Ottobre 2018 n. 10 Anno III Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri per un importo pari ad euro 23.084,48 e del MiBACT per un importo pari ad euro 4.522.099. Indice Comincia un nuovo anno scolastico e parte una nuova sfida per la Biblioteca Storie di ordinario precariato Il Pop: la luna in salotto Gli introversi: via dalla pazza folla 5 monache in fuga Aventino, tra mito e magia Comincia un nuovo anno scolastico e parte una nuova sfida per la Biblioteca (di Pietro Piscitelli) In questi giorni le scuole riaprono i battenti e qualche milione di ragazzi si riverser� nelle aule. � anche cominciata la fila presso le librerie per l'acquisto dei testi scolastici. Per i non vedenti la procedura � ovviamente diversa, niente cartoleria, ma la rincorsa ai pochissimi centri specializzati che in Italia sono in grado di produrre libri di testo nelle versioni accessibili per i minorati della vista. Tra questi la Biblioteca "Regina Margherita" � certamente di gran lunga il pi� importante per storia, vocazione, missione ad essa affidata dallo Stato. Essere un Ente privato a controllo pubblico impone alla Biblioteca il rispetto delle regole e delle leggi, in particolare, quella sul diritto d'autore che impone a chi vuole produrre una diversa versione del testo, la richiesta di specifica autorizzazione dell'Editore. Le stime valutate sui dati degli anni scorsi dicono che oltre il 70% degli studenti disabili visivi si rivolgono alla Biblioteca per ottenere i libri di testo e questa distribuisce ogni anno oltre 13.000 titoli di cui almeno 4.000 sono di nuova produzione. Da qui la presenza di un catalogo di testi gi� disponibili nelle versioni in sistema Braille, a caratteri ingranditi per gli ipovedenti o in versione digitale che possono ridurre notevolmente i costi a carico della collettivit�. Per questo la struttura organizzativa della Biblioteca si � mossa per tempo e gi� da febbraio sta raccogliendo, vagliando ed avviando richieste di fornitura che ci provengono dalle Scuole, dalle Famiglie e dalle Istituzioni Locali. Al momento la Biblioteca opera in regime di convenzione con Regioni, Comuni ed altri Enti Pubblici, risponde a richieste di fornitura da parte di chiunque. I principali servizi oggi attivi sono: - la produzione di testi di studio su supporto cartaceo in sistema Braille (servizio per cui � previsto un concorso spese); - la produzione di testi di studio su supporto cartaceo a caratteri ingranditi per ipovedenti (servizio personalizzato realizzato su misura delle residue capacit� visive dell'alunno). (Servizio per cui � previsto un concorso spese); - la produzione di testi di studio su supporto digitale da utilizzare con ausili informatici come la barra Braille, il sintetizzatore vocale e/o il software ingrandente (servizio gratuito realizzato in collaborazione con gli Editori). Ma qual � la vera sfida che come ogni anno la Biblioteca si appresta ad affrontare? Certamente la qualit� delle trascrizioni e la tempestivit� nelle consegne. Sul versante della qualit� la Biblioteca ha realizzato uno specifico "manuale di trascrizione" che fissa sia le regole per una buona trascrizione e per le adeguate modifiche tiflologiche del testo, che quelle per i livelli di qualit� e per i collaudi resi obbligatori da quest'anno. Ma non basta. Insieme all'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti la Biblioteca ha sottoscritto una specifica convenzione con il Ministero dell'Istruzione, dell'Universit� e della ricerca finalizzata anche al miglioramento della qualit� dei testi ad uso dei non vedenti e degli ipovedenti. Per assicurare forniture pi� tempestive, la Biblioteca ha snellito le proprie procedure interne e ha collaborato con i Centri di Trascrizione per la formazione di nuovi operatori. Inoltre una recente decisione del CdA ha stabilito che per gli alunni delle prime due classi della scuola primaria che chiedono testi su supporto cartaceo, gli stessi vengano forniti a titolo gratuito. Si tratta di oltre 120 studenti sul territorio nazionale che impegneranno la Biblioteca nella produzione di oltre 1.000 libri. � una misura finanziariamente impegnativa che per� riduce fortemente i tempi di attesa perch� evita l'intervento dell'Ente Locale e quindi abolisce la necessit� dei preventivi e delle gare. Ma all'ordinario, spesso, dobbiamo aggiungere lo "straordinario". � di questi giorni la notizia circolata su alcuni organi di informazione di un giovane studente padovano a cui nessuno poteva garantire la fornitura del libro. Su segnalazione della Presidenza Nazionale dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti la Biblioteca ha assunto l'onere della fornitura e provveduto a produrre i testi necessari. Il giovane studente ricever� i libri necessari il giorno prima dell'inizio delle lezioni. Quanto fatto baster� per vincere la sfida? Certamente no, ma quanto messo in campo rappresenta un ulteriore passo verso quell'obiettivo che vuole i libri per gli studenti disabili visivi pronti con il suono della prima campanella. Storie di ordinario