Novembre 2016 n. 11 Anno I Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Massimiliano Cattani Antonietta Fiore Luigia Ricciardone Copia in omaggio Indice Comunicato: rinnovo abbonamento riviste Ripensare la Costituente settant'anni dopo Quando la voce fornisce gli indizi Comunicato: rinnovo abbonamento riviste Ricordiamo a quanti desiderano continuare a ricevere, a titolo gratuito, le riviste: Minimondo, L'Angolo di Breuss, Parliamo di..., Infolibri, Giorno per giorno, di confermare per iscritto il proprio abbonamento, entro e non oltre il 31 gennaio 2017, tramite lettera Braille o in nero, via fax o e-mail. I periodici possono essere ricevuti in Braille o su supporto informatico. Ripensare la Costituente settant'anni dopo (di Paolo Pombeni, "il Mulino" n. 3/16) Siamo il Paese degli anniversari e cerchiamo sempre di celebrarne in gran numero. In particolare non abbiamo quasi mai mancato di dare un rilievo particolare a quelli che ci ricordavano i vari "decennali" dell'evento costituente. In alcuni casi � stato fatto producendo opere che hanno inciso in maniera particolare, in altri magari � stata pi� una questione di routine e di retorica. Il primo decennale rimane legato alle critiche raccolte nel libro che conteneva il saggio di Calamandrei nel quale veniva riproposta la tesi della riforma mancata in cambio della rivoluzione promessa (Dieci anni dopo 1945-1955. Saggi sulla vita democratica italiana, Laterza, 1955). Il terzo decennale alla grande ricerca promossa dalla Regione Toscana che segn� il varo della riscoperta dell'arco costituzionale almeno fra gli studiosi e che produsse la serie di volumi pubblicata dal Mulino (Il sistema delle autonomie: rapporti tra Stato e societ� civile, Il Mulino, 7 voll., 1978-1979). Il quarto pass� un po' pi� sottotono, ma vide la riproposizione della tesi del grande incontro fra culture diverse che confluivano in un sentire comune. Il quinto fu giocato all'interno del tema del contrasto sulla possibilit� di uno stravolgimento della nostra Carta (e qui ricordiamo gli interventi appassionati di Giuseppe Dossetti). Il sesto � stato forse il pi� retorico e lo si potrebbe rappresentare con lo spettacolo messo in scena da Roberto Benigni sulla "Costituzione pi� bella del mondo". Cosa ne sar� del settimo, che coincide con la riforma della seconda parte della nostra Carta costituzionale e con il referendum confermativo, non sappiamo, ma forse proprio per questo qualche riflessione potrebbe essere opportuna. Giusto per evitare, se possibile, retoriche inutili e populismi d'accatto che vediamo spuntare come funghi dopo una notte di pioggia. Possiamo cominciare con qualche richiamo alla nostra storia, argomento che oggi non va pi� tanto di moda, ma che riveste una certa importanza. � semplicistico dire che la Costituente del 1946-48 � stata l'unica fase di determinazione democratica della struttura costituzionale della nostra nazione. Ovviamente questo � assolutamente esatto in termini specifici, poich� lo Statuto Albertino era una Carta octroy�e, cio� concessa per grazia del sovrano, e fu estesa dallo Stato sabaudo al nuovo regno d'Italia senza alcun passaggio costituente, ma cos� facendo si ometterebbe di osservare che quel testo rispecchiava l'approdo del costituzionalismo europeo dell'epoca, che esso era recepito dalla nostra scienza giuridica e che forn� la base per un vivace sviluppo di dibattiti e di interventi facilitati dalla teoria "inglese" per cui il Parlamento era sempre un potere costituito e costituente al tempo stesso. L'incapacit� attribuita allo Statuto di resistere alla presa di potere del fascismo � storicamente debole, perch� il successo della scalata mussoliniana non dipese dall'assenza di argini legislativi, ma da quella di capacit� politiche nella classe dirigente al potere in quella fase. Del resto un testo assai pi� recente e pi� elaborato dal punto di vista della teoria giuspubblicistica come era la Costituzione della repubblica di Weimar non offr� alcuno strumento efficace per fermare la presa di potere di Hitler. Non dico questo per suffragare la tesi ingenua di Croce secondo cui nel 1945-46 si sarebbe potuto andare avanti con lo Statuto Albertino, perch� quello era stato bruciato dagli eventi storici e dalla pusillanimit� di una casa regnante incapace di gestire la crisi del crollo del regime fascista, ma solo per ricordare che, al di l� di quello che gli stessi costituenti pensavano, il lavoro dell'Assemblea benefici� non poco di una riflessione giuspubblicistica che si era sviluppata in quel contesto (anche se ne sub� pure i limiti). La cosa interessante � che la fondazione della repubblica e poi il lavoro dell'Assemblea costituente affondano le loro radici nella dissoluzione del sistema politico-istituzionale precedente lasciando campo aperto a una legittimazione che proveniva dall'organizzazione della societ� in partiti politici che ne rispecchiavano le culture storiche con cui si era strutturata la convivenza nello Stato unitario. � questa peculiarit� che ha dato una caratterizzazione particolare alla rifondazione della democrazia italiana, che ha trovato la sua legittimazione nella marginalizzazione del semplice rinvio al costituzionalismo di marca liberale che l'aveva connotata fino alla svolta del 1919 per accedere invece al riferimento a un universo composito capace di assumere al suo interno la complessit� di un Paese con una poliedricit� di storie, culture e antropologie. Questo retroterra si � trovato a doversi misurare con un fenomeno di carattere generale che sarebbe errato sottovalutare. L'idea che nel 1945 si fosse alla vigilia di un grande cambiamento epocale era largamente condivisa ben al di l� della nostra realt� nazionale. Se si pensa al significato dei piani Beveridge che introducevano il discorso del Welfare generalizzato, al nuovo ruolo che si trovava