Gennaio 2020 n. 1 Anno V Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice Tra passato, presente e futuro Un nuovo disordine mondiale Gestione delle emozioni: la rabbia Sul set con Michelangelo Tra passato, presente e futuro (di Pietro Piscitelli) - L'Associazione Italiana Editori festeggia i 150 anni dalla sua fondazione - La celebrazione dei 150 anni di storia dell'Associazione Italiana Editori (AIE) ha rappresentato un'ottima occasione per riassumere il presente e le prospettive future dell'editoria. Come testimonia l'evento svoltosi lo scorso 11 settembre a Roma, presso la Sala Percassi dell'Auditorium Parco della Musica, il concetto di editoria � strettamente legato a molti pilastri della societ� italiana: istruzione, cultura, lavoro ma non solo, come hanno spiegato gli autorevoli ospiti nel corso dei loro interventi. Considerando il livello elevato delle personalit� coinvolte, a partire dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Ministro dei Beni e delle Attivit� Culturali Dario Franceschini e altre autorit� politiche, ritengo quanto mai opportuno dare ampio spazio alle loro parole. La presentazione � stata affidata a Paolo Mieli, una delle voci pi� autorevoli del giornalismo e dell'editoria italiani, Direttore del Corriere della Sera per 10 anni e in seguito Presidente del Gruppo RCS. Mieli ha presentato la celebrazione come "un evento dedicato a chi ama i libri, a chi ama leggere, a chi ama scrivere". Il primo intervento � stato del Presidente dell'Associazione Italiana Editori, Ricardo Franco Levi, che ha sottolineato l'importanza del ruolo degli editori: "Noi editori abbiamo il privilegio e la responsabilit� di essere portatori di un interesse particolare che corrisponde all'interesse generale del paese. Non ci sar� ampliamento del mercato del libro se non ci sar� un innalzamento dei livelli di istruzione, di cultura e, infine, di lettura degli italiani. Siamo, e di gran lunga, la prima industria culturale del paese, anche per il volume di ricchezza che produciamo. E se siamo al vertice dell'industria culturale italiana � perch� in gran parte nei libri, nei nostri libri, si formano e crescono la conoscenza e il sapere, si ritrovano le storie, le fantasie, i soggetti, le curiosit� delle quali si nutrono poi le arti, la musica, il teatro, la televisione, il cinema". "Ma non abbiamo futuro se non mettiamo l'istruzione, la conoscenza, il sapere al centro dell'agenda politica nazionale. Dunque: scuola, scuola, scuola. Dalle scuole materne all'universit�, dagli istituti di ricerca all'educazione ricorrente degli adulti". A seguire il Prof. Gian Arturo Ferrari, gi� Direttore Generale di Mondadori e Presidente del Centro per il Libro e la Lettura, si � invece soffermato sulla storia dell'editoria italiana e su alcuni episodi chiave che, storicamente, si sono rivelati straordinarie manifestazioni di libert�. Tra l'altro ha riferito: "Il maggior merito, vorremmo dire la maggior gloria, dell'editoria italiana nel dopoguerra � stato la difesa della libert� di espressione. Una difesa non a parole, ma nei fatti. L'episodio di maggior rilievo � stato senza dubbio la pubblicazione nel 1957 del "Dottor Zivago" di Boris Pasternak, che diede alla nostra editoria un rilievo mondiale. Il capolavoro, ferocemente avversato dall'autorit� politica del suo Paese, pot� vedere la luce prima in Italia e poi nel resto del mondo solo grazie all'impegno e al coraggio di un editore italiano, Giangiacomo Feltrinelli. Nel 1989 fu ancora un editore italiano, Mondadori, l'unico al mondo a pubblicare i Versi Satanici di Salman Rushdie dopo la condanna a morte promulgata dall'ayatollah Khomeini. Gli editori italiani il loro esame di maturit� l'hanno passato". "Molti esaltano il miracolo italiano del secondo dopoguerra, ma pochi ricordano lo sforzo immane dell'Italia postunitaria per uscire da una spaventosa arretratezza, per entrare nella modernit�. Al nostro Paese mancavano tutti gli ingredienti fondamentali che avevano cambiato il volto dell'editoria in Francia, Gran Bretagna e Germania. Eppure tutto questo non spavent� gli 86 fondatori della Associazione libraria italiana. Altra tappa decisiva fu nel 1910, l'ingresso dell'Associazione tra i fondatori di Confindustria: con questa mossa i dirigenti ribadirono che quella dei libri era un'industria e che l'industria editoriale italiana si ispirava ai modelli internazionali, decisa a restare al passo coi tempi e ad espandersi". La senatrice a vita e docente Elena Cattaneo ha sottolineato quanto i concetti di editoria e di conoscenza siano storicamente legati tra loro, tanto da poter essere sicuri che questo legame continuer� anche in futuro: "In ogni scoperta si nascondono racconti straordinari: passione, dubbi, coraggio, quello che serve per osare entrare in strade mai tracciate prima, sapendo di poter fallire. Ma, anche in quel caso, si torner� sempre a ricominciare. Perch� la storia dell'uomo � una continua, inarrestabile esplorazione, nel tentativo costante di spostare sempre un po' pi� in l� la frontiera della conoscenza. Per sfidare questo confine l'umanit� si � passata il testimone della conoscenza con la scrittura. Ogni pensiero raccolto in tavolette, papiri, pergamene, libri e - oggi - anche bit � una tessera di un mosaico unico e irripetibile, un chicco di una spiga che alimenta quei "granai dello spirito", le biblioteche, da alimentare nel pubblico e nel privato specie in tempi in cui da pi� parti si tende a svilire la meraviglia della conoscenza". Il