Giugno 2017 n. 06 Anno II Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Indice 1917-2017: fine del "secolo democratico"? Cacao, caff� e t� 1917-2017: fine del "secolo democratico"? (di Damiano Palano, "Vita e Pensiero" n. 2/2017) - Cent'anni fa il presidente Usa Wilson deline� un ordine internazionale capace di rendere il mondo "un posto sicuro per la democrazia". Iniziava allora un lungo "secolo democratico" che giunge sino a noi. Ma che potrebbe essere vicino alla sua conclusione. - Il 22 gennaio 1917, poco dopo essere stato rieletto alla Casa Bianca, Woodrow Wilson pronunci� dinanzi alle Camere in seduta comune un discorso storico in cui delineava un piano per giungere rapidamente alla fine del conflitto. Secondo il presidente americano era necessario concludere "una pace senza vittoria", e cio� una pace che non prevedesse clausole punitive per le popolazioni. Solo su quella base si poteva infatti sperare di costruire un nuovo ordine internazionale, non pi� fondato sull'equilibrio di potenza bens� su una "concordia organizzata", e cio� sul ruolo di un'organizzazione internazionale capace di scongiurare nuove guerre. Ma Wilson confidava soprattutto nell'idea che un mondo di democrazie potesse rivelarsi finalmente pacifico. Nessuna pace poteva infatti durare, secondo Wilson, se non veniva riconosciuto "il principio che i governi derivano il loro giusto potere dal consenso, e che in nessun luogo si ha il diritto di trasferire i popoli da una sovranit� all'altra come se fossero di propriet� di qualcuno". In quel celebre discorso, in cui risuonavano tutti i motivi classici del liberalismo internazionalistico, Wilson forn� una prima esplicitazione delle ragioni che pochi mesi pi� tardi avrebbero spinto gli Stati Uniti a entrare nella Grande guerra, non solo per porre fine alle ostilit� ma anche per contribuire a rendere il mondo "un posto sicuro per la democrazia". E proprio per questo le sue parole possono essere considerate anche come l'atto di avvio di un lungo "secolo democratico", che giunge sino a noi, ma che potrebbe essere vicino alla sua conclusione. A cento anni dal discorso di Wilson del gennaio 1917, e a poco pi� di venticinque anni dalla dissoluzione dell'Urss, possiamo infatti chiederci se il "secolo democratico" non stia in realt� volgendo al termine. Da ormai diversi anni molti indicatori sembrano segnalare non solo l'arresto della marcia espansiva della democrazia nel mondo, ma anche la riduzione del numero dei Paesi democratici. E persino nel cuore dell'Occidente la diffusione della "sindrome populista" sembra mettere in discussione alcuni dei principi di fondo delle democrazie liberali. Se alcuni di questi processi sembrano davvero preludere al tramonto del "secolo democratico", probabilmente la questione � pi� complessa. Perch� l'instabilit� non � il frutto di un declino degli ideali democratici, ma per molti versi una conseguenza del loro successo. Il vero elemento di novit� � infatti che i principi democratici, invece di costituire le basi di uno stabile ordine internazionale, nel nuovo contesto che sta prendendo forma possono tornare a essere nuovamente un fattore di instabilit�. E il tramonto delle condizioni che dopo il 1945 avevano assicurato il consolidamento di un nuovo ordine internazionale tende cio� a rendere nuovamente l'"appello al popolo" un fattore foriero di disordine e di conflitti. Due crisi di legittimit� Il 1917 fu davvero un momento di svolta decisivo perch� in quell'anno comparvero sulla scena politica le due future superpotenze, destinate a diventare in seguito le protagoniste della lunga Guerra fredda e a strappare al Vecchio Continente quella centralit� politica che aveva detenuto per secoli. Ma il 1917 costitu� una vera e propria cesura tra il "mondo di ieri" e il Novecento anche perch� l'entrata in guerra degli Usa e la rivoluzione bolscevica determinarono, oltre all'esito del conflitto e alla sconfitta degli imperi centrali, il crollo delle autocrazie tradizionali e la vittoria del principio democratico, secondo cui la sovranit� appartiene al popolo. Da quel momento, almeno nel mondo occidentale, l'unica fonte di legittimazione sarebbe infatti giunta dal popolo, anche se naturalmente il principio della sovranit� popolare si tradusse in soluzioni molto diverse, che solo in parte ricalcarono l'assetto dei regimi rappresentativi liberali (e che spesso non risultano ai nostri occhi effettivamente "democratici"). Naturalmente il crollo dei regimi democratici in Italia, Germania, Austria e Spagna ebbe motivazioni specifiche, legate alla storia e alle tensioni sociali di ciascun singolo Paese. Ma, in prospettiva storica, non � difficile cogliere nel ventennio 1919-1939 l'intrecciarsi di due diverse crisi di legittimit�. Per un verso, una crisi invest� l'ordine internazionale, perch�, all'abbandono dei vecchi principi che avevano regolato le relazioni tra gli Stati a partire dal 1648, non segu�, dopo la fine della guerra, la costruzione di un ordine stabile. Le speranze di Wilson sulla costruzione di un nuovo assetto furono infatti in gran parte vanificate anche a causa della decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dalla scena europea. L'edificio della Societ� delle nazioni, che scaturiva in larga parte proprio dal progetto wilsoniano, rimase perci� privo della sua principale pietra di fondazione, e anche per questo la prospettiva di una "pace senza vittoria" lasci� ben presto il campo al ritorno nel Vecchio Continente della pi� classica logica di potenza. I principi di legittimit� - che dovevano per esempio stabilire quali fossero le condizioni per diventare attori del nuovo ordine (e dunque per essere riconosciuti come legittimi Stati sovrani), quale fosse il ruolo della Societ� delle nazioni, e in quali occasioni fosse lecito il ricorso alle armi - rimasero sostanzialmente indefiniti. Invece di fornire una chiara cornice di regole, i principi del nuovo ordine liberale che aveva delineato Wilson divennero dunque un campo di battaglia tra interpretazioni divergenti, in cui proprio il principio di autodeterminazione dei popoli venne a svolgere un ruolo dirompente. Per un altro verso, una seconda crisi di legittimit� invest� molti sistemi politici europei, in cui l'allargamento della partecipazione alle masse e l'impatto della "mobilitazione totale" finirono col determinare, quasi senza eccezioni, una brusca rottura nel rapporto tra la societ� e le �lite tradizionali. Questa crisi di legittimit� - di cui ovviamente era espressione anche la nascita di nuovi partiti di massa "antisistema" - non si limit� a sfidare gli assetti istituzionali nazionali, ma venne a intrecciarsi con la crisi di legittimit� dell'ordine internazionale. Anche per questo, i nuovi regimi democratici sorti all'indomani della Grande guerra mostrarono un