Luglio 2017 n. 07 Anno II Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Indice Interrealt�, reti fisiche e digitali e post-verit� Mazzetta nera La gelosia: il mostro dagli occhi verdi Interrealt�, reti fisiche e digitali e post-verit� (di Giuseppe Riva, "il Mulino" n. 2/17) Quando, agli inizi degli anni Novanta, ho iniziato a studiare l'impatto delle nuove tecnologie sulla nostra vita era normale contrapporre il "mondo virtuale", che includeva i mass media e le tecnologie digitali, al "mondo reale", quello delle persone in carne e ossa e delle relazioni faccia-a-faccia. E in effetti era vero. Il mondo della comunicazione mediata e massmediale, chiaramente separato dall'utente e dai suoi comportamenti, entrava in contatto solo marginalmente con il mondo delle comunicazioni interpersonali, che invece raccontava i soggetti, i loro comportamenti e le loro emozioni. Pensiamo per esempio al gesto di premere il tasto di un telecomando per cambiare canale. Penso di averlo fatto tantissime volte, e in molti casi con soddisfazione. Di solito quando iniziava la pubblicit�, ma anche quando il programma era noioso o il presentatore irritante. Che cosa accadeva quando cambiavo canale? A parte vedere qualcosa di diverso, niente. Nessuno al di fuori della stanza in cui mi trovavo sapeva che lo avevo fatto. Lo stesso valeva per il mondo di Internet. Bastava crearsi un "nickname" con cui accedere a una chat online e potevo essere chi volevo. E quando ne uscivo la chat rimaneva su Internet, mentre io continuavo a fare la mia vita normale. Oggi la situazione � radicalmente cambiata. I nostri comportamenti all'interno dei social media non solo sono immediatamente visibili, ma mettono sempre in relazione la nostra soggettivit� con gli oggetti sociali che ci circondano. In altre parole, vedere un video su Facebook o dare un "mi piace" alla foto del mio amico non sono pi� eventi che riguardano solo me e la tecnologia. Anzi, al contrario, sono oggetto di raccolta e di studio da parte dei social media, che poi vendono queste informazioni ai loro inserzionisti. Ma c'� anche un aspetto meno evidente: i comportamenti messi in atto nei social media inevitabilmente posizionano me stesso in relazione ai diversi contenuti mediali e ai loro creatori. Un commentatore attento come il sociologo Giovanni Boccia Artieri lo spiega chiaramente in Stati di connessione. Pubblici, cittadini e consumatori nella (Social) Network Society (Angeli, 2013, pp. 36-37): "Quello che innanzitutto cambia � il senso della posizione nella comunicazione. Eravamo abituati a essere (e pensarci come) pubblico, consumatori, cittadini. Ad abitare in un quadro di comunicazioni di massa, credendo di poter sviluppare comunicazioni interpersonali profondamente distinte dal mondo dei mass media [...] Oggi, invece, ci troviamo di fronte allo sviluppo di tecnologie della comunicazione e pratiche correlate che modificano la nostra idea di "amicizia" e di "cerchia sociale" [...] Il paradigma comunicativo � mutato: non siamo pi� solo "oggetto" di comunicazione ma "soggetto" di questa". La trasformazione, infatti, non riguarda solo il rapporto del singolo soggetto con i social media ma anche le reti sociali in cui � incluso. Prima dell'avvento dei social media, le reti sociali erano chiaramente distinte. C'erano le reti fisiche, legate alla comunicazione faccia-a-faccia, e quelle digitali, legate invece alla comunicazione su Internet. Io potevo, se volevo, farle incontrare. Per esempio, decidendo di avere un appuntamento faccia-a-faccia con una ragazza interessante conosciuta su una chat online. Ma se non volevo non succedeva niente. Quello che facevo nella chat rimaneva all'interno della chat, cos� come quello che dicevo nelle comunicazioni faccia-a-faccia rimaneva tra me e i miei interlocutori. I social media, invece, hanno creato uno spazio sociale ibrido - l'"interrealt�" - che permette di far entrare il digitale nel nostro mondo fisico e viceversa con un impatto diretto sui processi di costruzione della realt� sociale e della nostra identit� sociale. Cerchiamo di approfondire meglio questi punti. L'assunzione di un'identit� sociale � sempre un processo condiviso, che nasce dall'interazione con gli altri membri della rete di cui facciamo parte. Attraverso questa interazione negoziamo chi siamo e cosa facciamo. Lo vedevo ieri con mia figlia, che giocava con le sue amiche a fare le pasticciere: dopo essersi messe d'accordo su chi faceva i dolci, chi li vendeva e chi li comprava, diventavano immediatamente una pasticciera, una cassiera e una cliente. Con l'interrealt� le cose cambiano. Grazie ai social media le mie reti sociali, che prima erano rigidamente separate, si incontrano e si scambiano dati. Non solo le reti digitali e le reti fisiche entrano in contatto, ma anche le diverse reti condividono informazioni tra loro, consentendo di creare in modo nuovo delle identit� sociali. I primi ad accorgersene sono stati i creatori di servizi come Uber o Airbnb. Se io voglio essere un "autista" o un "albergatore" e un gruppo di persone all'interno di una rete sociale accetta