Novembre 2021 n. 11 Anno VI Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. Resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice La sete dell�umanit� La prevalenza del bias Leopoldo Fregoli, re del trasformismo La sete dell�umanit� (di Asher Y. Rosinger, �Le Scienze� n. 637/21) - Nel plasmare la nostra evoluzione e la nostra storia, l�acqua ha svolto sempre ruoli cruciali. - Stavamo facendo un'escursione nell'Amazzonia boliviana, madidi di sudore, coperti dalla testa ai piedi dagli abiti protettivi contro gli insetti. Procedevamo scansando radici, rampicanti e formiche giganti e tenendo a malapena testa ai nugoli di zanzare. Insieme al mio assistente di ricerca locale, Dino Nate, e alla mia compagna, Kelly Rosinger, seguivo Julio, uno dei miei amici Tsimane' e nostra guida per quel giorno. Gli Tsimane' sono un gruppo di raccoglitori-orticoltori che vivono in questa regione calda e umida. Alle nostre spalle il figlio di Julio, di appena tre anni, saltellava allegro per la giungla senza soffrire minimamente il caldo e gli insetti, pur non indossando alcun abito protettivo, facendomi vergognare delle mie fatiche e del mio sudore. Ci fermammo di fronte a quello che sembrava un alberello, e che invece si rivel� un grande rampicante. Julio ci spieg� che gli Tsimane' ricorrono a questa pianta quando si trovano nella foresta vergine e hanno bisogno di acqua. Inizi� quindi a colpire la pianta su tutti i lati con il machete, scagliando via schegge di corteccia a ogni colpo. Nell'arco di un paio di minuti aveva staccato un pezzo di pianta lungo circa un metro, da cui cominci� a sgorgare l'acqua. Julio lo mise sopra la bocca e si disset� per qualche secondo, per poi offrirmela. Disposi la borraccia sotto alla pianta e ne raccolsi un bicchiere. Aveva un buon sapore: leggera, un po' calcarea, quasi frizzante. Per le mie ricerche sul campo, avevo chiesto a Julio e ad altri Tsimane' come si procurassero l'acqua potabile in luoghi diversi: a casa, nei campi, sul fiume o nella foresta. Julio mi spieg� che solo due tipi di piante vengono usate per l'acqua; le altre non ne danno o sono nocive. Tuttavia, quando mi indic� queste ultime, non riuscivo a distinguerle dalle altre. Le piante rampicanti sono una fonte nascosta di acqua. Le osservazioni di Julio sollevano una questione centrale nell'adattamento umano: in che modo la nostra storia evolutiva ha plasmato le strategie con cui riusciamo a soddisfare le nostre necessit� idriche, soprattutto in ambienti senza un accesso diretto a fonti d'acqua pulita? Qui nella foresta ci trovavamo in un ambiente relativamente ricco d'acqua, ma anche quando ci allontanavamo dai ruscelli Julio sapeva esattamente dove e come procurarsela. Gli esseri umani non sono i soli a tenere traccia delle fonti d'acqua naturali: molti animali creano mappe mentali delle zone in cui vivono per ricordarsi dove si trovano le risorse fondamentali. Alcuni arrivano ad alterare i loro habitat per procurarsi l'acqua. Ma l'uomo si distingue per le misure ancora pi� estreme che intraprende. Nel corso della storia i popoli sono intervenuti in modo drastico sugli ambienti in cui vivevano per garantirsi l'accesso all'acqua. Prendiamo la storica citt� romana di Caesarea, oggi in Israele. All'epoca della sua costruzione, oltre 2000 anni fa, la regione non aveva fonti naturali d'acqua dolce sufficienti a sostentare una citt�. Data l'importanza geografica del luogo per il loro dominio coloniale, i romani ricorsero al lavoro di estrazione degli schiavi per costruire una serie di acquedotti che trasportavano l'acqua da sorgenti distanti fino a 16 chilometri. Questo sistema forniva circa 145 litri d'acqua pro capite al giorno a 50.000 persone. Oggi le citt� impiegano ampie reti di distribuzione per erogare acqua potabile ai propri abitanti, con notevoli progressi per la salute pubblica. Quando l'acqua abbonda, ci dimentichiamo di quanto sia importante; quando invece scarseggia non riusciamo a pensare ad altro. Ci basta venire a sapere della chiusura di un impianto o di un caso di contaminazione per farci prendere dalla paura di rimanere a secco. Senza un apporto idrico adeguato le nostre funzioni fisiche e cognitive si deteriorano, e la mancanza totale di acqua provoca la morte nell'arco di qualche giorno. In questo senso, gli umani dipendono dall'acqua pi� di molti altri mammiferi. Recenti studi hanno chiarito da dove derivano le nostre necessit� idriche, e come ci siamo adattati per spegnere una simile sete, mostrando come l'acqua, al pari del cibo, abbia condizionato profondamente l'evoluzione umana. Il ruolo della sudorazione Per capire come l'acqua abbia plasmato il corso della nostra evoluzione, dobbiamo fare un passo indietro fino a un capitolo fondamentale della preistoria. Nel periodo compreso tra circa 3 e 2 milioni di anni fa, il clima dell'Africa, in cui ebbe inizio l'evoluzione degli ominini (i membri della famiglia umana), divenne pi� secco. In questo intervallo di tempo il genere primitivo di ominini Australopithecus lasci� spazio al nostro genere, Homo. Nel corso di questa transizione, le proporzioni del corpo mutarono: mentre gli australopitechi erano bassi e corpulenti, Homo aveva una corporatura pi� alta e slanciata, con una superficie corporea pi� estesa. Questi cambiamenti ridussero l'esposizione dei nostri antenati alle radiazioni solari e ne aumentarono l'esposizione al vento, migliorando la loro