Aprile 2018 n. 4 Anno III Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Indice Se le idee generano follia: gli anni di piombo 40 anni dopo Scrivere su carta, scrivere per il web Il S� quantificato Se le idee generano follia: gli anni di piombo 40 anni dopo (di Ennio Cavalli, "Vita e Pensiero" n. 1/18) - Un bilancio della lotta armata intrapresa dalle Br nella testimonianza di un giornalista. - Il primo impatto col mondo della rivolta armata lo ebbi nel giugno 1977. Giro d'Italia, 60� edizione. Assi e circostanze nella manica di uno sconosciuto gregario, Michel Pollentier, la gamba destra piena di varici. A met� strada il Paese festante per i campioni del pedale, le miss e i traguardi di tappa smise di applaudire la maglia rosa, per accorgersi delle Brigate rosse. Seguivo il Giro come inviato del Gr1, neo-assunto. Nell'arco di tre giorni, a Genova, Milano e Roma spararono a Vittorio Bruno, vice-direttore del "Secolo XIX", a Indro Montanelli e al direttore del Tg1 Emilio Rossi, che rest� sulle stampelle tutta la vita. "Giro d'Italia e raid violenti. Gambe di piombo e piombo nelle gambe. Fughe dal gruppo e follie di gruppuscoli. Fatiche di giornata e sovversioni di un'epoca", ritrovo scritto in quelle mie cronache. 1977 e anni a seguire non significarono solo Movimento studentesco, "indiani metropolitani", richiamo al '68 (meglio dire "maggio francese", da noi il '68 trasmigr� con la dovuta calma), contestazione all'Universit� di Roma del segretario della Cgil Luciano Lama su un camion targato Sfiducia, P38, Loggia P2, scandalo Lockheed (faccendieri e l'ex ministro Tanassi condannati dalla Corte costituzionale per tangenti nell'acquisto di 14 aerei Hercules C130: poteva essere, ma non fu, l'inizio di "Mani pulite"). Tante le accelerate e le lacerazioni. Una caldaia sovralimentata. Gli impegni disattesi dalla societ� e dalla politica creavano mostri anche allora. L'occupazione dei giovani, una puntata alla roulette. Il femminismo esploso tra insofferenze e risultati avrebbe rivoluzionato i costumi. Il referendum del 1974 aveva confermato il divorzio in Italia, recente conquista. Non c'erano personal computer e cellulari. Non c'era mucca pazza, n� l'agnellino Dolly immolato e ricreato sull'altare del Dna. Non c'era Maastricht e l'Europa di adesso, non c'era Internet, non c'era Google, non c'era Mediaset, n� il resto della planetaria televisibilit�. Intanto le Br si preparavano ad alzare il tiro. La mattina del 16 marzo 1978, a Roma, strage della scorta e rapimento di Aldo Moro. Parto dalla sede Rai di via del Babuino, sulla radiomobile guidata dal segretario di redazione. Mi ritrovo in via Fani, all'incrocio con via Stresa, dov'era appena avvenuto l'agguato. I corpi dei cinque agenti non ancora coperti da lenzuoli. Solo uno � riuscito a scendere dalla macchina e forse a sparare. Giace a terra, in abiti borghesi, la pistola Beretta a qualche metro di distanza. Un rivolo di sangue sembra partire dalla canna, per finire sotto un mucchietto di foglie, a ridosso del marciapiede. Salgo le scale del palazzo di fronte, suono diversi campanelli. Qualcuno apre e racconta di raffiche improvvise, rabbiose, concentrate. Ridiscendo in strada, prendo appunti davanti al bar Olivetti, chiuso per lavori. Quattro brigatisti travestiti da avieri, armati di mitra e pistole, si erano appostati proprio l�. Paolo Frajese, seguito dalla telecamera del Tg1, sta contando i bossoli rimasti sull'asfalto: un'ottantina. Torno a bordo dell'auto Rai, parcheggiata oltre le transenne. In diretta dallo studio mi chiedono se posso confermare la voce che vorrebbe il presidente della Dc ricoverato al Gemelli. Rispondo frastornato che mi sembra poco verosimile, considerato il tremendo scenario di cui Aldo Moro � la pedina mancante. Altri brigatisti, su due Fiat 128, una delle quali targata Corpo Diplomatico, avevano atteso su via Fani, direzione via Stresa, l'arrivo del piccolo convoglio proveniente dalla Trionfale: Fiat 130 blu con l'uomo politico a bordo, Alfetta bianca di scorta. L'auto targata CD occupa la corsia davanti alla Fiat 130, la precede per un tratto, si arresta di colpo, provocando un lieve tamponamento a catena. La seconda auto del commando si mette di traverso per bloccare il traffico. Il seguito lo racconta, ai giudici della Corte d'assise d'appello di Roma, Valerio Morucci, arrestato nel maggio del 1979: "La persona che doveva occupare l'incrocio occup� l'incrocio e noi quattro che eravamo dietro le siepi del bar Olivetti, uscimmo per sparare... per sparare sulla scorta. Due erano incaricati di sparare sull'Alfetta e gli altri due di sparare sull'autista e sull'altra persona al suo fianco nel 130. Io ero tra questi due e quindi sparai contro il 130". Gli uomini della scorta non hanno n� il tempo di reagire, n� le armi a portata di mano. Alla fine del massacro i terroristi trascinano Moro illeso a bordo di una Fiat 132 blu, giunta in retromarcia da via Stresa. Si dileguano in direzione di via Trionfale. Avrei rivisto l'Alfetta della scorta nel cortile della Questura in via di San Vitale. In pi� punti il metallo delle portiere era come risucchiato all'interno dai colpi di mitra. La guarnizione di gomma del lunotto posteriore, perforata da un proiettile nel punto debole, dove si innesta il vetro. Non erano auto blindate. Ai funerali dei cinque agenti, nella basilica di San Lorenzo fuori le Mura, la calca comincia da piazzale del Verano. Fatico a fendere la folla, carico di inquietudine e di timidezza, il grosso registratore in spalla. Mi fanno largo, mi danno forza le parole di una donna dette ad alta voce: "Dobbiamo aiutarci