pluri-premiato scrittore Alessandro Baricco ha poi aperto una finestra sul futuro, con un intervento intitolato "i prossimi 150 anni in 30". "Quello che voglio dirvi � che i prossimi 150 anni ce ne metteranno 30 a passare. Tra trent'anni gli editori non si limiteranno a pubblicare libri ma faranno cinema, tv, scuola, saranno in tutti gli spazi dove si coltivano sogni. Fare gli editori significa allestire mondi dove le persone vorranno vivere. Un altro punto sul quale mi voglio soffermare � il grande progresso della tecnologia: non considerate la rivoluzione digitale come un vostro nemico, non abbiate paura dell'ascesa delle tecnologie nella nostra vita. I vostri cataloghi sono pieni di storie che ci rassicurano sul nostro essere umani, storie alle quali le persone vorranno attingere per dissetarsi sempre di pi�. Gli editori sono quelli che costruiscono i rubinetti per dissetarsi". La chiusura � stata affidata al Presidente della Repubblica, che ha posto l'accento su alcune importanti questioni: "la storia dell'Associazione vi � stata gi� descritta in modo eccellente dal Prof. Ferrari. Quello che mi preme sottolineare � che la storia del nostro Paese ha tratto grande giovamento dai libri: la scienza, la poesia, l'insegnamento a studenti e universitari sono solo alcuni dei grandi temi veicolati grazie all'editoria gi� 150 anni or sono, quando l'Italia era un Paese che stava consolidando la sua unit�. Ricordiamoci sempre l'origine latina della parola libro. In latino "libro" corrisponde a "liber", ed ha allo stesso tempo il significato di libro e di libert�. Ebbene, i libri hanno rappresentato spesso nella storia, non solo italiana, un baluardo a difesa della libert�. � vero anche che, come ricordato puntualmente dal Presidente Levi poc'anzi, in Italia si legge ancora troppo poco: dobbiamo migliorare sotto questo punto di vista, perch� la lettura rappresenta una ricchezza immateriale che se veicolata aumenterebbe anche la ricchezza materiale dell'Italia. Concludo ricordando che, proprio in questi giorni, le scuole del nostro Paese stanno riaprendo. Ci� significa che i libri di testo sono al centro della scena, e che tante famiglie si sforzando di procurare ai propri figli tutto ci� che occorre loro per studiare. Ebbene, io penso che l'istruzione sia un interesse primario della Repubblica e proprio per questo dobbiamo pensare alla funzione sociale del libro. Libert�, crescita civile, progresso: a questi obiettivi contribuiscono i libri, e vista l'importanza degli stessi mi sento di dire che l'Italia ha bisogno di voi". Tra le iniziative messe a punto dall'AIE per celebrare questa importante ricorrenza si segnalano l'emissione da parte del Ministero per lo Sviluppo Economico di un francobollo commemorativo, dalla tiratura imponente di 800.000 esemplari. L'Associazione ha scelto come elementi del francobollo il proprio nome, il riferimento ai 150 anni di storia e due bandiere, quella italiana e quella europea. Significativo � stato anche il video realizzato da RAI Cultura e RAI Storia, che ha ripercorso il lungo periodo di tempo che dal 1869 ad oggi ha visto l'AIE come protagonista in prima linea dell'editoria italiana. Il filmato, intitolato "150 anni di libri, 150 anni di storia d'Italia", attraverso la voce narrante e le immagini ha permesso a tutti i presenti di viaggiare nel tempo per qualche minuto, mentre venivano ripercorse tutte le tappe pi� importanti dell'Associazione. Sono certo di aver fornito una panoramica fedele dei punti salienti che sono stati affrontati nel corso della mattinata. A tal proposito voglio ringraziare l'AIE per aver ospitato il sottoscritto, in qualit� di Presidente della Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita", e il Presidente Nazionale della UICI Mario Barbuto. Un gesto nei confronti delle nostre realt� associative che testimonia una volta di pi� l'intensit� della collaborazione che portiamo avanti da anni, a sostegno dell'accrescimento culturale e formativo dei minorati della vista di tutta Italia. In conclusione, il 150� Anniversario dell'Associazione Italiana Editori ha certamente offerto dei punti di vista autorevoli e diversificati, che sono andati oltre il voler ripercorrere la storia di questo importante Ente ed hanno toccato tematiche di grande attualit�. La rivoluzione digitale, l'istruzione, il concetto di cultura inteso come industria oltre che come arricchimento della propria vita, il ruolo storico del libro e degli stessi editori. Sono solo alcuni degli argomenti trattati, in un contesto pi� vivace che mai che impone a tutti gli attori coinvolti nel mondo editoriale, e quindi in primis anche agli editori, di restare al passo coi tempi e, laddove possibile, adoperarsi per anticipare le grandi trasformazioni alle quali certamente assisteremo nei prossimi anni. Un nuovo disordine mondiale (di Claire Wardle, "Le Scienze" n. 615/19) - La nostra propensione a condividere contenuti senza riflettere � sfruttata per diffondere disinformazione. - Come studiosa dell'impatto della cattiva informazione sulla societ�, spesso mi trovo a desiderare che i giovani imprenditori della Silicon Valley, che ci hanno dato modo di comunicare cos� in fretta, fossero stati obbligati a simulare uno scenario da 11 settembre con le loro tecnologie prima di schierarle sul mercato. Una delle immagini pi� significative di quella giornata mostra un folto gruppo di newyorkesi con lo sguardo fisso verso l'alto. La forza di quella fotografia � che conosciamo l'orrore di cui