a rivestire l'Urss, al collasso di tutte le potenze europee (la Gran Bretagna, che peraltro non era che fosse messa benissimo, non veniva considerata "europea"), al nuovo ruolo che si pensava dovessero avere i movimenti operai, ai dibattiti sulla trasformazione del capitalismo, al nuovo ruolo assunto dalle chiese, e via elencando, si capisce come vi fosse una larga convergenza sulla tesi che ci si trovava di fronte a una svolta storica a cui la nuova Carta doveva dare risposta. Si � spesso insistito sulla questione di un compromesso raggiunto tra forze con ideologie divergenti al prezzo di reciproche concessioni. Questa tesi � priva di fondamento se appena ci si prende la briga di leggere gli atti dell'Assemblea costituente (rimando al mio volume, La questione costituzionale in Italia, Il Mulino, 2016, in cui ho analizzato in dettaglio questa e altre tematiche che qui affronto in maniera succinta). Ci furono, come � ovvio, limature e discussioni per giungere alla formulazione dei vari articoli, come del resto accade nel lavoro di qualsiasi organismo collettivo, ma non si trovano "negoziati", neppure impliciti, per cui l'appoggio a una certa formulazione venisse fatto passare in cambio dell'adesione a un'altra formulazione che interessava chi faceva quella concessione. La leggenda sulla Costituzione "scritta met� in latino e met� in russo" � una tipica invenzione dei perdenti che non riuscirono a inserirsi nella dialettica ideologica che si svilupp� in seno alle commissioni e sottocommissioni per mezzo delle quali lavor� l'Assemblea. Ci� concerne soprattutto la scrittura della prima parte della Carta, perch� sulla seconda parte che riguarda l'organizzazione dei poteri dello Stato il confronto fu molto meno lineare e in quel caso pi� che di compromessi si pu� parlare di una tattica di promozione di vantaggi futuri o almeno supposti tali, cos� come di sabotaggi e mosse spregiudicate, tattiche che furono messe in atto pi� o meno da tutte le forze presenti. La realt� � che alla base del nostro patto costituzionale ci furono due fenomeni concorrenti. Il primo � dato, come si � detto, da un retroterra culturale che aveva coinvolto nella crisi del primo Novecento, e specialmente nella fase fra le due guerre mondiali, gran parte delle forze vive del contesto europeo e non solo. Su questo retroterra si � in passato scritto moltissimo, anche con forzature, che vanno dall'avere raggruppato tutto nella categoria dell'antifascismo all'avere voluto iscrivere anche il fascismo come componente di questa riflessione sulla crisi di civilt� che si riteneva avesse coinvolto il sistema politico-culturale derivato dall'intreccio fra illuminismo e costituzionalismo. Il quadro � complicato, i passaggi di fronte e le contaminazioni sono molti, sicch� � un po' ingenuo e soprattutto � privo di senso costringere in una sola categoria quello che fu un autentico crocevia intellettuale in risposta alla sfida di un mondo che si percepiva in una fase di profonda ridefinizione. Sta di fatto che fu quel contesto a consentire un incontro di intelligenze, perch� quando si condividono le domande a cui rispondere e le si percepisce come complicate diventa pi� facile ascoltare reciprocamente i suggerimenti di risposta che ciascuno ritiene di poter dare e trarre da questo ascolto una sintesi. � quanto avvenne per lo pi� per la prima parte della nostra Carta, con soluzioni verbali creative, talora anche necessariamente ambigue se osservate sotto l'ottica delle ortodossie dottrinali dei giuristi (che infatti non mancarono di lamentarsene), ma in grado di rappresentare la volont� di affrontare problemi condivisi pi� che di dettare prescrizioni stringenti sul come risolverli. Il secondo fenomeno che concorse a formare la nostra piattaforma costituzionale fu lo spaesamento di fronte a una crisi complessiva delle categorie organizzative del costituzionalismo classico. Chi ha qualche dimestichezza col dibattito sulla crisi dei sistemi politici che si svilupp� in Europa (ma con echi anche americani) tra fine Ottocento e inizio Novecento sa bene che quasi tutti i pilastri di tali sistemi erano considerati quantomeno scricchiolanti. La democrazia dal basso si era mostrata terreno fertile per il successo delle manipolazioni dei populismi; la teoria degli equilibri fra camere legislative con rappresentanze diverse si scontrava con la difficolt� di legittimarle visto che a una seconda camera in cui confluissero i meliores et majores terrae non credeva pi� nessuno; il tema dello strapotere delle burocrazie era percepito e la tesi della loro neutralit� tecnica non convinceva pi�; la tensione fra unit� e indivisibilit� delle nazioni e loro articolazioni interne di potere faceva continuamente capolino; il problema di come portare i nuovi pilastri della organizzazione democratica, cio� i partiti, a responsabilit� pubbliche cogenti e controllabili era stato ampiamente discusso. Non � certo un elenco esaustivo, ma penso possa richiamare il clima in cui i costituenti lavorarono per disegnare l'architettura dei poteri nel nuovo quadro costituzionale, aggiungendoci che, ovviamente, lo spettro delle possibili deviazioni dittatoriali con ci� che questo comportava ebbe un ruolo non secondario. In pi� c'era l'incertezza sulla distribuzione delle forze nel nuovo contesto postfascista, sicch� la naturale tendenza di tutti i partiti in campo a garantirsi le migliori condizioni per giocare la propria partita futura ebbe un ruolo che non va sottovalutato. Se si ripercorrono i dibattiti nelle varie articolazioni dell'Assemblea costituente su quanto riguarda le norme che hanno come obiettivo l'organizzazione della sfera pubblica e la distribuzione dei poteri � facile cogliere queste dinamiche. Ci� non significa che tutte le preoccupazioni che vennero allora espresse siano solo figlie di contingenze transeunti, ma � da investigare quanto quelle contingenze abbiano portato a soluzioni dei problemi in campo che oggi potrebbero essere riviste senza rischi. In definitiva ogni valutazione del "momento costituente" deve tenere conto della compresenza dei due fattori sia per evitare l'assolutizzazione del mito su un idilliaco clima di incontro fra le diverse ideologie dominanti in quell'epoca, sia per sfuggire alla svalutazione del lavoro fatto come puro frutto di contingenze peculiari oggi non pi� proponibili. In realt� in questo come in altri casi il processo costituente fu un fatto complesso che deve essere costantemente riattualizzato con l'interpretazione evolutiva, che non dimentica un realistico legame con quanto accaduto storicamente, ma che non riduce tutto all'imbalsamazione del passato trasformandolo in un idolo da offrire all'adorazione di non si sa quali fedeli. Poich� chi scrive non � un giurista di professione pu� permettersi il lusso di una certa disinvoltura nel trarre dalla riflessione sulla storia costituzionale della repubblica italiana una qualche lezione per una educazione civile del cittadino nel travaglio della difficile transizione in cui siamo immersi. Anzich� dunque azzuffarsi sulla legittimit� o meno di riformare la Carta del 1948 (peraltro gi� oggetto di alcuni interventi anche prima dell'ultimo), si potrebbe partire dal considerare se non sia meglio distinguere nel nostro sistema costituzionale due componenti. Chiamer� la prima, riprendendo una famosa definizione resa canonica da Costantino Mortati, la "Costituzione in senso materiale", mentre etichetter� la seconda come la "Costituzione ordinatoria". La Costituzione in senso materiale � quella che d� l'indirizzo politico all'attivit� della convivenza nazionale, ne determina gli obiettivi, fissa il quadro delle garanzie perch� la vita pubblica possa esplicarsi in modo organico e perch� tutti i soggetti che appartengono alla comunit� politica possano in rapporto alle loro condizioni peculiari godere al meglio di una vita appagante (quello che nel vecchio linguaggio un po' retorico del costituzionalismo classico si definiva pursuit of happiness). In buona parte si tratta delle un tempo tanto disprezzate norme "dichiarative" presenti specie nella prima parte della Carta che erano state inopportunamente definite come "non giuridiche", ma che invece proprio in mano alla Corte costituzionale hanno rappresentato un elemento forte non solo di difesa ma anche di promozione dello sviluppo della nostra vita politica e civile. Queste norme sono tendenzialmente destinate a rimanere immutate per lunghe fasi storiche, almeno sinch� la coscienza comune non riesca a rimodularle in rispondenza piena a grandi mutamenti epocali. � importante capire cosa si intenda per mutamenti epocali, non scambiando per tali semplici trasformazioni nelle condizioni materiali. Per dare un esempio banale: se noi riteniamo che il principio dell'inviolabilit� della corrispondenza sia un valore, salvo rare e circoscritte eccezioni, poco importa che al momento della stesura della Carta questa avvenisse attraverso la posta e oggi avvenga attraverso la rete o i telefoni cellulari. Non c'� bisogno di cambiare la formulazione della legge: basta un minimo di intelligenza interpretativa. Tutti i grandi valori di indirizzo che sono registrati nella nostra Costituzione vanno difesi nella loro essenza usando come elemento per la loro tutela l'interpretazione piuttosto che la riscrittura. La riscrittura di grandi principi � sempre un esercizio pericoloso, perch� tende a fissare una interpretazione momentanea trasformandola in una rigida ortodossia (magari figlia di desideri manipolativi). Il coraggio di affidarsi alla dialettica ben regolata delle interpretazioni mantiene non solo mobile il rapporto fra l'eredit� storica e le esigenze del presente, ma stimola la creativit� del corpo politico, lo spinge a rispondere alle sfide che nascono attraverso la riappropriazione della sapienza con cui si � risposto alle sfide del passato. Quanto si � detto per la Costituzione in senso materiale non vale per la Costituzione come strumento ordinatorio dei rapporti di potere che reggono lo spazio pubblico. In questa attivit� la Costituzione opera maggiormente sotto il condizionamento delle circostanze storiche. La posizione degli organismi rappresentativi a cui demandare l'attivit� legislativa, il ruolo del potere giudiziario, la determinazione delle potenzialit� di intervento degli organi di governo, la distribuzione dei poteri sul territorio e fra diverse sedi, sono questioni che sfuggono a quella esigenza di "lunga durata" che informa invece le norme della Costituzione in senso materiale. In questi casi l'evoluzione dei costumi, l'effetto che pu� produrre la permanenza di certe competenze in circoli che si autonomizzano, il mutamento dei rapporti con altre istanze che sono anch'esse detentrici di capacit� di intervento (dalle comunit� religiose alle autorit� sovranazionali, alle concentrazioni di potere economico, alle opportunit� di manipolazione che possono fornire vari tipi di media, e via elencando), sono alcuni dei fattori che suggeriscono di contemplare possibilit� di adeguamento dell'ordinamento costituzionale a queste evoluzioni. Certamente in parte sono interventi che si possono fare attraverso leggi ordinarie che peraltro assumono di fatto una posizione di natura costituzionale pur sfuggendo alle rigidit� delle norme inserite nella Carta. Il tipico esempio � dato dalle leggi elettorali. In Costituente si discusse se inserirle, almeno sotto un profilo generale, in qualche articolo del testo che si andava a scrivere, ma prevalse l'idea che era meglio mantenerle in uno spazio di flessibilit�. Tanto per dire, cos� si evit� di rendere "costituzionale" il sistema elettorale proporzionale, che allora era senza dubbio il pi� rispondente