Febbraio 2018 n. 2 Anno III Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Indice Fare l'insegnante, nonostante tutto Perch� le buone idee bloccano quelle migliori L'isola che non c'� Tutti pazzi per Jane Austen Fare l'insegnante, nonostante tutto (di Giuseppe Bertoli, "il Mulino" n. 448/10) La grande diversit� dei risultati di indagini conoscitive condotte in Italia nei vari tipi di scuola e aree geografiche denota una tendenza del pur prevalentemente pubblico sistema scolastico italiano a stratificarsi. Ci� � tanto pi� preoccupante in quanto l'insoddisfacente livello complessivo dei risultati indica che anche nel nostro Paese � difficile garantire la qualit� degli strati superiori del sistema, come i licei al centro delle grandi citt�. Le politiche di gestione del personale insegnante sono un aspetto importante e finora poco indagato di questi problemi e delle loro possibili soluzioni. In questo articolo descriviamo il problema e l'ormai quali completa assenza di tali politiche nel nostro Paese; analizziamo le conseguenze e le possibili cause di tale situazione; e delineiamo come si possa misurare, valutare, e incentivare l'attivit� educativa, tenendo ben presenti limiti e costi, in particolare in termini di sforzi e motivazione degli insegnanti, di ogni intervento in un campo tanto delicato e importante. L'efficacia di un sistema scolastico dipende dall'organizzazione di studenti e docenti in scuole e classi. Se lasciati liberi di scegliere liberamente, i migliori studenti si aggregherebbero tra loro e con gli insegnanti migliori. La risultante polarizzazione del sistema scolastico pu� favorire l'eccellenza nel campo degli apprendimenti cognitivi, ma certamente danneggia la formazione di competenze sociali. Per questa ragione il processo deve essere guidato, anche per via amministrativa. A seconda che si vogliano privilegiare aspetti di equit� e coesione sociale, o piuttosto puntare alla massimizzazione dell'efficienza produttiva e dei rendimenti individuali sul mercato del lavoro, un bravo insegnante pu� essere meglio utilizzato in un istituto professionale di periferia o in un liceo del centro. E si deve anche e soprattutto capire come si possa far s� che gli insegnanti (e gli studenti) vadano a lavorare dove sono pi� utili, e che lavorino bene. A tal fine, progettare e utilizzare sistemi di valutazione e incentivazione degli insegnanti � certamente utile, seppur non facile, perch� il prodotto delle scuole e la qualit� di chi ci lavora hanno molte dimensioni difficili da misurare. L'istruzione � un'attivit� da fare insieme, tra persone che si parlano e si apprezzano, o si disprezzano. Non si impara solo utilizzando aule, lavagne, banchi, libri e computer: si impara con e da altri studenti, e dagli insegnanti, che per produrre e trasmettere istruzione e conoscenza devono poter interagire e collaborare sia con gli studenti, sia con gli altri insegnanti. La produzione di istruzione vive di monitoraggio a livello personale, e di un clima di rispetto reciproco e scopi condivisi. Ma non basta rimpiangere l'assenza di un clima di cooperazione e stima reciproca nel sistema educativo italiano, perch� tale assenza pu� essere causata proprio dalla configurazione confusa e debole di obiettivi e incentivi. Come ogni sistema economico e sociale, il sistema scolastico funziona tanto in base a scelte individuali e interazioni di gruppo, quanto in base a regole e controlli. E non pu� funzionare bene se le regole non sono chiare e stabili, e se sono formulate e riformate in base a pressioni di gruppi di interesse piuttosto che in base a obiettivi di sistema, con strumenti atti a influire su di essi a livello complessivo. Allo stato attuale, insegnanti e famiglie non sono privi di informazione e di possibilit� di scelta. Ma le informazioni circolano solo informalmente, e la relazione tra scelte e obiettivi delle famiglie � complicata e tortuosa. Per fermare il progressivo deterioramento del sistema di istruzione italiano, gli strumenti di gestione del personale e orientamento di scelte degli utenti si devono utilizzare, tenendone presenti limiti e difetti. � utile distinguere due aspetti del problema. Da un lato, occorre pensare a quali siano le caratteristiche rilevanti di un buon insegnante, e a come si possa far s� che i lavoratori pi� adatti vengano selezionati o si auto-selezionino a operare nella scuola. La capacit� di una persona di lavorare come insegnante dipende sia dalle sue conoscenze, parzialmente misurabili in termini di titoli di studio, credenziali educative, esperienza lavorativa, sia da tratti personali: tra questi alcuni possono essere facilmente osservati (genere, et�, titoli di studio), e sono governabili attraverso il disegno istituzionale delle modalit� di reclutamento alla professione; altri (quali motivazione, affidabilit�, chiarezza espositiva, capacit� di leadership, creativit�) sono difficilmente osservabili direttamente: andrebbero semmai dedotti dall'efficacia espressa nell'ambito dell'esercizio della professione docente, e sono governabili solo indirettamente attraverso processi di auto-selezione nella professione stessa. Dall'altro, � necessario pensare a come si possano collocare gli insegnanti pi� efficaci nelle sedi in cui sono pi� utili, che non coincidono necessariamente con quelle in cui � per loro pi� piacevole lavorare, e come si possano motivare e incentivare a fare bene il proprio lavoro. I due aspetti sono interrelati, sia perch� le caratteristiche personali dei potenziali insegnanti influenzano anche la loro sensibilit� agli incentivi, sia perch� l'attrattiva di un impiego come insegnante dipende anche dalle condizioni di lavoro e quindi dalla struttura delle carriere e incentivi. In Italia l'accesso alla carriera insegnante e il suo progresso sono attualmente quasi del tutto indipendenti da qualsiasi valutazione. I criteri formali di reclutamento degli insegnanti sono da sempre basati sull'immissione in ruolo di personale tratto dalla fascia alta di graduatorie il cui punteggio � attribuito in parte a titoli, in parte all'esperienza di insegnamento. Per i titoli, riconoscimento di conoscenze disciplinari pi� che di attitudine all'insegnamento, il punteggio si conquistava un tempo con concorsi abilitanti, pi� recentemente nel percorso di studio nelle (ora abolite) Scuole di Specializzazione all'Insegnamento Secondario (Ssis) organizzate da consorzi universitari. Ma nell'attribuzione di punteggi in graduatoria hanno recentemente avuto molto pi� peso i servizi prestati. Il precariato, specie se in sedi disagiate e anche presso scuole private, d� titolo ad accedere in ruolo tramite l'accumulo di un punteggio cha ha quindi il ruolo sia di indice di attitudine all'insegnamento, sia di ricompensa dell'offerta di servizi pregressi. Una tale impostazione dell'accesso alla professione impedisce al precariato di svolgere il ruolo di selezione e motivazione che normalmente ha nel mercato del lavoro. L'utilizzo di criteri simili