Settembre 2018 n. 9 Anno III Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri per un importo pari ad euro 23.084,48 e del MiBACT per un importo pari ad euro 4.522.099. Indice La sfida dell'euro Del morire e del vivere La nave segreta La sfida dell'euro (di Thierry Vissol, "Prometeo" n. 142/18) (Seconda parte) Di fatto, la storia sembra spesso balbettare: i tedeschi conducevano gi� una politica virtuosa con un forte avanzo commerciale e ritenevano che gli altri paesi, le cui politiche economiche erano meno bilanciate e poco rivolte al rispetto di equilibri macroeconomici, avrebbero dovuto adattarsi e quindi pagare i costi dell'aggiustamento dei tassi di cambio. D'altro canto, questi ultimi consideravano la politica tedesca ed il suo avanzo commerciale strutturale, una delle cause dei loro disequilibri. Di conseguenza, i costi d'aggiustamento, in particolare in materia di politica monetaria, avrebbero dovuto essere condivisi. La Francia decise quindi di avviare un braccio di ferro con la Germania, lasciando navigare in cattive acque la propria moneta, obbligando la Bundesbank ad intervenire senza limiti, secondo le regole di funzionamento dello SME. Una situazione che rischiava di creare una forte inflazione in Germania, un rischio inaccettabile per i tedeschi. Quest'ultimi saranno quindi obbligati ad accettare un riequilibrio dei diritti e dei doveri, concretizzato con un accordo tra banche centrali, detto "accordo Basilea-Nyborg" nel 1987. Allo stesso tempo, a seguito dei lavori effettuati dalla Commissione durante gli anni '70 sulle condizioni necessarie per la creazione di una zona monetaria ottimale (il rapporto "Optica" per OPTImal Currency Area, del 1975) e la prospettiva di un'unione monetaria iscritta nell'accordo dello SME, avevano portato a modificare il Trattato di Roma (l'Atto Unico firmato nel 1986) per creare un vero mercato unico. Questo nuovo trattato aveva come obiettivo di assicurare la piena libert� di movimento di persone, merci, servizi e capitali nel 1992. Per facilitare questi movimenti, fu firmato l'accordo di Schengen nel 1990, per eliminare i controlli alle frontiere tra i paesi membri. Il mercato unico doveva essere realizzato grazie all'adozione di oltre 300 direttive e sar� cos�, salvo per il mercato dei servizi. Questo tassello mancante del puzzle porter� all'adozione della direttiva "Servizi" denominata direttiva Bolkestein nel 2006. Il miglioramento della situazione economica e monetaria, dopo l'accordo Basilea-Nyborg del 1987, e la prospettiva di realizzazione del mercato unico, conducono il Consiglio europeo, tenuto a Hannover il 27 e 28 giugno 1988, a richiedere un rapporto ad un gruppo di esperti di alto livello, presieduto dal presidente della Commissione Jacques Delors, sulle condizioni e le modalit� di creazione di un'unione economica e monetaria che ne sarebbe il complemento e potrebbe aprire ad un'unione politica del continente. Presentato nell'aprile 1989, il Rapporto Delors fu adottato dal Consiglio europeo di Madrid del 27 e 28 giugno 1989. Il Consiglio proponeva tuttavia, su domanda tedesca, di studiare le tappe concrete prima di giungere ad un'Unione monetaria e di riesaminare la situazione alla luce di questo rapporto durante il prossimo Consiglio previsto nel dicembre 1990. Dopo la sua rielezione nel maggio 1988, Mitterrand aveva voluto rilanciare tre grandi cantieri europei: la moneta unica, l'armonizzazione sociale e fiscale, facendone il tema della presidenza francese della Comunit� del secondo semestre 1989. Di fronte alle reticenze tedesche, Mitterrand, con l'aiuto degli italiani, decise e fece approvare, nel luglio 1989, la creazione di un gruppo di lavoro di "Alto livello" composto dai direttori del Tesoro e dai rappresentanti dei ministeri degli affari esteri, presieduto dal suo consigliere europeo Elisabeth Guigou, con lo scopo di dare il via ad una Conferenza Inter-Governativa (CIG) volta a modificare il Trattato ed instaurare la moneta unica europea. Nello stesso tempo ottiene, al Consiglio di Strasburgo, nel dicembre 1989, di fissare l'inizio della CIG sull'unione economica e monetaria per il mese di dicembre 1990. Il grande contributo del rapporto Guigou fu di convincere il Consiglio della necessit� di associare alla stabilit� monetaria la crescita e l'occupazione (una necessit� purtroppo dimenticata durante la crisi del 2008-2015). Il rapporto sar� pubblicato a fine ottobre 1990. Intanto, il Consiglio di Dublino di giugno 1990 fisser� l'inizio della prima fase dell'UEM al 1 luglio 1990. Il rapporto Delors includeva gi� tutti gli elementi necessari: le tre fasi da rispettare, le politiche da seguire, le regole vincolanti in materia budgetaria e, in particolare, la necessit� di politiche strutturali comuni (investimenti, infrastrutture, comunicazioni, trasporti e educazione), uno sviluppo regionale e soprattutto, una stretta collaborazione tra le politiche economiche e fiscali. Tuttavia, per quest'ultimo aspetto non si raggiunger� l'unanimit�. Tutto ci� fu tradotto nell'articolo B del Trattato sull'Unione Europea, detto di Maastricht (firmato nel 1992): "L'Unione ha come obiettivo la promozione del progresso economico, sociale equilibrato e duraturo, soprattutto attraverso la creazione di uno spazio senza frontiere interne, il rafforzamento della coesione economica e sociale e l'istituzione di un'unione economica e monetaria, che comprende una moneta unica, conformemente alle disposizioni del presente trattato". Nonostante il rifiuto britannico di integrare una carta sociale nel Trattato, quest'ultimo rappresentava comunque un vero progresso verso un'unione politica - un imperativo considerato indispensabile dopo la caduta del muro di Berlino nell'Ottobre 1989, la riunificazione tedesca e i timori dei partner creati da questa riunificazione. Tutti temevano un distacco della Germania dalla costruzione europea e una sua deriva verso la creazione di una Mittel Europa. Quindi il trattato introduceva numerose misure per rafforzare la cittadinanza europea e la legittimit� democratica dell'Unione (cittadinanza europea, principio di