tutti!". Arrivo vicino alle bare scoperte. I fori delle pallottole sulla faccia di uno di quei poveretti, riempiti di cotone idrofilo. Cossiga, ministro dell'Interno, contestato alla fine della cerimonia. Il dolore ammutolito dei famigliari delle vittime. L'indomani avrei incontrato la signora Leonardi, vedova del caposcorta, a casa sua, all'Eur. Pensavo a un dialogo a due voci, tra lei e la moglie di Moro nel torchio dell'attesa. Ma non fu possibile. Le domande che avrei fatto ai brigatisti sono queste: quanti tiranni occorre uccidere per chiudere con le Idi di marzo? Quanti Termidoro, per non avere a che fare con nuovi Robespierre? Tutti Masanielli, nessuna rivoluzione? Com'� cambiato il concetto di pietas, dopo Virgilio e oltre il Vangelo? Passai parecchie notti, come uno sbirro, appisolato dietro una scrivania della Sala stampa, in Questura. Aspettavamo notizie, segnali di fumo dal fronte sommerso delle trattative, mentre una tiv� privata trasmetteva in continuazione le canzoni degli Abba, Mamma mia! e il resto del repertorio. Quella stessa emittente, la Gbr, avrebbe fatto lo scoop di filmare il momento del ritrovamento del cadavere di Moro nel bagagliaio della Renault rossa, in via Caetani, 55 giorni dopo il rapimento. Il 24 aprile 1978, arriv� il comunicato n. 8 delle Br, quello decisivo. Ne feci una fotocopia che ancora conservo. Vi si legge: "Chi cerca di vedere per il prigioniero Aldo Moro una soluzione analoga a quella a suo tempo adottata dalla nostra Organizzazione a conclusione del processo a Mario Sossi, ha sbagliato radicalmente i suoi conti". Il giudice Sossi era stato rapito a Genova quattro anni prima. Lo scambio proposto riguardava otto terroristi incarcerati. Dopo oltre un mese di attesa e pressioni, Sossi fu rimesso in libert�. Due anni dopo, sempre a Genova, viene ucciso, assieme ai due uomini di scorta, il procuratore generale Francesco Coco, contrario alle trattative tra Stato e brigatisti. Il comunicato n. 8 prosegue: "A questo punto le nostre posizioni sono completamente definite, e solo una risposta immediata e positiva della Dc e del suo governo, data senza equivoci, e concretamente attuata potr� consentire il rilascio di Aldo Moro. Se cos� non sar�, trarremo immediatamente le debite conseguenze ed eseguiremo la sentenza a cui Aldo Moro � stato condannato". Si chiedeva la liberazione dei 13 "prigionieri comunisti tenuti in ostaggio nelle carceri del regime".Gli slogan a chiusura del comunicato: "Creare e organizzare ovunque il potere proletario armato! Riunificare il movimento rivoluzionario costruendo il partito comunista combattente!". Se non passavo la notte in via di San Vitale, la passavo in macchina, con un plaid e una bottiglia d'acqua, sotto casa Moro, in via del Forte Trionfale 79, a spiare l'ingresso principale e ogni minimo movimento al di l� delle tapparelle. La mattina presto, rientro in redazione e resum� in diretta. Una volta, era ancora buio, cambiai strada e persi l'orientamento. La zona era presidiata dai militari. Abbassai il finestrino per chiedere indicazioni. Un giovane soldato vi appoggi� sopra la canna del mitra, me la punt� contro, ammutolito. C'era un'atmosfera di paura. La gente non usciva volentieri, la sera. Sul clima dell'Italia di quegli anni ricordo una chiacchierata con Federico Fellini. Lo impressionavano "le orbite vuote" delle poltrone senza spettatori, nei cinema e nei teatri. Le cinque del mattino, d'inverno, nel buio, per strada. A quell'ora dovevo uscire di casa in tempo per preparare con gli altri colleghi della redazione i notiziari delle 7 e delle 8, i pi� seguiti. La mattina non c'era la concorrenza dei telegiornali e la radio faceva ancora la parte del leone. Sto per salire sulla mia Dyane sgangherata, quando dall'angolo, di corsa, sbuca un ragazzo con qualcosa in mano. Come se si fosse dato la carica un attimo prima, vedendomi arrivare. Corre verso me a testa bassa. O spara o prende le misure per la prossima volta, penso. Si vedevano nemici dappertutto. Bastava essere un simbolo, anche da poco, per sentirsi spaventati o per spaventare. Al nostro direttore, Sergio Zavoli, avevano assegnato scorta e auto blindata. Bottiglie molotov lanciate contro macchine Rai: succedeva nelle manifestazioni. Niente di pi� facile che fossi visto anch'io come un bersaglio, da perfetto giornalista "di regime". La parabola di quella corsa silenziosa parve infinita. Se mi fosse esplosa contro, come a Casalegno, come a Tobagi, senza lo scarto che all'ultimo momento riport� l'ombra del ragazzo in un alveo di buio, non sarebbe nato mio figlio, non avrei scritto i libri e le poesie che sono quello che lascio, non sarei qui a raccontare il seguito, seduto sopra un sacco di zolfo. Molti anni dopo, quando tutto era finito, Paola e io fummo invitati a cena dall'amico Erri De Luca. Ogni tanto si parlava dei suoi trascorsi in Lotta continua. Ma non ci saremmo mai aspettati di trovare tra i commensali Barbara Balzerani. Non sapevamo che poteva uscire di giorno, in libert� condizionale, per poi rientrare in carcere a Rebibbia. Adesso ha scontato la pena per la strage di via Fani e il resto che segu�. Faceva parte del gruppo operativo, nome di battaglia Sara. Era "la persona che doveva occupare l'incrocio" tra via Fani e via Stresa, nella ricostruzione di Morucci, in pugno una mitraglietta Skorpion. All'inizio la tavolata era molto silenziosa. Avevo visto una porzione di cose terribili dal marciapiede opposto al suo. Ora sedevo davanti a lei. Abbiamo quasi la stessa et�. Per me, dopo quel battesimo "di fuoco", viaggi e reportage su tutt'altro fronte: Nobel, Oscar, Festival