di considerarmi tale, io per loro divento a tutti gli effetti un autista e un albergatore. Come mia figlia pu� diventare una pasticciera semplicemente perch� si comporta come una pasticciera e le sue amiche la considerano tale, anche su Uber Pop divento un autista se mi comporto come un autista e i miei clienti mi considerano tale. Se le reti sono chiuse non ci sono problemi. Se mia figlia gioca a fare la pasticciera solo con le sue due amiche non � un problema per nessuno. Ma con i social media potrebbe decidere di fare la pasticciera anche per tutti quelli con cui � connessa. E oggi basta usare la stessa App per essere connessi con tante, tantissime persone, indipendentemente da dove mi trovo fisicamente. Se mia figlia riesce a convincerli che � una pasticciera il gioco � fatto: diventa una pasticciera. E questo senza dover passare attraverso l'acquisto di una licenza o l'ottenimento di un'autorizzazione formale. Quella che � chiamata "sharing economy" si basa proprio sulla possibilit� dei social media di costruire reti in cui attribuire ai soggetti che ne fanno parte identit� sociali professionali credibili e vantaggiose per gli altri utenti, indipendentemente dai vincoli presenti nelle reti sociali fisiche. Ovviamente, se non sono capace di fare la pasticciera la rete se ne accorge e mi isola. Ma se faccio bene quello che la mia identit� sociale professionale dovrebbe fare, nessuno si lamenta. Anche se non ho titoli o autorizzazioni. � infatti importante sottolineare come il plusvalore generato dalla sharing economy non venga dal mettere in rete chi l'identit� sociale l'ha gi� nelle reti fisiche - per esempio i tassisti o gli albergatori - ma dal permettere a chi invece non l'ha ancora di poterla "incarnare" attraverso la rete digitale. E il valore generato da questo processo � enorme: oggi Uber � valutata 50 miliardi di dollari mentre Airbnb 25 miliardi. Per comprendere queste cifre un paragone aiuta: Hertz e Avis, che noleggiano le proprie auto, non quelle di altri, valgono rispettivamente meno di 5 e di 3 miliardi di dollari a testa; Hilton, che affitta le proprie stanze in alberghi in 80 Paesi del mondo, e non quelle dei propri utenti, vale poco pi� di 20 miliardi di dollari. Che cosa significa questo per i pi� giovani? Che oggi le reti sociali stanno diventando il sistema pi� veloce di mobilit� sociale. Pi� di qualunque altro strumento attualmente disponibile. A questo punto il meccanismo lo abbiamo capito. Se all'interno di una rete sociale riusciamo ad attribuirci un'identit� sociale - lo YouTuber, la fashion blogger, il tassista o l'affittacamere - e per gli altri membri della rete va bene, noi lo diventiamo davvero almeno fino a quando rimaniamo in quella rete. Per molti adulti, ma anche per tanti giovani, questa � la cosa pi� difficile da accettare e da credere. Che atteggiarsi come esperti di moda in un blog ci possa trasformare in esperti di moda. Che fare recensioni ironiche di videogiochi su YouTube ci permetta di diventare dei personaggi famosi. La domanda che in molti si fanno �: ma alla fine, anche se la rete di cui fa parte dice che tizia � una fashion blogger, lo � davvero? Non � che a un certo punto, come nella fiaba I vestiti nuovi dell'imperatore, arriver� qualcuno a dire che il re � nudo? A pensarla in questo modo � la filosofa Michela Marzano, che parlando del fenomeno in un'intervista (G. Del Bello, Il vero rischio � di credere in ci� che appare, "la Repubblica edizione Napoli", 15-11-2013) afferma: "Chi, a 15 anni, non si illuderebbe sull'importanza acquisita senza che dietro ci sia un lavoro? Si arriva a concludere che il valore intrinseco dipenda dal valore sociale. [...] In queste situazioni ci si pu� convincere di essere speciali. Non contesto questa condizione, ma preoccupa che si possa attribuire il successo ottenuto al numero dei mi piace e dei followers che si hanno su Twitter. Il problema �, infatti, il tonfo successivo, quel momento in cui si � costretti a rimettere in discussione il proprio valore". Ma la dimensione dell'interrealt� rende la situazione ben pi� complessa di quanto possa apparire a prima vista. Come acutamente sottolineano John Palfrey e Urs Gasser, ricercatori dell'Harvard's Berkman Center for Internet and Society (Nati con la rete. La prima generazione cresciuta su Internet. Istruzioni per l'uso, Rcs Libri, 2009, p. 54): "Le varie espressioni dell'identit� che si trovano online non solo riflettono lo stato dell'identit� di un nativo digitale cos� come lui (o lei) lo percepisce, ma danno anche forma a quell'identit� influenzando la percezione del nativo su ci� che gli altri pensano di lui o di lei. In questo senso la creazione e la revisione dell'identit� � una specie di circuito di feedback". In altre parole l'interrealt�, facendo cadere la distinzione tra online e offline, permette all'online di entrare in contatto e di modificare il mondo offline. In particolare anche il concetto di "fatto" viene messo in discussione, creando quello che l'"Economist" ha recentemente chiamato un "mondo post-verit�" (The posttruth world. Yes, I'd lie to you, 