Aprile-Giugno 2018 n. 2 Anno 28 Tiflologia per l'integrazione Trimestrale edito dalla Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus con il contributo dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e della Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi Stampato in Braille a cura della Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus via G. Ferrari, 5/A 20900 Monza Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri per un importo pari ad euro 23.084,48 e del MiBACT per un importo pari ad euro 4.522.099. Gli articoli firmati esprimono l'opinione dell'autore, che non coincide necessariamente con la linea della redazione. Direttore Responsabile: Pietro Piscitelli Comitato di Redazione: Giancarlo Abba, Vincenzo Bizzi, Pietro Piscitelli, Antonio Quatraro Segreteria di Redazione: Daniela Apicerni, Francesco Giacanelli Direzione e Redazione: Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus Centro di Documentazione Tiflologica Via della Fontanella di Borghese, 23 - 00186 Roma Tel. 06/68.80.92.10 06/68.21.98.20 Fax: 06/68.13.62.27 E-mail: cdtinfo@bibciechi.it Amministrazione: Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus Via G. Ferrari, 5/A 20900 Monza (MB) Tel. 039/28.32.71 Impaginazione, grafica e stampa: Stilgrafica s.r.l. Via Ignazio Pettinengo 31/33 00159 Roma - Tel. 06/43.58.82.00 Reg. Trib. Roma n. 00667/90 del 14-11-1990 ISSN: 1825-1374 Abbonamento � 15,00 da versare sul c.c.p. n. 853200 intestato a: Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" Onlus Via G. Ferrari, 5/A 20900 Monza (MB) (indicando la causale del versamento) Indice Editoriale La Giornata Nazionale del Braille, di Pietro Piscitelli (pagg. 66-67) Esperienze didattiche Il Braille... che scoperta!, di Gabriella Nanni e Milena Di Pietro (pagg. 68-82) Il Braille Il Braille: dall'analogia al simbolo, di Bruno Liesen (pagg. 83-110) Legislazione Bene la Legge Iori, ma manca ancora il riconoscimento dei tiflologi, di Gianluca Rapisarda (pagg. 111-113) Classici della tiflologia Significato e valore dei sussidi didattici nella scuola elementare per ciechi, di Orfeo Ferri (pagg.114-119) Segnalazioni bibliografiche (pagg. 121-122) Le pubblicazioni della Biblioteca Italiana per i Ciechi (pagg. 123-128) Editoriale La Giornata Nazionale del Braille, di Pietro Piscitelli (pagg. 66-67) Il giorno 21 febbraio di ogni anno si celebra la Giornata Nazionale del Braille, istituita con legge 3 agosto 2007, n. 126. Si tratta di un'occasione importante per sensibilizzare e far conoscere questo sistema di scrittura e lettura, che costituisce uno strumento fondamentale di integrazione per ciechi ed ipovedenti. La sua importanza non verr� ribadita mai abbastanza: � attraverso il Braille che il non vedente acquisisce la possibilit� di imparare, di informarsi, di leggere al pari di un qualunque vedente. La flessibilit� di questo sistema ne fa ormai una conquista assodata per tutti gli alfabeti del mondo e per tutti i sistemi di stampa. In questo numero pubblichiamo tra l'altro una dettagliata ricostruzione storica della sua genesi, che ne pone in luce le caratteristiche di fruibilit� e di uso. Le Giornate del Braille costituiscono dunque un momento significativo per far conoscere le peculiarit� della scrittura e della lettura da parte dei non vedenti. Ospitate spesso da scuole, si organizzano come momenti laboratoriali, in cui gli alunni acquisiscono alcuni rudimenti del sistema. Sensibilit�, partecipazione ed entusiasmo svolgono il ruolo di protagonisti durante tutto l'arco di queste mattinate condivise. Le manifestazioni creano un confronto attivo, vivo e intenso tra gli esperti del settore, gli ospiti e il comparto scuola. Si vuole che i ragazzi siano componente attiva delle giornate e non solo uditori. Sono occasione inoltre in cui esperti del settore forniscono suggerimenti su tematiche quali integrazione scolastica, personale e funzionale; insegnamento-apprendimento di cui si sono affrontati gli aspetti pi� utili e concreti per un alunno cieco o ipovedente; criteri e strategie di lavoro pi� opportune. Nato magari dall'esigenza inclusiva di uno studente, il Braille diventa quindi un momento di condivisione con l'intero gruppo classe che si trova ad utilizzare un solo codice comunicativo, evidenziando come riesca a tenere bene il passo in una societ� in continua evoluzione, dal momento che viene adattato a vari dispositivi tecnologici. Una fonte inestimabile di integrazione e inclusione, dunque. Nonostante i notevoli progressi compiuti nell'istruzione, in termini legislativi, didattico-metodologici e tecnologici, non mancano, per�, alcune perplessit� per quanto ancora resti da fare ai fini dell'attuazione di un concreto processo di inclusione dei ragazzi ciechi ed ipovedenti. La scuola, da questo punto di vista pu� svolgere un ruolo di grande importanza. Soltanto partendo da una buona scuola, che sia davvero inclusiva, si pu� avere una societ� in cui le diversit� vengano considerate come un valore aggiunto ed in cui si possano comunque raggiungere pari opportunit�. Il direttore responsabile prof. Pietro Piscitelli Esperienze didattiche Il Braille... che scoperta!, di Gabriella Nanni e Milena Di Pietro (pagg. 68-82) - Una esperienza didattica alla scoperta del Braille si rivela una significativa occasione di crescita emotiva e consapevole. - "C'� una cosa magnifica nel leggere il Braille che i vedenti non proveranno mai: toccare le parole e sentire che ti toccano a loro volta". (Jim Fiebig) Per la giornata internazionale della "Lingua Madre" - che coincide con la giornata nazionale del "Braille" - le classi terze della scuola primaria di Olmo di Riccio dell'Istituto comprensivo "Don Milani" di Lanciano hanno organizzato, insieme alle loro insegnanti, diverse attivit�, per favorire l'inclusione dell'alunno ipovedente e per far conoscere il mondo complesso delle disabilit� sensoriali. Tali difficolt� sono capaci di sfidare, come ci ricorda Vinci, l'agire didattico dei docenti e degli educatori, mettendoli nelle condizioni di ripensare ai linguaggi e alle strategie utilizzate: "l'esperienza del limite e della difficolt�, pur essendo un tratto intrinsecamente e costitutivamente caratterizzante la realt� e l'umano, si manifesta in particolare nella relazione con gli studenti ipovedenti e audiolesi, i quali sviluppano specifiche modalit� di comunicazione, di socializzazione, di relazione con gli altri, di "accesso" alla conoscenza e alla elaborazione dei saperi" (V. Vinci, La didattica inclusiva con Studenti con disabilit� sensoriali. Fra multisensorialit�, tecnologie, vicarianza. In: Mizar, n. 4/2016, pp. 7-27 8). Quale occasione migliore, per riflettere sulle risorse e le modalit� attivate in classe, che preparare la Giornata Nazionale del Braille, assieme a tutti i bambini, per rendere i contesti scolastici e sociali ancora pi� inclusivi! Louis Braille Inizialmente, l'insegnante di italiano ha narrato ai quarantanove alunni, tra i sette e gli otto anni, chi fosse Louis Braille, cosa avesse inventato, a quale scopo, cercando di far capire loro l'importanza e la valenza di questa invenzione e del diverso modo di comunicare. Alla docente parlare del giovane Braille, della sua commovente storia e del codice da lui inventato, � parso utile per favorire una maggiore integrazione di tutto il gruppo classe, stimolando negli allievi una riflessione sulla condizione di chi non vede e favorire una pi� consapevole comunicazione con il compagno ipovedente. Secondo Bruner (Cfr. J. Bruner, A Study of Thinking, John Wiley & sons, New York, 1956. Trad. it. Il pensiero. Strategie e categorie, Armando, Roma, 1969), infatti, il pensiero narrativo � uno dei due modi principali di pensiero con cui gli esseri umani organizzano e gestiscono la loro conoscenza del mondo, anzi strutturano la loro stessa esperienza immediata. Il percorso � iniziato con la conoscenza di Louis Braille grazie alla lettura del libro "Filippo e Louis Braille" (Il libro racconta la storia di Filippo, un bambino come tanti altri che, a causa di uno sport estremo, si fa male agli occhi. Viene cos� a conoscere la storia di un altro bambino, Louis, l'inventore di quel metodo rivoluzionario che ancora oggi permette