del cinema. Per lei, dopo l'attivit� protratta di membro dell'esecutivo Br e l'arresto nel 1985, il peso di tre ergastoli. Forse allora, in un angolo della ragnatela o nel covo di via Gradoli affittato assieme a Mario Moretti, autore degli interrogatori di Moro e di altri decisivi passaggi legati alla sorte del prigioniero, poteva aver sentito alla radio qualcuno dei miei resoconti pieni di ansia e di mancanze. Pensavo tutto questo. Ma non fiatai. Erri appoggi� una noce sul tavolo e l'apr� con un colpo preciso e testardo, con il martello della fronte. Barbara si mise a parlare con Paola. Le si accesero gli occhi di rabbia nel ricordare un momento della sua infanzia, quando le altre bambine avevano il vestito nuovo per la prima comunione, lei no. Famiglia operaia, troppo povera perfino per chiudersi a riccio o in una bolla di anticonformismo, in risposta allo stupido condizionamento che neanche la Chiesa contrastava. Parole semplici e rivelatrici, rese cupe e febbrili dal chiaroscuro delle vampe del caminetto. Poi il discorso, non so come, devi� sul traffico di Roma. Barbara si stupiva della "violenza" degli automobilisti. Disse proprio cos�: "violenza". Quella parola, avvicinata quasi con circospezione e additata come scandalo da chi ne aveva fatto un uso disperato e infruttuoso, assorb� tutto il colore della penombra. Die bleierne Zeit (Anni di piombo) si intitola il bel film sul terrorismo tedesco di Margarethe Von Trotta, uscito nel 1981. Die Zeit, ampiezza di cronologie. Altro che Tempo delle mele! C'era una volta l'et� della pietra, del ferro... Die stein Zeit, Die eisen Zeit... Infine Die bleierne Zeit. Alle varie ere dell'umanit� si � aggiunto un fermo obbligato. "Anni di piombo" per via delle pallottole distribuite senza guardare in faccia a nessuno, per la cupezza e il peso di ideologie strafatte. Eppure c'� chi ha ribattezzato "anni di rame" gli "anni di piombo". Il rame, buon conduttore di idee rivoluzionarie, fonte di elettricit�. Certe definizioni, come le giri le giri, sanno di sofferenza. Alcuni di loro sostengono che non era terrorismo, era guerra civile. E il popolo dov'era? Non aspettava altro che l'esaurirsi di tanto odio e del suo inerte rafforzativo: odio di classe, il pi� terribile degli status quo. A chi bisognava presentare le credenziali o strizzare l'occhio della disponibilit� all'insurrezione antiborghese, senza progetti, per non essere marchiati a sangue? C'erano qua e l�, nell'ombra, complicit� annodate. "N� con lo Stato n� con le Br": non l'ennesimo modo italico di lavarsene le mani o di stare alla finestra, ma il motto dei "fiancheggiatori" che avevano scelto di fare da sponda ai ricercati, ai latitanti, di dare loro copertura, rifugio, giustificazione, ossigeno, cambio d'abiti. Una solerte, stordita minoranza. Ma il popolo non si � mai accorto di guerre civili. N� vi ha partecipato, n� le ha supposte. Il popolo era la donna che mi aiut� a fendere la folla per i funerali di Oreste Leonardi, Francesco Zizzi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Raffaele Iozzino, i cinque della scorta di Moro. Il popolo era il bambino che, in uno degli anniversari della strage di via Fani, lasci� una rosa sul muretto, riuscendo a non piangere. Tutti noi volevamo solo che si interrompesse quello spreco di forze e di vite, quell'anemia da lutto. Giunta l'ora in cui Barbara doveva lasciarci per rientrare a Rebibbia, la sorella di Erri fece per incartare un pezzo di torta. Barbara la ferm�: "La stagnola no, fa suonare il metal-detector". Anni di piombo, di rame, di carta stagnola. Le radiazioni non sono decadute del tutto. Ho conosciuto anche Laura Braghetti, pentita. Era stata condannata all'ergastolo per l'assassinio di Moro e del professor Vittorio Bachelet. Di Bachelet, ucciso nel 1980 nei corridoi dell'Universit� La Sapienza, ricordo una foto che arrivava a comprendere corpo senza vita e codice di diritto civile rotolato in un angolo. La Braghetti presentava un libro di memorie. "Avere vent'anni negli anni Settanta, per noi, signific� una febbre da insorti. Tossici dell'ideologia, ecco cosa eravamo", volle premettere al resto del discorso. "Vivevamo per essere contro chiunque non la pensasse come noi", ammise Marco Donat Cattin, uno dei capi di Prima linea e dei suoi gruppi di fuoco. Stesso atteggiamento dei rivoluzionari neofascisti. "Macch� terrorista, giustiziere di nemici politici!", rivendic� Pierluigi Concutelli, Ordine nuovo, tre ergastoli per l'assassinio del giudice Occorsio (1976) e poi di due ex camerati coinvolti nelle indagini sulle stragi di piazza della Loggia (Brescia, 1974) e stazione di Bologna (1980). Seguii il processo in Corte d'assise, nel "bunker" di piazzale Clodio, a Roma. Espertissimo di armi (come Morucci, dall'altro lato della barricata), Concutelli illustr� ai giudici pregi e difetti della mitraglietta Ingram, importata dalla Spagna, con la quale aveva sparato al magistrato. A che � servito tanto industriarsi a uccidere? Per i non pentiti, per gli irriducibili, onorare i propri caduti, preoccuparsi per i compagni in prigione, dimenticando i "giustiziati" e il fiume di dolore travasato � un lavoro di bisturi che isola e separa ancora una volta la carne buona dalla cattiva, � un fermo di fotogramma che ostacola la visione di insieme. Pu� esserci insincerit� nel pentimento come nel non pentimento. Un termine cos� severo e rifratto, nobile e malleabile a un tempo, pentimento, pu� avere rimandi intimamente specchiati o di tenace opportunismo, come si � visto. Credo che gli irriducibili, per dirsi tali e non soccombere a nefaste rimozioni interiori, siano quasi