sono testimoni. � facile immaginare che, oggi, in quella scena quasi tutti avrebbero in mano uno smartphone. Qualcuno filmerebbe ci� che vede per pubblicarlo su Twitter e Facebook. Alimentate dai social media, voci non confermate e cattive informazioni dilagherebbero. Prolifererebbero i messaggi di odio contro la comunit� musulmana, ipotesi e rabbia crescerebbero sotto la spinta degli algoritmi in risposta a livelli senza precedenti di condivisioni, commenti e "mi piace". Agenti stranieri della disinformazione amplificherebbero le divisioni, scavando fossati tra le comunit� e seminando il caos. E intanto le persone rimaste bloccate ai piani alti delle torri trasmetterebbero in diretta i loro ultimi momenti. Sottoporre la tecnologia a qualche stress test nel contesto dei peggiori momenti della storia avrebbe potuto evidenziare quello che scienziati sociali e propagandisti sanno da molto tempo: gli esseri umani sono programmati per rispondere a detonatori emotivi e a condividere cattive informazioni se confermano i loro pregiudizi e convinzioni. Invece i progettisti delle piattaforme social erano fervidamente convinti che l'essere connessi avrebbe favorito la tolleranza e contrastato l'odio. Non avevano capito che la tecnologia non avrebbe cambiato quello che fondamentalmente siamo; non avrebbe potuto fare altro, invece, che adattarsi ai caratteri gi� esistenti degli esseri umani. Su Internet la cattiva informazione � in circolazione dalla met� degli anni novanta. Ma nel 2016 diversi eventi hanno chiarito che sono emerse forze pi� oscure: automazione, messaggi altamente profilati e coordinamento hanno alimentato campagne informative progettate per manipolare l'opinione pubblica su larga scala. I primi a dare l'allarme sono stati alcuni giornalisti delle Filippine, quando Rodrigo Duterte � arrivato al potere sull'onda di un'intensa attivit� su Facebook. Poi ci sono stati i risultati inattesi del referendum sulla Brexit nel Regno Unito e delle elezioni di novembre negli Stati Uniti; tutto questo ha spinto i ricercatori a studiare in modo sistematico i modi in cui l'informazione era stata usata come arma. Negli ultimi tre anni la discussione sulle cause dell'inquinamento del nostro ecosistema dell'informazione si � concentrata quasi interamente su quello che hanno fatto (o non fatto) le societ� tecnologiche. Ma � un'ossessione semplicistica. C'� una rete complessa di mutamenti sociali che rende le persone pi� suscettibili a cattiva informazione e complotti. La fiducia nelle istituzioni diminuisce per sconvolgimenti politici ed economici, tra cui spiccano le disuguaglianze di reddito, che aumentano costantemente. Gli effetti del cambiamento climatico sono sempre pi� pronunciati. Le tendenze migratorie globali fanno temere mutamenti irreversibili delle comunit�. La crescita dell'automazione suscita la paura di perdere il lavoro e la privacy. Gli attori malintenzionati che vogliono accentuare le tensioni capiscono queste tendenze della societ�, e progettano contenuti con cui sperano di suscitare l'ira o l'entusiasmo degli utenti presi di mira in modo che il pubblico diventi il messaggero. L'obiettivo � indurre gli utenti a usare il proprio capitale sociale per rinforzare e dare credibilit� al messaggio iniziale. La maggior parte di questi contenuti non � fatta per indirizzare le persone in una particolare direzione, ma per creare confusione, per sovrastare e minare alle fondamenta le istituzioni della democrazia, dal sistema elettorale al giornalismo. E sebbene si stia facendo molto per preparare l'elettorato degli Stati Uniti alle elezioni del 2020, i contenuti fuorvianti e complottisti non sono nati con la campagna presidenziale del 2016 e non finiranno con la prossima. Gli strumenti per manipolare e amplificare i contenuti diventano sempre pi� economici e accessibili, e di pari passo diventer� sempre pi� facile trasformare in un'arma gli utenti stessi, facendone inconsapevoli agenti della disinformazione. L'arma del contesto In generale, il linguaggio usato per discutere della cattiva informazione � troppo semplicistico. Ricerca e interventi efficaci richiedono definizioni chiare, eppure molti usano un'espressione problematica come fake news. Usato da politici in tutto il mondo per attaccare la libera stampa, fake news � un termine pericoloso. Ricerche recenti mostrano che il pubblico lo collega sempre di pi� con i mezzi di comunicazione dominanti. Spesso diventa un termine per descrivere cose che sono diverse tra loro, tra cui menzogne, voci non confermate, burle, cattiva informazione, complotti e propaganda, ma spesso nasconde le sfumature e la complessit�. Molti di questi contenuti non fingono neppure di essere notizie, ma compaiono sotto forma di "memi", in video e post su social media come Facebook e Instagram. Nel febbraio 2017 ho definito sette tipi di "disturbi informativi" nel tentativo di evidenziare lo spettro di contenuti usato per inquinare l'ecosistema dell'informazione. Comprendono, tra l'altro, la satira, che non mira a causare un danno ma che potenzialmente pu� ingannare; i contenuti inventati, che sono falsi al 100 per cento e sono progettati per ingannare e provocare un danno; la falsificazione del contesto, in cui si condividono contenuti autentici corredandoli di informazioni contestuali false. Sempre nello stesso anno, qualche mese dopo, insieme a Hossein Derakhshan, un giornalista che si occupa di tecnologia, abbiamo pubblicato un rapporto in cui abbiamo descritto le differenze tra