Febbraio 2019 n. 2 Anno IV Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri per un importo pari ad euro 23.084,48 e del MiBACT per un importo pari ad euro 4.522.099. Indice Tra sfide cruciali e incognite Come s'� trasformata l'immagine dell'infanzia Olympe de Gouges: la donna che pensava troppo Tra sfide cruciali e incognite (di J�rgen Habermas, "Prometeo" n. 144/18) - Una riflessione appassionata e illuminante sui principali nodi dell'Unione Europea. - Sono stato invitato a parlare delle nuove prospettive per l'Europa, ma di nuove non ce ne sono e il decadimento trumpiano che affligge persino il cuore del nostro continente mette seriamente in discussione le mie vecchie prospettive. Di sicuro sono cresciuti in Europa i rischi associati a un cambiamento significativo delle condizioni mondiali, indirizzando la maggior parte dell'attenzione pubblica verso il contesto globale, dove le nazioni europee si sentono indiscutibilmente pi� a loro agio. Nell'opinione pubblica delle nazioni europee � cresciuta la percezione che le nuove sfide si influenzino a vicenda, allo stesso modo e in ogni Paese del mondo, e di conseguenza sarebbe meglio affrontarle assieme. Il che rafforza, in effetti, una diffusa speranza per un'Europa politicamente efficace. Cos�, oggi, le �lite politiche liberali dichiarano, pi� a gran voce di prima, che i progressi nella cooperazione europea si debbano realizzare all'interno di tre aree chiave: nell'ambito della politica estera e della difesa europea chiedono una maggior spinta verso l'autoaffermazione militare, che dovrebbe consentire all'Europa "di uscire dall'ombra degli Stati Uniti". Con la parola d'ordine di una politica d'accoglienza europea comune, chiedono inoltre una robusta protezione delle frontiere esterne europee e la creazione di improbabili centri di accoglienza nel Nord Africa; e con lo slogan del "libero scambio" intendono perseguire una politica commerciale europea comune nei negoziati sulla Brexit, come pure in quelli con Trump. Resta da vedere se la Commissione europea, che sta conducendo questi negoziati, avr� qualche successo, poich�, in caso di fallimento, si sgretolerebbe semplicemente il terreno comune dei governi dell'UE. Questo � l'unico lato incoraggiante dell'equazione. L'altro � che l'egoismo degli Stati nazionali rimanga intatto, se non rafforzato, dalle considerazioni avventate del nuovo populismo internazionale di destra, che � in piena espansione. L'incerto progresso dei colloqui sulle politiche di difesa comune e sull'asilo politico che, ogni volta, s'infrange sulla richiesta di ridistribuzione dei migranti, mostra che i governi danno priorit� ai loro interessi nazionali a breve termine - e questo � tanto pi� vero, quanto pi� fortemente sono esposti al loro interno alla reazione del populismo di destra. In alcuni Paesi non � rimasta neppure una qualche tensione tra le vuote dichiarazioni a favore dell'Europa, da una parte, e il miope comportamento non cooperativo dall'altra. In Ungheria, in Polonia e nella Repubblica Ceca, e ora anche in Italia e molto presto probabilmente in Austria, questa tensione scomparir� in favore di un nazionalismo apertamente eurofobico. Tutto questo fa sorgere due domande: come mai, nel corso dell'ultimo decennio, � giunta a questo punto la contraddizione tra l'ipocrisia proeuropeista residuale e l'attuale blocco della cooperazione necessaria? E perch� l'eurozona � ancora unita quando, in tutti i Paesi, sta crescendo l'opposizione populista di destra contro "Bruxelles"? E perch� proprio nel cuore dell'Europa, cio� in una delle sei nazioni fondatrici della CEE, l'Italia, assistiamo a un'alleanza dei populisti di destra e di sinistra, basata sulla condivisione di un programma antieuropeo? In Germania, la doppia questione dell'immigrazione e dell'asilo politico, fin dal settembre del 2015, ha dominato i media e preoccupato l'opinione pubblica pi� di qualsiasi altro aspetto. Questo fatto suggerisce una rapida risposta alla domanda sulla causa decisiva della crescente ondata di euroscetticismo, e tale suggerimento non pu� che essere sostenuto da alcune evidenze, in un Paese che soffre ancora delle divisioni psico-politiche dovute a un'unificazione avvenuta in maniera disomogenea. Ma se si guarda all'Europa nel suo complesso, e in particolare all'eurozona nell'insieme, l'aumento dell'immigrazione non pu� essere visto come la principale spiegazione della crescita del populismo di destra. In altri Paesi l'oscillazione dell'opinione pubblica � pi� probabile che si verifichi sulla scia della controversa politica per il superamento della crisi del debito sovrano nel settore bancario. Come sappiamo, in Germania il partito AfD (Alternativa per la Germania) � stato avviato da un gruppo di economisti e di uomini d'affari raccolti attorno al docente di macroeconomia Bernd Lucke, cio� da persone che temevano di intrappolare il maggiore e prospero esportatore nelle catene "dell'unione del debito" e che hanno sostenuto una campagna polemica, ampia ed efficace, contro la minaccia di mutualizzare il debito. L'occasione del decimo anniversario dell'insolvenza di Lehman Brothers ha riportato all'attenzione la discussione sulle cause della crisi - si � trattato di un fallimento del mercato o delle debolezze del governo? - e sulla politica di svalutazione forzosa interna. Questo dibattito � stato condotto in altri Paesi dell'eurozona con un impatto sostanziale sull'opinione pubblica, mentre qui in Germania � stato minimizzato sia dal governo che dalla stampa. Le voci pi� critiche nel dibattito internazionale tra gli economisti, prevalenti nell'ambito anglosassone, contro le politiche di austerit� di Sch�uble e Merkel, sono state appena notate e riportate nelle pagine economiche dei principali media in Germania. Proprio come, sulle pagine politiche degli stessi media, i costi sociali e umani che quelle politiche hanno comportato sono stati pi� o meno trascurati - e del tutto ignorati in Paesi come la Grecia e il Portogallo. In alcune regioni europee il tasso di disoccupazione � ancora inferiore al 20 per cento, mentre la disoccupazione giovanile � quasi il doppio. Se oggi ci preoccupiamo per la stabilit� democratica all'interno, non dovremmo neppure dimenticare il destino dei cosiddetti "Paesi da salvare": � uno scandalo che nella casa incompiuta dell'Unione europea una politica