Settembre 2020 n. 9 Anno V Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice Tropico del Mediterraneo Empatia e intelligenza emotiva Il tempio della discordia Tropico del Mediterraneo (di Roberto Danovaro, "Le Scienze" n. 612/19) - Gli effetti del riscaldamento globale sono sempre pi� evidenti anche nelle acque del Mediterraneo, con conseguenze negative su biodiversit� ed ecosistemi. - I cambiamenti climatici stanno modificando le caratteristiche fisiche e chimiche del mare, stanno alterando il metabolismo e i cicli riproduttivi di un gran numero di organismi e sconvolgendo gli equilibri tra le specie marine. Questi cambiamenti non sono omogenei dal punto di vista geografico, sono invece distribuiti "a macchia", ovvero cambiano tra diverse latitudini e si concentrano in alcune regioni, tra cui il Mar Mediterraneo. Inoltre, contrariamente a quello che si pensava fino a poco tempo fa, gli effetti dei cambiamenti climatici si stanno espandendo in modo rapido dalla superficie alle profondit� dei mari. Nell'intervallo compreso tra 200 e 11.000 metri di profondit� si trovano ecosistemi che formano il pi� grande bioma della Terra, cio� una gigantesca porzione della biosfera che ospita forme di vita. Questi ecosistemi profondi, privi di luce e quindi senza fotosintesi occupano oltre il 65 per cento della superficie terrestre e ospitano oltre il 90 per cento degli organismi marini. Dunque il loro ruolo � fondamentale non solo per l'enorme biodiversit� che contengono ma anche per la capacit� di rinnovare nel tempo la produzione degli oceani. In particolare, gli abissi sono i principali motori di rigenerazione dei nutrienti inorganici necessari ad alghe e piante marine per la loro crescita. Nella maggior parte degli ecosistemi profondi le condizioni ambientali sono assai costanti nel tempo (cio� cambiano a scale geologiche), quindi l'impatto dei cambiamenti pu� essere molto importante, colpendo soprattutto gli organismi caratterizzati da una crescita lenta e una tarda maturazione sessuale. Oceano in miniatura Il Mar Mediterraneo sta sperimentando un forte cambiamento, ed � stato proposto come un "oceano in miniatura" da usare in qualit� di modello con cui prevedere le risposte degli oceani ai cambiamenti del clima. Semichiuso tra Gibilterra a ovest e il Bosforo a est, questo mare rappresenta meno dell'1 per cento della superficie degli oceani globali e contiene lo 0,3 per cento delle acque. � una sorta di enorme lago salato, con una profondit� media di circa 1450 metri (contro i 3750 metri dell'oceano). Dato che � poco profondo, le sue acque si riscaldano a tassi superiori rispetto a quelli di ogni altro oceano. La maggior parte degli organismi marini che ospita � "peciloterma", ovvero la temperatura corporea di questi esseri viventi � identica a quella dell'ambiente marino circostante, di conseguenza i pecilotermi hanno un metabolismo che cambia con il cambiare della temperatura dell'ambiente. Il Mediterraneo � anche una delle aree in cui molti effetti dei cambiamenti climatici sono gi� documentati. La temperatura superficiale sta aumentando con certezza dagli anni sessanta, e dalla fine degli anni novanta si sono verificati di frequente episodi di sovrariscaldamento delle acque superficiali con conseguenti ingenti perdite di benthos, le forme di vita che vivono a stretto contatto con il fondo marino. Non � necessario essere ricercatori per rendersi conto dei cambiamenti in atto. Basta andare al mare. Ne ho avuto prova qualche estate fa in Sicilia, quando di prima mattina in spiaggia ho visto correre un enorme granchio che poi � scomparso in una buca. Si trattava di un granchio fantasma, una specie tipicamente tropicale. La spiaggia era costellata di buche, ovvero di imboccature per le tane di questi granchi sbarcati da pochi mesi in Italia e pronti a diffondersi ulteriormente a nord. Insieme ai granchi fantasma, anche una grande variet� di pesci tropicali, come il pesce lepre, il pesce balestra e il pesce istrice, sta entrando nel Mediterraneo e riempie le reti dei pescatori di Calabria, Puglia e Sicilia. Questi pesci alieni, ovvero provenienti da altri mari, sono una prova evidente dell'effetto dei cambiamenti climatici in corso. Le specie aliene tropicali prendono d'assalto il bacino mediterraneo perch� trovano condizioni favorevoli, sono abituate a climi caldi e quindi stanno meglio delle specie locali e autoctone stressate dal caldo eccessivo. Il Mediterraneo ospita circa 17.000 specie, pari al 7,5 per cento della biodiversit� marina globale. Si stima che 1000 di queste specie siano aliene e provengano da Oceano Atlantico, Mar Rosso o altri bacini esotici; entrano attraverso lo stretto di Gibilterra o il Canale di Suez, ampliato di recente, o trasportate sulle carene o nelle acque di zavorra delle navi. Molte specie aliene per� sono rilasciate da acquariofili, che per esempio decidono di non tenere pi� "Nemo" nell'acquario e lo liberano in mare, magari all'Isola d'Elba, dove sono stati trovati esemplari di pesce pagliaccio; oppure sono state introdotte per compensare la scomparsa di una specie autoctona, come nel caso della vongola filippina al posto di quella verace in Adriatico. Una volta nel Mediterraneo, grazie a condizioni ambientali sempre pi� simili a quelle tropicali, molte specie aliene trovano casa e si stabiliscono in modo permanente. Cos� per� competono con le specie autoctone o le predano, determinandone