disinformazione (disinformation), cattiva informazione (misinformation) e mala-informazione (malinformation). Le persone che diffondono disinformazione - contenuto intenzionalmente falso e pensato per procurare un danno - sono spinte da tre motivazioni: fare soldi, avere un'influenza politica, interna o estera; causare problemi per il piacere di farlo. Le persone che diffondono cattiva informazione (misinformation) - contenuti falsi o fuorvianti, ma senza che chi li condivide se ne renda conto - sono mosse da fattori socio-psicologici. Gli utenti "mettono in scena" la propria identit� sulle piattaforme social per sentirsi connessi "agli altri": che siano partiti politici, genitori no-vax, attivisti impegnati sul cambiamento climatico, o esponenti di una data religione o gruppo etnico. Cruciale � il fatto che la disinformazione diventa cattiva informazione quando le persone la condividono senza rendersi conto della sua falsit�. Abbiamo poi coniato un nuovo termine, malinformation, o mala-informazione, per indicare le informazioni autentiche ma condivise con l'obiettivo di procurare un danno. Un esempio si � avuto quando agenti russi si sono introdotti abusivamente nella posta elettronica del Comitato nazionale del Partito democratico degli Stati Uniti (o Democratic National Committee) e della campagna di Hillary Clinton e hanno fatto trapelare al pubblico dettagli dei messaggi per danneggiare la reputazione di entrambi. Seguendo la cattiva informazione in otto elezioni in varie parti del mondo dal 2016 a oggi, ho osservato un cambiamento nelle tattiche e nelle tecniche. La disinformazione pi� efficace � sempre stata quella che contiene un nucleo di verit�, e in effetti la maggior parte del contenuto oggi disseminato non � falso ma fuorviante. Invece di inventare storie di sana pianta, chi opera per influenzare le persone ricontestualizza informazioni autentiche e usa titoli iperbolici. In questa strategia contenuti autentici sono collegati a temi o persone polarizzanti. Dato che i malintenzionati sono sempre un passo (o svariati passi) pi� avanti rispetto agli strumenti di moderazione delle piattaforme, adesso stanno facendo passare la disinformazione emotiva per satira, in modo che non venga sottoposta ai processi di verifica dei fatti. Qui � il contesto, pi� che il contenuto, a diventare un'arma. Il risultato � generare caos in modo intenzionale. Prendiamo come esempio un video manipolato di Nancy Pelosi, la presidente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, che � circolato lo scorso maggio. Era una ripresa autentica, ma un agente della disinformazione l'ha rallentata e poi ha postato il risultato, in cui sembrava che Pelosi biascicasse le parole. Come era nelle intenzioni, qualcuno ha subito ipotizzato che la presidente fosse ubriaca, e il video si � diffuso sui social media. Poi � stato ripreso dai media tradizionali, e cos� sar� senz'altro arrivato anche a persone che altrimenti non lo avrebbero mai visto. Alcune ricerche hanno trovato che le tradizionali segnalazioni giornalistiche dei contenuti fuorvianti possono potenzialmente fare danni ulteriori. Il nostro cervello � fatto in modo da ricorrere a euristiche (o scorciatoie mentali) quando deve dare giudizi di credibilit�. Come risultato, ripetizione e familiarit� sono due dei meccanismi pi� efficaci per inculcare narrazioni fuorvianti, anche quando le persone hanno ricevuto informazioni contestuali che spiegano perch� dovrebbero sapere che una narrativa non � vera. I malintenzionati lo sanno bene: nel 2018 Whitney Phillips, una studiosa dei mezzi di comunicazione, ha pubblicato un rapporto per il Data & Society Research Institute che esplora le tecniche usate da chi cerca di spingere narrazioni false e fuorvianti per incoraggiare i giornalisti a occuparsi proprio di quelle narrative. Eppure, secondo un altro rapporto dell'Institute for the Future solo il 15 per cento dei giornalisti degli Stati Uniti ha seguito corsi di formazione su come trattare responsabilmente la cattiva informazione. Oggi una sfida centrale per i giornalisti e per chi � incaricato di verificare i fatti (fact checker) - e per chiunque abbia un ampio seguito, come politici e influencer - � capire come sbrogliare e sfatare falsificazioni come il video della Pelosi senza dare ancora pi� ossigeno al contenuto iniziale. I memi: un potente strumento di cattiva informazione Nel gennaio 2017 il programma radiofonico della statunitense NPR This American Life ha intervistato un gruppo di sostenitori di Donald Trump in uno dei suoi eventi inaugurali, chiamato DeploraBall. Quelle persone erano state coinvolte pesantemente nell'uso dei social media per sostenere Trump. Parlando della sua sorprendente ascesa, uno degli intervistati ha spiegato: "Lo abbiamo portato al potere a forza di memi... Abbiamo diretto la cultura". La parola "meme" � stata coniata nel 1976 dal biologo Richard Dawkins nel libro The Selfish Gene [la prima edizione italiana, titolo Il gene egoista, � del 1979, N.d.r.] per descrivere "un'unit� di trasmissione culturale o un'unit� di imitazione": un'idea, un comportamento o uno stile che si diffonde rapidamente attraverso una cultura. Da qualche decennio, per�, la parola � usata per descrivere un tipo di contenuti on line, in genere audiovisivi e costruiti secondo uno specifico modello estetico combinando immagini colorate e sorprendenti con blocchi di testo. Spesso un meme fa riferimento ad altri elementi culturali o mediatici, talvolta in modo