Maggio 2021 n. 5 Anno VI Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice L'economia dell'attenzione Come affrontare lo stress da pandemia L'economia dell'attenzione (di Filippo Menczer e Thomas Hills, "Le Scienze" n. 630/21) - Capire come algoritmi e manipolatori sfruttano le nostre vulnerabilit� cognitive ci permette di reagire. - Partiamo da un esempio: quello di Andy, una persona che ha paura di contrarre COVID-19. Dato che non pu� leggere tutti gli articoli che vede sull'argomento, si affida ai suggerimenti degli amici pi� fidati. Quando uno di loro sostiene su Facebook che la paura della pandemia � un'esagerazione, Andy all'inizio rifiuta l'idea. Poi per� l'albergo in cui lavora chiude i battenti, e con il suo impiego a rischio Andy inizia a chiedersi quanto sia davvero grave la minaccia del nuovo virus. Dopotutto nessuno di quelli che conosce � morto. Un collega segnala un articolo in cui si afferma che lo "spauracchio" di COVID � stato creato da Big Pharma in collusione con alcuni politici corrotti, una tesi che si sposa bene con la sfiducia che Andy prova nei confronti del governo. Una ricerca sul Web lo porta ben presto ad articoli che sostengono che COVID-19 sia non pi� grave dell'influenza. Su Internet, Andy entra a far parte di un gruppo di persone che sono state licenziate o temono di esserlo e nel giro di poco tempo si ritrova, come molti di loro, a chiedersi: "Ma quale pandemia?". Quando scopre che numerosi suoi nuovi amici intendono partecipare a una manifestazione per chiedere la fine delle misure restrittive anti-COVID, decide di unirsi a loro. In quella grande protesta quasi nessuno indossa la mascherina, e neppure Andy lo fa. Quando sua sorella gli chiede com'� andata la manifestazione, Andy condivide la convinzione che ormai � diventata parte della sua identit�: COVID � una bufala. Questo esempio illustra bene il campo minato dei pregiudizi cognitivi. Preferiamo le informazioni che provengono da persone di cui ci fidiamo, dal nostro cosiddetto endogruppo. Prestiamo pi� attenzione e siamo pi� portati a condividere le informazioni che riguardano un rischio, nel caso di Andy il rischio di perdere il lavoro. Cerchiamo e ricordiamo cose che si adattano bene con quello che gi� sappiamo e capiamo. Questi bias sono prodotti del nostro passato evolutivo e per decine di migliaia di anni ci sono stati utili. Le persone che si comportavano seguendo questi bias (per esempio evitando la riva dello stagno, con la sua vegetazione incolta, dove qualcuno aveva detto di aver visto una vipera) avevano maggiori probabilit� di sopravvivere rispetto alle persone che non lo facevano. Le tecnologie moderne stanno per� amplificando questi bias in modi dannosi. I motori di ricerca indirizzano Andy verso siti web che infiammano i suoi sospetti e i social media lo mettono in contatto con persone che la pensano come lui, alimentando le sue paure. A peggiorare le cose ci sono i bot, ovvero account automatici che sui social media fanno finta di essere persone vere e proprie, permettendo ad altri soggetti, sia quelli che si sbagliano in buona fede sia quelli con intenzioni ostili, di sfruttare la vulnerabilit� di Andy. Ad aggravare il problema c'� la proliferazione di informazioni on line. Vedere e produrre blog, video, tweet e altre unit� di informazione chiamate meme � diventato cos� semplice ed economico che il mercato dell'informazione ne � inondato. Poich� non siamo in grado di elaborare tutto questo materiale, permettiamo ai nostri bias cognitivi di decidere a che cosa dovremmo prestare attenzione. Queste scorciatoie mentali influiscono in modo dannoso su quali informazioni cerchiamo, capiamo, ricordiamo e ripetiamo. Comprendere queste vulnerabilit� cognitive e il modo in cui gli algoritmi le usano o le manipolano � diventata una necessit� urgente. All'Universit� di Warwick, nel Regno Unito, e all'Observatory on Social Media (OSoMe, da pronunciarsi come la parola inglese awesome, che significa "fantastico") dell'Universit� dell'Indiana a Bloomington, negli Stati Uniti, i nostri gruppi di ricerca stanno usando esperimenti cognitivi, simulazioni, tecniche di data mining e intelligenza artificiale per capire le vulnerabilit� cognitive degli utenti dei social media. Conoscenze ottenute da ricerche di psicologia sull'evoluzione dell'informazione effettuate a Warwick contribuiscono a determinare la progettazione di modelli informatici sviluppati a Bloomington, e viceversa. Stiamo sviluppando anche strumenti analitici e di machine learning (apprendimento automatico) per combattere la manipolazione dei social media. Alcuni di questi strumenti sono gi� usati da giornalisti, organizzazioni della societ� civile e singole persone per individuare utenti fittizi, tracciare la diffusione di false narrazioni e favorire l'alfabetizzazione mediatica. Sovraccarico di informazioni L'eccesso di informazioni ha generato una forte competizione per ottenere l'attenzione delle persone. L'economista e psicologo Herbert A. Simon, vincitore di un premio Nobel, osservava: "Quello che l'informazione consuma � abbastanza ovvio: consuma l'attenzione di chi la riceve". Una delle prime conseguenze della cosiddetta economia dell'attenzione � la perdita dell'informazione di alta qualit�. Il gruppo di ricerca dell'OSoMe ha dimostrato questo risultato con un insieme di semplici simulazioni. Ha rappresentato gli utenti dei social media come Andy, detti agenti, sotto forma di nodi in una rete di individui che si conoscono on line. In ciascun passo temporale della simulazione un agente pu� generare un meme oppure condividerne uno che ha visto in un feed di notizie. Per simulare i limiti di attenzione, gli agenti possono vedere solo un certo numero di contenuti, partendo dalla cima del loro feed. Lasciando continuare la simulazione per un grande numero di passi, Lilian Weng dell'OSoMe ha scoperto che, dato che l'attenzione degli agenti