co-decisione Consiglio-Parlamento) e prevedeva lo sviluppo di nuove politiche comuni: politiche sociali, politica estera, politica di difesa e della sicurezza, giustizia e sicurezza interna. In materia economica e monetaria, imponeva il modello della Bundesbank con l'indipendenza delle banche centrali nazionali, per dare vita al futuro Sistema europeo delle Banche Centrali (SEBC). L'inizio dell'UEM era fissato al 1 gennaio 1999. Quattro criteri di convergenza dovevano essere rispettati dai paesi candidati per essere ammessi nella zona euro. Il pi� importante era quello relativo alla gestione delle finanze pubbliche, che imponeva limiti al deficit di bilancio e al debito pubblico che dovevano essere inferiori o pari rispettivamente al 3% e 60% del PIL. Questo criterio non era solo un requisito per entrare nella zona euro, ma costituiva la disposizione centrale della futura unione monetaria. Di fatto, deficit e debito eccessivi rappresentano un rischio mortale per la stabilit� di una zona monetaria. L'esperienza negativa sia del Serpente, sia dei primi anni dello SME, che prevedevano - senza vero obbligo - il rispetto di criteri simili, e quindi che non lo furono particolarmente dalla Francia e soprattutto dall'Italia, condurr� il Consiglio a rafforzare legalmente queste regole, con l'adozione di un Patto di Stabilit� e di Crescita (PSC) nel 1997, modificato nel 2005. Poi, in seguito, davanti al "benign neglect" di pi� paesi (tra cui nel 2003-2004 anche Francia e Germania) nonostante il PSC, fu deciso di introdurre nel trattato di Lisbona dei meccanismi di sorveglianza multilaterale (art. 121), una procedura contro i deficit eccessivi (art. 126 e protocollo 12) e un meccanismo di raccomandazione di politica economica (art. 136). Nonostante queste decisioni, la crisi del 2008-2010 condurr� a squilibri di bilancio e politiche non coordinate. Ci� porter� all'adozione di regole budgetarie ancora pi� vincolanti, incluse - grazie a uno sforzo immaginativo notevole dei giuristi - in un trattato internazionale indipendente dal trattato di Roma, ma in contempo legalmente compatibile con quest'ultimo. Questo "Trattato sulla stabilit�, sul coordinamento e sulla governance" (TSCG) detto "Fiscal Compact", sar� firmato nel 2012 da 25 dei 27 Stati Membri di allora, Regno Unito e Repubblica Ceca desiderando esserne esclusi senza volere impedirlo. Questo patto, che condiziona gli aiuti della zona euro ai paesi in difficolt� dopo la crisi del 2008-2010, permette teoricamente dei passi in avanti in materia di unione politica. Ma si tratt� di una "gogna", molto pesante per i paesi in grande squilibrio, nonostante contenesse elementi di flessibilit�, dato che rifletteva l'incapacit� politica di alcuni Stati di costruire strutture economico-politiche necessarie per il buon funzionamento sia di un paese sia di una zona monetaria. Tuttavia, malgrado il Fiscal Compact e malgrado la crescita delle competenze dell'Unione introdotta da una moltiplicazione di direttive e agenzie, esso non � stato in grado di impedire un ritorno ad un approccio intragovernativo dei problemi comuni (in altri termini, una nuova nazionalizzazione delle politiche) a scapito dell'approccio comunitario. Una situazione resa ancora pi� complessa dalla sempre pi� scarsa fiducia reciproca e dal gioco malsano dei nazional-populisti nei vari paesi che utilizzano l'Europa e l'euro come capro espiatorio per nascondere le disfunzioni interne e la loro incapacit� ad adattare le strutture produttive e sociali al nuovo scenario mondiale. Dagli anni '80, senza soluzione di continuit�, diverse problematiche rendono difficile la costruzione dell'UEM, creando una linea di frattura crescente tra, per semplificare, l'Europa del Nord seguace della Germania e l'Europa del Sud, senza un vero leader. In primo luogo, le due zone hanno sempre avuto una concezione diversa del ruolo della moneta: per i paesi del Nord, l'Unione monetaria doveva essere la "ciliegina sulla torta" di un'unione economica e politica, mentre per i secondi, guidati dai francesi, l'unione monetaria era preliminare ad un'unione politica, senza che quest'ultima sia effettivamente considerata come una priorit� visto l'attaccamento alla sovranit� nazionale. Il timore della maggior parte degli Stati, di fronte alla riunificazione tedesca ed alla sua eventuale tentazione di distaccamento dall'Ue, aveva convinto la maggioranza ad adottare la posizione francese, facendo diventare cos� l'UEM un viatico per la riunificazione tedesca, priorit� del cancelliere Kohl. In secondo luogo, persisteva e persiste una differenza fondamentale nella concezione delle politiche economiche. Da una parte, i paesi legati a un'economia sociale di mercato basata sulla continuit� delle politiche - qualsiasi sia il colore politico dei governi - attorno a due assi: la stabilit� monetaria e la competitivit� del sistema economico. Dall'altra, i paesi che privilegiano l'instabilit� monetaria (svalutazione e inflazione) per risolvere i problemi di competitivit�, con forti divergenze ideologiche tra i due poli politici principali (destra e sinistra) e, per alcuni (tra i quali l'Italia in particolare) un'instabilit� politica strutturale che rende difficile una politica economica coerente nel tempo. Questi profondi antagonismi, convalidati dai risultati economici e monetari divergenti nelle due zone, insieme alle esitazioni dei governi e dei popoli (i "No" ai referendum sul progetto di Costituzione europea dei francesi, degli olandesi e degli Irlandesi, l'euroscetticismo crescente creato dai partiti nazionalpopulisti e nutrito dagli errori commessi dal Consiglio europeo nella gestione delle crisi economiche e migratorie) di fronte ad un salto verso un'unione pi� politica, rendono difficile la creazione di un clima di fiducia e di solidariet� reale nei confronti dei paesi che tardano nel mettere in atto delle politiche di aggiustamento strutturale o non rispettano i patti istituiti di comune accordo, firmati e approvati democraticamente. "Pacta sunt servanda", (i patti devono essere rispettati), costituisce il principio di base del diritto