in alcuni casi l'allontanamento, riducendone l'abbondanza od obbligandole a scendere a profondit� maggiori per limitare i danni. Alcuni esempi sono l'alga Caulerpa cylindracea, specie aliena che forma estesi tappeti e compete per lo spazio soprattutto con altre macroalghe e piante endemiche come la Posidonia, e la medusa Rhopilema nomadica, che misura oltre 60 centimetri e trasforma ampi tratti di mare in una sorta di gelatina. Sempre pi� caldo In generale, nei mari la temperatura diminuisce in modo evidente con l'aumentare della profondit�, e il Mediterraneo non fa eccezione. Tuttavia il nostro mare � molto pi� caldo rispetto ad altri mari e oceani alle stesse latitudini, con temperature superficiali che possono raggiungere i 30 gradi Celsius in estate, come all'equatore. Ma, a differenza degli oceani, nel Mediterraneo le temperature abissali non sono mai inferiori a circa 13 gradi. Sono valori superiori di circa 10 gradi rispetto a quelli dell'Oceano Atlantico al largo di Gibilterra e a quelli di tutti gli oceani alle stesse profondit�. Questo rende la fauna mediterranea differente rispetto a quella degli altri oceani: c'� un'elevata frazione di specie endemiche, ovvero esclusive di questo bacino. Il Mediterraneo per� si sta riscaldando sia in superficie, dove la temperatura � aumentata anche di oltre 1,8 gradi negli ultimi decenni, per esempio in Adriatico, sia nelle acque profonde, dove � aumentata di 0,2 gradi negli ultimi vent'anni. Nel caso degli oceani, le previsioni attuali indicano che a profondit� abissali (ovvero tra 3000 e 6000 metri di profondit�) le temperature potranno aumentare fino a i grado nei prossimi ottant'anni. Ma il dato pi� allarmante � che il tasso di riscaldamento degli ultimi vent'anni � almeno doppio rispetto a quello dei quarant'anni precedenti. Tutto questo non avverr� senza conseguenze. I cambiamenti di temperatura possono influenzare la biodiversit� del mare in modo evidente e su grandi scale spaziali. I principali problemi per le specie che abitano nel Mediterraneo sono dovuti proprio al limite della tolleranza termica. Le specie con affinit� per le acque pi� fredde, originarie delle latitudini pi� elevate, sono in difficolt� di fronte a un repentino cambiamento di temperatura, e possono anche soccombere con fenomeni di mortalit� di massa in periodi di caldo estremo e prolungato. Un aumento di temperatura dell'acqua ha effetti anche su ciclo vitale, longevit� e tasso metabolico degli organismi marini. Le specie che vivono in ambienti tropicali e sono gi� adattate alle alte temperature si stanno espandendo, mentre quelle che preferiscono le basse temperature sono in difficolt� e vedono contrarsi il periodo utile per il ciclo riproduttivo. L'aumento della temperatura pu� alterare anche la distribuzione delle specie, spingendole verso profondit� maggiori dove trovano refrigerio, e pu� causare l'estinzione di specie vulnerabili a basse profondit�. Il mare profondo, inoltre, � caratterizzato da temperature stabili nei millenni; tollera poco brusche variazioni di temperatura come quelle registrate negli ultimi anni. E possono entrare in gioco anche fenomeni climatici anomali. Come quello denominato "transiente", che negli anni novanta nel Mediterraneo orientale ha innescato un repentino sprofondamento di acque superficiali pi� calde e pi� salate, che a loro volta hanno spinto le acque profonde ricche di sali nutritivi verso la superficie. In pochi mesi questo processo ha causato un forte cambiamento della diversit�, portando a una sostituzione di circa il 50 per cento delle specie presenti a 1000 metri di profondit�, e dimostrando cos� che anche gli ambienti profondi possono cambiare rapidamente a causa di anomalie climatiche. Rischio carestia Uno dei primi effetti dei cambiamenti climatici � l'alterazione della produzione primaria globale, ovvero della quantit� di biomassa, in larga parte composta da alghe microscopiche, che rappresenta la base della rete alimentare (o trofica) marina. Secondo i modelli ecologici, nei prossimi decenni la produzione di biomassa vegetale alle medie latitudini e nei tropici potr� diminuire anche del 50 per cento. Questo calo causer� una sorta di progressiva "carestia" per i pesci e per gli altri organismi consumatori, limitandone la possibilit� di crescere e riprodursi con ripercussioni sulla pesca in tutto il mondo. La vita nel mare profondo dipende in larga misura dalla pioggia di materia organica prodotta per fotosintesi nella zona superficiale e illuminata. Normalmente l'apporto di materia organica verso il fondo diminuisce esponenzialmente con l'aumento della profondit� a causa del consumo della materia organica durante la discesa. Ma oltre a ridurre la produzione primaria il riscaldamento delle acque superficiali sta creando una barriera fisica (di densit�) pi� forte tra acque superficiali pi� calde e acque profonde pi� fredde, riducendo l'entit� di questa pioggia verso i fondali. Gli effetti pi� negativi del riscaldamento in superficie sono attesi per l'Oceano Indiano, dove entro la fine del secolo si prevede una diminuzione fino al 55 per cento del rifornimento alimentare che raggiunge il fondo oceanico. Ma anche il Mediterraneo soffrir� per questo fenomeno, soprattutto nel bacino orientale, dove le condizioni di limitazione alimentare sono gi� evidenti. Il Mediterraneo orientale � tra gli ambienti pi� poveri di cibo del pianeta. In quell'area l'apporto