a promuovere l'inclusione delle diverse componenti socio-politiche presenti nel Paese nell'alveo del nuovo Stato, ma che oggi, avvenuta l'omogeneizzazione di quelle tradizioni storiche con il loro conseguente tramonto, non si giustificherebbe pi�. Dunque non dovrebbe apparire problematico che la "manutenzione" della parte ordinatoria del nostro patto costituzionale fosse cosa normale e che essa non suscitasse alcuno scandalo. Certamente sarebbe da valutare il tema del mantenimento della stessa complessit� che si � prevista per modificare le norme della Costituzione in senso materiale per quelle della sua parte ordinatoria. � un argomento ovviamente delicato, perch� c'� sempre il sospetto che costituzioni di tipo "flessibile", cio� che non prevedano percorsi particolari per la modifica dei loro articoli, finiscano vittime delle fluttuazioni inevitabili in un sistema democratico che pone il potere nelle mani di un corpo elettorale per sua natura volubile e oggi - perch� negarlo? - sempre meno educato a valutare lo spessore che richiedono le decisioni politiche di rilievo. Tuttavia questo � un tema ed � una eredit� che ci portiamo dietro non solo dai dibattiti del 1946-48, ma da tutta la tradizione del costituzionalismo occidentale. Vi � un inevitabile problema ed � quello se il potere costituente sia qualcosa che deve vivere solo in determinati momenti eccezionali e poi essere imbalsamato nei risultati che allora ha prodotto o se possa trattarsi di un qualcosa che � sempre nelle mani di un corpo politico solo che questo possa essere considerato "vitale". Il dibattito fra i giuristi � ampio e raffinato, ma qui mi permetto di semplificarlo rispetto alla questione della differenza fra casi di semplice revisione costituzionale e casi di veri e propri momenti costituenti. A mio giudizio, la questione � se il potere costituente sia in qualche modo sempre esistente in un corpo politico-rappresentativo o se lo si possa attivare solo in presenza di domande eccezionali e con modalit� peculiari per richiamarlo in vita. L'antica teoria britannica � ritenuta essere quella secondo cui il Parlamento � sempre al tempo stesso organo costituito e organo costituente. La teoria "continentale" preferisce invece sostenere che il potere costituente debba andare a un organo speciale a cui quella funzione viene conferita espressamente da una decisione popolare. Poi � arrivata una specie di teoria intermedia, che potremmo simbolicamente (e in maniera semplificata) far risalire a De Gaulle: quell'investitura pu� essere anche conferita ex post da una pronuncia popolare (referendum) che avalla la pretesa di un organo parlamentare di investirsi di un potere costituente (che ci� avvenga nel corso di dibattiti interni o sotto la spinta di decisioni esterne di forze politiche organizzate come i partiti potrebbe essere relativamente importante). � in questo contesto che si colloca in Italia l'annosa questione della riforma costituzionale, che � stata aperta praticamente subito dopo l'approvazione della nostra Carta fondamentale, ma prevalentemente in misura di "revisione" di qualche passaggio, mentre a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso � stata di fatto impostata come una necessit� di "ripensare" la Costituzione fino a giungere all'approvazione della legge di riforma Renzi-Boschi che affronter� la prova referendaria. � nota tutta la diatriba che si � sempre avuta sulla tutela dei "valori" sacri della nostra Carta, diatriba che ha visto interventi al limite del ridicolo (per esempio il dibattito se sia meglio mantenere che la repubblica � fondata sul lavoro o scrivere che � fondata sulla libert�), spesso accompagnati dallo stracciarsi le vesti a difesa del testo cos� com'� perch� modificarlo avrebbe comportato stravolgerlo. Ora � proprio su questo punto che sarebbe opportuno un intervento. Sempre per giocare col riferimento alla classica teoria inglese, richiamer� che il buon A'V' Dicey aveva invitato a distinguere fra la "constitution" e la "law of the constitution". Non era solo una distinzione che gli serviva per spiegare le differenze col sistema francese e tedesco che aveva il diritto amministrativo come branca specifica (cosa sconosciuta al diritto inglese), ma piuttosto un modo per venire a capo, credo inconsapevolmente, del vero dilemma britannico: quello per cui la Costituzione �, al contrario di quel che si pensa, rigidissima e immodificabile, proprio perch� non � scritta ed � fatta di pochi principi di indirizzo e di tutela che non si saprebbe come modificare, mentre il Parlamento come organo della rappresentanza della sovranit� pu� declinarla in qualsiasi momento in leggi che la adeguano e la reinterpretano. Per spiegarmi citer� un esempio. Quando nel 1911 si abol� il bicameralismo paritario fra Camera dei comuni e Camera dei lords si grid� al venir meno della dialettica di controllo reciproco fra due forme di rappresentanza (tutto il mondo � paese!) e si sostenne che quella dialettica era iscritta nella Costituzione: si giunse per� alla conclusione che semplicemente la dialettica passava dal contrasto fra "comuni" e "lord" alla dialettica all'interno dei comuni fra maggioranza e opposizione. Nella circostanza in cui ci troviamo a vivere in Italia, forse potrebbe aiutarci proprio il recupero di una distinzione fra "Costituzione" e "leggi della Costituzione", ovvero, per tornare alle mie rozze categorie, fra "Costituzione in senso materiale" e "Costituzione ordinatoria". La prima � bene non venga toccata, poich� nelle presenti condizioni manca davvero un contesto costituente che consenta di elaborare categorie migliori per inquadrare il sistema entro cui far crescere e agire la comunit� politico-sociale e obiettivi pi� adeguati da assegnare ai poteri pubblici per raggiungere quelle finalit� (e di fatto qualsiasi velleit� di toccare la