10-09-2016). All'interno dell'interrealt�, infatti, sia il mondo offline sia quello digitale sono in grado di produrre verit� sociali in grado di cambiare la nostra esperienza quotidiana. Cerchiamo di spiegare meglio questo punto. Che cos'� un fatto? Secondo il Vocabolario della lingua italiana della Treccani un fatto � "ci� che ha consistenza vera e reale, in opposizione a ci� che non � concreto, tangibile, sicuro". Per esempio, � un fatto che questa frase inizia con la preposizione "per". Possiamo verificarlo immediatamente semplicemente guardando la frase. Per questo parliamo di "fatto oggettivo". Ma come facciamo a dire che sia un fatto che tizia � una fashion blogger? Nel mondo offline l'accesso a molte identit� sociali � limitato da regole e vincoli stringenti. Per esempio, gli albi professionali definiscono in modo preciso come fare per diventare avvocati, giornalisti o psicologi. Vuoi diventare avvocato? Bene, devi prendere una laurea in Giurisprudenza, fare un periodo di tirocinio e poi superare un difficile esame. Quello che per� non � sempre evidente � che la verifica del fatto "io sono un avvocato" dipende sempre dalla valutazione di una rete sociale, in questo caso quella degli avvocati iscritti all'albo professionale. Sono tali avvocati a decidere se il mio tirocinio � corretto e a valutarmi in un esame. Questo tipo di fatti sono "fatti sociali". In altre parole, sono fatti sociali quelli la cui verit� � determinata dalla rete sociale a cui ci rivolgiamo. Tutte le societ� hanno creato nel tempo una serie di istituzioni - il sistema scolastico, il sistema legale, gli ordini professionali - che attraverso una serie di reti - i professori, i giudici, i professionisti - hanno il compito di definire quale sia la verit� dei fatti sociali che li riguardano. Il problema di queste istituzioni � che non sono perfette e in molti casi le reti di riferimento sono chiuse. Non � un caso che per molte di esse si parli di "caste". Vuoi diventare giornalista? � quasi impossibile. Vuoi diventare notaio? Pure. L'interrealt� sta modificando questa situazione perch� consente alle reti sociali digitali di creare "fatti sociali" in grado di influenzare anche il mondo offline. Una delle aree in cui questo processo � pi� visibile � la politica. Nel marzo del 2014 una rete digitale chiusa - quella delle Comunarie del Movimento 5 Stelle - ha deciso che la persona ideale per diventare sindaco di Livorno fosse Filippo Nogarin. Quarantaseienne, ingegnere aerospaziale, nel suo curriculum Nogarin dichiara di aver lavorato come consulente per diverse societ�. Ha le competenze necessarie per essere sindaco di Livorno, un ruolo sicuramente complesso e che richiede capacit� sia di gestione sia di organizzazione? La risposta della rete digitale dei 61 elettori del Movimento che lo hanno votato � stata affermativa. Se la rete digitale composta dagli elettori delle Comunarie riesce a convincere la rete offline dei cittadini di Livorno a votarlo, allora Nogarin diventer� sindaco di Livorno. Dopo l'elezione qualcuno potr� criticare le competenze o le capacit� di Nogarin, ma nessuno potr� metterne in discussione l'identit� sociale. Lui sar� il sindaco di Livorno perch� la maggioranza della rete che include i votanti livornesi ha deciso che lo sia. Anche in questo caso non sono le sue competenze "oggettive" ad averlo reso il sindaco di Livorno. Sono i trentaseimila che l'hanno votato. Se non ci fossero stati loro, Nogarin non sarebbe il sindaco. Detto in altre parole, il fatto non � che Nogarin abbia oggettivamente le competenze richieste per fare il sindaco. � invece un fatto che Nogarin abbia l'oggettivo supporto della rete degli elettori, i trentaseimila elettori che l'hanno votato (circa il 53% dei votanti). Ma come facciamo a ottenere il supporto della rete? In realt� la risposta � relativamente semplice: incarnando in termini di comportamenti e di identit� sociale le aspettative e i valori degli appartenenti alla rete. Questo comporta anche un altro aspetto importante. Se la mia rete mi attribuisce un'identit�, io devo comportarmi come la rete pensa debba essere la mia identit�. Se non lo faccio, il patto implicito con la mia rete termina immediatamente e vengo subito messo in discussione. A questo punto la domanda finale �: che cosa succede quando un fatto oggettivo entra in conflitto con un fatto sociale all'interno dell'interrealt�? Per esempio, che cosa prevale tra una bufala accettata socialmente e un fatto oggettivamente verificato? Un esempio in questo senso � la notizia falsa usata da Nigel Farage durante la campagna a favore della Brexit, e cio� che con l'uscita dall'Europa il Regno Unito avrebbe interrotto il trasferimento di 350 milioni di sterline alla settimana alle istituzioni europee (in realt� la cifra reale era meno della met�). Gli psicologi sociali sanno gi� da tempo la risposta. Negli anni Cinquanta, infatti, uno psicologo sociale, Solomon Asch, ha realizzato un esperimento diventato un classico all'interno degli studi sul conformismo sociale. A un gruppo di 8 soggetti, di cui 7 complici dello sperimentatore, veniva