internazionale, principio troppo spesso dimenticato non solo durante le campagne elettorali. � questa situazione instabile che spiega i tentativi maldestri di rinforzare legalmente e in un modo rigido gli obblighi derivanti dai trattati. Tuttavia, questa rigidit� � poco compatibile con le forze d'inerzia politica e le strutture economiche, industriali, politiche, giuridiche arretrate in alcuni Stati, la cui debolezza � messa a nudo dalla globalizzazione, la concorrenza dei paesi emergenti e la multi-polarizzazione del mondo. Malgrado tutte queste tensioni e divergenze, le tre fasi previste dal rapporto Delors, incluse nel trattato di Maastricht, si sono svolte come previsto. Il primo gennaio 1999, le monete nazionali degli 11 paesi (pi� la Grecia nel 2001) spariranno sui mercati internazionali, senza creare discontinuit� nei titoli finanziari e, la BCE, pienamente operativa gi� da met� 1998, ha operato con successo una politica monetaria unica. Monete e banconote in euro sono state introdotte il primo gennaio 2002, senza colpo ferire e in un'atmosfera tranquilla. L'assenza di problemi tecnici e la buona ricezione dei cittadini hanno permesso di finalizzare l'operazione in meno di due mesi, quando invece inizialmente erano stati previsti 6 mesi. Dopo l'integrazione nell'Unione, tra il 2004 e il 2013, dei 13 paesi dell'Europa centrale e orientale e del Mediterraneo, sette hanno chiesto di entrare e sono stati ammessi nella zona euro (Slovenia 2007, Cipro e Malta 2008, Slovacchia 2009, Estonia 2011, Lettonia 2014 e Lituania 2015), arrivando a 19 su 28, i paesi dell'Ue che utilizzano la moneta unica. La gestione prudente della BCE, il buon svolgimento del passaggio sia finanziario che pratico, ha permesso di assicurarsi della fiducia degli operatori internazionali nell'euro, la cui quotazione si � rafforzata contro il dollaro, e il suo utilizzo � cresciuto sui mercati finanziari e dei cambi, nelle transazioni internazionali e come moneta di riserva delle banche centrali. Nonostante tutte le vicissitudini della zona euro dalla crisi del 2008 in poi, gli errori e i ritardi del Consiglio europeo nelle decisioni necessarie per uscire rapidamente dalla crisi bancaria e finanziaria (2008-2011), poi conseguenza parziale di quest'ultima, dalla crisi economica budgetaria dei diversi paesi (Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna e in una misura diversa l'Italia), nonostante l'apparizione di nuove monete internazionali e il movimento di diversificazione delle riserve di cambio, il ruolo internazionale dell'euro si � rafforzato. Secondo l'ultimo rapporto della BCE sul ruolo internazionale dell'Euro (luglio 2017), l'euro rappresenta il 19,7% delle riserve di cambio mondiali, il 20,4% dei titoli di debito internazionali e il 21,3% dei prestiti internazionali sono in euro, il 36,1% dei volumi giornalieri dei cambi sui mercati. Inoltre, il 56,1% delle esportazioni e il 47,3% delle importazioni della zona euro, verso o proveniente dai paesi non-membri della zona, sono stilati e pagati in euro, riducendo drasticamente i rischi di cambio per le imprese e per gli stati della zona euro, quello che era uno degli obbiettivi della creazione di una moneta unica. Questi risultati costituiscono senza dubbio un successo e un vantaggio competitivo. Tuttavia, un insieme di problemi, di rischi, di incertezze e di minacce incombono sulla zona euro e, nel caso in cui non fossero presi seriamente in considerazione entro tempi brevi, potrebbero destabilizzarla profondamente. Numerosi argini sono stati creati sia in campo bancario (Unione Bancaria), per assicurare la solidit� del sistema di fronte a nuove crisi, sia in quello della solidariet� verso i paesi in difficolt� (Meccanismo europeo di stabilit� - MES). Nello stesso tempo sono state introdotte nuove disposizioni nel dominio della sorveglianza delle evoluzioni economiche, delle politiche messe in atto e delle raccomandazioni di politiche economiche (semestre europeo, volto alla valutazione delle sfide per la crescita, alla prevenzione ed alla correzione di disequilibri macroeconomici, PSC e fiscal compact). Infine, nonostante le regole austere che limitano la sua capacit� di prestatore di ultima istanza e l'ostinata opposizione della Bundesbank, la BCE ha saputo utilizzare tutti i margini di flessibilit� del Trattato per evitare un'esplosione del sistema. Prima di tutto, ha creato nel 2012 il sistema OMT (Operazioni monetarie sui titoli/Outright Monetary Transactions, il quale sostituisce un programma simile ma meno performante, creato nel 2010, il SMP o Security Market Programme). Questo dispositivo permette alla BCE di recuperare dei prestiti pubblici maturati tra uno e tre anni, nella misura in cui i paesi in difficolt� emettono soprattutto questo tipo di prestito. Questa decisione permette di tagliare corto agli speculatori, in particolare sui titoli italiani e spagnoli e di ridurre drasticamente le loro differenze d'interesse in rapporto ai titoli tedeschi (il famoso "spread"). In seguito, la BCE ha attuato una politica di creazione monetaria robusta (65 miliardi al mese) - il QE (o Quantitative Easing) - con lo scopo di fornire liquidit� al sistema bancario, permettendo cos� alle banche di finanziare le imprese e di rilanciare la crescita. Ciononostante, questa politica non pu� dare dei risultati concreti e duraturi in termini di crescita, nella misura in cui anche le altre politiche economiche non si orientano verso questo obbiettivo. Nel caso inverso, il rischio � di fornire liquidit� al mercato finanziario senza impatto sull'economia reale e quindi di contribuire a creare nuove bolle finanziarie la cui esplosione potrebbe essere catastrofica. Sembra che questa politica abbia dato buoni risultati vista la crescita stimata al 2,5% nel 2017 e del 2,3% nel 2018 per l'eurozona. Purtroppo, l'Italia rimane al traino con una crescita del PIL dell'1,4 nel 2017 e prevista dell'1,5% nel 2018. Tuttavia, quando si fermer� questo programma di QE - � una possibilit� nel corso dell'anno 2019 - se i paesi non avranno saputo approfittarne n� per ristrutturare la loro economia