Agosto 2019 n. 8 Anno IV Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice Comunicato: chiusura per ferie L'irresistibile tentazione del divano Il cordoglio dell'orca E l'alunno Leonardo super� il suo maestro Bruno Pincherle: il pediatra che non c'era Comunicato: chiusura per ferie Informiamo i nostri gentili lettori che la Biblioteca rimarr� chiusa per le ferie estive dal giorno 12 al giorno 16 agosto 2019 e riaprir� luned� 19. Preghiamo coloro che si servono, per il recapito dei volumi Braille, del Corriere Espresso Bartolini di non restituire le opere durante tale periodo, al fine di evitare che alla Biblioteca vengano addebitati i costi di giacenza. Con l'occasione, formuliamo a tutti i nostri pi� sinceri auguri di buone vacanze. L'irresistibile tentazione del divano (di Pietro Trabucchi, "Psicologia contemporanea" n. 274/19) - Vediamo perch� la conoscenza astratta dei vantaggi dell'attivit� fisica fatica a convertirsi in cambiamenti concreti nello stile di vita delle persone. - Ora, per favore, non tirate in ballo la mancanza d'informazione: sui benefici del movimento e sui rischi della sedentariet� oramai anche i pi� sprovveduti hanno orecchiato qualcosa. Anzi, ci troviamo nella condizione paradossale di sapere molte cose sui benefici del movimento, ma di muoverci ancora poco. A dire il vero, fino a qualche decina di anni fa si verificava la situazione opposta: tanti anziani di oggi hanno vissuto un'esistenza piena di attivit� fisica, pur ignorando l'esistenza di forti legami tra movimento e salute. Si sono mossi tanto perch� lo richiedeva lo stile di vita di allora: le macchine erano poche, c'erano meno lavori sedentari, meno comodit�. Queste persone spesso coltivavano atteggiamenti negativi nei confronti della pratica sportiva, vedendola come interferente con le priorit� della famiglia e del lavoro; per cui fare esercizio fisico era da loro percepito come un investimento egoistico di energie, come una perdita di tempo o come uno spendersi in qualcosa di fatuo. Oggi la percezione della pratica sportiva e dei benefici dell'attivit� fisica sembra cambiata: la gente � mediamente pi� consapevole dei benefici del movimento, o almeno lo � a livello astratto. Perch�, appunto, sul piano fattuale lo stile di vita non � sempre capace di tradurre le indicazioni teoriche in prassi quotidiane. Lungi dal voler presentare accurate analisi socio-demoscopiche, direi che gli atteggiamenti nella popolazione possono essere ricondotti (ancorch� con qualche forzatura) a 3 modelli fondamentali che faremo rappresentare da tre personaggi. Il primo � Trippo Seduto, e non deriva il nome da nessun capo pellerossa: si tratta di qualcuno che vive automobili ed ascensori come appendici insostituibili del proprio corpo e che concepisce l'attivit� fisica pi� come una molestia che come un'opportunit�. � sovrappeso, iperteso, propenso a sviluppare la sindrome metabolica, un po' depresso e perfettamente consapevole del fatto che fare sport migliorerebbe la sua salute. Poich� spesso possiede un livello di istruzione medio-alto conosce i rischi della sedentariet�, tuttavia non fa nulla per cambiare. Come mai? Negli ultimi anni i benefici dell'esercizio fisico sono stati ampiamente documentati e hanno ricevuto un'attenzione particolare da parte dei mezzi di comunicazione di massa. Eppure, nonostante questi vantaggi siano stati propagandati su larga scala, nulla garantisce che i soggetti di cui parliamo percepiscano tali benefici come raggiungibili. Il senso di controllo o di competenza (o concetti analoghi, come il "senso di auto-efficacia" di Albert Bandura) rappresenta la base per innescare la motivazione verso un obiettivo. Se ritengo, a torto o a ragione, che qualcosa sia fuori della mia portata, non avr� alcuna motivazione a raggiungerlo. Nel libro Opus ho riassunto i lavori di alcuni neurofisiologi che hanno dimostrato in maniera indipendente tra loro come persino negli animali sia il senso di controllo a mediare il sistema dopaminergico alla base dei comportamenti motivati. Nel caso del nostro amico, il senso di controllo � minimo, perch� egli associa l'attivit� fisica all'essere prestanti e performanti, e dunque la vive con un senso di inadeguatezza e frustrazione; oppure percepisce i possibili benefici come troppo lontani, differiti nel tempo o difficili da raggiungere ("Ormai � troppo tardi"). Dunque a conti fatti, tra la fumosa gallina della salute domani e il bell'uovo oggi sotto forma di sof� e televisione, sceglie senza esitazione quest'ultimo. Spesso queste persone derivano da famiglie con un'ostilit� culturale verso l'attivit� fisica, oppure iperprotettive: e tendono a riprodurre questi atteggiamenti con i propri figli. O, al contrario, per compensare questo loro senso di inadeguatezza tendono a spingere violentemente i figli verso l'attivit� sportiva: ma solo perch� vogliono il figlio campione che li riscatti, senza reale interesse per la salute della discendenza. Il nostro amico Accorto Bilanciato � invece uno sportivo amatoriale: le sue motivazioni all'attivit� fisica sono il divertimento, il mantenimento di un aspetto fisico piacevole, i benefici in termini di salute, la possibilit� di sfidare s� stesso e i propri limiti, il mantenimento di un senso di efficienza psicofisica. Gli Accorti Bilanciati, una rarit� nella popolazione fino ad alcuni anni fa, ora sono molto pi� diffusi. Attuano una rivalutazione culturale della fatica fisica: non pi� come indecorosa, da evitare o da riservarsi alle classi pi� umili, ma come spazio di esperienza di cui riappropriarsi, come legame tra l'uomo e il mondo della natura. Infine, ecco Narciso Forsenni: a lui i benefici salutistici non importano molto, tant'� che spesso rischia la salute a causa del coinvolgimento eccessivo nelle pratiche sportive. N� gli importa il divertimento. N� il fare nuova esperienza di s� stesso. A livello profondo, ci� che cerca � la conferma di un'immagine di s� onnipotente, indistruttibile, senza limiti - da utilizzare per tenere a bada le proprie fragilit� interne; o per superare le ansie date dal fatto di avere un corpo velocemente deperibile come un gelato lasciato fuori dal frigo. Quello dei malati di compulsione all'attivit� fisica � un fenomeno relativamente nuovo. Il vocabolario ha dovuto frettolosamente aggiornarsi, munendosi di termini nuovi, come "vigoressia" - un nome che francamente sembra pi� appropriato per un energy drink che per una patologia mentale. Qui, certo, la sedentariet� rappresenta il pericolo minore. Il cordoglio dell'orca (di Barbara J. King, "Le Scienze" n. 611/19) - Nuove osservazioni sulla sofferenza degli animali per la morte di un compagno suggeriscono i motivi per cui alcune specie sperimentano il lutto e altre no. - Lo scorso luglio una femmina di orca identificata con la sigla J35 ha attirato l'attenzione di tutto il mondo con una veglia funebre senza precedenti. L'orca, soprannominata anche Tahlequah, fa parte del gruppo Southern Resident, una popolazione di orche tenuta sotto osservazione dai ricercatori che vive nel Mare di Salish, una zona del Pacifico al largo delle coste dello Stato di Washington e della British Columbia. J35 aveva appena partorito dopo una gestazione durata quasi un anno e mezzo; era il suo secondo parto, e la figlia era il primo cucciolo nato vivo negli ultimi tre anni nella comunit� delle orche Southern Resident. Appena 30 minuti dopo la nascita, per�, la piccola era morta. J35 non voleva lasciarla andare, e con grande fatica ha continuato a sostenere il corpicino con la testa, tuffandosi in profondit� per recuperarlo ogni volta che scivolava via. Altri membri del gruppo hanno notato la sua sofferenza: a un certo punto diverse femmine hanno formato un cerchio stretto attorno a J35, in un atto di sintonia affettiva che � durato almeno due ore. Sono passati 17 giorni e pi� di 1500 chilometri prima che J35 lasciasse andare per sempre il corpo della figlia. La risposta di J35 alla morte della piccola � stata un potente richiamo al fatto che gli esseri umani non sono l'unica specie a fare esperienza del lutto. Gli etologi sono stati a lungo restii ad attribuire questa emozione ad altre specie, ma la visione dell'argomento � cambiata con la scoperta di nuove prove. Sei anni fa scrissi un articolo per "Le Scienze" sul lutto negli animali, un campo di studi che stava appena nascendo. Da allora il numero di casi studiati � esploso. Alcuni, come quello di J35, catturano dettagli freschi e importanti su specie di cui gi� si conosceva la capacit� di sperimentare il lutto; altri documentano il fenomeno in nuove specie. Nel loro insieme, queste nuove scoperte ci danno una visione affascinante sulle origini di questa emozione. In precedenza la sofferenza per la perdita dei cari sembrava associata a mammiferi dotati di cervello grande, cio� primati, elefanti e cetacei, ma le ultime scoperte indicano che non � cos�. I mammiferi sono intelligenti, e quindi possono sperimentare il lutto in modi pi� sfaccettati di altri animali, grazie alle loro avanzate capacit� di ragionamento e alle complesse dinamiche sociali dei gruppi in cui vivono, ma � ormai evidente che l'espressione di questo tipo di dolore non dipende solo dalle dimensioni relative del cervello o dalle capacit� cognitive. La capacit� di formare relazioni strette emerge come fattore significativo a s� stante nel determinare quali specie piangano la perdita dei loro compagni. Definire il lutto Lo studio del lutto negli animali � un campo ancora cos� nuovo che i ricercatori fanno tuttora fatica a definirlo. Nel 2017, nella cittadina di Prescott, in Arizona, � morta una femmina adulta di pecari dal collare, una specie di mammiferi suiformi detta anche javelina o porco muschiato. L'esemplare faceva parte di una piccola mandria di cinque individui, e per i dieci giorni successivi alla morte gli altri membri del gruppo hanno visitato il corpo della compagna defunta, mangiando nelle vicinanze, dormendo a ridosso del cadavere e proteggendolo dai predatori. A registrare questa prolungata risposta alla morte � stata una telecamera con sensore di movimento installata da Dante de Kort, un bambino di terza elementare. De Kort aveva ricevuto la telecamera in regalo per il compleanno e l'aveva collocata due giorni dopo aver notato il cadavere di pecari nei pressi di casa sua. Quando, un mese dopo, ha mostrato le immagini del comportamento dei pecari alla fiera scientifica della scuola, si � trovato di fronte la biologa Mariana Altrichter, del Prescott College. L'incontro fortuito tra il ragazzino e la ricercatrice ha portato alla pubblicazione di un articolo sulla rivista "Ethology" (de Kort figurava come autore principale) e al riaccendersi della discussione tra gli studiosi a proposito della definizione e dell'ampiezza del lutto nel regno animale. De Kort aveva installato la telecamera a 5 metri dal corpo della