precariato (di Marta Fana, "Millennium" n. 16/18) - I nostri stipendi sono tra i pi� bassi d'Europa e aumentano le diseguaglianze sociali. - "Ci devono sette mesi di stipendio, siamo cento a lavorare in questo call center". "Siamo tornati indietro di 25 anni: non si sarebbero permessi di riempire il ristorante di camerieri che lavorano 13 ore al giorno con un tirocinio da 450 euro al mese". Storie di ordinaria povert� e sfruttamento. Due temi connessi che impattano quotidianamente sulla vita di milioni di lavoratori e lavoratrici. Non riguardano soltanto i braccianti schiavizzati dal caporalato, ma una pluralit� di figure nei pi� svariati settori. Dagli accordi per il volontariato coatto per studenti, disoccupati e migranti al dilagare del part-time involontario (61% del totale, record europeo), fino ai tanti in bal�a delle gare d'appalto al ribasso nel settore pubblico e in quello privato. � il risultato di una scelta politica fedele all'ideologia pi� diffusa oggigiorno: il neoliberismo, la stessa per cui a maggiore flessibilit� dei contratti di lavoro e delle retribuzioni avrebbe dovuto corrispondere maggiore occupazione e quindi benessere. L'Italia pu� essere considerata come uno dei laboratori politici dell'Unione Europea, con un processo di riforma del mercato del lavoro intensivo che dura ormai dal 1997 per i pi� giovani e dal 1984 per i loro genitori. Tuttavia, sarebbe limitata un'analisi che riduce la svalutazione salariale all'istituzionalizzazione della precariet� lavorativa. � utile invece analizzarla insieme all'evoluzione della struttura produttiva italiana, rivolta sempre pi� ai servizi a basso valore aggiunto, come il turismo, il commercio al dettaglio, la ristorazione. Due fenomeni che si intrecciano, perch� la decisione di rendere estremamente basso il costo del lavoro � tra le cause del disincentivo ad investire in capitale, nuovi macchinari e processi, capaci a seconda dei casi anche di sostituire il fattore lavoro. Cos� la strategia italiana di competere sul costo del lavoro si manifesta esplicitamente nelle campagne ministeriali. Rimane indelebile alla memoria quella del ministero dello Sviluppo Economico del 2016, presieduto allora da Carlo Calenda, intitolata Perch� investire in Italia e in cui si leggeva nero su bianco che "il costo orario del lavoro italiano � inferiore alla media dell'Eurozona: 18% inferiore a quello francese e 10% in meno rispetto alla Germania (Eurostat 2015)" e ancora nelle slide di presentazione: "Un ingegnere in Italia guadagna in media 38.500 euro, mentre nel resto d'Europa 48.500". La competizione sui salari � andata talmente oltre che il numero di lavoratori poveri � cresciuto negli anni, fino ad esplodere con la crisi. Ma l'incidenza della povert� non � uguale per tutti, dipende da che posizione un individuo occupa nella societ� e pi� precisamente nel mondo del lavoro, l� dove la quota predominante di reddito per la maggior parte della popolazione viene prodotta e scambiata. Scorrendo l'ultimo rapporto Istat sulla povert� in Italia, si legge che tra gli occupati la quota in condizione di povert� assoluta � pari al 6,1% con un divario profondo tra tipologie di lavoratori. La povert� aggredisce l'11,6% degli operai (o lavoratori assimilabili) e solo l'1,7% dei quadri e dei dirigenti. Ancor pi� grave risulta la condizione dei disoccupati, poveri nel 26% dei casi. Stando invece alle stime sulla povert� relativa, come forma di diseguaglianza - misura infatti chi percepisce un reddito inferiore alla media, - le cifre raddoppiano. Si trovano in questa condizione il 19,55% degli operai e il 37% dei disoccupati." Che le diseguaglianze aumentino � fatto noto, che esse continuino a crearsi e inasprirsi all'interno dei rapporti di produzione � invece una verit� troppo spesso occultata. Oppure considerata addirittura un fenomeno positivo, dando ossigeno a un'ideologia per cui il mondo del lavoro � un contesto pacifico o da pacificare, senza conflitti interni. Una pacificazione che ha aperto le porte a una situazione in cui, come gi� descritto, lavorare non garantisce neppure la sussistenza materiale, rimandando a forme di accumulazione e sfruttamento originarie, rapaci. Ed � nelle diseguaglianze di oggi che si creano quelle del domani. A partire dal tema delle pensioni, usato come grimaldello della guerra intergenerazionale, ma che trae la sua ragion d'essere dalle condizioni di lavoro odierne. La pensione, come salario differito � un diritto ormai negato a tutte quelle generazioni vittime della precariet� e povert� lavorativa: a contratti instabili e flessibili si associa una contribuzione previdenziale inferiore, negando quindi il diritto a una esistenza dignitosa domani. Se il salario � stato, � e dovrebbe essere un caposaldo del conflitto interno ai rapporti di produzione, la discussione sul lavoro povero, sui lavoratori poveri non si esaurisce con esso. N� con i diritti materiali a esso riconducibili (le ferie pagate, i contributi per la pensione), su cui andrebbe fatto un ragionamento complessivo dal momento