n� per sminuire i loro debiti, una nuova crisi di liquidit�, quindi economica, potrebbe iniziare nei paesi pi� deboli. Questo � un rischio particolarmente in Italia dove, dopo le elezioni del 4 marzo 2018, si profila una grande instabilit� politica e potenziali politiche destabilizzatrici delle finanze pubbliche, creando un circolo vizioso difficile da controllare e pericoloso per l'intera zona euro. L'unione bancaria, elaborata dal 2012, � volta ad armonizzare le regole e le responsabilit� in materia di sorveglianza delle banche, di risoluzione delle crisi e del loro finanziamento. L'obiettivo � di garantire che le banche assumano dei rischi misurati e che una banca, che commette un errore, e i suoi azionisti rimborsino le perdite incorse nei confronti dei contribuenti. Infatti, il salvataggio delle banche durante la crisi � costato l'equivalente di circa il 20% del PIL ai grandi stati (quindi ai tax-payers) e a volte, come in Irlanda o in Portogallo ha contribuito maggiormente ai problemi di deficit e di debito pubblico e quindi alla grave crisi da cui hanno saputo uscire con l'aiuto dell'Ue. Sono stati definiti tre pilastri. Il primo, affidato alla BCE, � il meccanismo di sorveglianza unica (MSU o Single Supervisory Mechanism-SSM), purtroppo limitato alle 128 banche pi� grandi, escludendo le altre migliaia di piccole banche o istituzioni finanziarie, in particolare le banche regionali tedesche. Il secondo, concordato nel marzo del 2014, � il Meccanismo di Risoluzione Unico (MRU o Single Resolution Mechanism-SRM) responsabile, in ultima analisi, della risoluzione di tutte le liti bancarie in seno alla zona euro, anche se in pratica, i compiti saranno ripartiti tra il MRU e le autorit� nazionali. � completato dal Fondo di Risoluzione Unica (FRU o Single Resolution Fund-SRF), finanziato dalle banche e che potr� intervenire in caso di crisi di una banca, dove i contributi degli azionisti e dei creditori non sarebbero sufficienti. Il livello dei fondi di risoluzione (o del dispositivo di prelievo) deve attendere l'1% dei depositi coperti da qui al 2022 stimato a circa 55 miliardi di euro. Infine, la direttiva, anch'essa adottata nel marzo 2014, relativa ai Sistemi di Garanzia dei Depositi nazionali (SGD o Deposit Guarantee Scheme DGS), costituisce, insieme al FRU e al meccanismo europeo di stabilit� (MES), il terzo pilastro dell'Unione bancaria. La direttiva fissa essenzialmente la soglia di protezione dei depositanti a 100.000 euro in caso di incapacit� bancaria. A fianco dell'Unione bancaria, verso la fine del 2009, il Consiglio ha deciso di creare un sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF o in inglese ESFS). Quest'ultimo comprende un'autorit� bancaria europea (EBA); un'autorit� europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFEM o in inglese ESMA) e un'autorit� europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (AEAP o in inglese EIOPA). Queste tre Autorit� di Supervisione Europea (ESA) e il Comitato Europeo per il rischio sistemico (CERS) sono stati istituiti a gennaio 2011 per sostituire i vecchi comitati di sorveglianza. Il Meccanismo Europeo di Stabilit� � un'istituzione finanziaria creata, mediante un Trattato, dai membri della zona euro nel 2012. Costituisce il settore finanziario della solidariet� della zona euro, complemento del TSCG. Sostituisce dal 2013 i due altri dispositivi creati negli anni precedenti: il Fondo europeo di stabilit� finanziaria (FESF) e il Meccanismo europeo di stabilit� finanziaria (MESF). Ha lo scopo - se fosse indispensabile al fine di preservare la stabilit� della zona euro nel suo insieme - di mobilitare le risorse finanziarie e di fornire, sotto una severa condizionalit� adattata allo strumento d'assistenza finanziaria scelto (non si pu� rasare gratis), un sostegno alla stabilit� finanziaria dei suoi membri, che conoscono o rischiano di conoscere problemi di finanziamento del loro bilancio. A questo scopo, � autorizzato a fare leva sui fondi di mercato, emettendo degli strumenti finanziari oppure concludendo degli accordi, o degli arrangiamenti finanziari, altri accordi, con i suoi membri, istituzioni finanziarie, o altri terzi. All'inizio, la sua capacit� di finanziamento � stata fissata a 500 miliardi di euro, con la possibilit� di aumentare fino a 700 miliardi. Sebbene tutti gli Stati della zona euro ne siano azionisti secondo una chiave di ripartizione legata alla loro importanza economica, gli Stati membri che desiderano beneficiare degli aiuti, devono aver ratificato la premessa del TSGC e sottomettersi a delle condizioni d'aggiustamento dei loro disequilibri, come � anche il caso per il programma OMT e la BCE. Tuttavia, alcuni aspetti, necessari al buon funzionamento di una zona monetaria, restano incompleti, oppure inesistenti come l'unione economica e fiscale, prevista dal trattato di Maastricht, la quale non � altro che in uno stato di embrione. Nello stesso tempo, molti fattori hanno contribuito a degradare la fiducia dei cittadini nell'euro e nell'Unione europea, spingendo a delle reazioni nazionaliste, quando il clima internazionale estremamente teso necessiterebbe una maggiore coesione e solidariet� dei paesi dell'Ue. In primis, viene l'apparente incapacit� del Consiglio europeo a risolvere la crisi, il suo modo di tergiversare e procrastinare le decisioni; in secondo luogo, le politiche d'austerit� di lunga durata nei paesi in crisi hanno creato inuguaglianze e sofferenze nelle popolazioni meno abbiente; in terzo luogo, la paura dei paesi ben gestiti di dover pagare i debiti di coloro che non hanno ancora proceduto alle riforme necessarie. Per di pi�, i meccanismi di decisione europei, per arrivare a compromessi accettabili da tutti, sono lunghi e complessi nell'assenza di un vero governo economico. Conducendo soprattutto a delle misure che, anche se vanno nella buona direzione, sono a volte troppo tardive e insufficienti, amplificando i problemi piuttosto che risolverli, come � stato il caso per la Grecia all'inizio della crisi. Il budget europeo per il periodo 2014-2020, ridotto a meno dell'1% del PIL, contro