femmina di pecari e l'aveva impostata in modo che registrasse video di 10 secondi a intervalli di 30 secondi. In totale la telecamera ha ripreso 93 video nei quali si vedono esemplari di pecari. Per circa met� del tempo totale delle registrazioni c'erano membri della mandria presenti nel raggio di 5 metri dall'esemplare morto e per pi� di un terzo del tempo erano in contatto diretto con il cadavere. In diversi momenti strofinavano il naso contro il corpo della compagna morta, lo annusavano, lo guardavano, lo mordicchiavano, cercavano di sollevarlo. Hanno anche dormito a contatto con il cadavere e l'hanno difeso dai coyote. Nell'articolo, de Kort e i suoi coautori hanno notato che la risposta di quei pecari ampliava la complessit� comportamentale nota per il gruppo e dimostrava che erano simili a umani e scimpanz� nel modo di reagire di fronte alla morte. Tuttavia non sono arrivati al punto di definire quei comportamenti come luttuosi, anzi hanno affermato che "non � possibile determinare se si tratti di lutto". Nell'albero genealogico dei mammiferi, i pecari si collocano sul ramo degli Artiodattili, un ordine a cui appartengono anche pecore e antilopi. Si sa poco del lutto negli Artiodattili, ma il comportamento dei pecari rispecchia fedelmente i criteri di definizione del lutto che ho delineato nel mio libro del 2013 How Animals Grieve: in seguito a una morte, i sopravvissuti modificano il proprio comportamento in modi significativi che indicano sofferenza. A seconda della specie, questi cambiamenti possono comprendere ritmi atipici per l'alimentazione o il sonno, un allontanamento dalle attivit� sociali e la manifestazione del proprio sconforto nei pressi del cadavere per mezzo di vocalizzazioni, espressioni facciali o linguaggio corporeo. Possiamo affermare con assoluta certezza che quei pecari, o alcuni di essi, stessero esprimendo il proprio lutto e non stessero piuttosto mostrando un pi� generale turbamento per l'alterazione nelle dinamiche della mandria? No. La mia definizione si basa sull'interpretazione di indizi che i singoli animali ci mostrano e in questa pratica un margine di errore � inevitabile, perch� non siamo in grado di leggere nella mente degli animali o di conoscerne le intenzioni. Tuttavia, sapendo che i pecari si riuniscono in gruppi piccoli e coesi caratterizzati soprattutto dalla cooperazione e da interazioni amichevoli come pulirsi il pelo a vicenda, mi sembra altrettanto pericoloso escludere la possibilit� che si tratti davvero di una forma di lutto, cosa che in effetti � altamente probabile. In una e-mail, Altrichter mi ha spiegato che, nell'articolo, lei e i colleghi si erano volutamente trattenuti dall'interpretare l'aspetto emotivo del comportamento dei pecari, preferendo limitarsi a riferire i fatti osservabili, ma ha anche ammesso che la risposta di quegli animali "corrisponde a una definizione ragionevole di lutto negli animali non umani". Nel campo del comportamento animale, o etologia, la riluttanza a parlare esplicitamente di lutto nella letteratura scientifica deriva dal fatto che il settore ha spesso accusato di antropomorfismo (la proiezione di qualit� o capacit� umane su altre specie) gli scienziati che si avventurano nel campo delle emozioni animali. Ancora oggi capita che quelle accuse tornino a galla nella comunit� scientifica. Eppure � proprio l'etologia a dimostrare che nel regno animale noi umani non abbiamo il monopolio sull'espressione della tristezza (e a dire il vero neanche del suo opposto, la gioia). A questo punto un chiarimento sulla terminologia � indispensabile. Nelle neuroscienze, in inglese si pu� distinguere tra emotion (emozione), che � uno stato fisico del corpo innescato da stimoli esterni, e feeling (sentimento), che � invece uno stato mentale che accompagna i cambiamenti dello stato fisico. In questo schema, i sentimenti sono esperienze coscienti. Quando uso il termine "emozione", per�, non intendo significare che gli animali non siano coscienti del proprio lutto. Nel mio quadro di riferimento, che � comune in antropologia e in psicologia dello sviluppo, la percezione e l'elaborazione degli stimoli nei circuiti cerebrali preparano effettivamente un individuo a esprimere un'emozione, ma quell'emozione emerge nel contesto di un evento che si svolge tra partner sociali. � espressa da animali che sono esseri consapevoli, coscienti. Per questo sarei sorpresa se qualche ricercatore osservasse il lutto in insetti sociali come le formiche, le termiti e le api, che recuperano e a volte persino seppelliscono i corpi dei loro compagni morti, ma lo fanno usando esclusivamente un sistema di segnali chimici, senza prendere alcuna decisione consapevole. Dolore per tutti I pecari sono una prova evidente che la capacit� di esprimere il lutto non � limitata agli animali dotati di cervello grande, ma non sono l'unica specie. Un video registrato al rifugio per asini Donkey Farm Foundation, nei Paesi Bassi, mostra alcuni asini turbati che vagano ed emettono vocalizzazioni molto forti attorno al cadavere di un vecchio maschio steso a terra. La tristezza di un asino era l'oggetto anche di un rapporto che ho ricevuto nei primi mesi del 2018 dal rifugio per animali Farm Animal Rescue and Rehoming Movement (FARRM) di Alberta, in Canada. La fondatrice Melissa Foley e la volontaria Stephanie Belland erano preoccupate perch� una femmina di asino residente nella struttura, Lena, aveva grandi