esplicito, ma di solito implicitamente. Questa caratteristica di logica implicita - un cenno e un ammiccamento a una conoscenza condivisa su una persona o un evento - � quello che rende il meme impattante. L'entimema � una tecnica retorica in cui l'argomentazione � fatta in assenza di premesse certe o di conclusioni. Spesso non sono esplicitati riferimenti chiave (a notizie recenti, dichiarazioni di politici, campagne pubblicitarie o tendenze culturali pi� ampie), forzando chi guarda ad arrivare al punto per conto suo. Il lavoro in pi� richiesto a chi guarda � una tecnica persuasiva perch� spinge una persona a sentirsi in sintonia con gli altri. Se poi un meme prende in giro o invoca sdegno a spese di un altro gruppo, le associazioni diventano ancora pi� forti. La natura apparentemente giocosa di questi formati visivi significa che i memi non sono stati riconosciuti da gran parte della ricerca e della politica come efficaci veicoli di disinformazione, complotto od odio. Eppure la cattiva informazione � tanto pi� efficace quanto pi� viene condivisa, e i memi tendono a essere assai pi� condivisibili dei testi. L'intera narrativa � visibile nel vostro flusso di informazioni, non serve fare clic su un link. Un libro del 2019 di An Xiao Mina, Memes to Movements, delinea come i memi stanno cambiando proteste sociali e dinamiche di potere, ma questo atteggiamento di seria considerazione � relativamente raro. In effetti, molti post e annunci su Facebook collegati alle elezioni del 2016 e generati dai russi erano memi. Ed erano centrati su candidati polarizzanti, come Bernie Sanders, Hillary Clinton e Donald Trump, e politiche polarizzanti, come il diritto alle armi e l'immigrazione. Gli sforzi dei russi hanno spesso mirato a gruppi specifici per etnia o religione, come il movimento Black Lives Matter o i Cristiani evangelici. Quando � stato pubblicato l'archivio dei memi su Facebook generati da russi, alcuni commenti si sono concentrati sulla mancanza di raffinatezza dei memi stessi e sul loro impatto. Ma le ricerche hanno mostrato che quando le persone hanno paura le narrazioni ultrasemplificate, le spiegazioni complottiste e i messaggi che demonizzano altri diventano assai pi� efficaci. Quei memi hanno fatto quanto bastava per spingere le persone a cliccare sul pulsante "condividi". Piattaforme tecnologiche come Facebook, Instagram, Twitter e Pinterest hanno un ruolo significativo nell'incoraggiare questi comportamenti umani perch� sono progettate per sollecitare prestazioni. Rallentare per verificare se un certo contenuto � vero prima di condividerlo � assai meno persuasivo rispetto al ribadire alla propria "audience" su queste piattaforme che si ama o si odia una certa politica. Il modello di business di tante di queste piattaforme � legato a una prestazione identitaria del genere perch� spinge a trascorrere pi� tempo sui loro siti. Oggi i ricercatori costruiscono tecnologie per tracciare i memi anche quando passano da una piattaforma social all'altra. Ma si pu� studiare solo quello che � accessibile, e i dati dei post visivi di numerose piattaforme non sono messi a disposizione dei ricercatori. In pi� le tecniche per studiare i testi, come quelle per il trattamento del linguaggio naturale, sono assai pi� avanzate di quelle per le immagini o i video. Questo vuol dire che la ricerca dietro le soluzioni che si stanno preparando � sproporzionatamente rivolta verso tweet a base testuale, siti web o articoli pubblicati via URL e la verifica delle affermazioni dei politici. Anche se alle aziende tecnologiche sono attribuite molte colpe, e per buone ragioni, esse sono anche il prodotto dell'ambiente commerciale in cui operano. Non saranno gli aggiustamenti degli algoritmi, gli aggiornamenti delle linee guida per la moderazione dei contenuti o le multe degli enti regolatori, da soli, a migliorare il nostro ecosistema delle informazioni al livello richiesto. Partecipare alla soluzione In un sano ambiente informativo concepito come bene comune le persone sarebbero comunque libere di esprimere quello che vogliono; ma l'informazione pensata per fuorviare, incitare odio, rinforzare tribalismi o provocare danni concreti non verrebbe amplificata dagli algoritmi. Questo significa che non le sarebbe permesso di finire tra i trend di Twitter o YouTube. N� sarebbe scelta per apparire tra i feed di Facebook, le ricerche su Reddit o i primi risultati di Google. Fino a quando non sar� risolto il problema dell'amplificazione, gli agenti della disinformazione useranno come arma proprio la nostra disponibilit� a condividere senza pensare. Di conseguenza, un ambiente informativo cos� pieno di disturbi richiede che ognuno di noi riconosca di poter diventare un vettore nella guerra dell'informazione, e sviluppi un insieme di capacit� e abilit� con cui muoversi nella comunicazione on line e in quella off line. Attualmente le conversazioni sulla consapevolezza del pubblico sono spesso centrate sull'educazione ai mezzi di comunicazione, spesso in una cornice paternalistica per cui il pubblico avrebbe solo bisogno che gli si insegni a consumare l'informazione con intelligenza. Sarebbe meglio invece spingere gli utenti a sviluppare "muscoli" cognitivi nello scetticismo emotivo e ad addestrarsi a resistere all'assalto dei contenuti pensati espressamente per scatenare le paure e i pregiudizi pi� bassi. Chiunque usi i siti web che facilitano le interazioni sociali farebbe bene a imparare come funzionano, e in particolare come gli algoritmi