era ridotta, la propagazione dei meme arrivava a riflettere la stessa distribuzione di legge di potenza esistente sui social media veri: la probabilit� che un meme fosse condiviso un certo numero di volte era pari circa all'inverso della potenza di quel numero. Per esempio, la probabilit� che un meme fosse condiviso tre volte era inferiore di circa nove volte rispetto alla probabilit� che fosse condiviso una volta sola. Questo schema di popolarit� dei meme, una sorta di "chi vince piglia tutto" in cui la maggior parte dei contenuti � a malapena notata mentre alcuni rari casi sono disseminati ampiamente, non si pu� spiegare con il fatto che alcuni siano pi� accattivanti o in qualche modo abbiano maggior valore: nel mondo della simulazione i meme non avevano alcuna qualit� intrinseca. La viralit� era semplicemente il risultato delle conseguenze statistiche della proliferazione di informazioni in una rete sociale di agenti caratterizzati da un'attenzione limitata. Anche quando gli agenti condividevano in via preferenziale i meme di qualit� pi� alta, la ricercatrice Xiaoyan Qiu, che in quel periodo lavorava all'OSoMe, ha osservato uno scarso miglioramento nella qualit� complessiva dei meme pi� condivisi. I nostri modelli hanno rivelato che anche quando desideriamo vedere e condividere informazioni di alta qualit�, la nostra incapacit� di vedere tutto quello che c'� sui nostri feed ci porta inevitabilmente a condividere cose parzialmente o completamente false. I bias cognitivi peggiorano di molto il problema. In una serie di studi rivoluzionari nel 1932, lo psicologo Frederic Bartlett raccont� ad alcuni volontari una leggenda dei nativi americani a proposito di un giovane uomo che sente grida di guerra e, inseguendole, si ritrova dentro una battaglia onirica che alla fine porta alla sua morte vera. Bartlett chiese ai volontari, che non erano nativi americani, di ripetere quella storia piuttosto confusa dopo intervalli di tempo crescenti, da pochi minuti fino a qualche anno dopo. Scopr� che, con il passare del tempo, i soggetti tendevano a distorcere le parti della storia che culturalmente erano pi� distanti da loro e quindi quelle componenti erano smarrite del tutto oppure trasformate in cose pi� familiari. Oggi sappiamo che la nostra mente fa cos� in continuazione: corregge la nostra comprensione delle nuove informazioni in modo che si adattino a quello che gi� sappiamo. Una conseguenza di questo cosiddetto bias di conferma � che spesso le persone cercano, ricordano e comprendono le informazioni che pi� corroborano quello in cui gi� credono. Questa tendenza � estremamente difficile da correggere. Diversi esperimenti hanno dimostrato ripetutamente che anche quando si trovano di fronte a informazioni equilibrate che contengono prospettive diverse, le persone tendono a trovare prove a sostegno di quello in cui gi� credono. E quando si mostrano le stesse informazioni a individui che hanno convinzioni divergenti su argomenti con forte carica emotiva, come per esempio il cambiamento climatico, entrambe le parti diventano ancora pi� convinte delle rispettive posizioni iniziali. A peggiorare le cose, i motori di ricerca e le piattaforme di social media offrono raccomandazioni personalizzate che si basano sulle enormi quantit� di dati che hanno sulle preferenze passate dei singoli utenti. Nei nostri feed danno la priorit� a quelle informazioni con cui saremo pi� probabilmente d'accordo (indipendentemente da quanto siano estreme) e ci proteggono da quelle informazioni che potrebbero farci cambiare idea. Questo ci rende facili bersagli della polarizzazione. Di recente Nir Grinberg e i suoi collaboratori alla Northeastern University hanno dimostrato che i conservatori statunitensi sono pi� ricettivi alla disinformazione, per� la nostra analisi sul consumo di informazioni di bassa qualit� su Twitter dimostra che questa vulnerabilit� c'� lungo tutto lo spettro delle posizioni politiche, fino a entrambe le estremit�, e che nessuno ne � del tutto al riparo. Addirittura la nostra capacit� di accorgerci dei tentativi di manipolazione on line � influenzata dalla nostra appartenenza politica, anche se non in modo simmetrico: gli utenti repubblicani hanno maggiori probabilit� di scambiare i bot che promuovono idee conservatrici per esseri umani, mentre i democratici hanno maggiori probabilit� di scambiare gli utenti umani conservatori per bot. Greggi social A New York, un giorno dell'agosto 2019, alcune persone iniziarono a scappare da quelli che sembravano colpi di arma da fuoco. Altre persone seguirono le prime, alcune gridando "Sparano!". Solo pi� tardi si sarebbe scoperto che i colpi erano causati dal ritorno di fiamma di una motocicletta. In una situazione del genere, correre subito e fare domande solo in un secondo momento pu� essere una buona idea. In assenza di segnali chiari, il nostro cervello usa le informazioni che ha a proposito della folla per determinare le azioni pi� appropriate, un po' come avviene nel comportamento dei pesci in un banco o degli uccelli in uno stormo. Questo conformismo sociale tende a pervadere ogni cosa. In un interessante studio del 2006 che ha coinvolto 14.000 volontari sul Web, Matthew Salganik, all'epoca alla Columbia University, e i suoi colleghi hanno scoperto che quando possono vedere quali canzoni scaricano gli altri utenti le persone finiscono per scaricare musica simile. Inoltre, quando i volontari erano divisi in gruppi "sociali", in cui potevano vedere le preferenze degli altri membri del loro circolo ma non avevano alcuna informazione a proposito degli esterni, le scelte dei vari gruppi si differenziavano rapidamente. Invece le scelte dei gruppi "non sociali", in cui nessuno sapeva niente delle scelte altrui, rimanevano relativamente stabili. In altre parole i gruppi sociali producono una pressione cos� forte verso il conformismo che riesce a superare le preferenze