volto inatteso per i cultori di quel liberalismo internazionalistico che aveva trovato in Wilson il proprio paradigma. L'ingresso delle masse sulla scena politica anche nel Vecchio Continente, combinato con il riconoscimento del principio di autodeterminazione dei popoli, fin� infatti con l'alimentare una spinta nazionalista che fatalmente aggrav� l'instabilit� dell'ordine internazionale e che, sul piano interno, condusse alla crisi delle istituzioni rappresentative. In altre parole, il nuovo principio democratico - invece di favorire la pacificazione e disincentivare l'uso delle armi - si rivel� un fattore di drammatica incertezza, sia all'interno dei singoli Stati, sia a livello internazionale. La duplice crisi di legittimit� venne per molti versi risolta solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando gli Usa accettarono pienamente il ruolo di superpotenza che avevano rifiutato nel 1919. Proprio allora gli Stati Uniti divennero il perno di una sorta di "impero liberale", che traduceva in istituzioni concrete - ma anche con una dose di realismo - quel disegno che Wilson aveva enunciato nel discorso del gennaio 1917 e che si fondava sull'affermazione della libert� del commercio, sull'impegno alla diffusione della democrazia e sul ruolo delle Nazioni Unite. Per i Paesi sottoposti all'egemonia americana, Washington si tramut� da quel momento in un "vincolo esterno", sotto il profilo militare, economico e anche politico. Ci� introdusse evidentemente non solo una limitazione della sovranit� degli Stati sottoposti all'egemonia americana, ma anche una limitazione delle "regole del gioco" democratico e dell'autonomia dei protagonisti impegnati nella competizione politica di ciascun Paese, tanto che in Giappone e Germania il "vincolo esterno" assunse per un breve periodo persino i contorni di una vera e propria "democrazia protetta". La convinzione di Wilson secondo cui i governi dovevano trarre "il loro giusto potere dal consenso" e il principio di autodeterminazione dei popoli venivano cio� di fatto limitati dalla logica dell'equilibrio bipolare, che rendeva anche qualsiasi conflitto interno - e persino qualsiasi conflitto economico - rilevante ai fini dello scontro globale tra le due superpotenze. Ma, al tempo stesso, il "vincolo esterno" americano garant� la stabilit� del sistema monetario e cre� anche le condizioni per lo sviluppo del commercio internazionale, oltre che per una duratura prosperit� economica almeno in una parte dell'Occidente. Proprio quella specie di "impero liberale" nato dalla fine della Seconda guerra mondiale doveva uscire vincitore anche dalla lunga contrapposizione bipolare. E se certo il 1989 sanc� la fine della Guerra fredda, rappresent� anche la piena realizzazione del programma wilsoniano e della grande promessa di rendere il mondo "un posto sicuro per la democrazia". Ma sono proprio le basi di quell'assetto che appaiono oggi sempre pi� logorate. Ritorno al futuro? Nel 1990 John Mearsheimer si spinse a prevedere che la fine della contrapposizione bipolare tra Usa e Urss avrebbe riportato il Vecchio Continente alla condizione precedente al 1945, e cio� alla logica dell'equilibrio e alla rivalit� tra le potenze europee. La struttura bipolare, secondo l'ipotesi del politologo americano, avrebbe rapidamente lasciato il posto a una struttura multipolare, composta da Germania, Francia, Regno Unito, Unione Sovietica (seppur depotenziata) e forse dall'Italia, oltre che da una pluralit� di potenze minori. Come tutti i sistemi multipolari, anche il nuovo assetto europeo si sarebbe rivelato particolarmente instabile e tutt'altro che immune dal rischio di guerre. E in particolare la proliferazione nucleare avrebbe rappresentato un fronte estremamente insidioso. Lo scenario dipinto da Mearsheimer fortunatamente non ha preso forma e in particolare le sue ipotesi sulla possibile proliferazione delle armi nucleari sono state smentite. Seppure con pi� di vent'anni di ritardo, non � per� difficile riconoscere nelle tendenze innescatesi a partire dal 2008 una serie di processi almeno in parte simili a quelli previsti a suo tempo dal politologo. In particolare, il parziale disimpegno statunitense dall'area mediterranea e dalla stessa Europa, insieme alle incertezze mostrate da Washington sulla linea da seguire (e sullo stesso ruolo da rivestire) in Medio Oriente, pu� essere considerato come una delle cause che hanno spinto alcune "vecchie" grandi potenze a reclamare nuovamente un ruolo di primo piano e a tentare di occupare il vuoto apertosi gradualmente. Anche se il quadro odierno sembra davvero molto simile a quello immaginato da Mearsheimer quasi trent'anni fa, il "ritorno al futuro" presenta per� anche tratti del tutto inediti rispetto al passato. Innanzitutto, � lo stesso contesto del sistema internazionale a essersi modificato in modo significativo rispetto al passato. Se nel Vecchio Continente ritornano sulla scena alcuni dei vecchi protagonisti, � sin troppo evidente che l'Europa non � pi� il centro degli equilibri mondiali. E i nuovi protagonisti non si limitano dunque ad accrescere - come mai in precedenza era avvenuto - il numero degli Stati che ambiscono a diventare attori centrali del nuovo ordine internazionale. Il fatto che si tratti in larga parte di Stati extraeuropei, con grandi prospettive di crescita economica e un enorme potenziale demografico, conferisce al quadro una complessit� inedita ed enormi margini di incertezza (legati anche alle fragilit� e instabilit� interne di molti di questi nuovi attori). Molto probabilmente ci� comporta che il mondo del futuro sar� "multipolare" o addirittura "a-polare", ma significa anche, come ha sostenuto Charles Kupchan, che si tratter� di un mondo politicamente plurale, nel senso che ognuna delle grandi potenze regionali del prossimo futuro - tra cui saranno presumibilmente ricomprese, oltre a Cina e Stati Uniti, anche Russia, Giappone, India, Sudafrica, Brasile, Turchia - sar� portatrice di una propria concezione di cosa sia un ordine internazionale "legittimo" e di cosa sia la giustizia al livello delle relazioni tra Stati. In breve, le nuove potenze emergenti cercheranno di ridefinire le regole del sistema internazionale, conformandole sulla base dei loro valori e interessi, ma non � detto che sia destinato a imporsi rapidamente un nuovo principio di legittimit�, capace di costituire la base di un ordine stabile. Non � comunque solo l'ingresso di nuovi attori non occidentali a rendere lo scenario dei prossimi anni piuttosto distante da un semplice ritorno alla vecchia logica dell'equilibrio di potenza. Probabilmente � infatti un mutamento strutturale, relativo alle tecnologie belliche, a sancire il venir meno di quelle stesse condizioni che, a partire almeno dalla pace di Vestfalia, avevano consentito