cos� draconiana, che ha inciso tanto profondamente sulla rete della sicurezza sociale di altre nazioni, sia persino manchevole di una legittimit� di base - almeno secondo i nostri consueti standard democratici. E resta ancora una ferita aperta nel corpo della popolazione europea. Dato che all'interno dell'UE le opinioni pubbliche sulla politica sono realizzate esclusivamente dentro i confini nazionali e dato che queste non sono ancora facilmente disponibili l'una per l'altra, negli ultimi dieci anni nei diversi Paesi della zona euro hanno messo radici le pi� contraddittorie narrazioni della crisi. Queste narrazioni hanno intossicato profondamente il clima politico, dal momento che ognuna attira l'attenzione esclusiva sul proprio destino nazionale e impedisce quella specie di prospettiva reciproca, senza la quale non si pu� formare alcuna comprensione per l'altro - per non parlare della percezione delle minacce condivise che affliggono ugualmente tutti e, soprattutto, delle prospettive di una politica proattiva che possa affrontare questioni comuni e farlo solo con una mentalit� cooperativa. In Germania questo tipo di egocentrismo si riflette sulla consapevolezza selettiva delle ragioni che giustificano la mancanza di spirito cooperativo in Europa. Sono sbalordito per la faccia tosta del governo tedesco, che crede si possa prevalere sui propri partner trattando delle politiche per noi considerate rilevanti - rifugiati, difesa, commercio interno ed estero - mentre, allo stesso tempo, innalza muri di pietra sulla questione centrale del completamento politico dell'UEM (Unione economica e monetaria). All'interno dell'Unione, gli Stati membri dell'UEM sono cos� strettamente dipendenti l'uno dall'altro che il nucleo si � cristallizzato, anche se soltanto per ragioni economiche. Di conseguenza, i Paesi della zona euro dovrebbero - se posso dirlo - offrirsi naturalmente di agire da pacificatori nel processo di ulteriore integrazione. D'altra parte, per�, questo stesso gruppo di Paesi soffre di un problema che rischia di danneggiare l'intero progetto europeo: noi, specialmente quelli tra noi che si trovano in una Germania in forte espansione economica, stiamo cancellando il semplice fatto che l'euro � stato realizzato in forza delle aspettative e delle promesse politiche che gli standard di vita di tutti gli Stati membri potessero convergere - mentre, di fatto, si � realizzato l'esatto opposto. Cos� sottovalutiamo la vera ragione della mancanza di uno spirito cooperativo che oggi � pi� urgente che mai. In particolare, dimentichiamo il fatto che nessuna unione monetaria potr� sopravvivere a lungo di fronte a una divergenza sempre pi� ampia nelle prestazioni delle diverse economie nazionali e perci� degli standard di vita della popolazione dei diversi Stati membri. A parte il fatto che oggi, sulla scia di una modernizzazione capitalistica accelerata, dobbiamo anche far fronte al disordine causato dai profondi cambiamenti sociali, non considero i sentimenti antieuropei diffusi dai movimenti populisti di destra e di sinistra come un fenomeno che rispecchi solo l'attuale tipo di nazionalismo xenofobo. Questi sentimenti e atteggiamenti euroscettici hanno radici diverse, che si possono rintracciare nel fallimento del processo stesso d'integrazione europea; emergono indipendentemente dalla pi� recente infezione populista di reazioni xenofobe, sulla scia del fenomeno dell'immigrazione. In Italia, per esempio, l'euroscetticismo costituisce l'unico asse tra il populismo di sinistra e di destra, cio� tra campi ideologici profondamente divisi quando si tratta di questioni di "identit� nazionale". Indipendentemente dalla questione migratoria, l'euroscetticismo pu� contare sulla percezione realistica che l'unione valutaria non rappresenti pi� un vantaggio reciproco per tutti i membri. Il sud contro il nord dell'Europa e viceversa: mentre i "perdenti" si sentono maltrattati e trattati ingiustamente, i "vincitori" respingono le temute richieste della parte avversa. Come appare con tutta evidenza, viene imposto agli Stati membri dell'eurozona un sistema basato su regole rigide, senza creare alternative compensative e lasciare spazi flessibili per una conduzione congiunta degli affari: � un accordo per avvantaggiare economicamente i membri pi� forti. Pertanto, la vera domanda che mi viene in mente non nasce da un indeterminato "per" o "contro" l'Europa. Sotto questa cruda polarizzazione di un "pro" o di un "contro", che prosegue senza ulteriori differenziazioni, tra i presunti amici dell'Europa resta una questione tacita ancora irrisolta, anche se ne rappresenta la linea di demarcazione fondamentale. Cio� se un'unione monetaria operante in condizioni sub-ottimali debba essere "resistente alle intemperie", al rischio di ulteriori speculazioni, o se dovremmo attenerci alla promessa di uno sviluppo economico convergente nell'area euro, e perci� trasformare l'unione monetaria in una unione politica europea proattiva ed effettiva. Questa promessa una volta era politicamente legata all'introduzione dell'UEM. Nelle riforme proposte da Emmanuel Macron, entrambi gli obiettivi hanno lo stesso valore: da una parte, progredire verso la salvaguardia dell'euro, con l'aiuto dei ben noti propositi di un'unione bancaria, un corrispondente regime d'insolvenza, un deposito di garanzia comune per il risparmio e un Fondo monetario europeo controllato democraticamente a livello dell'UE. Nonostante gli annunci diffusi, � noto a tutti che il governo tedesco ha bloccato ogni ulteriore passo in questa direzione - e sta ancora facendo opposizione a tutto questo. Tuttavia Macron � favorevole all'istituzione di un bilancio dell'eurozona e - sotto la voce "Ministero europeo delle finanze" - propone la creazione di competenze democraticamente controllate per un'azione politica allo stesso livello. Questo perch� l'Unione europea potrebbe riguadagnare la capacit� politica e rinnovare il sostegno politico solo creando competenze e un bilancio che implementino programmi democraticamente legittimati contro ulteriori derive economiche e sociali tra gli Stati membri. � interessante notare che questa decisiva alternativa tra l'obiettivo di stabilizzare la moneta, da una parte, e l'ulteriore obiettivo delle politiche di contenimento e riduzione degli squilibri economici dall'altra, non � ancora stata posta