Settembre 2019 n. 9 Anno IV Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice Il suicidio perfetto dell'Occidente Meccanismi dell'aggressivit� umana Guido Ucelli di Nemi: un eroe borghese Il suicidio perfetto dell'Occidente (di Massimo Fini, "Il fatto quotidiano" del 08-08-2019) Il neo primo ministro neozelandese Jacinda Ardern, una donna di 38 anni, ha affermato che il benessere collettivo ma anche individuale non dipende n� dal Pil n� dalla produttivit� n� dalla crescita economica. Ci voleva un politico neozelandese per scoprire l'acqua calda e cio� che non � la ricchezza delle Nazioni, tanto cara a Adam Smith, n� del singolo individuo a dare non dico la felicit�, "parola proibita che non dovrebbe essere mai pronunciata", (Cyrano, se vi pare...), ma quel relativo benessere individuale che l'uomo pu� raggiungere. Edoardo Agnelli, erede della pi� grande impresa italiana, si � suicidato a 46 anni gettandosi gi� da un ponte. Athina Onassis, moglie del famoso armatore, mor� a 45 anni per abuso di droghe e identica sorte � toccata a sua figlia Christina a soli 37 anni. � solo un ridottissimo florilegio dei ricchi e famosi o dei figli dei ricchi caduti nella droga, nella depressione, a volte nel suicidio. Ma restano pur sempre casi individuali. Pi� significativo � che in Cina, da quando � iniziato il boom economico, il suicidio � la prima causa di morte fra i giovani e la terza fra gli adulti. I paesi scandinavi, ben ordinati e organizzati, hanno il pi� alto tasso di suicidio in Europa. In Italia, nella ricca Padania i suicidi sono 1628 per 100.000 abitanti, in Meridione 478 (dati Istat 2010). Non si tratta quindi semplicemente di riorganizzare il Pil togliendogli tutti quei fattori che lo aumentano per inserirne degli altri che li sostituiscano come sostiene il mio spurio emulo Maurizio Pallante autore del famoso e infelicissimo brocardo La decrescita felice. La questione � molto pi� profonda e ha poco a che vedere con i numeri comunque li si voglia combinare. � un'armonia complessiva quella che � venuta meno col modello di sviluppo occidentale che ha ormai occupato quasi tutto il mondo, sfondando anche culture che ne erano lontanissime, come quella indiana e cinese (Il libro della norma di Lao Tse, che fonda millenni di pensiero orientale, si dedica esclusivamente alla ricerca interiore e spirituale e predica la "non azione"). Il processo che ha portato alla disfatta attuale, collettiva e individuale, sul piano psichico e nervoso ha inizio con la Rivoluzione industriale (met� del diciottesimo secolo) e l'Illuminismo che l'ha razionalizzata nelle forme del capitalismo liberista o del comunismo di radice marxiana. Nevrosi e depressione sono malattie della Modernit� e non a caso colpiscono inizialmente la borghesia, cio� le classi pi� ricche, cosa che far� la fortuna di Freud e della psicoanalisi. Non esistevano nei cosiddetti "secoli bui", come non esistono tuttora nelle poche comunit� che hanno conservato costumi e ritmi di vita tribali. Nei "secoli bui" c'erano certamente lo psicopatico e lo schizofrenico che sono per� malattie psichiatriche individuali e non sociali. Tra l'altro in quelle culture avevano elaborato un pensiero che inglobava nella societ� anche questi soggetti ("il matto del villaggio") ritenendo che avessero un rapporto diretto e particolare con Dio. Negli Stati Uniti, il paese tuttora pi� ricco del mondo, che gode anche delle rendite di posizione dategli dalla vittoria nella seconda guerra mondiale, pi� di un americano su due fa uso abituale di psicofarmaci, � tutta gente che non sta bene nella propria pelle. Il fenomeno della droga propriamente detta, all'inizio appannaggio, si fa per dire, dei ricchi ha raggiunto tutti i ceti sociali e in particolare i ragazzi che pur hanno dalla loro il bene pi� prezioso e prelibato: la giovinezza. Come si spiega tutto questo? Col modello di sviluppo che, coll'ottuso ottimismo di Candide, abbiamo creato: raggiunto un obiettivo dobbiamo inseguirne immediatamente un altro e poi un altro ancora, salito un gradino salirne un altro e poi un altro, un processo che ha fine solo con la nostra morte. � un modello che ho definito "paranoico" perch� non ci consente di raggiungere mai un momento di equilibrio, di armonia, di pace. Noi siamo come i levrieri, fra gli animali pi� stupidi della terra, che al cinodromo inseguono la lepre di stoffa che, per definizione, non possono raggiungere. Ludvig von Mises, uno dei pi� estremi ma anche dei pi� coerenti teorici del capitalismo industriale, lo dice a chiare lettere ma declinando la cosa in termini positivi: "il vagabondo invidia l'operaio, l'operaio il capo officina, il capo officina il dirigente, il dirigente il proprietario che guadagna un milione di dollari, costui quello che ne guadagna tre". Ma questa invidia � necessaria e consustanziale al "sistema" per usare un termine sessantottino. Noi dobbiamo consumare alla massima velocit� possibile ci� che altrettanto velocemente produciamo. Negli ultimi decenni il processo si � addirittura invertito: noi non produciamo pi� per consumare, ma consumiamo per poter produrre. Ma l'anomalia � presente fin dall'origine nel sistema se l'aveva gi� notata, con un certo sbigottimento, Adam Smith. Siamo stati ridotti da uomini a consumatori e non ci rendiamo nemmeno conto della degradazione tanto che esistono Associazioni di consumatori. � quindi l'attuale modello di sviluppo che va sbaraccato dalle radici. Ma nonostante