chiesto di osservare una linea su un foglio e di indicare a quale corrispondesse tra altre tre di dimensioni differenti. Dopo qualche risposta corretta, il gruppo dei complici incominciava a rispondere in maniera unanimemente scorretta. Che cosa faceva a questo punto il povero soggetto sperimentale, che doveva rispondere per ultimo? I dati di Asch sono eloquenti: solo un soggetto su quattro continuava a dare nelle dodici prove dell'esperimento sempre una risposta corretta (contro il 95% del gruppo di controllo in cui non c'erano complici). Quindi, in generale, l'opinione del gruppo di cui faccio parte rappresenta a sua volta un fatto la cui forza non � inferiore a quella dei fatti oggettivi. Anzi, con il progressivo indebolimento delle istituzioni che dovrebbero garantire la verit�, la forza della rete sociale diventa preponderante, in particolare quando quanto affermato risulta essere coerente con i miei valori e le mie aspettative. Per questo alcuni attori della scena economica e politica hanno cominciato a ignorare i fatti oggettivi puntando sulla forza dei fatti sociali. � oggettivamente falso che uscire dall'Europa avrebbe fatto risparmiare 350 milioni di euro al Regno Unito? Non � un problema. Basta che sia socialmente vero all'interno della rete degli elettori e che questa verit� sociale spinga la rete a comportarsi in un certo modo. In questo processo i social media giocano un ruolo importante. Da una parte rendono molto pi� semplice comprendere le aspettative del gruppo sociale. Google, Facebook e Twitter sono in grado di identificare e misurare in tempo reale quelli che sono i "trend topic", gli argomenti, di cui parlano i soggetti nelle diverse reti di cui fanno parte. Addirittura Google realizza un rapporto annuale, chiamato appunto "Google Zeitgeist", che rivela che cosa ha catturato l'attenzione degli utenti del motore di ricerca: passioni, interessi e momenti salienti. Dall'altra tendono a ridurre gli elementi di divergenza. Nel suo ultimo libro Eli Pariser (Il filtro: quello che Internet ci nasconde, il Saggiatore, 2012), attivista di Internet e creatore del sito Upworthy, lo spiega chiaramente (pp. 14-15): "I filtri di nuova generazione stabiliscono le cose che ci piacciono - in base a quello che facciamo o che interessa a persone simili a noi - e poi estrapolano le informazioni [...] Nell'insieme creano un universo di informazioni specifico per ciascuno di noi, una bolla dei filtri, che altera il modo in cui entriamo in contatto con le idee e le informazioni. In un modo o nell'altro abbiamo sempre scelto le cose che ci interessavano e ignorato quasi tutto il resto". Da una parte, gli algoritmi automatici di selezione delle informazioni all'interno dei social media non sono basati sulla verifica della verit� oggettiva di quanto affermato ma piuttosto sul potenziale di condivisione sociale (e quindi sulla massimizzazione dei profitti pubblicitari) dei contenuti proposti. Dall'altra, la capacit� delle reti digitali di comprendere i propri utenti porta a meccanismi invisibili di selezione dei contenuti che tendono ad escludere ci� che non corrisponde esattamente ai nostri gusti, riducendo ulteriormente la spinta a verificare la verit� di quanto affermato all'interno della rete. Infine, la nascita del "mondo post-verit�" � il risultato della consapevolezza dell'esistenza di questi processi e del tentativo di utilizzarli come strumento di persuasione, in particolare in ambito politico ed economico. Ora la sfida vera � quella di ricostruire la credibilit� delle istituzioni che hanno il compito di garantire la verit�, anche davanti alla forza delle bufale social. Mazzetta nera (di Roberto Festorazzi, "Focus Storia" n. 124/17) - � vero che il Ventennio fascista fu un'epoca immune dalla corruzione, come molti pensano? Pare proprio di no. - Quanto fu corrotto il fascismo? Una persistente leggenda tende ancora oggi ad accreditare la classe politica del Ventennio come estranea al malcostume. E, a dimostrazione apparente dell'onest� dei gerarchi, si presentano le imponenti realizzazioni del regime, nel campo delle opere pubbliche, come la prova del fatto che ai polpastrelli dei ras di Mussolini fosse rimasto attaccato poco o nulla. Ma le cose non andarono esattamente cos�. Fin dall'origine del movimento fascista, Mussolini ide� sistemi per il finanziamento del suo quotidiano, Il Popolo d'Italia, che benefici�, fin dalla nascita nel 1914, di fondi neri provenienti da Francia e Inghilterra. Era solo l'inizio. Per tutti i vent'anni in cui Mussolini guid� l'Italia, i magnati dell'industria e i grandi banchieri fecero piovere denaro nelle casse del Partito nazionale fascista (Pnf). Era denaro spesso di oscura provenienza, gestito dal fratello di Benito, Arnaldo, che divent� il collettore dei fondi neri. Ma era l'intera organizzazione dello Stato fascista, fondata sul monopolio di un solo partito, a poggiare su un diffuso sistema di arbitrio e di illegalit�. � noto, per esempio, che molte federazioni fasciste usavano un doppio sistema di contabilit�: uno ufficiale, alla luce del sole, e uno occulto