pi� del 20% per il budget federale americano, non permette n� una politica d'investimento attiva ed efficace, n� la creazione di stabilizzatori sociali o di politiche controcicliche, le quali restano di competenza degli Stati membri. I meccanismi previsti sono lunghi da attuare, ci sar� bisogno ad esempio di 8 anni prima di istituire completamente il Fondo di Risoluzione Unico (FRU). In materia bancaria e finanziaria, l'esistenza di forti divergenze di interesse nazionali e la volont� dei tedeschi e dei francesi di preservare il loro modello di "banca universale", hanno bloccato la proposta della Commissione di separare le attivit� bancarie dalle attivit� finanziarie contrariamente a quello che hanno fatto gli americani e i britannici a seguito della crisi finanziaria (un ritorno al sensato Glass Steagall Act del 1933). La decisione del presidente Trump di abrogare questa legislazione e di rilanciare l'attivit� dei derivati rischia di produrre una nuova crisi finanziaria. In questo caso, l'assenza di separazione tra attivit� bancarie e finanziarie in Europa e la diminuzione di solidariet� tra i paesi membri potrebbe avere conseguenze catastrofiche. Infine, converrebbe non mischiare morale e politica economica. Qualunque siano gli errori commessi da alcuni governi - e sono numerosi -, e i ritardi, dovuti al tergiversare dei politici poco lungimiranti nell'attuare politiche strutturali volte a rendere competitivo il loro "sistema paese" (ma soprattutto l'Italia che sembra voler allontanarsi dall'indispensabile risanamento di bilancio e del suo sistema produttivo), le misure di ripresa non dovrebbero consistere nel "punire" i colpevoli. In tedesco la parola "shuld" significa sia "debito" che "sbaglio" o "colpevolezza", mentre in greco i termini "credito" e "fiducia" hanno la stessa radice ("pistose" e "empistosune"). Soprattutto se la "punizione" porta ad un aumento insostenibile sia della disoccupazione che della povert�, come � stato il caso per la Grecia e in minor termini in altri paesi. I cittadini meno fortunati non possono essere ridotti ad una variabile di aggiustamento. Parafrasando Keynes e la sua "trappola" della liquidit�, la povert� e le disuguaglianze sono una trappola della democrazia. Una politica di rigore non pu� funzionare se non � equilibrata e controbilanciata da una politica di ripartizione e d'investimenti strategici (infrastrutture, ricerche e sviluppo, istruzione...), di politiche di domanda soprattutto da parte dei paesi in eccedenza di bilancia di pagamenti (la Germania in primis) e con deboli livelli di deficit e di debito. Un'eccedenza � un disequilibrio tanto quanto un deficit. Ridurre questi squilibri necessita "azioni decisive della politica", come lo chiede la Commissione europea alla Germania e all'Ungheria nelle sue raccomandazioni dal semestre europeo del febbraio 2015 in poi. Infatti, l'economia internazionale � un gioco a somma nulla: quello che guadagnano gli uni deve essere poi pagato dagli altri. Tuttavia, questo non vuol dire che i paesi in buona salute devono prendere a loro carico i debiti dei paesi che non hanno fatto abbastanza per risanare la loro economia e le loro finanze pubbliche. Non vuol dire neanche che uscire dall'euro o sopprimere i vincoli di sana gestione pu� essere una soluzione per risolvere problemi strutturali e di competitivit�. Il mondo � cambiato, le ricette degli anni del dopoguerra, inflazione e svalutazione o barriere doganali, non sono pi� adeguate. La specializzazione dei paesi industriali � basata sull'investimento, sul contenuto tecnologico dei prodotti, la ricerca e la formazione dei lavoratori, non pi� sulle svalutazioni competitive (e questo da pi� di 25 anni). La globalizzazione ha frammentato le catene di valore, rendendo i paesi e le industrie interdipendenti e l'inuguale ripartizione delle materie prime, energia in primis ma anche i metalli rari indispensabili nelle nuove tecnologie o meno rari come il rame per l'industria automobilistica, l'acqua, ecc., richiedono politiche di cooperazione internazionale. Oltre alla riduzione degli squilibri economici e di bilancio (positivi e negativi), � appunto sull'investimento per il futuro (e non sul pagamento di debiti passati), come proposto dai presidenti Macron e da Gentiloni, che dovrebbe puntare l'Ue e la solidariet� tra i membri. L'Europa deve fare fronte a nuove sfide molto pi� complesse di quelle del passato: l'invecchiamento della popolazione (l'et� media della popolazione italiana supera 44 anni con un forte deficit di natalit�), con tutte le conseguenze in materia di sostenibilit� delle politiche sociali e sanitarie; l'accesso alle risorse primarie e energetiche (l'Italia importa 70% della sua energia); il cambiamento climatico; la concorrenza crescente dei paesi dell'Oriente e dell'America latina e tra poco dell'Africa; l'instabilit� politica internazionale e le disuguaglianze al livello mondiale creatrici di forti movimenti d'immigrazione (pi� di 200 milioni di persone); il rischio di un ritorno alle guerre commerciali iniziate dalle decisioni del Presidente Trump; il ritorno di tensioni simili a quelle della guerra fredda ma con pi� protagonisti; il necessario ma complesso adattamento delle imprese e della societ� alle nuove tecnologie dell'informazione e all'intelligenza artificiale, ecc. Se vogliamo che lo straordinario progetto che rappresentano l'euro e l'Ue diano tutti i frutti di cui sono portatori, converrebbe, da una parte, completare l'Unione monetaria con il pilastro mancante dell'unione economica (cio� la creazione di un vero bilancio comunitario in grado di fare politiche proattive e in caso di necessit� contro-cicliche) e, dall'altra, grazie all'unione politica trasformare in realt� e politiche concrete i valori affermati nel trattato: "L'Unione � fondata sui valori come il rispetto della dignit� umana, della libert�, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto, sul rispetto dei diritti dell'uomo, compresi i diritti delle persone appartenenti alle minoranze (Art. 2 del TUE). Combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni, promuove