che molti dei diritti che dovrebbero essere universalmente garantiti dallo stato sociale, o pi� generalmente welfare, sono ancora vincolati alla condizione di lavoratore che � per� sempre meno stabile, portandosi dietro l'incertezza del welfare stesso. Dentro questo aspetto, in cui si consuma il divorzio tra cittadinanza e democrazia, un posto privilegiato � occupato dalla privatizzazione del welfare e dal dilagare del welfare aziendale. Quest'ultimo infatti si sostituisce sempre pi� frequentemente agli aumenti salariali - godendo tra l'altro di agevolazioni fiscali di cui beneficiano le aziende tenute a pagare un valore netto inferiore - dando vita a uno scambio iniquo: quello tra salario, quale retribuzione per la prestazione lavorativa, e welfare, un diritto sociale. Inoltre, il welfare aziendale non si applica a tutti i lavoratori dell'azienda, ma quasi esclusivamente ai dipendenti, per lo pi� a quelli stabili, o precariamente tali. Cos� cessato il rapporto di lavoro, cessa anche il diritto al welfare. Sfogliando la relazione annuale del presidente Istat, datata dicembre 2017, si nota che il welfare aziendale � utilizzato soprattutto nelle aziende manifatturiere di grandi dimensioni (circa il 10% di queste lo applicano), ma meno nei servizi e nel commercio, cio� l� dove il lavoro � sempre pi� instabile, precario, sfruttato. Sono poveri di democrazia tutti quei lavoratori sotto ricatto, il cui contratto scade appena pochi giorni dopo il suo inizio, che non hanno nella sostanza diritti sindacali, intesi non con la formalit� di poter prendere parte a un'organizzazione dei lavoratori, ma di parteciparvi liberamente. Lo stesso vale per tutti i lavoratori in affitto, cio� in somministrazione, chiamati a svolgere mansioni uguali a quelli dei colleghi dipendenti diretti dell'azienda, ma sotto un trattamento giuridico spesso diverso. Tra i pi� vulnerabili, perch� il contratto in somministrazione dura poco e solo la disciplina e l'obbedienza valgono un rinnovo. Precariet� e povert� tornano a camminare di pari passo, come mostrano i dati: i lavoratori in somministrazione nel 91% dei casi hanno un contratto a tempo determinato con l'agenzia, ma l'utilizzo effettivo delle imprese passa per contratti brevissimi. Nel 33,4% dei casi durano un solo giorno, secondo le stime Inps. Difficilmente questi lavoratori superano la soglia di povert�, essendo occupati mediamente 118 giorni l'anno per una retribuzione media annuale di 8.364 euro. Il Pop: la luna in salotto (di Anna Di Cagno, "Focus" n. 221/11) - Nata con la radio, i dischi, la tiv�, la cultura Pop ha creato un modo di pensare, agire, vedere per la prima volta planetario. - Nel 1953 una ragazza americana posava sulla copertina di un nuovo magazine: lei era Marilyn Monroe e il giornale era Playboy. Insieme, due fenomeni Pop che sconvolsero il mondo. Tratto dominante della cultura occidentale dal Secondo dopoguerra, il Pop � diventato nel XX secolo un fenomeno planetario. "E Playboy � stato il fenomeno Pop per eccellenza" afferma Simone Ragazzoni, filosofo e autore di Pornosofia. Filosofia del pop porno (ed. Ponte alle Grazie). "In questa rivista, infatti, si mescolarono per la prima volta contenuti alti e bassi: foto os� di giovani attrici e articoli di grandi firme, ma anche le prime dive globali, amate da Berlino alla California". Ma che cosa significa esattamente Pop? Per quanto il termine sia un'abbreviazione dell'inglese "popular", cio� popolare, il Pop non ha nulla a che vedere con il folclore, ma � la prima cultura globale, per tutte le classi sociali, con un linguaggio in grado di superare ogni barriera linguistica. Una cultura il cui aspetto fondamentale � stato quello di nascere ed evolversi attraverso i nuovi media: dalla radio alla tv, dal cinema ai dischi. "Il mezzo � il messaggio" scrisse il sociologo canadese Marshall McLuhan (1911-1980) per descrivere la potenza con la quale i mezzi di comunicazione adattavano alle loro caratteristiche tecniche tutte le forme della cultura, creando un nuovo "immaginario collettivo". Grazie a media come il cinema e la televisione, la cultura Pop non solo ha raggiunto ogni angolo del mondo ma ha anche inventato nuove arti come il fumetto, la musica leggera, la fiction televisiva. E ha dato vita a una nuova industria, quella culturale. La diffusione della cultura Pop, infatti, ha potuto realizzarsi su scala mondiale non solo perch� alle spalle aveva fabbriche capaci di produrre tutte le innovazioni tecnologiche che ne consentivano la trasmissione, ma anche perch� ha preso dall'industria un modello economico: la cultura � diventata una merce (libro, film, fumetto) ed � entrata nel mercato, come qualsiasi altro prodotto. Per questa ragione i suoi contenuti, anche quando sono innovativi, rappresentano e si adeguano ai gusti della massa. Questi gusti a loro volta si sono evoluti grazie ai media che hanno permesso alla maggior parte delle persone di accedere anche a quella "cultura alta" che un tempo le era preclusa. Un esempio? Per godere delle arie de La traviata di