di alimenti dalla colonna d'acqua pu� essere da 15 a 80 volte minore rispetto a quello del bacino occidentale. Con la riduzione del cibo disponibile via via che si scende verso gli abissi, diminuiscono drasticamente biodiversit� e biomassa, con effetti pi� forti alle profondit� pi� grandi. La scarsit� di cibo avr� diversi effetti negativi, riducendo crescita, sopravvivenza e reclutamento degli organismi che vivono nei fondali. Gli organismi di grosse dimensioni, come la megafauna, ovvero di taglia compresa tra alcuni centimetri e molti metri di lunghezza, per esempio grandi gorgonie, coralli e grandi predatori come gli squali, saranno i primi a subire l'impatto di questi cambiamenti, mentre le specie pi� piccole e le componenti microbiche riusciranno a trarne beneficio. Attenzione all'ossigeno Un altro problema che devono affrontare le specie marine in un mondo pi� caldo riguarda la respirazione. La solubilit� dell'ossigeno nell'acqua dipende dalla temperatura dell'acqua stessa. In particolare, all'aumentare della temperatura si riduce la quantit� di ossigeno che si pu� disciogliere in acqua. Per questa ragione, a causa del riscaldamento globale aree sempre pi� ampie degli oceani stanno diventando sempre pi� povere di ossigeno, ovvero ipossiche: meno di 0,5 millilitri di ossigeno per litro di acqua. Le concentrazioni di ossigeno normali in acqua di mare (circa 10 millilitri di ossigeno per litro) sono gi� 20 volte inferiori rispetto alla concentrazione di ossigeno in aria (circa 200 millilitri per litro d'aria), e solo pochissimi organismi specializzati sono in grado di sopravvivere in condizioni di scarsit� di questa molecola. Il risultato � che regioni estese degli oceani si stanno spopolando, e questo sta generando un forte impatto sui processi biogeochimici. Questi fenomeni non sono stati ancora osservati nel Mediterraneo, con l'eccezione di alcuni casi di ipossia verificatasi nell'alto Adriatico e legati a condizioni di particolare riscaldamento e stratificazione delle masse d'acqua. Tuttavia, non possiamo escludere che in futuro l'aumento della temperatura possa rendere pi� probabile la creazione di aree ipossiche. Tra gli effetti diretti del calo di ossigeno c'� una diminuzione della sopravvivenza embrionale di specie ovipare, ovvero che depongono uova fecondate per riprodursi. Sono a rischio anche le specie di profondit�, per esempio il pescecane portoghese Centroscymnus coelolepis, importante per il Mediterraneo e con una distribuzione quasi globale, perch� vivono lungo i margini continentali a oltre 500 metri dalla superficie, dove in genere si verificano le condizioni di ipossia. Mare acido Dato che i mali non vengono mai da soli, a completare il quadro dei cambiamenti che colpiscono mari e oceani abbiamo sempre pi� prove pure di una loro acidificazione. Si tratta di una diminuzione del pH delle acque marine superficiali che procede al tasso di circa 0,1 unit�, o anche di pi�, per decennio (la scala del pH va da 0, che equivale alla massima acidit�, a 14); questa acidificazione � dovuta alla quantit� sempre pi� abbondante di anidride carbonica presente in atmosfera, prodotta dalle attivit� umane, che si scioglie in acqua formando acido carbonico. Non ci sono aree del nostro pianeta immuni al problema, e il Mediterraneo � una delle regioni marine pi� sensibili. Il suo pH � diminuito in media fino a 0,16 unit� rispetto ai livelli preindustriali. Questo tasso di diminuzione � tre volte pi� alto di quello registrato sulla superficie di molte aree oceaniche superficiali. Ma non finisce qui. Uno studio durato tre anni e condotto nello stretto di Gibilterra ha documentato una progressiva diminuzione del pH anche in acque intermedie e profonde. L'impatto dell'acidificazione sui cicli biogeochimici marini e sugli organismi inizia a essere ben documentato grazie a studi di laboratorio e sul campo. Il principale problema di questo fenomeno � il rischio di veder scomparire specie calcificanti: bassi valori del pH hanno effetti negativi sul tasso di crescita, riproduzione e resistenza ai cambiamenti ambientali di molte specie che producono scheletri calcarei. In generale per� la sensibilit� degli organismi marini all'acidificazione varia a seconda della specie. Mentre alcune possono rimanere quasi indifferenti, altre subiscono conseguenze gravi dalla diminuzione di pH. Possono essere interessate in maniera significativa anche specie importanti dal punto di vista economico. Per esempio il corallo rosso, Corallium rubrum, che si trova da pochi metri dalla superficie fino a oltre 1000 metri di profondit�. Si tratta di una specie longeva, che vive oltre 200 anni, e per la quale la diminuzione del pH riduce il processo di calcificazione. Entro il 2100, dunque, l'acidificazione potrebbe portare a rischio di estinzione organismi che gi� popolano le nostre acque. Habitat da proteggere Se allarghiamo lo sguardo, passando da singole specie o diversi tipi di organismi agli habitat, la situazione non migliora, anzi. Molti habitat del Mediterraneo sono estremamente vulnerabili ai cambiamenti climatici anche per effetto della combinazione di pi� fattori. Un esempio sono le foreste di macroalghe brune dell'Adriatico settentrionale, del Mar Ligure e dello Stretto di Messina, che richiedono basse temperature e quindi non tollerano il riscaldamento delle acque. Altri esempi sono l'habitat coralligeno costiero e quello dei coralli profondi: entrambi a rischio perch� popolati da coralli di acque fredde, sensibili all'aumento di temperatura e all'acidificazione. L'aumento della temperatura, inoltre, sembra mettere in pericolo tutti gli ambienti di grotta, in particolare le grotte leggermente pi� profonde, interessate dall'ingresso di acque calde superficiali. Anche le comunit� dei margini continentali e dei canyon profondi, che rappresentano circa il 20 per cento della superficie oceanica mondiale e sono estremamente abbondanti nel Mediterraneo, sono a rischio in caso di aumento di eventi climatici anomali. Per esempio, a causa dell'intensificazione di eventi come le cascate di acque densa che si verificano lungo i margini e spazzano via le comunit� dei fondali rocciosi, queste comunit� non hanno possibilit� di fuga, perch� sono in gran parte sessili, ovvero vivono ancorate a un substrato. Tra gli habitat marini vulnerabili ai cambiamenti climatici vanno citati pure quelli formati dai cosiddetti biocostruttori. Molti organismi che formano biocostruzioni sono considerati "ingegneri dell'ecosistema" perch� generano nuovi habitat che ospitano molte forme di vita. La perdita di questi biocostruttori, specie fortemente sensibili alle variazioni di temperatura e all'acidificazione, pu� dunque avere effetti a cascata sulla biodiversit� marina. Proteggere gli ecosistemi marini � tuttavia un impegno fondamentale. Essi svolgono un ruolo importante per gli esseri umani, che solo in parte pu� essere quantificato e apprezzato. Forniscono una serie di beni, come il pescato e altre risorse naturali, o di servizi, come la produzione di ossigeno o la protezione delle coste da erosione e inondazioni, che sono necessari per sostenere il nostro attuale stile di vita e il nostro benessere. � difficile stimare il valore economico degli ecosistemi marini. Nel caso del Mediterraneo, calcoli recenti indicano in oltre 500 miliardi di euro il valore annuale delle sole risorse biologiche (ovvero principalmente la pesca) per le economie dei paesi di questo bacino. Sono beni che vanno tutelati, poich� solo un Mediterraneo sano e ricco di biodiversit� � in grado di resistere all'impatto dei cambiamenti climatici e dell'azione degli esseri umani. Quale futuro? Gli effetti negativi dei cambiamenti climatici si sommano a quelli di altri impatti, anche questi di origine antropica, aumentandone gli effetti. Da oltre dieci anni nel Mar Mediterraneo � stata proibita la pesca sotto i 1000 metri di profondit�, ma non sempre i divieti sono rispettati. La pesca � eccessiva per la maggior parte delle specie di interesse commerciale e, fatto non meno grave, in molti casi provoca la distruzione degli habitat. Inquinamento chimico e aumento di plastica e spazzatura, inoltre, contribuiscono a delineare un quadro ambientale a rischio di collasso. Lo sviluppo di nuove tecnologie per il mare aperto permette di estrarre metalli rari e preziosi dai fondali marini causandone tuttavia la distruzione. Ma se anche fossimo in grado di fermare questi impatti diretti resterebbero quelli indiretti, legati ai cambiamenti globali che stanno modificando profondamente il Mar Mediterraneo. Questi mutamenti stanno alterando reti trofiche, cicli biogeochimici, distribuzione biogeografica delle specie marine e loro cicli vitali. Inoltre stanno causando l'estinzione locale di alcune specie e la sostituzione di specie locali con specie aliene e invasive. Gli effetti dei cambiamenti saranno indubbiamente diffusi, e avranno impatti sull'economia, influenzando specie di interesse commerciale. E potrebbero rivelarsi pi� forti di quelli previsti alterati fino a oggi a causa dell'interazione tra temperatura, ossigeno e pH. Il rischio � che tra il 2050 e il 2100 potremmo assistere a una complessiva perdita di beni e servizi ecosistemici (per esempio pesca, produzione di ossigeno, cattura di anidride carbonica). Per evitare questo scenario lugubre sar� necessario avviare il restauro degli ecosistemi marini che sono andati distrutti. In questo senso sono gi� in corso studi pilota, come quelli che fanno parte di MERCES, un progetto finanziato dall'Unione Europea per definire i protocolli di restauro dei diversi habitat sia costieri che profondi. Altre iniziative europee attualmente in corso, come il progetto IDEM, hanno come obiettivo la valutazione dello stato di salute degli ambienti marini profondi, i meno conosciuti tra gli ambienti del Mediterraneo, pure in risposta ai cambiamenti climatici in corso. E pi� in generale c'� una strategia marina dell'Unione Europea, la Marine Strategy Framework Directive, definita per sollecitare gli Stati membri a raggiungere un buono stato di tutela ambientale fino a 200 miglia nautiche dalla linea di costa entro il 2020. Se per� riusciremo a ripristinare gli ecosistemi marini, migliorare la qualit� ambientale e proteggere la biodiversit�, anche rafforzando la consapevolezza della necessit� di proteggere il mare, renderemo certamente gli ecosistemi marini meno vulnerabili ai cambiamenti climatici attuali e pi� resilienti, ovvero in grado di recuperare con pi� velocit� le loro condizioni originali, anche se sono stati danneggiati. Sono obiettivi importanti, perch� il Mediterraneo non � solo il nostro presente, ma anche, soprattutto, il nostro futuro. Empatia e intelligenza emotiva (di Paolo Legrenzi, "Psicologia contemporanea" n. 276/19) - Pur essendo una capacit� che si sviluppa nei primi anni di