che permetteva di gestire fondi a disposizione del federale per i pi� diversi scopi, spesso illeciti. Molti grandi protagonisti della vita pubblica nazionale si arricchirono cos�. La lista dei gerarchi chiacchierati per la loro disinvoltura negli affari � lunga. Tra i ras pi� spregiudicati da questo punto di vista c'era Roberto Farinacci. Si diceva che, come avvocato, avesse fatto fortuna grazie alle istanze per l'"arianizzazione", le procedure legali con le quali gli ebrei convertiti potevano ottenere il riconoscimento della "razza ariana". E Mussolini, che diffidava di Farinacci, sospettava che il gerarca fosse anche un grosso evasore del fisco. Non si sbagliava. La commissione speciale per il sequestro degli illeciti profitti del regime (istituita nel 1944, dopo la caduta del fascismo) accert� che Farinacci, a fronte di un reddito di 90-mila lire annue, fosse in debito con l'erario per 3 milioni di lire. Anche i "pesci piccoli" avevano le loro occasioni affaristiche. Un caso esemplare fu quello di Rino Parenti, morfinomane e giocatore incallito, federale di Milano dal 1933 al 1939 e in seguito presidente del Coni. Era odiato al punto che all'indomani della caduta di Mussolini, il 25 luglio 1943, la sua casa fu saccheggiata dalla furia popolare. Lui si dilegu�, lasciando in deposito presso alcuni spedizionieri una settantina di casse di valori: un tesoro che fu poi sequestrato dalla polizia tributaria. C'era poi la leva della corruzione, che il governo fascista non esit� a usare fin dall'inizio. Quando, nell'autunno del 1925, il ministro delle Finanze, Giuseppe Volpi, conte di Misurata, attravers� l'Atlantico siglando un accordo per saldare il debito di guerra con gli Stati Uniti, ottenne al contempo un prestito di 100 milioni di dollari dalla Banca Morgan. Per accedere al finanziamento pag� una tangente da 4,5 milioni di dollari. Mussolini, nei primi anni, seguiva una politica liberista e monetarista. Ma poi, con la nascita dell'Iri (Istituto per la ricostruzione industriale) e con la seminazionalizzazione delle banche, a partire dal 1933 il regime favor� un'economia mista pubblico-privata. La presenza della mano pubblica nella vita economica aument� il numero dei grandi privilegiati, generando da un lato nuovi finanziamenti per il partito e dall'altro incrementando le fortune personali dei gerarchi. L'intervento statale nei grandi settori dell'economia nazionale dirott� verso il partito fiumi di denaro liquido che alimentarono una quasi fisiologica corruzione: le tangenti diventarono il lubrificante naturale con il quale le imprese private poterono aggiudicarsi appalti, commesse, concessioni, licenze nei pi� vari settori. Il cuore di questo sistema era il Partito nazionale fascista. Con i suoi 25 milioni di iscritti, nel 1940 incassava una montagna di soldi in quote associative. L'importo variava in base alla categoria socio-economica dell'iscritto. Ma le quote non erano l'unica fonte di entrate. Il Pnf rastrellava, attraverso lo Stato, altro denaro per sostenere le sue attivit�. I conti parlano di 25 milioni in quote nel solo 1940-41 e di ben 333 milioni genericamente classificati come "contributi volontari". Sempre nello stesso periodo, considerando anche il patrimonio immobiliare e altre voci, il partito unico raggiunse un giro d'affari annuale di 700 milioni di lire (circa 500 milioni di euro di oggi). La corruzione del fascismo, infine, divenne endemica quando le imprese belliche e coloniali di Mussolini sconquassarono la finanza pubblica. La sola spesa per organizzare il nuovo impero in Africa Orientale, nei quattro esercizi finanziari successivi alla conquista dell'Etiopia (1936), si aggir� attorno ai 46 miliardi di lire, ingoiando il 20-25% degli stanziamenti del bilancio statale. A fronte di tutto ci�, le riserve auree e in valuta pregiata della Banca d'Italia si assottigliarono rapidamente: dai 5,8 miliardi di fine 1934 si pass� ai 4 miliardi del febbraio 1937, dopo la conclusione della campagna coloniale. A dissanguare le casse dello Stato contribuirono le grandi opere. Nel giugno del 1937, il Consiglio dei ministri approv� un piano di sei anni per la realizzazione delle arterie stradali sul suolo africano, destinando al progetto una cifra iperbolica: 7 miliardi e 730 milioni di lire. Le opere pubbliche in Abissinia si trasformarono per� anche in una sorta di bancomat per i "predoni" del regime. C'era per esempio chi lucrava sulle tariffe per i trasporti dei materiali: spostare con un camion un quintale di cemento in Italia costava 15 lire, in Africa 50 volte di pi�. La costruzione delle strade, che in Italia costava in media 350-mila lire per ogni chilometro, nelle colonie superava il milione di lire al chilometro. Le imprese che si aggiudicavano gli appalti, poi, per aumentare i profitti costruivano utilizzando materiali scadenti. Persino Roberto Farinacci not� che le "vie imperiali", appena inaugurate, erano gi� impraticabili. C'� da dire che nell'idea di Mussolini l'unica realt� che poteva essere foraggiata con mazzette e fondi neri era il partito: il duce non ammetteva che imprese