individuali e, amplificando quelle che in una fase iniziale sono differenze casuali, pu� portare gruppi separati a differenziarsi fino all'estremo. I social media seguono una dinamica simile. Confondiamo la popolarit� con la qualit� e finiamo per copiare i comportamenti che vediamo. Esperimenti condotti su Twitter da Bjarke Monsted e suoi colleghi alla Technical University of Denmark e all'University of Southern California indicano che le informazioni si trasmettono per "contagio complesso": quando siamo esposti ripetutamente a un'idea, in genere da molte fonti diverse, � pi� probabile che la facciamo nostra e la condividiamo. Questo bias sociale � ulteriormente amplificato da quello che gli psicologi chiamano effetto della "mera esposizione": quando una persona � esposta ripetutamente agli stessi stimoli, per esempio a certi volti, inizia ad apprezzare quegli stimoli di pi� rispetto a quelli con cui � entrata in contatto meno spesso. Questi bias si traducono in un desiderio irresistibile di prestare attenzione alle informazioni che diventano virali: se tutti ne parlano, deve essere qualcosa di importante. Oltre a mostrarci cose che si conformano alle nostre opinioni, le piattaforme di social media come Facebook, Twitter, YouTube e Instagram mettono in cima i contenuti pi� popolari e ci fanno vedere quante persone hanno messo like e hanno condiviso un certo contenuto. Pochi di noi si rendono conto che queste indicazioni non implicano una valutazione indipendente di qualit�. In effetti, i programmatori che progettano gli algoritmi che calcolano la classifica dei meme sui social media presumono che la "saggezza della folla" identifichi rapidamente i contenuti di alta qualit� e usano la popolarit� come indicatore approssimativo della qualit�. La nostra analisi di enormi quantit� di dati anonimi sui clic mostra che tutte le piattaforme (social media, motori di ricerche e siti di notizie) ci presentano in modo preferenziale informazioni da un esiguo sottoinsieme di fonti popolari. Per capirne il motivo abbiamo creato un modello che riproduce come queste piattaforme combinano gli indicatori di qualit� e di popolarit� nel determinare le loro classifiche. In questo modello gli agenti con attenzione limitata (quelli che vedono solo un certo numero di contenuti in cima al loro feed) hanno anche pi� probabilit� di cliccare sui meme che la piattaforma ha messo pi� in alto nella classifica. Ogni contenuto � dotato di una qualit� intrinseca, come pure di un livello di popolarit� determinato da quante volte qualcuno lo ha cliccato. Un'altra variabile tiene traccia di quanto la classifica sia basata sulla popolarit� piuttosto che sulla qualit�. Le simulazioni condotte con questo modello rivelano che questi bias insiti negli algoritmi di solito sopprimono la qualit� dei meme anche in assenza di bias umani. Anche quando vogliamo condividere le informazioni migliori, gli algoritmi finiscono per portarci fuori strada. Camere dell'eco La maggior parte di noi non crede di seguire il gregge. Tuttavia il nostro bias di conferma ci porta a seguire quelli che sono simili a noi, in una dinamica che a volte � chiamata omofilia: la tendenza delle persone che la pensano allo stesso modo a instaurare un rapporto tra loro. I social media amplificano l'omofilia, perch� permettono agli utenti di modificare la struttura della propria rete sociale seguendo qualcuno, togliendo l'amicizia a qualcun altro e cos� via. Il risultato � che le persone finiscono per separarsi in grandi comunit� dense e sempre pi� disinformate, spesso definite camere dell'eco. All'OSoMe abbiamo studiato l'emergere delle camere dell'eco con un'altra simulazione, chiamata EchoDemo. In questo modello ciascun agente ha un'opinione politica, rappresentata da un numero che va da meno 1 (liberale, per esempio) a pi� 1 (conservatore). Nei post dei vari agenti si riflettono queste inclinazioni. Gli agenti sono inoltre influenzati dalle opinioni che vedono nei loro feed e possono decidere di non seguire pi� gli utenti con opinioni diverse dalle loro. Partendo inizialmente da reti e opinioni casuali abbiamo scoperto che l'influenza sociale abbinata alla possibilit� di non seguire pi� qualcuno accelera di molto la formazione di comunit� polarizzate e separate. In effetti su Twitter le camere dell'eco relative alle opinioni politiche sono cos� estreme che � possibile prevedere con un alto livello di accuratezza la posizione politica di singoli utenti: ciascuno ha le stesse opinioni della maggioranza dei suoi contatti. Questa struttura a compartimenti � efficiente nel diffondere l'informazione all'interno di una comunit� mentre allo stesso tempo isola quella comunit� rispetto ad altri gruppi. Nel 2014 il nostro gruppo di ricerca � stato oggetto di una campagna di disinformazione secondo cui facevamo parte di un progetto politico che aveva l'obiettivo di sopprimere la libert� di parola. Questa falsa accusa si � diffusa in modo virale nella camera dell'eco conservatrice, mentre gli articoli dei cacciatori di bufale che la confutavano si trovavano soprattutto nella comunit� liberale. Purtroppo questa separazione tra fake news e articoli che le confutano � la norma. I social media possono anche aumentare la nostra negativit�. In un recente studio in laboratorio, Robert Jagiello, anche lui a Warwick, ha osservato che le informazioni socialmente condivise non solo rinforzano i nostri bias ma diventano anche pi� resistenti alla correzione. Jagiello ha studiato come le informazioni passano da una persona all'altra in una cosiddetta catena di diffusione sociale. Nell'esperimento, la prima persona della catena leggeva una serie di articoli sull'energia nucleare oppure sugli additivi alimentari. I brani erano stati scelti in modo che fossero equilibrati, includendo informazioni positive (per esempio sul calo dell'inquinamento da anidride carbonica, oppure sull'aumento del periodo