esistano, in modo carsico quanto spesso confuso, correnti di pensiero antagoniste non avremo il tempo di farlo. Non saremo noi a uccidere il modello, ma il modello a collassare su se stesso, in modo improvviso, globale, data l'interconnessione mondiale, probabilmente nel giro di poche settimane. Questo lo sanno anche i "padroni del vapore", almeno i pi� avveduti, ma continuano a drogare il cavallo gi� dopato contando che schiatti quando loro saranno usciti di scena e le generazioni a venire non potranno nemmeno pi� impiccarli al pi� alto pennone. Se avessero un po' di cultura potrebbero, invece di parlare di un futuro inesistente e con un falso patetismo dei nostri figli e dei nostri nipoti, dire con Oscar Wilde: "che cos'hanno fatto i posteri per noi?". Meccanismi dell'aggressivit� umana (di R. Douglas Fields, "Le Scienze" n. 612/19) - Esperimenti su esseri umani e animali hanno cominciato a chiarire come i comportamenti violenti hanno inizio nel cervello. - Nel 2017 un cecchino appostato al trentaduesimo piano del Mandalay Bar Hotel di Las Vegas ha sparato con potenti fucili 1000 pallottole contro gli spettatori di un concerto, uccidendo 58 innocenti e ferendone altri 869. Il cervello di quell'assassino di massa, suicidatosi sulla scena stessa del crimine, � stato poi inviato alla Stanford University per cercare una possibile spiegazione biologica di questo tragico episodio. Che cosa mai potrebbero trovare gli scienziati con un esame del genere? Molto, in effetti. Non ci sono test genetici in vista per il comportamento omicida, ma questo tipo di studi pu� farci capire come la violenza � controllata dal cervello. Usando gli stessi metodi sperimentali che hanno permesso di tracciare i circuiti cerebrali responsabili di altre attivit� umane complesse - come camminare, parlare e leggere - ora i neuroscienziati possono identificare le vie neurali alla base dei comportamenti aggressivi. Queste nuove scoperte contribuiscono a svelare i meccanismi sottostanti ad atti di violenza estrema, come l'atroce crimine di Las Vegas, ma aiutano anche a spiegare la pi� comune rabbia al volante e addirittura l'istantanea risposta delle madri a ogni pericolo per i figli. La violenza fisica, a volte mortale, � il fulcro della naturale lotta per la sopravvivenza del pi� adatto, e tutti gli animali hanno evoluto circuiti neurali specializzati per mettere in atto - e controllare - i comportamenti aggressivi. In esperimenti pionieristici sui gatti condotti verso la fine degli anni venti, Walter Hess scopr� un sito profondo nell'ipotalamo, un'area cerebrale che scatena l'aggressione violenta. Lo stesso punto - si � scoperto - in cui si attivano anche altre potenti pulsioni e comportamenti compulsivi, come quelli legati a sesso, mangiare e bere. Quando Hess stimolava questo groviglio di neuroni con un elettrodo inserito nel cervello di un gatto docile, subito il felino si scatenava con una rabbia sibilante, attaccando e uccidendo un altro animale presente nella gabbia. La stessa struttura neurale, detta area d'attacco ipotalamica, c'� anche nel cervello umano. Quella scoperta ha aperto la strada al concetto ampiamente pubblicizzato di "cervello rettiliano", secondo cui negli esseri umani le pulsioni pi� primitive scaturiscono da un antico nucleo neurale che, nelle giuste circostanze, scatena comportamenti bestiali. Dopo la scoperta di Hess, la questione vitale che gli scienziati si trovano ad affrontare da quasi un secolo � centrata su quali circuiti alimentano l'area d'attacco nell'ipotalamo per attivare o reprimere gli attacchi. Tecniche relativamente nuove - l'optogenetica (un metodo sperimentale per attivare e disattivare i circuiti cerebrali) e telecamere a fibre ottiche inserite nel cervello di animali per osservare i neuroni che scaricano durante un attacco violento - permettono di trovare risposta ad alcune di queste domande. Oggi, in effetti, � possibile identificare vari circuiti della rabbia e dell'aggressione. Per motivi etici, molta attivit� di ricerca che traccia i circuiti neurali del comportamento violento proviene da studi su animali. Bisogna fare attenzione quando si applica la terminologia usata nello studio degli animali al comportamento e alle emozioni degli esseri umani, ma ci sono chiari parallelismi tra la violenza nella nostra specie e in altri vertebrati. Commettere un'aggressione fisica � un potenziale pericolo mortale per qualsiasi animale, quindi questo comportamento � strettamente regolato ed � esibito solo in risposta a specifici tipi di pericoli percepiti. Esseri umani e altri animali usano la violenza, addirittura aggressioni mortali, istintivamente per procurarsi cibo, proteggere i propri piccoli o difendersi da lesioni al proprio corpo. Ma per ogni tipo di atto violento - uccidere una preda o difendere i piccoli, per esempio - entrano in gioco connessioni neurali separate tra loro. Molte specie animali, inoltre, sono assai sociali, e i comportamenti aggressivi sono il modo con cui stabilire e mantenere l'ordine sociale; si pensi agli arieti che fanno a testate per determinare chi potr� riprodursi con le femmine. Per gli esseri umani, pena capitale, prigione e sottrazione forzata di risorse (multe e revoca di privilegi) sono tutte forme codificate di aggressione mirate a mantenere l'ordine sociale. Difesa del territorio, protezione di altri membri del gruppo e competizione sono ulteriori parallelismi che permettono agli scienziati di estrapolare da studi