anche per la gestione della mobilit� tra sedi di lavoro riduce gli incentivi dei singoli insegnanti a investire nel posto di lavoro in cui si trovano. E l'importanza di vari possibili criteri di attribuzione dei punteggi, orientati all'abilit� o volenterosit� o "bisogno di lavorare" degli aspiranti insegnanti, � tutt'altro che esplicita e soggetta comunque a forte e imprevedibile variabilit�. La disponibilit� di insegnanti in Italia � abbondante, ma le graduatorie si esauriscono pi� velocemente per materie e aree geografiche in cui scarseggia l'offerta di lavoro, come le materie scientifiche nel Nord Italia, e per chi insegna materie in cui esiste anche un mercato professionale (come ragionieri e geometri) � aperta la strada del secondo lavoro. La possibilit� di combinare l'insegnamento con altre attivit� � in effetti un'importante fattore nel processo di autoselezione degli insegnanti, con importanti conseguenze sulla loro composizione demografica. La crescita dell'impiego femminile nella scuola, ancora pi� forte che in altri settori del mercato del lavoro, � spiegata anche dalla comodit� della sincronia tra gli impegni lavorativi delle madri e quelli scolastici dei propri figli. Certo non va a scapito della selezione di personale di qualit�, ma come nel caso di impieghi professionali affiancati all'impegno scolastico, il rischio � che il secondo lavoro (in famiglia) vada a scapito del primo. Occorre poi collocare gli insegnanti in sedi di lavoro, e fargli svolgere mansioni utili. In Italia, l'assegnazione a sedi di lavoro � organizzata in base a criteri amministrativi ma influenzata dalle libere scelte degli insegnanti che danno diritto, in base ai punteggi acquisiti, a ottenere trasferimenti. Per quanto riguarda le mansioni, il sistema italiano non pu� adattarle alle caratteristiche del singolo insegnante, data l'unicit� del percorso di carriera e la standardizzazione dei requisiti contrattuali (25 ore settimanali di didattica frontale nella scuola dell'infanzia, 22 ore nella scuola primaria e 18 ore nella scuola secondaria, per 34 settimane all'anno per cattedre a tempo pieno). La struttura organizzativa delle scuole italiane, poco gerarchizzata, limita molto la possibilit� di differenziare esplicitamente le mansioni attribuite agli insegnanti. A parte il tirocinio in ambito Ssis (per coloro che l'hanno frequentata), il sistema italiano attuale prevede una forma di apprendistato solo durante il primo anno di immissione in ruolo, quando un docente pi� anziano e un docente esterno si occupano di seguire il neo-assunto e poi valutarne l'operato e la relazione. Conseguita la conferma, solo la tutela della propria reputazione presso colleghi, studenti, e famiglie potr� indurre gli insegnanti pi� motivati a proseguire nel miglioramento della loro pratica didattica: non � prevista alcuna valutazione formale delle prestazioni, e la progressione di carriera � esclusivamente retributiva, automatica in quanto legata all'anzianit� di servizio, e senza possibilit� di cambiamento delle mansioni svolte salvo l'accesso all'insegnamento in altro livello scolastico e la mobilit� verso sedi di servizio preferibili, facilitata dall'anzianit� in ruolo e dal punteggio ad essa conseguente. L'unica vera promozione formale � il passaggio alla fascia dirigente, a cui si accompagna, obbligatoriamente, l'abbandono della funzione docente. Ovviamente, criteri di accesso e di assegnazione di mansioni non bastano a garantire che un insegnante effettivamente produca qualcosa di utile. Purtroppo, il risultato del lavoro degli insegnanti, ovvero l'apprendimento e la riuscita nella vita degli allievi, � tanto fondamentalmente importante quanto difficile da misurare precisamente, e da collegare alla qualit� degli insegnanti e all'intensit� del loro sforzo produttivo piuttosto che alle caratteristiche degli studenti, al contributo di altri fattori produttivi del sistema scolastico (in primis gli altri insegnanti), o al caso. Se valutare e compensare gli insegnanti in base ai risultati non � normale nella scuola, ci possono essere due tipi di motivi. Dato che chi studia e chi insegna produce qualcosa di molto pi� importante ma anche meno palpabile della verdura e della pasta che si vendono e comprano nei supermercati, potrebbe essere la societ� nel suo complesso a ritenere che per il raggiungimento dei suoi obiettivi sia meglio non assegnare valore monetario a indicatori imprecisi e imperfetti del successo forse di singoli insegnanti, ma non di una parte pi� grande o intera del sistema scolastico. Sistemi di incentivi espliciti possono essere controproducenti se le difficolt� di misurazione dei risultati e di attribuzione dei premi rendono poco credibile il meccanismo formale, e al tempo stesso rischiano di distruggere meccanismi informali di controllo e stimolo basati, se non su motivazioni etiche interne di ciascun insegnante, sulla collaborazione tra pari in un clima di stima reciproca in base a obiettivi collettivi e condivisi. � certamente vero che i risultati di test standardizzati sono correlati a indicatori di successo individuale nel mercato del lavoro, ma se si assegna preponderante importanza ai risultati degli studenti in test standardizzati, da un lato si scatener� negli insegnanti la tentazione di manipolare i risultati negli ampi limiti del possibile, vista l'inevitabile imprecisione dei test anche per la misura degli aspetti cognitivi specifici su cui si concentrano. D'altro lato, dare peso a indicatori specifici pu� portare gli insegnanti a trascurare ogni altra pur utile incombenza. In presenza di informazione asimmetrica e manipolabile, un chiaro legame tra premi monetari e indicatori di risultato fornisce incentivi all'inganno. Un legame meno chiaro e pi� complicato pu� dare migliori incentivi alla sincerit�, e minimizzare la rilevanza di motivi di lucro pu�, come nel caso delle agenzie che si occupano di aiuti ai Paesi in via di sviluppo, consentire ai finanziatori di non temere troppo la falsificazione di performance ben poco controllabili. Se si riesce a convincersi che si lavora non per i soldi ma per un fine pi� alto e nobile, si pu� nutrire la speranza (non la certezza) che si produca onestamente: nel settore pubblico, la "missione" pi� che il profitto motivano sia le organizzazioni, sia almeno in parte chi ne fa parte, che sar� tanto pi� motivato quanto pi� condivide personalmente i fini perseguiti. Per sfruttare questo meccanismo, occorre che gli obiettivi dell'organizzazione siano chiari, e coerenti con i suoi metodi di selezione e orientamento del personale. Il debole legame tra efficacia e remunerazione degli insegnanti potrebbe per� derivare non da considerazioni riguardanti il sistema educativo nel suo complesso, ma da vincoli riguardanti il livello di benessere degli insegnanti, che potrebbero non gradire di lavorare a cottimo. Come sappiamo, il livello di benessere complessivo degli insegnanti � un importante vincolo per le possibilit� produttive del sistema