difficolt� a riprendersi dopo la morte del cavallo Jake, al quale era stata molto vicina per tre anni. Quando Jake, che aveva 32 anni, si era ammalato gravemente, un veterinario lo aveva abbattuto. La prima notte il corpo era rimasto l�, coperto da un telone in attesa della sepoltura, ma Lena aveva strappato la copertura. "Lena gli ha girato attorno per tutta la notte, rifiutandosi di allontanarsi", ricordavano Foley e Belland. "Il giorno seguente, quando abbiamo sepolto Jake, ha seguito il corpo fino alla fossa che avevamo scavato e poi � rimasta a vegliare sulla tomba per giorni, muovendo la terra con gli zoccoli e ragliando per tutta la notte. Non ha voluto allontanarsi neanche per mangiare o per bere". Questa descrizione mi ha fatto venire le lacrime agli occhi. Nelle settimane successive Lena aveva iniziato a riprendersi; un po' alla volta aveva ricominciato a mangiare e a bere normalmente e aveva cercato la compagnia di altri cavalli. Forse il fatto che le fosse stata data la possibilit� di passare del tempo con il cadavere di Jake le era stato d'aiuto. In effetti nei rifugi, negli zoo e nelle cliniche veterinarie � sempre pi� comune dare questa possibilit� al compagno sopravvissuto, un risultato della ricerca sul lutto animale che io apprezzo molto. Secondo Salise Shuttlesworth, fondatrice e direttrice del rifugio per animali Friends For Life di Houston, in Texas, anche i furetti esprimono tristezza di fronte alla morte dei compagni. In una situazione tanto inattesa quanto triste, tutt'e quattro le femmine di furetto di Shuttlesworth, che avevano dai sette agli otto anni, sono morte per cause diverse nel giro di sei settimane. Le due che sono sopravvissute pi� a lungo sono state Pinky ed Effie. Quando l'insufficienza renale di Effie ha raggiunto uno stadio avanzato, Shuttlesworth ne ha organizzato l'eutanasia. Prima di quel momento, Pinky aveva cercato in tutta la casa un'altra amica furetto a cui era affezionata, che era morta in precedenza. Quando � iniziata la procedura per l'eutanasia di Effie, Pinky ha reagito di nuovo in modo netto. "Si � intromessa tra le mani del dottore ed Effie", mi ha raccontato Shuttlesworth. "Quando il dottore cercava di sentire il cuore di Effie, Pinky si metteva sotto lo stetoscopio. Ha iniziato a pulire l'orecchio di Effie. Alla fine le si � distesa a fianco, ferma immobile". Per pi� di due ore dopo la morte di Effie, Pinky non si � mossa. � morta di insufficienza cardiaca il giorno seguente. Nel corso degli anni ho ricevuto relazioni credibili anche a proposito di gazze ladre e oche canadesi che mostrano grande sofferenza nel vedere il cadavere di un compagno o partner. Sapere che le mucche esprimono il lutto quando i vitellini muoiono o sono portati via per sempre pochi giorni dopo la nascita, come avviene in molti allevamenti, ha contribuito alla mia recente decisione di seguire una dieta prevalentemente di origine vegetale. Ma non tutte le reazioni degli animali alla morte si possono classificare come lutto. Mio marito e io abbiamo fotografato gli eventi dopo la morte della nostra gatta, Hayley. Abbiamo deposto il corpo di Hayley a terra su un telo nel recinto esterno, dove vivono sei gatti allo stato semibrado, tra cui la sorella di Hayley, Kayley. Diversi altri gatti si sono avvicinati per ispezionare e annusare il cadavere, ma non Kayley, che invece � rimasta ferma a fissare la sorella da lontano per vari minuti dopo che tutti gli altri erano tornati alle loro normali attivit�, ma non ha pianto, come fanno a volte i cani e i gatti quando devono affrontare la morte di un amico. Kayley soffriva per il lutto? In base allo stretto rapporto che aveva con la sorella sospetto di s�, ma non posso prendermi la responsabilit� di affermare che il lutto c'era quando Kayley non lo esprimeva con alcun segnale visibile. A volte prevalgono anche spiegazioni alternative pi� credibili. Nel 2017 gir� un video in cui si vedeva un gruppo di tacchini selvatici che giravano attorno al corpo di un gatto morto sulla strada. Quando il video divent� virale, saltarono fuori alcune teorie fantasiose: era forse una sorta di rito mortuario emotivo interspecie? � molto pi� probabile, secondo i biologi, che i tacchini avessero notato un cadavere e stessero mostrando una curiosit� istintiva, seguendosi l'un l'altro nell'avvicinarsi al corpo per controllare. Vincoli stretti Oltre a espandere di molto la variet� di specie di cui si conosce l'espressione del lutto, questi e altri esempi documentati di recente fanno luce sulle condizioni sociali da cui nasce questa emozione. In un articolo scritto nel 2018 per un numero speciale della rivista "Philosophical Transactions of the Royal Society B" dedicato alle reazioni animali e umane alla morte, Claire F.I. Watson e Tetsuro Matsuzawa, entrambi al Primate Research Institute dell'Universit� di Kyoto, in Giappone, hanno osservato che la maggior parte dei rapporti compilati finora sulle reazioni dei mammiferi alla morte riguardano una madre e la sua prole. Questo � vero, ma ci sono alcune eccezioni interessanti. Oggi sappiamo che nei primati anche altre relazioni sociali strette oltre a quella madre-figlio possono dare origine a reazioni intense alla morte. Quando Thomas, uno scimpanz� maschio di nove anni, mor� per un'infezione polmonare al Chimfunshi Wildlife Orphanage, in Zambia, nel 2011, altre scimmie del suo gruppo di 43 individui passarono del tempo accanto al cadavere, spesso