costretti a considerare le vittime dell'altra parte nemici che bisognava abbattere e le inutili carneficine operazioni compiute. Unica ammissione, la sconfitta militare, il congedo forzato dalla lotta armata. Visti come l'inceppamento di un sogno e di un piano impermeabili al ripudio. Resta un solco immenso, un arretrato di ingiustizia e tanta fatica nel riunire i pensieri e smaltire i rimorsi. Scrivere su carta, scrivere per il web (di Giuseppe Lupo, "Vita e Pensiero" n. 1/18) - Dalla letteratura "invisibile" di Italo Calvino al teorema di Bauman sulla liquidit�: ecco i prodromi della narrativa digitale. - Se giocassimo a ipotizzare una traccia che stia all'origine della letteratura digitale, penso si possa individuare nel paradigma della liquidit�, elaborato da Zygmunt Bauman sul finire dello scorso secolo; paradigma che, per vie indirette, avrebbe origine dentro le categorie che Italo Calvino annunciava dapprima nel Cavaliere inesistente (1959) e poi nelle Citt� invisibili (1972). Muovendoci a piccoli passi in questi cinquant'anni, dal discorso sull'inesistenza arriviamo al teorema dell'invisibilit� e dal teorema dell'invisibilit� giungiamo al grande mare dove tutto � inconcreto, non reale, virtuale, liquido appunto. "Le tue citt� non esistono" dichiara un infastidito Kublai Khan a Marco Polo. "Forse non sono mai esistite. Per certo non esisteranno pi�. Perch� ti trastulli con favole consolanti? Perch� menti all'imperatore dei tartari, straniero?". Un racconto di favole non � che una menzogna per consolare: questo sembra affermare l'anziano sovrano dei mongoli quando si rivolge al giovane mercante veneziano. E, senza volerlo, il suo parlare non fa che richiamare alla memoria l'immagine della corazza priva di corpo in cui si annida, ma solo nominalmente, la figura del cavaliere inesistente. Il perseverare del vecchio imperatore sul verbo esistere, declinato in negativo al presente, al passato e al futuro ("non esistono", "non sono mai esistite", "non esisteranno pi�"), dimostra che Calvino, pensando alla storia delle esplorazioni condotte da Marco Polo verso improbabili realt� urbane, abbia avuto cura non tanto di estendere il ruolo dell'immaginazione nei confini della favola consolante e menzognera, piuttosto di puntualizzare la necessit� di una letteratura che affronti il pericolo dell'inesistenza e dell'incorporeit� per capovolgerne gli esiti, per ricapitolarne i sintomi del male e farne una risorsa. � lo stesso Marco Polo a ricorrere a un raffinato escamotage retorico per difendersi dall'accusa di falsit� che l'imperatore gli rivolge: "Il fine delle mie esplorazioni � questo: scrutando le tracce di felicit� che ancora s'intravedono ne misuro la penuria. Se vuoi sapere quanto buio hai intorno, devi aguzzare lo sguardo sulle fioche luci lontane". Il che equivale ad affermare: ci� che non esiste serve a scoprire ci� che esiste ovvero rende visibile l'invisibile. Elogio dell'incorporeo Calvino si diverte a costruire una scala di pieni e di vuoti pi� o meno negli stessi termini in cui Ren� Magritte, nel quadro La firma in bianco e nero (1965), disegna una dama a cavallo dentro un bosco, ma ce la restituisce scissa in fasce verticali anzich� nella sua interezza di figura, come linee della tastiera di un pianoforte, dove si alternano forme di colori che appartengono a oggetti diversi. L'immagine sfalsata di questa donna, nonostante gli abiti dicano altro, rimanda immediatamente a situazioni ariostesche-rinascimentali (la galoppata nel bosco, la fuga solitaria come quella di Angelica), a cui si ispira il ciclo araldico del Visconte dimezzato (1952), del Barone rampante (1957) e del Cavaliere inesistente. Non sappiamo se Calvino avesse presente l'opera di Magritte mentre elaborava il suo percorso dall'inesistenza del cavaliere all'invisibilit� delle citt�, ma certo non possiamo ignorare che Magritte sia un artista prossimo a Calvino e che uno dei suoi dipinti - Le chateau des Pyr�n�es (1959): un agglomerato urbano costruito sopra un'enorme pietra volante -, sia finito sulla copertina delle Citt� invisibili. Soprattutto non possiamo ignorare che, nel ripensare alla scala di alternanze tra l'invisibile e il visibile (che sar� anche una delle Lezioni americane, 1988), egli intenda affrontare un discorso sulla materia, modellarla con il nulla, con l'incorporeo e farne un aspetto fondamentale con cui costruire la sagoma del cavaliere che non c'�. Il ragionamento di Calvino assomiglia al paradosso dichiarato da Marco Polo a Kublai Khan quando faceva cenno alle luci e al buio: proprio perch� inesistente, l'uomo in corazza � pi� materico di quanto si possa intuire a prima vista. Nulla a questo punto vieta di pensare che inesistenza e invisibilit� rimandino alla prima delle Lezioni americane, a quella leggerezza a cui Calvino giunge per sottrazione di peso: l'unico, vero nemico contro cui combattere sia in chiave ideologica, sia nelle strutture lessicali e/o narratologiche. La mancanza di peso potrebbe anche postulare il pericolo della vacuit�, di fatto per� � la condizione idonea per ottenere tanto l'inesistenza quanto l'invisibilit�, dunque a scrivere le leggi di una fisica fondata su equilibri di statica ben diversi da quelli della tradizione. Su questo tema Calvino si dimostra ancora pi� esplicito perch�, nel rimandare alle stampe l'intero ciclo araldico, definisce uno dei caratteri della modernit� nella mancanza di attrito: "Dall'uomo primitivo che poteva essere detto ancora inesistente perch� indifferenziato dalla materia organica, siamo lentamente passati all'uomo artificiale che � inesistente perch� non fa