ai ciechi di scrivere e leggere correntemente. Il libro introduce i lettori alla vita di Braille), un racconto di Fabiana Santangelo, ispirato alla vera storia dell'inventore dell'alfabeto Braille, che ha affascinato i bambini con le sue intuizioni e con il suo alfabeto. Si � cercato attraverso la lettura di: - concentrare l'attenzione su una specifica tematica sulla quale riflettere; - stimolare al cambiamento attraverso un percorso di riflessione che metta in discussione modelli e schemi comportamentali; - attivare una comunicazione coinvolgente, veicolando informazioni, obiettivi e prospettive; - sensibilizzare alla formazione e all'importanza dello sviluppo delle persone. Dopo l'ascolto attivo, i bambini, attraverso un lavoro di brainstorming, hanno riflettuto se si fossero imbattuti, nella vita quotidiana, nell'alfabeto Braille. Molti hanno cos� scoperto che sui medicinali, in ascensore, agli sportelli del bancomat, hanno avuto modo di toccare tale alfabeto. Il taccuino dello scrittore (L'insegnante sta sperimentando il taccuino nelle sue classi, uno strumento che, all'interno del progetto Writing and Reading Workshop, aiuta a sviluppare l'amore per la scrittura e la lettura nei ragazzi, aumentando lo spirito critico ed argomentativo. Un approccio all'insegnamento della scrittura ideato nel Teachers College, Columbia University dopo la rivoluzione del "teach writing as a process not product" di Donald Murray (1972) e del "Children want to write" di Donald Graves). Gli alunni hanno poi trascritto le loro emozioni su un taccuino, una sorta di diario personale, uno spazio per sperimentare, riflettere, creare. Hanno scritto delle immaginarie lettere e messaggi al loro nuovo amico Louis. Hanno lavorato in gruppi cooperativi creando acrostici sull'alfabeto Braille. Hanno, inoltre, imparato grazie alla canzone "Goccia dopo goccia"... che "Quello che conta � stare tutti insieme per aiutare chi non ce la fa! Per aiutare chi non ce la fa!". Inoltre hanno appreso una filastrocca inedita, Tocco Parole, scritta appositamente dalla scrittrice Germana Bruno per la Giornata nazionale del Braille, al fine di dare maggior rilievo a questo evento. Tocco parole (Metodo Braille) di Germana Bruno Quanto � difficile conoscere il mondo con questo buio fitto e profondo, sento presenze, arrivano suoni, ma non son chiari, procedo a tentoni. Parli di cose per me mai viste e devo credere che ognuna esiste, ma se non tocco, non sento, non gusto, nella mia testa c'� solo un trambusto. Ma per miracolo posso imparare se le parole si fanno toccare, sotto le dita puntini in rilievo, dicono ora ci� che io non sapevo. Toccando leggo, conosco e riscrivo ed io mi sento presente e pi� vivo, tocco parole e agli altri le porgo, nel fitto buio adesso anch'io scorgo. Tutti i bambini, mediante esercizi e attivit� ludiche, hanno interiorizzato i caratteri dell'alfabeto Braille al punto che sono riusciti a scrivere il loro nome e semplici frasi; hanno inoltre realizzato un segnalibro con i nuovi segni appresi. Nelle due classi, grazie alla presenza delle lavagne interattive multimediali, i bambini hanno giocato con i vari giochi della suite gratuita Gcompris (GCompris � una collezione di alta qualit� di giochi didattici che offre differenti attivit� ai bambini dai 2 ai 10 anni. Alcune attivit� sono orientate al gioco, ma, in ogni caso, hanno valore didattico), dedicati alla scoperta dell'alfabeto Braille. Tra i giochi proposti: Scopri il sistema Braille Descrizione: Impara e memorizza il sistema Braille Obiettivo: Consenti ai bambini di scoprire il sistema Braille Divertimento Braille Descrizione: Lettere Braille Prerequisito: Codici dell'alfabeto Braille La tavoletta ed il punteruolo In un secondo momento gli alunni, guidati dai docenti, hanno utilizzato tavoletta e punteruolo per realizzare in prima persona la scrittura Braille. Grazie alla disponibilit� della famiglia dell'alunno ipovedente e dell'insegnante specializzata di sostegno, i bambini hanno potuto analizzare e toccare la tavoletta Braille e la carta utilizzata per scrivere col punteruolo, hanno visionato libri di testi in Braille e anche cruciverba e riviste per bambini. Dopo un primo momento d'osservazione e conoscenza dello strumento, si � passati al momento operativo: ritagliati dei rettangolini con sei caselle e consegnati a tutti gli alunni, ogni bambino ha provato a scrivere l'iniziale del proprio nome (scrivendola nel senso della lettura). Nella seconda parte dell'attivit�, la classe, divisa in gruppi, ha utilizzato le tavolette ed i punteruoli, innanzitutto facendo un esercizio propedeutico (hanno forato tutte e sei le caselline, al fine di prendere confidenza con il punteruolo ed anche con il casellino), poi ognuno ha trascritto non solo il proprio nome in Braille ma anche parole (alcune molto lunghe e complicate). Tutti gli alunni, quindi, sono riusciti a capire come funziona il codice Braille, scrivendo tante parole sia utilizzando il casellino in Braille sia operando con la tavoletta ed il punteruolo. Compito di realt�: preparazione della giornata del Braille Gli alunni, dopo aver conosciuto la storia di Louis Braille, si sono cimentati con la scrittura Braille e hanno riflettuto sull'importanza di linguaggi altri, preparando la Giornata Nazionale del Braille (compito di realt�). Il compito di realt� (Si parla di "compiti di realt�", ovvero di situazioni impegnative per lo studente, che contengano una dimensione di sfida in rapporto alle conoscenze ed esperienze possedute, sollecitino l'attivazione delle sue risorse e si prestino a differenti modalit� di soluzione. Resnick definisce in questo modo gli attributi di un "pensiero complesso", non puramente riproduttivo o meccanico (Wiggins, 1992)) � un'attivit� complessa che ha impegnato gli alunni nella dimostrazione di specifiche padronanze in un contesto di apprendimento situato; esso ha richiesto un investimento significativo di tempo e di risorse intellettuali. Tutti i preparativi sono stati realizzati in gruppo, utilizzando il cooperative learning. (La possibilit� di lavorare in gruppo in ambito educativo risale alla fine del '700 con Bell e Lancaster in India ed in Inghilterra dove ci si basava sul mutuo insegnamento. Sono dell'800 le scuole attive nate in Belgio con Decroly, in Francia con Cousinet, in America con Dewey fino ad arrivare a met� del '900 per trovare Don Milani in Italia. Ma risalgono a poco dopo le prime esperienze di Cooperative Learning caratterizzate dai cinque elementi essenziali individuati dai fratelli americani Johnson: interdipendenza positiva, responsabilit� individuale, interazione promozionale faccia a faccia, insegnamento di competenze sociali nel lavoro di gruppo e verifica dell'efficienza dei gruppi stessi). Adottare la prospettiva del Cooperative Learning ha offerto ai bambini la possibilit� e l'opportunit� di sperimentare abilit� sociali che potrebbero costituire la premessa per la padronanza di tali competenze nel loro domani. � stato necessario creare in classe un contesto funzionale all'apprendimento di abilit�, sia cognitive che sociali e predisporre, intenzionalmente, le condizioni di lavoro, al fine di consentire ai bambini il perseguimento degli obiettivi da raggiungere. La presentazione di una situazione complessa, sfidante e a volte imprevedibile, ha permesso agli alunni, infatti, di imparare a dare il meglio di s� e a scoprire e valorizzare risorse personali insospettate. In seguito alle spiegazioni delle insegnanti e alla presentazione della storia e del funzionamento del codice tattile usato da milioni di non vedenti in tutto il mondo, gli alunni delle classi terze della scuola primaria di Olmo di Riccio, individualmente ed in gruppo, hanno riflettuto e discusso, mettendo nero su bianco i loro pensieri e dando vita ad una vera e propria "metariflessione" scritta sulla scoperta e conoscenza del codice Braille. Tutte le esperienze sono state riportate su cartelloni di sintesi e striscioni che hanno reso lo spazio in cui si � svolta la manifestazione pi� attinente al tema e pi� accattivante; molti di questi elaborati sono stati poi letti dagli alunni stessi in occasione di questa splendida giornata, ricevendo dagli