capacit� di disperdere il calore e la loro efficienza idrica. Questa transizione nella struttura corporea si accompagn� ad altri adattamenti fondamentali. Con la trasformazione delle foreste in praterie dovuta al cambiamento climatico, e con la migliore capacit� degli ominini di spostarsi su due gambe in ambienti aperti, si verificarono anche la perdita del pelo corporeo e lo sviluppo di un maggior numero di ghiandole sudoripare. Questi adattamenti aumentarono la capacit� dei nostri antenati di disperdere il calore in eccesso e dunque di mantenere una temperatura corporea pi� sicura durante gli spostamenti, come hanno dimostrato Nina Jablonski, della Pennsylvania State University, e Peter Wheeler, della John Moores University di Liverpool. Le ghiandole sudoripare svolgono un ruolo chiave nella nostra storia. I mammiferi ne hanno tre tipi: apocrine, sebacee ed eccrine. Le ghiandole eccrine impiegano l'acqua e gli elettroliti nelle cellule per produrre sudore, e gli umani ne hanno pi� di qualsiasi altro primate. Un recente studio guidato da Daniel Aldea, dell'Universit� della Pennsylvania, ha riscontrato che l'abbondanza di ghiandole sudoripare eccrine potrebbe essere dovuta a mutazioni ripetute del gene Engrailed-1. In ambienti relativamente secchi simili a quelli in cui si sono evoluti i primi ominini, l'evaporazione del sudore rinfresca la pelle e i vasi sanguigni, e ci� a sua volta raffredda l'interno del corpo. Dotati di questo potente sistema di raffreddamento, i primi esseri umani potevano permettersi di essere pi� attivi di altri primati. Secondo alcuni ricercatori, la caccia per sfinimento (che consiste nell'inseguire una preda fino al suo surriscaldamento) potrebbe essere stata una strategia importante per i nostri antenati, che non avrebbero potuto applicarla se non avessero avuto i mezzi per evitare il proprio surriscaldamento. Tuttavia, questa maggiore capacit� di sudare ha un effetto collaterale, in quanto aumenta il rischio di disidratazione. Di recente Martin Hora, dell'Universit� Carolina di Praga, e i suoi collaboratori hanno dimostrato che Homo erectus avrebbe potuto cacciare per sfinimento per circa cinque ore nel caldo della savana prima di perdere il 10 per cento della massa corporea. Negli umani, una simile perdita per disidratazione � in genere la soglia oltre cui si ha un grave rischio di problemi fisiologici e cognitivi, o addirittura di morte. Al di l� di questo limite, bere diventa difficile ed � necessario ripristinare l'idratazione per via endovenosa. La nostra vulnerabilit� alla disidratazione comporta una dipendenza da fonti esterne d'acqua maggiore rispetto ai nostri cugini primati, e ben superiore a quella di animali adattati al deserto come le pecore, i cammelli e le capre, che possono perdere dal 20 al 40 per cento dell'acqua senza rischiare di morire. Questi animali hanno un compartimento aggiuntivo nell'apparato digerente chiamato prestomaco, che pu� accumulare acqua come riserva interna contro la disidratazione. In realt�, i mammiferi che vivono nei deserti presentano vari meccanismi di adattamento alla scarsit� d'acqua. Alcuni di questi tratti riguardano il funzionamento dei reni, che mantengono l'equilibrio idrico e salino del corpo. I mammiferi hanno reni di dimensioni e forme diverse, e con essi cambia la capacit� di concentrare l'urina e dunque di conservare l'acqua corporea. Per esempio Chaetodipus penicillatus, un roditore del deserto, pu� vivere senza acqua per mesi, grazie anche alla capacit� dei suoi reni di concentrare l'urina a livelli estremi. Gli umani ci riescono fino a un certo punto. Quando perdiamo ampie quantit� d'acqua per la sudorazione, una rete complessa di ormoni e circuiti neurali indica ai reni di conservare l'acqua concentrando l'urina. Ma la nostra capacit� limitata in questo senso implica che non possiamo rimanere senz'acqua per un periodo di tempo minimamente paragonabile a quello del roditore del deserto. E non possiamo nemmeno creare riserve d'acqua all'interno del corpo. Il cammello del deserto pu� bere e accumulare acqua sufficiente per sopravvivere settimane. Ma se noi umani beviamo troppi liquidi la nostra produzione di urina aumenta. La dimensione del nostro apparato digerente e la velocit� con cui si svuota lo stomaco limitano la nostra capacit� di reidratarci. Peggio ancora, bere troppa acqua troppo in fretta pu� provocare uno squilibrio elettrolitico e causare iponatremia (livelli troppo bassi di sodio nel sangue), un evento potenzialmente letale tanto quanto la disidratazione. Anche in condizioni favorevoli, e con cibo e acqua prontamente disponibili, le persone in genere impiegano almeno 24 ore per recuperare del tutto le perdite idriche causate da un'attivit� fisica intensa. Dobbiamo quindi trovare un equilibrio nel modo in cui disperdiamo e ripristiniamo l'acqua nel nostro organismo. Spegnere la sete C'� un motivo preciso per cui ho chiesto a Julio di parlarmi delle fonti �occulte� di acqua consumate dagli Tsimane', come le piante rampicanti. Una sera dopo cena, a un paio di settimane dall'inizio della mia prima missione sul campo in Bolivia nel 2009, la fame e la sete mi spinsero a divorare un'enorme papaya. Il succo mi colava lungo il mento mentre mangiavo il frutto maturo. In quel momento non ci pensai troppo, ma poco dopo aver varcato la zanzariera della mia tenda per trascorrere la notte il mio errore si manifest� con chiarezza. Nella