sul tavolo per avviare un'ampia discussione politica. Non c'� una sinistra europeista favorevole alla costruzione di un'unione dell'euro che sia in grado di svolgere un ruolo a livello globale e che quindi si prefigga di raggiungere obiettivi come un efficace blocco dell'evasione fiscale o una regolamentazione pi� severa dei mercati finanziari. In questo modo, i socialdemocratici europei, innanzitutto, potrebbero emanciparsi dalle contorte finalit� liberiste e neoliberiste proprie di un vago "centrismo". La ragione del declino dei partiti socialdemocratici � nella loro mancanza di identit�. Nessuno sa pi� a cosa servano. Questo accade perch� i socialdemocratici non osano pi� assumere il controllo sistematico del capitalismo nel momento in cui i mercati deregolamentati tendono a sfuggire di mano. Nel segnalare questo riferimento non sono particolarmente sicuro di quale sar� il destino di una famiglia di partiti separata - anche se dovremmo sempre ricordare, quando ne parliamo, che il destino della democrazia in Germania � storicamente pi� legato a quello della SPD, piuttosto che a qualsiasi altro partito. Ci� che mi preoccupa, in generale, � il fenomeno inspiegabile che in Europa i partiti politici affermati non vogliano o non riescano a stabilire le basi all'interno delle quali sviluppare posizioni e opzioni vitali sufficientemente differenziate. Le imminenti elezioni europee serviranno da progetto sperimentale in questo senso. Da una parte Macron, il cui movimento (En marche) non � rappresentato nel Parlamento europeo, sta cercando di rompere gli attuali gruppi di partito in modo da costruire una fazione europeista che sia chiaramente riconoscibile. Per contrasto, tutti quei gruppi attualmente rappresentati in Parlamento, con l'ovvia eccezione delle fazioni anti-UE di estrema destra, sono internamente divisi e persino al di sotto del grado di differenziazione realmente richiesto. Non tutti i gruppi si permettono una condizione di bilanciamento cos� ampia come quella del PPE (Partito popolare europeo), che finora si mantiene grazie all'appartenenza di Viktor Orb�n. La mentalit� e la condotta di Manfred Weber, membro della CSU (Unione cristiano-sociale), che sta cercando di diventare il presidente, � tipica di un comportamento incerto che si accompagna a una posizione totalmente ambigua. Ma vi sono divisioni di questo genere che attraversano i gruppi liberale, socialista e (non ultimo) della sinistra [intende Die Linke? O la sinistra in generale?]. Riguardo all'almeno tiepido impegno verso l'Europa, i Verdi potrebbero assumere una posizione pi� o meno chiara. Pertanto, anche all'interno del Parlamento, che dovrebbe creare maggioranze per gli interessi generalizzati della societ� oltre i confini nazionali, il progetto europeo ha ovviamente perduto ogni contorno pi� nitido. Se alla fine mi si chiedesse, non come cittadino ma come osservatore accademico, quale sia oggi la mia valutazione complessiva, sarei costretto ad ammettere di non vedere al momento alcuna prospettiva incoraggiante. Di sicuro, gli interessi economici sono chiaramente inequivocabili e, nonostante la Brexit, pi� potenti che mai, tanto da far apparire il collasso dell'eurozona altamente improbabile. Questo implica la risposta alla mia seconda domanda: perch� l'eurozona si tiene ancora assieme? Anche per i protagonisti di un euro del nord, i rischi di separazione dal sud restano incalcolabili. E per l'analogo caso dell'uscita di uno Stato del sud, abbiamo visto alla prova l'attuale governo italiano che, nonostante le dichiarazioni forti e chiare durante la campagna elettorale, ha presto rivisto le sue posizioni; questo perch� una delle conseguenze pi� evidenti dell'uscita dall'eurozona sarebbe stata la crescita di un debito insostenibile. D'altronde, e malgrado ci�, questa valutazione non � affatto confortante. Diciamolo chiaramente: se di fatto esiste un legame sospetto, da un lato, tra la deriva economica delle economie dei membri dell'eurozona e, dall'altro, il rafforzamento del populismo di destra, allora siamo presi in una trappola in cui le precondizioni sociali e culturali necessarie a una democrazia vitale e sicura dovranno affrontare ulteriori complicazioni. Tale scenario negativo, naturalmente, non pu� aspettarsi qualcosa di pi� di questo. Ma gi� l'esperienza del senso comune ci dice che il processo d'integrazione europea si trova di fronte a una pericolosa curvatura verso il basso. Teniamo conto del fatto che non si riconosce il punto di non ritorno se non quando � troppo tardi. Possiamo solo sperare che il rifiuto del governo tedesco alle riforme proposte da Macron non sia stata l'ultima opportunit� perduta. Come s'� trasformata l'immagine dell'infanzia (di Anna Oliverio Ferraris, "Prometeo" n. 144/18) - Da bambini trascurati ad un eccessivo legame con la madre, nocivo per la crescita emotiva dei figli. - Personalit�, temperamento, sensibilit� individuali hanno sempre avuto un ruolo nel creare delle differenze nei modi in cui gli adulti si relazionano ai bambini, oggi come un tempo; tuttavia, le analisi storiche sul tema del rapporto adulti-infanzia rivelano che i costumi, le ideologie, le tradizioni, le condizioni concrete di vita, le risorse materiali, l'immagine che una comunit� ha dell'infanzia, nonch� il valore che attribuisce ai singoli individui, sono tutti fattori che influiscono sul modo in cui i bambini vengono accolti nella comunit� e in famiglia e anche sullo stile di allevamento che gli adulti adottano nei loro confronti. Un animaletto Sebbene nel Medioevo e nei secoli successivi la diffusione del culto di Ges� Bambino contribuisse a rendere gradevole e tenera l'immagine dell'infanzia, la convinzione che i bambini non avessero la stessa dignit� degli adulti, n� che fossero portatori di diritti, era condivisa da tutti. Molti erano i genitori che amavano i bambini e che con loro si trastullavano; ma la mentalit� dominante li portava a considerare i figli delle propriet� di cui disporre completamente. Non sempre la morte di un bambino di pochi anni provocava un intenso dolore nei genitori e negli altri parenti. In condizioni di gravi difficolt� economiche la morte di un bambino, in una famiglia numerosa, poteva essere considerata una "liberazione": una bocca in meno da sfamare, oppure la scomparsa di un esserino malato o gracile che avrebbe rappresentato