il consolidamento di un ordine internazionale. Per molti versi, il sistema interstatale moderno non era mai stato realmente anarchico, ma era sempre stato contrassegnato da un "ordine", fondato principalmente sulle regole dettate dalla potenza vincitrice di una guerra e dunque dai rapporti di forza sanciti da un conflitto di portata generale. Ma dopo la fine della Guerra fredda, come ha sottolineato Luigi Bonanate, queste condizioni sembrano venire meno perch� si rompe il legame fra "guerra" e "ordine" specifico della modernit�. Il punto di snodo risiederebbe da questa prospettiva nella comparsa dell'arma nucleare, la quale viene a rompere proprio il nesso tra guerra e ordine: l'impossibilit� di ricorrere agli arsenali nucleari - se non innescando conseguenze imprevedibili e autodistruttive - rende impraticabile la strada di un conflitto generale. Ma in questo modo risulta preclusa anche la possibilit� di costruire un ordine postbellico sulle ceneri di una guerra. La "rivoluzione internazionale" del 1989 pu� essere cos� interpretata come il momento cruciale della transizione da un mondo di guerre combattute da Stati sovrani e da eserciti regolari a un mondo "postmoderno", in cui la distinzione tra pace e guerra diventa sempre meno chiara. E, soprattutto, in cui il sistema internazionale sembra davvero diventare anarchico, perch� "nessun ordine solido, stabile e condiviso in queste nuove condizioni pu� esistere". In questo contesto si inserisce inoltre la prospettiva del "declino americano". Ma il punto non � tanto che il declino degli Stati Uniti sia davvero imminente, quanto che si tratta di un processo che tutti gli attori (compresa Washington) ritengono sostanzialmente inevitabile, sebbene non immediato. E proprio questo fattore, unito ai precedenti, contribuisce a produrre nel sistema una vera e propria crisi di legittimit�, che appare almeno per alcuni aspetti simile a quella che si registr� dopo la fine della Prima guerra mondiale. La crisi � infatti un riflesso sia dei mutamenti nella distribuzione del potere innescati dall'onda lunga della fine della Guerra fredda sia proprio della percezione che il "declino americano" - per quanto lento possa essere - sia comunque irreversibile. Una percezione che il disimpegno in Iraq, l'incertezza nell'affrontare la crisi siriana e l'ambivalenza nei confronti delle "primavere arabe" (e in special modo verso l'Egitto) hanno senz'altro contribuito a rafforzare. La crisi si riflette per esempio nella ricerca da parte di attori vecchi e nuovi di un riconoscimento di prestigio e nell'instabilit� delle alleanze (come risulta evidente nel caso dei rapporti tra Nato e Turchia, o nelle relazioni che l'Ue intrattiene con Egitto e Russia, oltre che con lo stesso regime di Erdogan). Ma emerge anche nell'incertezza sulle regole di base che dovrebbero stabilire quali sono i soggetti "legittimi" dell'ordine internazionale, quale ruolo deve essere loro attribuito e in quali occasioni � possibile fare "legittimamente" ricorso all'uso delle armi. E da questo punto di vista le controversie sulla legittimit� degli interventi umanitari o della "responsabilit� di proteggere" - e cio� su interventi armati che sono in contrasto con il principio di sovranit� degli Stati - sono probabilmente l'esempio pi� nitido di un contesto in cui le aspettative degli attori diventano pi� fragili e in cui dunque si erodono le basi stesse della sicurezza del sistema. E in assenza di uno stabile equilibrio, il principio di autodeterminazione torna ancora una volta a rappresentare un fattore di squilibrio. Un posto meno sicuro per la democrazia Se da un lato la crisi della legittimit� internazionale apre un conflitto sul potere e sulla stessa definizione di cosa � "giusto" nel contesto delle relazioni tra gli Stati, dall'altro essa si traduce anche in un indebolimento del consenso nei confronti delle istituzioni internazionali. E proprio per questo pu� intrecciarsi con un altro tipo di crisi di legittimit�, che nasce all'interno di ciascun singolo Stato, con una dinamica almeno in parte avvicinabile a quella del ventennio successivo alla Prima guerra mondiale. Anche oggi non possiamo in effetti escludere che l'odierna crisi di legittimit� che si registra a livello internazionale si possa intrecciare con la crisi di legittimit� interna a molte democrazie occidentali, cos� come non possiamo escludere che una simile combinazione possa innescare conseguenze deleterie. E forse dovremmo anzi intendere la diffusione della "sindrome populista" che investe molte democrazie occidentali proprio come la manifestazione pi� evidente di questa duplice crisi. Non certo perch� l'insorgenza populista non abbia cause profonde interne a ciascuna singola societ� e nelle conseguenze di complesse trasformazioni economiche, politiche e culturali. Ma perch� la crisi dell'ordine internazionale e l'incertezza sulle regole di fondo finiscono con l'alimentare la tensione nazionalista che alligna nel codice genetico del populismo, e col proiettare la linea di divisione tra il "popolo" e chi detiene il potere verso l'esterno. Con il risultato che il populismo non assume semplicemente il volto dell'"uomo qualunque" in lotta contro l'establishment, ma tende a presentare un volto nazionalista, sovranista, etnico. E declina dunque la parola d'ordine della sovranit� del popolo soprattutto contro le istituzioni di un ordine internazionale giudicato illegittimo e ingiusto. Naturalmente il livello di integrazione economica, culturale, tecnologica delle diverse aree del mondo � oggi enormemente pi� elevato rispetto a un secolo fa, e le istituzioni internazionali sono ben pi� solide di quanto si potesse allora persino immaginare. Per questo � molto probabile che le tendenze protezioniste e i proclami che richiedono la chiusura delle frontiere si scontrino oggi con argini molto pi� robusti. Ma ci� non significa che i rischi possano essere sottovalutati. Perch� dobbiamo riconoscere che oggi, cento anni dopo il discorso con cui Wilson lanci� il progetto di un nuovo ordine internazionale democratico, forse il mondo � destinato a diventare un posto meno sicuro per la democrazia. Cacao, caff� e t� (di Stefano Colonna, "Prometeo" n. 135/16) - Le tre bevande pi� consumate al mondo, alcune da tempo immemorabile. - Cioccolato Uno dei primi documenti che menzionano il cacao, o cioccolato nella lingua occidentale, � il secondo dispaccio mandato da Hern�n Cort�s all'imperatore di Spagna il 30 ottobre 1520 (TL. Dillinger et al., Food of the Gods: Cure for humanity? A cultural history of the medicinal and ritual use of chocolate, "American Society for Nutritional Sciences", 130, 2000, 2057S-2072S). Tuttavia le popolazioni indigene del Nuovo Mondo lo conoscevano da secoli prima dell'arrivo degli spagnoli, attraverso la tradizione