di conservazione degli alimenti) che altrettante informazioni negative (per esempio sul rischio di meltdown nucleare o sui possibili danni alla salute causati dagli additivi). La prima persona nella catena di diffusione sociale faceva conoscere gli articoli alla seconda, questa ne parlava con la terza e cos� via. Abbiamo osservato un aumento complessivo della quantit� di informazioni negative via via che si procedeva lungo la catena: � quella che si dice l'amplificazione sociale del rischio. Inoltre un lavoro di Danielle J. Navarro e colleghi all'Universit� del Nuovo Galles del Sud, in Australia, ha scoperto che in una catena di diffusione sociale le informazioni sono maggiormente suscettibili di distorsione da parte delle persone con i bias pi� estremi. Peggio ancora, la diffusione sociale rende le informazioni negative anche pi� "appiccicose". Quando in seguito Jagiello ha presentato alle persone che componevano quelle catene di diffusione sociale le informazioni originali e bilanciate (le informazioni che aveva letto la prima persona della catena), quelle stesse informazioni hanno aiutato poco nel ridurre l'atteggiamento negativo dei soggetti. L'informazione passata tramite le persone non era diventata solo pi� negativa, ma anche pi� resistente al cambiamento. Uno studio effettuato nel 2015 dai ricercatori dell'OSoMe Emilio Ferrara e Zeyao Yang ha analizzato i dati empirici relativi a un "contagio emotivo" di questo genere su Twitter e ha scoperto che le persone sovraesposte ai contenuti negativi tendono a condividere post negativi, mentre quelle sovraesposte ai contenuti positivi tendono a condividere post pi� positivi. Dato che i contenuti negativi si diffondono pi� rapidamente rispetto a quelli positivi, � facile manipolare le emozioni creando storie che generano risposte negative come paura e ansia. Ferrara, che oggi lavora alla University of Southern California e suoi colleghi alla Fondazione Bruno Kessler, in Italia, hanno dimostrato che durante il referendum sull'indipendenza catalana del 2017 i bot erano stati usati sui social per ritwittare le storie pi� violente e mirate a infiammare gli animi, storie che cos� aumentavano la propria esposizione ed esasperavano il conflitto sociale. L'ascesa dei bot La qualit� delle informazioni � ulteriormente compromessa dai bot sociali, che riescono a sfruttare tutte le nostre falle cognitive. I bot sono facili da creare. Le piattaforme dei social media mettono a disposizione le cosiddette API (application programming interfaces), con cui � abbastanza banale per un singolo soggetto impostare e controllare migliaia di bot. Per� amplificare un messaggio, anche solo con pochi voti positivi dati dai bot quando un contenuto � stato pubblicato da poco su piattaforme come Reddit, pu� avere un impatto enorme sulla successiva popolarit� di un post. All'OSoMe abbiamo sviluppato algoritmi di machine learning per identificare i bot sociali. Uno di questi, chiamato Botometer, � uno strumento a disposizione del pubblico, che estrae da un account Twitter 1200 parametri che ne descrivono profilo, amici, struttura sociale sulla rete, periodi ricorrenti di attivit�, lingua e altro ancora. Il programma confronta queste caratteristiche con quelle di decine di migliaia di bot gi� identificati in precedenza e d� all'account un punteggio che descrive la probabilit� che quell'account faccia uso di automazione. Secondo una stima che abbiamo elaborato nel 2017, fino al 15 per cento degli account attivi su Twitter erano bot, e avevano avuto un ruolo chiave nella diffusione di informazioni false durante la campagna elettorale statunitense del 2016. Quando una fake news faceva la sua comparsa (per esempio quella che sosteneva che la campagna di Hillary Clinton facesse uso di riti occultisti), nel giro di pochi secondi era twittata da molti bot, e a seguire anche gli esseri umani, ammaliati dall'apparente popolarit� di quel contenuto, lo ritwittavano. I bot ci influenzano anche fingendo di essere persone del nostro endogruppo. Un bot non deve fare altro che seguire, mettere like e ritwittare qualcuno che fa parte di una comunit� on line per infiltrarsi rapidamente nel gruppo. La ricercatrice dell'OSoMe Xiaodan Lou ha sviluppato un altro modello in cui alcuni agenti sono bot che si sono infiltrati in una rete sociale e condividono contenuti di bassa qualit� ma che sembrano interessanti, tipo acchiappa-clic. Un parametro del modello descrive la probabilit� che un agente vero segua i bot, che ai fini di questo modello sono definiti come agenti che generano meme di qualit� zero e si ritwittano solo a vicenda. Le nostre simulazioni dimostrano che questi bot riescono efficacemente ad annullare la qualit� dell'informazione dell'intero ecosistema infiltrandosi solo in una piccola parte della rete. I bot inoltre possono accelerare la formazione di camere dell'eco suggerendo altri account falsi da seguire, una tecnica chiamata "creare follow train". Alcuni manipolatori lavorano contemporaneamente su entrambi i lati di una barricata, usando bot esiti di fake news per manovrare la polarizzazione politica oppure per guadagnare con gli annunci pubblicitari. All'OSoMe abbiamo scoperto di recente una rete di account falsi su Twitter, tutti coordinati dallo stesso soggetto: alcuni fingevano di essere sostenitori di Donald Trump nella campagna "Make America Great Again", mentre altri si atteggiavano a "resistenti" contro Trump, e tutti chiedevano donazioni. Operazioni di questo genere amplificano i contenuti che sfruttano i bias di conferma e accelerano la formazione di camere dell'eco polarizzate. Frenare la manipolazione on line Capire i nostri bias cognitivi e il modo in cui algoritmi e bot li sfruttano ci permette di proteggerci meglio contro la manipolazione. L'OSoMe ha creato diversi strumenti per aiutare le persone a capire le proprie vulnerabilit� e le debolezze delle piattaforme