Verdi, da quando and� in scena per la prima volta nel 1853 al secondo Dopoguerra, esisteva una sola possibilit�: andare a teatro. Dal 1952 chiunque, appassionati di lirica come romantiche casalinghe, si pu� commuovere per le disavventure di Violetta portandosi a casa Maria Callas, sotto forma di microsolco a 33 giri (e oggi il cd). Cos� l'industria (in questo caso la Emi, che in quegli anni produceva i suoi primi Lp) entr� di prepotenza tra il pubblico e la cultura, permettendo, tra l'altro, la nascita del divismo su scala mondiale. Questa possibilit� segn� un punto di svolta nella cultura occidentale a partire dal quale nulla fu pi� lo stesso. E oggi? In un breve saggio del 1928 dal titolo La conquista dell'ubiquit�, il poeta e saggista francese Paul Val�ry aveva profetizzato la possibilit�, grazie ai nuovi mezzi dell'epoca (radio e telefono), di "trasferire o ricostruire in ogni luogo il sistema di sensazioni - o pi� esattamente, il sistema di eccitazioni - provocato in un luogo qualsiasi da un oggetto o un evento qualsiasi" fino a ipotizzare "una distribuzione della Realt� Sensibile a domicilio". Noi, che ogni giorno navighiamo in Internet, possiamo dire che aveva ragione. Ed � grazie a questa distribuzione sempre pi� capillare di informazioni e immagini che il Pop, sempre pi� distante dalla cultura elitaria di inizio '900, � ancora oggi alla base della cultura mondiale. Le tecnologie che ci hanno cambiato Il giradischi - Nel 1892 Emile Berliner lancia il primo grammofono. La qualit� del suono non cambia, ma un disco � pi� facile da produrre in serie rispetto ai cilindri del fonografo di Edison. La radio - Il 24 dicembre del 1906 viene trasmesso il primo programma radiofonico della storia da una stazione a Brant Rock in Massachusetts (Usa). L'autoradio - Il primo modello di autoradio, il Motorola 5T71, � del 1930. Era di grandi dimensioni: veniva installato nel portabagagli. La tv - La televisione elettronica, con tecnologia basata sul tubo a raggi catodici, viene brevettata negli Usa nel 1927 da Philo Farnsworth. In Italia, le trasmissioni nazionali iniziano il 3 gennaio 1954. Il VHS - Utilizzato negli Anni Sessanta solo ai fini industriali, il Video Home System rivela immediatamente le sue potenzialit� commerciali: nel 1976 la giapponese JVC conquista il mercato mondiale con il suo sistema di registrazione (a scapito del Betamax, della Sony). Gli introversi: via dalla pazza folla (di Anna Roming, "Psicologia contemporanea" n. 225/11) - Appaiono timidi, inibiti, a volte anche arroganti: preferendo restare soli con se stessi, in una societ� tutta volta alla socievolezza e al divertimento, rischiano spesso l'incomprensione, soprattutto a causa di tanti pregiudizi ancora molto diffusi. - Stanno cos� le cose anche nel vostro caso? State volentieri da soli e se in una giornata non trovate un po' di tempo per rimanere in pace a leggere un libro, ascoltare musica, dedicarvi al giardino, o anche solo seguire il filo dei vostri pensieri, diventate nervosi e stressati. Vi piace incontrare un collega o un'amica per uno scambio di idee, ma in un gruppo pi� numeroso vi sentite fuori posto. Tenere un discorso in pubblico vi riesce, ma preferite non dover rispondere a troppe domande, n� fermarvi a bere un bicchiere con gli organizzatori. I party non fanno per voi, odiate le chiacchiere da salotto e non avete nessuna voglia di allacciare contatti con gente sconosciuta. E naturalmente non vi � mai passata per la testa l'idea di iscrivervi a Facebook per allargare la cerchia di amicizie. Se vi riconoscete in questa descrizione, con tutta probabilit� siete individui in cui � molto spiccato quel tratto di personalit� che va sotto il nome di introversione. A differenza degli estroversi, orientati soprattutto verso il mondo esterno, voi introversi avete bisogno di tranquillit� e di solitudine. Cos'� l'introversione? Il concetto di introversione come tipo psicologico compare nel 1921 negli scritti di Carl Gustav Jung. Oggi non esistono test di personalit� che non tengano conto di questo tratto del carattere, perch� l'introversione rientra fra le cinque dimensioni fondamentali della personalit�: introversione/estroversione, nevroticismo, gradevolezza, coscienziosit� e apertura al nuovo. In termini scientifici, queste cinque dimensioni di base sono sufficienti a descrivere l'intera gamma delle differenze individuali. Estroversi e introversi, bench� sembrino venire da pianeti diversi, rappresentano semplicemente i due poli opposti di un unico tratto del carattere. Ogni persona presenta aspetti di introversione e di estroversione, ma esistono anche due gruppi di individui decisamente estroversi o introversi. Sulla consistenza di questi gruppi le stime sono diverse. Secondo alcune valutazioni, un quarto della popolazione � formato da introversi, secondo altre circa la met�. � difficile fornire dati pi� precisi, ma si tende a sottovalutare il numero degli introversi per una ragione molto semplice: non si fanno notare, mentre gli estroversi attirano l'attenzione, con il risultato