un peso per la famiglia. In altri casi poteva invece essere interpretata, in accordo con le credenze religiose, come una punizione che Dio inviava ai genitori per i loro peccati (non ultimi quelli di lussuria) e quindi anche un modo per espiare. A ci� bisogna aggiungere che i nostri antenati, a causa della falcidia prodotta dalle malattie infettive, avevano una certa consuetudine con la morte, sia quella degli adulti che quella dei bambini. Il fatto che molti bambini morissero nei primi anni di vita - ha spiegato Philippe Ari�s - e che la morte nel passato fosse un'esperienza quasi quotidiana, tendeva a ritardare l'investimento parentale finch� la sopravvivenza dei figli non era assicurata o quantomeno abbastanza probabile. C'era inoltre, tra le autorit� e le persone di Chiesa, un atteggiamento ambivalente nei confronti dell'infanzia. Molti di loro consideravano i bambini incapaci di capire, soggetti all'errore e al peccato, pi� simili ad animaletti che a esseri umani. Dal Medioevo al XVI secolo, il giorno dei Santi Innocenti era la grande festa dei bambini; ma sulla scia di sant'Agostino, tutti i bambini erano anche "figli di Adamo", vale a dire inclini al male, macchiati dal "peccato originale", "folli" e facili prede del demonio; e quindi anche vittime di punizioni corporali intese ad allontanare il demonio dal loro corpo e dalla loro anima. Mary Martin McLaughlin, che ha studiato il periodo tra il IX e il XIII secolo, trov� nei documenti dell'epoca due tipi di raccomandazioni per allevare i bambini: in una i proponenti sottolineano che il bambino non deve essere picchiato a causa della sua natura sensibile; in un'altra viene invece sottolineata la necessit� di una disciplina severa e delle punizioni corporali per il bene dell'infante. In un trattato spagnolo sull'educazione del 1646, El discreto, padre Baltasar Graci�n scriveva per esempio: "Solo il tempo pu� guarire dell'infanzia e della giovinezza, che davvero sono in tutto et� imperfette". Non soltanto a livello di indicazioni generali, ma anche nella prassi quotidiana vi erano atteggiamenti e comportamenti fortemente contrastanti. Richard Lyman, che ha studiato il periodo tra il II e l'VIII secolo, ritiene che in quel periodo la maggior parte dei genitori oscillasse tra due opposte posizioni: i figli potevano essere una fonte di gioia e una parte integrante della famiglia, ma potevano anche essere un grosso peso. Questo autore ritiene anche che il primo atteggiamento fosse quello ideale e il secondo quello reale. McLaughlin scrive che tra il IX e il XIII secolo vi era, nei genitori, un conflitto tra "atteggiamenti protettivi e atteggiamenti distruttivi e rifiutanti". Dopo aver condotto una serie di ricerche sul XV e XVI secolo in Europa, M.J. Tucker conclude che i bambini erano guardati con sospetto e occupavano "l'ultimo gradino della scala sociale". Lo stesso autore sostiene che i genitori erano ambivalenti nei confronti dei figli: non sapevano se considerarli un bene o un male, e neppure sapevano bene come comportarsi con loro, se includerli nella societ� degli adulti o escluderli. Questa immagine ambivalente dell'infanzia coesisteva con l'assenza di una medicina infantile (questa specializzazione nascer� soltanto nell'Ottocento e il termine pediatria vedr� la luce solo nel 1872). Qualche medico dell'antichit� aveva approfondito alcuni aspetti delle patologie infantili, ma in linea di massima nel Medioevo e nei secoli successivi la cura dei bambini era considerata una faccenda di donne. In un testo intitolato Medicina domestica, del 1775, il medico inglese William Buchan stigmatizzava con queste parole lo scarso interesse mostrato dai medici per il bambino: "La medicina si � poco interessata della sopravvivenza del bambino per indifferenza e ignoranza della ricchezza potenziale rappresentata dall'infanzia. Quale fatica e quante spese vengono profuse ogni giorno per mantenere ancora in vita un vecchio corpo vacillante e morente, mentre migliaia di altri esseri che potrebbero diventare utili alla societ� muoiono senza soccorso, senza che nessuno li degni di uno sguardo". E amaramente concludeva: "Gli uomini valutano le cose soltanto dalla loro utilit� immediata e mai da quella che potrebbero ricavarne un giorno". Esistono varie testimonianze storiche sul fatto che parecchi genitori si lasciassero intenerire dai bambini e sviluppassero un forte attaccamento nei loro confronti; tuttavia, in mancanza di norme definite su come trattarli, il maltrattamento era diffuso. Cos� come potevano essere puniti duramente, e anche crudelmente, gli adulti, allo stesso modo lo erano molti bambini, soprattutto quelli che vivevano con patrigni o matrigne o che, abbandonati dai genitori appena nati, erano stati raccolti da persone che li sfruttavano come mendicanti o schiavi. Una consuetudine dura a morire. Nel 1868 il garibaldino Giuseppe Guerzoni pubblicava un racconto intitolato La tratta dei fanciulli, in cui denunciava un traffico che and� avanti per alcuni decenni tra la seconda met� dell'Ottocento e l'inizio del Novecento e che ebbe fine con la Dichiarazione dei diritti del fanciullo di Ginevra del 1924: l'adescamento o l'acquisto di bambini in zone molto povere dell'Italia (come i circondari di Sora, Isernia, Caserta e la Basilicata) che venivano avviati in fabbriche francesi (vetrerie) o inglesi per svolgervi lavori pesanti e spesso micidiali. In alcune zone dell'Europa picchiare e spaventare i bambini rientrava nella mentalit� corrente, cosicch�, sebbene molti genitori si astenessero dall'usare questi metodi, le proteste pubbliche, quando questi fatti si verificavano, erano assai rare anche quando gli effetti deleteri di queste pratiche erano evidenti. Da diversi documenti risulta che quando venivano terrorizzati i bambini potevano restare svegli intere notti per paura di essere divorati dai diavoli, dai fantasmi o da cani feroci. Uno dei difensori dell'infanzia nella Germania dell'Ottocento, Jean Paul Richter, autore di Levana (1863), un libro che divenne molto popolare, condannava quei genitori che per mantenere la disciplina usavano "immagini terrorizzanti" e sosteneva che cos� facendo danneggiavano, a volte irreversibilmente, la salute mentale dei figli. Anche nella societ� contemporanea possono verificarsi situazioni analoghe, con la differenza che oggi la collettivit� disapprova tali