foresta amazzonica boliviana, l'umidit� notturna pu� raggiungere il 100 per cento. Ogni sera, prima di andare a letto, rimanevo in mutande e avvolgevo i miei abiti in sacchetti di plastica richiudibili per non ritrovarli fradici al mattino. Circa un'ora dopo essermi disteso nella speranza che un soffio d'aria venisse a rinfrescarmi, provai una sensazione inquietante: dovevo urinare. Consapevole dello sforzo che avrei dovuto fare per rivestirmi, urinare, ripiegare e mettere via di nuovo i miei abiti, maledissi la decisione di mangiare quella papaya. Quella notte dovetti ripetere l'operazione pi� volte. Iniziai a riflettere sul contenuto d'acqua di quel frutto; circa tre bicchieri, come poi scoprii. Non c'era da meravigliarsi del fatto che dovessi urinare. La flessibilit� della nostra alimentazione � forse la nostra migliore difesa contro la disidratazione. Come scoprii sulla mia pelle in quella torrida notte, la quantit� d'acqua presente nei cibi contribuisce al nostro apporto idrico totale. Negli Stati Uniti, circa il 20 per cento dell'acqua che una persona ingerisce deriva dal cibo, ma i miei studi sugli Tsimane' mostrarono come i cibi, compresa la frutta, forniscono fino al 50 per cento del loro introito idrico totale. Anche i giapponesi adulti assumono circa la met� dell'apporto idrico dal cibo che mangiano. Altri popoli ricorrono a strategie alimentari diverse per soddisfare le proprie esigenze idriche. I Daasanach, una comunit� di pastori del Kenya settentrionale, consumano grandi quantit� di latte, composto per l'87 per cento di acqua, e succhiano radici ricche d'acqua. Anche gli scimpanz�, i nostri cugini pi� prossimi tra i primati, mettono in atto alcuni adattamenti alimentari e comportamentali per procurarsi l'acqua; per esempio leccano le rocce bagnate e usano foglie come spugne per raccogliere l'acqua. Jill Pruetz, primatologa della Texas State University, ha scoperto che in ambienti molto caldi come le savane di Fongoli, in Senegal, gli scimpanz� cercano rifugio in grotte fresche e sono pi� attivi di notte, per ridurre lo stress termico e conservare l'acqua corporea. Tuttavia, nel complesso i primati non umani assumono la maggior parte dell'acqua da frutti, foglie e altri alimenti. Come hanno dimostrato studi recenti di Herman Pontzer e colleghi della Duke University statunitense, l'evoluzione ha portato gli esseri umani a usare una quantit� nettamente minore di acqua rispetto agli scimpanz� e ad altre scimmie, nonostante la nostra maggiore capacit� di sudare. Ma la nostra maggiore dipendenza dall'acqua che beviamo rispetto a quella ricavata dagli alimenti implica che dobbiamo sforzarci di pi� per mantenerci idratati. L'esatta quantit� d'acqua che � salubre assumere per l'organismo cambia da una popolazione all'altra e da una persona all'altra. Al momento esistono due linee guida sull'apporto idrico, che comprende l'acqua proveniente dal cibo. La U.S. National Academy of Medicine raccomanda l'assunzione di 3,7 litri al giorno per gli uomini e 2,7 litri al giorno per le donne, con un aumento rispettivamente di 300 e 700 millilitri per le donne in gravidanza o in allattamento. L'Autorit� europea per la sicurezza alimentare consiglia invece 2,5 litri d'acqua al giorno per gli uomini e 2 litri per le donne, con gli stessi incrementi in gravidanza e in allattamento. In genere gli uomini necessitano di pi� acqua rispetto alle donne perch� il loro corpo � mediamente pi� grande e muscoloso. Queste non sono regole ferree. Si tratta di raccomandazioni calcolate sui valori medi delle popolazioni in base a rilevamenti e studi in regioni specifiche. L'obiettivo � di rispondere alla maggior parte delle esigenze idriche di persone sane e moderatamente attive che vivono in ambienti temperati e spesso climatizzati. Alcune persone potrebbero avere bisogno di pi� o meno acqua in base a diversi fattori, dalle abitudini di vita al clima, dal livello di attivit� fisica all'et�. In realt�, il consumo di acqua varia parecchio anche in luoghi relativamente sicuri per quanto riguarda l'approvvigionamento idrico, come gli Stati Uniti. La maggior parte degli uomini consuma tra 1,2 e 6,3 litri d'acqua al giorno, mentre le donne vanno da 1 a 5,1 litri. Nel corso dell'evoluzione umana � probabile che anche l'apporto di acqua assunta dai nostri antenati variasse notevolmente a seconda del livello di attivit� fisica, della temperatura e dell'esposizione al vento e alle radiazioni solari, oltre che alle dimensioni corporee e alla disponibilit� di acqua. Eppure, pu� anche succedere che due persone di et� e condizioni fisiche analoghe che vivono nello stesso ambiente consumino quantit� d'acqua nettamente diverse e siano entrambe in salute, almeno nel breve periodo. Questa variabilit� potrebbe dipendere da esperienze di vita molto precoci. Gli esseri umani attraversano un periodo particolarmente sensibile durante lo sviluppo fetale, che condiziona varie funzioni fisiologiche, tra cui il modo in cui il corpo mantiene l'equilibrio idrico. Gi� all'interno dell'utero e durante l'allattamento le madri trasmettono ai figli indicazioni sull'ambiente nutrizionale, che possono influire sulle necessit� idriche della prole. Alcuni studi sperimentali hanno dimostrato come una penuria d'acqua nei ratti e nelle pecore in gravidanza provochi cambiamenti significativi nel modo in cui i loro discendenti percepiscono la disidratazione. I figli di