vita, l'empatia pu� fallire. E non essere in grado di capire i contenuti della mente degli altri ci rende molto vulnerabili. - Nella sua autobiografia Richard Thaler, premio Nobel per l'Economia nel 2017, racconta come nel 1997 il quotidiano economico Financial Times gli avesse chiesto di scrivere un breve articolo per spiegare il nuovo campo di studi a cavallo tra psicologia ed economia, di cui lui era specialista. Thaler propose di offrire ai lettori del giornale due biglietti di prima classe sul volo Londra-New York come premio per una sorta di concorso. Il problema che i lettori dovevano risolvere era il seguente: "Pensa a un numero da 0 a 100 con l'obiettivo di arrivare il pi� vicino possibile a due terzi della media pensata da tutti gli altri partecipanti al concorso". Quel che c'� nella testa altrui Il dilemma sembra un po' misterioso ma non � difficile da spiegare. Immaginiamo una sfida semplice, con tre soli giocatori. Supponiamo che abbiano pensato queste tre risposte: 20, 30, 40. La media � uguale a 30 e due terzi della media � uguale a 20. La persona che avesse detto 20 avrebbe vinto. Abbiamo provato a presentare in aula molte volte questo gioco, raccogliendo reazioni diverse. C'� quello che Thaler chiama un giocatore di livello zero. Il giocatore di livello zero pensa e dice qualcosa del genere: "Non capisco. Sembra un problema matematico e a me non piacciono i problemi matematici, per non parlare degli indovinelli. Penso che sceglier� un numero a caso". La maggioranza delle persone che pensano e che rispondono cos� scelgono in realt� non un numero a caso, cio� un numero qualsiasi tra 0 e 100, ma il primo numero che viene loro in mente. E il primo numero che viene in mente ai pi� � 50, la via di mezzo tra 0 e 100. Poi abbiamo il giocatore di primo livello. Costui non rifiuta la sfida e prova a ragionare. Ci dir� all'incirca: "Conosco i miei colleghi e so che non amano molto riflettere. Se indicano il primo numero che viene loro in mente, probabilmente sceglieranno 50 e la media delle risposte sar� 50. Io quindi sceglier� 33, che � due terzi di 50". Il gioco, apparentemente semplice, � complicato perch� ci sono pi� livelli. Possiamo continuare supponendo che ci sia un giocatore di secondo livello che far� quest'altro ragionamento: "La maggior parte dei giocatori sar� costituita da giocatori di primo livello che pensano, sbagliandosi, che la maggioranza sceglier� 50. In realt� la maggioranza dei concorrenti � di primo livello e la media sar� 33, ragion per cui io sceglier� 22". Facile a questo punto immaginare un giocatore che pensi che la maggioranza sia in realt� composta da giocatori di secondo livello. Egli penser� che se la media � 22, lui sceglier� 15. Nel gioco che Thaler condusse con i lettori del Financial Times vinse un concorrente che rispose 13. C'erano molti 50, 33, 22 e 15. Ma c'erano anche degli 0, ed erano dei concorrenti che di mestiere facevano i matematici o che erano appassionati di matematica. Il punto di questo gioco � che non bisogna cercare la risposta esatta, che non esiste, ma quello che sta nella testa degli altri, e cio� le conseguenze dei loro ragionamenti. Nel caso di Thaler, questi ragionamenti hanno a che fare solo con un indovinello matematico e con il gusto di riflettere in termini logici e del tutto astratti. Ma che cosa succede se, invece di cercare di indovinare il numero che passa per la testa degli altri, la posta in gioco � pi� delicata, e cio� le emozioni e i sentimenti che albergano nella testa altrui? Qui non si tratta pi� di giochi matematici, ma della vita, della vulnerabilit� pi� profonda e dolorosa. La logica della vita Consideriamo in questa prospettiva la storia del Gattopardo, il famoso romanzo di Tomasi di Lampedusa che contiene interessanti intrecci tra empatia e intelligenza emotiva. Ecco come la storia finisce, le ultime parole del romanzo: "Concetta si ritir� nella sua stanza; non provava assolutamente alcuna sensazione [...] continu� a non sentire niente: il vuoto interiore era completo... financo il povero Bendic� insinuava ricordi amari. Suon� il campanello. "Annetta" disse, "questo cane � diventato veramente troppo tarlato e polveroso. Portatelo via, buttatelo". Pochi minuti dopo, quel che rimaneva di Bendic� venne buttato in un angolo del cortile che l'immondezzaio visitava ogni giorno. Durante il volo gi� dalla finestra la sua forma si ricompose un istante: si sarebbe potuto vedere danzare nell'aria un quadrupede dai lunghi baffi, e l'anteriore destro alzato sembrava imprecare. Poi tutto trov� pace in un mucchietto di polvere livida". Il romanzo si chiude cos�: il cane che, prima di morire, per un istante prende le sembianze dello stemma del Gattopardo, il padre di Concetta. Come mai Concetta ha ricordi cos� amari? Il motivo risale a quarant'anni prima e ha causato l'incomprensione dei contenuti delle menti altrui, sino all'amaro finale del romanzo. 1. Tancredi, nipote del Gattopardo, racconta un episodio inventato credendo che Concetta capisca che � uno scherzo. 2. Concetta, innamorata di Tancredi, lo prende sul serio e si offende profondamente. 3. Il padre trascura i sentimenti di Concetta e permette il matrimonio di Tancredi, povero, con la plebea, ricca e seducente Angelica. Solo il suo compagno di caccia gli ricorder� che la sua scelta non � da aristocratico. 