determinano quello che vedono gli utenti, dando "priorit� ai post che innescano conversazioni e interazioni significative tra gli utenti", per citare un aggiornamento di Facebook del gennaio 2018 su come funzionano le sue classifiche. Raccomanderei anche che si provasse, almeno una volta, a pubblicare un annuncio a pagamento su Facebook. Il processo con cui si organizza una campagna pubblicitaria pu� aiutare a capire quanto siano dettagliate le informazioni disponibili. � possibile mirare a categorie assai specifiche, per esempio le donne tra i 32 e i 42 anni di et�, che abitano nella zona di Raleigh-Durham in North Carolina, hanno bambini in et� prescolare, hanno una laurea, sono ebree e apprezzano la senatrice Kamala Harris. Il network vi permette addirittura di testare queste pubblicit� in ambienti che consentono di fallire privatamente. Con questo tipo di "pubblicit� nascosta", un'organizzazione pu� indirizzare post solo a determinate persone, senza pubblicarli sulla propria pagina. Questo rende difficile per ricercatori e giornalisti tracciare quali messaggi mirati siano inviati a quali gruppi, il che � assai preoccupante nei periodi elettorali. Gli eventi di Facebook offrono un altro canale di manipolazione. Uno dei casi pi� allarmanti di interferenza straniera in un'elezione negli Stati Uniti � una manifestazione avvenuta a Houston, in Texas, ma orchestrata da troll (agenti provocatori) con base in Russia. Avevano aperto due pagine Facebook che sembravano autenticamente statunitensi. Una, "Heart of Texas", che si diceva filo -secessionista, ha lanciato un "evento" da tenersi il 21 maggio 2016, con lo slogan "Fermiamo l'islamizzazione del Texas". L'altra pagina, "United Muslims of America", ha convocato una propria iniziativa di protesta, con lo slogan "Salviamo il sapere islamico" nello stesso posto e alla stessa ora. Il risultato � che due gruppi di persone sono scesi in strada a protestare l'uno contro l'altro, mentre i veri organizzatori si congratulavano fra loro per essere riusciti ad amplificare le tensioni esistenti a Houston. Un'altra popolare tattica di disinformazione � chiamata "astroturfing". Inizialmente il termine era legato a persone che scrivevano false recensioni di prodotti on line o provavano a far sembrare una comunit� pi� numerosa di quanto fosse in realt�. Oggi campagne automatizzate usano programmi o un sofisticato coordinamento di appassionati sostenitori e troll pagati, o entrambi i mezzi, per dare la sensazione che una persona o una politica goda di un forte sostegno dal basso. Facendo in modo che alcuni hashtag siano tra i trend di Twitter, sperano che messaggi particolari siano raccolti dai mezzi di comunicazione professionali e indirizzano l'amplificazione per attaccare e ridurre al silenzio specifiche persone od organizzazioni. Capire che ognuno di noi � soggetto a queste campagne - e potrebbe parteciparvi inconsapevolmente - � un primo passo cruciale per contrastare chi cerca di capovolgere un senso di realt� condivisa. Ma la cosa pi� importante, forse, � che l'accettazione della vulnerabilit� della nostra societ� a un'amplificazione fabbricata appositamente deve avvenire con calma e buon senso. Diffondere paure serve solo ad alimentare nuovi complotti e a far diminuire ancora di pi� la fiducia nelle fonti di informazione di qualit� e nelle istituzioni della democrazia. Non ci sono soluzioni definitive per impedire che le narrazioni diventino armi; dobbiamo invece adattarci a questa nuova normalit�. Proteggersi dal Sole � un'abitudine che la societ� ha sviluppato nel tempo e ha adeguato con la disponibilit� di nuova conoscenza scientifica; per costruire la giusta resilienza a un ambiente informativo pieno di disturbi bisogna pensare nello stesso modo. La fisica � la pi� matura delle scienze, e per i fisici la verit� � un'ossessione C'� un universo reale l� fuori. Il miracolo centrale � che ci sono leggi semplici, espresse nel preciso linguaggio della matematica, che possono descriverlo. Detto questo, i fisici non trafficano in certezze, ma in gradi di confidenza. Abbiamo imparato la lezione pi� volte, nella storia, abbiamo trovato che un principio che pensavamo centrale per la descrizione ultima della realt� non andava affatto bene. Per capire come funziona il mondo, abbiamo teorie e facciamo esperimenti per metterle alla prova. Storicamente, il metodo funziona. I fisici, per esempio, hanno previsto l'esistenza della particella chiamata bosone di Higgs nel 1964, costruito il Large Hadron Collider (LHC) al CERN tra la fine degli anni novanta e i primi anni duemila e trovato la prova fisica dell'esistenza dell'Higgs nel 2012. Altre volte non possiamo costruire un esperimento: � troppo grande o costoso, o sarebbe impossibile con le tecnologie attuali. Cos� escogitiamo esperimenti mentali che ci allontanino dall'infrastruttura delle leggi matematiche e dei dati sperimentali esistenti. Eccone uno: il concetto di spazio-tempo � accettato fin dai primi del Novecento. Ma pi� � piccolo lo spazio che si vuole osservare, pi� potente deve essere la risoluzione. � per questo che LHC ha una circonferenza di 27 chilometri: per produrre le enormi energie necessarie per sondare le minuscole distanze tra le particelle. Ma a un certo punto succede qualcosa di brutto. Mettiamo una quantit� di energia cos� grande per osservare un frammento cos� piccolo di spazio che in realt� creiamo un buco nero. Il tentativo stesso di vedere che cosa c'� all'interno rende impossibile farlo, e la