importanti ospiti lodi e felicitazioni. � stata un'esperienza coinvolgente per i presenti: alunni, docenti, genitori. Sono rimasti tutti affascinati, manifestando entusiasmo per il lavoro svolto. Gli ospiti esterni e competenti: Prof. Pietro Piscitelli, Presidente della Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" di Monza, Dott. Antonio Santone, Presidente dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Sezione di Chieti, Dott.ssa Marisa Giangiulio, responsabile del Centro di Consulenza Tiflodidattica di Chieti e prof. Sergio Basciani, tiflologo, hanno raccontato ai ragazzi le loro commoventi esperienze personali. La dottoressa Giangiulio e il professor Basciani si sono trattenuti a scuola facendo svolgere agli alunni attivit� laboratoriali e mostrando diversi strumenti compensativi che i bambini ciechi o ipovedenti possono utilizzare. Si � trattata di un'esperienza percepita come impegnativa ma assolutamente inedita per tutti i partecipanti. La curiosit� e la voglia di sperimentazione hanno per lo pi� stimolato la collaborazione (In tale ambito, Bachtold et al (1992) sostengono che "il successo di una forma scolastica di tipo integrativo � determinato dalla struttura dei processi di interazione e cooperazione vissuti e valutati positivamente dalla classe e dalla qualit� sistemica locale di una scuola vista come unit� cooperativa") fra tutti i bambini ed evidenziato il desiderio, sia per le insegnanti che per gli alunni, di dar vita a nuovi dibattiti e laboratori "Braille", al fine di poter continuare a leggere in codice Braille e soprattutto permettere ai bambini di conoscere maggiormente questa disabilit� sensoriale, divenendo capaci di aiutare nel modo giusto il proprio compagno, giungendo cos� da un semplice laboratorio, costruito in poche settimane, ad una crescita emotiva e consapevole per tutto il gruppo classe. Riferimenti bibliografici Bachtold, A., Coradi, U., Hildbrand, J. & Strasser, U. (1992). Integration ist lernbar: Erfahrungen mit schulschwierigen Kindern im Kanton Z�rich. Luzern: Edition SZH/SPC. Bonfigliuoli, C., Pinelli, M. (2010). Disabilit� visiva. Teoria e pratica nell'educazione per alunni non vedenti e ipovedenti. Trento: Erickson. Bruner, J. (1956). A Study of Thinking. New York: John Wiley & Sons (trad. it.: Il pensiero. Strategie e categorie. Roma: Armando 1969). Caldin, R. (2006). Percorsi educativi nella disabilit� visiva. Trento: Erickson. Caldin, R. (2012). Pensare, fare, diffondere cultura inclusiva. Padova: Padova University Press. Disabilit� sensoriale a scuola (2015). Trento: Erickson. Marcantoni, M. (2014). Vivere al buio. Trento: Erickson. Murray, D. (1972). Cross-talk in comp theory, edited by Victor Villanueva. Washington: Washington State University. Petracca, C. (2015). Sviluppare competenze... ma come? Teramo: Lisciani. Poletti Riz, J. (2017). Scrittori si diventa. Trento: Erickson. Wiggins, G. (1992). "Creating test worth taking". In: Educational leadership, 49, p. 26-33. Gabriella Nanni Milena di Pietro (insegnanti Istituto Comprensivo "Don Milani, Lanciano) Il Braille Il Braille: dall'analogia al simbolo (Pubblicato con il titolo Histoire du Braille in Voir barr�, nn. 38-39, nov. 2011, pp. 60-82 (rivista edita dalla Ligue Braille, Bruxelles). Trad. it. di Francesco Giacanelli e di Ntanda Norbert Kalala. Si ringrazia il prof. Bruno Liesen per aver dato il permesso di pubblicare questa traduzione), di Bruno Liesen (pagg. 83-110) - Una precisa indagine storica ripercorre le tappe che hanno portato alla invenzione del sistema Braille, alla sua ricezione e diffusione. - Le scritture tattili prima di Braille In ogni tempo i ciechi colti hanno avuto accesso allo scritto grazie all'intermediazione di un lettore o di uno scriba. Alcuni hanno immaginato a loro uso dei procedimenti di scrittura e di lettura che, nella maggior parte dei casi, sono caduti nell'oblio. Nella lunga tradizione dei ciechi letterati, uno degli esempi pi� antichi � del IV secolo con Didimo d'Alessandria, detto anche il Cieco (313-398), padre della chiesa, divenuto cieco all'et� di quattro o cinque anni, che avrebbe appreso l'alfabeto per mezzo di lettere di legno. Tuttavia, a ci� che ne sappiamo, nulla ci indica che egli ne abbia fatto uso nella sua lunga carriera di esegeta. Alla fine del XIII secolo, un libraio arabo, Al-Imam Al-Amadi (morto nel 1284), realizz� alcuni caratteri in rilievo che colloc� sui libri per indicarne titolo e prezzo. Nel secolo seguente, un erudito arabo, Zain-Din Al Amidi, professore nella madrasa (collegio coranico) detta Moustanzarieh di Bagdad, utilizz� un sistema simile per identificare le opere della sua ricca biblioteca ed annotarne brevi informazioni, soprattutto il prezzo dei libri. Egli ritagli� alcune forme di carta fine per formare lettere o cifre da incollare all'interno delle copertine, in una cornice del medesimo spessore per evitarne lo schiacciamento. Nel XVI secolo la questione dell'integrazione dei ciechi attraverso l'istruzione ed il lavoro segna una tappa importante, per lo meno sul piano teorico. L'umanista ispano-fiammingo Jean-Louis Viv�s (1492-1540) pubblica nel 1526, a Bruges, un primo trattato di una politica di aiuto sociale globale: De subventione pauperum. Come i suoi amici Tommaso Moro ed Erasmo, Viv�s se la prende con l'ozio, padre di tutti i vizi, ed esalta il lavoro, rimedio ad ogni male. Per lui, nessuna persona � completamente inabile al lavoro e per questo anche i ciechi sono capaci di provvedere ai loro bisogni: "Non si permetter� allo stesso modo ai ciechi di essere o di comportarsi da oziosi; ci sono molte cose in cui possono esercitarsi: alcuni hanno disposizioni per le lettere, purch� qualcuno legga per loro. Che studino, poich� noi vediamo in un buon numero di loro dei progressi che non sono affatto da disdegnare. Altri sono portati per la musica, che cantino e suonino strumenti a corda o a fiato; altri facciano muovere torni e ingranaggi; altri lavorino presso le stamperie, aiutando a manovrare le presse; altri ancora si impegnino ai mantici nelle officine dei fabbri. Cos� si vede ciechi che fabbricano scatole, panieri, cestini e gabbie e donne cieche che filano e dipanano. In breve, se essi non vogliono n� astenersi n� fuggire dal lavoro, troveranno certamente di cosa occuparsi; la pigrizia, la mollezza e non il difetto del corpo � il solo motivo che essi possono portare per non far nulla" (Viv�s, 1943, p. 206). Questo passaggio testimonia delle attivit� alle quali si dedicavano allora i ciechi, ed in particolare le attitudini letterarie di alcuni di loro. Viv�s conosce senza dubbio, quanto meno di nome, l'uno o l'altro degli eruditi fiamminghi ciechi che hanno frequentato i circoli umanisti parigini: Charles Fernand (1450-1517 circa), Pierre de Ponte (1475-1529 circa) o ancora Perceval Van Belleghem (inizio del XVI secolo) (sui primi due, cfr. Rep�res de la c�cit�, I, Voir barr�, nn. 36-37, p. 86-96). Ma soprattutto, volendo applicare ai ciechi come a "tutto il genere umano" (Viv�s, 1943, p. 199) la virt� redentrice del lavoro, Viv�s � forse il primo teorico a ipotizzare l'idea di una integrazione sociale dei ciechi attraverso l'educazione e il lavoro. Tuttavia, per quanto il De subventione pauperum abbia avuto una influenza incontestabile sulle pratiche sociali, i ciechi, come gli invalidi in genere, si sottraggono alle misure di restrizione e di avviamento al lavoro obbligatorio che riguardavano la maggior parte dei mendicanti e dei bisognosi in molti centri urbani. Laddove Viv�s raccomanda ai ciechi che potessero disporre di un lettore di studiare letteratura, Messie e Cardano, ispirandosi ad un Dialogo di Erasmo, De recta latini graecique sermonis pronuntiatione (Lione, 1531, p. 45-46), si vanno ad occupare dei sistemi escogitati dai ciechi per scrivere. Pedro Mexia (1496-1552), erudito spagnolo francesizzato in Pierre Messie, pubblica a Siviglia, nel 1540, un'opera di compilazione intitolata Silva de varia leccion, che conoscer� molte edizioni e sar� tradotta in tutta Europa fino alla met� del XVII secolo. Messie ricorda il modo in cui alcuni ciechi hanno appreso a scrivere: esercitandosi a passare un punteruolo sulle forme delle lettere