comportamenti. Rispetto al passato, un maggior numero di adulti ritiene che i bambini abbiano dei diritti e che siano diversi - per bisogni, esigenze di crescita, modi di relazionarsi con la realt� e di interpretare gli avvenimenti - dagli adulti. Oggi sono pi� numerosi gli adulti che sanno mettersi nei panni del bambino e vedere le cose dal suo punto di vista. Questa trasformazione a vantaggio dell'infanzia � andata di pari passo con tutta quella serie di cambiamenti culturali e sociali che, non soltanto considerano il bambino diverso dall'adulto, ma valorizzano l'individuo e le sue potenzialit�. Essa � stata poi sancita dalla Carta dei diritti del fanciullo [credo sia la Convenzione sui diritti dell'infanzia, dell'ONU], un documento internazionale del 1989. Una nuova immagine dell'infanzia Le prime avvisaglie che qualcosa stava cambiando nei confronti dell'infanzia si ebbero nel XVI secolo. Successivamente l'umanista Comenio, rifacendosi ad Aristotele, suddivise l'et� evolutiva in quattro stadi, ognuno con caratteristiche proprie. Questa impostazione si contrapponeva alla teoria medievale dell'omuncolo, ancora molto diffusa a quei tempi, secondo cui il bambino altri non era se non un adulto in miniatura (gi� completamente formato nella cellula riproduttiva). Tant'� che se frequentavano una scuola, i bambini non venivano assegnati a una classe in base all'et� ma alle discipline di studio e al livello di apprendimento. Bambini di otto-nove anni potevano quindi sedere accanto a giovanotti di quindici-sedici. L'era moderna port� un accresciuto interesse per i fanciulli, ai quali si guard� sempre pi� come a creature che, non essendo ancora formate, possono svilupparsi bene o male, in misura maggiore o minore, a seconda della guida e degli insegnamenti che ricevono. La preoccupazione di formare i giovani (non soltanto di addestrarli per mansioni specifiche) e di seguire il loro sviluppo era stata assai blanda nel passato, perch� poco differenziate erano state le attivit� lavorative e scarse le opportunit� di cambiare o di migliorare la propria posizione all'interno della comunit�. Ma con l'aumentare dei mestieri e delle professioni, con la crescita della fiducia nelle risorse individuali e il riconoscimento delle potenzialit� che potevano essere sviluppate nei giovani, anche l'ottica con cui si guardava alla generazione successiva cominci� a mutare. A trasformare il rapporto genitori-figli contribu�, in una certa misura, anche una progressiva "concentrazione degli affetti". Un tempo, quando c'era una maggiore diffusione e dispersione dei ruoli parentali, il ruolo della madre e del padre biologico erano meno esclusivi; un bambino poteva avere pi� madri (la madre biologica, la madre di latte) e pi� padri (biologico, sociale, d'adozione). � a partire dal XVIII secolo che la funzione parentale cominci� a concentrarsi maggiormente intorno alla madre e al padre biologici. Per Edward Shorter, che ha studiato i sentimenti caratteristici della famiglia moderna, la "rivoluzione sentimentale" che separa la societ� moderna dalla societ� tradizionale � caratterizzata dalla considerazione sempre pi� marcata del benessere del bambino: l'abitudine di "mettere a balia" presso donne prezzolate cominci� a declinare all'inizio dell'Ottocento; il costume di abbandonare i neonati inizi� a diminuire a partire dal 1860 e, dai primi anni del Novecento, la maternit� "nuovo stile" trionfa un po' ovunque. Il diffondersi della famiglia nucleare e dell'amore romantico si coniugano, secondo Shorter, con l'emergere di una maggiore sollecitudine nei confronti del bambino. Ma come l'applicazione pratica pu� discostarsi molto dai principi ispiratori, cos� a volte gli stessi obiettivi sono perseguiti per scopi differenti, e finalit� concrete possono venire ammantate di ideali. A guardare con rinnovato interesse all'infanzia non furono soltanto gli intellettuali illuministi e gli scrittori romantici, ma anche i politici, guidati da considerazioni di tutt'altro tipo. L'elevata mortalit� infantile aveva portato, intorno alla seconda met� del Settecento, soprattutto in Francia, a una preoccupante diminuzione della popolazione. In un periodo di appetiti espansionistici e di guerre nazionalistiche, i governanti europei ritenevano che per una nazione i sudditi fossero un bene fondamentale: infatti, rappresentavano la forza della nazione, ed era in base al loro numero che un paese poteva sperare di espandersi e di difendersi. In tempo di pace i sudditi erano soprattutto forza-lavoro. Sulla base di queste considerazioni parve sempre pi� evidente che anche in termini economici il bambino era un bene prezioso, di conseguenza ogni perdita umana cominci� a essere considerata dai governanti come un mancato profitto per lo Stato. Il bambino diventa dunque un "bene prezioso" quando avvengono delle trasformazioni sociali, quando la vita emotiva si compatta nel gruppo familiare, quando la scolarizzazione diventa un'importante necessit� nazionale che serve per creare una forza lavoro specializzata. Ma a valorizzare l'infanzia concorre anche un'altra condizione materiale: il fatto che i genitori possano pianificare un futuro per i loro figli, in quanto le opportunit� che essi sopravvivano in condizioni di vita accettabili aumentano notevolmente. Progressivamente, infatti, diminu� il numero dei bambini che morivano a causa di malattie infettive o errori dietetici e aumentarono, per la classe media, le opportunit� di guadagni. Nell'Ottocento la realt� infantile diventa importante, la pedagogia occupa uno spazio crescente, i filosofi, stimolati dagli scritti di Rousseau, si domandano come si strutturino le passioni e la ragione in una mente in via di sviluppo, gli scrittori cominciano a produrre racconti e operette morali rivolte all'infanzia e i bambini si impongono con il loro io nella vita familiare. Il bambino re Decennio dopo decennio nel mondo occidentale l'attenzione per l'infanzia and� crescendo: accanto all'idea che i giovani dovessero essere controllati, indirizzati e disciplinati and� affermandosi anche il convincimento che dovessero essere socializzati e protetti e che si dovessero riconoscere e soddisfare i loro bisogni fisici e le loro esigenze psicologiche. Le idee di Rousseau e, in seguito, di Maria Montessori, Jean Piaget, Donald Winnicott, John Bowlby e molti altri, contribuirono