orale, le ceramiche e i documenti relativi al suo uso in cerimonie rituali e nella vita quotidiana. Al momento, bench� l'inizio della domesticazione della pianta sia ancora controverso, le tracce pi� antiche dell'uso umano del cacao sono state trovate in Mesoamerica e risalgono al 2000 a.C. (S.D. Coe, M.D. Coe, The true history of chocolate, Thames and Hudson, London 1996; J.S. Henderson, Chemical and archaeological evidence for the earliest cacao beverages, "Proceedings of the National Academy of Sciences USA", 104, 2007, pp. 18937-18940; TG. Powis et al., Cacao use and the San Lorenzo Olmec, "Proceedings of the National Academy of Sciences USA", 108, 2011, pp. 85958600). Il cacao, ottenuto dai semi dell'albero Theobroma cacao, era usato sia nell'America Centrale che in Sud America. � difficile identificare i suoi progenitori selvatici; secondo alcuni la sua domesticazione avvenne in Sud America, mentre per altri ebbe luogo in Messico. La parola cacao, nata verosimilmente quando il popolo Olmec occup� le basse regioni della costa ovest del golfo del Messico, venne successivamente adottata dal vicino popolo maya. Ispirandosi a questo termine, gli aztechi, arrivati relativamente tardi nella valle centrale del Messico, lo chiamarono cacahuatl e lo utilizzarono come alimento e medicina. Secondo le religioni maya e messicana il cacao aveva un'origine divina, essendo stato scoperto dagli dei nelle montagne. I maya lo ricevettero dal dio Serpente Piumato Sovrano, dopo che gli esseri umani erano stati creati dalla dea gran madre Xmucane a partire dal mais. In aprile essi celebravano una festa in onore del loro dio Ek Chuah, un evento che includeva il sacrificio di un cane tatuato con cacao assieme ad altri animali. Anche il dio azteco Quetzalcoatl (chiamato anche Serpente Piumato) avrebbe scoperto il cacao in montagne in cui crescevano anche altre piante commestibili. Prima del contatto fra europei e messicani nel 1509, il cacao era preparato solo come bevanda ed era riservato ai maschi adulti, in particolare ai sacerdoti, ai pi� alti gradi del governo e dell'esercito e talvolta alle vittime sacrificali con scopi rituali. Il primo europeo a venire in contatto con il cacao fu Colombo, che nel 1502 cattur� una canoa contenente misteriose "mandorle", successivamente identificate come moneta in uso nella Mesoamerica. Avendone compreso il valore commerciale, il conquistador Hern�n Cort�s ne port� in Spagna i semi nel 1528. La cioccolata come bevanda fu introdotta alla corte spagnola nel 1544 da nobili kekchi maya, portati dal Nuovo Mondo da frati domenicani per incontrare il principe Filippo. Nel corso di un secolo il suo uso culinario e medicinale si diffuse in Francia, in Inghilterra e negli altri paesi occidentali. La sua crescente popolarit� indusse la Francia e la Spagna a creare piantagioni di cacao rispettivamente nell'area caraibica e nelle Filippine. Il termine maya cacao entr� nella nomenclatura ufficiale nel 1753, quando il naturalista svedese Linneo pubblic� il suo sistema tassonomico binomiale e coni� il genus e la specie Theobroma cacao (cibo per gli dei), mescolando l'etimologia greca e quella maya. Nel 2011-2012 la produzione mondiale di cacao � stata di 3,98 milioni di tonnellate metriche, come riportato dalla World Cocoa Foundation (Y. Gu, J.D. Lambert, Modulation of metabolic syndrome-related inflammation by cocoa, "Molecular Nutrition & Food Research", 57, 2013, pp. 948-961). Il cacao � una ricca fonte di polifenoli, con livelli che raggiungono il 12-18% di peso secco, superiori rispetto ad altri alimenti e bevande, compresi il t� e il vino. Il profilo di questi composti nei semi dipende dalle differenti coltivazioni e pu� essere molto diversificato. La maggior parte di essi, contenuta nei semi freschi, si modifica dal punto di vista chimico durante la fermentazione, l'essiccamento, l'ottenimento della polvere di cacao o la produzione di cioccolato. Questo cambiamento � pi� marcato nei primi due giorni di fermentazione. La fermentazione e l'essiccamento sono necessari per ottenere il gusto aromatico con il suo caratteristico bouquet. Secondo la direttiva 2000/36 EC, il cioccolato � definito l'alimento ottenuto da cacao e zuccheri contenente almeno il 35% di cacao secco e non meno del 18% di burro di cacao. Esso � composto da cacao solido e burro di cacao, a cui vengono aggiunti altri ingredienti come zucchero e lecitina come emulsionante. Tuttavia quello in commercio contiene molte altre componenti, come cereali, acheni e frutta. Le tre principali categorie di cioccolato, bianco, al latte e fondente, contengono quantit� diverse di cacao solido e burro di cacao, oltre ad alcuni derivati del latte. A differenza del cioccolato al latte e di quello bianco, il cioccolato fondente non contiene latte in polvere, ma solo la parte grassa del cacao (il burro di cacao), alla quale � aggiunta una grande quantit� di zucchero. La quantit� dei nutrienti dipende, in parte, dalla percentuale della porzione non grassa di cacao. I carboidrati diminuiscono e i grassi aumentano, in modo approssimativamente lineare, con il crescere della percentuale di cacao; una pi� alta percentuale di quest'ultimo significa una pi� elevata quantit� di calorie. Maggiore � il contenuto di cacao, pi� alta � la quantit� di minerali e di polifenoli. Il cioccolato fondente, anche al pi� alto contenuto di cacao, non mantiene le proporzioni di macronutrienti dei semi di cacao di partenza. Infatti i suoi principali componenti non sono i grassi, ma i carboidrati, seguiti dai grassi totali. Questo � dovuto alla scelta di aggiungere una quantit� di zuccheri che eccede l'ammontare dei grassi, abitualmente costituiti da acido stearico, oleico e palmitico. Anche a causa del loro alto contenuto, il cioccolato ha un grande apporto calorico. Tuttavia non � stata trovata una correlazione positiva tra consumo di cioccolato e incidenza della massa corporea (BMI), ma, al contrario, si � osservato un impatto inverso sul BMI di uomini e donne. Oltre ai polifenoli il cacao contiene stimolanti come la teobromina (circa il 2-3% in peso) e una piccola quantit� di caffeina (0,2%). Gi� gli aztechi pensavano che il cacao avesse grandi propriet� medicinali e lo utilizzavano nel trattamento o nella prevenzione di infezioni, infiammazioni, palpitazioni cardiache e angina. Recenti studi sperimentali hanno suggerito che il suo consumo e quello dei suoi derivati abbiano un'influenza positiva sulla salute umana, come antiossidante, antipertensivo, antinfiammatorio, antiaterogenico, sensibilit� insulinica, funzione vascolare endoteliale e attivazione dell'ossido nitrico (NO). Questi effetti benefici sono stati confermati da metanalisi che hanno mostrato il ruolo positivo del cacao e dei suoi prodotti su fattori di rischio metabolici quali la pressione