madri deprivate di acqua, rispetto ai discendenti di madri ben idratate, arrivano a un maggiore livello di disidratazione (l'urina e il sangue sono pi� concentrati) prima di sentire la sete e cercare acqua. Queste scoperte dimostrano come la soglia di sensibilit� alla disidratazione di un individuo si definisca nell'utero materno. Di conseguenza, le informazioni sull'idratazione ricevute durante lo sviluppo possono determinare quando le persone percepiscono il senso di sete, e quanta acqua berranno nell'arco della vita. In un certo senso, queste esperienze precoci predispongono i discendenti alla quantit� d'acqua presente nel loro ambiente. Se una donna in gravidanza si trova in un ambiente con scarse risorse idriche ed � cronicamente disidratata, il suo bambino potr� bere meno nel corso della sua vita; questo tratto � adattativo nei luoghi in cui l'acqua � difficile da reperire. Saranno comunque necessari molti altri studi per testare questa teoria. Una questione di pulizia Le esperienze nelle prime fasi di vita possono determinare quanto beviamo senza che ce ne rendiamo conto, ma trovare fonti sicure di acqua � qualcosa che impariamo a fare in modo attivo. Mentre la mia scoperta degli effetti idratanti della papaya � stata del tutto casuale, gli Tsimane' vanno intenzionalmente alla ricerca di cibi ricchi d'acqua. In un ambiente privo di acqua pulita, l'abitudine di mangiare anzich� bere pi� acqua potrebbe proteggerci dall'esposizione ai patogeni. Il mio studio ha infatti riscontrato che gli Tsimane' che ricavavano pi� acqua dai cibi e dai frutti, come la papaya, avevano meno probabilit� di soffrire di diarrea. Molte societ� hanno sviluppato tradizioni alimentari che comprendono bevande fermentate poco alcoliche, che possono diventare fonti essenziali di idratazione in quanto la fermentazione uccide i batteri (al contrario, le bevande con un elevato contenuto alcolico aumentano la produzione di urina e impoveriscono le scorte d'acqua del corpo). Come altre popolazioni amazzoniche, gli Tsimane' consumano una bevanda fermentata chiamata chicha, prodotta con yucca o cassava. Per gli uomini Tsimane', il consumo di chicha fermentata � stato associato a minori probabilit� di disidratazione. Assumere quantit� sufficienti di acqua � una delle sfide pi� antiche e pressanti dell'umanit�. Non sorprende, dunque, che la nostra mente mappi le fonti d'acqua, che si tratti della piazzola di sosta di un'autostrada, di una sorgente nel deserto o di una pianta nella giungla. Mentre guardavo Julio intento a tagliare la pianta, anche suo figlio lo osservava, e imparava a localizzare questa importante fonte d'acqua. Ho cos� avuto un barlume di come questa abilit� sia tramandata da una generazione all'altra. Nel farlo, mi sono reso conto di come essere coperti di sudore e trovare il modo di rimpiazzare l'acqua che abbiamo disperso costituisca una parte importante di ci� che ci rende umani. La prevalenza del bias (di Paolo Legrenzi, �Prometeo� n. 155/21) - Sono gli errori sistematici, inconsapevoli e incorreggibili. Costellano la vita di tutti e producono quei fenomeni in cui non vale il proverbiale �sbagliando si impara�. Perch� in alcune situazioni si sbaglia e si continua a farlo. - La parola inglese bias � intraducibile in italiano perch� indica un miscuglio di errori sistematici e inconsapevoli nei modi di vedere il mondo, pensarci su e provare emozioni. Qui i due aggettivi cruciali sono �sistematici� e �inconsapevoli�. Tutti noi ci rendiamo conto, talvolta, di aver commesso degli errori sia nelle decisioni che prendiamo sul lavoro sia in quelle della vita personale. Si tratta di errori di cui, prima o poi, possiamo accorgerci e, di conseguenza, cerchiamo di non ripeterli. Magari ci ricadiamo ma, col passare del tempo, impariamo a migliorare. Gli psicologi chiamano questo meccanismo �apprendimento per prove ed errori�. Non � tipico degli umani, anzi � la forma di apprendimento pi� diffusa nel mondo animale. Le prime prove empiriche Ormai pi� di un secolo fa, Edward Lee Thorndike cominci� a misurare come, col tempo, gli errori diminuissero quando un gatto, per raggiungere il cibo, esce da una gabbia tirando una cordicella che apre una porta: ripetendo le prove il gatto imparer� ad uscire pi� rapidamente. Negli anni Trenta, Edward Tolman fece una scoperta interessante. Insegn� a dei ratti a giungere alla meta (cibo) percorrendo un tragitto immerso nella sabbia. Poi utilizz� lo stesso percorso in una vasca piena d'acqua: gli animali erano costretti a nuotare, cosa che sanno fare benissimo, e non a scavare. Tolman scopr� che i ratti erano capaci di trovare subito la strada giusta nell'acqua dopo averla imparata nella sabbia. Ma tutto nell'ambiente esterno era cambiato: non bisognava pi� scavare nella sabbia, bens� nuotare nell'acqua. Il ratto aveva imparato qualcosa di pi� di una sequenza specifica di movimenti da compiere in un ambiente particolare divenuto noto con l'esercizio. L'animale riesce a trasferire quello che ha gi� imparato adattandosi presto a un ambiente nuovo perch� si � costruito una sorta di mappa mentale. Un bambino � capace di immaginare il percorso casa-scuola e di costruirsi una mappa mentale come risulta dai disegni in cui sono indicati i punti di riferimento e di scelta che sono necessari per trovare la strada giusta. Questa mappa pu� venire applicata in un ambiente nuovo a patto che abbia la stessa struttura