scolastico. Gli insegnanti differiscono sotto due aspetti. Da un lato, � diversa la loro capacit� di ottenere risultati a parit� di risorse. Dall'altro, e separatamente, � diversa la loro sensibilit� agli incentivi: per alcuni, � possibile migliorare i risultati con poco sforzo; altri lo trovano molto faticoso, o addirittura impossibile. Per questo motivo, come accennato sopra, gli effetti di selezione del personale sono legati a quelli di sistemi di retribuzione incentivante, anche se si dispiegano certamente su un orizzonte temporale pi� lungo. � teoricamente possibile stabilire il livello medio delle retribuzioni (intorno a cui si dispiegano le variazioni legate ai risultati) e definire il legame tra risultati (che costano sforzo agli insegnanti) e salari in modo da mantenere invariato o migliorare il benessere di un insegnante tipico. Ma per insegnanti pi� o meno bravi ci saranno miglioramenti o peggioramenti del rapporto salario/fatica. Se anche nel lungo periodo saranno queste variazioni a far variare il mix di qualit� degli insegnanti, nel breve periodo � inevitabile che qualcuno resti danneggiato. � possibile che gli insegnanti in un dato sistema siano in larga maggioranza coscienti di non essere in grado di lavorare bene e per questo trovino spiacevole un collegamento esplicito tra risultati e compensi. Ma � anche possibile che gli insegnanti rifiutino la valutazione perch�, pur capaci e volonterosi, temano di non poter influenzare a sufficienza i risultati dei loro studenti o, peggio, temano che i giudizi sul loro operato siano arbitrari e ingiusti. Ogni esercizio di valutazione fornisce qualche informazione utile che per�, per tener conto dei possibili effetti negativi e vincoli di cui sopra, va utilizzata in meccanismi di incentivo modulando opportunamente l'attribuzione a gruppi, la pubblicit�, e l'associazione ad output e input dei meccanismi premiali. Anche se in linea di principio � lo sforzo individuale che andrebbe premiato, � ben pi� facile misurare i risultati a livello di gruppo; si pensi a un test impartito a una classe, i cui risultati non potrebbero che essere attribuibili a tutti gli insegnanti della sezione. Anche l'impegno degli insegnanti � in realt� pi� facilmente attribuibile a un gruppo se al suo interno possono operare meccanismi di controllo tra pari. Vi sono quindi motivazioni sia pratiche, sia teoriche per l'attribuzione di premi e incentivi a gruppi piuttosto che a singoli. Il problema � semmai la definizione dei gruppi, ovvero i criteri di scelta o assegnazione dei luoghi di servizio per gli insegnanti. Il gruppo deve comunque essere di dimensioni limitate, affinch� l'incentivo al free riding sia contenuto dal reciproco controllo tra membri del gruppo. Ovviamente, la pressione tra pari ha dei limiti, e meccanismi di exit (tramite cui un singolo insegnante possa sganciarsi da un gruppo poco incline al miglioramento dei risultati) sono importanti complementi di meccanismi di incentivazione e competizione a livello di gruppo. Per quanto riguarda la pubblicit� di giudizi e premi, bisogna tener conto delle molte imperfezioni dei meccanismi che legano risultati sostanziali a indicatori misurati, e indicatori misurati a erogazioni. Si rischia di aggiungere al danno di chi si ritrova penalizzato finanziariamente anche le beffe di vedere altri, non pi� capaci n� pi� volonterosi, premiati da pi� alti salari. E rendere pubblici indicatori imprecisi per la qualit� di singole scuole pu� avere l'effetto di far accorrere molti studenti a scuole che, pur percepite come migliori, non necessariamente sono meglio organizzate: scuole che saranno prontamente peggiorate dall'affollamento o, se si consente la selezione di studenti all'ingresso, artificialmente migliorate a scapito di altre scuole dalla concentrazione di studenti facilmente educabili. Del lavoro degli insegnanti, oltre ai risultati (output), se ne possono anche misurare la quantit� e qualit� (input). Ed � agli individui, piuttosto che ai gruppi, che possono essere attribuite quote di retribuzione input-based, associati a indicatori quali titoli di studio e presenza in classe. Su questo fronte c'� molto spazio per migliorare in un sistema scolastico come quello italiano, con scarsi controlli sull'effettiva erogazione di lezioni (se non della presenza in aula), e pochi e frammentari criteri per l'accesso (al di l� del possesso della laurea, per altro vincolante nella scuola primaria solo da un certo periodo in avanti). Ma il sistema � migliorabile anche e soprattutto per quanto riguarda gli incentivi legati agli input e agli output degli insegnanti. L'autostima degli insegnanti stessi non pu� allo stato attuale essere basata su indicatori obiettivi, perch� ogni meccanismo di riconoscimento del merito � stato progressivamente rimosso (dai concorsi per "merito distinto", che altro non erano che la possibilit� di accelerare la carriera per i docenti pi� brillanti attraverso il superamento di un esame, alle "note di merito" del dirigente). Un miglioramento del trattamento economico legato alle modalit� di erogazione della prestazione lavorativa (in una direzione di risposta agli incentivi) potrebbe essere possibile nel contesto della prevedibile riduzione e sostituzione dell'attuale corpo insegnante. E potrebbe anche migliorare l'auto-percezione della funzione svolta dagli insegnanti. Proprio lo scollamento tra merito percepito, compiti, e retribuzione pu� essere causa di scoraggiamento, e un sistema concordato e condiviso di valutazione non pu� che migliorare anche questa situazione. Meccanismi di raccolta di informazioni e di incentivazione possono e debbono essere utilizzati per allineare degli obiettivi dei singoli (famiglie, insegnanti, scuole) con quelli della societ�, tenendo conto dell'imperfetta misurabilit� delle variabili rilevanti in input (talento degli studenti, talento e capacit� degli insegnanti) e output (livelli degli apprendimenti, capacit� relazionali). Il sistema scolastico italiano non � privo di leve utilizzabili per orientare la localizzazione degli insegnanti e motivare le loro attivit� (dai criteri di ammissione alle graduatorie, all'articolazione dei posti di ruolo e dei diversi tipi di supplenza, all'assegnazione di "funzioni obiettivo" a singoli insegnanti). Ma l'amministrazione di tali strumenti � ormai quasi del tutto priva delle caratteristiche di coerenza, stabilit�, e prevedibilit� che li renderebbero efficaci. La confusa e continuamente modificata normativa riguardante i canali di entrata nei ruoli insegnanti danneggia la qualit� del personale. La quasi esclusiva rilevanza dell'anzianit� di servizio per la progressione di carriera degli insegnanti, e l'assenza di informazioni da utilizzare in base a una chiara assegnazione di responsabilit� a strutture e dirigenza, provocano uno scollamento tra necessarie e potenzialmente utili procedure amministrative, e gli obiettivi del sistema scolastico. L'assenza di valutazione dei risultati scolastici