del sangue, i livelli di colesterolo, la resistenza insulinica e i markers infiammatori. Cacao e cioccolato riducono anche il rischio di diabete mellito negli uomini pi� giovani e con peso normale. Gli effetti benefici dei polifenoli presenti dipendono dalla quantit� consumata, dalla loro biodisponibilit� e dall'attivit� biologica dei metaboliti. Il loro assorbimento � influenzato dalla matrice dell'alimento e dalle interazioni con gli altri costituenti del cibo, quali proteine, grassi o polisaccaridi, e da effetti indiretti sul microbiota dell'intestino. Crescenti evidenze suggeriscono anche effetti neuroprotettivi; studi epidemiologici indicano un'associazione positiva tra assunzione e diminuzione di disturbi cognitivi e anche una migliore performance cognitiva. I flavanoli, abbondanti anche nel t�, nel vino e nei prodotti del cacao, sono in grado di contrastare il declino cognitivo. I maiali sono considerati un utile modello in vivo del consumo alimentare e del metabolismo umano, a causa delle somiglianze tra la fisiologia e la composizione del tratto gastrointestinale. Il consumo di polvere di cacao contribuisce alla salute dell'intestino di questi animali, aumentando l'abbondanza delle specie di lactobacillus e bifidobacterium e modulando i markers dell'immunit� intestinale localizzata. Il processo di produzione del cioccolato passa attraverso diversi stadi: quello finale chiamato tempering, o temperaggio, costituisce la fase critica, quella in cui esso acquista la sua levigatezza, le note aromatiche e la consistenza desiderata; � il momento in cui il cioccolataio mostra tutta la sua arte. In metallurgia tempering si riferisce al processo di riscaldamento e raffreddamento di un metallo, generalmente l'acciaio, per migliorarne le qualit�: consistenza, durata o durezza. Lo stesso accade per il cioccolato. Il tempering ha luogo a partire dai suoi ingredienti di base: burro di cacao, cacao solido, zucchero, emulsionanti e aromatizzanti. Il primo stadio � la fusione del cioccolato per distruggere tutti i cristalli di cioccolato presenti. Questo � poi raffreddato a una temperatura molto precisa, appena sotto quella in cui si forma un buon cristallo di burro di cacao. Essa varia da cioccolato a cioccolato, ma di solito i cristalli giusti, quelli della forma V, incominciano a formarsi appena sotto i 35�C. In teoria il tempering dovrebbe dare solo questa forma, ma in realt� si formano anche cristalli della indesiderata forma IV. Allora si riscalda di nuovo un poco il tutto, di modo che si rifondano i cristalli cattivi della forma IV e restino solo i cristalli buoni. Con il raffreddamento i semi cristallini presenti dal primo stadio innescano la cristallizzazione, che si completa dopo diverse settimane. Anche dopo una cristallizzazione completa, una tavoletta di cioccolato pu� ancora subire dei cambiamenti strutturali indesiderati. Questo � dovuto al fatto che i cristalli della forma V non sono quelli pi� stabili e nel tempo si trasformano lentamente nei cristalli della forma IV. Questi cristalli, pi� grandi, quando sono presenti sulla superficie del cioccolato, diffondono la luce, dando un aspetto grigiastro e facendo perdere lucentezza: sono i cosiddetti fiori di grasso. Le fluttuazioni della temperatura facilitano questo processo. Le dimensioni e la proporzione dei cristalli della forma V possono essere controllate durante la fase di tempering. La dimensione dei cristalli determina anche la quantit� di energia necessaria per la loro rottura e perci� il tempo necessario per il rilascio degli aromi una volta che sono in bocca. Talvolta vengono aggiunti altri aromi per enfatizzare il gusto del cioccolato e questo pu� essere fatto sul cioccolato stesso o al centro di un cioccolato ripieno. Il cioccolato, nel mondo occidentale, � fonte di piacere e allo stesso tempo di sensi di colpa. Il burro di cacao, il suo componente principale, � composto da una miscela di acidi grassi saturi e insaturi (trigliceridi). Quando si aggiunge il latte, il livello dei trigliceridi insaturi cresce ulteriormente e per questa ragione il cioccolato al latte � pi� tenero di quello scuro (il cioccolato fondente). Questa miscela ricca di grassi � responsabile, secondo alcuni, dei brufoli, del mal di testa e cos� via, mentre per altri rappresenta un genere di conforto e un antidepressivo. Si parla anche di sindrome di astinenza da cioccolato. Caff� � fra le bevande pi� consumate al mondo; si valuta che se ne bevano circa 500 miliardi di tazze all'anno. La leggenda sostiene che il cespuglio del caff� fu scoperto da un pastore di capre verso l'850 d.C. nella regione di Kefa, nell'Africa del Nord, che ora � parte dell'Etiopia. Esso fu diffuso dal commercio degli schiavi negli imperi arabi, dove l'infusione acquosa dei chicchi secchi guadagn� popolarit� per il divieto musulmano di bere bevande alcoliche fermentate (A. Crozier et al., Coffee: biochemistry and potential impact on health, "Food and Function", 5, 2014, pp. 1695-1717). Fu introdotto in Europa nel XVI secolo. Il suo interesse, dal punto di vista economico, risale al XV secolo. Ora � diventato la seconda materia prima a livello mondiale dopo il petrolio, con un valore che si aggira attorno ai 10 miliardi di dollari all'anno. Viene coltivato in pi� di 70 paesi, ma i maggiori produttori sono Brasile, Colombia, Etiopia e India, che si dividono il 39% del mercato mondiale. La pianta fa parte della famiglia delle Rubiaceae, � perenne e cresce fino ad altitudini di circa 1800 m. Delle 70 specie conosciute, le pi� importanti sono la Coffea arabica e la Coffea canephora (robusta), caratterizzate da un gusto diverso e da un diverso contenuto di caffeina. La prima copre il 75-80% del mercato mondiale, contiene quantit� pi� elevate di tocoferoli e una minore concentrazione di caffeina rispetto alla robusta, che ha un gusto meno ricercato. Le bacche rosse mature, dopo la raccolta, private del pericarpo per abrasione, vengono immerse in acqua o, in alternativa, lasciate essiccare. In entrambi i casi la rimozione della protezione rivela i chicchi verdi del caff�, i cotiledoni del seme, che vengono arrostiti fino ad arrivare a un colore marrone scuro e macinati, un procedimento che comporta delle modificazioni chimico-fisiche dell'aroma e delle propriet� antiossidanti. Il componente attivo pi� efficace � certamente la caffeina (1,3,5 trimetilxantina), una polvere bianca cristallina dal gusto amaro, presente in concentrazioni comprese fra lo 0,65% e il 2,30% (80-100 mg), assieme ai suoi metaboliti. Questi alcaloidi sono considerati stimolanti del sistema nervoso centrale e migliorano le funzionalit� cognitive. La quantit� massima giornaliera consigliata di caffeina � di 400 mg nell'adulto (circa 5 tazzine di espresso) e 300 mg per le donne in gravidanza. Un regolare consumo