su animali, cos� da trovare specifici circuiti neurali negli esseri umani per ciascun tipo di comportamento aggressivo. Dal punto di vista psicologico, l'aggressione umana pu� essere scatenata da una serie di provocazioni e motivi che pare infinita, ma dal punto di vista delle neuroscienze solo pochi e specifici circuiti neuronali nel cervello sono responsabili di questo comportamento. Identificarli e capire come funzionano � un lavoro ancora in corso, ma cruciale. Troppo spesso la capacit� di aggressione violenta, incisa nel nostro cervello da epoche di lotta tenace per la sopravvivenza, funziona in modo sbagliato in seguito a malattie, droghe o disturbi psichiatrici, e pu� avere conseguenze tragiche. I circuiti neurali dell'aggressione La decisione di passare all'uso violento della forza � piena di rischi, e prima che una persona si scagli contro qualcuno diventa attivo un insieme di circuiti neurali intricati che si estendono nel cervello. Per capire l'anatomia dell'aggressione, immaginiamo il cervello umano come se avesse la struttura di un fungo. La pelle sottile che ricopre il cappello del fungo equivale alla corteccia cerebrale. Spessa appena 3 millimetri, la corteccia � un centro delle funzioni cognitive superiori: l'essenza di quello che ci rende umani. � coinvolta anche nell'integrazione sensomotoria (percezione che innesca l'azione) e nella coscienza stessa; e svolge anche un ruolo chiave nella decisione di un animale di esibire o meno un comportamento aggressivo. L'amigdala, una struttura che si trova in profondit� sotto la corteccia cerebrale e che valuta rapidamente gli stimoli sensoriali in ingresso per individuare possibili minacce, sarebbe situata in cima al gambo del fungo, nella zona da cui si irradiano le lamelle che sostengono il cappello. L'amigdala ha collegamenti ampiamente ramificati in entrata e in uscita che spaziano dalla corteccia cerebrale all'ipotalamo. Questa struttura a forma di mandorla � un punto centrale nella ritrasmissione dell'informazione sensoriale che arriva al cervello, come anche dei segnali provenienti dalla corteccia cerebrale, che comunicano i risultati dei processi decisionali e di altre elaborazioni delle informazioni di alto livello. L'ipotalamo, sempre in cima al gambo, � la regione cerebrale che inconsciamente controlla le funzioni automatiche del corpo, tra cui pulsazioni cardiache, respirazione, cicli del sonno, attenzione e rilascio di ormoni da parte della ghiandola pituitaria. � dove si genera la spinta emotiva a iniziare un attacco. Il tronco encefalico, l'analogo dello stelo nel fungo, trasmette l'informazione da e per il cervello attraverso il midollo spinale. Per descrivere in modo preciso l'analogia, � importante ricordare che il cervello umano � una struttura accoppiata, con emisferi destro e sinistro separati. C'� un'amigdala, per esempio, sia sul lato destro sia sul lato sinistro del cervello. La molteplicit� delle regioni che controllano i comportamenti aggressivi permette al cervello di pensare velocemente o lentamente in risposta a una minaccia. Quest'ultima reazione pi� contemplativa, per�, � la pi� complessa delle due, e la corteccia prefrontale ha un ruolo critico in questo processo decisionale. In uno studio del 2013 il neuroscienziato Simone Motta e i suoi colleghi che lavorano nel laboratorio di Newton Sabino Canteras all'Universit� di Sao Paulo, in Brasile, hanno ottenuto i dettagli biologici della familiare reazione da "mamma orsa", che non � affatto limitata alle mamme orse. I ricercatori hanno osservato al microscopio l'ipotalamo di una mamma di ratti subito dopo l'entrata di un maschio estraneo nella gabbia in cui la mamma si trovava con i suoi piccoli, un ingresso che aveva spinto la femmina ad attaccare. Dopo aver colorato il tessuto cerebrale post mortem, gli scienziati hanno identificato una proteina chiamata Fos nella minuscola regione ipotalamica coinvolta nel comportamento di attacco. Al microscopio sembrava che quest'area fosse stata riempita di punti neri con una penna. L'improvvisa comparsa di Fos, rappresentata dai punti neri, era dovuta alla rapida sintesi della proteina come conseguenza di raffiche di impulsi elettrici scaricate da neuroni nella regione di attacco quando la madre era stata provocata ad assalire l'intruso. Altri gruppi di ricerca hanno confermato il legame con il comportamento aggressivo, servendosi di una telecamera a fibra ottica inserita nella regione d'attacco ipotalamica di topi geneticamente modificati in modo da avere neuroni che emettono lampi di luce quando scaricano. Quando questo ammasso di neuroni, detto nucleo premammillare ventrale, � stato rimosso dalla regione d'attacco ipotalamica prima dell'entrata di un intruso, il gruppo di Motta ha trovato che la reazione di una madre con un attacco difensivo era assai meno probabile. Distruggere questi neuroni, per�, non influiva sulla risposta della madre a un predatore come un gatto oppure ad altre minacce. Gli elettrodi usati quasi un secolo fa da Hess erano troppo grossolani per rivelare la struttura fine dei sottocircuiti del comportamento aggressivo nella regione d'attacco ipotalamica. Oggi nuovi metodi di analisi stanno delineando un quadro assai pi� dettagliato. Affinch� quest'area sia attivata da un intruso maschio, la relativa informazione sensoriale deve essere ricevuta, elaborata e ritrasmessa tramite l'ipotalamo. Tutti i sensi principali arrivano al cervello seguendo cammini neurali