che tendiamo a credere che nella nostra societ� costituiscano la maggioranza. A livello superficiale gli introversi danno un'impressione di timidezza. Ma l'apparenza inganna. Il timido desidera contatti sociali, ma teme di non essere all'altezza, ha paura di non soddisfare le pretese degli altri, di fare brutta figura, di dire qualcosa di sbagliato. Quando � in pubblico si osserva con cento occhi, si giudica e regolarmente si boccia. I contatti sociali per lui sono difficili e angosciosi. Il vero introverso invece non conosce queste paure. Incontra volentieri gli altri, purch� siano pochi, e non si vergogna negli assembramenti pi� affollati: si limita a stare ai margini, ma senza disagio (a differenza del timido), e osserva con interesse quello che succede. Cos� come non sono timidi, gli introversi non sono misantropi. In societ� si stancano prima degli altri e a quel punto cercano un modo per "battere in ritirata": se una chiacchierata dura troppo a lungo o una serata con gli amici minaccia di non finire mai, non vedono l'ora, diversamente dagli estroversi, di rintanarsi nel silenzio. I contatti sociali li maneggiano solo in piccole dosi. Tutt'altro gli estroversi, che hanno un continuo bisogno di stimoli: deve succedere sempre qualcosa, e lunghi periodi di solitudine, senza contatti con gli altri e senza esperienze tonificanti, rischiano di cacciarli in una situazione di vuoto emotivo. Gli estroversi vorrebbero restare sempre "online" per caricarsi di energia. Cellulare e internet sono quindi strumenti ideali, permettendo di mantenere l'indispensabile collegamento con il mondo esterno. Gli introversi al contrario lasciano spesso il cellulare spento e si ricordano solo ogni tanto di controllare l'e-mail. Queste differenze essenziali hanno suggerito alla psicologa americana Marti Olsen Laney un paragone molto calzante. Gli introversi funzionano come una batteria ricaricabile, che per poter ricominciare a erogare energia deve essere staccata e tenuta a riposo. A tale scopo hanno bisogno di un ambiente privo di stimoli. Questo ritrarsi dal mondo ha una funzione importante: solo concentrandosi su se stesso l'introverso pu� rigenerarsi e creare nuova energia. Gli estroversi invece somigliano ai pannelli solari: come questi hanno bisogno del sole per caricarsi, cos� gli estroversi, per tenere alto il livello di energia, devono mantenersi orientati verso l'esterno. Se privati troppo a lungo dei raggi solari, cio� del contatto con il mondo, si sentono vuoti e privi di iniziativa. Differenze biologiche I risultati di ricerche sul cervello hanno dimostrato che gli introversi manifestano una maggiore sensibilit� in risposta agli stimoli rispetto agli estroversi. In una serie di studi sono stati analizzati i tracciati EEG di soggetti classificati preliminarmente come estroversi e introversi mediante test di personalit�. Sia in condizioni di riposo che durante l'esecuzione di un impegnativo compito cognitivo, gli introversi mostravano una maggiore attivit� elettrica, indizio di pi� intensa attivazione corticale. Secondo i ricercatori questa iperattivit� cerebrale spiega perch� gli introversi debbano difendersi da un eccesso di stimoli ambientali per mantenere un livello di attivazione ottimale. Gli estroversi invece ricercano stimoli esterni per impedire una ipostimolazione del cervello. Mediante le tecniche di imaging, che permettono di visualizzare l'irrorazione sanguigna in particolari aree cerebrali, � stata rilevata negli introversi una maggiore attivit� nella corteccia frontale, cio� nell'area del cervello che � responsabile di attivit� necessarie per la concentrazione su se stessi e l'attenzione ai processi interni: memoria, apprendimento, processi decisionali, soluzione di problemi. Particolarmente attiva negli introversi � anche l'area di Broca, la regione che presiede al linguaggio, cui fa capo probabilmente anche la tendenza al dialogo con se stessi. Secondo Colin De Young, docente di psicologia all'Universit� del Minnesota, le differenze biologiche fra introversi ed estroversi si manifestano soprattutto nel modo di reagire agli stimoli esterni: "Il livello di stimolazione che l'estroverso trova piacevole pu� essere eccessivo e insopportabile per l'introverso". Altri studi dimostrano che gli introversi apprendono meglio in un ambiente tranquillo, mentre gli estroversi danno il meglio di s� quando si trovano a fare i conti con informazioni nuove in un ambiente vivace e stimolante. Nel diverso tipo di risposta agli stimoli da parte di estroversi e introversi sembra avere un ruolo importante la dopamina. Alcuni ricercatori infatti hanno dimostrato che le aree cerebrali che operano con questo neurotrasmettitore (il cosiddetto circuito della gratificazione e ricompensa) sono pi� ampie e pi� attive negli estroversi che negli introversi. Ci� significa che gli estroversi reagiscono pi� vivacemente agli stimoli positivi e li ricercano attivamente. Secondo De Young, la ricerca di gratificazione regolata dalla dopamina caratterizza comportamenti estrovertiti