eccessivo, infatti, pu� provocare assuefazione, ansia, irritabilit�. La caffeina inoltre interagisce con alcuni xenobiotici, in particolare con gli ormoni assunti per curare problemi di menopausa. Grazie al contenuto in acidi clorogenici, al consumo moderato di caff� sono stati associati effetti preventivi nei riguardi di patologie oggi molto diffuse, come il diabete di tipo 2 e il morbo di Parkinson. Le frazioni lipidiche contenenti cafestolo e kahweolo hanno dimostrato, in modelli sperimentali, propriet� anticancerogene, mediante la stimolazione di enzimi detossificanti. Alcuni ricercatori, tuttavia, hanno ipotizzato che possano aumentare i livelli plasmatici di colesterolo. Mentre il caff� verde ha un aroma blando, erbaceo, le fragranze associate alla bevanda si sviluppano durante la tostatura. Le tipiche tostature usano temperature comprese fra 180-250�C, tempi di 25 minuti alle temperature pi� basse e di 2 minuti a quelle pi� alte. Nelle ultime fasi della tostatura il processo diventa esotermico. Si producono anidride carbonica e altri vapori e la pressione all'interno del chicco � di 5-7 atmosfere, con una temperatura che supera i 180�C. Il chicco di caff� durante la tostatura diventa una pentola a pressione. In condizioni cos� drastiche la tostatura comporta profonde modifiche nella composizione chimica e le sostanze originariamente presenti nel caff� verde si trasformano nei composti che si formano dalla reazione di Maillard; si determina la caramellizzazione dei carboidrati e la pirolisi di composti organici. Si forma una pletora di composti volatili, anche solo in tracce, molti dei quali non si trovano altrove nella dieta. Solo 14, dei circa 800 presenti, sono quelli importanti per l'aroma: fra questi � particolarmente importante il khawefurano poich� ha l'aroma caratteristico del caff� tostato. Nella bevanda del caff� sono anche presenti magnesio, potassio, vitamina B3 e vitamina E. Bere pi� di 4 tazzine di caff� al giorno pu� essere pericoloso per la salute, soprattutto per le donne incinte e i giovani sotto i 18 anni. � quanto ha stabilito l'EFSA (European Food Safety Authority), l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (http://www.efsa.europa.eu/it), nel suo primo studio condotto nell'Unione Europea sulle conseguenze per la salute dell'assunzione di caffeina e pubblicato il 27 maggio 2015. L'agenzia raccomanda che vengano rispettate le dosi giornaliere massime, oltre le quali l'assunzione del caff� diventa a rischio; i pericoli riguardano soprattutto le malattie di tipo cardiovascolare. Secondo l'EFSA, per un adulto la dose giornaliera per un consumo sicuro di caffeina � di 400 mg. Considerando che una tazzina di espresso contiene dai 70 ai 100 mg di caffeina, l'autorit� europea fissa quindi a 4 il limite massimo giornaliero di tazzine di caff�. La dose massima raccomandata per le donne incinte � di 200 mg: oltre due tazzine di caff� rischiano di danneggiare il feto. Per i bambini e gli adolescenti il consumo di caffeina non dovrebbe superare i 3 mg per ogni kg di peso corporeo. L'EFSA ha precisato che, specialmente per i pi� piccoli, si deve prestare maggiore attenzione al consumo di bevande energetiche e bibite contenenti caffeina. Il messaggio principale � che i consumatori dovrebbero tener conto delle diverse fonti di caffeina, oltre al caff�, come t�, coca-cola e barrette di cioccolato. � la prima volta che i rischi connessi alla caffeina presente in fonti alimentari vengono valutate a livello europeo. Secondo un'altra ricerca della stessa Universit� di Harvard, le persone che bevono da 2 a 4 tazzine al giorno hanno il 50% di possibilit� in meno di avere una depressione grave rispetto alle altre. Se assunta oralmente, la caffeina viene assorbita rapidamente e completamente dall'organismo. La variet� robusta dell'Angola � quella che ne contiene la maggiore quantit�; all'estremo opposto si trova il santos, una variet� di arabica che ne � praticamente priva. Gli effetti stimolanti possono insorgere da 15 a 30 minuti dopo l'ingestione e permangono per alcune ore. Negli adulti il tempo impiegato dall'organismo per eliminare il 50% della caffeina varia a seconda di fattori come et�, peso corporeo, gravidanza, assunzione di farmaci e stato di salute del fegato. Negli adulti sani la metabolizzazione della caffeina avviene in circa quattro ore, con oscillazioni dalle due alle otto ore. Fra i suoi effetti benefici vanno ricordati il potenziamento della memoria e la velocit� con cui il cervello trasforma le informazioni. Sembra che la caffeina abbia anche effetti positivi su chi soffre della malattia di Alzheimer; secondo uno studio finlandese 3-5 tazze riducono di molto il rischio della malattia e della demenza nelle donne anziane, ma stranamente non negli uomini. � stato anche ipotizzato che il caff� abbia effetti protettivi nei confronti della gotta, che riduca l'invecchiamento dei denti, prevenga i calcoli e agisca contro il diabete di tipo II. Gli studi epidemiologici hanno suggerito che i bevitori di caff� sono meno soggetti a vari tipi di cancro, inclusi quelli del fegato, del colon, orale ed esofageo. Nel 2008 un gruppo di ricercatori della Harvard Medical School e dell'Universit� di Madrid ha raccolto dati su pi� di 125.000 soggetti per 20 anni. Chi beveva pi� caff� aveva minori possibilit� di morire, dato il rischio pi� basso di malattie cardiovascolari. Molte altre metanalisi hanno mostrato che il suo consumo � associato a una minore incidenza di cancro colo-rettale, al fegato, ai reni, al pancreas, all'esofago e alla laringe. Vi sono anche evidenze che mostrano un minor rischio di suicidi, di malattia di Parkinson, di Alzheimer, di calcoli. Complessivamente i bevitori abituali di caff� sembrano sviluppare una tolleranza agli effetti acuti della caffeina e sperimentare gli effetti benefici degli altri composti presenti (in particolare composti fenolici). I profili nutrizionali e le propriet� antiossidanti della bevanda sono stati correlati a una minore incidenza della sindrome metabolica e del diabete mellito. La caffeina ha effetti benefici sul metabolismo del glucosio; la minore capacit� di immagazzinare lo zucchero riduce a sua volta l'estensione della malattia. Tuttavia, accanto ai benefici, vanno tenuti presenti anche i rischi per la salute; a questo proposito va ricordato che nel caff�, come anche nella coca-cola, � presente il 4-metilimidazolo, un cancerogeno, che si forma durante la reazione di Maillard. Un secondo composto derivante dalla reazione di Maillard, sospettato di essere cancerogeno, � l'acrilammide (2-propenammide), presente nella lista delle sostanze considerate molto pericolose. Una tazza di caff� espresso della robusta ne contiene circa il doppio della controparte arabica. Essendo molto solubile in acqua, un espresso ristretto � da preferire a un caff� lungo. La Nestl� ha messo in commercio il Nescaf� Green, pubblicizzato come contenente alti livelli di polifenoli, antiossidanti naturali, che aiutano a proteggere le cellule del corpo dai danni della vita quotidiana. Esso contiene chicchi di caff� non tostato (verde) allo scopo di aumentare la loro quantit�. In conclusione, l'Organizzazione Panamericana della Salute (Pan American Health Organization) raccomanda il consumo di questa bevanda, che per� dev'essere assunta in quantit� non eccessive soprattutto da donne incinte o in post-menopausa. Due o tre tazze al giorno migliorano le funzioni cognitive, il senso di benessere e facilitano la digestione. La stessa dose pu� essere efficace contro disturbi coronarici, diabete mellito, parkinsonismo e malattia di Alzheimer. I rischi associati a un consumo eccessivo riguardano insonnia e complicazioni coronariche. T� In uso da pi� di 4000 anni in Asia, il t�, dopo l'acqua, � la seconda bevanda pi� consumata al mondo. � chiamato cos� dal carattere cinese ch�, ed � prodotto dalla Camelia sinensis, un arbusto originariamente coltivato in Cina e in Giappone e ora in pi� di 30 paesi. La produzione mondiale � di 4,78 milioni di tonnellate e ha contribuito a esportazioni per 5,18 miliardi di dollari. � una bevanda complessa, non solo a causa delle molte variet�, degli insiemi di composti bioattivi e dei vari metodi di fermentazione e produzione, ma anche per le tecniche di preparazione. I t� non miscelati variano a secondo dell'ibrido e dell'area geografica in cui vengono prodotti (Assam, Cina, Ceylon, Darjeeling, Kenya). La variet� da cui viene fatta un'infusione ha notevoli effetti sul contenuto di flavonoidi. Il miscelamento e le infusioni del t� ne modificano l'aroma, il colore e il gusto. L'aggiunta di latte, limone, miele complica il quadro dei flavonoidi del t� e degli altri componenti bioattivi. Il t� � classificato in tre categorie, a seconda del livello di fermentazione: t� verde (non fermentato), t� oolong (parzialmente fermentato) e t� nero (fermentato). In realt�, il termine corretto per quest'ultimo dovrebbe essere t� ossidato, visto che le foglie sono esposte all'aria e non alla fermentazione. Il Pu'er t�, una variet� popolare in alcune nazioni asiatiche, � fermentato umido e pressato. Vi � poi un quarto tipo di t� molto pregiato non fermentato, il t� bianco, che � preparato esclusivamente da giovani foglie o germogli, raccolti prima che si aprano completamente. Appena raccolti, sono immediatamente sottoposti al vapore e seccati, per impedirne l'ossidazione. Il t� verde (circa il 20% della produzione totale) � prodotto e consumato soprattutto in Cina e Giappone, quello nero (78% della produzione) nell'Asia del Sud, in Sud America e in Africa, infine il t� oolong (2%) nel sud-est della Cina, in Taiwan e Giappone. La produzione del t� verde include un primo stadio per inattivare gli enzimi che provocano l'ossidazione. Questi convertono i semplici composti fenolici, amari ma non astringenti (le catechine, presenti nelle foglie), in composti molto amari e astringenti di colore giallo (teaflavine). Questi sono in seguito trasformati in composti pi� grossi, meno amari e astringenti. Con il procedere dell'ossidazione le molecole diventano sempre pi� grandi, scure e delicate. Le foglie sono poi arrotolate e seccate. Il t� verde preserva alcune delle qualit� originarie delle foglie fresche. In Cina queste vengono brevemente riscaldate, come tali o leggermente appassite, per inattivare l'enzima, pressate per eliminare l'umidit� e seccate con aria calda. In Giappone la cottura, invece, � fatta a vapore per preservare un colore pi� verde e un aroma pi� intenso. Nel t� oolong l'ossidazione e il riscaldamento sono pi� prolungati e sono seguiti da essiccamento, con aria appena sotto i 100�C, che determina un colore ambrato e il caratteristico aroma. Il t� � prodotto utilizzando solo i bordi delle foglie e contiene teaflavine e tearubigine. La composizione del t� oolong � simile a quella del t� verde, ma vi sono anche dei polifenoli polimerizzati, non presenti nel t� verde, che abbassano il rischio di dislipidemia. Nel t� nero avvengono profonde trasformazioni enzimatiche. Le foglie sono fatte appassire per ore, arrotolate per lungo tempo, poi lasciate a riposo. In questo modo si completa l'azione enzimatica che determina una colorazione rame scuro. Infine le foglie sono seccate con aria a 100�C. Il contenuto di caffeina del t� nero � lo stesso di quello del t� verde. Attualmente vi � molto interesse per i t� ricchi in antocianine, un gruppo di pigmenti ampiamente distribuito nelle piante superiori, che hanno effetti benefici per la salute umana, poich� sono potenti agenti antiossidanti e antinfiammatori. Poich� sono solubili in acqua e il t� � una bevanda particolarmente popolare, bere t� � un buon modo per assumere ogni giorno antocianine. Nel mondo esistono solo tre variet� di t� rosso-porpora, che accumulano antocianine collegate alla delfidina: la cinese Zijuan, che cresce a un'altitudine di circa 1500 metri nella provincia di Sichuan; la giapponese Sunrouge e la keniana TRFK306, con propriet� nutraceutiche per cellule umane e di topi (Q. Tang et al., "Journal of Agricultural and Food Chemistry", 64, 2016, 2719). [non sono riuscita a risalire al titolo dell'articolo] Il t�, largamente presente nella dieta cinese gi� attorno al 1000 d.C., incominci� a essere commercializzato in Europa e Russia verso il XVII secolo. L'Inghilterra, in seguito a una crisi nei rapporti commerciali con la Cina nel XIX secolo, ne intensific� la coltivazione nelle colonie, in particolare in India (Camelia sinensis var. assamica). Questa variet� � caratterizzata da un pi� alto contenuto di caffeina rispetto a quella cinese, e produce t� nero pi� forte e pi� scuro. Nelle colline himalayane del Darjeeling viene a sua volta coltivata una variet� di t� cinese pi� resistente. L'India � il pi� grosso produttore mondiale di t�, tre quarti del quale � costituito da t� nero. In Cina e in Giappone si preferisce ancora quello verde. Essendo l'infuso costituito dal 95-98% di acqua, questa gioca un ruolo critico; quella molto dura, ricca in carbonati di calcio e di magnesio, provoca effetti indesiderati, come la precipitazione di aggregati fenolici e depositi di carbonato di calcio. L'acqua ideale ha un moderato contenuto di minerali e un pH vicino alla neutralit�: la bevanda che ne deriva ha un pH moderatamente acido intorno a 5 e giusto per bilanciare gli aromi. Essendo molto ricco di flavonoidi, il t� contribuisce in modo rilevante all'apporto dietetico giornaliero di antiossidanti; non solo nei paesi asiatici, ma anche in Gran Bretagna, il suo consumo pu� raggiungere le sei tazze al giorno. Una tazza di t� nero ne contiene circa 200 mg. Come