separati: i segnali visivi passano per il nervo ottico, gli odori per il nervo olfattivo. L'informazione sensoriale in entrata raggiunge la corteccia cerebrale, dove � analizzata per estrarre caratteristiche dettagliate di uno stimolo, per poi inviare un segnale corrispondente a ognuno dei relativi sensi a un'altra regione pi� specializzata della corteccia. Per esempio, la corteccia visiva nella parte posteriore della nostra testa estrae forma, colore e movimento di un oggetto contrapposto al campo visivo e poi trasmette quell'informazione ad altre regioni della corteccia che portano alla percezione della nostra mente cosciente, permettendo, per esempio, il riconoscimento di un volto familiare. Ma questa complessa forma di elaborazione dell'informazione, che impegna varie regioni corticali in successione come in una catena di montaggio di automobili, richiede del tempo. Di fronte a una minaccia improvvisa, diciamo un pugno diretto al mento, il tempo richiesto per elaborare lo stimolo visivo e percepirlo in modo consapevole sarebbe troppo lungo per permetterci di schivare il colpo. Ecco perch� si � evoluto un cammino subcorticale ad alta velocit� che recluta l'amigdala per trasmettere rapidamente le informazioni sensoriali in entrata ai circuiti cerebrali che rilevano i pericoli. Il flusso dei dati sensoriali raggiunge l'amigdala prima di arrivare alla corteccia cerebrale e alla coscienza consapevole, motivo per cui prima ci proteggiamo e respingiamo un pallone che all'improvviso vediamo avvicinarsi, e poi domandiamo: "E quello che cos'era?" L'oggetto che irrompe inatteso nel nostro spazio personale � percepito come una minaccia anche se non riusciamo a farcene un'immagine precisa. In modo simile ai sensori di movimento dei sistemi di sicurezza, l'amigdala rileva un oggetto che non dovrebbe essere l� e attiva rapidamente una risposta aggressiva per affrontare la minaccia. Gli esseri umani dipendono fortemente dal senso della vista, ma per molti animali � pi� importante l'olfatto. Negli esperimenti di Motta, molto probabilmente � stato l'odore ad allertare il meccanismo di rilevamento delle minacce del ratto femmina riguardo al maschio intruso, e quell'informazione avrebbe potuto essere rapidamente ritrasmessa all'area d'attacco ipotalamica. Osservando l'amigdala al microscopio, i ricercatori hanno visto due aree che erano state colorate per la presenza di Fos, in risposta all'attacco dell'intruso. Ma entrambe queste regioni dell'amigdala, nel suo nucleo mediale, ricevono segnali dalla regione olfattiva. La regione del nucleo premammillare dell'ipotalamo, dove � centrata la risposta aggressiva materna, ospita neuroni noti per rispondere solo agli odori provenienti dall'altro sesso. Anche un'altra parte dell'amigdala, il nucleo posteriore, ha mostrato ampie prove di colorazione dovuta alla presenza della proteina Fos. I neuroni di quest'area hanno recettori per ormoni (i mineralocorticoidi) che collegano gli stress all'innesco di comportamenti aggressivi. In altri studi su ratti maschi aggressivi, gli animali diventano docili quando questi recettori vengono bloccati. Questa osservazione spiega in parte come aspetti molteplici di una data situazione, stress o altri fattori, possano abbassare la soglia di induzione del comportamento aggressivo. Esperimenti sull'uomo L'intento di tutte queste ricerche � determinare se l'attivazione oppure lo spegnimento di una particolare area del cervello producano o meno uno specifico comportamento. Gli studi sugli animali tuttavia non possono dirci un gran che sulle effettive sensazioni coinvolte in uno qualsiasi dei comportamenti risultanti. Stimolare il cervello di un ratto con un elettrodo potrebbe anche indurre un senso di dolore che poi provoca una reazione violenta, ma senza indicare in alcun modo se la reazione sia o meno il risultato diretto dell'attivazione di un centro cerebrale che � collegato al comportamento aggressivo. Alcuni esperimenti sugli esseri umani, per�, non hanno lasciato dubbi sul fatto che l'amigdala scatena intense emozioni violente. Negli anni sessanta, quando il compianto neurofisiologo spagnolo Jos� Manuel Rodr�guez Delgado stimol� un elettrodo nell'amigdala destra di una donna che suonava tranquillamente una chitarra, la donna smise di suonare e cantare, scagli� via lo strumento in un impeto di rabbia e part� all'attacco di una parete della stanza. Per poter scatenare comportamenti violenti, queste potenti emozioni devono prevalere su impulsi concorrenti. Il rischio di decidere di lanciare un attacco potrebbe portare a una rappresaglia che metta l'aggressore a rischio di gravi lesioni - o di morte - o alternativamente di un sentimento di vergogna come risultato di una fuga di fronte a una minaccia. Le sedi neurali della rabbia cieca nei ratti e negli esseri umani fanno parte di una vasta rete cerebrale che si estende oltre l'amigdala e scatena comportamenti violenti. Alcuni ricercatori hanno scoperto un sito della regione settale, parte di quello che � chiamato "sistema limbico subcorticale", che si accende dopo che una femmina di ratto ha respinto un intruso per proteggere i propri piccoli. L'area settale attiva intense risposte emotive, come la rabbia esplosiva, ed � all'opera anche nel sesso e in altre attivit� gratificanti. Nel 1950 James Olds e Peter Milner hanno mostrato che i ratti con elettrodi impiantati nella regione settale potevano continuare a premere una leva che stimolava elettricamente