dell'alfabeto incise su tavolette di porfido, d'osso e di metallo, essi ne memorizzavano il tratto per poi poterlo riprodurre con la penna. Un sistema che pu� ricordare quello in uso nella Roma antica per insegnare la scrittura ai bambini vedenti. Un sistema simile a quello ricordato da Messie � quello che descrive il medico e matematico italiano Gerolamo Cardano (1501-1576) nel suo De subtilitate (Norimberga 1550). Ma egli, pi� che il suo predecessore, insiste sulla difficolt� e la lentezza di un tale metodo di apprendimento, di cui mette in discussione l'utilit� reale: "La cosa � ammirevole ma poco utile" (Les livres de Hi�rome Cardanus m�decin milannois intitul�s de la subtilit� et subtiles inventions, ensemble les causes occultes et raisons d'icelles, Paris, 1556, p. 416 b, citato in Weygand, 2003, p. 43). Questa frase riassume bene lo stato della questione all'epoca: l'ammirazione di fronte ad alcuni ciechi d'eccezione, che si sono distinti in diversi campi, compreso quello delle lettere, va di pari passo con il disinteresse per lo sviluppo di tecniche di aiuto che permettano ai ciechi di leggere e scrivere in maniera autonoma, senza l'aiuto di un intermediario. Al tempo della rivoluzione tipografica, nessuno all'apparenza ha l'intenzione di applicare le risorse della stampa per concepire libri in rilievo. E, malgrado i progressi nell'educazione della popolazione dovuti alla Riforma, � solo nel XVIII secolo che ci sar� il primo tentativo di alfabetizzazione e d'istruzione generale aperta ai disabili della vista di modeste condizioni. Per Zina Weygand questo ritardo si spiega con il fatto che le misure di lavoro obbligatorio per la lotta alla povert� e soprattutto alla mendicit� non si rivolgono a tutti e che gli invalidi ne sono esclusi. D'altra parte, il peso del pregiudizio contro la cecit� � ancora molto forte. Cos� scrive lo stesso Cardano nel suo De subtilitate (XII libro, "Della natura e dell'uomo"): "Noi usiamo dire che i mutilati, siano ciechi, sordi, orbi di un occhio, aventi sei dita, ed altri mostri della natura, hanno cattive abitudini [...]. Se tutti i mutilati sono cattivi [...] i peggio di tutti sono i gobbi, inteso che il difetto si trova attorno al cuore, principe di tutto il corpo; poi ci sono ciechi e orbi di un occhio, in quanto la natura ha difettato intorno al cervello [...]" (Les livres de Hi�rome Cardanus..., p. 324 b, cit. in Weygand, 2003, p. 44). Infine, il progresso della stampa, lo sviluppo dell'ottica moderna (Galileo) e l'influenza dei filosofi platonici contribuiscono a porre la vista alla sommit� della gerarchia dei sensi. Anche il XVII secolo presenta il suo lotto di sistemi di scrittura tattile, quasi tutti costituiti da lettere intagliate in rilievo o in incavo su materiali diversi: legno, cera, carta, metallo. Accanto a questi sistemi analogici, si vede apparire per la prima volta dei sistemi che non si rifanno all'alfabeto latino. Francesco Lana Terzi (1631-1687), gesuita italiano, professore di belle lettere, appassionato di scienze naturali e di fisica, pubblica a Brescia nel 1670 un'opera - Prodromo ovvero saggio di alcune invenzioni nuove, premesso all'Arte maestra - di cui un capitolo � intitolato "In che maniera un cieco nato pu�, non solamente apprendere a scrivere, ma ancora a nascondere i propri segreti sotto cifra, e intendere le risposte nelle medesime cifre". Egli ritorna sui metodi descritti da "Cardano ed altri" e prosegue con la descrizione di un guida-mano simile a quello che sar� utilizzato nel secolo successivo da molti ciechi istruiti presso le loro famiglie ed adottato dalla prima scuola per ciechi, fondata a Parigi da Valentin Ha�y nel 1784. Pi� interessante ancora � il fatto che egli pretenda di essere all'origine dei diversi sistemi di scrittura codificata ad uso dei ciechi. In particolare, egli concepisce un sistema di stampa in rilievo su carta spessa attraverso caratteri lignei assimilabili a quelli tipografici, ma con lo stesso meccanismo e soprattutto un sistema che permetta ai ciechi di scrivere correntemente usando solamente delle linee e dei punti. Prendendo come riferimento una tabella di cui ciascuna casella contiene pi� lettere, la persona cieca former� ciascuna lettera tracciando dei tratti che riproducono il contorno della casella corrispondente e aggiungendo uno, due o tre punti a seconda della posizione della lettera nella casella. Non si pu� non vedere in questo una prefigurazione del sistema di scrittura concepito da Charles Barbier e perfezionato da Louis Braille nella prima met� del XIX secolo. Pierre Henri ha perci� sostenuto l'ipotesi che Charles Barbier abbia conosciuto gli scritti di Lana e ne abbia tratto ispirazione (Henri, 1952, p. 40), cosa che farebbe del gesuita italiano il vero precursore del Braille. Sia quel che sia, occorrer� ancora attendere pi� di un secolo per veder sviluppata una estesa applicazione di queste idee. Nell'epoca dei Lumi, un interesse nuovo si manifesta verso i ciechi, a partire dalla questione di Molyneaux: se un cieco nato che abbia imparato a distinguere con il tatto una sfera e un cubo ritornasse a vedere, riuscirebbe a distinguere i medesimi oggetti con la vista senza bisogno di toccarli? In questo vasto dibattito attorno alla problematica della percezione sensoriale, dove in particolare si gioca l'avvenire del sensualismo, Diderot (1713-1784) si smarca molto nettamente. Laddove la questione viene trattata essenzialmente dal punto di vista teorico, anche in presenza delle prime sperimentazioni sui ciechi nati operati (William Cheselden, 1728 e 1729), Diderot supera l'aspetto teorico, per interessarsi dell'aspetto umano del problema. La Lettera sui ciechi ad uso di quelli che vedono (Londra, 1749) si situa in un momento chiave dell'evoluzione del pensiero diderotiano, al punto di incrocio delle sue preoccupazioni filosofiche e dei suoi ragionamenti scientifici (Mortier, 1999). Alle speculazioni di ordine metafisico, Diderot aggiunge delle osservazioni scientifiche riguardanti il comportamento dei ciechi. Rompendo con i suoi predecessori, focalizzati sulle esperienze-spettacolo condotte sui ciechi operati di cataratta, Diderot trova molto pi� vantaggioso interrogare "un cieco di buon senso" sul modo in cui "le cose vengono a lui; poi si paragoner� il modo in cui le cose vengono a noi e da questa comparazione si trover� la soluzione delle difficolt� che rendono la teoria della visione e dei sensi cos� ingarbugliata e incerta [...]" (Diderot, 1972, p. 108). In tal modo Diderot considera il cieco non come un oggetto di esperimento, ma come un soggetto con il quale il filosofo pu� intrattenersi da pari. Una parte importante della Lettera � in effetti presentata sotto forma di dialogo tra Diderot e il cieco nato di Puiseaux da una parte, il matematico cieco Saunderson e il suo amico Holmes dall'altra. Nicolas Saunderson (1682-1739), divenuto cieco all'et� di dodici mesi, � stato professore all'Universit� di Cambridge e invent�, tra gli altri strumenti, delle tavolette con dei fori su cui inserire perni di diversa forma, di cui si serviva per risolvere operazioni aritmetiche e algebriche complesse (Cl�ro, 1999). Trent'anni dopo la pubblicazione della Lettera, Diderot pubblica delle Aggiunte alla lettera sui ciechi nella Correspondance litt�raire (maggio 1782). Vi riprende le osservazioni che aveva fatto ad una giovane cieca, M�lanie de Salignac, nipote della sua amica Sophie Volland. M�lanie, che mor� nel 1766 all'et� di 22 anni, l'aveva fortemente colpito per la sua abitudine a compensare la cecit� con lo sviluppo degli altri sensi e con l'utilizzo dei sistemi di vicarianza. Fatto importante: tali capacit� furono acquisite grazie ad un apprendimento personale, condotto fin dall'infanzia. M�lanie apprese a leggere per mezzo di caratteri ritagliati. Scriveva per mezzo di un guidamano: "Scriveva con un perno con cui premeva sul suo foglio di carta, inserito in una cornice, attraversata da due lamelle parallele e mobili, che non lasciavano tra loro altro spazio libero, se non quello tra una linea e l'altra. La stessa scrittura serviva per la risposta, che ella leggeva facendo scorrere le estremit� delle sue dita sulle piccole ineguaglianze