di quello con cui ci si � familiarizzati la prima volta (per i dettagli di questa storia, cfr. il capitolo �apprendimento� nella Storia della psicologia di Legrenzi, 2021). Chi oggi usa un algoritmo come �Google maps� fa qualcosa del genere perch� pu� seguire lo stesso percorso presentato in molte forme, modalit� diverse, e per vari scopi: grande o piccolo, bidimensionale o tridimensionale, piatto o in rilievo, con alcune tappe evidenziate e altre no, con vari punti di vista, a piedi, in macchina, e cos� via. L'apprendimento da parte di macchine segue lo stesso principio. I computer vengono �nutriti� con esempi positivi oppure negativi delle categorie o del complesso di regole che il sistema artificiale deve imparare. Come se si presentassero a un bambino delle figure di animali per insegnargli che cosa � un cane e come distinguere un cane da un lupo: questo s�, questo no, questo s�, e cos� via. Oggi i sistemi artificiali sono capaci di estrarre regole molto complesse a partire da esempi positivi e negativi. Una sorta di apprendimento per prove ed errori che permette, per esempio, di isolare una firma redatta correttamente rispetto a firme fasulle, fraudolente. Oppure distinguere un certo stile grafico che corrisponde ai quadri fatti da Van Gogh rispetto a quelli fatti dal suo amico Gauguin, e cos� via. Sono tutte varianti dell'apprendimento associativo studiato da Pavlov in cui vengono �associati� stimoli. Pavlov, per esempio, insegnava a un cane ad associare una goccia di limone che provoca la risposta di salivazione e il suono di un metronomo. Presentando prima il suono e poi la goccia di limone, dopo un certo numero di accoppiamenti suono-goccia, il suono del metronomo, in assenza della goccia di limone, acquisiva la capacit� di suscitare la risposta di salivazione. Oggi, pi� di un secolo dopo, sappiamo che tutti gli animali sono capaci di questa forma di apprendimento: pesci, formiche, persino i vermi. Non � ancora chiaro se le piante siano in grado di fare accoppiamenti tra stimoli e risposte apprese. Come capirlo? Le piante per solito non si dirigono verso le correnti d'aria cos� come i cani non salivano al suono di un metronomo. Ma se voi insegnate a una pianta ad accoppiare una corrente d'aria a una presentazione di una luce sembra che la pianta si diriga poi nella direzione della corrente d'aria anche in assenza di luce. Questa forma di adattamento a un nuovo ambiente potrebbe peraltro essere un semplice apprendimento non associativo, come quando ci abituiamo a un evento che si ripete sempre uguale (cfr. Giorgio Vallortigara, Ma quel vegetale capisce? in Il Sole24Ore, Domenica 26 luglio 2020, p. IX). L'ubiquit� dell'apprendimento associativo � dimostrata dal fatto che, ben prima degli psicologi, gli economisti - con quello che � considerato il fondatore della loro disciplina, Adam Smith - lo hanno utilizzato a fondamento dei meccanismi economici con le nozioni di �incentivi positivi� e �negativi�. Intervenendo tramite incentivi positivi e negativi, spesso premi e punizioni di tipo monetario, si pu� influenzare il comportamento delle persone associando un premio o una punizione, per lo pi� guadagni o perdite economiche, a eventi o esperienze. In senso molto lato, la stessa teoria dell'evoluzione di Charles Darwin � un costrutto teorico in cui la sopravvivenza di una specie avviene selezionando gli organismi premiati per la loro capacit� di adattarsi meglio ad ambienti in cambiamento. In tutte queste forme, dalla fondazione teorica dell'economia fino alle capacit� di apprendimento di tutti gli animali, si impara sbagliando e progressivamente correggendo gli errori o eliminandoli del tutto. Nel caso della teoria dell'evoluzione di Darwin, semplicisticamente, possiamo dire che tra i varianti di una specie quelli che sono capaci di adattarsi meglio tendono a prevalere. Al contrario quelli che si adattano meno bene si riducono generazione dopo generazione. Meccanismi mentali automatici Questa lunga premessa � stata necessaria per spiegare quanto siano eccezionali e interessanti i bias, cio� i meccanismi mentali che producono i fenomeni in cui non vale l'adagio tradizionale: �sbagliando si impara�. In alcune situazioni ben precise, si sbaglia e si continua a ripetere l'errore perch� non ci accorgiamo di sbagliare. Come mai questo pu� succedere? In linea generale, capita perch� una specie si � adattata a un ambiente rimasto immutato per periodi di tempo lunghissimi. Nel caso dell'uomo ci sono situazioni in cui l'architettura del cervello non ha avuto il tempo necessario per cambiare di fronte a un ambiente nuovo. Capita cos� che strategie poco efficienti prodotte dal cervello si ripetano sfociando sempre negli stessi comportamenti: questi sono i bias. Il livello di consapevolezza della ripetizione di questi fenomeni pu� variare. Partiamo dai processi pi� �bassi� e meno correggibili, quelli legati alla percezione visiva. Esaminiamo l'immagine che segue: Da un punto di vista della descrizione fisica e geometrica, l'immagine altro non � che una figura in chiaroscuro, bidimensionale, disegnata su uno sfondo piatto. Le persone per� vedono dei cerchi che sporgono o che rientrano, come in un bassorilievo o in un altorilievo. Come mai si vedono alcuni cerchi sporgere in avanti e altri incavati verso l'interno? Perch� il sistema visivo interpreta il chiaroscuro come se si trattasse di un particolare tipo di ombre. Il