i relativi neuroni fino allo sfinimento, fino a 5000 volte in un'ora. Un esperimento corrispondente ha coinvolto volontari umani. Quando Delgado ha stimolato la regione settale di alcuni pazienti, i soggetti sono stati subito sopraffatti da forti sensazioni sessuali che alla fine hanno portato a un orgasmo. Una paziente ha iniziato ad avere atteggiamenti seduttivi, e addirittura ha proposto al terapeuta di sposarla. In studi pubblicati nel 1972 e oggi riconosciuti come inammissibili dal punto di vista etico, lo psichiatra Robert G. Heath, della Tulane University, cerc� di "guarire" un giovane dall'omosessualit�. Nella regione settale del cervello dell'uomo, Heath impiant� elettrodi che permettevano al medico, o al paziente stesso, di generare stimoli neurali che davano piacere sessuale durante la proiezione di film pornografici eterosessuali e nel corso di rapporti sessuali con una prostituta. Heath rifer� che il soggetto si autostimolava con gli elettrodi fino all'euforia. Il suo orientamento sessuale, per�, rimase lo stesso. I neuroni in questa parte dell'area settale (i nuclei del letto della stria terminale, o BNST), che negli studi sugli animali si attivano nell'aggressione materna, hanno anche recettori per la noradrenalina, un neurotrasmettitore coinvolto nelle risposte allo stress. Questa regione cerebrale si connette all'ipotalamo per il controllo delle risposte autonome e il rilascio di ormoni come l'ossitocina o il neurotrasmettitore dopamina, che regolano stress, umore e ansia; inoltre, riceve segnali dalla corteccia cerebrale. I circuiti del comportamento aggressivo vanno sia verso l'alto che verso il basso. La corteccia prefrontale pu� inibire o stimolare il sistema limbico, reprimendo un impulso o dando il via a un'azione violenta in base a processi deliberativi che avvengono nelle aree dei processi cognitivi di alto livello. All'opposto di questo approccio "dall'alto in basso" da parte della corteccia prefrontale si trova la rapida risposta riflessa a un improvviso stimolo ambientale, come quando un pallone che arriva all'improvviso � deviato senza alcun pensiero cosciente. Animali e persone con connessioni pi� deboli dalla corteccia prefrontale al sistema limbico hanno difficolt� nel controllare gli impulsi. I centri cerebrali della ricompensa, di cui fanno parte striato e nucleo accumbens, dove agisce il neurotrasmettitore dopamina, sono altri componenti dei circuiti dell'aggressivit�. Molte droghe d'abuso e dipendenza - per esempio metanfetamina e cocaina - aumentano la dopamina, che modula la ricompensa, per far scattare questi circuiti. Quando un ratto maschio riesce a sconfiggere un altro che sconfina nella sua gabbia, subito dopo attiva pi� volte la leva che apre il passaggio all'intruso per farlo entrare e battersi ancora. Se si blocca il segnale della dopamina con un farmaco, il ratto maschio smette di provocare altri scontri. L'aspetto gratificante dell'aggressione, nel quale sono incluse sensazioni di superiorit� e dominanza, � alla base di tante forme di questo comportamento, ma in particolare della componente edonistica del bullismo e delle forme psicopatiche e brutali di violenza. Nella societ� moderna, dove il bisogno di cibo � soddisfatto al supermercato, la mancanza del senso di soddisfazione che viene dall'uccisione di una preda pu� essere colmata da attivit� ricreative come caccia e pesca. Differenze tra i sessi Il singolo fattore predittivo pi� importante del comportamento aggressivo � il sesso della persona. Secondo le statistiche del 2018 del Federal Bureau of Prisons degli Stati Uniti, i detenuti sono per il 93 per cento maschi. L'associazione tra comportamenti aggressivi e genere maschile � evidente nel regno animale, dimostrando che la relazione tra violenza e sesso ha una forte base biologica. Un ampio contributo viene dalle influenze ormonali sui circuiti neurali che controllano i comportamenti aggressivi, ma le pressioni selettive sui maschi, specialmente nei mammiferi sociali, inclusa la maggior parte dei primati, hanno promosso caratteri che aumentano la probabilit� dei comportamenti aggressivi nella ricerca dei partner, per salire di status sociale, procurarsi il cibo e difendere il territorio e la trib�. David Anderson, neuroscienziato del California Institute of Technology, e colleghi hanno studiato il circuito neurale che spiega la sconcertante associazione tra sesso e violenza. Le loro ricerche hanno svelato parte del meccanismo tramite cui gli stessi circuiti cerebrali possono essere coinvolti in sentimenti opposti come amore e odio. Dal punto di vista fisiologico, ci sono molti aspetti in comune tra aggressione e accoppiamento. Entrambi evocano intensi stati di eccitazione e, quando hanno successo, un potente senso di ricompensa. Nel mondo naturale, aggressione e accoppiamento sono spesso collegati tra loro, ed entrambi sono regolati da influenze esterne e stati corporei interni simili. Gli animali maschi, per esempio, sono pi� aggressivi nella stagione dell'accoppiamento. � noto da tempo che anche l'accoppiamento � controllato dall'area d'attacco nell'ipotalamo e che la stimolazione con elettrodi impiantati in questa sede pu� indurre la copulazione o l'aggressione. Sfruttando la colorazione della proteina Fos per identificare neuroni molto attivi, alcuni ricercatori hanno trovato che alcune cellule dell'ipotalamo sono diventate attive subito dopo che i topi hanno iniziato un'aggressione o un