a delineare una nuova immagine del bambino e a rafforzare il convincimento, in un numero sempre pi� ampio di adulti, che infanzia e fanciullezza dovessero essere salvaguardate. Con Freud l'attenzione si sposta nelle pieghe pi� recondite del s�. Scavando nell'inconscio di adulti nevrotici, Freud scopr� che i disadattamenti in et� adulta andavano interpretati alla luce delle esperienze infantili. Questa scoperta mise l'individuo - con i suoi impulsi, desideri ed esperienze irripetibili - sempre pi� al centro dell'attenzione. Dotato di un inconscio personale, l'individuo si porta dietro per tutta la vita impronte che diventano costitutive della sua personalit� e delle sue scelte: se � infelice la causa non � pi� attribuibile a fattori esterni (malefizi, arti magiche...) ma va ricercata all'interno, nel proprio inconscio, nella propria infanzia, nelle tracce lasciate dalle prime esperienze. Si consigli� cos� ai genitori e agli educatori di evitare esperienze traumatiche ai bambini e di tenerli lontani da responsabilit� superiori alle loro forze: soltanto se protetti negli anni pi� delicati, avrebbero potuto sviluppare quel senso di fiducia verso la vita e di sicurezza in se stessi che avrebbero poi consentito loro, una volta diventati adulti, di affermarsi, di vivere serenamente con i propri simili, di lasciare la famiglia d'origine per formarne una propria, di inserirsi nella complessa macchina sociale. Gradualmente and� diffondendosi un nuovo modo di guardare ai bambini e una serie di usanze cambiarono. I bambini furono anche liberati da strumenti costrittivi che ne bloccavano i movimenti come le fasce, le briglie, i girelli. Naturalmente l'eliminazione di questi strumenti di controllo e di sostegno fisico comportava un impegno delle madri a tempo pieno: questo spiega perch� le ultime a liberarsene furono proprio le donne che lavoravano nei campi e nelle fabbriche o che, non disponendo di alcun aiuto domestico, non avevano tempo sufficiente per badare ai bambini. Chi invece, vivendo in condizioni pi� agiate, poteva seguire il nuovo corso scopriva nuove gioie e gratificazioni. Il lattante con il corpo libero aveva un rapporto fisico diverso con la madre rispetto al lattante imprigionato dalle fasce: poteva toccarla, aggrapparsi, giocare con lei, sintonizzarsi sui suoi movimenti, rispondere alle sue sollecitazioni e adeguarsi alle sue richieste; la madre, a sua volta, poteva accarezzarlo e baciarlo, solleticarlo e ricevere in risposta gridolini e sorrisi. Per questo legame affettivo che si stabiliva precocemente tra madre e bambino, e qualche volta anche tra padre e bambino, il piccolo acquist� un nuovo valore: parve gi� una persona fin dai primi anni di vita, tanto pi� che, essendo pi� sereno, meno costretto e traumatizzato, era anche meno capriccioso e pi� gradevole. Divenne il bambino re, il bene pi� prezioso della casa; la sua vita acquist� valore e se ora fosse morto avrebbe lasciato un vuoto incolmabile. Di qui anche la necessit� di provvedere alla sua salute, di curarne l'igiene e l'alimentazione. Nacque la figura del pediatra: il medico di famiglia che seguiva passo passo le varie fasi dello sviluppo; che si occupava della pulizia, delle vaccinazioni, dello svezzamento, di come lenire il dolore alla comparsa dei primi denti, di come curare le malattie esantematiche. Le crescenti attenzioni nei riguardi del bambino si tradussero nel miglioramento del suo stato di salute e, di conseguenza, in una sua pi� lunga sopravvivenza: il bambino non veniva pi� colpito da malattie gastrointestinali o dell'apparato respiratorio che si traducevano in un'elevata mortalit� infantile e che quindi lo rendevano un precario oggetto di affetti. La minore mortalit� infantile contribu� a far s� che l'infanzia si "apprezzasse": un'innovazione demografica che contribu� a ristrutturare e a delineare in termini diversi la figura materna. Tra incertezze, difficolt�, ritardi, differenze ambientali e di classe sociale, si diffuse anche una nuova immagine della madre e della donna: una donna competente e responsabile che non si affida pi� alla Provvidenza o si abbandona imbelle al Destino, ma � consapevole del proprio ruolo e delle proprie responsabilit�; una donna attenta alla dieta, alla salute dei figli e alle loro esigenze psicologiche, che per svolgere il suo ruolo frequenta, talvolta, scuole e corsi per genitori. Incoraggiate da pediatri e pedagoghi, le mamme impararono a svolgere il ruolo che veniva loro indicato. Alle pappe di farine tradizionali sostituirono il pancotto e la crema di riso; fecero attenzione alla pulizia corporale ed ebbero cura di non lasciare per troppe ore il figlioletto a contatto con le feci e l'urina. Impararono anche a pensare al piccolo in anticipo: quando si scoprivano incinte stavano attente a seguire un buon regime alimentare e, una volta partorito, continuavano a seguire una dieta che fosse favorevole all'allattamento e alla salute del neonato. Le preoccupazioni della madre moderna riguardano ogni aspetto della vita dell'infante, il ruolo di sorvegliante della madre non ha pi� limiti: i figli diventano il pensiero dominante, tanto da potere ingelosire il marito. Come ha notato Elisabeth Badinter, con l'affermarsi della madre moderna "non amare i figli � diventato un crimine imperdonabile. La buona madre � affettuosa, oppure non �, non esistono le vie di mezzo. La nuova madre vive costantemente accanto ai bambini [...] Il bambino non � pi� relegato lontano o in un altro piano della casa ma gioca fra le gonne della madre e mangia vicino a lei ed ha il suo posto nel salotto dei genitori, come dimostrano tante incisioni del tempo. Si intrecciano dei legami che rendono impossibili le separazioni di una volta. I genitori, la madre in particolare, non desiderano pi� esiliare i figli in collegio o in un convento". Si pensa al futuro del bambino, alla sua felicit� e al suo inserimento nel mondo. E tuttavia, come gi� accennato in precedenza, c'� un rischio, un punto debole in questo modo cos� assorbente di essere madre: la donna che � solo madre, che svolge soltanto questo ruolo, che pensa solo ai figli, che si "sacrifica" per loro, pu� poi chiedere troppo ai figli, pu� imporre loro una disciplina incontestabile e pu� voler vivere attraverso di loro, nel presente e nel futuro. La leggenda di Edipo diventa attuale Non � solo il bambino