con un'immobilit� fisica del tutto atipica per questa specie, che � molto eccitabile. Nel descrivere questo comportamento in un articolo del 2017 su "Scientific Reports", Edwin J.C. van Leeuwen, dell'Universit� di St. Andrews, in Scozia, ha notato che due individui che avevano rapporti sociali stretti con Thomas esibivano reazioni pi� manifeste. Pan, il maschio adulto con cui Thomas aveva stretto amicizia, visit� il corpo pi� spesso rispetto agli altri due maschi e si esib� in comportamenti energici attorno al cadavere. Noel, una femmina adulta che aveva adottato Thomas dopo la morte di sua madre, fece una cosa che non era mai stata osservata prima negli scimpanz�: pul� i denti di Thomas con un attrezzo fatto di fili d'erba. Noel continu� a farlo anche quando i dipendenti del rifugio attirarono gli altri individui lontano dal cadavere con un po' di frutta. Non � dato sapere quanto a lungo sarebbero durati i comportamenti insoliti di questi animali (che sono per lo meno compatibili con l'espressione del lutto) se il corpo di Thomas non fosse stato portato via dal personale del rifugio 20 minuti dopo essere stato scoperto. Abbiamo ricevuto altri esempi di lutto al di fuori del rapporto madre-figlio anche dai nostri pi� lontani cugini tra i primati. Sei anni fa notavo la quasi totale assenza di prove convincenti di risposte emotive alla morte nelle scimmie, ma la situazione � cambiata: comportamenti del genere sono stati riferiti nello uistit� dai pennacchi bianchi e nella bertuccia. E nel 2016 Bin Yang, dello Shaanxi Institute of Zoology, in Cina, e colleghi hanno annunciato di aver osservato reazioni alla morte nel rinopiteco dorato nella Cina centrale. Una femmina era caduta da un albero e aveva battuto la testa su un sasso. Mentre era a terra, gravemente ferita, i suoi compagni le sono stati attorno per quasi un'ora e si sono "occupati da vicino" di lei, "guardandole e a volte annusandole il volto, pulendole il pelo, abbracciandola e tirandola piano per la mano", hanno riferito Yang e i suoi coautori. L'unico maschio adulto del gruppo ha lanciato grida di avvertimento quando hanno tentato di avvicinarsi due esemplari di un altro gruppo. Quando la femmina � morta, il maschio l'ha toccata pi� volte e l'ha tirata per la mano. Dopo circa cinque minuti se n'� andato, ma il giorno dopo � ritornato assieme al gruppo sul luogo dove era morta (il corpo era stato sepolto da un assistente di ricerca). Il maschio aveva avuto un legame forte con quella femmina per tre anni. La ricerca sul lutto negli animali ha fatto molti passi avanti, ma rimane ancora moltissimo da scoprire. Per prima cosa � necessario testare le nostre ipotesi sui fattori che determinano se una specie sperimenta il lutto o no. Un articolo pubblicato nel 2018 sulla rivista "Zoology" da Giovanni Bearzi, presidente dell'associazione italiana senza fini di lucro Dolphin Biology and Conservation, propone una via possibile in questo senso. Bearzi e colleghi hanno esaminato tutte le pubblicazioni dal 1970 al 2016 che descrivono casi dei cosiddetti "comportamenti di interesse postmortem" in singoli cetacei. Hanno incluso nella ricerca sia cetacei allo stato brado che in cattivit�, ma hanno escluso gli eventi avvenuti in cattivit� in condizioni che non si sarebbero presentate allo stato brado. I comportamenti osservati comprendono esempi di balene e delfini che si prendevano cura di un cadavere, lo tenevano a galla e lo trasportavano. Se in alcuni casi � possibile che l'animale sopravvissuto stia cercando di riportare in vita un morto con cui aveva un rapporto sociale, in altri casi i comportamenti di interesse post mortem rispecchiano in modo evidente i criteri di definizione del lutto: comportamenti modificati che durano per giorni e indicano sofferenza. Lo studio ha scoperto che quasi un quarto delle 88 specie di delfini e balene esibisce comportamenti di interesse post mortem di qualche tipo. La stragrande maggioranza dei casi (il 92,3 per cento) si � verificata nei Delfinidi, una famiglia di cetacei piuttosto piccoli che comprende delfini, orche e globicefali. Al contrario nei grandi Misticeti, cio� le balene con i fanoni, non sono stati osservati comportamenti di interesse post mortem, a parte una singola eccezione. � interessante notare che i Delfinidi hanno un cervello pi� grande e sono pi� socievoli rispetto ai Misticeti. � questo il futuro della ricerca sul lutto negli animali: l'analisi comparativa delle reazioni alla morte in specie strettamente imparentate. Il lutto negli animali � un argomento che tocca le persone molto pi� di qualsiasi altro soggetto di cui io abbia scritto in trent'anni. Perch�? Una prospettiva interspecie sul lutto ci dice che l'espressione di emozioni intense attorno alla morte non � un'esclusiva umana, ma si riscontra anche in altri animali le cui relazioni sociali vanno oltre il "legame" adattivo per la sopravvivenza e la riproduzione. Riconoscere questo dato di fatto ci offre una via importante per entrare in contatto con il mondo naturale. Ma oltre a soffrire emotivamente a causa della separazione da un amico o da un parente, ci sono altre specie oltre alla nostra in cui gli individui percepiscono la permanenza della morte? O che sono in grado di anticipare la propria scomparsa? Mi chiedo se possano esistere prove scientifiche in grado di rispondere in modo soddisfacente a domande del genere. Di certo, � probabile che l'avanzare delle