come entusiasmo, iniziativa e socievolezza. Nella nostra societ� questo tipo di comportamento � altamente apprezzato, tanto che si pu� parlare a suo avviso di un vero e proprio "culto dell'estroversione". Stranieri in patria Di fatto viviamo in un'epoca in cui gli introversi non hanno vita facile. L'esibizionismo fiorisce, fare colpo a tutti i costi e sapersi vendere sono moderne virt�, per ottenere attenzione si deve alzare la voce, fare scandalo, proporre immagini vistose. Gli estroversi dominano la vita pubblica. Con la brama di parole e il bisogno di attenzione sono loro a fare da modello. Esprimersi e aprirsi all'esterno � apprezzato e considerato segno di normalit�. Non solo, ma gli estroversi sembrano anche meglio attrezzati per la ricerca della felicit�. Lo psicologo Thomas Saum-Aldenhoff sostiene che "l'estroversione implica una specie di talento per la felicit�, o pi� esattamente la capacit� di ricercare stati emotivi piacevoli ed evitare quelli spiacevoli. � sempre pi� lungo l'elenco degli studi che dimostrano come gli individui con personalit� estroversa abbiano una netta inclinazione verso stati d'animo sereni e sentimenti positivi". Nella nostra societ� occidentale la felicit� � una meta ambita, se non addirittura un obbligo. Ci� non � privo di conseguenze per gli introversi. Essere felici infatti non � per loro la priorit� assoluta, non hanno bisogno di ricompense esterne per far funzionare il cervello, ma esattamente del contrario: tranquillit� e scarsit� di stimoli. In certe situazioni l'interferenza di sentimenti positivi sembra addirittura controproducente per loro, come risulta dagli studi di Maya Tamir, una psicologa di Boston. Potendo scegliere se porsi in uno stato d'animo positivo o neutro prima di affrontare la soluzione di difficili problemi cognitivi, i soggetti estroversi preferivano rallegrarsi rievocando intenzionalmente esperienze felici, mentre gli introversi si accingevano pi� volentieri alla prova con la mente sgombra, nello stato d'animo pi� neutro possibile. Diversamente dagli estroversi, per gli introversi non � cos� importante avere tanti amici, mettersi in rete, godere delle simpatie di molte persone, avere ogni fine settimana l'agenda piena di impegni. Che questi atteggiamenti e comportamenti siano irritanti per chi introverso non �, lo avvertono bene e questa incomprensione spesso li inquieta. Il fatto che il loro orientamento personale e i loro valori non corrispondano al modello dominante nella societ� pu� costituire un pericolo per l'equilibrio psichico. Quanto pi� si sentono inadatti alla propria epoca, quanto pi� pensano di doversi spiegare e giustificare, tanto maggiore diventa il rischio di estraniamento. La sensazione di non essere del tutto a posto li coglie spesso nelle situazioni di conversazione, nelle quali non riescono a inserirsi bene, data la differenza di stile comunicativo. Gli introversi ascoltano, gli estroversi parlano L'introverso riflette prima di dire qualcosa, l'estroverso invece pensa mentre parla. Questo fa s� che l'introverso in una conversazione si trovi spesso in difficolt� perch� l'interlocutore fraintende i suoi segnali: mentre lui sta ancora assimilando le parole dell'altro e ci pensa sopra, l'altro prende il suo atteggiamento come un invito a continuare il discorso. Ci� � fatale per l'introverso. La nuova dichiarazione dell'interlocutore interrompe il filo dei suoi pensieri, impedendogli di elaborare adeguatamente l'informazione. Anche scambi verbali semplicissimi diventano faticosi, come mostra l'esempio seguente. "Come ti � andata oggi?", chiede l'estroverso. L'introverso ripensa un momento alla giornata: cos'� successo esattamente? L'altro prende il suo silenzio come un invito a continuare a parlare: "Io ho avuto una giornata infame, per poco non mi capitava un incidente e come se non bastasse il capo mi ha appioppato un nuovo progetto". Queste nuove informazioni interrompono l'introverso nel suo tentativo di ricapitolare i fatti del giorno: confuso, continua a tacere, l'altro di nuovo fraintende il suo silenzio e cos� via. Finch� l'introverso non prende la parola, il suo interlocutore continua a chiacchierare. Ma se non fa una pausa, l'introverso non riesce a mettere insieme un pensiero sensato e resta zitto. E cos� ogni volta si rassegna e si limita ad ascoltare. Quello che in una chiacchierata fra amici per l'introverso � un lieve disagio, pu� avere conseguenze negative nelle situazioni di lavoro. Se non prende la parola in una riunione, non significa che non sia coinvolto nella questione. Ascolta attentamente, riflette su quello che dicono gli altri e aspetta il momento giusto per esprimere la propria opinione, ma c'� il pericolo che gli altri lo prendano per disinteresse e scarso impegno. Chi lavora con un introverso deve sapere che il brainstorming in gruppo non fa al caso suo: molto meglio tranquilli colloqui a quattr'occhi e scambi di email. La regola fondamentale � questa: quando si vede un introverso immerso nei suoi pensieri, non va irritato con domande del tipo "Cosa c'�?", "Tutto bene?", "Che ne pensi?". Nel caso degli introversi il silenzio � davvero d'oro. Sul lavoro come nella vita privata, gli introversi, che hanno bisogno di staccare per ricaricarsi, meritano di essere rispettati nel loro particolare modo d'essere n� pi� n� meno degli altri, gli estroversi che funzionano secondo il modello dei pannelli solari. L'introversione infatti non � una scelta o uno stile di vita, ma un tratto della personalit� che non pu� e non deve essere cambiato. Potrebbero semmai cambiare gli estroversi, nel senso di una maggiore comprensione e pazienza verso quei loro simili che preferiscono il silenzio e il riserbo alla confusione e alla compagnia. 