accoppiamento. Mentre faceva parte del laboratorio di Anderson prima di diventare professoressa all'Universit� di New York, Dayu Lin ha impiantato microelettrodi nell'ipotalamo di topi e ha scoperto che c'erano neuroni attivi nella lotta e nell'accoppiamento; alcuni neuroni scaricavano in un comportamento, altri nell'altro, ma c'erano anche neuroni attivati in entrambi i casi. Inserendo fibre ottiche tramite cui inviare un fascio laser che ha attivato neuroni geneticamente modificati per generare impulsi elettrici in risposta alla luce, Lin e colleghi hanno spronato il topo ad attaccare o a copulare. Gli scienziati hanno usato il laser in modo da far scaricare i neuroni a frequenze diverse e a passare da un comportamento all'altro. Perdere il controllo Usare questi nuovi dati di laboratorio come aiuto per capire una strage � ancora un obiettivo ambizioso. Ma un episodio accaduto pi� di cinquant'anni fa potrebbe aver messo in moto un ambito di ricerca che un giorno potrebbe scongiurare certi tremendi titoli di giornale. Il 1� agosto 1966 Charles Whitman, un tormentato ex Marine, pugnal� la madre e le spar�, uccidendola, poi and� a casa della moglie e la uccise a coltellate, per infine raggiungere una torre del campus dell'Universit� del Texas ad Austin con un bauletto contenente tre coltelli, 700 cartucce e sette armi da fuoco. Dalla sua postazione di cecchino, Whitman uccise 14 persone e ne fer� un'altra trentina; inoltre, il killer lasci� un biglietto in cui chiese di studiare il suo cervello dopo la morte per determinare se fosse malato di mente. L'autopsia del cervello di Whitman trov� un piccolo tumore, un glioblastoma multiforme, vicino all'amigdala. Nel referto, il gruppo di esperti ammetteva: "Il tumore cerebrale altamente maligno plausibilmente potrebbe aver contribuito alla sua incapacit� di controllare le proprie emozioni e azioni"; ma non fu in grado di determinare in modo conclusivo che il cancro avesse qualcosa a che fare con la strage commessa da Whitman o con la sua apparente malattia mentale. Dopotutto molte persone soffrono di lesioni cerebrali senza diventare violente e assassine. Finora non � stato trovato nulla di anormale nel cervello dell'autore della strage di Las Vegas, Stephen Paddock, e forse non lo si trover� mai. Ma se anche dovesse emergere qualche malattia, continuer� a essere impossibile stabilire una relazione di causa ed effetto tra un tumore cerebrale e un crimine tanto efferato. In pi�, le statistiche del MacArthur Violence Risk Assessment Study indicano che le persone con disturbi mentali non hanno maggiori probabilit� rispetto alle altre di essere violente. � probabile che nel cervello del cecchino del Mandalay Bay non si troveranno anomalie neurologiche. I principali fattori di rischio che predicono comportamenti violenti sono giovane et�, sesso maschile, abuso di sostanze e basso status socio-economico. Secondo un'analisi del 2003 condotta da Heather Stuart, della Queen's University, nell'Ontario, in Canada, un terzo degli atti violenti autodichiarati da persone senza diagnosi di malattie mentali e sette crimini violenti dei malati di mente su dieci sono associati all'abuso di sostanze. Le nostre conoscenze su come alcool o cocaina compromettono i circuiti neurali del comportamento aggressivo lasciano pochi dubbi sul rapporto tra abuso di sostanze e violenza. Nuove comprensioni Il comitato di esperti che esamin� il cervello di Whitman espresse una motivazione pi� ampia per la propria incapacit� di collegare il tumore cerebrale al delitto: in parole povere, aveva a che fare con l'insufficiente comprensione scientifica di base del cervello nel 1966. "L'applicazione delle attuali conoscenze scientifiche alla funzione organica del cervello non ci permette di spiegare le azioni compiute da Whitman il 1� agosto", venne osservato nel referto. "Questo caso � un'indicazione impressionante dell'urgente necessit� di una maggiore comprensione delle funzioni cerebrali legate ai comportamenti, in particolare a quelli aggressivi e violenti". Nel 1966 non esisteva la macchina per la risonanza magnetica, e l'intero campo delle neuroscienze era ai suoi primi passi. Ricerche pi� recenti, che usano tecniche moderne per esplorare le nuove neuroscienze alla base dei comportamenti di aggressione stanno producendo conoscenze che avrebbero potuto aiutare Whitman nel suo bisogno di risposte definitive. Lo psichiatra Bernard Bogerts, dell'Universit� Otto von Guericke di Magdeburgo, in Germania, e i suoi colleghi hanno usato imaging a risonanza magnetica e tomografia computerizzata per esaminare il cervello di detenuti violenti e non violenti. La loro ricerca ha trovato un'incidenza significativamente pi� elevata di anomalie cerebrali nei criminali violenti rispetto ai non violenti e a un gruppo di controllo. Per esempio, il 42 per cento dei 162 detenuti violenti aveva almeno un'area anomala rispetto al 26 per cento dei 125 non violenti e all'8 per cento dei 52 soggetti del gruppo di controllo. Le patologie apparivano nella corteccia prefrontale, nell'amigdala e in altre regioni responsabili del controllo dell'amigdala e dell'ipotalamo. Le informazioni scoperte sui circuiti neurali dell'aggressione potrebbero indicare la strada verso nuove risposte, ma possono anche sollevare nuove domande. Geni ed esperienza guidano entrambi lo sviluppo dei circuiti neurali in modo diverso per ciascun individuo, una spiegazione delle differenze nell'intensit� e nei