social. Uno di questi strumenti � un'app per dispositivi mobili chiamata Fakey, che aiuta gli utenti a imparare a individuare la disinformazione. Il gioco simula un feed di social media con articoli veri provenienti da fonti molto oppure poco attendibili. Gli utenti devono decidere che cosa possono condividere, che cosa farebbero meglio a non condividere e che cosa andare a verificare. L'analisi dei dati di Fakey conferma la prevalenza di greggi sui social: � pi� probabile che gli utenti condividano articoli da fonti poco affidabili se credono che siano gi� stati condivisi da tante altre persone. Un altro programma disponibile per il pubblico, Hoaxy, mostra come qualsiasi meme esistente si diffonde su Twitter. In questa visualizzazione i nodi rappresentano gli account su Twitter e i collegamenti rappresentano il propagarsi di un meme da un account all'altro tramite retweet, citazioni, menzioni e risposte. Ogni nodo ha un colore che ne rappresenta il punteggio calcolato da Botometer, il che permette agli utenti di vedere fino a che punto i bot amplifichino la disinformazione. Questi strumenti sono stati usati da giornalisti investigativi per scoprire le radici di campagne di disinformazione, come quella che sosteneva la teoria del complotto chiamata pizzagate negli Stati Uniti. Hanno anche aiutato a identificare iniziative che usavano i bot per impedire agli elettori di votare nelle elezioni di midterm negli Stati Uniti nel 2018. Per� via via che gli algoritmi di machine learning diventano pi� bravi a emulare il comportamento umano, la manipolazione diventa sempre pi� difficile da individuare. Oltre a diffondere fake news, le campagne di disinformazione possono anche distogliere l'attenzione da altri problemi pi� gravi. Per combattere questo tipo di manipolazione, di recente abbiamo sviluppato un programma chiamato BotSlayer. Questo programma estrae hashtag, link, account e altri elementi che si presentano congiuntamente nei tweet relativi ad argomenti che l'utente vuole studiare. Per ciascun elemento, BotSlayer traccia i tweet, gli account da cui sono stati postati e il punteggio bot di questi ultimi, per segnalare quegli elementi di tendenza che probabilmente sono amplificati da bot oppure da account coordinati. L'obiettivo � permettere a giornalisti, organizzazioni della societ� civile e candidati politici di individuare e tracciare le campagne false in tempo reale. Questi strumenti software sono mezzi importanti, ma per bloccare la proliferazione delle fake news sono necessari anche cambiamenti a livello istituzionale. L'insegnamento pu� aiutare, anche se � improbabile che copra tutti gli argomenti su cui le persone vengono ingannate. Alcuni governi e piattaforme social stanno anche cercando di dare un giro di vite alla manipolazione on line e alle fake news. Ma chi � che decide che cosa sia falso o manipolativo e che cosa no? Si possono corredare le informazioni con avvisi come quelli che hanno iniziato a mettere Facebook e Twitter, ma le persone che inseriscono gli avvisi sono davvero affidabili? Il rischio che questo tipo di misure porti deliberatamente o inavvertitamente alla soppressione della libert� di parola, che � vitale per democrazie solide, � reale. Il predominio di alcune piattaforme social di portata globale e con stretti legami con i governi complica ulteriormente le possibilit�. Una delle idee migliori � forse rendere pi� difficile la creazione e la condivisione di informazioni di bassa qualit�. Per farlo si potrebbe introdurre una forma di dissuasione, facendo in modo che le persone debbano pagare per condividere o ricevere informazioni. Il pagamento potrebbe avvenire sotto forma di tempo, impegno mentale con test da risolvere, oppure micro-commissioni per l'abbonamento o l'uso. I post automatici sarebbero trattati come la pubblicit�. Alcune piattaforme stanno gi� inserendo una forma di dissuasione, per quanto minima, con l'uso di CAPTCHA e procedure di verifica via smartphone per accedere agli account. Twitter ha imposto limiti alla pubblicazione di post automatici. Questi sforzi si potrebbero ampliare per portare gradualmente a incentivare la condivisione di quelle informazioni che hanno pi� valore per i consumatori. La comunicazione libera non � gratuita. Abbassando il costo dell'informazione ne abbiamo abbassato il valore e abbiamo aperto le porte alla sua adulterazione. Per rimettere in salute il nostro ecosistema informativo dobbiamo comprendere le vulnerabilit� delle nostre menti sopraffatte e il modo in cui l'economia dell'informazione pu� essere usata a nostro vantaggio per proteggerci da chi vuole indurci in errore. Come affrontare lo stress da pandemia (di Melinda Wenner Moyer, "Le Scienze" n. 631/21) - Un anno di crisi da COVID-19 sta mettendo a dura prova la salute mentale delle persone. Un aiuto pu� venire da metodi perfezionati da psicologi esperti di disastri e traumi. - Da decenni Amy Nitza aiuta persone in crisi. Direttrice dell'Institute for Disaster Mental Health alla State University of New York a New Paltz, ha viaggiato a Porto Rico sulla scia dell'uragano Maria, in Botswana durante una crisi di HIV e a Haiti per aiutare bambini traumatizzati, costretti a lavorare come servi domestici. Ma la pandemia di COVID-19, spiega Nitza, � diversa. Mese dopo mese, la gente continua a trovarsela di fronte: persone care si ammalano o muoiono, si perde il lavoro e le misure adottate per evitare il contagio - come l'isolamento dalla famiglia - provocano dolore emotivo e stress. A inizio febbraio 2021 il numero globale di vittime del coronavirus ha superato 2,3 milioni e continua ad aumentare; ogni nazione � stata colpita da lutti, paura e difficolt� economiche. Gli Stati Uniti sono il paese con pi� morti al mondo - oltre 455.000 - e molti milioni di persone si sono ammalate gravemente. Di solito, spiega Nitza, i disastri hanno superstiti e soccorritori, ma la diffusione di