nozione di spazio-tempo va in mille pezzi. In ciascun momento della storia possiamo capire alcuni aspetti del mondo ma non possiamo capire tutto. Quando un cambiamento rivoluzionario porta qualche elemento in pi� nel quadro generale, dobbiamo riconfigurare quello che sapevamo. Il vecchio fa ancora parte della verit�, ma deve essere ripreso e reinserito nel quadro generale in un modo nuovo. Gestione delle emozioni: la rabbia (di Diego Ingrassia, "Psicologia contemporanea" n. 276/19) - Ci sono casi in cui � utile sfogare la propria rabbia, ma ce ne sono tanti altri in cui si dovrebbe attingere a forme di "creativit� emotiva" per evitare il conflitto. - La natura della scrittura su carta stampata, insieme a ragioni legate alla programmazione editoriale, determina tempi molto diversi da quelli della scrittura istantanea, figlia degli strumenti digitali che ognuno di noi porta in tasca e della gestione un po' nevrotica del tempo alla quale siamo ormai abituati. Cos�, dal momento in cui io sto scrivendo all'istante in cui voi iniziate a leggere l'articolo che avete davanti agli occhi, sono passati pi� o meno tre mesi. E, come abbiamo gi� visto insieme, il tempo � una dimensione molto importante quando ci occupiamo di gestione delle emozioni. Ieri, quasi tutti i notiziari hanno aperto riportando un grave fatto di cronaca accaduto nei pressi di San Jos�, in California. Durante una manifestazione estiva dedicata al cibo, il Gilroy Garlic Festival, un ragazzo di 19 anni ha aperto il fuoco sulla folla uccidendo quattro persone, tra cui un bambino di 6 anni, e ferendone un'altra dozzina. I fatti, come sempre accade in queste situazioni, non sono ancora del tutto chiari e molti particolari della vicenda sono in via di definizione; i vari lanci di agenzia riportano comunque che un testimone ha sentito l'attentatore gridare, prima di essere colpito a morte dagli agenti intervenuti sul posto, che "era molto arrabbiato". Il presidente Trump nelle stesse ore ha twittato: "Chi ha sparato non � ancora stato fermato. State attenti!". Al di l� del fatto specifico che, per la sua gravit�, il gesto non � paragonabile a tante altre situazioni apparentemente pi� normali nelle quali esplode la rabbia, sono molti invece gli elementi interessanti sui quali riflettere per elaborare un percorso finalizzato a una gestione consapevole di tale emozione. La rabbia � un'emozione molto temuta per le reazioni incontrollate che pu� generare e per questo percepita quasi sempre in modo negativo. Pu� essere estremamente distruttiva poich� altera la capacit� dell'individuo di elaborare le informazioni e di esercitare un controllo cognitivo sul proprio comportamento. Un individuo arrabbiato perde lucidit�, cautela e buon senso, non a caso viene descritto come "accecato dalla rabbia", e questo comportamento si rivela spesso fortemente contagioso, condizionando anche le reazioni delle persone indirettamente coinvolte. Tali considerazioni sono molto importanti quando ci troviamo ad analizzare in che modo queste dinamiche si sviluppano nei luoghi di lavoro. Secondo l'associazione britannica Anger Management, numerose persone hanno problemi nel gestire l'emozione in questione; il dato da essa riportato dice che il 40% dei lavoratori si arrabbia regolarmente, manifestando in maniera evidente il proprio disagio durante le ore di lavoro. La rabbia, come le altre emozioni primarie, ha un fattore scatenante universale: qualcuno o qualcosa che interferisce con quello che stiamo facendo, impedendoci cos� di raggiungere il nostro obiettivo. Non � difficile immaginare come questo pensiero possa svilupparsi nell'ambito di relazioni conflittuali. L'occasione, assai spesso, non � altro che la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso: un insieme di situazioni precedenti che si sono accumulate a livello inconscio, perch� male affrontate, sopportate, spesso ignorate, di frequente subite. Ci arrabbiamo, quindi, contro qualcuno, ma a volte anche nei confronti di entit� non ben definite. Ogni individuo possiede soglie di innesco e tempi di attivazione della rabbia diversi. Le situazioni che percepiamo contro di noi, oppure le ragioni che offendono i nostri valori e principi morali, sono determinate da trigger (cio� elementi attivatori) legati alla nostra esperienza individuale, insieme ad altri appresi culturalmente. Conoscendo il trigger universale e la funzione adattiva della rabbia, sappiamo che quando scatta questa emozione tutta la nostra energia sar� indirizzata a rimuovere l'ostacolo che si frappone tra noi e l'obiettivo, con un comportamento teso a portarsi a casa, in qualche modo, il risultato, a discapito di chiunque altro. Proprio per questa evidente necessit� di azione, molti sostengono che sfogare la rabbia sia una scelta strategica utile. In realt�, non solo dobbiamo considerare come questo comportamento ci venga di fatto impedito da regole sociali comunemente accettate, ma anche che gli esiti di alcune ricerche del professor Brad Bushman dell'Ohio State University, svolte con differenti gruppi coinvolti in situazioni conflittuali, hanno dimostrato che il gruppo che si era potuto sfogare colpendo un sacco da box aveva accumuli di rabbia maggiori del gruppo a cui era stato chiesto semplicemente di aspettare. Abbiamo iniziato il presente articolo mettendo a confronto diverse percezioni del tempo: ebbene, i dati emersi dalla ricerca ci insegnano che rimanere in attesa ci permette di uscire dal periodo refrattario (la fase durante la quale