tipi di comportamento aggressivo che si osservano negli esseri umani o nei roditori impigati negli esperimenti. Negli esseri umani la corteccia prefrontale non si sviluppa pienamente prima dei vent'anni di et�, indicando il motivo per cui i pi� giovani non dovrebbero essere considerati penalmente responsabili come gli adulti negli Stati Uniti. La lentezza del processo di sviluppo neurale ci fornisce qualche indizio biologico, per esempio sulle ondate apparentemente incomprensibili di stragi con armi da fuoco che scuotono le scuole degli Stati Uniti. In ultima analisi, potrebbe diventare plausibile intervenire per ridurre i comportamenti violenti regolando i circuiti neurali del comportamento aggressivo con farmaci, chirurgia di precisione, stimolazione cerebrale o altri metodi. Le prove che stanno emergendo riguardo ad anomalie neurologiche tra le persone detenute per comportamenti violenti sollevano questioni etiche di capacit� giuridica e ci fanno domandare se gli accertamenti psichiatrici della salute mentale dei pazienti debbano includere elettroencefalogrammi e scansioni cerebrali con cui cercare tracce di malattia. Forse era questo che desiderava Whitman quando riemp� il suo bauletto e scrisse l'ultimo biglietto, in cui chiedeva che il suo cervello venisse esaminato dopo il bagno di sangue che stava per commettere. Neuroanatomia dei comportamenti aggressivi Amigdala - Questa struttura si trova nelle profondit� del lobo temporale, risponde agli eventi con una forte carica emotiva ed � coinvolta nel rilevamento dei pericoli, nella paura, nei comportamenti aggressivi e nell'ansia. Tronco encefalico - Per questa struttura centrale di collegamento passano fibre nervose da ogni parte del cervello e del midollo spinale. Durante un combattimento, controlla i movimenti riflessi della testa. Ipotalamo - � il centro di smistamento delle informazioni che vanno e vengono tra cervello e midollo spinale, regola il rilascio di ormoni dalla ghiandola pituitaria, mantenendo funzioni corporee vitali come termoregolazione, assunzione di cibo, comportamento sessuale e comportamenti aggressivi. Sistema limbico - Questa rete collega tra loro amigdala, ipotalamo, ippocampo e corteccia cerebrale, combinando emozione, apprendimento, memoria e rilevamento dei pericoli. Ghiandola pituitaria - Situata in cima al tronco encefalico, libera nel flusso sanguigno ormoni che controllano la risposta di attacco o fuga e la riproduzione. Corteccia prefrontale - Regione della corteccia cerebrale nella parte anteriore del cervello (sotto la fronte) che integra le informazioni per prendere decisioni complesse, concentrare l'attenzione e regolare gli impulsi. Guido Ucelli di Nemi: un eroe borghese (di Silvia B�chi, "Focus Storia" n. 154/19) - Un industriale illuminato con il pallino della divulgazione scientifica: senza di lui non avremmo avuto il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. - Forse ai milanesi oggi questo nome non dice pi� molto, ma Guido Ucelli di Nemi, negli anni tra il primo e il secondo dopoguerra, � stato una delle personalit� pi� influenti di Milano e dell'Italia intera. Imprenditore di successo, industriale illuminato e umanista per passione, � entrato di diritto nella memoria storica del nostro Paese per due grandi imprese: il titanico recupero delle navi dell'imperatore Caligola, affondate nel lago di Nemi (nel Lazio) e la realizzazione del Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Il tutto nell'arco di tre decenni esplosivi (tra gli anni Trenta e la met� degli anni Cinquanta), in cui Ucelli, in bilico tra regime fascista e bombardamenti, riusc� ad arrivare indenne fino agli anni del boom economico per realizzare il suo sogno: diffondere la cultura tecnica in Italia. Guido Ucelli nacque a Piacenza il 25 agosto 1885, quarto di cinque fratelli. Il liceo, la passione per la musica e la fotografia e poi, ai primi del Novecento, gli studi (e la laurea) in Ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Milano riassumono tutta la "normalit�" di una personalit� squisitamente lombarda: tanti fatti, poche chiacchiere. Nel 1909 il giovane neolaureato venne assunto alla prestigiosa Riva, officina meccanica specializzata nella produzione di turbine idrauliche, conosciuta anche all'estero (una turbina dell'azienda italiana fu installata persino alle cascate del Niagara nel 1899). Qui fece una carriera strabiliante: ottenne quasi subito un ruolo di responsabilit� e nel giro di pochi anni divenne consigliere d'amministrazione, vicedirettore generale e socio. E trov� anche il tempo di sposarsi: nel 1914 port� all'altare l'ereditiera Carla Tosi, figlia ventenne, orfana del ricco industriale Franco Tosi (ucciso nel 1898 da un dipendente). Intanto il lungimirante Ucelli riorganizzava la sua impresa, raddoppiando la superficie dello stabilimento e rinnovando i macchinari. Ma, per crescere ancora, occorreva manodopera qualificata e scuole specializzate, inesistenti nell'Italia contadina del tempo. Era il momento di pensare in grande. Il 1� gennaio 1928 il capo del governo Benito Mussolini indirizz� a Guglielmo Marconi, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, un messaggio programmatico: "Occorre sistemare in Italia laboratori di ricerca bene attrezzati e musei viventi, dove i progressi della scienza, della tecnica e della industria siano resi evidenti. Un Paese non spende invano in queste opere di progresso". E Ucelli, "uomo del fare", fu coinvolto