COVID-19 � cos� estesa che le persone sono al tempo stesso entrambe le cose. E aggiunge: "Stiamo addestrando tutti a occuparsi di s� e a sostenere gli altri". Questo inverno � particolarmente buio e difficile. All'inizio il numero dei morti � cresciuto fino a superare tutti i giorni quello dell'11 settembre. A volte la situazione migliora, ma poi torna ad aggravarsi, come un mare in burrasca. Per la massima parte di noi il vaccino arriver� tra parecchi mesi. Molti ospedali sono sommersi dalle ondate di nuovi pazienti COVID-19. Cos� nessuno sa quando finir� la pandemia, o se in futuro qualcosa torner� come prima. "Come nazione non abbiamo mai vissuto niente di simile", commenta Charles Figley, che ha quarant'anni di esperienza nella psicologia dei disastri e dirige il Traumatology Institute alla Tulane University di New Orleans. Gli stress hanno forti ripercussioni sulla salute mentale. A giugno 2020 ricercatori dei Centers for Disease Control and Prevention hanno intervistato 5412 adulti statunitensi, scoprendo che il 25,5 per cento aveva sintomi di ansia e il 24,3 per cento di depressione: un aumento rispettivamente di tre e quattro volte rispetto al 2019. � "un numero sconvolgente", commenta Susan Borja, che al National Institute of Mental Health dirige il Dimensional Traumatic Stress Research Program. In uno studio di aprile 2020 non ancora sottoposto a peer review, alcuni ricercatori della City University of New York e dell'Universit� del North Carolina a Chapel Hill hanno condotto un sondaggio tra 5250 adulti statunitensi, rilevando che il 35 per cento aveva sintomi di ansia moderati o gravi. Chi aveva appena perso una fonte di reddito aveva risultati pessimi. Le sofferenze della pandemia e le sue ripercussioni sono pi� gravi tra le persone di colore, le "pi� esposte e meno protette", come ha affermato la dottoressa Camara Phyllis Jones, che studia le disuguaglianze sanitarie. A novembre 2020 il tasso di disoccupazione tra neri e ispanici era superiore a quello dei bianchi rispettivamente del 75 e del 42 per cento. L'insicurezza alimentare colpisce le famiglie nere e ispaniche molto pi� spesso di quelle bianche, e i bambini non bianchi hanno molte pi� probabilit� di seguire le lezioni da casa, a distanza, invece che in presenza a scuola. Queste difficolt� si aggiungono alle sofferenze inflitte direttamente dalla malattia: in uno studio pubblicato a luglio 2020, ricercatori dell'Universit� di New York hanno rilevato che negli Stati Uniti, nelle contee urbane con una popolazione principalmente non bianca, il tasso di mortalit� da COVID-19 era quasi dieci volte pi� alto che in contee per lo pi� bianche con lo stesso reddito mediano. Tra i nativi americani, un altro dei gruppi meno protetti, nella prima met� del 2020 il tasso di mortalit� era quasi il doppio che tra i bianchi. Ora, con l'arrivo dei vaccini, possiamo intravedere un momento futuro in cui la pandemia gradualmente finir�. Ma per arrivarci dovremo passare ancora mesi di trauma e tensione. Come faremo? Come riusciremo a sopportare ancora l'isolamento, i lutti, le recrudescenze, la rovina economica, la paura e l'incertezza? Ci sono dei modi: non soluzioni perfette, ma metodi che possono dare un aiuto. Gli psicologi specializzati nel recupero da traumi e disastri, come anche quelli che lavorano con pazienti affetti da lesioni o disabilit� croniche, sostengono che, sebbene sembri impossibile e nonostante le perdite future, la maggior parte di noi superer� questo disastro. E indicano strategie per affrontarlo, ricavate dall'esperienza e dalla scienza. Quando chi si trova in situazioni devastanti riesce a individuare i segnali d'allarme di problemi mentali, a riconoscere ed esprimere il proprio disagio, a concentrarsi sul presente e sulle piccole cose che pu� controllare e a trovare modi per tenersi in contatto con gli altri, pu� superare i momenti peggiori e mostrare resilienza. "In genere le persone nella cui vita avviene un evento catastrofico o tornano al punto di partenza o, in alcuni casi, emergono dall'altra parte, migliori di prima", spiega Megan Hosey, psicologa della riabilitazione alla Johns Hopkins Medicine, che lavora con pazienti affetti da malattie croniche in unit� di terapia intensiva. La maggior parte di noi, continua, "riesce ad adattarsi e riprendersi". A questo scopo, tuttavia, dobbiamo essere flessibili, aperti e onesti con noi stessi, e imparare ad affrontare le cose giorno per giorno. Attenzione ai segnali di allarme Nel mezzo di una crisi pu� essere difficile cogliere la differenza tra i livelli di ansia normali e quelli che indicano il rischio di avvicinarsi a una china pericolosa. Tra i maggiori segnali di declino della salute mentale ci sono le variazioni nei ritmi dell'appetito e del sonno, se durano oltre una settimana. Se vi accorgete di essere pi� irritabili - magari vi capita pi� spesso di aggredire verbalmente i familiari - potrebbe essere un altro sintomo di depressione o ansia. Anche avere pi� difficolt� del solito a concentrarsi, o non riuscire ad apprezzare come prima certe attivit�, potrebbe indicare un declino della salute mentale e il bisogno di provare nuove strategie per affrontare la situazione. Inoltre bisogna tenere d'occhio l'uso di farmaci, cos� come di droghe ricreative o alcool. "Nel contesto della pandemia stiamo rilevando un aumento nell'uso di sostanze e alcool", spiega Hosey. Non significa che sia pericoloso bere una birra o un bicchiere di vino quando ci si sente stressati. Ma aggiunge che "se un farmaco o una sostanza � uno tra i modi principali per affrontare le difficolt� e si sente il bisogno di assumerne sempre di pi� per reggere la giornata, � un campanello d'allarme". Altri aspetti a cui fare attenzione sono i sintomi fisici come dolore, vertigini o indigestione. Quando si provano difficolt� emotive, spesso il disagio si manifesta a livello fisico (naturalmente, sintomi fisici