e privati si arricchissero troppo grazie alla politica. Questo spiega alcune commissioni d'inchiesta su casi di corruzione. Inoltre Mussolini fece raccogliere dossier per ognuno dei gerarchi pi� vicini a lui, per verificarne le attivit� e la condotta morale. Ma pi� che a fermare l'ondata di malaffare, questa azione di dossieraggio serviva a tenere sulla corda, con la minaccia di ritorsioni, gli uomini di potere che lo circondavano. Milano: una Tangentopoli degli Anni '30 Nel 1928 scoppi� a Milano la cosiddetta "Tangentopoli nera". All'origine dello scandolo c'era la discutibile amministrazione del Comune da parte del podest� Ernesto Belloni. Quest'ultimo aveva ottenuto un prestito di 30 milioni di dollari da una banca d'affari americana, esponendosi personalmente nella trattativa. Ci� bast� a far circolare la voce che Belloni avesse intascato una maxitangente da cinque milioni sulla transazione. Cadde la testa del federale di Milano, Mario Giampaoli e, almeno in questo caso, si cerc� di fare chiarezza sui fatti. Mussolini nomin� una Commissione d'inchiesta che port� allo scoperto il malaffare che dominava nella metropoli. Emersero ulteriori prove della disonest� di Belloni, che aveva effettuato un "irregolare prelevamento" di circa 150-mila lire (circa 130-mila euro di oggi) dalla definizione di una vertenza sindacale e aveva fatto eseguire numerose opere pubbliche senza contratti n� appalti. L'ex podest� venne espulso dal partito e conndannato a cinque anni di confino. Uno scandalo petrolifero e il delitto Matteotti Nei primi anni del suo governo, Mussolini rischi� di essere travolto da uno scandalo petrolifero. Era la primavera del 1924 e alla societ� americana Sinclair Oil fu concesso in esclusiva lo sfruttamento dei giacimenti di greggio italiano. L'operazione Sinclair non fu trasparente: la societ� petrolifera si aggiudic� la commessa pagando una tangente di un milione di lire che fin� nelle casse di grandi gruppi finanziari (Rockefeller, Mellon, Morgan e Guggenheim). La vicenda potrebbe essere intrecciata con l'omicidio Matteotti, il deputato socialista rapito e ucciso il 10 giugno 1924 da sicari fascisti. Giacomo Matteotti si preparava infatti, pare, a denunciare l'intreccio affaristico-politico. La concessione fu annullata quando emerse il legame della Sinclair con la Standard Oil, accertato dalla Commissione d'inchiesta voluta da Mussolini. Il duce "salv�" una risorsa energetica nazionale da un colosso straniero ed evit� lo scandalo. La gelosia: il mostro dagli occhi verdi (di Anna Oliverio Ferraris, "Psicologia contemporanea" n. 229/12) - � uno dei sentimenti pi� complessi e inquietanti. Pu� manifestarsi in forme lievi, accettabili e persino gratificanti, per chi ne � oggetto, oppure persecutorie e distruttive. - Della gelosia sono state date definizioni diverse e opposte: c'� chi la considera un correlato dell'amore e chi la bolla come un delirio che si autoalimenta. L'oggetto � variabile. Si pu� essere gelosi di una persona ma anche di un oggetto che non si � disposti a cedere o di un interesse che assorbe troppo la persona amata. Per Shakespeare la gelosia � "il mostro dagli occhi verdi", per Lacan � un'esperienza fondamentale che consente al bambino il riconoscimento dell'altro e pone fine al periodo narcisistico fusionale. Dal bambino all'adulto La gelosia � un tipo di paura che prende forma con la crescita. Se all'et� di cinque mesi un neonato pu� mettersi a piangere quando la mamma entra nella stanza senza badargli e con il pianto cerca di attirare la sua attenzione, a nove piange se la mamma presta attenzione ad un altro bambino. � tipica del primogenito nei confronti del secondogenito: il primo, infatti, si rende conto che da quel momento in poi i genitori saranno assorbiti dalle cure del piccolino e che lui rischia di passare in secondo piano. Ma un bambino pu� essere anche geloso del rapporto che padre e madre hanno tra di loro. La psicoanalisi lo ha illustrato ricorrendo al complesso di Edipo, ma c'� anche una spiegazione pi� semplice, di tipo evoluzionistico: perdere l'amore dei genitori significa venirsi a trovare in una condizione di forte rischio. Un bambino ha molto presto la percezione realistica della propria debolezza di fronte ad un mondo complesso che non padroneggia e avverte che la sua forza deriva dall'amore che i genitori provano per lui. Nelle relazioni affettive successive � del tutto normale provare gelosia quando la coppia � in pericolo e si rischia realmente di perdere la persona a cui si tiene. Al contrario, il sentimento della gelosia appare meno normale se la situazione reale non giustifica l'intensit� dell'emozione. Ad esempio, capita di sentir dire: "Mio marito mi ha fatto una scenata al ristorante perch� un uomo mi ha guardata", o ancora: "Lei ha avuto una reazione isterica a cui � seguito un violento litigio quando mi ha sorpreso a guardare una ragazza che passeggiava in topless sulla spiaggia". In questi casi non � in discussione la tenuta della coppia, c'� per� una discrepanza tra il fatto accaduto e l'intensit� del sentimento, discrepanza che rivela, nella