in questo progetto all'avanguardia. Nel 1930 venne nominato presidente di commissione allo scopo di studiare un piano per il nuovo museo milanese, mentre nel 1935 assunse la presidenza del consorzio per l'Istruzione Tecnica di Milano. Era convinto che proprio in quegli anni, ancora segnati da profonde differenze economiche e sociali, tutti dovessero avere l'opportunit� di studiare per migliorare la propria posizione. Intanto Guido si era appassionato a un ambizioso progetto che lo impegn� dal 1926 al 1936: il complesso recupero delle navi romane di Caligola, affondate nel lago di Nemi, vicino ad Ariccia. Un esempio unico di imbarcazioni cerimoniali da parata, veri e propri palazzi galleggianti. Si trattava di procedere a un parziale prosciugamento del lago per far riemergere gli scafi, utilizzando le idrovore della Societ� Riva, che Ucelli, direttore dei lavori, mise a disposizione gratuitamente. Un recupero delicato in cui l'ingegnere archeologo dimostr� grandi capacit� tecniche e organizzative. Il 7 settembre 1929, abbassato il livello delle acque di 22 metri, emerse la prima nave, con armi, monete, decorazioni e attrezzi. Nel 1932, anche la nave pi� piccola fu recuperata e i relitti sistemati in un museo costruito l� vicino e inaugurato nel 1940. La straordinaria impresa procur� grande fama a Ucelli, che ricevette da Vittorio Emanuele III un titolo nobiliare, con il predicato "di Nemi". Ma la storia ebbe un epilogo drammatico: il 31 maggio 1944, un incendio devast� il museo, distruggendo le navi; si salvarono solo gli oggetti trasferiti a Roma. Da giorni nella zona erano in atto schermaglie tra tedeschi e anglo-americani e a farne le spese fu il bottino di Nemi. Guido e Carla vivevano in via Cappuccio, a Milano, in quello che era stato il convento delle Umiliate, con un chiostro bramantesco e un grande giardino. In citt� era considerata una famiglia ricca e fortunata (anche se segnata dalla drammatica perdita di una figlia): vivevano con cinque figli e 16 nipoti, un vero e proprio clan. Qui si svolgevano feste, ricevimenti e i famosi "concerti del luned�", a cui partecipava il gotha della Milano industriale e intellettuale. Ma la guerra spazz� via le cene e le serate musicali, trasformando l'elegante dimora in un rifugio per sfollati in cui si accoglieva chi aveva perso tutto nei bombardamenti e chi scappava dalle persecuzioni razziali. La famiglia Ucelli, infatti, s'impegn� con ogni mezzo, a rischio della vita, per aiutare il maggior numero possibile di ebrei a scappare all'estero, ma qualcosa and� storto. Il 15 aprile 1944, la coppia accompagn� Gino Minerbi (fratello dello scultore Arrigo) e la moglie Bianca al convento dei Cappuccini, in viale Piave, da cui partiva il viaggio oltre frontiera che li avrebbe condotti in salvo. Ma furono traditi: i Minerbi vennero catturati e uccisi insieme ad altri 65 ebrei e i due coniugi portati in carcere. L'esperienza della prigione li segn� profondamente. Ucelli scrisse nel suo diario: "Gi� conosco tutto il peso della pena: tutte le relazioni normali della vita sono infrante e un senso profondo di avvilimento e di umiliazione penetra nell'animo. Ma su tutto sovrasta l'impressione di essere a una vera svolta della vita: non potr� pi� vedere il mondo con gli occhi di prima". Guido fu picchiato, costretto per giorni a pane e acqua e a dormire per terra. Ma ci� che gli pesava di pi� era la preoccupazione per Carla e per i figli a casa. Il notaio Alessandro Guasti, che and� a trovarlo in prigione, in una lettera alla moglie scrisse: "Stamane fui a trovare Guido [...]. Aveva la barba lunga, la faccia piena di ecchimosi per i colpi, l'aria spettrale, lo sguardo fisso". Il 3 agosto Ucelli fu liberato. Carla, accusata anche di aver finanziato la fuga di ebrei, dopo un mese a San Vittore fu deportata nel lager di Gries presso Bolzano, e fu rilasciata il 24 settembre 1944. Nonostante il trauma della guerra e delle leggi razziali, la vita riprese il suo corso. Negli anni Cinquanta e Sessanta, in una Milano che smaniava di buttarsi alle spalle gli orrori del passato, la casa di via Cappuccio, con i suoi rituali borghesi, torn� a essere un punto di riferimento per artisti, intellettuali e industriali. Sul fronte professionale, arriv� per Guido il riconoscimento pi� grande: l'inaugurazione, nel 1953, di quel museo per cui aveva tanto lavorato e per il quale continuer� a lavorare fino alla fine. Nel 1964, a 79 anni, mor�, raggiungendo a pochi mesi di distanza Carla, inseparabile compagna di una vita. La Milano del '900 La citt�, che nel 1904 accolse il brillante studente del Politecnico Guido Ucelli, stava cambiando pelle nel nome dell'innovazione. Gi� a fine Ottocento c'era stato un notevole sviluppo industriale e agricolo, oltre alla creazione di nuove vie di comunicazione. Nel 1906, in occasione dell'Esposizione Internazionale del Sempione, si era aperto il dibattito sull'opportunit� di creare in citt� un Museo Industriale in grado di testimoniare il progresso scientifico italiano. Nei primi anni del Novecento nella zona nord, tra Greco, Bicocca e Sesto San Giovanni, era nata un'area industriale con grandi fabbriche come Pirelli (che vi si trasfer� nel 1907), Breda, Marelli e Falk. Altro importante polo produttivo era la Franco Tosi (azienda di famiglia della moglie di Ucelli) a Legnano, che produceva caldaie e motori a vapore. E infine la Riva, in via Savona, specializzata in turbine, dove Ucelli approd� subito dopo la laurea.