pi� attrito con nulla, non ha pi� rapporto con ci� che (natura o storia) gli sta intorno, ma solo astrattamente funziona". Tanto l'uomo primitivo quanto l'uomo artificiale, per eccesso o per mancanza di attrito, faticano a lasciare un segno del loro passaggio sulla terra: il primo si confonde con la natura, il secondo diserta il contatto con essa, essendo inconsistente. Primitivo e artificiale sono aggettivi adoperati come estensione del concetto di inesistenza e a loro volta introducono le nozioni di indifferenziazione (nel caso dell'uomo primitivo) e di astrattezza (nel caso dell'uomo artificiale). Essere privi di attrito � una condizione che ha qualcosa in comune con la sottrazione di peso: ci si libera dalla forza di gravit� cos� come ci si libera della corporeit�, si procede all'infinito lungo un piano orizzontale, non si incontrano ostacoli, si diventa leggeri, perfino intangibili. Sottrarre peso o attrito alle parole e alle loro articolazioni, � un'operazione che travalica il piano del linguaggio e annuncia l'avvento di un'epoca in cui gran parte dei rapporti (personali, familiari, sociali, professionali) perdono consistenza reale per avviarsi nella direzione della virtualit� o, per citare di nuovo Bauman, della liquidit�. La scrittura dell'uomo artificiale Ci� che � accaduto negli ultimi decenni non rappresenta soltanto la terza metamorfosi dell'oggetto libro, ma una mutazione epocale che, se da un lato ha reso pi� accessibile la fruizione e lo scambio di notizie relative a un'opera difficilmente consultabile, dall'altro rischia di modificare la "concezione stessa di letteratura" - cos� si esprime Alberto Casadei in Letteratura e web (2015) -, cambiando l'ormai consolidata distinzione dei ruoli (tra chi scrive, chi pubblica e chi legge) e i rapporti fra spazio pubblico e spazio privato. Per quanto la rete favorisca la rinegoziazione dei rapporti di forza nel campo letterario, nessuno dubita che siano i blog quel particolare luogo virtuale dove si � trasferita gran parte delle discussioni un tempo riservate alle pagine dei giornali e prima ancora ai caff�. Essi, i blog appunto, costituiscono il terreno di una vera o presunta autonomia di pensiero proprio perch�, essendo il pi� delle volte nati sui distinguo e sulla contrapposizione rispetto ai canali ufficiali, diventano strumento per dare sfogo alla violenza, si fanno espressione di un disagio, "scarico della marginalit�" li definisce Raffaele Donnarumma. Dietro una letteratura argomentata e discussa in questi nuovi luoghi di aggregazione capita spesso di imbattersi in opinioni dove domina incontrastato il modello fai-da-te: la falsa libert� di esprimere pareri, di dettare regole, di intervenire obbedendo a quel pericolo che Bruno Pischedda su "Tirature 11" chiama "soggettivismo manicheo": il consenso espresso con un like, secondo il linguaggio che dalle communities social si arrampica fino alle soglie del giudizio estetico, un tempo assegnato agli statuti della critica letteraria (la terza pagina dei quotidiani, le riviste accademiche) che facevano da tradizionale filtro. Venuto meno qualsiasi elemento discriminante, le opportunit� offerte dal web permettono di scavalcare tutte le mediazioni che un tempo erano nelle mani di lettori attrezzati e che nell'uso quotidiano dell'esercizio critico vivono indirettamente una stagione di delegittimazione, per cui si � verificata quella "mancanza di responsabilit� intellettuale" che Biagio Cepollaro denuncia su "Nazione Indiana" il 14 aprile 2011: una fenomenologia "maturata gi� a partire dagli anni Ottanta" e che avrebbe trovata "la sua massima realizzazione pratica nel caotico egotismo della rete". Al di l� del senso di deresponsabilizzazione o di svuotamento che avrebbe coinvolto la figura dell'intellettuale militante negli ultimi decenni, agli occhi di diversi osservatori l'uso (o l'abuso) della rete per fini letterari ha posto in evidenza alcuni aspetti deformanti, probabilmente insiti nella sua natura stessa. Uno dei pi� frequenti si individua nel processo di esasperazione che conduce chi scrive a fuggire dai compromessi del mercato editoriale, a scansare le norme consolidate che riguardano i rapporti di forza con case editrici e responsabili di collane, al fine di realizzare quelle forme di dilettantismo letterario, un fai-da-te esasperato e promozionale che - riflette Massimo Rizzante sempre su "Nazione Indiana" il 4 aprile 2011 - azzera la distanza tra "la scrittura in rete e l'autopubblicazione". Il vero paradosso � un altro. Spesso la materia di parole che arriva sui blog, si dispone per accumulo e non per selezione. E ci� favorisce quella sensazione di ipertrofia testuale che � l'esatto contrario di quanto Calvino prescriveva a proposito del "sottrarre peso" nella lezione sulla Leggerezza. Pi� la scrittura si fa liquida, insomma, pi� si moltiplicano le parole e i testi si gonfiano fino a straripare in una babelica bulimia letteraria. Babele in biblioteca Ormai siamo tutti convinti che il carattere liquido della scrittura non solo ha mandato per sempre in crisi l'idea tradizionale di letteratura, come avverte Casadei, ma non � riuscito a offrire una valida alternativa, intrappolato com'� nell'impossibilit� di definire valori duraturi, di riequilibrare le gerarchie nel gusto dei lettori/fruitori, di riorganizzare i giudizi estetici. La sensazione di contraddizione si manifesta anche quando dal groviglio incontrollato, che � la rete, i testi si sottopongono alle regole dell'editoria digitale. Nella percezione tradizionale del lavoro letterario, infatti, una questione tutt'altro che secondaria riguarda il