abbiamo gi� accennato, il t� nero subisce una serie di reazioni biochimiche di tipo ossidativo, durante la torsione, la fermentazione e l'essiccamento delle foglie. Queste reazioni comportano la polimerizzazione dei componenti originali e la formazione di tearubigine e teaflavine. Il t� verde � preparato trattando le foglie in maniera meno drastica rispetto al t� nero e riducendo i tempi dell'ossidazione. Per questo l'infusione delle foglie d� una bevanda pi� chiara. Alcuni studi sperimentali hanno dimostrato che l'aggiunta di latte al t� non � priva di effetti: i composti fenolici si legano immediatamente alle proteine del latte, rendendole indisponibili all'interazione con le papille gustative, mentre il gusto diventa meno astringente. L'aggiunta di limone cambia l'aroma e il colore diventa pi� chiaro, poich� esso altera la struttura dei complessi fenolici presenti. All'aroma contribuisce in larga misura la teanina (5-Netilglutammina), un amminoacido che durante la manifattura del t� si trasforma nell'acido glutammico (umami). Sono anche presenti la caffeina (dal gusto amaro) e un suo analogo chimico, la teofillina, sotto alcuni aspetti ancora pi� potente, ma presente in piccole quantit�. Il t� non � solo una fonte di antiossidanti, ma � anche una bevanda complessa dal punto di vista chimico. Oltre alla caffeina, esso contiene quantit� apprezzabili di vitamine C, B1, B2, acido pantotenico, acido nicotinico, acido folico, carotene. Un suo consumo regolare contribuisce a soddisfare anche il nostro fabbisogno di manganese e di potassio. Il principale effetto salutistico del t� � la protezione del sistema cardiaco, supportata da evidenze scientifiche solide, che comporta la ridotta incidenza di cardiopatie e di mortalit� per malattie cardiovascolari e il controllo dei fattori di rischio ad esse associati. In particolare, l'assunzione giornaliera di tre tazze di t� (circa 240 ml per tazza) � efficace nel ridurre l'incidenza di infarto del miocardio in misura dell'11% circa. I principali meccanismi responsabili di questi effetti sono il miglioramento della funzione endoteliale e una leggera, ma significativa, riduzione della pressione arteriosa. I benefici dei flavonoidi del t� sono di tipo dose-dipendente e sembrano essere pi� evidenti nei pazienti con una coronaropatia conclamata. Per quanto riguarda le lipoproteine, oltre all'effetto di riduzione dell'ossidazione delle LDL (Low Density Lipoprotein), i flavonoidi del t� eserciterebbero anche un effetto di riduzione della colesterolemia. Questo � stato dimostrato con cinque tazze giornaliere di t� in soggetti moderatamente ipercolesterolemici a dieta controllata. I segreti del t� Tutti sanno che una tazza di t� fa bene, anche se non si sa per quali ragioni. Questo ha indotto un gruppo di ricercatori tedeschi a studiarne le interazioni con le cellule a livello molecolare (G. Mikutis et al., Phenolic promiscuity in the celi nucleus - epigallocatechingallate (EGCG) and theaflavin-3,3 - digallate from green and black tea bind to model celi nuclear structures including histone proteins, double stranded DNA and telomeric quadruplex DNA, "Food and Function", 4, 2013, pp. 328-337). Il t� verde e quello nero contengono circa 3000 composti polifenolici, alcuni dei quali hanno numerosi benefici per la salute, inclusa la riduzione di malattie cardiovascolari, osteoporosi e infiammazioni. � stato dimostrato in molti modelli animali che il t� e i suoi maggiori costituenti inibiscono la genesi di tumori in molti organi, incluso il polmone, la cavit� orale, l'esofago, lo stomaco, il piccolo intestino, il colon, il pancreas, le ghiandole mammarie e la vescica urinaria (C.S. Yang, J. Hong, Prevention of chronic diseases by tea: Possible mechanisms and human relevance, "Annual Review of Nutrition", 33, 2013, pp. 161-181). Negli esseri umani, in netto contrasto con l'azione preventiva di tumori nei modelli animali, il consumo del t� ha effetti sulla salute molto dubbi e spesso contrastanti. Nel caso del t� nero non si � trovata alcuna associazione con il cancro colon-retto, mentre per il t� verde si sono osservati risultati non coerenti. Lo stesso accade con il t� verde nel tumore al seno. Al contrario, nel tumore della prostata sono stati riscontrati effetti positivi con l'uso del t� verde. Esso riduce anche del 32% il rischio di cancro pancreatico nella donna, ma non nell'uomo. Molti studi epidemiologici hanno suggerito che il consumo della bevanda migliora le funzioni cognitive. L'azione neuroprotettiva sembra essere dovuta alla teanina, che migliora la memoria, riduce la depressione, i disturbi del sonno e i sintomi d'ansia in soggetti schizofrenici. Il consumo giornaliero, per otto settimane, di quattro tazze di t� verde riduce il peso corporeo, l'indice di massa corporea, il colesterolo LDL e il rischio di diabete di tipo 2. Estratti di t� verde sono i principali ingredienti di integratori dietetici utilizzati per ridurre il peso; ma sono stati proibiti in Francia e in Spagna a causa di problemi di epatotossicit�. Esistono in ogni caso notevoli contraddizioni fra i dati epidemiologici riportati in letteratura. I progressi di un approccio scientifico, in grado di provare i reali benefici per la salute, sono lenti e vi � un vero e proprio gap, ad esempio, tra la presunta e la reale efficacia dei flavonoidi presenti nel t�. � possibile che i risultati positivi delle ricerche epidemiologiche ne abbiano enfatizzato gli effetti salutari, ma in realt� modesti, e che la qualit� degli studi clinici non sia stata sufficientemente forte da dimostrarne in modo chiaro e consistente i benefici per la salute. Due istituzioni internazionali, la Food and Drug Administration (FDA) americana e l'EFSA hanno sviluppato procedure e regolamenti per comprovare le rivendicazioni relative agli alimenti. Questi processi amministrativi coinvolgono una rassegna delle evidenze scientifiche che consentono di confermare se l'effetto presunto di un alimento corrisponda alla realt�. Attualmente la FDA e l'EFSA negano che il t� verde riduca il rischio di malattie cardiovascolari, di cancro gastrico, cancro colo-rettale, esofageo, pancreatico e altre forme di cancro (J.T. Dwyer et al., Tea and flavonoids: where we are, where to go next, "American Journal of Clinical Nutrition", 98, 2013, 1611S1618S [suppl. 9]). Anche l'EFSA sostiene che i presunti vantaggi per la salute non sono comprovati. Tra i benefici negati vi sono i contributi delle catechine del t� verde al mantenimento o al raggiungimento del peso ideale, all'aumentata beta-ossidazione dei grassi, alla conservazione della normale pressione sanguigna e della concentrazione del glucosio nel sangue, al mantenimento delle normali concentrazioni del colesterolo LDL nel sangue, alla protezione della pelle dai danni provocati dal sole.