in modo confrontabile tra classi e scuole impedisce non solo di fornire informazioni affidabili alle famiglie, ma anche di orientare gli incentivi di studenti e docenti. Per far s� che il personale sia adeguato ai compiti a cui � assegnato, meccanismi di selezione meritocratica all'ingresso e sviluppo delle capacit� didattiche hanno ovvi vantaggi rispetto all'anzianit� di servizio. La valutazione dei risultati scolastici pu� anche essere utilizzata come base per l'introduzione di sistemi retributivi legati alla performance per gli insegnanti. Tuttavia, non pare possibile misurare in modo affidabile il contributo individuale di ciascun insegnante. Sono quindi preferibili schemi di incentivazione di gruppo, da inserire in una migliore organizzazione dei rapporti interni agli istituti scolastici e delle scelte tra istituti di insegnanti e studenti. Perch� le buone idee bloccano quelle migliori (di Peter McLeod, "Le Scienze" n. 549/14) - Quando lavoriamo a risolvere un problema, la tendenza del cervello ad attenersi alle ipotesi pi� familiari pu� impedirci di vedere le soluzioni migliori. - In un classico esperimento del 1942 lo psicologo americano Abraham Luchins chiese ad alcuni volontari di fare a mente elementari operazioni matematiche, immaginando di avere a disposizione dei recipienti e dell'acqua. Per esempio, con tre contenitori vuoti di capacit� diverse - 21, 127 e 3 unit� d'acqua - i partecipanti dovevano trovare come trasferire il liquido da un contenitore all'altro fino a ottenere esattamente 100 unit�. Potevano riempire e svuotare i contenitori tutte le volte che volevano, ma ogni volta dovevano riempirli fino all'orlo. La soluzione era riempire completamente, per prima cosa, il secondo contenitore, da 127 unit�, poi da questo riempire il primo, rimuovendone quindi 21 unit� e lasciandone 106; e infine riempire due volte il terzo recipiente, sottraendo cos� 6 unit� e restando con 100. Successivamente, Luchins present� ai suoi volontari vari altri problemi che potevano essere risolti essenzialmente con gli stessi tre passaggi, ed essi li risolsero facilmente. Quando per� diede loro un problema con una soluzione pi� semplice e pi� rapida delle precedenti, non riuscirono a vederla. Luchins chiese ai partecipanti di misurare 20 unit� d'acqua usando contenitori da 23, 49 e 3 unit� di liquido. La soluzione � ovvia, no? Basta riempire il primo contenitore e sottrarre da questo il terzo: 23 meno 3 uguale 20. Molte delle persone che partecipavano all'esperimento, per�, continuarono a risolvere questo problema pi� facile alla vecchia maniera, versando il liquido dal secondo contenitore nel primo e poi, due volte, nel secondo: 49 meno 23 meno 3 meno 3 uguale 20. E quando Luchins diede loro un problema che poteva essere risolto in due passaggi - ma non con il metodo a tre passaggi cui i volontari si erano abituati - si arresero dicendo che era irrisolvibile. L'esperimento dei recipienti d'acqua � uno degli esempi pi� noti del cosiddetto effetto Einstellung: l'ostinata tendenza della mente umana ad attenersi alle soluzioni pi� familiari dei problemi - quelle che vengono in mente per prime - ignorando le alternative [in tedesco Einstellung significa atteggiamento, impostazione, N.d.R.]. In molti casi questo modo di pensare ci d� un'utile euristica: una volta trovato un buon modo per, diciamo, pelare l'aglio, non ha senso provare tutta una serie di tecniche differenti ogni volta che si ha bisogno di uno spicchio. Il guaio di questa scorciatoia cognitiva, per�, � che a volte ci rende ciechi rispetto a soluzioni pi� efficienti o pi� appropriate di quelle che gi� conosciamo. Partendo dal lontano lavoro di Luchins, gli psicologi hanno replicato l'effetto Einstellung in molti studi di laboratorio, con principianti ed esperti impegnati in una serie di attivit� mentali, ma come e perch� si verifichi questo fenomeno non � mai stato chiaro. Di recente abbiamo risolto il mistero registrando i movimenti oculari di giocatori di scacchi di alto livello. Abbiamo scoperto che le persone influenzate da questa scorciatoia cognitiva sono letteralmente cieche ai dettagli dell'ambiente che potrebbero indirizzarle a una soluzione migliore. Nuove ricerche suggeriscono inoltre che molti pregiudizi cognitivi scoperti dagli psicologi nel corso degli anni - in tribunali e ospedali, per esempio - sono in realt� variazioni sul tema dell'effetto Einstellung. Torna alla casella di partenza � almeno dai primi anni novanta che gli psicologi studiano l'effetto Einstellung reclutando giocatori di scacchi di vario livello, dai dilettanti ai grandi maestri. In questi esperimenti i ricercatori presentano ai giocatori posizioni su scacchiere virtuali chiedendo loro di arrivare allo scacco matto nel minor numero possibile di mosse. Noi, per esempio, abbiamo proposto a scacchisti esperti situazioni in cui potevano dare scacco matto mediante una nota sequenza di tratti detta "matto affogato", una manovra in cinque mosse in cui si sacrifica la regina per attirare un pezzo dell'avversario su una certa casella, dove blocca ogni via di fuga al suo re. I giocatori per� potevano anche dare matto in sole tre mosse, ma con una sequenza di mosse assai meno familiare. Come negli studi con i recipienti e l'acqua di Luchins, la maggior parte dei giocatori non � riuscita a trovare la soluzione pi� efficiente. In alcuni di questi studi abbiamo chiesto ai giocatori che cosa succedesse nella loro testa; ci hanno detto di aver trovato la soluzione basata sul matto affogato, affermando poi con insistenza di aver cercato una soluzione pi� rapida, ma senza successo. I loro resoconti verbali, per�, non ci davano alcun indizio per capire come mai. Nel 2007 abbiamo deciso di provare una cosa un po' pi� obiettiva: seguire i loro movimenti oculari con una telecamera a raggi infrarossi. Dalle zone della scacchiera fissate pi� spesso, e dal tempo pi� o meno lungo dedicato dai giocatori alle varie aree, avremmo dedotto senza equivoci quali aspetti del problema stavano notando e quali stavano ignorando. In questo esperimento abbiamo seguito lo sguardo di cinque giocatori esperti mentre esaminavano una posizione che poteva essere risolta sia con la manovra - pi� lunga - del matto affogato sia con una sequenza pi� breve di tre mosse. Dopo 37 secondi, in media, tutti i giocatori hanno sostenuto con decisione che il matto affogato era il modo pi� rapido possibile di vincere la partita. Quando per� abbiamo presentato loro una posizione che poteva essere risolta solo con il matto in tre mosse, tutti l'hanno trovato senza difficolt�. E quando si sono sentiti dire che lo stesso rapido scacco matto era possibile anche nella posizione precedente, sono rimasti stupefatti. "No, � impossibile", ha esclamato uno di loro. "� un problema diverso. Deve esserlo. Per forza. Una soluzione cos� semplice l'avrei vista". Chiaramente, la mera possibilit� del matto affogato aveva ostinatamente mascherato ogni soluzione alternativa. Nei fatti, l'effetto