persona gelosa, una mancanza di fiducia in se stessa. Chi � preda di questo sentimento pensa che gli altri valgano di pi�: che l'uomo che ha guardato la moglie al ristorante sia pi� attraente, che la ragazza in topless sia pi� sexy. Nel geloso cronico il sentimento di insicurezza � una costante che pu� trasformarsi in una ossessione che rende la vita insopportabile ad entrambi, a meno che il partner si adatti a questa condizione, nel qual caso � la coppia, non solo il geloso, a muoversi in un'atmosfera morbosa. Nelle sue opere, Pirandello, la cui moglie fu realmente preda di una gelosia patologica, ha spesso descritto personaggi del genere: ad esempio mariti che tenevano reclusa la moglie per paura che potesse vedere in strada altri uomini o essere vista da loro, oppure incontrare parenti che avrebbero potuto distoglierla da lui, come nella novella La signora Frola e il signor Ponza suo genero, da cui fu poi tratta la commedia Cos� � (se vi pare), dove il genero, in rivalit� con la suocera, non consente alla moglie di vedere sua madre. La gelosia amorosa Quando � intensa, la gelosia ha il potere di coinvolgere tutte le funzioni vitali. Sul piano emotivo le modifiche sono quelle della paura e della rabbia (allarme, angoscia, aggressione), a livello cognitivo, come ricorda Valentina D'Urso nel saggio Otello e la mela (1995), le modifiche riguardano funzioni rilevanti come la percezione, l'attenzione, la memoria, il pensiero. Prendiamo la gelosia amorosa, con il tipico triangolo formato dalla Persona Amata, dal Rivale e dal S� del geloso. La percezione diventa molto accentrata e minuziosa nei riguardi di tutto ci� che concerne il rivale (o i potenziali rivali) e la persona amata, di cui si controllano tutti i comportamenti, le espressioni, gli atteggiamenti, le minime variazioni nelle abitudini o negli abiti che indossa. Come per la paura, c'� un aumento abnorme dei processi di attenzione: il geloso fa associazioni rapidissime, non ci sono pi� comportamenti neutri, ma ogni piccolo segno acquista un significato alla luce della gelosia, ad esempio il fatto che il coniuge sia uscito per acquisti diventa la "prova" del tradimento. L'acuirsi dell'attenzione ha un effetto sulla memoria che si fa selettiva e pu� improvvisamente rievocare fatterelli anche lontani nel tempo e apparentemente insignificanti - come l'orario di una telefonata, una frase qualunque, alcune contraddizioni - e connetterli tra loro. Il pensiero appare bloccato da ruminazioni e pensieri ricorrenti che lasciano poco spazio ad altri interessi e ad altre interpretazioni. Questi pensieri, che in casi estremi conducono al delirio vero e proprio, tendono a interpretare in chiave ansiogena un gran numero di eventi quotidiani, spesso irrilevanti, che vengono utilizzati per nutrire "il mostro dagli occhi verdi". Nel celebre Otello, il Moro di Venezia, una specie di trattato sulla gelosia amorosa delirante, Shakespeare ci mostra come, dal momento in cui Jago riesce, con un abile dire-e-non-dire, ad insinuare il sospetto nella mente del suo padrone, il pensiero di Otello incomincia ad andare alla ricerca di tutti quei segni che possano confermare quel sospetto, imbocca cio� una strada a senso unico che non gli consente di tener presenti altri indizi e altre interpretazioni di segno contrario. E se Shakespeare illustra i percorsi tortuosi di questo sentimento e spiega come sia possibile strumentalizzarlo, Freud ci sorprende con un'interpretazione che ribalta i rapporti all'interno del triangolo. La fissazione del geloso, spiega Freud, pu� essere in alcuni casi l'espressione di una omosessualit� latente che preme per manifestarsi: un modo cio� per negare i propri desideri omosessuali attribuendoli al partner (o alla partner), ossia ad una persona dell'altro sesso. Si tratterebbe, in questo caso, di una forma di difesa da impulsi repressi riassumibile nella formula: "non sono io che lo amo, ma � lei che lo ama". Freud forn� questa interpretazione perch� riteneva che un certo numero di persone fossero bisessuali, siccome per� l'omosessualit� � spesso osteggiata socialmente, chi ha inclinazioni omosessuali represse che non riconosce sarebbe costretto a travestirle con fantasie di soddisfacimento indiretto, cio� attraverso una persona dell'altro sesso. Il caso classico � quello di un lui che diventa geloso perch� proietta su una lei i suoi desideri per un uomo (il rivale): desideri che egli non pu� riconoscere come appartenenti a se stesso. Inutile dire che, in un caso del genere, la malcapitata lei avr� bisogno di uno psicoanalista per districarsi dall'impasse. Dal possesso al controllo La gelosia �, dunque, un sentimento multiforme con alcuni aspetti evidenti e altri nascosti. C'� l'insicurezza, la paura di essere lasciati, ci possono essere desideri repressi, ma anche, spesso, una insaziabile volont� di possesso che rende intollerabile qualsiasi slancio di autonomia da parte di partner, amici, figli o fratelli. La sfera privata dell'"oggetto amato", da cui il geloso per qualche ragione si sente escluso, rappresenta ai suoi occhi un vero e proprio