5 monache in fuga (di Simone Zimbardi, "Focus Storia" n. 140/18) - Lo scandaloso amore fra la monaca Lucrezia Buti e il frate-pittore Filippo Lippi inizi� con una rocambolesca fuga dal covento che coinvolse anche altre 4 suore... - Insegn� a Botticelli, stup� signori e principi e fu ammirato dai Medici. Filippo Lippi insomma ebbe tante virt�, tranne quelle richieste dal saio col quale obtorto collo dovette fare i conti. Oggi lo ricordiamo per i suoi meriti artistici, ma nella Toscana del Quattrocento dove visse e lavor� lasci� il segno anche per i pasticci giudiziari e le numerose turbolenze sentimentali. Ma lo scandalo "pi� gustoso" fra tutti fu anche quello che gli cambi� la vita ed ebbe, incredibilmente, un lieto fine: il suo amore (im)possibile per una bellissima suora... Nato probabilmente a Firenze agli inizi del Quattrocento, Filippo proveniva da una famiglia senza fortuna. La madre Antonia, vedova di un macellaio, era talmente povera da beneficiare di un'esenzione speciale sulle tasse. Ancora bambino, entr� nel Convento del Carmine di Firenze e nel 1421 - aveva allora circa 14 anni - profess� i voti. Che sia stato lui a fare questa scelta � improbabile. All'epoca, infatti, erano i genitori a decidere la sorte dei figli: alcuni si destinavano al matrimonio, altri (soprattutto i cadetti di ambo i sessi) a Dio. Appena arrivato in convento Filippo si "attacc�" ai pennelli. Giorgio Vasari, nelle Vite de' pi� eccellenti pittori, scultori e architettori (1550, ampliate nel 1568), lo descrive "fanciullo molto destro e ingenioso nelle azzioni di mano, ma nella erudizione delle lettere grosso e male atto ad imparare". Insomma, dato che lo studio proprio non gli andava gi�, i frati lo istruirono al mestiere "pi� pratico" di pittore. I soggetti di Filippo erano soprattutto religiosi: dalle Madonne agli angeli, dai santi alle scene di Annunciazione, il prete dimostrava di avere del talento. Nel Convento del Carmine, in effetti, aveva incontrato Masaccio, il genio che aveva rivoluzionato la prospettiva pittorica con il suo ciclo di affreschi sulla vita di san Pietro. Quello che mancava a Filippo, per�, erano rigore e organizzazione nel lavoro: era svogliato, si distraeva facilmente e il pi� delle volte consegnava in ritardo le opere; spesso, inoltre, gli capitava di restare senza soldi. Nel 1439 scrisse direttamente a Piero, il figlio maggiore del signore di Firenze Cosimo de' Medici, che era uno dei suoi protettori, per battere cassa. In quanto poi ai sotterfugi, Filippo ne sapeva una pi� del diavolo. Nel 1450, pur di non pagare il suo collaboratore Francesco del Cervelliera, mise in scena una truffa. Quest'ultimo, infatti, lo chiam� in giudizio perch� non aveva ricevuto un compenso che gli spettava. Il monaco fece allora una lettera a nome di Francesco, falsificandone la firma, in cui dichiarava che il pagamento era gi� stato effettuato. L'affare fin� male, poich� entrambi furono torturati - com'era abitudine quando si voleva far parlare qualcuno - e, allo stremo delle forze, il Lippi confess� la bravata. Filippo aveva anche un debole per le donne. E la cosa non era un segreto per nessuno. A tal proposito Vasari racconta un episodio divertente, anche se non sappiamo quanto degno di fede: "Una volta fra l'altre Cosimo de' Medici, facendoli fare una opera, in casa sua lo rinchiuse perch� fuori a perdere tempo non andasse; ma egli statoci gi� due giorni, spinto dal furore amoroso una sera con un paio di forbici fece alcune liste de' lenzuoli del letto, e da una finestra calatosi attese per molti giorni a' suoi piaceri". Un bel giorno arriv� per� nella sua vita una donna che gli fece dimenticare tutte le altre. Si chiamava Lucrezia Buti ed era nata a Firenze in una famiglia rispettabile. La storia di Lucrezia non � molto diversa da quella di Filippo: probabilmente su decisione dei genitori, nel 1454, assieme alla sorella Spinetta, si fece monaca nel convento agostiniano di Santa Margherita a Prato. L'artista, che gi� lavorava a un ciclo di affreschi nel Duomo di Prato, era stato nominato cappellano di Santa Margherita. Quando nel 1456 ricevette l'incarico di dipingere una tavola per l'altare del convento (la Madonna della Cintola, oggi al Museo Civico di Prato), chiese alle monache di poter ritrarre il volto di Lucrezia nella figura di santa Margherita, "la qual cosa con molta difficolt� gli