cervello d� per scontato che la luce caschi dall'alto come � successo per centinaia di migliaia di anni quando il mondo era illuminato soltanto dal sole o dalla luna. Oggi non � pi� cos�. E tuttavia le ombre vengono viste assumendo che la luce caschi sempre dall'alto. Un altro esempio di adattamento a forme di vita prevalenti nel passato � dato dall'interpretazione degli oggetti in movimento. Rebecca Saxe, Joshua Tenenbaum e Susan Carey dell'Universit� di Harvard hanno pubblicato nel 2005 una ricerca intitolata Secret Agents (in Psychological Science, libero in rete). Il titolo allude ai comportamenti di infanti di 10 e 11 mesi quando vedono apparire un oggetto in movimento nel loro campo visivo. Una serie di eleganti esperimenti mostra che i neonati si comportano come se gli oggetti fossero scagliati da un �agente� che non vedono, fuori scena. Il sistema visivo innato d� per scontato che gli oggetti non caschino dall'alto, in caduta libera, ma che siano stati lanciati da una mano invisibile. Questa interpretazione intenzionale incorporata nel cervello � attribuibile al fatto che nel lungo passato della nostra specie dovevamo stare molto attenti a movimenti compiuti da agenti potenzialmente ostili e quindi pericolosi. Questa attenzione ha permeato tutto il sistema visivo nel senso che noi attribuiamo emozioni persino a oggetti geometrici in movimento. In un famoso esperimento, Heider e Simmel (1944, libero in rete) hanno mostrato che le persone descrivono triangoli e cerchietti, grandi e piccoli, in movimento come se queste figure geometriche fossero entit� animate che attaccano altre, si proteggono dagli attacchi, si vogliono bene, e cos� via. L'interpretazione del mondo esterno come dotato di intenzioni ed emozioni � stata adattiva ai tempi dei cacciatori raccoglitori. Permetteva infatti di riconoscere negli ambienti di vita eventuali nemici o, comunque, esseri viventi con intenzioni forse offensive. Meglio scambiare i movimenti delle foglie provocati dal vento come se fossero causati dalla presenza di un nemico nascosto che non viceversa. Un errore, certo, ma un errore sui tempi lunghi �adattivo�. Innatismo e regole astratte Questi sbagli inconsapevoli si ripetono sempre perch� sono stati selezionati da un lungo passato in cui siamo vissuti da cacciatori raccoglitori. Oggi non viviamo pi� cos�, ma il sistema visivo innato, incorporato nel cervello, non si modifica in poco tempo quando gli ambienti cambiano radicalmente. A stretto rigore non si tratta di errori, ma talvolta vengono classificati come bias perch� sono prodotti da meccanismi mentali sistematici e incorreggibili della cui azione non siamo consapevoli (cfr., per esempio, Sara Garofalo, Sbagliando non si impara. Perch� facciamo sempre le scelte sbagliate in amore, sul lavoro e nella vita quotidiana, il Saggiatore, Milano, 2021). Tradizionalmente e comunemente, si definiscono bias non le strategie di visione incorporate nel sistema visivo ma soltanto gli errori che dipendono da giudizi e decisioni inefficienti o da emozioni male indirizzate. Negli anni Sessanta del secolo scorso, l'inglese Peter Wason e, in seguito, gli israeliani Daniel Kahneman e Amos Tversky scoprirono alcune situazioni in cui le persone sbagliano e poi ci ricascano. Gli studiosi hanno cercato terapie efficaci e salvifiche. Non � facile. Sembra che le persone abbiano queste strategie fuorvianti gi� pronte e disponibili in testa. Bisogna quindi di dis-imparare prima di imparare quella che � la strategia corretta, la soluzione giusta, l'errore insidioso da evitare. Purtroppo la nostra �natura innata� non ci aiuta. Per esempio, il dolore per una perdita � superiore alla gioia per un guadagno dello stesso valore. Di conseguenza ci accontentiamo di poco pur di evitare il rischio di una perdita maggiore, forse irrimediabile. Un comportamento adattivo in mondi in cui si era costretti a decidere in fretta e in presenza di gravi pericoli. Dannoso invece quando andrebbero valutate le conseguenze delle scelte sui tempi lunghi. Le condizioni di vita sono cambiate rispetto a quelle dei cacciatori raccoglitori: le perdite momentanee, talvolta con esiti fatali, possono venire, sui tempi lunghi, pi� che compensate da cospicui guadagni. In un pionieristico esperimento Peter Wason chiedeva alle persone di trovare la regola con cui era stata costruita questa tripletta di numeri: 2-4-6. Le persone dovevano cercare di trovarla presentando triplette nuove. Per ciascuna tripletta presentata, Wason diceva se questa seguiva, oppure non seguiva, la regola che lui aveva stabilito. Le persone inizialmente pensano subito a �numeri pari in ordine crescente�, perch� questo � quello che vedono nella tripletta iniziale. Se per� la regola da individuare � pi� generale, come: �qualsiasi sequenza di numeri in ordine crescente�, presentare allo sperimentatore esempi positivi delle ipotesi pensate dai partecipanti serve a poco. Lo sperimentatore ci dir� ogni volta che quell'esempio positivo obbedisce alla regola ma i partecipanti non riusciranno mai a trovarla. Per scoprirla bisogna cercare di falsificare le ipotesi immaginate e produrre esempi contrari alla regola come 6-4-2, cio� tre numeri che calano. Quando scopriamo che una tripletta di numeri calanti non segue la regola abbiamo capito quale � la regola: tre numeri qualsiasi in ordine crescente. Pi� in generale, noi ingenuamente crediamo che una nostra opinione sia