Einstellung era stato tanto forte da ridurre temporaneamente degli esperti maestri di scacchi al livello di giocatori assai pi� deboli. La telecamera a infrarossi ha rivelato che anche quando dicevano di star cercando una soluzione pi� rapida - e ne erano effettivamente convinti - in realt� non spostavano lo sguardo dalle caselle che avevano gi� individuato come coinvolte nella manovra di matto affogato. Messi di fronte alla posizione a soluzione unica, invece, i giocatori guardavano dapprima le caselle e i pezzi importanti per il matto affogato ma poi, una volta capito che non poteva funzionare, volgevano l'attenzione ad altre caselle e trovavano rapidamente la soluzione pi� breve. Le basi del pregiudizio Lo scorso ottobre Heather Sheridan, dell'Universit� di Southampton, nel Regno Unito, ed Eyal M. Reingold, dell'Universit� di Toronto, hanno pubblicato studi che confermano i nostri esperimenti di tracciamento oculare. Hanno presentato a un gruppo di giocatori di scacchi, 17 principianti e 17 esperti, due posizioni diverse. Nella prima, una familiare manovra di matto come il matto affogato era vantaggiosa, ma non quanto un'altra soluzione meno ovvia. Nella seconda la sequenza pi� familiare sarebbe stata un errore. Come nei nostri esperimenti, una volta che principianti e maestri erano arrivati alla vantaggiosa manovra pi� familiare, era raro che i loro occhi vagassero verso le caselle che avrebbero potuto indirizzarli alla soluzione migliore. Quando la sequenza che conoscevano bene era chiaramente errata, per�, tutti gli esperti e la maggior parte dei principianti individuavano quella alternativa. L'effetto Einstellung non riguarda soltanto gli esperimenti controllati di laboratorio, o giochi mentalmente impegnativi come gli scacchi. � anzi alla base di molte distorsioni cognitive. Francis Bacon fu particolarmente eloquente parlando di una delle pi� comuni forme di distorsione cognitiva nel Novum Organum, del 1620. "L'umano intelletto, una volta determinatosi a una opinione [...] riduce ogni altra cosa a sostegno e conformit� con essa; e bench� gli argomenti contrari siano di numero e forza superiore, tuttavia li trascura o disprezza, oppure con distinzioni li mette da parte e rifiuta... Gli uomini [...] prendono nota degli eventi [previsti] quando si verificano, ma quando mancano di farlo, ove pure ci� avvenga assai pi� di frequente, li trascurano e lasciano correre inosservati. E questo morbo pi� sottilmente si insinua nelle filosofie e nelle scienze, dove ci� che una volta � piaciuto domina, e anzi indebolisce ogni altra cosa, fosse pure pi� forte e pi� sana". Negli anni sessanta uno psicologo britannico, Peter Watson, chiam� questa particolare distorsione cognitiva "pregiudizio della conferma", e in una serie di esperimenti controllati dimostr� che anche quando cercano di mettere alla prova le teorie in modo obiettivo gli esseri umani tendono a cercare le evidenze che confermano le proprie idee e a ignorare ci� che le contraddice. Nel suo libro Intelligenza e pregiudizio, per esempio, Stephen Jay Gould riesamin� i dati riportati dai ricercatori nel tentativo di stimare le differenze di intelligenza tra i gruppi razziali e sociali e tra i due sessi, misurandone il volume del cranio o il peso del cervello, a partire dall'assunto che l'intelligenza fosse correlata con le differenze di volume del cervello. E scopr� pesanti distorsioni dei dati. Quando trov� che il cervello dei francesi era in media pi� piccolo di quello dei tedeschi, il neurologo francese Paul Broca si liber� della discrepanza ascrivendola alla differenza nella corporatura media fra i cittadini dei due paesi. Non poteva certo accettare che i francesi fossero meno intelligenti dei tedeschi... Quando per� aveva scoperto che il cervello delle donne era pi� piccolo di quello dei maschi non aveva applicato alcuna correzione per le dimensioni corporee, perch� l'idea che le donne fossero meno intelligenti degli uomini non gli poneva alcun problema. Un po' a sopresa, Gould concluse per� che Broca e altri come lui sono meno riprovevoli di quanto si potrebbe pensare. "Nella maggior parte dei casi discussi in questo libro possiamo essere abbastanza sicuri che l'influsso dei pregiudizi [...] sia stato inconsapevole e che gli scienziati abbiano creduto di perseguire la pura e semplice verit�", scriveva Gould. Proprio come abbiamo osservato nell'esperimento degli scacchi, in altre parole, idee tranquillamente familiari hanno reso ciechi Broca e i suoi contemporanei di fronte agli errori dei loro ragionamenti. Qui sta il vero pericolo dell'effetto Einstellung. Possiamo credere di tenere la mente aperta ed essere del tutto inconsapevoli che il nostro cervello sta invece distogliendo selettivamente la nostra attenzione da quegli aspetti dell'ambiente che potrebbero spingerci a pensare in modo diverso. Tutti i dati che non si adattano alla soluzione o alla teoria cui gi� ci siamo aggrappati sono ignorati o scartati. La natura insidiosa del pregiudizio della conferma porta a conseguenze negative nella vita di tutti i giorni, come hanno documentato gli studi sui processi decisionali di medici e giurati. In una rassegna degli errori nel pensiero medico Jerome Groopman, medico anch'egli, ha notato che, nella maggior parte dei casi di diagnosi sbagliata, "il punto in cui il medico inciampa non consiste nell'ignoranza di qualche fatto clinico; se sbaglia diagnosi, invece, � perch� cade in qualche trappola cognitiva". Quando un medico "eredita" un paziente da un collega, per esempio, la diagnosi del primo pu� far s� che il secondo non veda neppure certi dettagli importanti e contraddittori della realt� sanitaria del paziente che potrebbero fargli cambiare idea. � pi� facile accettare la diagnosi - la soluzione - che ha gi� davanti che ripensare da capo tutta la situazione. Analogamente, un radiologo che esamina una radiografia toracica spesso si fissa sulla prima anomalia che trova, e non nota altri segni clinici di malattia che dovrebbero essere ovvi, come una tumefazione che potrebbe indicare un tumore. Se gli stessi dettagli secondari si presentano da soli, per�, il radiologo li nota immediatamente. Studi collegati hanno rivelato che i membri di una giuria cominciano a decidere dell'innocenza o meno di una persona molto prima che siano state presentate tutte le prove; a sua volta, la prima impressione suscitata dall'accusato modifica il modo in cui soppesano le prove successive, e persino il ricordo delle prove gi� esaminate. Allo stesso modo, se un responsabile della selezione del personale trova un candidato fisicamente attraente, automaticamente percepir� la sua personalit� e la sua intelligenza in modo pi� positivo, e viceversa. Anche queste distorsioni sono alimentate dall'effetto Einstellung. � pi� facile prendere una decisione a proposito di una persona se la si vede costantemente nella stessa luce, senza dover dipanare tanti elementi contraddittori. Si pu� imparare a resistere all'effetto Einstellung? Forse