la giustizia e la protezione sociale, l'uguaglianza tra le donne e gli uomini, la solidariet� tra le generazioni e la protezione dei diritti del bambino... Promuove la coesione economica, sociale e territoriale, la solidariet� tra gli Stati membri (Art. 3.3). Per questo, c'� bisogno di volont� e di una visione politica lungimirante, di seriet�, di competenze, di stabilit� politica e di solidariet�. Del morire e del vivere (di Alberto Pellai, "Psicologia contemporanea" n. 233/12) - La morte � un elemento ineliminabile della vita. Nasconderla e non parlarne ai bambini non li aiuta nel loro percorso di crescita. - Parlare della morte: l'ultimo tab�? Viviamo in un contesto socio-culturale che offre rappresentazioni del reale pi� che il reale per come �. Lo sanno bene i bambini che attraverso la virtualit� possono osservare immagini di parti del mondo lontanissime da casa loro e, al tempo stesso, magari non hanno mai visitato il museo presente nella loro citt� o esplorato il bosco che si trova fuori porta. Per chi sta crescendo, la contrapposizione e la distanza tra reale e virtuale porta a trasformare in tab� esperienze come quella della morte, nascosta ai bambini nella vita reale e poi magari massicciamente da loro esperita nella dimensione virtuale, spettacolarizzata e resa fittizia e artificiale nei media o nei videogiochi. Ecco perch� da pi� parti si afferma che i bambini di oggi crescono "diseducati" alle sfide reali che la vita propone. Gli stessi adulti di riferimento hanno una corresponsabilit� in tutto questo, preoccupati come sono di garantire il coinvolgimento dei minori solo in esperienze dai connotati positivi, ludici o divertenti. Questo significa, in concreto, allontanare bambini e adolescenti dal principio di realt�, mantenendoli in una cronica, quanto improbabile, permanenza nel principio del piacere. Partiamo da un dato di fatto: � giusto che, a chi sta crescendo, la morte appaia come un elemento incontrovertibile della vita, ineliminabile, cos� come non cancellabile � il dolore, il senso di sgomento e di impotenza che porta con s� per chi si deve confrontare con la perdita di una persona nei cui confronti esisteva un legame forte o un grande affetto. I bambini, del resto, si trovano, non di rado, a soffrire per la morte del proprio cane o gatto e, comunque, sperimentano la sequenza vita-morte all'interno del ciclo delle stagioni: la primavera e l'estate portano fiori e frutti, l'autunno e l'inverno decadimento e morte. Inoltre, ogni giorno i media comunicano fatti dall'esito fatale: crimini, guerre, epidemie sono eventi resi globali da una strategia dell'informazione che non mette limiti a nulla, porta tutto dentro casa (anche ci� che avviene dall'altra parte del mondo) e che, proprio sugli eventi pi� estremi e attraverso un approccio emozionale, chiede di essere vista e prescelta dai propri potenziali fruitori. Di fronte a queste situazioni, ma anche ai lutti che quotidianamente si riscontrano in ogni piccola comunit� e che appartengono alla normalit� della vita, genitori ed educatori si sentono spesso chiedere da un bambino: "Ma � morto per sempre? Poi torna?". E spesso non sanno cosa dire e cosa fare, perdendo un'opportunit� fondamentale di condividere con chi sta crescendo non solo la narrazione dell'ultimo momento della vita (ovvero la morte), ma anche l'occasione per mostrarsi ai loro occhi come adulti capaci di rassicurare e di contenere emozioni che rischiano di diventare straripanti. Consapevoli che, di fronte alla morte, nessuno di noi ha risposte e parole certe da offrire, dobbiamo, come educatori, accettare l'idea che la morte debba essere oggetto di apprendimento e discussione: del resto, il miglior antidoto contro la paura della morte � parlarne, fare domande, dire ogni cosa che terrorizza, piangere, per poi riuscire a mettere tutto in un cassetto del cuore e ripartire. Cose che non si possono dire I bambini piccoli, quando scoprono la morte, la nominano senza grandi problemi, ma si trovano spesso di fronte persone che appaiono disorientate e, per difesa, cercano di tenerla nascosta. Lo fanno in modo spesso inconsapevole, mascherato, che invia per� forti messaggi e molti significati a chi sta crescendo. Quando un adulto, leggendo la trama di un film, lo ripone nello scaffale perch� lo considera troppo triste oppure quando, in seguito alla morte di una persona cara, non porta i figli al funerale perch� sono piccoli, commentando: "Non ci pensare, poi compriamo un bel gioco!", quello che sta mettendo in atto � un tentativo di occultare le tracce della morte. Impresa che presto si rivela impossibile. Per diventare adulti che hanno il coraggio di parlare della morte occorre essere stati, almeno una volta, bambini che l'hanno vista. Bambini che ne hanno avuto paura, hanno pianto, ma che hanno anche visto cosa succede dopo, nel mondo di chi sopravvive alla persona scomparsa. Chi muore non ci porta con s�. Ci lascia con il dolore della mancanza, ma � un dolore che diminuisce con il tempo. Anche quello pi� assillante e forte, prima o poi si consuma e apre varchi alla speranza. Quando la morte entra nella vita di un bambino Quando la morte entra nel mondo degli affetti concreti del bambino e colpisce qualcuno che per lui � un riferimento affettivo, le reazioni sono molto differenti a seconda che la perdita riguardi una figura di attaccamento, qualcuno cio� che per il bambino rappresenta una fonte di sicurezza e protezione (solitamente un genitore), oppure una figura significativa, ma non connotata da un legame di attaccamento. In quest'ultimo caso, il genitore potr� aiutare il bambino, con i gesti e con le parole, ad attraversare la fase del dolore e la possibilit� di esprimerlo, offrendosi come "sponda affettiva" che garantisce contenimento e protezione e che permette di ritrovare la serenit� anche nelle situazioni pi� avverse. Pu� essere utile in questo caso leggere con i bambini storie che raccontano situazioni simili a quelle appena vissute (racconti dove muore un nonno, uno zio oppure un amico di famiglia), o offrire al bambino la possibilit� di sentirsi vivo, attivo