prima parte della Carta � stata lasciata cadere da tempo). Diverso invece il discorso sulla parte "ordinatoria" della nostra normativa costituzionale. Qui non solo si pu�, ma si deve lavorare per tenere conto di quanto ci ha insegnato l'esercizio dell'azione pubblica nei suoi molteplici aspetti durante i settant'anni passati da quando quel quadro fu disegnato. Certamente sarebbe necessario elaborare per la gestione dell'iter di queste opere di aggiornamento istituzionale dei percorsi pi� adeguati del semplice utilizzo di un contesto parlamentare che pu� essere, come in effetti oggi �, non esattamente idoneo ad assumersi questo compito con la necessaria autorevolezza e con l'auspicabile cognizione di causa. Tuttavia va anche riconosciuto che questo � un auspicio ideale che rare volte trova soddisfazione nelle circostanze storiche concrete. All'Assemblea costituente del 1946-47 si assistette, anche per la drammaticit� dell'ora, al mezzo miracolo delle leadership di un corpo politico che agirono producendo un risultato certamente non perfetto, ma profondamente innovativo e che almeno nella parte della "Costituzione materiale" ci ha consegnato un testo capace davvero di un "potere di indirizzo". Anche la parte ordinatoria, a dispetto di una gestazione assai pi� travagliata e di molti prezzi pagati alle preoccupazioni, pi� o meno lungimiranti, delle forze in campo, ha retto per un lungo periodo garantendo al Paese il riassorbimento di alcune ferite storiche e la omogeneizzazione della cittadinanza sul piano civile. Oggi il quadro � inevitabilmente in fase di mutamento, ma non voglio credere sia impossibile recuperare la lezione di quegli anni fondativi per dare alla nostra "Costituzione materiale" strumenti pi� adeguati per continuare ad esercitare il suo potere di governo sulle evoluzioni della storia. Quando la voce fornisce gli indizi (di Michele Catanzaro, "Le Scienze" n. 576/16) - Dedurre l'identit� di una pesona dalla sua voce con metodi fondati dal punto di vista scientifico � ancora molto difficile, eppure la fonetica forense � usata spesso nelle aule dei tribunali. - Quando apparvero i video dello sgozzatore mascherato dell'ISIS soprannominato Jihadi John, esperti di tutto il mondo si affannarono ad analizzare la sua voce per identificarlo. La biometria della voce � diventata sempre pi� importante da qualche anno a questa parte nell'intelligence. I documenti rivelati da Edward Snowden indicano che la National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti ha analizzato milioni di chiamate telefoniche alla ricerca di indizi. Il sistema � probabilmente analogo al programma Kivox, usato dai call center di diverse banche per identificare potenziali truffatori. Il programma confronta la voce del cliente con quelle che fanno parte di una banca dati di vecchie telefonate, realizzate da persone che, per esempio, hanno richiesto una carta di credito, l'hanno svuotata e sono sparite. Se il programma trova una compatibilit�, il cliente viene indirizzato a un operatore specializzato, per evitare la ripetizione della truffa. Le applicazioni commerciali della voce sono vastissime: dalla trascrizione automatica ai sistemi di guida per persone disabili, passando per i programmi per "parlare" con lo smarthphone. Disciplina poco brillante Quanto � solida la base scientifica di queste tecniche? Per capirlo ci si pu� concentrare su una delle applicazioni principali della "scienza della voce": la fonetica forense. Serie televisive come CSI danno un'immagine idealizzata di questa disciplina. Nel film Sotto il segno del pericolo (1994), un esperto ascolta una breve frase registrata e deduce che il parlatore � "un cubano, di 89 anni, educato [...] nell'Est degli Stati Uniti". Poi introduce la registrazione in un supercomputer che la confronta con la voce di un indiziato, sentenziando che c'� "una probabilit� del 65 per cento [...] di identificazione". Questa sequenza riassume buona parte dei pregiudizi sulla fonetica forense, che hanno portato a errori giudiziari nel suo uso reale. Scene come queste esemplificano il cosiddetto "effetto CSI", ovvero "le aspettative esagerate da parte dei magistrati rispetto alle capacit� delle scienze forensi", spiega Juana Gil, ricercatrice in fonetica forense presso il Consejo Superior de Investigaciones Cientificas di Madrid. La realt� della disciplina � meno brillante. Negli ultimi anni sono apparsi articoli scientifici dai titoli assai eloquenti: Identificazione per mezzo della voce: una chiamata alla cautela (conferenza Eurospeech del 2003); Ciarlataneria nella scienza forense della voce (su "The International Journal of Speech, Language and the Law", 2007); Scienza e pseudoscienza nel confronto forense di voci (su "Science and Justice", 2014). Nel 1999 la Soci�t� Fran�aise d'Acoustique ha richiesto in una dichiarazione pubblica di rinunciare all'uso della fonetica forense nei tribunali. La richiesta si basava sul caso di J�r�me Prieto, un uomo che pass� dieci mesi in carcere sulla base di una polemica perizia della polizia, che identific� erroneamente la voce di Prieto in una telefonata che rivendicava un attentato. Effettivamente non mancano diversi preoccupanti esempi di perizie controverse, o direttamente errori giudiziari, come mostra anche Hearing Voices, progetto di giornalismo scientifico sulla scienza forense a cura degli autori di questo articolo. � impossibile sapere quante perizie foniche sono realizzate ogni anno, dato che nessun paese dispone di un registro. Esperti italiani e britannici stimano che nei rispettivi paesi se ne fanno centinaia ogni anno. Gli incarichi consistono nel trascrivere registrazioni, confrontare una voce intercettata con quella di un sospettato, fare un "confronto all'americana" fra diverse voci, costruire il profilo di un parlante (per esempio nazionalit� o dialetto), interpretare