s�. Nei nostri esperimenti sugli scacchi, e in quelli successivi di Sheridan e Reingold, alcuni esperti di eccezionale abilit�, a livello di grande maestro, hanno in realt� trovato la soluzione ottimale ma meno ovvia anche quando era possibile una sequenza di mosse pi� lunga ma pi� nota. Questo fa pensare che quanto maggiore � la padronanza del proprio campo - che sia la scienza, gli scacchi o la medicina - tanto maggiore � la resistenza all'effetto Einstellung. Nessuno, per�, ne � completamente immune. Anche i grandi maestri hanno fallito quando li abbiamo messi in una situazione abbastanza complicata. Un altro modo di contrastare l'effetto � ricordare attivamente a noi stessi che siamo suscettibili alle sue lusinghe. Se dovessimo considerare la differenza, diciamo, tra il contributo delle emissioni di gas serra di origine umana e di quelle naturali alla temperatura globale, ricordiamoci che se crediamo di sapere gi� la risposta non giudicheremo le prove disponibili in modo obiettivo. Al contrario, noteremo le prove che sostengono le opinioni che gi� abbiamo, le considereremo pi� forti di quanto non siano e ce le ricorderemo meglio di quelle che non sostengono le nostre opinioni. Se vogliamo sinceramente migliorare le nostre idee, dobbiamo cercare di imparare ad accettare i nostri errori. Charles Darwin trov� a questo proposito una tecnica di notevole semplicit� ed efficacia. "Avevo [...] per molti anni seguito una regola aurea: ogni volta che mi imbattevo in un fatto pubblicato, una nuova osservazione o un pensiero che fosse contrario ai miei risultati generali, prenderne nota senza fallo e immediatamente", ha scritto. "Perch� avevo scoperto, per esperienza, che tali fatti e pensieri erano assai pi� inclini a sfuggirmi di mente di quelli favorevoli". L'isola che non c'� (di Giuliana Rotondi, "Focus Storia" n. 135/18) - Mentre nel mondo scoppiava il 1968, al largo di Rimini, in mezzo al mare, spuntava l'Isola delle Rose. - Un sogno di emancipazione, un'utopia in salsa romagnola? Di sicuro l'Isola delle Rose fu un curioso esperimento politico, sociale, culturale. Nell'estate del 1968 Giorgio Rosa, un eccentrico ingegnere bolognese, inaugur� una struttura in cemento e lamiere in acque internazionali, a poco pi� di 11 chilometri dalle coste romagnole. Nelle sue intenzioni la piattaforma doveva essere una micronazione con tanto di presidente, ministeri, lingua autonoma (l'esperanto) e inno nazionale (L'olandese volante di Richard Wagner). Le dimensioni erano limitate, circa 400 metri quadrati. In superficie un albergo, una banca, un bar e attracchi per le barche. Eppure la Insulo de la rozoj, come fu chiamata in esperanto, per un'estate tenne sotto scacco il mondo intero. Le piazze occidentali erano occupate da studenti in rivolta. L'America era impantanata in Vietnam e l'Urss aveva appena mandato i carri armati a Praga per reprimere il "socialismo dal volto umano" di Dubcek. In Italia, intanto, si sperimentavano le gioie del benessere e della libert�. Se a Rimini apriva il Lady Godiva, primo night dove si potevano vedere bellezze locali a seno nudo, il parlamento nazionale se la vedeva con un "governo balneare", un monocolore Dc durato una stagione e guidato da Giovanni Leone, il futuro presidente della Repubblica. In questo scenario si mosse Giorgio Rosa, per sua stessa ammissione lontano da posizioni politiche. L'impresa cominci� alla fine degli Anni '50. Chiesto il permesso alla capitaneria di porto di Rimini di edificare una piattaforma in mare, organizz� il cantiere. Il progetto prevedeva la costruzione sulla terraferma di un telaio di tubi in acciaio da trasportare in galleggiamento in mare aperto, dove poi sarebbe avvenuto il collaudo. Il primo tentativo fu un disastro, e quella che doveva essere l'embrione dell'Isola delle Rose venne travolta da una mareggiata. L'ingegnere per� non si perse d'animo. Ne costru� un'altra e per il 20 agosto 1967 la sua isola fu aperta al pubblico. L'anno successivo, il 1o maggio, ci fu invece l'inaugurazione ufficiale. Frotte di turisti approdarono sulla piattaforma attratti da quello spazio nell'Adriatico che non era pi� Italia, e nemmeno Iugoslavia, ma una zona libera da ogni giurisdizione nazionale esistente. I giornali a questo punto iniziarono a interessarsene, seminando dubbi sulle reali intenzioni di Giorgio Rosa. C'era chi giurava che l'isola fosse una casa di prostituzione mascherata, chi la sospettava di essere un avamposto della Iugoslavia titina. Altri ancora immaginarono che potesse ospitare una radio privata sul modello dell'inglese Radio Caroline. La realt� era molto pi� prosaica: Giorgio Rosa voleva creare un porto franco, svincolato da ogni ostacolo amministrativo, burocratico ed economico. L'Isola delle Rose era una "citt� del sole", il sogno di ogni imprenditore: qui si poteva vivere in libert�, senza leggi restrittive e con negozi, banche e alberghi capaci di essere attrattivi per i turisti e di far guadagnare. Anni dopo Rosa disse in un'intervista: "A essere sinceri, il mio progetto iniziale era questo: costruire qualcosa che fosse libero da lacci e lacciuoli e non costasse molto. Sulla terraferma la burocrazia era soffocante. Cos� mi venne un'idea, durante la villeggiatura a Rimini". E spieg�: "Volevamo aprire un bar e una trattoria. Mangiare, bere e guardare le navi da Trieste che passano vicine, a volte anche troppo. Il ricordo pi� bello � la prima notte sull'isola in costruzione. Venne un temporale che sembrava portasse via tutto. Ma al mattino torn� il sole, ogni cosa pareva bella e realizzabile. Poi cominciarono i problemi". L'isola in effetti ebbe vita breve. Il nuovo Stato fece in tempo a stampare i suoi francobolli e prov� a battere moneta, ma il governo italiano avanz� subito le sue richieste. In Parlamento da destra, da sinistra e dal centro fu un fuoco incrociato che infiamm� l'estate del 1968: il Movimento sociale accus� Giorgio Rosa di aver violato il suolo italiano, il ministro dell'Interno denunci� senza mezzi termini il "grave pericolo" rappresentato da questa nazione al di fuori del controllo del diritto internazionale. E se il Servizio segreto militare sospett� che l'isola potesse essere una base per l'attracco dei sommergibili sovietici, a sinistra, il Partito comunista ventil� l'ipotesi che fosse una manovra destabilizzante di Enver Hoxha, dittatore dell'Albania. Risultato: l'utopia dell'Isola delle Rose aveva le ore contate. Il 24 giugno, a meno di due mesi dall'inaugurazione, la piattaforma fu circondata da polizia e carabinieri: i negozi vennero chiusi e i pochi residenti, tre in tutto, abbandonarono l'isola. Rosa si rivolse direttamente a Saragat per chiederne la restituzione, ma non ebbe alcuna risposta. "Non avevamo risorse, eravamo soli. Quando il Consiglio di Stato diede parere favorevole alla demolizione, non feci ricorso", afferm� tempo dopo la fine dell'avventura. Il 13 febbraio 1969 gli artificieri della Marina militare minarono i piloni con la dinamite e