gravi richiedono una visita medica per escludere altre cause). Un gruppo guidato dalla psicologa Tracy A. Prout, della Yeshiva University, con ricercatori dell'Universit� di Haifa in Israele e dell'Universit� di Pisa, ha intervistato 2787 adulti in tutto il mondo sulla loro salute mentale durante la pandemia. Si � scoperto che le persone con un disagio pi� forte erano anche quelle con pi� sintomi di tipo fisico, come ha riferito il gruppo nel suo studio, pubblicato a novembre 2020 su "Frontiers in Psychology". Avere paura � normale Dietro questi segnali si nascondono le sensazioni di solitudine, incertezza, paura e privazione determinate dalla pandemia: sono esperienze che i degenti in ospedale con malattie e lesioni a lungo termine conoscono fin troppo bene. Mana Ali, psicologa della riabilitazione al MedStar National Rehabilitation Hospital di Washington, cura persone affette da lesioni del midollo spinale e paralisi. Uno dei primi consigli che d� loro, racconta, � riconoscere queste emozioni e non vergognarsene. Continua: "Ai miei pazienti dico sempre: "L'ansia � del tutto normale, si tratta di riuscire a gestirla"". Tendiamo a pensare, aggiunge Ali, che la paura e la preoccupazione siano negative e che essere forti significhi non provarle, ma non � cos�: "Ci si pu� sentire spaventati, impauriti, arrabbiati e risentiti, e al tempo stesso essere vincitori e resilienti. � estremamente importante ricordare alle persone che sono entrambe le cose, non l'una o l'altra". Le ricerche condotte da psicologi esperti di disastri e riabilitazione hanno dimostrato che � molto utile scrivere riguardo ai sentimenti negativi. "Metterli per iscritto � qualcosa di estremamente importante", commenta Nitza. All'inizio degli anni ottanta lo psicologo James W. Pennebaker, allora all'Universit� della Virginia, con una collega ha effettuato uno studio in cui hanno chiesto a un gruppo di studenti universitari di mettere per iscritto le proprie esperienze e sensazioni stressanti, per un quarto d'ora al giorno, quattro giorni la settimana. A un altro gruppo hanno detto di non fare niente di insolito. Nei sei mesi successivi gli studenti che si erano dedicati a questa "scrittura espressiva", come l'ha definita Pennebaker, si sono rivolti al centro sanitario per studenti con una frequenza pari alla met� rispetto a quella dell'altro gruppo. Analisi pi� recenti hanno consolidato questa scoperta, confermando che scrivere dei sentimenti � un modo efficace di affrontarli. Ammettere le emozioni negative � importante, spiega Hosey, perch� "apre la strada alla domanda: "Che cosa posso fare dopo?. Bisogna riconoscere che � difficile dare una risposta nel bel mezzo di una pandemia che sta sconvolgendo il mondo. Nitza suggerisce di provare a individuare esattamente che cosa vi preoccupa di pi� al momento, e poi identificare aspetti della situazione in cui possiate avere il controllo o fare progressi. Se avete appena perso il lavoro e vi preoccupate per le bollette da pagare, fate un brainstorming su tutte le piccole cose che potete fare per acquisire una sensazione di controllo. Un obiettivo per questa settimana potrebbe essere creare un nuovo bilancio familiare o informarsi su programmi di aiuto finanziario a cui potreste avere accesso. Questo tipo di brainstorming richiede di tenere la mente aperta su "quello che siete disposti a imparare e provare", spiega Deepa Ramanathan-Elion, psicologa della riabilitazione al National Intrepid Center of Excellence a Fort Belvoir, in Virginia, che lavora con i militari colpiti da lesioni cerebrali traumatiche. "Se si continua a pensare in modo rigido - aggiunge - sar� molto difficile adattarsi a un ambiente che cambia, qualunque sia la situazione, da COVID-19 a qualcos'altro. Bisogna proprio essere capaci di adattarsi ed essere flessibili". Si pu� trattare, per esempio, di considerare lavori che in passato non si sarebbero considerati, oppure chiedere aiuto o sostegno a persone cui normalmente non ci si rivolgerebbe. L'idea � considerare i problemi come ostacoli superabili (almeno in parte), pi� che come barriere insormontabili di fronte alle quali non c'� niente da fare. Alcuni aspetti di questa pandemia sono fuori dal nostro controllo ma, sostiene Ali, possiamo cavarcela meglio se ci concentriamo sulle cose che possiamo cambiare, almeno un po', e ci consideriamo resilienti e adattabili. La terapia cognitivo-comportamentale, che in questo modo punta ad aiutare le persone a identificare, capire e cambiare le proprie modalit� di pensiero e comportamento, ha dimostrato sistematicamente di favorire la salute mentale. Uno studio del 2020 ha scoperto che la terapia cognitivo-comportamentale via Internet ha migliorato i sintomi di persone affette da ansia o depressione. Ali pensa spesso alla famiglia di suo padre, originaria della Somalia, che ha affrontato molte difficolt�. "Non hanno assolutamente niente - racconta - ma hanno questo forte senso di resilienza. Se pensano di potercela fare, possono farcela. Secondo me cercare di coltivare questa capacit� nelle persone, a prescindere dalle risorse, dimostrare loro che "potete farcela" � molto, molto, molto importante". Trovare nuove modalit� per creare un legame Anche cercare l'aiuto degli altri pu� essere utile. Basandosi su interviste successive agli attacchi terroristici dell'11 settembre, alcuni ricercatori della RAND Corporation hanno scoperto che gli adulti affrontavano il disagio principalmente stando in contatto con amici e familiari. Ora il problema � che l'esigenza di stare al sicuro durante la pandemia indebolisce questi legami. Spesso impone di distanziarsi fisicamente dai propri cari, e quindi le persone devono rinunciare a quello di cui pi� hanno bisogno sotto l'aspetto emotivo. In un'analisi di 70 studi condotta nel 2015, ricercatori della statunitense Brigham Young University hanno scoperto che in media chi riferiva di sentirsi solo