che il perno o l'ago avevano prodotto sul verso del foglio". Diderot aggiunge: "Ella leggeva un libro che era stato stampato da un solo lato. Prault [stampatore molto conosciuto all'epoca] lo aveva prodotto in questo modo per suo uso" (Diderot, 1972, p. 135). Questa sembrerebbe essere la prima menzione di un libro stampato in rilievo per i ciechi. Questo testo di Diderot, considerato un po' come fondatore da tutti coloro che si occupano dei problemi della cecit�, mette in luce l'attitudine dei ciechi ad accedere al testo scritto attraverso il tatto. La Lettera sui ciechi eserciter� una influenza decisiva sul progetto educativo elaborato da Valentin Ha�y alla fine del secolo. Valentin Ha�y (1745-1822) � nato in una famiglia di tessitori, stabilitasi a Saint-Just-en-Chauss�e, piccolo borgo della Piccardia. Suo fratello maggiore, Ren�-Just Ha�y diventer� uno dei fondatori della mineralogia moderna. Valentin, da parte sua, segue gli studi classici a Parigi per orientarsi quindi verso le lingue. Ne conosceva infatti una dozzina. Nel 1769 comincia una carriera di traduttore e di esperto in scrittura e decrittazione di messaggi codificati. Il suo talento di paleografo gli valse il grado di agr�g� all'Ufficio accademico di scrittura nel 1785. Tutto ci�, senza dubbio, non sar� privo di effetti sulla sua opera in favore dei ciechi. Da dove gli deriva infatti l'interesse per la cecit� o pi� precisamente per l'alfabetizzazione delle persone con disabilit� visiva? Secondo lui, da uno spettacolo di burlesque a cui assistette nel 1771, alla fiera di Saint-Ovide a Parigi: un gruppo di musicisti ciechi, che suonavano un'aria strampalata, conciati in modo grottesco. Indignato, Ha�y si ripromise allora di trovare il mezzo per insegnare a leggere e a scrivere ai ciechi. Il fatto non fu che un catalizzatore. Il 1771 fu anche e soprattutto l'anno in cui l'abate Charles-Michel de L'�p�e (1712-1789) comincia ad offrire dei seminari pubblici per insegnare il linguaggio gestuale che egli stesso ha messo a punto per i sordi. Ora, Ha�y frequenta questi "seminari pubblici" e s'interessa da vicino all'opera pionieristica dell'abate de L'�p�e nel campo dell'educazione dei sordomuti. Ed in particolare egli � colpito dal fatto che questi insegnamenti erano pubblici e gratuiti. Ha�y comincia negli anni 70 a formare il progetto di realizzare per i ciechi ci� che Charles-Michel de L'�p�e stava realizzando per i sordi, cio�, come dice Zina Weygand: "sostituire ai tentativi individuali di uscita dall'isolamento, realizzati fino adesso da un insegnamento di tipo precettorale riservato ad una �lite, una azione collettiva e metodica di inserzione sociale dei ciechi di tutte le classi" (Weygand, 2003, p. 111). Nel 1784 - anno della morte di Diderot - egli propone alla societ� filantropica un "Piano di educazione ad uso dei ciechi". La Societ� gli affida allora l'educazione di un giovane cieco di diciassette anni, Fran�ois Lesueur, che comincia ad alfabetizzare attraverso l'uso dei caratteri mobili in rilievo. Questa prima esperienza � un successo e Ha�y apre nel 1785 la prima scuola per ciechi, gratuita e aperta a tutti i ciechi senza distinzione di classe: l'Institution des enfants-aveugles. Valentin Ha�y ha riconosciuto esplicitamente il suo debito verso la Lettera sui ciechi (Weygand, 1999). A ci� si deve aggiungere la testimonianza di M. de la Blancherie, che aveva pubblicato sul Journal de Paris, il 24 aprile 1784, un articolo sulla musicista cieca Theresia von Paradis e su Johann-Ludwig Weissenbourg, "il cieco di Mannheim". Ha�y incontr� personalmente Maria Theresia von Paradis (1759-1824), che gli spieg� il sistema utilizzato da lei e dal suo amico Weissenbourg (cfr. Rep�res de la c�cit�, I, [Voir barr�, nn. 36-37] p. 155-160). La virtuosa di Vienna aveva appreso a leggere e scrivere con lettere ritagliate in cartone; usava una piccola stampatrice portatile per stampare le lettere che inviava ai suoi numerosi corrispondenti. Weissenbourg utilizzava delle lettere in ottone, del filo di ferro o di ottone incollato su del cartone per insegnare le figure geometriche e la trigonometria, tavolette simili a quelle di Saunderson per il calcolo, e delle carte geografiche in rilievo. Per realizzare il suo "Piano di educazione", Ha�y utilizza in un primo tempo dei caratteri in legno muniti di un tallone per poterli disporre in una tavoletta con scanalature, chiamata chassis. Dopo egli fa fabbricare dei caratteri tipografici di sua concezione (lettere, cifre e notazione musicale), fusi secondo il verso della lettura - e non "a specchio" come i caratteri ordinari - per poter essere letti con le dita. I caratteri hanno la forma di una "T", con il fusto che si incastra nella tavoletta a scanalature ed una tacca che permette di riconoscere il bordo superiore della lettera. Questi caratteri hanno un doppio uso. Da una parte, vengono utilizzati per apprendere la lettura, la scrittura e il calcolo, con gli allievi che li dispongono sulla tavoletta per formare delle parole o effettuare dei calcoli. D'altra parte, esse servono a imprimere per goffratura dei libri in rilievo, con una pressa a cilindro, specificatamente concepita per questo. I fogli, di una carta piuttosto spessa per goffratura, vengono impressi da una sola parte e incollati due a due. Questa � la grande originalit� di Ha�y in relazione ai suoi modelli ispiratori: vuole che i ciechi abbiano i propri libri, la propria biblioteca, consultabile senza ricorrere a un lettore, privilegio riservato a pochi fortunati. Poich� gli esercizi di scrittura ricordavano praticamente quelli di composizione tipografica, Ha�y ha iniziato molto presto ad introdurre i suoi allievi ai mestieri della stampa. Sono loro che realizzarono i propri libri, facendo alcuni adattamenti agli chassis e alla pressa utilizzata in origine. Per la scrittura a mano, Ha�y adotta una penna di ferro la cui punta non � tagliata e con la quale si scrive senza inchiostro su carta resistente in maniera da produrre delle lettere in rilievo che il cieco pu� leggere passando le dita sul verso del foglio, in senso contrario. Gli allievi di Ha�y apprendono in effetti a leggere e a scrivere un testo manoscritto attraverso una tavoletta incisa ad incavo e riproducente la forma delle lettere. Essi scrivono a mano su una "tavoletta da scrittura", un guidamano costituito da una tavoletta sulla quale sono tese delle corde di violino. Questi strumenti sono simili a quelli descritti da Messie e Cardano nel XVI secolo. In realt� solo i ciechi che hanno perso la vista dopo aver appreso la scrittura si sono mostrati capaci di utilizzare questi procedimenti con una certa efficacia. Il "sistema Ha�y" rigetta dunque il ricorso ad un qualunque codice. Egli si attiene all'alfabeto latino ed anche per quello che riguarda la matematica, preferisce le cifre arabe in rilievo ad una "aritmetica tattile" nello stile di Saunderson. La stessa cosa per la notazione musicale. Uno dei suoi principi pedagogici infatti � stato di "mettere senza meno i ciechi in relazione con i vedenti" e di privilegiare "i modi di agire di questi ultimi", cosa che ha fatto dire a Pierre Henri: "In nome di questo principio egli avrebbe rifiutato l'alfabeto Braille" (Henri, 1984, p. 62-63). Questo principio, largamente utilizzato dai promotori dell'istruzione dei ciechi, sar� uno dei principali ostacoli alla diffusione del Braille. Ha�y � tuttavia cosciente dei limiti del suo sistema e ne enumera egli stesso. Innanzitutto, i libri stampati risultano molto voluminosi: una pagina di formato in-folio contiene solo undici righe di ventiquattro caratteri! Ha�y inoltre teme che il rilievo possa consumarsi a forza di essere palpato, senza contare il peso del volume che non favorisce la conservazione del goffraggio. Ma l'inconveniente maggiore resta la lentezza della lettura. L'alfabeto latino � concepito per l'occhio e non per le dita. Risulta difficile distinguere per esempio la B dalla R o la Q dalla O; � altres� difficile trovare l'altezza del corpo che sia adatta alla sensibilit� tattile: se troppo alto, la lettura richiede pi� movimenti del dito e dunque una maggiore lentezza; se troppo basso, si rischiano maggiori errori di