l'isola piano piano si inabiss�. E con lei il sogno di Giorgio Rosa che pragmaticamente archivi� il progetto, preferendo lavorare come ingegnere e progettista nel suo studio di Bologna. "Capii definitivamente che in Italia � impossibile essere liberi, far le cose da solo", dir� qualche anno prima della morte avvenuta a marzo 2017. Il suo esperimento per� non � stato dimenticato. E oggi alla Insulo de la rozoj sono dedicati numerosi libri e documentari. Radio Caroline Qualche anno prima che Giorgio Rosa inaugurasse la sua isola sull'Adriatico, al largo delle coste dell'Essex, a sud-est dell'Inghilterra, un gruppo di "pirati" inaugurava a bordo di una vecchia nave danese (la MV Ross Revenge) una delle prime radio libere del mondo: Radio Caroline. Quando fu lanciata era il marzo del 1964 e anch'essa si trovava in acque internazionali, dove la legge da osservare era quella del Paese in cui era stata registrata l'imbarcazione. Radio Caroline, che ha ispirato anche il film I Love Radio Rock (2009), mandava in onda musica 24 ore su 24, contrapponendosi ai seriosi canali della Bbc, a monopolio statale. Il successo fu immediato: a pochi mesi dall'inizio delle trasmissioni raggiunse ben quattro milioni di ascoltatori, perlopi� giovani. Successivamente gli esperimenti di radio pirata si moltiplicarono. In Italia ci furono prima Radio Montecarlo e Radio Capodistria, che trasmettevano all'estero per un pubblico italiano. Ma negli Anni '70 comparvero molte radio libere, tra cui Radio popolare a Milano, Radio Alice a Bologna e Radio Citt� futura a Roma. Tutti pazzi per Jane Austen (di Nadia Fusini, "Vita e Pensiero" n. 3/17) - Fa parte di una tradizione di scrittura al femminile, in cui spicca per la sua capacit� innata di cogliere il dettaglio. Audace, ironica e libera nella mente e nel cuore, schernisce le costrizioni sociali e anticipa cos� le donne vive e libere di oggi. - Jane Austen � oggi riconosciuta nel mondo globale, ma non � stato cos� all'inizio. S�, gi� in vita Jane ha successo: Orgoglio e pregiudizio, che esce nel 1813, viene subito tradotto in francese. Se ci� accade, � per la curiosit� che suscita il suo carattere very english presso il pubblico oltremanica. In parte � ancora cos�, solo che oggi quel timbro "locale" � il veicolo di una fama globale: non c'� artista che sia pi� glocal di Jane. Siamo universalmente tutti "pazzi di Jane". Eppure, com'� distante il mondo di Jane Austen. Com'� assolutamente datato il mondo che rappresenta nei suoi romanzi, che � poi quello in cui vive. Siamo in epoca Regency, alle porte del Romanticismo, in anni turbolenti: nella vicina Francia c'� stata la rivoluzione, si teme un possibile contagio. In patria ci sono sommosse di operai, che attaccano le macchine che togliendo loro lavoro li condannano alla povert�, a fronte di una classe dominante distratta nei propri stupidi privilegi, mentre sul trono un principe Giorgio sorveglia un re Giorgio pazzo. L'epoca georgiana � per� anche un'epoca di progresso nel gusto e nelle arti. All'eccesso barocco e rococ� succede un'eleganza formale che si fonda sulla semplicit�. Le donne vestono abiti stile impero, senza troppi ornamenti. Nell'architettura, nel paesaggio, si impone lo stesso gusto. Plain, simple sono aggettivi che ritroviamo nella prosa di Jane Austen - a indicare la volont� di chiarezza e trasparenza di un soggetto umano, che si vuole liberare da vincoli e remore nascosti nei panneggi pesanti del passato. Jane Austen testimonia di questo passaggio epocale. Nasce il 16 dicembre 1775 a Steventon, un villaggio dell'Hampshire, a sud di Londra. � la penultima di otto figli: sei maschi e due femmine, Jane e Cassandra. Il padre, il rettore della parrocchia, si occupa personalmente dell'educazione dei figli, in particolare di quella delle figlie femmine, a cui insegna il francese e l'italiano e apre la biblioteca di romanzi, laica e moderna per un uomo di chiesa. In questa specie di piccolo mondo, ma non antico, forte � l'attenzione affinch� si sviluppi nella persona l'intelligenza di s� e degli altri, e maturi la coscienza critica, ovvero la capacit� di giudizio del proprio e altrui modo di stare al mondo. E quindi l'analisi lucida dei comportamenti, che � la materia stessa dei romanzi austeniani. � chiaro che, per una coscienza in tal senso sollecitata, ogni dettaglio � cruciale: come in una goccia d'acqua c'� l'essenza dell'acqua, allo stesso modo nel "locale" Jane coglie il "globale". Nel particolare, l'universale. Nel dettaglio, l'assoluto. D'accordo, scrive per lo pi� di due o tre famiglie di un villaggio inglese di provincia, qualche volta si spinge fino a Londra. � vero, il suo programma � davvero minimalista; eppure, da un angolo cos� ristretto, ascolta nel profondo la sua epoca. � concentrata Jane, e non ama affatto gli spostamenti. S� che quando il padre nel dicembre del 1800 decide di lasciare la parrocchia al figlio che ha anche lui intrapreso la carriera ecclesiastica, Jane � infelicissima. Vanno a Bath, che � una citt� bella, un gioiello alla cui fattura lavorano architetti moderni, innovativi. Ma Jane non � felice l�, e ha una nostalgia tremenda del rettorato. Scrive poco a Bath. Si trover� meglio a Chawton, dove si trasferisce con la madre e la sorella dopo la morte del padre. A Chawton scrive. Preferisce la campagna. Grazie al fratello Henry entra in contatto con l'editore Thomas Egerton e pubblica nel 1811 Senno e sensibilit�, che va a ruba. E poi nel 1813 Orgoglio e pregiudizio. Nel 1812 inizia Mansfield Park che pubblica nel 1814 presso l'editore John Murray. Emma � l'ultimo romanzo che pubblica in vita. Persuasione (che scrive nel 1815) verr� pubblicato postumo nel dicembre 1817. Intanto, nel 1816, si ammala di una malattia non bene identificata, forse il morbo di Addison; al tempo si parl� di leucemia, di tubercolosi. Fatto sta che la sorella la porta a Winchester in cerca di cure, ma Jane muore il 18 giugno 1817. Ha poco pi� di quarant'anni. I romanzi escono il primo firmato "by a Lady", e a seguire "by the author of Sense and Sensibility". Autore, notate, non autrice: viene accuratamente evitata la declinazione al femminile del sostantivo. Nonostante in alcuni circoli aristocratici il suo nome fosse noto, solo con la pubblicazione postuma dell'Abbazia di Northanger e di Persuasione il fratello Henry riveler� il vero nome al pubblico. Nel Memoir che il nipote scriver� per lei dopo la sua morte, Jane Austen viene presentata come una "zitella" esemplare, intensamente coinvolta nella vita domestica, dedita alla scrittura come a un hobby. Invece era una irrevocabile, irrefrenabile vocazione. Il suo destino. Comincia a scrivere che � una bambina. Tra il 1787 e il 1793 si cimenta in racconti, poesie, bozze di romanzi. E soprattutto, legge. Che cosa legge Jane? Nella biblioteca del padre trova senz'altro i romanzi di Defoe, Fielding, Richardson, autori che ama. Ma anche quelli di Ann Radcliff, Fanny Burney. In Cecilia di Fanny Burney per ben tre volte si ripetono