tradimento. � questo, ad esempio, il caso di Giorgia. Quando l'amica del cuore la rende partecipe dei suoi interessi, Giorgia all'inizio si mostra incuriosita, ma poi immancabilmente incomincia a manifestare dubbi, a sottolineare carenze, a trovare limiti e difetti al solo scopo di rendere indesiderabile ci� che piace all'amica... e che la distrae da lei. Riferendosi ai gelosi patologici, Marcianne Bl�vis (2008) scrive: "L'oggetto della loro gelosia � vario e variabile, ma riguarda fondamentalmente la libert� di desiderio: cio� l'autonomia personale e la parte pi� squisitamente segreta dell'interesse che [gli altri] provano per le cose e le persone". E pu� cos� accadere che il geloso si comporti in maniera esemplare quando i suoi amici sono dipendenti da lui, ma che cambi improvvisamente d'umore se essi non hanno pi� bisogno del suo sostegno. "Simon", spiega la Bl�vis facendo riferimento ad un caso a lei noto, "pieno di sollecitudine, aveva accompagnato all'ospedale il suo migliore amico. Quando si accorse dell'eleganza dei vestiti che indossava - che testimoniava il profondo desiderio dell'amico di lottare contro il senso di disperazione che la malattia gli trasmetteva - Simon prov� una meraviglia mista a rabbia. La speranza di vivere, mostrata dall'amico attraverso la cura degli abiti, era per lui insopportabile, perch� sfuggiva al suo controllo". In questo tipo di gelosia oltre al possesso e alla dipendenza � ravvisabile anche una componente narcisistica: l'altro, in questo caso l'amico, � vissuto come un oggetto da tenere sotto controllo, una parte di s� che non pu� avere una sua vita autonoma. Una gelosia patologica di questo tipo � talvolta presente nella relazione genitore-figlio, l� dove il figlio � vissuto come un possesso indiscutibile del genitore (o viceversa). Conclusioni � importante, dunque, distinguere una gelosia normale, presente nei rapporti d'amore e d'amicizia, che si manifesta in forme lievi e a livelli accettabili, da una gelosia patologica che "vampirizza" l'esistenza di colui o colei che si � convinti di amare. La gelosia normale ha il pregio di legare le persone tra di loro, di far sentire l'amato veramente amato e quindi alla fine ha anche il pregio di trasmettere sicurezza. Sono tipiche di questa forma di gelosia frasi come: "un pizzico di gelosia non guasta mai", "se non c'� gelosia non pu� esserci amore", "quando qualcuno � geloso di me capisco di contare qualcosa per lui/lei". La gelosia patologica � di tutt'altro segno e pu� manifestarsi anche in assenza di un motivo valido. Essa trova alimento in uno o pi� dei seguenti ingredienti: a) una paura irrazionale dell'abbandono che pu� aver avuto origine nell'infanzia a seguito di una prolungata carenza affettiva oppure di un'iperprotezione soffocante che rende insicuri; b) sospetto per ogni comportamento o relazione del partner con altre persone (dell'uno come dell'altro sesso) che crea uno stato di tensione e di ansia; c) invidia e aggressivit� verso possibili rivali, che possono essere persone ma anche interessi o cose che distolgono la persona amata da s�; d) comportamenti persecutori verso il partner, controlli, interrogatori, ecc.; e) sensazione di inadeguatezza, vulnerabilit�, scarsa stima di s� e delle proprie possibilit�; f) narcisismo, possesso, volont� di controllo, eccessiva dipendenza dall'altro. Sulla base di questi elementi ognuno pu� valutare se le proprie gelosie sono accettabili oppure preoccupanti e, nel secondo caso, se si � in grado di autocurarsi, limitarsi e controllarsi o se invece � arrivato il momento di rivolgersi a uno psicoterapeuta che aiuti ad uscire dal tunnel in cui si � finiti. Che cosa pu� fare la psicoterapia In una prima fase l'individuo dovr�: - differenziarsi: arrivare a sentirsi una persona autonoma e distinta dal proprio partner, amico o genitore; - evidenziare gli aspetti nascosti della gelosia; - elaborare il lutto delle proprie manchevolezze o punti deboli: inutile cercare di recuperare ci� che non si � avuto nell'infanzia o che � andato storto nel corso degli anni. Per poter avanzare nella vita bisogna accettare l'ineluttabilit� dei fatti evitando di continuare a girare intorno alle vecchie esperienze. Solo cos� � possibile non riportare una serie di attese e pretese eccessive sul proprio partner, su amici o figli; - prendere coscienza delle proprie potenzialit� o punti di forza e ritrovare la fiducia in se stessi. In un secondo tempo, si tratter� di: - imparare a identificare le sensazioni che annunciano l'avvicinarsi di una crisi di gelosia; � importante abituarsi a guardare se stessi e la situazione da una certa distanza, cosa mai fatta in precedenza; - prendere coscienza del modo in cui si tende a reagire alle proprie emozioni e cercare di parlarne; - non lasciarsi coinvolgere, nei confronti del partner geloso, nel gioco della giustificazione permanente che, contrariamente a ci� che si immagina, non ha l'effetto di rassicurare il geloso. Il cambio di atteggiamento aiuta il geloso a capire che il problema non � legato al comportamento del partner, ma alle sue errate interpretazioni.