problema della durata di un testo in un determinato tempo e, di conseguenza, la dimensione dello spazio occupato. Per quanto sembri paradossale, una recensione online o un articolo in rete, pur non avendo la consistenza di un pezzo di carta, sopravvivono alla caducit� di un quotidiano o di un periodico e ci� rappresenta una prima, vistosa contraddizione perch� proprio dall'incorporeit� virtuale (e non dalla concretezza cartacea) deriva il vantaggio di attribuire a quel testo la capacit� di sopravvivere. Approfittando dei benefici messi a disposizione dalla rete, una letteratura pubblicata in forma digitale possiede sicuramente maggiori chances di prolungare la propria visibilit�, facendosi prodotto globale, a disposizione di tutti. Ben diverso, invece, � lo smarrimento che suscita l'angoscia del liquido, la clamorosa condizione di indeterminatezza che � insita in ciascuna pagina dalla natura non cartacea. Per quanto risulti poco ambizioso, ciascun autore continua a proiettare se stesso nella dimensione corporale che la sua opera trasmette. La consistenza di un libro � un buon deterrente per sentirsi protetti dal rischio di evanescenza: Guerra e pace di Tolstoj o l'Ulisse di Joyce o la Recherche di Proust sono opere solide, anche nel loro aspetto esteriore, per assicurare l'illusione della fama a chi ne � stato l'autore. E cos� � per la Commedia o per le Mille e una notte o per gran parte dei poemi mediterranei, consegnati all'immortalit� in virt� del loro esistere anche (e non solo) come oggetti dall'aspetto monumentale. Sar� anche vero che la caratura materiale di un'opera non � la condizione indispensabile per ottenere l'ingresso nel recinto dell'eternit�, pur tuttavia � difficile pensare a una letteratura costretta a rinunciare al carattere onnicomprensivo delle storie, cominciata e finita nei circuiti minimi del quotidiano, che mortificano l'antica ambizione di racchiudere in ogni libro il racconto del mondo. A partire dalla Bibbia l'Occidente ha creduto in questa illusione almeno fino al tramonto delle grandi narrazioni, cio� fino all'avvento di un post-moderno che in termini ideologici ha avversato radicalmente le forme di un narrare epico e ambizioso, per sostituirle con la trascrizione di un tempo polverizzato nel presente, monotono e ripetitivo, uguale a se stesso. In questo tempo, che scorre e si consuma con la rapidit� di una sostanza liquida, abbiamo acquisito il vantaggio della simultaneit� (in pochi istanti possiamo consultare le biblioteche di tutto il mondo, radunate dentro una tavoletta di plastica pratica e leggera), per� abbiamo perduto il valore della lentezza e della riflessione, la selettivit� che appartiene alla carta, il principio della misura tra ci� che resta nelle dimensioni di un topolino e ci� che invece si erge a montagna. Tutto � uguale nella scrittura digitale. Ogni diversit� si azzera in una cifra che indica i byte, per� non restituisce il senso delle proporzioni e perfino quel misterioso fluire di intenzioni e di complicit� che si stabilisce tra noi e un libro, quando lo ammiriamo su uno scaffale di biblioteca, quando lo annusiamo a distanza o ne accarezziamo il dorso chiedendoci chiss� cosa ci sia contenuto di cos� rilevante e, alla fine di questo lungo cerimoniale, osiamo prenderlo in mano per sentirne la consistenza. Il S� quantificato (di Christine Amrhein, "Psicologia contemporanea" n. 240/13) - L'ultimissima moda in rete si chiama Self-Evaluation. Cresce il numero di siti web in cui gli utenti possono fornire dati sul proprio stato di salute, le funzioni corporee, le condizioni psichiche, ottenendone un profilo personale: una forma di autospionaggio digitale. A quale scopo? - Aprendo uno di questi siti web, si presenta subito una quantit� di simboli colorati - corpi rossi o gialli, grandi stelle gialle, punti verdi e indicazioni come bad o very good. Poi compaiono et� e sesso, nome-utente, diagnosi medica e spesso anche una foto personale. PatientsLikeMe � il nome della piattaforma in questione, una delle tante cui si possono fornire dati personali sulla salute, lo stato psichico e le funzioni corporee, osservare i vari profili nel tempo e confrontarli fra loro. La tendenza, variamente indicata come Self-Evaluation, Quantified Self o anche Self-Hacking, � iniziata negli Stati Uniti verso il 2008: in sostanza, chi vuole pu� sottoporsi da solo a misurazioni psico-fisiche. Le possibilit� sono infinite. In alcuni siti web l'utente esegue ripetutamente una serie di test e questionari, ottenendo i risultati in forma di grafici e tabelle: nella pagina Moodscope, per esempio, fornendo regolarmente dati sul proprio stato d'animo si ottiene una curva del tono dell'umore. Il sito Quantified Mind, invece, presenta una batteria di test cognitivi e invita a sottoporsi con regolarit� a piccoli esperimenti: in questo modo l'utente pu� scoprire se le sue prestazioni mentali variano a seconda dell'ora del giorno, del consumo di caff�, della pratica della meditazione o dell'attivit� sessuale. In altre piattaforme, oltre a dati soggettivi si possono analizzare anche misure fisiologiche. Applicazioni come Fitbit o Zeo registrano con un piccolo apparecchio l'attivit� fisica, il consumo calorico e la regolarit� del sonno, mentre Stresschecker, mediante un clip applicato all'orecchio, misura le variazioni del ritmo cardiaco, informando circa lo stato di stress. Infine su Tictrac � possibile mettere a confronto le pi� varie misurazioni: giudizi soggettivi, protocolli dell'attivit� fisica, peso e pressione arteriosa misurati elettronicamente, pi� le attivit� sociali su Facebook e perfino la mappa