tanto pi� valida quanti pi� sono i casi che la confermano. Questo sar� inevitabile se noi cerchiamo solo gli esempi positivi, quelli in accordo con le nostre opinioni, impedendoci cos� di formarci un'idea pi� generale e, quindi, corretta di quello che succede nel mondo (cfr. Ken Manktelow, Beyond Reasoning, Routledge, 2020). Un meccanismo analogo � quello per cui non ci accorgiamo di avere idee incoerenti tra loro, cio� che non possono essere vere allo stesso tempo. Non ci accorgiamo dell'incoerenza di molte idee e opinioni semplicemente perch� le teniamo in cassetti separati della mente e non le mettiamo mai a confronto (Phil Johnson-Laird, Vittorio Girotto, Paolo Legrenzi, Reasoning from inconsistency to consistency, in Psychological Review, 2004, libero in rete). Recentemente Daniel Kahneman, Cass Sunstein e Olivier Sibony hanno approfondito il tema dell'incoerenza nel tempo, quando cio� si danno giudizi diversi in situazioni identiche (Noise, Little Brown, 2021). Gli esempi sono molti: giudici che, in momenti diversi, pronunciano sentenze differenti a fronte di illegalit� e di circostanze identiche, medici che operano in modi diversi a fronte di diagnosi del tutto uguali, assicuratori che rimborsano con cifre diverse danni che non differiscono affatto, e cos� via. Il titolo Noise, cio� rumore, si riferisce a giudizi che tecnicamente sono nel contempo �non-accurati� e �non precisi�, in quanto sempre diversi nel tempo. Immaginate un arciere che tira frecce su un bersaglio: se i suoi tiri si distribuiscono a caso rispetto al centro del bersaglio abbiamo �rumore�, cio� tiri che non sono n� accurati n� precisi. Se invece i tiri non colpiscono il centro ma si collocano in punti diversi sempre alla stessa distanza abbiamo tiri accurati ma non precisi. Se sono raggruppati e compatti, ma non colpiscono il centro abbiamo dei tiri �non accurati ma precisi� in quanto agisce una deviazione sistematica proprio come nei bias. Se infine i tiri colpiscono il centro del bersaglio abbiamo sia accuratezza che precisione. Il termine �noise� viene impiegato da Kahneman e colleghi per indicare l'incoerenza tra giudizi dati successivamente nel tempo. Al contrario i bias corrispondono a giudizi �non accurati ma precisi�, dati cio� con una deviazione sistematica rispetto a quella che sarebbe la risposta corretta. In questo esempio la risposta corretta corrisponde a centrare il bersaglio (per approfondimenti, Paolo Legrenzi, Perch� gestiamo male i nostri risparmi, 2018, Mulino). Un altro bias molto forte consiste nella capacit� di ragionare solo nel caso di regole che ci sono familiari e non quando abbiamo a che fare con regole astratte e sconosciute, anche se con la stessa struttura logica delle precedenti (Phil Johnson-Laird, Paolo e Maria Legrenzi, Reasoning and a sense of reality, in British journal of Psychology, libero in rete). Una tendenza generale che porta sistematicamente a errori ed � difficile da correggere � l'eccessiva fiducia nelle nostre capacit�, tendenza che si amplifica quanto pi� siamo inesperti di un dato dominio di conoscenze o di azioni (Steven Sloman, Philip Fernbach, L'illusione della conoscenza, Raffaello Cortina Editore, 2018). Tutti questi meccanismi avevano valore adattivo in un mondo ostile in cui si doveva decidere rapidamente: ci davano forza, speranza, rapidit� nelle decisioni, operativit� sui tempi brevi. Oggi si traducono spesso in ipotesi complottistiche, radicalizzazioni delle opinioni, varie forme di autolesionismo inconsapevole, sia nel campo della salute, sia nel campo della prevenzione sia, infine, nel campo del benessere economico. Leopoldo Fregoli, re del trasformismo (di Alex Rusconi, �Focus Storia� n. 180/21) - A fine �800 invent� l�arte di cambiare personaggio in una manciata di secondi. E per lui � stato coniato un neologismo e dato il nome a un disturbo psichiatrico. - Sulla sua tomba, al cimitero romano del Verano, volle inciso: �Qui Leopoldo Fregoli comp� la sua ultima trasformazione�. Era un altro modo per rendere immortale l'arte che lui stesso aveva inventato a suon di cambi d'abito. Attore, cantante, pioniere del cinema e, appunto, ideatore del trasformismo scenico, Leopoldo Fregoli � stato questo e anche di pi�. Tanto che la parola �fregolismo� � tuttora nei dizionari per indicare disinvolti voltafaccia e cambi di casacca, specie in politica (dove dal 1880 si usava gi� il termine �trasformismo�, nato indipendentemente dall'arte di Fregoli). Nei manuali di psichiatria c'� persino la sindrome di Fregoli, un disturbo che si manifesta quando si pensa di essere perseguitati da un individuo che appare con una fisionomia sempre diversa. Leopoldo Fregoli nacque nel 1867 in una Roma che stava per lasciare definitivamente lo Stato pontificio per unirsi al Regno d'Italia. Il padre era il maggiordomo del futuro sindaco di Roma Luigi Pianciani e proprio nel suo palazzo, a poche decine di metri dalla Fontana di Trevi, venne alla luce Leopoldo. In quel quartiere �Poldo�, come lo chiamavano gli amici, crebbe tra la scuola frequentata con fatica e passioni artistiche maldigerite dal padre, rimasto vedovo quando il figlio aveva solo quattro anni. Si appassion� al canto e alla musica, si un� a piccole compagnie teatrali e organizz� un primo, fallimentare, spettacolo di illusionismo. Era l'epoca d'oro del teatro, sia quello d'autore che quello leggero, in cui l'Italia aveva il primato assoluto. La