in coppia i sostantivi pride and prejudice, Jane deve averlo notato. Di Ann Radcliff nell'Abbazia di Northanger ripete in tono parodico certi stilemi gotici. Nelle sue lettere si trovano commenti e allusioni alle sue "colleghe", la cui importanza riconosce. Sono scrittrici, che i contemporanei apprezzavano altrettanto di Fielding, Defoe e Richardson. Non per diminuirne l'eccezionalit�, ma va detto che le donne scrivevano romanzi gi� prima di Jane Austen, la quale non � un astro solitario in un firmamento tutto maschile. Al contrario, fa parte d'una ricchissima costellazione, che per secoli non si � potuta riconoscere come una tradizione, perch� � stata rimossa dalla storia della letteratura. E invece esiste una tradizione letteraria femminile, che risale al Seicento, e giunge all'epoca austeniana. Oltre a pioniere come Aphra Behn, Penelope Aubin, Eliza Haywood, oltre a Elizabeth Inchbald, ci sono Francis Burney e Sarah Burney e Maria Edgeworth e Charlotte Lennox e poi ci sar� Mary Shelley e prima di lei sua madre Mary Wollstonecraft. Certo, in epoca austeniana fa ancora problema essere una donna che "pubblica"; "pubblica donna" era ancora un'espressione di condanna. Si rischiava di perdere la reputazione, n� pi� n� meno che ai tempi di Aphra Behn, equiparata a una donna di malaffare dai benpensanti suoi contemporanei. Ma � anche vero che agli inizi dell'Ottocento si � ormai creato un pubblico avido di romanzi. In larga parte sono donne della classe media, che hanno tempo e agio e manifestano un grande desiderio di lettura. Leggere � il loro modo di conoscere il mondo, di evadere dal nido per quanto dorato, in cui sono costrette. Leggere � la loro avventura. Il romanzo moderno nasce anche per soddisfare i loro bisogni. Non pi� favola fantastica o allegorica, con luoghi e personaggi bizzarri e avvenimenti irreali, si fa gradualmente specchio della vita quotidiana. Entra, cio�, nella realt�. Si offre come strumento di conoscenza e discussione delle esperienze reali di chi legge storie, i cui protagonisti sono uomini e donne comuni, nelle cui avventure e nei cui dilemmi i lettori e le lettrici possono riconoscersi. Sto parlando di un risveglio, di cui Jane Austen partecipa e a cui contribuisce; un risveglio legato all'ascolto di un desiderio femminile di conoscenza e di sapere, da parte di donne spesso sprovviste di un'educazione accademica, spesso autodidatte, che nel migliore dei casi hanno orecchiato le lezioni impartite ai fratelli. Spesso di provenienza modesta, se non povera. Nelle loro esistenze, come in quella di Jane Austen, non accadono grandi eventi. Vivono ai margini di una storia fatta su larga scala in Europa e nel mondo dai loro padri e fratelli e mariti. Che proteggono cos� le "loro" donne, mettendole al riparo dell'ignoranza. In modo scherzoso Jane Austen commenta: "Posso vantarmi di essere la pi� ignorante, la pi� disinformata donna che abbia osato essere autrice". O ancora: "Io di filosofia e di scienza non so niente". Ma il punto � che, senza sapere, Jane descrive, osserva, guarda, ricostruisce, connette una cosa con l'altra. � questa la grandezza di Jane Austen: la sua capacit� innata, istintiva di cogliere il dettaglio, di isolare un frammento e connetterlo al resto. Dio � nel dettaglio, il senso del tutto � nel particolare. Lei sembra saperlo. Non trascende il mondo in cui nasce, vive e muore: lo rappresenta, ne coglie i fermenti, gli sviluppi, ne mostra la zavorra e le spinte di apertura. Non lo critica, lei di persona; lo fanno le sue eroine, alcune delle quali sono l� proprio per questo: per dire che un nuovo soggetto femminile sta nascendo. E guarda il mondo da un punto di vista che servir� alla comunit� tutta considerare. Un soggetto-donna niente affatto moralista, che ha per� una relazione morale alla lingua della trib�, che intende purificare dei suoi pregiudizi. Intanto, andr� ripensato quel patto cos� centrale alla vita sociale, e cio� il matrimonio. Ovvero, la grande avventura femminile al tempo. Che andr� ridisegnato come una relazione consapevole, dove la donna non sia pi� la semplice pedina di uno scambio imposto. La donna moderna vuole "scegliere" con ragione e sentimento, e cio� con l'esercizio del cuore e dell'intelletto, in pieno rispetto della propria sensibilit�. � di questo che si parla nei romanzi di Jane Austen. Ci sono donne e donne in Jane Austen. Donne sciocche, irresponsabili, e donne colte, serie, intelligenti. In modo sublime con piccoli tratti Jane Austen tratteggia il profilo di entrambi i tipi. Ma soprattutto annuncia l'esistenza di donne "differenti" - come Elizabeth Bennett o Anne Elliot. Non c'� scrittore pi� materialista, pi� marxista di lei; non parler� di Napoleone, n� di scioperi, n� di schiavit� - tutti eventi reali dei suoi giorni; sa per� far emergere in piena evidenza l'ingiustizia strutturale e sovrastrutturale del mondo di salotti e crinoline e carrozze e feste da ballo che descrive con impareggiabile gusto e scherno affilato. Quel mondo condanna la donna all'imbecillit�, da cui per� non si salva neanche l'uomo. � tempo di dirlo - se non ora, quando? - l'uomo e la donna si salvano insieme, o non si salvano affatto. Jane Austen lo racconta. Senza risentimento. Senza astio. Con chiarezza. Settecentesca e illuminista, Jane Austen � anche un po' romantica. Del romanticismo anticipa l'ironia e la riflessivit�. In chiave ironica esalta nel suo racconto la tonalit� comica. La vena comico-parodica � essenziale alla sua lingua. Le storie di Jane sono "comiche", in un senso semplice: nel senso che lieta � la loro fine. E se questo accade � perch� salva tutti una donna che ha per l'appunto senno e sentimento, ragione e sensibilit�. Ed � capace di persuasione sugli altri e convince se stessa a cavare il meglio da una condizione, la sua, che non promette libert� assolute, n� garantisce scelte radicali; ma apre possibilit� di sopravvivenza morale, e permette azioni di difesa della dignit� umana, a patto che si accetti l'enorme fatica dell'esercizio paziente e spassionato della discriminazione, della distinzione. Jane Austen � ardita, � audace, intelligente, ironica, libera nella mente e nel cuore, imparziale e realista. Con magnifico intuito comprende che a rischio nella societ� in cui vive e che descrive non � la donna. A rischio non � soltanto la libert� femminile. Per la lucida e coraggiosa donna mancina e spaiata - perch� questo � la spinster Jane, Jane la zitella - in questione non � quante cose possa o non possa fare una donna; in questione � che idea di s� e dell'uomo debba custodire una donna che pensa e ragiona. Pu�, deve consentire che un uomo la tratti come un oggetto di scambio? Una merce? O non deve piuttosto emanciparsi? Smettere di considerarsi sotto potest� altrui? E liberare cos� il padre, il fratello, il marito da tale schiavit�? Le sue eroine lo fanno. In questo gesto ricordano le eroine attive e vitali delle commedie d'amore shakespeariane. E anticipano le donne vive e libere di oggi.