lettura. Pierre Villey ha trovato le parole giuste per riassumere il difetto logico di un tale sistema: "parlare alle dita con il linguaggio degli occhi" (cit. in Mellor, 1999, p. 31). Anche un allievo cos� brillante come Braille ci metter� dei mesi a leggere un libro intero. Per tentare di rimediare alla lentezza della lettura, Ha�y ridurr� l'altezza del corpo delle lettere da 4,5 mm a 3,5 circa. Metter� inoltre a punto un sistema di abbreviazioni ispirato a quello in uso presso i copisti medievali e negli incunaboli. Inoltre, egli spera che con il tempo e con l'uso, i ciechi potranno leggere caratteri sempre pi� piccoli, ma l'avvenire deluder� questa speranza. Infatti, questo tipo di carattere non si adatta alla psicologia tattile dei ciechi. I progressi constatati sono dovuti al fatto che gli allievi, leggendo sempre gli stessi libri, finivano con l'impararli a memoria! La produzione di questi libri � costosa e impegnativa. Nel 1819, quando Louis Braille entra nell'Institution royale des jeunes aveugles, la biblioteca della scuola non conta che... 14 titoli. Allontanato dal suo proprio istituto nel 1802, per ordine del ministro dell'Interno Chaptal, Ha�y se ne and� dalla Francia nel 1806 per andare in Russia, alla corte dello zar Alessandro II che gli chiese di fondare un istituto per persone non vedenti. Torner� a Parigi solo nel 1817. Con il tempo, il movimento pedagogico lanciato da Ha�y in favore dei ciechi si espande in tutta Europa. Istituti d'insegnamento per ciechi nascono a Liverpool (1791), Edimburgo (1792), Londra (1799), Vienna (1804), Berlino (1806), Amsterdam (1808), Praga (1809), Copenhagen (1811), San Pietroburgo (1817), Napoli (1818), Barcellona (1820). In Belgio occorre attendere l'indipendenza del paese nel 1830 per vedere la nascita di istituti a Bruxelles (1834), Bruges (1836), Liegi (1837). La maggior parte di essi esiste ancora oggi. Il Braille: origine, ricezione e diffusione Louis Braille (1809-1852), dopo aver perso la vista in seguito ad un incidente occorsogli quando aveva tre anni, entra all'Institution royale des jeunes aveugles nel 1819. Nello stesso anno, pare, un certo Charles Barbier de La Serre (1767-1841) comincia ad interessarsi da vicino alle scritture tattili. Capitano di artiglieria nelle armate del re di Francia, emigrato in America del Nord durante la Rivoluzione, � ritornato in Francia all'inizio del XIX secolo e si appassiona alla crittografia, alle scritture antiche o esotiche e alle tecniche di comunicazione, argomento allora in voga sotto l'Impero. Inventa un sistema di scrittura abbreviato, l'"expeditive fran�aise", e diversi sistemi di scrittura cifrata, applicabili alla corrispondenza diplomatica o militare. Questi sistemi sono basati su delle combinazioni di segni rappresentanti delle lettere o dei suoni, secondo un codice esposto in una tabella che occorre apprendere a memoria. Uno di questi codifca 36 suoni della lingua francese, rappresentati da combinazioni di dodici punti in rilievo disposti in due colonne in sei posizioni. Questa scrittura in rilievo pu� essere letta e scritta di notte, senza luce, ci� che presenta un evidente vantaggio per dei soldati in missione. Ma il suo inventore non tarda ad accorgersi che questo tipo di scrittura presenta anche un interesse per le persone cieche. Egli propone a Sebastien Gulli� (1780-1865), direttore dell'Institution royale des jeunes aveugles, di testare la sua "scrittura notturna" con alcuni allievi, ma la domanda resta senza seguito. Carattere determinato, Barbier torna alla carica nel 1821 con il nuovo direttore, Alexandre-Fran�oise-Ren� Pignier (1785-1874), che si mostra pi� entusiasta del suo predecessore. Per la scrittura, Barbier ha concepito in origine una tavoletta, formata da un'assicella sulla quale sono incise 6 righe orizzontali parallele. Si posiziona sotto di essa un foglio di carta e si formano i punti in rilievo con un punteruolo chiamato stiletto. La verticalit� e la larghezza del segno sono assicurati da una guida mobile: una "graffa" metallica che sar� pi� tardi rimpiazzata da un righello con una serie di alveoli verticali. La assicella verr� in seguito ingrandita fino a diventare una vera tavoletta del formato del foglio di carta. Molto presto ci si accorge che la combinazione di punti inventati da Barbier � pi� adatta alla percezione tattile che i caratteri romani in rilievo alla maniera di Ha�y. Per leggere un segno bisogna contare il numero di punti a sinistra, che corrisponde ad una linea della tavola della sonografia, quindi il numero di punti a destra, che corrisponde alla posizione sulla linea. Gli alunni dell'Institution sono autorizzati ad utilizzare il "Barbier" per prendere note e scrivere tra di loro. La direzione tuttavia non rinuncia per il momento al sistema Ha�y, ma ne considera la scrittura a punti come un utile complemento. Barbier, per parte sua, spera di vedere il suo sistema svilupparsi oltre l'istituto parigino, per divenire uno strumento di diffusione dell'istruzione nell'insieme delle persone con disabilit� visiva. Barbier mette a punto la versione definitiva del suo sistema nel 1822 e lo presenta all'Esposizione dei prodotti dell'industria nel 1823, dove si guadagna una medaglia di bronzo. In quell'anno, Amp�re e Lac�p�de presentano un rapporto molto favorevole all'Accademia delle Scienze: "la scrittura ordinaria � l'arte di parlare agli occhi; quella che ha trovato Monsieur Barbier � l'arte di parlare al tatto" (citato in Henri, 1952, p. 44). Se in effetti si hanno dei progressi rispetto al sistema Ha�y, in quanto i punti sono pi� facili a discriminarsi delle forme complesse della "scrittura ordinaria", la soddisfazione dei principali interessati, ovverossia i ciechi, non � ancora completa. Il sistema Barbier � una sonografia, una scrittura fonetica che non rispetta l'ortografia e questo � piuttosto imbarazzante in un contesto scolare. Inoltre, non permette di trascrivere i segni di punteggiatura, i numeri e i simboli matematici e la musica. Infine, i caratteri che possono contare fino a dodici punti, sono troppo alti per essere letti dalle dita con immediatezza. Occorre infatti contare i punti operando un movimento del dito in verticale oltre al movimento in orizzontale della lettura. Una lettura tattile immediata e sintetica non � allora possibile. Louis Braille e molti dei suoi compagni si adoperano per risolvere questi problemi. Louis Braille sar� il pi� perseverante in questa ricerca febbrile. Egli sottopone a Barbier i risultati delle sue ricerche, ma questi li accoglie assai freddamente. D'altronde, la differenza d'et� - quarantadue anni! - ha senza dubbio il suo peso. Nonostante ci�, l'anziano ufficiale ammette che la giovane et� di Braille, gli ha fatto risolvere problemi di cui lui stesso aveva cercato la soluzione ma invano. Riconosce tranquillamente che i caratteri della sua scrittura dovrebbero essere pi� stretti, ma resta inflessibile sul fatto che il suo sistema non sia ortografico. Per lui l'ortografia � un ostacolo inutile per insegnare la lingua scritta alle persone cieche che non sono state ancora scolarizzate. Inoltre, Barbier tiene molto alla sua sonografia, che per lui pu� diventare un sistema di comunicazione universale che egli immagina. Nel 1824 scrive a Pignier sulla questione dell'ortografia e sottolinea che gli allievi ciechi "devono tralasciarla in quanto si troverebbero senza tutte quelle difficolt� che irritano lo studio delle lingue, senza che noi possiamo immaginarne la pronuncia; essi al contrario senza studio e senza sforzo scrivono quelle di ogni lingua di cui i suoni si trovano nel loro alfabeto" (lettera citata in Weygand, 2003, p. 333). Braille non si scoraggia e continua il suo lavoro, consacrando il poco tempo libero che gli lascia lo studio all'Institution e le vacanze estive, passate in famiglia a Coupvray. Questo lavoro accanito ha un esito e il giovane finisce per concepire, a da "Barbier", un sistema originale. Dopo alcuni tentativi e delle prove realizzate con i suoi compagni, nel 1825 Louis Braille mostra al dottor Pignier i risultati delle sue ricerche. Braille non ha che 16 anni, ma, a dire di Pignier, il suo sistema � gi� nella forma definitiva, per lo