partenza per i tre anni del servizio militare sembr� mettere un freno ai sogni di gloria del ragazzo anche perch� a un certo punto, nel 1889, fu trasferito nella lontana Massaua, in Eritrea, al seguito dell'esercito italiano che controllava i territori del Corno d'Africa appena conquistato. Fu invece un trampolino di lancio. Il generale Antonio Baldissera, dal 1888 comandante delle truppe di occupazione, chiese a lui di formare una piccola compagnia teatrale con gli altri commilitoni: nel giorno del debutto, per�, i soldati furono chiamati al fronte e Fregoli si ritrov� senza attori. Le possibilit� erano due: annullare lo spettacolo o andare in scena da solo, assumendo tutti i ruoli. L'istrione opt� per la seconda, e fu un successo. Fregoli aveva inventato un nuovo tipo di intrattenimento e negli anni successivi continu� ad affinarlo, studiando tecniche sempre pi� sofisticate per cambiarsi velocemente e per sfruttare le sue doti vocali e posturali. S�, perch� il trasformismo di Fregoli non si limitava al cambio d'abito: ogni personaggio aveva voce, postura e carattere propri. Non ci volle molto perch� le prime esibizioni nei caff� concerto di Roma si evolvessero in tourn�e in tutta Italia prima, all'estero poi. Nel 1895, non ancora trentenne, Fregoli era gi� celebre in Europa e il successo prosegu� in Sudamerica, dove molti italiani si stavano affermando. Il romano conquist� l'Argentina, si spost� in Brasile e in un anno tocc� anche Uruguay, Bolivia, Cile, Per� e Colombia. La strada era spianata: i giornali di mezzo mondo dedicavano a Fregoli parole di elogio, gli impresari teatrali se lo contendevano, la stampa lo coccolava. Eppure, gli rimaneva da espugnare la citt� dello spettacolo per eccellenza: Parigi. A Lione, nel 1897, incontr� i fratelli Auguste e Louis Lumi�re che avevano da poco messo a punto il cinematografo. I due inventori restarono colpiti dallo spettacolo dell'artista romano e lo invitarono nel loro laboratorio, proponendogli l'acquisto della loro apparecchiatura. Fregoli accett� la sfida e, da quell'anno e almeno fino al 1907, la parte finale dei suoi spettacoli fu all'insegna del Fregoligraph, con proiezioni di brevi film che lo stesso artista girava e montava: fu il primo a doppiare un proprio film dal vivo e a imporsi come pioniere del mezzo cinematografico, contemporaneamente all'illusionista francese Georges M�li�s. Nell'agognata Parigi arriv� il 20 gennaio 1900, quando Fregoli debutt� su un suo palcoscenico: il teatro era il Trianon, nella zona di Montmartre, e la pubblicit� fu garantita dal successo ottenuto dalla �prima� per i giornalisti, il giorno precedente. Ma lo show fatic� a decollare. Il genere proposto da Fregoli non era conosciuto dal sofisticato pubblico parigino: di sera in sera, gli spettatori latitavano e i posti vuoti erano pi� di quelli pieni. A un mese dal difficile debutto, il colpo di grazia: il 18 febbraio un incendio distrusse il Trianon e tutta l'attrezzatura scenica del trasformista. Ma non tutto era perduto: ai giornalisti che lo consideravano rovinato Fregoli dichiar� che in una settimana sarebbe stato di nuovo in pista, e in un teatro pi� importante del Trianon. Chiese infatti ai fratelli Isola, proprietari dello storico teatro Olympia, di farlo debuttare nella loro sala. Dando fondo a tutti i suoi averi, Fregoli mise al lavoro centinaia di sarte per il confezionamento dei suoi abiti da scena, oltre a decine di scenografi e tecnici. Il 24 febbraio si present� sulle tavole dell'Olympia: i parigini erano curiosi di vedere questo italiano, rinato come una fenice dalle ceneri. L'accordo era chiaro: Fregoli avrebbe potuto restare fino a che avesse garantito il �tutto esaurito�. I fratelli Isola gli rinnovarono il contratto settimanalmente, mese dopo mese, fino al 7 ottobre. Gli oltre sette mesi di permanenza di Fregoli all'Olympia, sono un record mai battuto per questa sala teatrale, ancora in funzione. Dal Sudamerica all'Europa, passando per gli Stati Uniti, dove anche il grande inventore Thomas Edison fu spettatore entusiasta, l'arte di Fregoli divenne fenomeno di costume ed era ammirata da persone di ogni et� e ceto sociale. Difficile trovare, sui giornali dell'epoca, recensioni negative. La stampa era tutta per lui. E iniziarono a spuntare quelli che i giornali definivano gli �emuli di Fregoli�, artisti che portavano in scena numeri di trasformismo, tra i quali Frizzo e Maria Frassinesi in arte Fatima Miris (1882-1954). Sotto la sua ala prese parecchi artisti, specie quelli che non sbarcavano il lunario; tra loro c'era anche Trilussa, il celebre poeta romano, uno dei tanti che Fregoli �sponsorizz� per un lungo periodo. Nel 1925 Fregoli, con alle spalle trent'anni di carriera e l'ennesima tourn�e sudamericana, si ritir� dalle scene: si trasfer� a Viareggio con la moglie Velia, in una villa in stile liberty affacciata sul lungomare. Qui riceveva giovani talenti che andavano a trovarlo per rubare un aneddoto, un consiglio, una raccomandazione: tra questi, un giovanissimo Mario Monicelli, Eduardo e Peppino De Filippo. Fregoli si spense il 26 novembre 1936: aveva appena finito di scrivere le sue memorie, intitolate Fregoli raccontato da Fregoli. Ed � stata proprio la lettura di questo libro a folgorare l'artista torinese Arturo Brachetti, il pi� importante trasformista contemporaneo che ne ha raccolto il testimone. Perch� i cambi d'abito, a teatro, possono non finire mai.