osservazioni etologiche possa rivelare un quadro sempre pi� preciso di chi soffre il lutto e in quali circostanze. E l'alunno Leonardo super� il suo maestro (di Vittorio Sgarbi, "Focus" n. 320/19) - Quando se ne accorse, Andrea del Verrocchio rinunci� alla pittura. Ma i due artisti si influenzarono a vicenda ancora per molto. - A cosa serve un maestro? A imparare cos� bene da superarlo. � esattamente cos� che comincia la carriera di Leonardo, dotatissimo come disegnatore, al punto che Ser Piero, il padre, "considerata la elevazione di quello ingegno, presi un giorno alcuni dei suoi disegni li port� ad Andrea del Verrocchio che era molto amico suo, e lo preg� strettamente che gli dovesse dire se Leonardo, attendendo al disegno, farebbe alcun profitto". Idea ottima per Leonardo, che rapidamente apprese e prontamente matur�, fino all'incidente che Giorgio Vasari racconta con malcelata soddisfazione. Ecco i fatti: "Acconciossi, per via di Ser Piero, nella sua fanciullezza a l'arte con Andrea del Verocchio, il quale faccendo una tavola dove San Giovanni battezzava Cristo, Lionardo lavor� uno angelo, che teneva alcune vesti; e bench� fosse giovanetto, lo condusse di tal maniera, che molto meglio de le figure d'Andrea stava l'angelo di Lionardo. Il che fu cagione ch'Andrea mai pi� non volle toccare colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse pi� di lui". Cherubini a confronto Nessun dubbio che sia andata cos�: l'angelo di Leonardo, � un prodigio di grazia. Ed � proprio quello che si vede: davanti a noi, con un bellissimo disegno, con gli occhi imbambolati, l'angelo di Verrocchio ci guarda smarrito, immobile, spaesato. L'altro, dipinto da un ragazzo di diciassette anni, ha una formidabile vivezza, una luce negli occhi che guardano lontano, la morbidezza degli incarnati, i capelli ravvivati dalla luce sui riccioli d'oro. Leonardo dipinge stati d'animo e, nel caso dell'angelo, la beatitudine incontenibile di essere stato scelto. L'angelo di Leonardo vive, si agita; quello di Verrocchio � statico, immobile, perfino incredulo. Se � vero che Verrocchio smette di dipingere, passano alcuni anni e Leonardo dipinge il suo primo capolavoro: la Madonna del garofano dell'Alte Pinakothek di Monaco. Continua con le prove ad effetto, vuole stupire: "Fece poi Lionardo una Nostra Donna in un quadro, ch'era appresso Clemente VII, molto eccellente. E fra l'altre cose che v'erano fatte contrafece una caraffa piena d'acqua con alcuni fiori dentro, dove oltra la maraviglia della vivezza, aveva imitato la rugiada dell'acqua sopra, s� che ella pareva pi� viva che la vivezza". Affinit� e coincidenze Basterebbe. Ma intanto se dobbiamo credere alle parole del Vasari, Verrocchio si � risolto a muoversi nella scultura; ed ecco la bella Dama del mazzolino con la sua blusa trasparente e perfetta nelle minuzie, e le mani delicatissime, una delle quali stringe un mazzetto di fiori. Leonardo quel motivo se lo disegna in un meraviglioso foglio conservato nel castello di Windsor, ma � evidente che la sua concezione si sovrappone a quella di Verrocchio tanto che Wilhelm Sode e Adolfo Venturi (storici dell'arte a cavallo tra '800 e '900, ndr) pensarono, per la scultura, a una collaborazione con Leonardo, di cui anche il volto reca quella indefinita vaghezza che caratterizza il ritratto leonardesco della Ginevra de'Benci, in cui ritorna anche il motivo dell'arricciamento dei capelli oltre la scriminatura. D'altra parte, Verrocchio nella descrizione del Vasari sembra essere un Leonardo pi� costante, pi� strutturato: "gli piacevano gli studi et ogni cosa dove si aveva a durare fatica, non gli bastando in una sola essere tenuto valente". E se nella scultura "prevenne al sommo de' gradi" era "persona cui non bastava in una sola cosa essere eccellente ma desiderava essere il medesimo in altre ancora". Lo scambio tra pittore e scultore nella sensibilit� della bellezza plastica dei volti femminili che ritroviamo anche nel Busto della Frick Collection o nella sorprendente Eroina antica del Castello Sforzesco (una replica della quale � al Victorian & Albert di Londra) � il segno di una stabile intrinsichezza del maestro con l'allievo e, infatti, il dialogo fra i due si ripropone anche nella novit� della Madonna con il bambino del Verrocchio ai musei di Berlino, per la quale Gustav Waagen (storico dell'arte, 1794-1868, ndr) aveva proposto il nome di Leonardo giovanissimo e Roberto Longhi (storico e critico, 1890-1970, ndr) quello di Perugino. Verrocchio dunque � in grado di stupire per la trasfigurazione delle intuizioni plastiche di Piero della Francesca in una pittura pi� morbida, sfumata, presaga di Leonardo. E anche, qualche tempo dopo, in coincidenza con il Battesimo di Cristo, pietra dello scandalo, nella Madonna di Volterra ora alla National Gallery di Londra i due angeli sembrano riprodurre il contrasto di quelli del Battesimo: uno pi� ispirato, l'altro pi� plastico, anche nella maggiore morbidezza dell'esecuzione pittorica. In questo momento, tra il 1470 e il 1472, i due pittori sembrano intersecarsi, cercare un punto comune prima di prendere strade diverse. Forse proprio nella Madonna di Volterra si registra la maggior affinit� e quasi coincidenza stilistica. L'omaggio prima del congedo Ma quando nella Annunciazione degli Uffizi Leonardo prende il volo, il patto sembra sancito: Leonardo, come gi� nella Madonna del garofano, dipinger�, con memore riconoscenza e