per la madre ma � anche la madre per il bambino ad assumere, sotto il profilo psicologico, un'importanza nuova. Anche nel passato poteva formarsi un legame molto forte con la propria madre, spesso per� potevano essere i fratelli, i cugini, i servi, il fratello di latte, le persone con cui il bambino si legava emotivamente nei primi anni e stabiliva un legame per la vita. Nella famiglia moderna occidentale, invece, le madri hanno maggiormente polarizzato la loro attenzione sui figli e, di conseguenza, i figli si sono maggiormente polarizzati sulle loro madri. Con l'aumentare dell'intimit� tra madre e figlio, emerge l'"Edipo": un legame forte ed esclusivo. La madre diventa l'oggetto di un attaccamento primario totalizzante, sia per i figli maschi che per le femmine, i quali si legano a lei in un rapporto di dipendenza, cosicch� spetta poi al padre (l'adulto alternativo presente in famiglia) il compito di promuovere una separazione, un distacco graduale, l� dove si sia formato un rapporto troppo simbiotico, che rischia di compromettere il processo di autonomizzazione del figlio. Perch� ci� si verifichi, madre e padre devono lavorare all'unisono. Se l'Edipo non si risolve, il figlio continua a dipendere dalla madre quando ormai dovrebbe essersi svincolato da lei. D'altro canto, per quelle madri che hanno fatto dei figli la loro unica ragione di vita e che quindi si sono fortemente polarizzate su di loro, pu� essere difficile cambiare atteggiamento man mano che i figli crescono: il bisogno di mantenere un rapporto fusionale con il figlio le porta a scoraggiare ogni forma di separazione in modi diversi, manipolando i sentimenti, esibendo la propria debolezza, agendo sui sensi di colpa. Nel volume Morte della famiglia David Cooper riporta questa storiella emblematica: "Un tale che conoscevo cercava disperatamente di liberarsi da una complessa situazione familiare che sembrava pervadere ogni sua azione, sia nell'ambito del lavoro che nei suoi rapporti con la moglie e con il figlio. Un giorno sua madre gli raccont� una ben nota storia ebraica che parlava di un giovane che si era innamorato di una bella principessa che viveva in una citt� limitrofa, distante qualche miglio. Desiderava sposarla, ma lei pose come condizione che strappasse il cuore di sua madre e glielo recasse. Tornato a casa, il giovane strapp� il cuore di sua madre mentre questa dormiva. Gioiosamente egli ritorn� dalla principessa ma correndo attraverso i campi a un certo punto inciamp� e cadde. Il cuore gli usc� dalla tasca; e mentre egli giaceva l�, il cuore parl� e gli chiese "Ti sei fatto male, figliolo caro?". Con l'obbedire troppo alla propria madre interiorizzata, proiettata poi nella persona della principessa, ne divenne totalmente schiavo e non pot� pi� sfuggire al suo onnipresente, immortale amore". Gli studi che dopo Freud sono stati condotti da Ren� Spitz, Winnicott, Bowlby, Mary Ainsworth, Anna Freud, Alice Miller e altri ancora sull'attaccamento dei neonati alla madre e sul ruolo svolto dal padre (o chi per lui) nel triangolare il rapporto e nel favorire una progressiva indipendenza dalla madre, ci dicono che il forte legame che si crea nei primi tempi tra il neonato e la sua figura principale di riferimento (la madre) � indispensabile alla sopravvivenza e al senso di sicurezza e di benessere psicofisico del bambino, ma ci dicono anche come sia necessario che quel legame evolva nel tempo, cos� da consentire la formazione di altri legami ed evitare una dipendenza che non consentirebbe al figlio di crescere dal punto di vista emotivo. Olympe de Gouges: la donna che pensava troppo (di Silvia B�chi, "Focus Storia" n. 147/19) - Lott� tutta la vita per i diritti della donne: si fid� delle promesse dell'Illuminismo e della Rivoluzione francese, ma salut� i suoi sogni dall'alto del patibolo. - "Uomo, sei capace di essere giusto? � una donna che ti fa questa domanda. Dimmi: chi ti ha dato il potere sovrano di opprimere il mio sesso?" La grintosa Olympe de Gouges (all'anagrafe Marie Gouze, 1748-1793), in piena Rivoluzione francese, ebbe l'ardire di rivolgere questa domanda all'universo maschile. Ai deputati dell'Assemblea nazionale, ma anche a mariti, padri, fratelli, amanti, perch� riconoscessero l'uguaglianza di diritti tra uomo e donna. Non contenta, nella sua breve vita si batt� anche a favore del divorzio e si schier� per l'abolizione della pena di morte e della schiavit�. Insomma, una donna audace e scomoda, che Robespierre riusc� a far tacere, a soli 45 anni, sotto l'affilata lama della ghigliottina. Era il 3 novembre 1793, in pieno regime del Terrore: due settimane prima era stata giustiziata la regina Maria Antonietta. "Fu una delle poche donne a essere giustiziata per la pubblicazione di scritti politici", afferma lo storico francese Olivier Blanc, che nel 1981 fu il primo a pubblicare un libro su Olympe de Gouges. "Solo di recente � stata riconosciuta come un'antesignana nella storia delle idee. Una donna eccezionale, non solo per il suo lungo impegno politico, ma soprattutto per le sue posizioni d'avanguardia, espresse coraggiosamente". E di coraggio Olympe ne aveva da vendere. A 22 anni lasci� la citt� dove era nata, Montauban, nel Sud della Francia, diretta a Parigi in cerca di fortuna. Non aveva rimpianti, si lasciava alle spalle un'infanzia povera e un matrimonio sbagliato con Louis Yves Aubry, imposto dalla famiglia a soli 16 anni: "Un uomo anziano che non era n� ricco n� di buona famiglia", scrisse Olympe. E che mor� l'anno dopo, lasciandola vedova e con un figlio a carico. Rimasta scottata dall'esperienza, si ripromise di non salire mai pi� su un altare: il matrimonio si era rivelato "tomba della fiducia e dell'amore". Nel 1770 Olympe si trasfer� nella capitale, insieme al figlio Pierre e a Jacques Bi�trix de Rozi�res, benestante imprenditore nell'ambito dei trasporti per l'esercito. Grazie alle conoscenze del nuovo compagno riusc� a inserirsi nel bel mondo. La Rivoluzione era ancora lontana e Olympe si lasci� andare ai piaceri che offriva la capitale. Qui condusse una vita libera, spesso rinfacciata dai suoi nemici, a cui lei replicava con ironia: "Uomini sciocchi ripetono ovunque che ho degli amanti! Osservazione nuova, e soprattutto di grande rilievo... Devo ancora far notare che essendo rimasta vedova a 17 anni ed essendo autonoma, sono stata esposta pi� di