e potente di fronte al dolore da cui ci si sente travolti, chiedendogli di fare disegni, guardare insieme fotografie, portare un fiore sulla tomba della persona deceduta. Se invece il lutto riguarda una figura di attaccamento, tutte queste azioni saranno ancora pi� necessarie, ma il genitore rimasto, o chi ne sostituisce la funzione, le deve "incorporare" all'interno di un percorso che si basa sulle fasi di elaborazione _ del lutto. Per cominciare, quando a morire � la figura di attaccamento, � fondamentale che vicino a s� il bambino abbia qualcuno che possa vicariare la posizione "affettiva" che ha perso, pur non sostituendosi a essa, e che sia in grado di fornire un senso di protezione e sicurezza anche in questo frangente cos� complesso. Le fasi di elaborazione del lutto La perdita della figura di attaccamento �, secondo la prospettiva di John Bowlby, padre della teoria dell'attaccamento, un evento fortemente disorganizzante, che aumenta la vulnerabilit� del bambino, ma che, non necessariamente, lo indirizzer� verso lo sviluppo di un problema di natura psicopatologica. Per evitare questo rischio, si deve permettere al bambino di entrare nelle fasi ben descritte da Elizabeth Kubler Ross: - Fase della negazione o del rifiuto, per cui si ritiene impossibile che ci� che � successo sia avvenuto realmente. - Fase della rabbia, che corrisponde alla manifestazione di emozioni intense associate all'incapacit� di tollerare il dolore conseguente alla perdita e anche all'ingiustizia derivante dalla consapevolezza che un evento tanto avverso sia successo a s� stessi e non ad altri. - Fase della depressione, in cui il soggetto si immerge profondamente nella tristezza e nel dolore conseguente alla perdita subita. - Fase della contrattazione o del patteggiamento, in cui il soggetto comincia a verificare su cosa potrebbe reinvestire le proprie energie e in quale direzione potrebbe muoversi, ricominciando a vedere con speranza il proprio futuro. - Fase dell'accettazione, che � il risultato dell'elaborazione di quanto � successo e che testimonia come l'esperienza della perdita della persona amata possa essere integrata nel percorso di vita che si ha ancora davanti a s�. In questa fase si pu� vivere la memoria e la nostalgia per chi non ci vive pi� accanto, ma farlo non significa entrare in un dolore che opprime, bens� usare il ricordo come conforto che rende pi� accettabile il momento presente. Se la prima e l'ultima fase sono i momenti di partenza e traguardo nel processo di elaborazione del lutto, le tre fasi intermedie sono invece frequentemente interscambiabili e sovrapposte. Infatti, questa sequenza non si verifica mai in modo ordinato e, soprattutto nei bambini, pu� manifestarsi con un andamento caotico, spesso connotato da manifestazioni regressive e intermittenti, intrise di rabbia o profonda tristezza. Non certezze, ma rassicurazioni Aiutare un bambino a superare un lutto significa dargli l'affetto e il tempo necessari per un'adeguata elaborazione, un tempo cio� abitato da molto dolore, ma sempre proteso verso la speranza e la rigenerazione. Aiutare a pensare che dopo il buio torner� la luce, dopo la fatica si potr� entrare a contatto con una nuova leggerezza � fondamentale ed � una responsabilit� che l'adulto deve imparare a sostenere. I bambini hanno il diritto di poter chiedere: "Ma � morto per sempre? Non torna pi�?", e di fronte a questi interrogativi gli adulti hanno il dovere di non raccontare bugie, ben sapendo che si tratta di domande a cui la ragione pu� dare poche risposte. Il ruolo dell'adulto non consiste nel fornire certezze, ma nel dare rassicurazioni. "Avrai sempre persone al tuo fianco che ti vorranno bene", "Far� di tutto per stare al tuo fianco fino a quando tu diventerai grande", "Ci� che speriamo io e pap� � di poterti accompagnare per un lungo tratto della tua vita, di fronte ad ogni avversit�". Laddove ci sembra di non avere le parole giuste, possiamo farci aiutare dall'arte, dalla poesia, dal cinema, che ci consentono di esplorare con l'immaginazione e con il cuore l'insondabile, per trovare le parole che addomesticano la paura e l'angoscia. Il ruolo della scuola Anche la scuola ha un compito educativo importantissimo in questo percorso. Spesso, nelle classi, si vivono storie pi� o meno intense di lutto, con risvolti molto diversi sulla percezione e sulla comprensione dei bambini. Se il lutto � relativo alla perdita di un genitore o di un familiare molto caro, la scuola si trova costretta ad affrontare questa drammatica situazione e a organizzare una forma di accompagnamento e di sostegno all'alunno che ne � vittima. In alcuni casi gli insegnanti si sentono disarmati, incapaci di trovare modi e parole per trattare una situazione cos� dolorosa e immodificabile, in altri, invece, si cerca di contenere l'esternazione del dolore e di limitare a pochi attimi la memoria di quanto successo. Spesso quest'ultima scelta � giustificata adducendo un presunto bene per il bambino: si crede, infatti, che essendo gi� molto scosso dagli eventi subiti potrebbe non gradire o non sopportare nuove ondate d'urto emotivo. L'ipotesi � che il silenzio possa medicare e anestetizzare il dolore pi� delle parole. La realt�, per�, disconferma sempre questa teoria. Il silenzio ha un peso sproporzionato sulle spalle dei bambini, a cui serve poter esprimere il dolore, fare domande, scaricare la rabbia. La scuola su questo fronte pu� offrire un luogo protetto dove il bambino e i suoi compagni possano ritrovare una speranza vera che non tace il dolore. Per fare questo � possibile utilizzare libri, film oppure curricola di educazione emotiva che permettano di dare parola anche alle emozioni pi� difficili. La nave segreta (di Riccardo De Rosa, "Focus Storia" n. 141/18) - Nel porto di Bari, occupato dalle forze inglesi, i primi di dicembre del 1943 alcuni aerei tedeschi bombardarono le navi da rifornimento, in rada. Tra queste ce n'era una che non avrebbe dovuto essere l�. - Il 12 dicembre 1943, in piena Seconda guerra mondiale, ai soccorritori accorsi al porto di Bari, appena bombardato, si present� una scena da