degli spostamenti, rilevata attraverso il cellulare. Molte di queste applicazioni sono nate negli Stati Uniti e finora sono accessibili solo in inglese. I membri del movimento - non solo semplici utenti, ma anche progettisti e sviluppatori di software - partecipano regolarmente in varie citt� del mondo ai cosiddetti meetup, in cui si scambiano idee sui loro progetti e sulle esperienze con certi strumenti, che poi vengono presentati sul web e fatti oggetto di discussioni nei blog. Le persone coinvolte dovrebbero essere consapevoli del fatto che molti degli apparecchi e delle applicazioni sono ancora in fase sperimentale. Prima dell'acquisto si dovrebbe essere informati sull'attendibilit� delle misurazioni. Per esempio, un utente che ha sperimentato lo Sleeptracker, un nuovo apparato per monitorare le fasi del sonno, riferisce che al mattino lo strumento indicava sistematicamente un sonno leggero e irregolare, mentre lui si svegliava riposato e in forma perfetta. Negli USA, dove applicazioni nuove sono immesse di continuo nel mercato, la Food and Drug Administration � gi� intervenuta: tutte le applicazioni classificate come "medical app" devono ottenere preventivamente la sua autorizzazione. Ma cos'� che spinge le persone a sottoporsi a misurazioni sistematiche? "I nostri aderenti usano Quantified Self per le ragioni pi� varie", dice Ernesto Ramirez, responsabile organizzativo della community QS. "Per molti si tratta semplicemente di conoscersi meglio e di capire certe correlazioni". Per altri le misurazioni sono un sussidio per raggiungere certi scopi, avendo sotto gli occhi il grafico dei progressi compiuti: usano per esempio Tictrac per tenersi in forma, calare di peso o dormire meglio. Per alcuni conta di pi� l'aspetto sociale dello scambio di idee e il confronto dei grafici con altre persone che condividono questo loro interesse. C'� poi anche chi si diverte semplicemente a giocare con le statistiche. Finora non ci sono studi sistematici su eventuali tratti di personalit�, come tendenze ossessive o ipocondriache, che distinguano queste persone dal resto della popolazione. Peraltro non sembra che siano eccessivamente concentrati su se stessi, non pi� di coloro che non si interessano affatto di queste misurazioni. Almeno cos� sembra da una piccola ricerca di Gary Wolf, uno dei fondatori di Quantified Self, che ha sottoposto 37 membri della sua community al questionario sul narcisismo NPI-16: i valori non si discostavano affatto da quelli della popolazione generale. Ramirez liquida rapidamente anche l'idea di molti scettici, che vedono nell'autovalutazione una forma di fissazione pericolosa: "Finora non mi � mai capitato nessuno che esageri e passi il giorno a raccogliere dati su se stesso". Alcune peculiarit� un po' inquietanti per� si possono gi� vedere: c'� chi racconta che dorme meglio se la sera sta per 8 minuti su un piede solo, oppure chi crede di aver scoperto che il burro aumenta la sua attivit� cerebrale. E la privacy? Quello che per alcuni � un piacevole passatempo ad altri suona piuttosto come un incubo, che apre la porta alla completa visibilit� dell'"uomo trasparente": le autovalutazioni mettono in giro in Internet una grande quantit� di dati personali. Nel 2011 si � scoperto, per esempio, che una semplice ricerca su Google permetteva di trovare i profili degli utenti di Fitbit, compresi dati sull'attivit� sessuale, tipo "attivo/passivo", "impegno moderato/forte" e "durata dell'atto". All'insaputa dei soggetti, i loro profili erano aperti al pubblico. Naturalmente, dopo gli articoli che denunciavano la cosa, i gestori sono corsi ai ripari. "In ultima analisi tocca all'utente decidere cosa vuole far sapere di s�", dice Florian Schumacher, che organizza i meetup di Quantified Self a Berlino e a Monaco. "In ogni caso � importante informarsi sulla protezione dei dati garantita dalle varie applicazioni: per esempio, quali dati sono accessibili al pubblico e se possono essere comunicati a terzi". Infatti sono molte le organizzazioni interessate a dati del genere: non solo le ditte che sviluppano le applicazioni stesse, ma anche le agenzie di pubblicit�, le imprese informatiche, il comparto farmaceutico-sanitario. In certi siti l'utente autorizza esplicitamente a mettere i suoi dati a disposizione di terzi: PatiensLikeMe, per esempio, indica espressamente che i dati personali, in forma anonima, saranno venduti a industrie farmaceutiche, produttori di apparecchiature e istituti di ricerca. Un altro timore � che le mutue e le assicurazioni (o in futuro i datori di lavoro) possano avere accesso ai dati in rete, con gravi danni per gli interessati. "Considero peraltro relativamente scarso questo rischio", dichiara Florian Schumacher, osservando che i regolamenti per la protezione della privacy in Germania sono piuttosto rigorosi, oltre al fatto che le mutue non potrebbero mai regolare l'entit� dei contributi su dati del genere. "Tuttavia", aggiunge, "� necessario tenere d'occhio questi aspetti". Marcia Nissen, laureata all'Istituto di Tecnologia di Karlsruhe con una tesi sul movimento Quantified Self, osserva: "Pochi utenti si preoccupano davvero della privacy e dell'uso scorretto dei loro dati personali. Molti di loro sembrano estremamente aperti e felici di avere un pubblico. E spesso vedono in queste piattaforme un'occasione per avviare una "ricerca", o per stimolare le aziende farmaceutiche a seguire certe piste". Per l'appunto i dati sulle patologie sono particolarmente delicati, e tuttavia sono sempre pi� numerosi coloro che mettono in rete informazioni sul proprio stato di salute. Una ragione � certo