rumori o verificare l'autenticit� di una registrazione. Le registrazioni analizzate possono essere intercettazioni telefoniche o ambientali, messaggi di segreteria telefonica, richieste di riscatto, telefonate di truffatori, chiamate alla polizia. Una delle principali difficolt� � la qualit� delle registrazioni. "Il segnale telefonico non � sufficiente per distinguere certe consonanti, come f e s oppure m e n: ci vorrebbe il doppio di banda di quella telefonica", spiegava Andrea Paoloni, ricercatore presso la Fondazione Ugo Bordoni e referente della fonetica forense italiana, scomparso nel novembre 2015. Inoltre le registrazioni sono spesso rumorose, brevi e, nei processi pi� lunghi, vecchie di anni o decenni. A volte non � facile realizzare la perizia in condizioni simili a quelle della chiamata: per esempio, simulare una telefonata fatta in un cinema pieno di persone con un cellulare vecchio modello o di una marca straniera. In un articolo del 1994 pubblicato sui Proceedings dell'ESCA Workshop on Automatic Speaker Recognition, Identification and Verification, l'esperto Hermann K�nzel stimava che il 20 per cento delle registrazioni analizzate dalla polizia federale tedesca avevano solo 20 secondi di voce registrata utile. Ci� nonostante, alcuni periti non si fanno problemi a lavorare su registrazioni di qualit� scarsissima. Nel famoso processo contro George Zimmerman, la guardia di sicurezza che nel 2012 ha ucciso il giovane afroamericano Trayvon Martin negli Stati Uniti, un perito ha affermato di poter estrarre un profilo e addirittura una trascrizione dalle urla che si sentivano sullo sfondo di una chiamata d'emergenza. Ma il problema pi� grave � che gli errori non sono eccezioni isolate. Un'inchiesta realizzata dall'INTERPOL, organizzazione internazionale di cui fanno parte le forze di polizia di 190 paesi, e pubblicata a giugno su "Forensic Science International" ha rivelato che la met� degli intervistati (21 su 44), appartenenti a forze dell'ordine di tutto il mondo, usa tecniche il cui valore scientifico � stato smentito da anni. Per esempio la pi� semplice e la pi� antica: il solo ascolto seguito dall'espressione di un parere soggettivo. Per decenni � stato attribuito un valore speciale all'"orecchio allenato" dell'esperto, o all'"orecchio familiarizzato" con il caso del poliziotto, o persino della vittima o dei testimoni. Nel 1992 il canadese Guy Paul Morin and� in carcere per violenza sessuale e omicidio. Fra le altre prove, la madre della vittima aveva riconosciuto la sua voce. Ma dopo tre anni, la prova del DNA lo scagion�. Questo caso non � sorprendente. Un esperimento effettuato nel 2000 e pubblicato su "Forensic Linguistics" ha esposto un gruppo di volontari che si conoscevano reciprocamente a registrazioni anonime di membri del gruppo. Il tasso di riconoscimento era tutt'altro che perfetto, e in un caso un volontario non riconobbe nemmeno la sua stessa voce. Questo non vuol dire che qualunque tecnica strumentale sia migliore dell'orecchio umano. Di fatto, la prima tecnica strumentale usata in fonetica forense � oggi screditata, ma alcune sue varianti sono ancora ampiamente usate, secondo lo studio dell'INTERPOL. Si tratta del voiceprint, o confronto di sonogrammi. Questo sistema consiste nel confrontare a occhio i sonogrammi di una stessa parola, pronunciata dal sospettato e dal parlatore intercettato. Un sonogramma � un'immagine che rappresenta con diversi toni di grigio le frequenze dello spettro della voce, e la loro evoluzione temporale mentre viene pronunciato un suono o una parola. La tecnica divenne famosa dopo la pubblicazione di un articolo su "Nature" firmato da Lawrence G. Kersta, ricercatore dei Bell Labs, nel 1962. In Italia fu usata da Oscar Tosi, ricercatore presso la Michigan State University, per affermare che Toni Negri era il "telefonista delle BR" del caso Moro. Ma nel 1979 un rapporto della National Science Foundation decret� che non era scientificamente valida: i sonogrammi non discriminano bene i parlatori e sono molto variabili. "Il sistema dei sonogrammi � stata una bufala storica. Trasportava al confronto di immagini la stessa soggettivit� dell'ascolto", affermava Paoloni. Ci� nonostante, la tecnica mantiene ancora oggi molto del suo ascendente. Nel 2001 lo statunitense David Shawn Pope � stato scagionato da una condanna per violenza sessuale, grazie a una prova del DNA, dopo aver passato 16 anni in prigione. La condanna si basava, fra le altre prove, proprio su un voiceprint. Il metodo acustico-fonetico Al di l� dei sistemi esplicitamente screditati, la comunit� scientifica non ha ancora raggiunto un consenso su quale sia la tecnica pi� efficace. "Ci sono due scuole: i linguisti sostengono l'uso di programmi con supervisione umana (tecniche semiautomatiche), ma insistono sull'importanza dell'interpretazione. Gli ingegneri, invece, danno pi� importanza ai sistemi automatici", spiega Juana Gil. Le tecniche semiautomatiche, tendenzialmente preferite dai linguisti, sono ancora le pi� popolari, secondo le diverse inchieste del settore. Queste tecniche sono anche chiamate acustico-fonetiche, perch� combinano misurazioni realizzate a orecchio (acustiche) con altre supportate da programmi informatici (fonetiche). L'esperto che usa questo sistema inizia normalmente ascoltando la registrazione e trascrivendola in alfabeto fonetico. Poi identifica una serie di caratteristiche. Quelle di pi� alto livello sono di tipo linguistico: lessico, sintassi, uso di intercalare (per esempio, "cio�"), patologie come la balbuzie e cos� via. L'insieme di queste caratteristiche costituisce l'idioletto, la maniera di parlare specifica di quella persona. Altre caratteristiche di alto livello sono le cosiddette caratteristiche soprasegmentali: qualit� della voce, intonazione, numero di sillabe al secondo e cos� via. Le