aveva, rispetto a chi non lo era, il 26 per cento di probabilit� in pi� di morire nei sette anni successivi. "C'� una letteratura coerente, sempre pi� corposa e ampiamente confermata in contesti e paesi diversi, sugli effetti nocivi dell'isolamento sociale e della solitudine, e sugli effetti positivi del sostegno sociale in termini di sollievo o benessere", commenta Courtney Welton-Mitchell, psicologa della Colorado School of Public Health e del Natural Hazards Center all'Universit� del Colorado a Boulder. Per le persone anziane e sole pu� essere difficile mettersi in contatto con gli altri, soprattutto se non sono abbastanza abili con la tecnologia da collegarsi con un computer o uno smartphone. Welton-Mitchell suggerisce di contattare regolarmente familiari e amici per telefono, e-mail o posta, magari fissando periodicamente chiamate o visite con distanziamento. [In Italia, sia a livello nazionale sia a livello locale, ci sono numerose iniziative di sostegno psicologico per anziani via telefono pensate proprio per affrontare l'impatto della pandemia, N.d.R.] Anche dedicarsi a una causa importante, perfino stando in sicurezza a casa propria, pu� migliorare la salute emotiva. Aiuta a "sentirvi impegnati in qualcosa di pi� grande di voi", spiega il neuropsicologo William Garmoe, che collabora con Ali al MedStar National Rehabilitation Hospital. In uno studio del 2007, un gruppo internazionale di 20 psicologi esperti di disastri ha analizzato ricerche sui bisogni principali che si provano durante un disastro. Gli scienziati hanno riferito che i primi cinque sono: sentirsi sicuri, tranquilli, autoefficaci, avere legami sociali e speranze. Chi si dedica ad attivit� che aiutano gli altri pu� soddisfare tre di questi bisogni: sentirsi pi� utile, collegato e speranzoso per il futuro. Un altro modo per collegarsi � la terapia virtuale. Un notevole vantaggio della terapia � il rapporto stretto tra paziente e terapeuta, che favorisce un forte senso di appartenenza. "Incontrate qualcuno con cui c'� un rapporto reale: una persona che si prende cura di voi, cerca di capirvi, � calorosa e aperta", commenta Bruce Wampold, professore emerito di psicologia di counseling all'Universit� del Wisconsin a Madison. "E per molte persone questo effetto � particolarmente benefico". La terapia pu� essere utile anche stimolando le persone a gestire lo stress e l'ansia in modi costruttivi. Nel loro studio di novembre 2020, Prout e colleghi hanno chiesto a degli adulti quali strategie usassero per sentirsi meglio durante la pandemia. Hanno scoperto che chi si teneva in contatto con gli altri e li aiutava provava meno disagio di chi affrontava la situazione in modo meno salutare, per esempio reprimendo le proprie sensazioni o con un comportamento passivo-aggressivo. Fare attenzione a s� Uno degli aspetti pi� problematici del coronavirus � la forte incertezza che crea per il futuro. "Ci piace riuscire a fare programmi e stabilire obiettivi", spiega Ramanathan-Elion. "Ci piace vivere la vita in questo modo molto organizzato". Molti di noi per� non sanno quando potranno avere un vaccino anti-COVID-19, oppure se riusciranno a pagare il prossimo mese di affitto, o quando finir� l'isolamento sociale. Non sappiamo se ci ammaleremo di COVID-19 o, in questo caso, che cosa succeder�. Gli psicologi che lavorano con pazienti affetti da lesioni gravi o malattie croniche osservano che queste persone devono sempre affrontare un futuro ignoto, e il loro modo migliore per farlo consiste spesso nel concentrarsi sul presente: fare attenzione a impressioni e sensazioni del momento, invece che a quello di cui non hanno alcuna certezza. L'obiettivo � "guardare solo un giorno alla volta - spiega Hosey - perch� non sappiamo proprio come sar� domani". Un metodo comprovato che aiuta a restare attaccati al presente � la cosiddetta mindfulness; ci sono vari modi per raggiungerla, per esempio con brevi meditazioni. Una revisione e analisi di 18 studi, effettuata nel 2018, ha concluso che gli esercizi di mindfulness eseguiti regolarmente - per esempio la respirazione consapevole e le "scansioni del corpo", in cui si fa attenzione a come si sentono le parti del corpo, cercando di rilassarle - riducono i sintomi di ansia e depressione perfino in mancanza di qualsiasi altra terapia. (Se volete provare le meditazioni guidate, Ramanathan-Elion consiglia le app per smartphone Breathe 2 Relax e Mindfulness Coach.) Se l'idea della meditazione non vi attira, potete essere consapevoli anche senza. Un metodo consiste nel concentrarsi sulle sensazioni provate durante le attivit� quotidiane, come mangiare o lavarsi i denti. Nitza racconta che di recente ha comprato vari libri da colorare per adulti, perch� ha scoperto che colorare la aiuta a "concentrare l'attenzione sull'immediato". Qualunque sia il modo di raggiungerla, la mindfulness ci fa sentire pi� calmi perch�, spiega Ramanathan-Elion, "rallenta la respirazione e trasmette al cervello il messaggio che stiamo bene e nell'ambiente non ci sono motivi di allarme; non ci sono questioni stressanti di cui dobbiamo occuparci". Per mantenere la salute mentale non esiste un approccio universale, e quello pi� adatto per ciascuno dipende dalla sua situazione, dall'accesso che pu� avere alle risorse e dalle sue preferenze. Gli psicologi consigliano di affidarsi ai propri istinti e provare le strategie disponibili che si pensa possano essere pi� utili. Preparatevi a provare qualcosa di nuovo se i metodi scelti inizialmente vi sembrano inefficaci. E ricordate che, insieme con il tempo trascorso nella pandemia, aumenta anche la nostra capacit� di cavarcela: l'abilit� umana di adattarsi alle situazioni impegnative � sorprendente. Senza dubbio � stato difficile, e potrebbe diventarlo ancora di pi�. Ma le persone sono "pi� forti di quanto credano", commenta Figley. "Spesso vedo che le persone hanno una resilienza incredibile".