concessero", ricorda Vasari. Tra una seduta di posa e l'altra, tra il maturo Filippo e la ragazza - avevano trent'anni di differenza - scoppi� la scintilla. I primi incontri furono segreti, ma ben presto Filippo fu stanco di nascondersi. Convinse cos� Lucrezia a scappare con lui. Durante la processione della Sacra Cintola (la cintura della Madonna, reliquia preziosissima per gli abitanti di Prato), Lucrezia si mischi� tra la folla e corse a casa dell'amato. Ma non rimasero soli a lungo: poco dopo furono raggiunti da Spinetta, la sorella di Lucrezia, e da altre tre monache, che ne avevano abbastanza della rigida vita del convento. Lo scandalo fu presto sulla bocca di tutti e "le monache molto per tal caso furono svergognate", scrive ancora Vasari. Quel che � peggio � che Lucrezia rimase incinta; partor� un bambino, Filippo (detto Filippino), che come il padre diventer� pittore. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, episodi come questo non dovevano essere rari all'interno dei conventi, dato che spesso i giovani abbracciavano la carriera ecclesiastica solo perch� obbligati. Se per le suore di Santa Margherita la fuga delle consorelle fu uno shock, i grandi del tempo si fecero invece grosse risate. Giovanni, figlio di Cosimo de' Medici, scrisse al suo rappresentante a Napoli che "dello errore di fra' Filippo n'aviamo riso un pezzo". Nel dicembre 1459, per�, Lucrezia e le suore fuggite, forse divorate dai sensi di colpa oppure vittime della pressione della comunit� monastica, decisero di far ritorno in convento. L'inversione di marcia fu di breve durata: nel giro di qualche mese caddero di nuovo in tentazione e abbandonarono definitivamente il monastero. Per Filippo e Lucrezia si prospettava il lieto fine. Cosimo de' Medici chiese infatti al papa di proscioglierli dai voti, cosa che, sembra, fu concessa senza problemi. E a quel punto iniziarono a vivere come una normale coppia ed ebbero anche un'altra figlia, Alessandra. Malgrado ora avesse una famiglia sulle spalle, Filippo non cambi� le sue cattive abitudini: anche negli ultimi anni di vita ebbe fastidi con la giustizia per problemi di soldi. Quando mor�, nel 1469, Lucrezia si ritrov� da sola con due figli a carico. Fortunatamente per lei, Filippino riusc� a rendersi subito indipendente: grazie alle ottime lezioni di pittura impartite dal padre, fu accettato come apprendista nell'atelier di uno dei migliori allievi che Filippo aveva avuto, Sandro Botticelli, e divenne nel giro di poco tempo un grande artista. Sistemata anche la figlia con un matrimonio vantaggioso, Lucrezia trascorse la vecchiaia a Prato, in una casetta che il figlio le aveva comprato nella piazza principale. Fatto curioso, l'abitazione si trovava proprio di fronte al Convento di Santa Margherita, quel monastero in cui la sua vita, nel bene o nel male, era cambiata per sempre. Aventino, tra mito e magia (di Alessandro Fiorentino, "Ulisse" n. 406/18) - Immerso nel verde e nella storia, sul colle sorge uno dei quartieri pi� suggestivi di Roma. - L'Aventino, uno dei sette colli della Capitale, � tra i quartieri storici e pi� belli di Roma, ogni angolo e via ne portano traccia. La sua storia, dal fascino unico, si fonde con il mito e d� vita a una magia che pochi luoghi della Citt� Eterna sono in grado di evocare. Ha attraversato epoche, ispirato poeti e artisti, ed ora ospita un quartiere immerso nel verde dallo charme inimitabile. Girando per il colle e la valle adiacente, si incontrano le Terme di Caracalla (costruite intorno al 216 d.C.), uno dei pi� grandi e meglio conservati siti termali dell'antichit�, che nella stagione pi� calda si veste a festa e ospita il cartellone estivo del Teatro dell'Opera di Roma. A poca distanza, proseguendo verso il Tevere, c'� il Circo Massimo anch'esso diventato, negli ultimi anni, location di eventi imperdibili e set di grandi film. L'antico, e probabilmente pi� famoso, circo romano era un luogo di divertimento in cui circa 300 mila romani accorrevano per assistere alla corsa delle bighe. Risalendo verso il colle, dopo aver attraversato il Roseto comunale, � possibile godere di un panorama bellissimo arrivando al Giardino degli Aranci, o Parco Savello. Una terrazza sul Tevere dal profumo di agrumi che � tappa obbligata per i turisti di tutto il mondo, ma anche uno dei luoghi preferiti di ogni buon romano. Da qui, la vista spazia da Trastevere all'isola Tiberina, dalla Cupola di San Pietro, fino alla collina del Gianicolo e di Monte Mario. Per dare un'altra "occhiata" a dir poco unica basta fare qualche altro passo e arrivare sulla sommit� del colle per sbirciare dal "buco della serratura" del cancello del Priorato dei Cavalieri di Malta. Qui si gode sicuramente della pi� famosa vista di San Pietro. Ma l'Aventino � tanto altro. Il colle porta tracce antichissime di storia anche con le sue chiese: dalla Basilica di Santa Maria in Cosmedin, con la Bocca della Verit�, a Santa Prisca, che sorge su una domus del II d.C., passando per Santa Sabina e la basilica dei Santi Bonifacio e Alessio.