siamo totalmente immersi negli effetti dell'emozione) pi� velocemente e di ripristinare le condizioni emotive iniziali. Se riusciamo a superare l'impulso immediato di scagliarci in modo distruttivo contro l'ostacolo del momento, emerge che la modalit� pi� salutare ed efficace per affrontare la rabbia � cercare di mantenere il controllo, di prendere contatto con i segnali che il nostro corpo ci sta inviando e, attraverso tale consapevolezza, sfruttare questa energia per un cambiamento positivo. La rabbia pu� allora favorire un processo di crescita, e quando riguarda situazioni relazionali possiamo anche provare a concentrarci sull'obiettivo che la persona con cui stiamo discutendo desidera ottenere (comprendere il suo bisogno) e chiederci se � possibile conciliarlo con il nostro, evitando sterili contrapposizioni (escalation di forza). Operare nella ricerca di una via di uscita che in qualche modo soddisfi entrambe le parti non � facile, perch� si discosta molto da forme di contrapposizione stereotipate cui siamo abituati fin troppo. Richiede disponibilit�, apertura mentale e un po' di flessibilit�, che in alcune occasioni attinge anche a un pensiero creativo. Si tratta di risorse non semplici, ma che costituiscono una sfida pronta a contribuire a sviluppare la nostra intelligenza emotiva. Sul set con Michelangelo (di Fabrizia Sacchetti, "Focus Storia" n. 158/19) - Scenografie, costumi, trucco: ogni scena � il risultato di un riscontro storico preciso. Cos� � nato il nuovo film sul genio del Rinascimento. - Hanno ricreato strade, piazze, logge, cortili, osterie, mercati, case private, dimore nobiliari e stanze papali con i relativi arredi. La Cappella Sistina � stata riprodotta in dimensioni naturali. Alcuni attori, molti figuranti e comparse, vestiti con costumi rinascimentali, sono stati scelti tra la gente comune, e per le scene nelle cave del Monte Altissimo hanno recitato alcuni cavatori esperti. Per Il peccato di Andrei Konchalovsky, che racconta sul grande schermo il genio di Michelangelo, tutte le scelte artistiche - scenografia, oggetti, costumi, musiche, acconciature, trucco - sono il risultato di un accurato riscontro storico. Cos�, ogni scena del kolossal (nelle sale dal 28 novembre) rivela la vita vera dell'epoca splendida e crudele in cui visse il grande artista. Il film non � l'ennesimo biopic sul genio del Rinascimento, ma l'affresco di un preciso periodo della sua vita. Inizia nel 1512, quando Michelangelo ha gi� 37 anni, ha appena terminato di dipingere la volta della Cappella Sistina ed � al lavoro sulla tomba di papa Giulio II della Rovere. Ma con la morte del papa e l'avvento dei Medici in Vaticano, l'insistenza della famiglia del pontefice defunto si fa pressante: deve portare a termine il lavoro. Cos� l'artista toscano parte per Carrara dove trova un gigantesco monolito, e riesce a convincere i cavatori a trasportarlo fino a valle: "Su di noi racconteranno leggende", prevede uno degli scalpellini... Gli ingredienti che lo hanno costruito Ciak, si gira - Le riprese sono iniziate sul Monte Altissimo il 28 agosto 2017, sono continuate in Toscana e Alto Lazio, e si sono concluse l'1 dicembre nei teatri di posa degli Studios di via Tiburtina, Roma. La preparazione de Il peccato, per�, � iniziata circa otto anni prima, quando Konchalovsky ha cominciato a ideare il "suo" Michelangelo. "Ho cercato di far luce sulla coscienza del genio, uomo del Rinascimento con le sue superstizioni ed esaltazioni, il suo misticismo e la sua fede nei miracoli", ha dichiarato il regista russo. Abiti d'epoca - Sono stati necessari circa 600 costumi, un centinaio dei quali realizzati a mano. Per la creazione di abiti, calzature, accessori e anche per il trucco e le acconciature, vi � stato uno studio minuzioso degli artigiani basato su riferimenti pittorici e disegni dell'epoca. Street casting - Il regista ha cercato volti di attori e di comparse che "restituissero un'umanit� autentica". Il casting � stato organizzato in due squadre: mentre un gruppo procedeva in modo pi� tradizionale, una squadra di street casting ha reclutato persone comuni di alcune citt� toscane e laziali. Il volto del genio - Il protagonista Alberto Testone � stato scelto dopo una lunga ricerca: non si cercava solo un attore, ma "un Michelangelo in carne e ossa". Per il trucco, ci si � ispirati al ritratto dell'artista di Daniele da Volterra (1509-1566), noto come "Il braghettone". La Cappella Sistina - Con un lavoro durato tre mesi, la Cappella Sistina � stata fedelmente riprodotta in teatro a dimensioni naturali da una trentina fra scultori, falegnami, pittori, stuccatori, operai. E sulla base di documenti d'epoca, a Santa Severa � stato riprodotto il porto di Carrara, luogo di raccolta dei marmi. Le cave dell'Altissimo - La ricerca della location delle cave di marmo, dove � stato girato gran parte del kolossal, � stata fondamentale perch� doveva essere realisticamente un luogo impervio che restituisse la fatica dei cavatori. Dopo una lunga ricerca sono state individuate le cave del Monte Altissimo nelle Alpi Apuane anche per ragioni storiche: Michelangelo Buonarroti le visit� nel 1517 e rimase folgorato da quel marmo ("di grana unita, omogenea, cristallina, ricorda lo zucchero") che giudic� pi� bello e pi� prezioso di quello di Carrara. Purtroppo, il sogno di poterlo usare per realizzare i suoi capolavori, rimase tale a causa di varie vicissitudini. Ma da allora, e ancora oggi, quel marmo rappresenta l'eccellenza italiana nel mondo.