un'altra?". Del resto la sua bellezza non passava inosservata: "Nei suoi occhi scintille elettriche infuocavano il pensiero e la passione; superbi capelli neri, con riccioli che scappavano in profusione dalla piccola cuffia di pizzo; un profilo greco e una figura armoniosa", la descriveva un contemporaneo. A Parigi si appassion� al teatro e alla scrittura. Frequent� artisti, intellettuali, filosofi e scrittori. Ma era conscia dei suoi limiti: sapeva a malapena leggere e scrivere, come tutte le donne del suo tempo e ceto. E questo rappresent� uno dei maggiori crucci della sua vita. Olympe sentiva in s� una vena letteraria, che attribuiva al vero padre: non era figlia infatti del macellaio Pierre Gouze, come risultava all'anagrafe, ma di un uomo di lettere, il marchese Jean-Jacques Lefranc de Pompignan da cui per� non venne mai riconosciuta. Dal 1784 alla sua morte, avvenuta nove anni dopo, Olympe scrisse, o meglio dett�, una ventina di opere per il teatro, oltre a una sessantina di testi politici, opuscoli, manifesti, articoli e discorsi, sempre con forti connotazioni sociali. Gi� nelle prime opere port� avanti la missione di una vita: sensibilizzare l'opinione pubblica sulla condizione femminile. Nella prefazione del suo L'homme g�n�reux scrisse: "Ecco quanto � fragile il nostro sesso. Gli uomini hanno tutti i vantaggi... Siamo state escluse da ogni potere, da ogni sapere". Nel Mariage inattendu de Ch�rubin del 1786, denunci� i matrimoni imposti e l'oppressione da parte di padri e mariti: tutto quello che aveva vissuto sulla sua pelle. Ma c'era un'altra causa che le stava a cuore, la denuncia della schiavit� dei neri: "Trattano questa gente come bruti, esseri che il cielo ha maledetto. Un commercio d'uomini! Gran Dio! E la natura non freme? Se sono degli animali, non lo siamo anche noi?". E ne fece l'argomento di Zamore e Mirza (poi ribattezzata La schiavit� dei negri), rappresentata alla Com�die fran�aise nel 1785. Alla prima scoppi� un putiferio e il pubblico si divise tra favorevoli e contrari. Il sindaco di Parigi intervenne, dichiarando: "Quest'opera incendiaria potrebbe provocare un'insurrezione nelle colonie" e la fece ritirare dal repertorio. Olympe fu attaccata su tutti i fronti, accusata di occuparsi di argomenti non adatti a una donna e criticata per lo stile delle opere, ritenuto troppo diretto. La donna era esasperata e rispose a modo suo: "Devo ottenere un'indulgenza plenaria per tutti i miei errori che sono pi� gravi che leggeri: errori di francese, errori di costruzione, errori di stile, errori di sapere, errori di interesse, errori di spirito, errori di genio. In effetti non mi � stato insegnato niente, faccio un trofeo della mia ignoranza". Nel 1789, con lo scoppio della Rivoluzione, le speranze di Olympe si aggrapparono al motto Libert�, �galit�, Fraternit�, ma nonostante le molte riforme di stampo illuminista, si respirava poca "uguaglianza" tra uomini e donne. Queste ultime erano ai margini della societ�, prive del diritto di voto e dell'accesso alle istituzioni pubbliche. Cos� Olympe, per far sentire la sua voce, decise di inondare i deputati, la Corte e l'uditorio di petizioni. Solo in quell'anno ne pubblic� pi� di 12. I temi pi� sentiti erano la richiesta di ricoveri per anziani e di asili per i figli di operai. Inoltre intraprese una battaglia sulla mancanza di adeguati standard d'igiene negli ospedali: a Parigi una donna su quattro moriva di parto in seguito a infezioni. Si schier� contro la prigione per debiti e la consuetudine di imporre il convento alle giovani donne senza dote. La stampa spesso commentava con ironia le sue iniziative, irridendola con tutti i tradizionali argomenti di una misoginia dura a morire. Veniva sminuito il suo lavoro e si cercava di farla passare come un'esaltata da cui tenersi alla larga. Dato che la stessa Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino emanata nel 1789 non conteneva riferimenti alle donne, decise di sopperire a questa mancanza preparando un testo giuridico ad hoc: la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (1791) pensata per ristabilire l'uguaglianza tra i sessi, tema trascurato dalla Rivoluzione. Al primo punto si legge: "La donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell'uomo", seguito da altri 16 punti. Olympe ne invi� una copia anche a Maria Antonietta, accompagnata da una lettera: "Sostenete, Signora, una causa cos� bella, difendete questo sesso infelice, e avrete presto dalla vostra parte una met� del regno". Ma la Dichiarazione dei diritti della donna fu giudicata eccessiva e scandalosa: il suo appello cadde nel nulla, tra l'ostilit� degli uomini e la totale assenza di solidariet� delle donne che temevano di dispiacere ai mariti da cui dipendevano economicamente. Inutile il richiamo inserito nel testo: "O donne, donne! Quando cesserete di essere cieche? Quali vantaggi avete ottenuto dalla Rivoluzione?". In poche si unirono alla sua battaglia e per Olympe fu una cocente delusione. Nel 1792 la Rivoluzione stava gi� degenerando nel Terrore. Fu proclamata la Repubblica e inizi� il processo a Luigi XVI. Olympe, da sempre su posizioni moderate vicine ai girondini e contraria alla pena di morte, si propose di difenderlo. L'offerta non fu accettata, ma Olympe la pag� cara: venne accusata di essere filomonarchica. La situazione politica diventava ogni giorno pi� insostenibile, cos� la coraggiosa donna firm� un manifesto, che poi si rivel� fatale, in cui si professava favorevole a un governo federale dove ogni dipartimento potesse scegliere il proprio tipo di governo. Un passo falso: era appena stata approvata una legge (29 marzo 1793) in cui si dichiarava la Francia "una e indivisibile". Per chi si fosse opposto era prevista la pena di morte. Cos� Robespierre (1758-1794) colse l'occasione per farla tacere una volta per tutte. Olympe fu imprigionata per tre mesi a regime duro e ghigliottinata il 3 novembre 1793, a 45 anni, dopo un processo farsa in cui non le fu concesso un difensore: "Avete abbastanza capacit� per difendervi da sola", le dissero. Dopo la decapitazione, il procuratore Chaumette dichiar�: "Ricordate l'impudente Olympe de Gouges [...], l'aver dimenticato le virt� del suo sesso l'ha condotta al patibolo. Quello che noi vogliamo � che le donne siano rispettate, ed � per questo che le forzeremo a rispettarsi loro stesse".