meno nella sua parte essenziale. Nel 1827 viene tentata una prima esperienza: la trascrizione de La grammaire des grammaires. Il risultato � decisivo e, nel 1829, appare la prima esposizione del sistema Braille: Proc�d� pour �crire les paroles, la musique et le plain-chant au moyen de points, � l'usage des aveugles et dispos�s pour eux. � l'atto di nascita del sistema che render� celebre Braille e al quale dar� il suo nome. L'opera � stampata con i caratteri in rilievo lineare dalla stamperia dell'Institution royale des jeunes aveugles. Il sistema presenta ancora qualche imperfezione, in particolare l'uso di un tratto liscio per rappresentare il punto, le cifre e i simboli matematici. Il tratto liscio pu� essere in effetti facilmente confuso al tatto con i due punti che occupino la medesima posizione. Sparir� infatti nella seconda edizione del Proc�d�, pubblicata nel 1837, che costituisce la versione definitiva del Braille originale. Ben sapendo che il suo sistema � ben pi� che un semplice miglioramento di quello di Barbier, Braille ha tenuto a rendergli omaggio in ciascuna delle 10 edizioni del Proc�d�. Barbier stesso riconosce i meriti del giovane inventore scrivendogli il 31 marzo 1833: "Ho letto con molto interesse il metodo di scrittura che voi avete concepito per l'uso in particolare da parte delle persone prive della vista. Non posso applaudire troppo al sentimento di benevolenza che vi porta ad essere utile a coloro che condividono la vostra sfortuna [...] � bello alla vostra et� esordire come voi avete fatto e si pu� molto attendere dai sentimenti illuminati che vi dirigono" (citato in Henri, 1952, p. 68-69). In una nota del 15 maggio, indirizzata alla direzione dell'Institution royale, Barbier aggiunge: "� M. Louis Braille, giovane studente ed oggi ripetitore all'Institution royale di Parigi, che ha avuto la felice idea di ridurre la scrittura a punti ad una interlinea di 3 righe. I caratteri occupano meno spazio e sono pi� facili a leggersi; sotto questo doppio aspetto, � un servizio essenziale di cui dobbiamo a lui il merito" (cit. in Henri, 1952, p. 69). Questa nota deve figurare in una nuova edizione della sua Scrittura notturna. Il capitano non si ritiene vinto e, fino alla fine della sua vita, si batter� - invano - per promuovere le sue invenzioni, bussando alle porte di molti ministeri. Poche opere solamente saranno stampate con il suo sistema. L'originalit� del Braille in rapporto al sistema Barbier, da cui deriva, non � messa in discussione. Il Braille non � una sonografia, ma un sistema alfabetico, che rispetta l'ortografia ed � applicabile a tutte le lingue, per mezzo di qualche adattamento. Contrariamente al sistema di Barbier, permette di trascrivere non solamente l'alfabeto completo, ma anche la punteggiatura, i numeri e i simboli matematici, la notazione musicale. D'altra parte, la dimensione delle lettere, rientrando perfettamente sotto il polpastrello delle dita, permette di formare subito una immagine, senza movimento delle dita e senza contare alcunch�, da cui un considerevole vantaggio per la velocit� di lettura. Per la scrittura, Braille adatta la tavoletta Barbier. Il regolo-guida � costituito da una doppia linea di fori, corrispondente al regolo Barbier dei dodici punti divisi in due. Il principio resta identico: la carta � segnata - o pi� precisamente punzonata - con l'aiuto di un punteruolo e di un regolo mobile, che si sposta di riga in riga, lungo una cornice con delle tacche che mantiene il foglio in posizione. Si scrive sul recto da destra a sinistra e "a specchio" per rileggere il rilievo da sinistra a destra nel verso del foglio. Questo sistema � in uso ancora oggi, nonostante lo sviluppo di macchine da scrivere. Braille espose nella prefazione al suo trattato il modo in cui ha elaborato il suo alfabeto tattile, presentato sotto forma di una tabella composta da linee (o serie) di dieci segni ciascuna. La prima edizione comprende nove serie di dieci segni ciascuna e sei segni supplementari. Solo le prime quattro serie - contenenti l'alfabeto fondamentale - si sono conservate nella versione definitiva. Se ci si riferisce alla numerazione convenzionale per l'identificazione della posizione dei punti, la prima serie dei dieci segni, chiamata "serie fondamentale", utilizza solamente i punti 1, 2, 4 e 5, detti quattro punti superiori della cella Braille. I dieci segni fondamentali sono attribuiti alle prime dieci lettere dell'alfabeto latino (da a a j). Con una logica molto semplice, gli altri segni sono formati riprendendo la serie fondamentale ed aggiungendo i punti 3 e 6: la seconda serie di dieci lettere (da k a t) aggiungendo il punto 3 alle lettere della linea di base, le dieci lettere seguenti (da u a �) aggiungendo i punti 3 e 6 e la quarta serie (lettere accentate, digamma e w) aggiungendo il punto 6. Il posizionamento insolito della w nell'alfabeto Braille � dovuto al fatto che Braille omise alcune lettere, poco utilizzate in francese. Secondo Edgar Guilbeau ("La question du W dans l'alphabet Braille", in Le Valentin Ha�y, gennaio-marzo 1928, p. 37-38), � stato un compagno inglese di Braille, Henry Hayter, a fargli notare questa lacuna, che Braille risolse assegnando alla w l'ultimo posto della quarta serie, rimasto vacante. Notiamo che la w � ben presente in questa posizione nella prima edizione del Proc�d�. Nella versione definitiva la quinta serie (segni di punteggiatura, parentesi, virgolette, segni di abbreviazione) � identica alla prima ma scalata verso il basso. Le cifre da 1 a 9 seguite dallo 0 sono rappresentate dai 10 segni della linea della base preceduti da un marcatore semantico - segno numerico - formato dai punti 3, 4, 5, e 6. Il ricorso a questi marcatori permette di rappresentare praticamente tutti i simboli utili, di solito nel dominio scientifico e musicale. Nei suoi scritti, Braille non offre alcuna spiegazione del modo in cui ha concepito la prima serie dei dieci segni, fondativi di tutto l'alfabeto. La sola spiegazione di cui disponiamo viene da Joseph Guadet (1795-1887), direttore didattico all'Istituto di Parigi dal 1840 al 1871, che ha ben conosciuto Braille ed � stato uno dei sostenitori principali del suo sistema. Senza soffermarsi sui particolari "tecnici" di questa spiegazione, occorre solo considerare che, secondo Guadet, Braille avrebbe combinato i punti delle due file superiori seguendo una logica puramente matematica, in modo da ottenere quindici segni. Avrebbe inoltre verificato la loro discriminabilit�, per scartarne alla fine cinque, che potevano causare una certa confusione. Che sia di ordine logico-matematico o essenzialmente empirico, la formazione di base dell'alfabeto Braille risponde in ogni caso a meraviglia all'imperativo di discriminabilit�, indispensabile ad un sistema tattile efficace. Se la tavoletta di Louis Braille offre ai ciechi un mezzo di una efficacia senza precedenti per comunicare tra loro, essa non permette di comunicare per iscritto con dei vedenti che non conoscano il nuovo codice. Per venire incontro a questa preoccupazione di favorire le relazioni tra ciechi e vedenti - una costante nella storia della pedagogia dei ciechi - Braille pubblica nel 1839 un piccolo opuscolo stampato in nero dal titolo: Nouveau proc�d� pour repr�senter par des points la forme m�me des lettres, les cartes de g�ographie, les figures de g�om�trie, les caract�res de musique, etc. � l'usage des aveugles. Le lettere, dell'alfabeto romano, sono formate da una combinazione di punti disposti secondo una tavola cifrata che indica le coordinate verticali ed orizzontali di ciascun punto all'interno della lettera data. Le combinazioni si compongono di dieci punti in altezza, ed � per questo che tale scrittura � chiamata "decapoint". I punti sono realizzati attraverso una griglia molto fine che si muove di riga in riga su una tavoletta simile alla tavoletta Braille classica. La scrittura � ben leggibile, ma l'esecuzione risulta lenta e minuziosa. Un meccanico cieco, Pierre Fran�ois Victor Foucault (1797-1871), ex allievo dell'Institution royale des jeunes aveugles, inventa allora una macchina ingegnosa, che permetteva di produrre questo tipo di scrittura con pi� rapidit�. "La