inferno dantesco: fumo e fiamme, morti che galleggiavano sull'acqua, feriti e mutilati con indosso il salvagente e strazianti grida d'aiuto. Un testimone, imbarcato sulla nave Vulcan, rifer� che "sembrava che tutto il mondo stesse andando a fuoco". Un attacco della Luftwaffe, l'aviazione militare tedesca, aveva infatti appena colpito alcuni cargo inglesi presenti in rada. L'attacco, che qualcuno chiam� "la Pearl Harbour italiana", fu compiuto dai bombardieri durante le operazioni di carico e scarico delle navi. Le vittime, soprattutto militari, secondo lo storico e giornalista americano Rick Atkinson, furono pi� di mille. Si stima che morirono 186 civili, normali cittadini che passavano di l� per caso o che abitavano nei dintorni del porto. Dall'11 settembre (3 giorni dopo che l'Italia aveva firmato l'armistizio con gli Alleati) la citt� pugliese, considerata strategica per gli approvvigionamenti dell'8� Armata britannica, era sotto il controllo delle forze inglesi. E lo scopo dei bombardamenti tedeschi era proprio quello di ostacolare i rifornimenti delle truppe in zona. L'obiettivo, con l'affondamento di 17 navi e il danneggiamento di altre 7, fu raggiunto. Un successo per i nazisti, che fu usato soprattutto a fini propagandistici, per compensare le numerose sconfitte subite nel corso di quell'anno. Tra le imbarcazioni colpite vi fu anche la USS John Harvey, che aveva un carico speciale. Il cargo americano trasportava un migliaio di ordigni e soprattutto - ma questo i tedeschi non lo sapevano - 100 tonnellate di iprite, un gas altamente tossico, che sotto i colpi fuoriusc�, contaminando acqua e aria. Gli effetti del gas non tardarono a manifestarsi. Qualche ora dopo l'attacco tedesco si sparse nell'aria un forte odore acre, simile a quello dell'aglio, che faceva bruciare gli occhi, e iniziarono a manifestarsi sintomi apparentemente inspiegabili per i medici. Nelle corsie dell'ospedale i primi feriti accusarono improvvisi abbassamenti di pressione e qualcuno cadde in uno stato di quasi letargia, ma soprattutto nessuna delle terapie somministrate dai sanitari sembrava dare risultati apprezzabili sui malati. Quando poi alcuni feriti da poco arrivati, che avevano ancora indosso i vestiti zuppi di acqua, morirono all'improvviso, i medici capirono che erano stati intossicati. L'iprite era un gas tristemente noto ai sanitari perch� usato gi� nella Prima guerra mondiale. Nonostante i vertici militari minimizzassero, non vi erano dubbi: all'insaputa di tutti una nave "tossica" era stata ormeggiata al porto. Ma perch�? E quale era il suo obiettivo? Questo carico speciale aveva alle spalle una storia lunga e complessa. Gli americani dicevano di essere in possesso di alcune intercettazioni e di documenti attestanti il fatto che Hitler, pur di frenare l'avanzata degli Alleati, fosse disposto a ricorrere alle armi chimiche. Sospetto che secondo lo stato maggiore americano era stato confermato durante gli interrogatori anche da alcuni ufficiali tedeschi fatti prigionieri. Per questo motivo a Washington fu deciso di inviare in Italia un grosso quantitativo di gas da usare per un'eventuale rappresaglia. Fondati o meno che fossero i sospetti degli americani, una cosa � certa: la scelta metteva gli Usa in una situazione imbarazzante, dal momento che erano tra i Paesi firmatari della convenzione dell'Aia del 1899, che bandiva l'uso di armi chimiche in guerra, non solo per l'attacco ma anche per la rappresaglia. Alla Harvey quindi non rest� che partire dagli States in gran segreto, solo il comandante della nave e i suoi ufficiali erano a conoscenza dello "scottante" contenuto del cargo. Quando poi la bomba tedesca colp� l'imbarcazione, causando la morte di tutti i 41 membri dell'equipaggio, e la conseguente fuoriuscita del gas, lo stato maggiore statunitense decise che era necessario nascondere l'accaduto all'opinione pubblica. Non solo per i morti provocati dal gas, ma anche per non dare a Joseph Goebbels, ministro della Propaganda del Terzo Reich, una buona occasione per denigrare gli Alleati. Il silenzio sull'accaduto cal� fin dai giorni immediatamente successivi al bombardamento. L'8 dicembre un comunicato del quartier generale alleato specificava che, per motivi legati alla sicurezza nazionale e alla segretezza delle operazioni militari in corso, i decessi strani sarebbero stati classificati genericamente, come causati da una "dermatite non meglio identificata". La censura funzion� alla perfezione anche sui giornali, il quotidiano Washington Post, in un editoriale di met� dicembre, tratt� ampiamente l'episodio del porto pugliese senza tuttavia fare il bench� minimo cenno alla nave carica di sostanze tossiche. Nei mesi successivi alla tragedia per� per volere del generale Dwight Eisenhower, comandante in capo delle truppe americane in Europa, fu istituita una commissione militare con il compito di indagare sui fatti e sulle morti sospette. L'inchiesta si bas� soprattutto sui referti medici, in cui si affermava che, non sapendo inizialmente della presenza in porto del materiale tossico, il personale sanitario non era preparato e non aveva adottato le misure indispensabili per salvare i feriti in questi casi, come togliere immediatamente i vestiti e lavare gli intossicati. Tutto questo fu fatto ma quando ormai era troppo tardi, molti uomini avevano purtroppo respirato per ore le esalazioni tossiche provenienti dai loro indumenti e non erano sopravvissuti. Nel marzo del 1944 la commissione concluse che parte delle vittime erano morte a causa della contaminazione da iprite. L'episodio del bombardamento del porto pugliese e delle esalazioni di gas, comunque, � rimasto nell'ombra a lungo, poich� gli Usa secretarono tutti i documenti, rendendoli consultabili solo 15 anni dopo la fine del conflitto, nel 1959. Nel 1971 un esperto di storia militare, Glenn B. Infield, scrisse il primo saggio sull'argomento: Disastro a Bari. Soltanto negli Anni '80 il governo britannico riconobbe ufficialmente che i militari erano stati colpiti dall'iprite, e ritocc� di conseguenza le pensioni dei sopravvissuti ai bombardamenti di Bari.