sempre nonostante la vita da star, i 60 milioni di dischi venduti e una (rara) popolarit� planetaria. - Eros, il progetto "Vita ce n'�" si � via via trasformato in un inaspettato kolossal: al via si aspettava un tale successo? "Tutto nasce dal rispetto che si ha per il pubblico, soprattutto in questo momento difficile che sta vivendo la musica su disco. Il mio � stato accolto bene e non solo in Italia, a testimonianza che la fiducia si deve sempre rinnovare non dando mai nulla per scontato. Poi � venuto il tour, a riprova che avevamo fatto le cose per bene". - Da Verona � ripartito il tour che proseguir� nel 2020: tre anni live nel mondo, mai impresa fu pi� ardita. "Non sono pi� un ragazzino e l'et� si fa sentire. Mi alleno, pur non giocando pi� a calcio. Faccio vita sana in campagna e rispetto il corpo. Due ore sul palco sono eccitanti ma impegnative. Questo live durante il quale canto una trentina di canzoni lo vivo come il completamento ideale dell'album. Il palco resta sempre la parte pi� bella del lavoro. Adoro far ascoltare la mia musica fuori dall'Italia". - Lei veste i panni di ambasciatore musicale nel mondo. Da Cinecitt� ai palchi pi� prestigiosi: � il sogno diventato realt�? "Sin dagli inizi le mie canzoni sono state tradotte e, quindi, conosciute all'estero. La responsabilit� � notevole ma l'emozione, vi assicuro, ancora maggiore". - Cosa � rimasto, dal punto di vista artistico e umano, del ragazzo di Cinecitt�? "Non sono cambiato per niente, sono l'Eros di allora, solo pi� maturo. Sul piano musicale, invece, � cambiato tutto. Il pop non � pi� lo stesso e mi sono dovuto adeguare facendomi aiutare da giovani autori". - Tra quei giovani c'� un nuovo Eros? "Un ragazzo che mi ha colpito, come artista e come persona, � Ultimo". - In questo tour che toccher� le Americhe nel 2020 c'� un paese nel quale non vede l'ora di cantare? "In Sud America l'atmosfera � sempre unica, molto calda. L'Argentina resta un meraviglioso mistero. Rio � una citt� incredibile piena di contraddizioni, cos� come Citt� del Messico con i suoi 2.400 metri di altitudine". - Un artista o una band con i quali le piacerebbe duettare? "Con John Legend oppure Enrique Iglesias... E poi con un gruppo di ragazzi messicani che mi stimola molto, la band si chiama Camila". - Le � mai capitato di comporre una canzone mentre sta volando? "Malgrado le migliaia di ore che ho passato e passer� sugli aerei devo dire di no. Lo trovo complicato, in viaggio preferisco rilassarmi e leggere". - Ricorda il primo volo aereo? "Un Fiumicino-Linate a 18 anni. Portavo con me il sogno di diventare quel che sono adesso. Fu un viaggio pieno di dolci paure e tenere speranze".