4. Quasi mezzo secolo dopo, Concetta capisce - grazie a Tassoni, un amico di Tancredi - che lei piaceva a Tancredi e che era stata proprio lei a respingerlo sentendosi offesa e gelosa di Angelica. La storia ruota tutta intorno a una serie di incomprensioni dei contenuti sentimentali e affettivi delle menti altrui. Concetta si sbaglia per orgoglio e ci� la rende vulnerabile a sua insaputa. L'empatia con Tancredi e per Tancredi la fa innamorare. Ma la gelosia impedisce una sufficiente intelligenza emotiva e finisce per portarla a scambiare uno scherzo per una provocazione. Questo errore innesca una catena d'incomprensioni reciproche. Persino la fredda arrampicatrice sociale Angelica dir� di Concetta a Tassoni, quasi mezzo secolo dopo: "Essa era pazzamente innamorata di Tancredi; ma lui non aveva mai badato a lei". In realt� Concetta piaceva a Tancredi. Tancredi per� era squattrinato e costretto a fare un buon matrimonio "borghese". Concetta si accorge, quando ormai � molto anziana, di quelli che erano stati il suo egocentrismo e il suo orgoglio: "[...] il racconto brutale, il riso isterico di Angelica, le proprie non meno isteriche lacrime. Era stata la svolta della sua vita, quella; la strada imboccata allora l'aveva condotta fin qui, fino a questo deserto che non era neppure abitato dall'amore, estinto, e dal rancore, spento [...] non vi erano stati nemici, ma una sola avversaria, essa stessa; il suo avvenire era stato ucciso dalla propria imprudenza, dall'impeto rabbioso dei Salina; e le veniva meno adesso, proprio nel momento in cui dopo decenni i ricordi ritornavano a farsi vivi, la consolazione di poter attribuire ad altri la propria infelicit�, consolazione che � l'ultimo ingannevole filtro dei disperati". Intelligenza emotiva ed empatia L'"ingannevole filtro" di cui parla l'autore del Gattopardo � uno dei tanti modi in cui si manifestano la mancanza d'intelligenza emotiva e la conseguente vulnerabilit�. Possiamo non riuscire a metterci nei panni degli altri, e cos� ingannare noi stessi. Qui non si tratta dell'incomprensione del funzionamento di una sfida matematica. Qui abbiamo a che fare con la logica della vita. Il fatto � che l'empatia, il mettersi nei panni altrui, pur essendo una capacit� innata che si evolve gi� dai primissimi anni di vita, pu� fallire. Lo psicologo austriaco Perner lo ha dimostrato in modo brillante: immaginate un adulto che gioca con una bambina di 4 anni mostrandole un pupazzo. Il pupazzo guarda quello che succede in un teatrino. La bambina, per esempio, vede che il pupazzo ha assistito a una scena in cui l'adulto mette un dolcetto dentro un cassetto di un armadio. A questo punto il pupazzo esce di scena. Mentre il pupazzo � assente, e non pu� vedere quello che succede nel teatrino, l'adulto sposta il dolcetto in un altro cassetto dell'armadio. Abbiamo cio� una prima fase del gioco in cui la bambina e il pupazzo vedono dove � stato messo un oggetto. Segue una seconda fase in cui l'oggetto viene nascosto in un posto nuovo all'insaputa del pupazzo. Infine abbiamo una terza fase, quella cruciale: il pupazzo rientra in scena e voi domandate alla bambina: "In quale cassetto il pupazzo cercher� il dolcetto?". Sono possibili due risposte: la prima, corretta, � che il pupazzo cercher� dove lui crede che sia il dolcetto, non avendo visto che � stato spostato. La seconda, errata, � che il pupazzo cercher� l'oggetto nel cassetto dove � stato spostato a sua insaputa. Fino a 5 anni d'et� i bambini sbagliano. Non riescono a immaginarsi bene i contenuti delle menti altrui, in questo caso quella del pupazzo. Solo a una certa et� la maggioranza dei bambini riesce a immedesimarsi nell'altro. I bambini non sono dotati fin dalla nascita di quella capacit� che gli psicologi definiscono "empatia". Alcuni ne restano privi per tutta la vita a causa di una malattia d'origine genetica chiamata autismo. Non riuscire a proiettarsi nelle menti altrui � una maledizione micidiale perch� rende le persone terribilmente vulnerabili senza che ne siano consapevoli. Nell'esempio del pupazzo e del dolcetto il problema � tanto semplice che molti si sorprendono del fatto che un bambino di 4 anni si sbagli. Eppure, in molti scenari in cui capire i contenuti delle menti altrui � altrettanto cruciale, anche gli adulti sbagliano e si mettono nei guai. Per esempio, in tempi recenti, molti uomini politici non hanno compreso per tempo che il clima culturale era cambiato e che quindi quelle che loro consideravano delle innocenti avance, forse un po' spinte, venivano invece considerate degli atti di paternalismo a sfondo sessuale, se non di peggio. Pensano anche, da maschi, che una donna sar� compiaciuta e non offesa da certe insistenti forme di presunta galanteria. Questi fraintendimenti capitano in molti altri campi. Le persone, per esempio, non si domandano che cosa passa per la testa di chi offre loro beni, mobili o immobili, a un prezzo apparentemente molto vantaggioso. Perch� il venditore lo fa? Che cosa c'� veramente nella sua testa? Tutte le truffe si originano cos�. E, soprattutto, non tengono conto che, come nel problema di Thaler, � sempre la collettivit�, non loro, a determinare il "giusto prezzo". Non tenere conto di quanto passa per la testa altrui - dai pensieri fino alle emozioni e ai sentimenti - ci rende spesso molto vulnerabili, e lo siamo ancor di pi� quando ci convinciamo, per orgoglio, che non dipendiamo dagli altri. Il delicato equilibrio tra l'intelligenza emotiva, che dovrebbe farci riflettere, e