caratteristiche di livello pi� basso, o caratteristiche segmentali, si riferiscono ad aspetti pi� fisiologici della voce e richiedono l'uso di programmi per essere misurate. La pi� semplice � la frequenza fondamentale. Se si divide il segnale della voce in finestre di pochi millisecondi, in ciascuna di esse si osserva una vibrazione quasi perfettamente periodica. La frequenza di questa vibrazione � la frequenza fondamentale che corrisponde alla frequenza di vibrazione delle corde vocali ed � quello che si percepisce come il tono di una voce. In cifre tonde, quella degli uomini � attorno ai 100 hertz, mentre quella delle donne � attorno ai 200 hertz, in media. Questa misurazione � facile da realizzare, ma varia poco fra un parlatore e l'altro (variazione interparlatore). Allo stesso tempo, dipende molto dal contesto: per esempio, ci sono notevoli differenze quando un parlatore si arrabbia o alza la voce per farsi sentire al telefono (variazione intraparlatore). Altre misurazioni segmentali comuni riguardano le formanti vocaliche. Quando si pronuncia una vocale, il canale vocale (gola e bocca) si comporta come un sistema di tubi in movimento, che ha le sue risonanze. Le frequenze di queste risonanze corrispondono alle formanti vocaliche. Queste frequenze si possono disegnare in un grafico, che rappresenta una specie di "spazio delle vocali" caratteristico di ciascun parlatore, e che pu� essere confrontato con quello degli altri. Altre misurazioni segmentali vanno dall'analisi delle consonanti alla rappresentazione dello spettro del parlato mediato nel tempo. Nonostante la sua popolarit�, il metodo acustico-fonetico ha numerosi problemi. Dato che � semiautomatico, lascia molto margine alla soggettivit� dell'esperto: a volte, periti diversi che usano queste tecniche ottengono risultati discordanti tra loro. Inoltre, per la maggior parte delle caratteristiche fonetiche, non c'� abbastanza statistica di popolazione. I valori medi delle frequenze fondamentali di uomini e la loro variabilit� sono noti, ma quelli della maggior parte degli altri valori sono sconosciuti. Per questo, gli esperti pi� rigorosi considerano che non si pu� mai essere sicuri dell'identificazione fra due parlatori, ma al massimo si pu� parlare di compatibilit� fra voci. Luci e ombre del sistema automatico A partire dagli anni novanta � diventato sempre pi� popolare un sistema che dovrebbe minimizzare gli aspetti soggettivi: il riconoscimento automatico del parlatore (ASR, nelle iniziali inglesi, da automatic speaker recognition). Nell'ASR le registrazioni sono elaborate da un programma che estrae un insieme di caratteristiche dai segnali e le confronta fra loro e con quelle di una banca dati di voci. La maggior parte dei programmi tagliano il segnale in brevissime finestre temporali ed estraggono gli spettri corrispondenti. A questi spettri sono applicate trasformazioni matematiche che estraggono parametri, chiamati coefficienti cepstrali, che hanno una relazione con la forma geometrica del canale vocale. Nella misura in cui questa forma � relativamente unica in ciascun individuo, i coefficienti cepstrali rappresentano un modello del parlante. "Quello che facciamo � diverso da quello che fanno i linguisti. Il nostro sistema � molto pi� preciso, ha una precisione misurabile, ed � riproducibile: due esperti diversi estraggono lo stesso risultato dal sistema", afferma Antonio Moreno, vicepresidente di Agnitio, l'impresa spagnola che produce Batvox, il sistema di ASR pi� usato, secondo il sondaggio dell'INTERPOL. Ma i linguisti ribattono. "L'aspetto positivo dell'ARS � che ha meno input umano [...] l'aspetto negativo � che i coefficienti cepstrali [...] riflettono la geometria del tratto vocale umano, ma non siamo cos� diversi fra noi: quindi il sistema tende a dare falsi positivi", afferma Peter French dell'Universit� di York, presidente dell'International Association for Forensic Phonetics and Acoustics (IAFPA) e direttore di French & Associates, la principale impresa di fonetica forense del Regno Unito. "Abbiamo confrontato coppie di voci che la macchina identificava come uguali e abbiamo trovato molte differenze, dall'accento a una disfonia perch� un parlante era raffreddato", afferma Gil. "Credo che i sistemi automatici dovrebbero essere combinati con l'intervento umano", afferma French, salomonicamente. Altri esperti sono pi� radicali nelle loro critiche. "Per il momento l'ASR non ha una base teorica abbastanza solida per essere usata in casi reali", sentenzia Sylvia Moosm�ller, ricercatrice in acustica presso l'Accademia austriaca delle scienze. Una delle ragioni principali di questo scetticismo � che la maggior parte dei programmi di ASR sono addestrati e testati con una base di dati di voci dello statunitense National Institute of Standards and Technologies (NIST). Questa base di dati � uno standard internazionale, ma � composta da voci registrate in studio, che non riproducono tutte le situazioni che possono verificarsi nella realt�, come diverse lingue, stili di comunicazione, canali tecnologici e cos� via. "Effettivamente quello che il programma modellizza non � una voce, ma una sessione: ovvero voce, canale e altre condizioni. Per questo fino al 2005-2006 nelle perizie si cercava di simulare la situazione in cui era stata realizzata l'intercettazione", risponde Moreno. Tuttavia in quegli anni, per la precisione nel 2004, hanno fatto la loro comparsa tecniche di compensazione del canale, ovvero, algoritmi che riducono gli effetti delle condizioni di registrazione. Queste tecniche sfruttano gli strumenti matematici della Joint Factor Analysis e degli i-vectors. "Nelle basi di dati NIST, lo stesso parlatore � registrato in molti canali, e molti parlatori diversi sono registrati nello stesso canale. Le tecniche di compensazione sono testate su questa base di dati