la speranza di scambiare esperienze con altri pazienti e di potersi mettere in rete. Cos� la pubblicit� di CureTogether si propone come un aiuto per trovare il trattamento pi� adeguato nei singoli casi: l'utente pu� indicare tutta una serie di disturbi fisici e psichici e valutare l'efficacia e le controindicazioni dei vari metodi di terapia. Grafici e statistiche espongono l'efficacia media dei singoli trattamenti, la frequenza di effetti collaterali, ecc.. Nella pagina "Members like you" l'iscritto pu� trovare altri utenti che soffrono dello stesso problema e mettersi in contatto con loro. Anche PatientsLikeMe offre la possibilit� di fornire indicazioni particolareggiate circa le proprie patologie, fra cui vari disturbi psichici e sintomi come angoscia, depressione o stress. Tutti questi dati vengono rappresentati graficamente in un profilo: tono dell'umore, gravit� dei sintomi, stato generale, pi� informazioni sui farmaci assunti, altri trattamenti, eventuali ricoveri ospedalieri. L'utente pu� scegliere se queste informazioni debbano rimanere riservate o essere accessibili ai membri della community o all'intera rete web. La risposta di molti utenti � positiva: "Per me PatientsLikeMe � una buona occasione per osservare le variazioni dell'umore nel corso del tempo e informare tempestivamente il medico nei momenti in cui mi sento gi�", riferisce Gaby, una quarantenne di New York con diagnosi di depressione. "Spesso infatti mi accorgo che la depressione peggiora, non appena i sintomi diventano pi� marcati". Brian, un quarantenne di Springfield che, oltre a un disturbo di stress posttraumatico elenca altre nove patologie, dichiara: "Il sito web mi aiuta a vedere i miei sintomi in maniera pi� sistematica. A parte questo, spero anche che i miei dati in combinazione con quelli di altri possano contribuire a sviluppare nuove terapie". L'auto-osservazione sistematica non la sentono affatto come un gravoso dispendio di tempo: "La maggior parte dei giorni mi limito a una breve valutazione del mio stato", racconta Gaby, "e una volta alla settimana compilo il questionario sul tono dell'umore e sui miei sintomi, poi mi guardo per un po' le curve che vengono fuori. Il tutto dura al massimo dieci minuti". Anche Brian la maggior parte dei giorni ci investe solo un paio di minuti, e occasionalmente aggiorna i dati sui farmaci e gli altri trattamenti. "Nessuna telefonata, qualcosa non va?" Un'altra applicazione, specificamente mirata all'assistenza di pazienti cronici, � Ginger.io: i dati sugli itinerari e la posizione occupata di momento in momento e sul numero di telefonate e di SMS sono rilevati mediante lo smartphone e analizzati sistematicamente. "Dagli spostamenti e dall'andamento delle comunicazioni � possibile spesso dedurre un peggioramento dello stato di salute o dell'umore", spiega Karan Singh, uno dei fondatori del sito. "Per esempio, quando cade in depressione, spesso uno si rinchiude in se stesso e non chiama nessuno". Viceversa, un aumento improvviso di telefonate e SMS, in un paziente bipolare, pu� segnalare l'inizio di una fase maniacale. Oltre a questi dati raccolti in automatico, i pazienti possono ovviamente fornire indicazioni sui sintomi in corso, sui farmaci assunti o sulle loro attivit� sociali, tutti dati il cui rilevamento e valutazione li aiuta a riconoscere meglio eventuali stranezze e a reagirvi tempestivamente. Oltre a ci�, se i dati sugli spostamenti e sui contatti telefonici segnalano qualcosa di strano, ricevono un avviso via SMS - per esempio: "Oggi sembra davvero sotto stress. Va tutto bene?". Con l'autorizzazione dei pazienti, i dati possono essere comunicati anche al medico curante, oppure in forma anonima essere utilizzati a fini di ricerca. Quanto sono utili queste applicazioni e quali problemi comportano? "L'autoosservazione sistematica pu� essere un agente positivo: d� speranza ai pazienti e li motiva", dice Bernhard Osen, primario della clinica psicosomatica di Bad Bramstedt. "Anche lo scambio con altre persone e la sensazione di appartenere a una comunit� sono di aiuto a molti". Nello stesso tempo Osen comprende benissimo il desiderio di tanti pazienti di trovare da soli la propria strada per affrontare la malattia. Quello che gli appare problematico � che i dati raccolti in molti di questi siti siano puramente soggettivi e non strutturati: "La "ricerca" condotta dagli utenti non corrisponde ad alcun criterio scientifico, per cui pu� facilmente portare a pseudo-correlazioni, cio� a corrispondenze fittizie". Inoltre, i miglioramenti passeggeri spesso non sono distinti dagli effetti terapeutici di lunga durata, n� si tiene conto di possibili effetti collaterali dannosi. Cos�, in uno di questi siti, "Fumare cannabis o sigarette" in caso di depressione era considerato almeno altrettanto efficace quanto gli antidepressivi, e "Accarezzare il gatto" occupava nella lista una posizione molto pi� alta in confronto alla voce "Psicoterapia". Resta da domandarsi se davvero dobbiamo vederci solo in forma di grafici e dati numerici: "Stamani mi sono alzato verso le 6:20, dopo essere andato a letto alle 0:40", scrive Gary Wolf nel suo blog. "Nella notte mi sono svegliato due volte. La frequenza cardiaca � 61 bpm, la pressione 127-74. Il tono dell'umore sulla scala 0-5 � a livello 4. Esercizio fisico nelle ultime 24 ore: 0. Ho consumato 400 mg di caffeina e 0 g di alcol. E nel caso che vi interessi, il mio punteggio di narcisismo � 0.31". O non � meglio raccontarsi alla vecchia maniera? "Oggi ero stressata in maniera pazzesca e ho bevuto litri di caff�", racconta un'amica, "ma ora va gi� meglio".