l'empatia, che ci trascina immedesimandoci e ci "chiama" in modi irresistibili, pu� venire capito e perfezionato. Un esercizio utile consiste nel ripetere il lavorio mentale che noi abbiamo applicato alle vicende del Gattopardo servendoci di altre storie, romanzi o film. Per esempio, nel film di Sergio Leone C'era una volta il West, che cosa � che non coglie, e non riesce a capire per tutto il film, il "cattivo", quello che alla fine viene giustiziato dal buono? E perch� non lo ha compreso? Alcuni di questi esercizi sono facili perch� abbiamo a che fare con trame lineari, altre invece sono pi� ingarbugliate. Sono pi� complicate le trame in cui i protagonisti mancano di intelligenza emotiva non solo nei confronti degli altri, ma addirittura verso s� stessi. Il caso classico, sviluppato in molta letteratura e film, � quello di un uomo che decide freddamente di far innamorare un'altra persona e poi, troppo tardi, si accorge di essersene innamorato a sua volta. Questo succede nel film Valmont di Milos Forman e, in forme diverse, ad Aureliano Segundo in Cent'anni di solitudine, il famoso romanzo di Gabriel Garc�a M�rquez. Aureliano si accorge che i guai non sono nel mondo ma negli animi e, cercando l'interesse, trova l'amore: "Aureliano Segundo pensava senza dirlo che il guaio non stava nel mondo, ma in qualche punto recondito del misterioso cuore di Petra Cotes, dove durante il diluvio era successo qualcosa che aveva reso sterili gli animali e inafferrabili i soldi. Intrigato da quell'enigma, scav� cos� a fondo nei sentimenti di lei che cercando l'interesse trov� l'amore, perch� tentando di farsi amare fin� per amarla". Il tempio della discordia (di Gastone Breccia, "Focus Storia" n. 167/20) - Fu chiesa cristiana, poi moschea e infine museo. Oggi la basilica di Santa Sofia a Istanbul torna a essere luogo di culto. Tra le polemiche. - A Istanbul, sulla lastra di serpentino che divide il nart�ce della "Grande Chiesa" di Santa Sofia dalla navata centrale, ai lati dell'imponente portale d'ingresso a doppio battente, ci sono due profondi avvallamenti: sono stati scavati nella soglia di marmo verde dal peso dei soldati che hanno montato la guardia per nove secoli, dandosi il cambio dall'inaugurazione del 27 dicembre 537 (la citt� allora si chiamava Costantinopoli), al 29 maggio 1453, quando le truppe del sultano ottomano Maometto II "il Conquistatore" entrarono in citt� mettendo fine alla storia gloriosa della Nuova Roma. Per quasi mille anni l'Impero romano d'Oriente - chiamato "bizantino" solo in Et� moderna - aveva fatto da scudo alla sua Chiesa; e per molte generazioni, in un momento decisivo della storia europea, le armi e la fede di Costantinopoli avevano protetto la cristianit� intera dall'avanzata travolgente dell'islam. I due soldati di guardia a Santa Sofia erano anche il segno visibile del legame tra Stato e Chiesa, uniti da un vincolo di protezione e legittimazione reciproca. Nell'impero della Nuova Roma, politica e religione erano una cosa sola: l'ortodossia, ovvero la "giusta opinione" sui dogmi cristiani definita dai primi concili ecumenici, dava forza e coesione alla res publica Christianorum; ma era il potere del sovrano - immagine terrena di Dio - che difendeva la Chiesa dai nemici. Nel cuore della capitale, il palazzo dell'imperatore e Santa Sofia - il "sacro tempio della Santa Sapienza" (Hag�a Soph�a in greco) - distavano poche centinaia di passi, perfetta sintesi della civilt� romana e cristiana. Era stato Costantino I (306-337), il grande riformatore dell'impero, a scegliere l'antica colonia greca di Bisanzio come sua capitale, dopo aver sconfitto il rivale Licinio (324) ed essere rimasto unico padrone della res publica. La citt�, ampliata e abbellita di monumenti, era stata inaugurata l'11 maggio del 330 col nome ufficiale di Nuova Roma. Costanzo II, figlio e successore di Costantino (337-361), nel 360 inaugur� una Grande Chiesa a sud dell'antica acropoli di Bisanzio, nei pressi dell'Augustaion, una piazza circondata da portici che collegava la zona dell'ippodromo, il palazzo imperiale e l'inizio della Mes�, la grande strada che conduceva alle mura. La seconda Grande Chiesa - il nome originario non fu mai abbandonato mentre la dedica alla Santa Sapienza � attestata dal 430 - fu ricostruita per volere dell'imperatore Teodosio II nel 415 dopo che era stata devastata da un incendio, ma anch'essa fin� distrutta dal fuoco. Accadde durante la rivolta detta di Nika (dalla parola d'ordine Nik�!, "Vinci!", usata dai ribelli) scoppiata nel gennaio 532 a causa del malcontento contro il duro regime fiscale di Giustiniano I (529-565). Quando l'imperatore, dopo la feroce repressione della sollevazione popolare, volle riaffermare il proprio potere e ristabilire un legame di fiducia con gli abitanti della capitale, la sua prima mossa fu riedificare Santa Sofia: lo fece senza badare a spese, con soluzioni architettoniche arditissime, proporzioni e dimensioni fatte per stupire il mondo. La terza chiesa fu inaugurata il 27 dicembre 537. Procopio di Cesarea, nella sua opera dedicata agli edifici pubblici portati a termine durante il regno di Giustiniano, ci ha lasciato un'accurata descrizione della costruzione della basilica e delle difficolt� tecniche che dovettero superare gli architetti Antemio di Tralles e Isidoro di Mileto. Il risultato fu all'altezza delle grandi aspettative dell'imperatore. Gran parte della maestosa cupola