e permettono di separare le caratteristiche del parlatore da quelle della sessione", spiega Moreno. In altre parole, un programma addestrato in questo modo dovrebbe essere capace di riconoscere uno stesso parlatore in due registrazioni diverse, fatte via telefono fisso e via cellulare, per esempio. "Non posso escludere che in qualche caso il canale e la voce non siano del tutto ortogonali, per� sicuramente la tecnica non peggiora la situazione", afferma Moreno. L'ingegnere ritiene che il riconoscimento automatico del parlatore "� pi� che pronto per dare risultati validi e permettere che la valutazione forense sia pi� giusta". Tuttavia ammette che il sistema "� uno dei vari strumenti in mano agli esperti, che si completano fra loro: i laboratori pi� avanzati hanno gruppi interdisciplinari". Il problema principale dell'ASR potrebbe non essere nel programma, ma nella persona che lo usa. "Ci vuole qualcuno che conosca la scienza della voce, non basta mettere un operatore qualsiasi davanti a un computer. Questi prodotti sono come un aeroplano: lo puoi comprare da un giorno all'altro, ma non puoi imparare a volare in tre settimane", osserva Didier Meuwly, dell'Istituto di forensica dei Paesi Bassi. "La pressione commerciale spinge i fabbricanti a vendere unit�, e quindi finiscono per vendere a clienti che non sono esperti nel confronto forense di voci, e che non usano bene lo strumento che hanno acquistato", afferma Geoffrey Stewart Morrison, professore di linguistica all'Universit� di Alberta, in Canada. Agnitio offre un corso di tre anni, ma solo il 20-25 per cento degli utenti del centinaio di pacchetti Batvox venduti finora ha completato il corso. Il programma pu� arrivare a costare fino a 100.000 euro. Cambio di paradigma Indipendentemente dal metodo usato, la fonetica forense soffre di un problema scientifico ancora pi� profondo. In buona misura, questa disciplina non ha ancora realizzato un cambio di paradigma nella visione statistica dei dati che le tecniche pi� avanzate, come l'analisi forense del DNA, hanno gi� assunto: il passaggio alla statistica "bayesiana". Un esempio di questo approccio lo presenta Morrison, che � il portabandiera del nuovo paradigma nell'ambito della fonetica forense nonch� coautore dello studio dell'INTERPOL. "Immaginiamo di trovare un'impronta di taglia 43 sulla scena di un delitto, e il sospettato ha la misura 43. In un altro caso troviamo un'impronta di taglia 50, e il sospettato ha la 50. Nel secondo caso, l'indizio contro il sospettato � pi� forte che nel primo, perch� la taglia 50 � pi� rara della 43", spiega Morrison. In altre parole, non basta limitarsi a misurare la similarit� fra due impronte (o fra due voci, o fra due campioni di DNA e cos� via), bisogna anche tenere in conto la tipicit� di quelle impronte (o voci, o DNA o altro ancora). Quanto � simile l'impronta del sospettato a quella trovata? Quanto � tipica quella taglia di scarpe? Nel caso della voce, il problema si pu� formulare in termini statistici come segue. Nell'ipotesi in cui sospettato e criminale siano la stessa persona, qual � la probabilit� della somiglianza riscontrata fra le due voci? E nell'ipotesi in cui non lo siano, qual � la probabilit� di quella somiglianza? Il rapporto fra queste probabilit� � chiamato rapporto di verosimiglianza, o forza dell'evidenza. Quanto pi� � grande, per esempio voci molto simili e poco tipiche, tanto pi� forte � l'evidenza. Un rapporto di verosimiglianza alto o basso fa aumentare o diminuire la probabilit� di colpevolezza, ma questa dipende anche dalle altre prove ed evidenze, forensiche o no. Questa � una caratteristica tipica della statistica bayesiana: la probabilit� non viene calcolata una volta per tutte, ma viene aggiornata successivamente in base alle nuove evidenze che si scoprono. Nelle linee guida per la scienza forense pubblicate a giugno 2015, l'European Network of Forensic Sciences Institutes (ENFSI) ha raccomandato di usare sempre il contesto bayesiano, in particolare il rapporto di verosimiglianza. Tuttavia secondo il sondaggio dell'INTERPOL, solo 18 dei 44 intervistati lo usano. Uno degli ostacoli � la difficolt� di calcolare la tipicit� di una voce, perch� non ci sono statistiche solide sulla frequenza delle caratteristiche della voce. "Con una banca dati di due milioni di impronte digitali si pu� stare tranquilli, ma quelle delle voci sono molto pi� ridotte", osservava Paoloni. Per esempio la banca dati DyVis usata nel Regno Unito comprende solo 100 parlatori maschi, per la maggior parte educati a Cambridge. Moreno assicura tuttavia che le banche dati di alcune polizie, che non sono pubbliche, contengono migliaia di voci e che ci sono banche dati di voci usate per studio che arrivano a centinaia di migliaia di parlatori. "All'epoca dei big data, la via maestra sarebbe organizzare un corpus con tanti dati", sul modello delle grandi piattaforme tecnologiche che offrono servizi on line, affermava Paoloni. Dato che non c'� nulla di simile, la ricetta di Morrison � "riunire registrazioni di parlatori appartenenti alle diverse popolazioni di riferimento per ciascun caso: con le caratteristiche demografiche (sesso, lingua, dialetto e cos� via) e gli stili di parlato (stanco, eccitato, appena svegliato e altro ancora) rilevanti". "Il problema � che molti laboratori dicono che non hanno una banca dati di nessun tipo", afferma Daniel Ramos, ricercatore presso l'Universidad Autonoma de Madrid e collaboratore della Guardia Civil. Il bilancio sullo stato dell'arte della fonetica forense manifesta i limiti della scienza della voce e suggerisce cautela nella sua applicazione generalizzata. "A mio avviso, con la sola voce non si dovrebbe condannare nessuno", concludeva Paoloni. "In dubio pro reo: e nella voce la percentuale di errore � troppo alta per dire "al di l� di ogni ragionevole dubbio"".