con diretta citazione, quello che Verrocchio scolpisce. Cos�, nel basamento marmoreo del legg�o della Vergine, che sembra uscita definitivamente dallo schema di Verrocchio nel disegno di Giovane donna a mezzo busto vista di tre quarti del Louvre, si avverte la citazione diretta del mirabile sarcofago con i rilievi bronzei del Verrocchio per la tomba di Piero e Giovanni de' Medici nella sagrestia vecchia di San Lorenzo. Lo scatto meraviglioso della zampa si ritrova in quella base in puro marmo di Carrara, di disegno lindo come un esercizio di Accademia. Esso appare l'estremo omaggio e il congedo di Leonardo al maestro venerato e celebrato come scultore nella citazione, mentre l'allievo si avvia verso altri orizzonti. E, con la Madonna Benois dell'Ermitage, indicher� ben altra strada nella rappresentazione dei sentimenti e degli affetti, rispetto all'energia espressa nel linearismo plastico del maestro. Leonardo si inoltra nelle profondit� del cuore. Verrocchio lo penser� con rabbia e nostalgia. Bruno Pincherle: il pediatra che non c'era (di Chiara Palmerini, "Focus Storia" n. 152/19) - Bruno Pincherle, medico, uomo di cultura e antifascista, vedeva lontano nella cura dei bambini: con loro era attento, scrupoloso, umanissimo e complice. - Baffetti, naso e mento appuntiti, occhiali, impermeabile, berretto alla Sherlock Holmes e immancabile valigetta alla mano. Ecco il dottor Pincherle, ovvero Bruno Pincherle, medico pediatra vissuto a Trieste nella prima met� del Novecento. Era lui stesso a ritrarsi cos�, con una punta di ironia. Uomo dalla personalit� forte e generosa, amico del poeta Umberto Saba, importante studioso di storia della medicina e dello scrittore Stendhal (la sua raccolta di manoscritti e documenti � conservata alla Biblioteca Sormani di Milano), Pincherle dedic� la sua vita a curare i bambini. E pass� dalla difficolt� di applicare le conoscenze delle nuove scoperte scientifiche in una societ� sfinita dalla guerra, alla necessit� di combattere problemi "moderni" come l'alimentazione eccessiva e sofisticata, la sedentariet� e i consumi dettati dalla pubblicit�. Federica Scrimin, ginecologa all'Ospedale Burlo Garofolo di Trieste, ha dedicato due biografie a questo medico "speciale", che intrecci� la passione per la sua professione con lo studio della storia della medicina tra '600 e '900 e l'impegno politico: Libri, carte e disegni di Bruno Pincherle - Per una storia della pediatria (EUT) e Un dottore tutto matto, sulla testa un gatto, un libro per ragazzi da poco ripubblicato da Editoriale Scienza dopo l'uscita anche in Cina. "La voglia di far conoscere questo personaggio � nata dall'entusiasmo, quasi dall'innamoramento, con cui le sue ex-pazienti, diventate madri e nonne, mi mostravano i "disegnini" del loro vecchio pediatra, raccontandomi le sue avventure", spiega Scrimin. Ed � proprio dalle cartelle cliniche degli anni Trenta conservate all'Ospedale Maggiore di Trieste, dalle ricette spesso corredate da schizzi e disegni tenute nei cassetti, e dagli appunti sui testi di storia della medicina che emerge l'originale, umanissima figura di Pincherle. Nel 1929, fresco di laurea (si era diplomato all'Universit� di Firenze nel 1927), gli si present� subito l'occasione per mettere in pratica quella che diventer� la cifra della sua attivit� di medico e di politico: prevenire le malattie, prima di curarle, agendo sul contesto sociale. Qualche esempio? Uno dei problemi pi� drammatici per la neonatologia di quegli anni erano le terribili diarree che colpivano i lattanti, nutriti con latte mal conservato. Dal 1901 al 1905, come riporta una relazione dell'epoca, i bambini sotto i 12 mesi morti a Trieste per gastroenteriti furono 320 l'anno. E anche dopo la fine della Seconda guerra mondiale la situazione non era cambiata di molto. Diventato responsabile del Dispensario istituito pochi anni prima sul modello delle "case del latte" create in Germania, per organizzare la distribuzione di latte sterilizzato, Pincherle si butt� anima e corpo nel miglioramento di questo servizio. Pochi anni dopo disse con entusiasmo: "Nel 1932 abbiamo distribuito 37-mila litri di latte; nel 1934 39.500!". Tanto da indurre qualcuno a chiedergli: "Scusi, ma dove ha la latteria?". Dal 1931 divent� poi dipendente della Societ� Amici dell'Infanzia, istituto filantropico privato: non aveva preso la tessera del Partito fascista ed era di famiglia ebraica, quindi non poteva essere assunto direttamente da un ospedale, ma solo "prestato". Il lavoro in reparto lo mise a contatto con le malattie causate dalla povert�, e con la durezza delle condizioni di vita. "Le cartelle cliniche scritte da Pincherle raccontavano storie", osserva Federica Scrimin. "Lui descriveva le case, le stanze umide e poco soleggiate, abitate da troppe persone, le condizioni della famiglia, il problema della disoccupazione...". Spesso i neonati ricoverati non erano malati, ma abbandonati dalla madre alla nascita. Tanto che in ospedale c'era uno spazio dedicato alle balie che allattavano i figli di ignoti. E "distrofia da farina" era una diagnosi frequente: nutriti solo a base di pappine di farina e acqua, i piccoli si ammalavano per carenza di proteine, vitamine, grassi. Non per nulla la cura in ospedale consisteva essenzialmente in una buona alimentazione: "Latte quattro volte al giorno, pappette di riso due volte al giorno, olio di fegato di merluzzo, acido ascorbico o succo di limone" era