dal diametro di 31 metri, che allora copriva il pi� vasto spazio chiuso mai creato dall'uomo, croll� a causa di una serie di terremoti, l'ultimo dei quali colp� Costantinopoli il 7 maggio del 558; per volont� di Giustiniano fu subito ricostruita da Isidoro il Giovane, nipote di Isidoro di Mileto, che ne perfezion� la statica innalzandola di circa sei metri e mezzo e utilizzando materiali pi� leggeri. Santa Sofia venne riaperta al culto la vigilia di Natale del 562: il vecchio imperatore, guardandola, avrebbe esclamato "Salomone, io ti ho sconfitto!", sicuro di aver legato il proprio nome a un monumento pi� splendido del Tempio di Gerusalemme. La basilica giustinianea rimase il pi� grande edificio di culto cristiano fino al 1520, quando fu consacrata la cattedrale di Siviglia. A quell'epoca per� Santa Sofia non era pi� una chiesa, ma una moschea islamica: Costantinopoli era caduta nelle mani dei Turchi il 29 maggio del 1453, dopo 53 giorni di assedio. L'ultimo imperatore della Nuova Roma, Costantino XI, era morto combattendo sulle mura. La popolazione terrorizzata si era rifugiata in verso la Grande Chiesa: secondo una leggenda, quando gli invasori fossero arrivati al foro di Costantino, dove l'imperatore vegliava sulla citt� dalla cima di una colonna di porfido, la sua statua di bronzo avrebbe preso vita e li avrebbe ricacciati fino ai confini del mondo. A fermare i saccheggiatori fu, in realt�, il sultano, che non voleva vedere la sua nuova conquista finire in cenere. Poco dopo mezzogiorno Maometto II entr� a cavallo a Costantinopoli, percorrendo i cinque chilometri che separano le mura dalla Grande Chiesa, da dove i suoi guerrieri avevano gi� trascinato via migliaia di ostaggi e gli arredi sacri pi� preziosi. Il Conquistatore smont� di fronte all'atrio, pieg� un ginocchio, raccolse una manciata di terra e se la gett� sul turbante. Poi fece il suo ingresso nel pi� sacro tempio dei R�m (i "Romani") prendendone possesso in nome della fede islamica e salvandolo da ulteriori oltraggi. Maometto fece subito innalzare un minareto provvisorio in legno addossato a una delle semicupole; Bayezid II (1481-1512), suo figlio e successore, ordin� di costruire i due minareti di sud-est e nord-est, mentre il terzo e il quarto, verso occidente, vennero progettati dal celebre architetto Mimar Sinan durante il regno di Selim II (1566-1574). La Grande Chiesa, mai restituita al culto cristiano, per altri cinque secoli affascin� viaggiatori e artisti che arrivavano ad ammirare la capitale dei sultani, "Signori degli orizzonti" come erano stati soprannominati quando ancora vivevano nelle steppe dell'Asia Centrale. Santa Sofia, casa del Patriarcato, sede di tre concili ecumenici (il secondo, il quinto e il sesto) e vari sinodi della Chiesa ortodossa, divenne cos� la prima moschea imperiale di Costantinopoli, uno dei luoghi di preghiera pi� cari agli Ottomani perch� legata alla figura del Conquistatore. Pi� volte restaurata dai sultani, senza tuttavia modificarne la struttura, mantenne il suo ruolo attraverso la crisi che port� alla dissoluzione dell'impero e alla nascita del nuovo Stato nazionale turco: solo nel 1934 il presidente Mustafa Kemal Atat�rk, il padre della Turchia contemporanea, decise di trasformarla in un museo aperto al pubblico. A partire da quella data sono tornati visibili i pochi elementi della splendida decorazione a mosaico bizantina, datati dal VI all'XI secolo, sopravvissuti al saccheggio da parte dei crociati (1204) e a quasi cinquecento anni di oblio sotto una mano di intonaco. Quello di Atat�rk fu un atto simbolico di grande importanza, che rendeva esplicita agli occhi del mondo la sua volont� di dar vita a uno Stato laico, occidentalizzato, capace di aprirsi al mondo esterno e di rivalutare anche il proprio passato non islamico. La recente decisione del presidente Recep Tayyip Erdogan, che va in direzione opposta, ha un analogo valore politico e strategico: Santa Sofia torna a essere moschea imperiale sul Bosforo, simbolo di una potenza islamica che tenta di riportare in vita le ambizioni dei "Signori degli orizzonti". Super architetti Quando Giustiniano I diede ordine di riedificare Santa Sofia, nel febbraio del 532, affid� il progetto della nuova basilica a due uomini di scienza all'apice della carriera: Antemio di Tralles (474-534) e Isidoro di Mileto (442-537). Il primo era un ingegnere meccanico che, secondo lo storico dell'epoca Agazia, "costruiva modelli o imitazioni del mondo naturale". Aveva anche scritto un trattato Sui dispositivi meccanici ed � quindi probabile che fosse in grado di progettare le gru e le impalcature necessarie a quell'opera. Il suo collega Isidoro di Mileto era invece un matematico e architetto di chiara fama. Fu l'omonimo nipote a raccogliere il testimone, quando - dopo il crollo del 558 - l'imprenditore dovette dare l'incarico di ricostruire la cupola. Isidoro il Giovane scelse innanzitutto di rialzarla di circa sei metri e mezzo e di renderla quindi pi� "ripida". Inoltre decise di utilizzare un amalgama di mattoni e malta pi� leggero ed elastico di quello originale. Isidoro il Giovane fu costretto ad abbandonare la perfetta "proporzione aurea" tra altezza e diametro della cupola del 537, che, paradossalmente, pur essendo pi� bassa dell'attuale, dava un senso di maggiore grandiosit� e armonia allo spazio interno: ma la soluzione da lui adottata si dimostr� idonea a sfidare i secoli.