una tipica prescrizione di Pincherle dell'epoca. E non si fermava qui. Aveva persino un conto aperto in macelleria per dare un aiuto alle famiglie che non riuscivano a garantire ai figli un'alimentazione adeguata. Poi c'erano le malattie infettive a trasmissione sessuale, come sifilide e gonorrea. Pincherle inizi� a studiare il problema dopo avere incontrato la piccola Norina, nel 1933. La bambina, a un mese di et�, presentava tutti i segni caratteristici di quello che allora si chiamava "morbo gallico": le eruzioni cutanee, il naso infossato, definito "a sella", le convulsioni causate dai danni cerebrali. Pincherle stimava che almeno un centinaio di bambini ogni anno nascessero affetti da sifilide, perch� le loro mamme non erano mai state curate durante la gravidanza. Sar� solo la penicillina a cambiare il destino di questi bambini che in quegli anni, trattati con disinfettanti a base di mercurio e arsenico, raramente ce la facevano, o subivano effetti collaterali pesantissimi. Nel 1938 Pincherle fu licenziato a causa delle leggi razziali. Dopo un periodo di prigionia in un campo del Sud Italia, il 15 ottobre 1945, a guerra finita, riprese servizio alla Clinica Pediatrica di Trieste. Una nota di fine ottobre indirizzata alla Croce Rossa svizzera testimonia le condizioni in cui lavorava: "Vi sarei grato se poteste fornire la Clinica Lattanti di via Manzoni 16 di vitamina D (quattro flaconcini da mezzo litro) e medicinali di uso comune per 6.000 bambini, in particolare calcio, ferro, antirachitici, aspirina, garze, cotone". Poi c'era la poliomielite. Prima dell'introduzione del vaccino, la malattia mieteva vittime anche in Italia. Pincherle prov� a utilizzare i primi trattamenti con siero di pazienti guariti, che non sempre funzionavano. D'altra parte, ai tempi giravano anche ciarlatani che sfruttavano la credulit� e la disperazione dei genitori, vendendo uno sciroppo "fatto di niente" che non aveva alcuna efficacia contro la malattia. Sar� solo negli anni Sessanta, con l'introduzione del vaccino messo a punto da Salk e Sabin, che la poliomielite verr� definitivamente sconfitta. E per rassicurare le mamme spaventate dalle vaccinazioni da poco introdotte, Pincherle raccontava loro la storia di Jenner e del suo rimedio contro il vaiolo ricavato dalle vacche (da cui il termine "vaccino"). Oggi si direbbe che il dottore triestino aveva un approccio "olistico" alla salute dei bambini e dei ragazzi: non si preoccupava solo del loro benessere fisico, ma anche della loro educazione, dell'ambiente in cui vivevano e delle relazioni sociali. Suoi amici e conoscenti raccontano che, nell'immediato secondo dopoguerra, per togliere i ragazzi dalla strada avesse stretto accordi con i bulli, a capo delle varie bande cittadine, coinvolgendoli in diverse attivit�, dalla distribuzione di aiuti alimentari alle famiglie bisognose, all'accompagnamento dei bambini pi� piccoli alle visite mediche. Nel 1954 Pincherle and� in pensione: era deluso e avvilito dalla mancata carriera in ospedale per colpa del periodo di esclusione dovuto alle leggi razziali, ma continu� la pratica privata ed entr� in politica. Nel 1955, eletto in consiglio comunale, si impegn� per denunciare e cercare di risolvere i problemi concreti che notava nella sua attivit� quotidiana. Negli Anni '50, in Italia, la pediatria muoveva ancora i primi passi: i bambini erano curati prevalentemente da medici generici, e anche in ospedale il lavoro del pediatra era solitario: "Non c'era sistema, non c'erano indicazioni", scrive un altro famoso pediatra triestino, Franco Panizon, fondatore della Associazione Culturale pediatri e della rivista Medico e Bambino. Con l'arrivo degli anni Sessanta, i temi scottanti diventarono le sofisticazioni e le frodi alimentari. Una battaglia personale di Pincherle fu allora quella contro le bibite gasate, e contro la pubblicit� di un famoso formaggino industriale che le mamme mettevano nelle minestrine al posto di quello fresco. Denunci� anche la cattiva abitudine di far saltare ai ragazzi le lezioni di educazione fisica, tenendoli seduti in classe per intere mattine. E, precursore come sempre, cerc� di portare un po' di modernit� nella barbarie di certi interventi chirurgici, battendo a varie porte perch� la tonsillectomia, allora cos� diffusa, fosse fatta con l'anestesia, non con bambini svegli e legati, come invece si faceva. Nel 1966 gli fu diagnosticata una leucemia e il 5 aprile 1969 la malattia lo port� via agli studi e ai piccoli, amatissimi ammalati. Penicillina per tutti La penicillina, la "muffa" con propriet� antibatteriche scoperta nel 1928 da Alexander Fleming, cominci� a essere prodotta su larga scala dagli americani durante la Seconda guerra mondiale. Il rimedio miracoloso arriv� in Italia proprio con le truppe statunitensi, e al Sud cominci� a risalire lo stivale come l'esercito alleato. Non si trovava ancora in farmacia, ma veniva distribuita, nei casi pi� gravi, dalle prefetture. Dato il prezzo alto e la scarsa disponibilit�, nacque una sorta di mercato nero per il commercio delle fiale. Bruno Pincherle si mosse per organizzare la distrbuzione gratuita. Present� una relazione al Consiglio di Zona che nel Dopoguerra amministrava la citt�, e fece approvare uno stanziamento per l'acquisto e la distribuzione dei farmaci ai ricoverati. Nel 1946, Trieste fu la prima citt� in Italia in cui gli antibiotici vennero forniti gratuitamente in ospedale.