tavola a pistoni" di Foucault - chiamata pi� tardi "rafigrafo" - sar� sottoposta a molteplici miglioramenti e sar� utilizzata per almeno 50 anni prima di essere rimpiazzata dalla dattilografia. In Belgio una variante del "decapoint" fu elaborata nel 1886 da Isidore Cl� (1862-1917), professore all'Institut royal di Woluwe-Saint-Lambert. Non ci sono rimaste che le lettere maiuscole, formate dalla combinazione di cinque punti in altezza e tre in larghezza al massimo. Tale alfabeto si diffonder� con il nome di "puntinato belga". Peraltro, sono stati proposti diversi tentativi di migliorare il Braille, ed in particolare per ridurre il volume dei testi (un libro in Braille � all'incirca cinque volte pi� grande del corrispondente volume in nero). Braille stesso aveva immaginato una scrittura "interlineare", che permettesse di scrivere sul recto e sul verso del foglio. Vengono sviluppati ugualmente dei sistemi di abbreviazioni ortografiche e stenografiche. L'abbreviato ortografico elimina i segni giudicati non indispensabili, ma rispettando l'ortografia. La stenografia, che � pi� rapida, modifica il significato del carattere Braille, assegnando i segni pi� semplici alle lettere pi� ricorrenti e dando ad alcuni segni un valore fonetico, in maniera da scrivere le parole pi� frequenti con due segni solamente. Ricezione e diffusione del Braille La pubblicazione del procedimento di Louis Braille da parte dell'Institution royale des jeunes aveugles testimonia la volont� di ufficializzare e diffondere l'impiego di questa nuova modalit� di scrittura. In un primo tempo, sotto la direzione di Pignier le cose andarono positivamente: dal 1830 gli allievi poterono redigere i loro compiti in Braille. Nel 1834 l'Istituto presenta dei testi in Braille all'Esposizione dei prodotti dell'industria. Tre anni pi� tardi, la stamperia dell'Istituto pubblica il primo libro stampato in Braille, un manuale di storia della Francia. Per realizzare una fondita di caratteri in economia, � stato realizzato un solo punzone con tutti e sei i punti Braille. I caratteri fusi vennero quindi tutti minuziosamente rielaborati al bulino da insegnanti e studenti per formare le differenti lettere eliminando i punti inutili. Tale materiale verr� utilizzato fino al 1854. Questi progressi sono purtroppo rimessi in questione nel 1840, quando Alexandre-Ren� Pignier viene allontanato dal suo vice Pierre-Armand Dufau (1795-1877), professore all'Istituto dal 1815. Braille perde cos� il suo pi� fedele sostenitore all'interno della direzione. Dufau tenta di ritornare ad un sistema analogico: mette fine alla stampa di libri secondo il sistema di Braille, e limita il suo uso alle note personali e alla musica. Le partiture sono stampate in caratteri Braille per la parte musicale, ma i testi sono in rilievo lineare. Questa realtiva eclissi di un sistema che comunque ha fatto le sue prove si spiega con l'attaccamento di Dufau al principio di Ha�y, per il quale occorre privilegiare la scrittura analoga a quella dei vedenti per evitare ogni chiusura. Alla fine Dufau si arrende all'evidenza e riconosce pubblicamente nel 1850 la superiorit� del sistema Braille, che viene infine adottato ufficialmente all'Institution di Parigi. Nel tempo, il Braille prosegue la sua diffusione fuori dalla Francia. La seconda edizione del Proc�d� (1837), contenente la trascrizione Braille del Pater in 6 lingue (latino, francese, italiano, spagnolo, inglese e tedesco), fu inviata a tutti gli istituti per ciechi nel mondo: Bruges, Bruxelles, Copenhagen, Edimburgo, Glasgow, Madrid, Filadelfia, ecc.. Notiamo che il Belgio sembra aver adottato il Braille nell'insegnamento specializzato a partire dal 1836. Ma se il Braille � entrato molto presto in uso presso alcune istituzioni del Belgio, non esclude tuttavia l'utilizzo di altri tipi di alfabeto in rilievo, lineari o punteggiati, analoghi all'alfabeto latino. Numerosi sistemi si sono sviluppati, parallelamente al Braille, con fortune diverse, la maggior parte di essi fondati sul principio analogico della tradizione Ha�y. � il caso dei sistemi Alston, Fry, Gall e Klein. Alcuni dei loro inventori, consapevoli dei problemi di discriminazione posti dalla linearit� dei caratteri, propongono di migliorare la percezione delle lettere in rilievo, sia pensando ad una stampa punteggiata, sia accentuando i tratti angolari dei caratteri. La scrittura puntinata era gi� stata utilizzata nel XVIII secolo da M�lanie de Salignac e Maria-Theresia von Paradis, che ne avevano mostrato alcuni esempi a Valentin Ha�y. Nel 1809, Johann Wilhelm Klein (1765-1848), fondatore del Blindenerziehungsinstitut di Vienna, "riscopre" questo sistema, chiamato Stachelschrift (scrittura per punti), che si diffonde in molti paesi di lingua tedesca: lettere in forma di maiuscolo romano sono introdotte a Berlino da Zeune nel 1810, a Breslau da Knie nel 1819, a Monaco da St�ber nel 1827, a Braunschweig da Lachmann nel 1830, a Zurigo da Schiebel nel 1838. Tuttavia occorrer� aspettare il 1830 per veder pubblicate le prime stampe con questi caratteri. Fino ad allora, i libri tedeschi saranno stampati in rilievo lineare. In Gran-Bretagna i tentativi si sviluppano invece verso una modificazione dell'alfabeto latino. Un libraio-editore scozzese, James Gall, cre� un alfabeto lineare detto "triangolare". Nel 1832, egli ottiene una medaglia d'oro al concorso per il miglior alfabeto per ciechi, indetto dalla Society of Arts for Scotland. Vi furono presentati non meno di cinque sistemi, di cui tre soltanto basati sull'alfabeto latino. Oltre a Gall, tra i concorrenti occorre ricordare Thomas Lucas, autore di un alfabeto di tipo stenografico, che combina linee dritte e curve assieme a punti. James Hatley Frere (1779-1866) e, pi� tardi, William Moon (1818-1894) mettono a punto anche loro una scrittura tattile. Negli Stati Uniti, gli istituti per ciechi di Boston e Filadelfia adottano ciascuno un alfabeto latino semplificato. Il carattere "Boston" dovuto a Samuel Gridley Howe (1801-1876), primo direttore del New England Asylum for the Blind (divenuto Perkins Institution for the Blind), si diffonde con un certo successo oltre Atlantico, prima di cedere il passo al "Braille americano". Di tutti questi sistemi analogici, solo quello di Moon avr� un reale sviluppo. Anche se sono facilmente discriminabili, i caratteri Moon occupano tuttavia pi� spazio del Braille e si prestano male alla scrittura manuale. In 50 anni, 200 mila volumi verranno stampati soprattutto in lingua inglese con questo carattere, ed ancora oggi risulta talvolta utilizzato nel caso di ciechi tardivi, per i quali l'apprendimento del Braille risulta difficoltoso. Occorre anche ricordare alcuni tentativi piuttosto curiosi che uniscono sistema Braille e alfabeto latino. Nel suo istituto di Bruges, Charles-Louis Carton (1802-1863) introduce una scrittura che riprende la matrice Braille, ma dispone i punti in maniera da imitare i caratteri latini. Anche Mascaro a Lisbona e Venezia a Dunkerque creano caratteri "ibridi", unendo con dei tratti i punti dei caratteri Braille, cos� da realizzare delle lettere leggibili dai vedenti che non conoscono il Braille. In questa babele di scritture tattili, dove la resistenza dei partigiani dell'alfabeto latino � molto forte, il Braille ci metter� del tempo per imporsi. Generalmente, a seguito di quello che � stato fatto a Parigi, il Braille viene da subito ammesso come semplice strumento per prendere appunti, prima di essere ufficialmente accettato ed entrare nelle casse dei tipografi. � sotto la spinta degli utenti, conquistati dalle possibilit� del sistema, che il Braille finisce per soppiantare i suoi concorrenti. Tuttavia, anche dopo l'adozione del Braille, gli studenti ciechi devono spesso continuare ad apprendere in parallelo anche l'alfabeto latino. Molti responsabili di istituzioni di insegnamento per ciechi difficilmente rinunciano al principio di Ha�y, secondo il quale "il cieco deve in ogni cosa rapportarsi il pi� possibile ai vedenti", soprattutto nell'ambito particolarmente delicato della comunicazione del sapere. Diversi sono i fattori che possono spiegare la persistenza della scrittura analogica nell'insegnamento ai ciechi: il peso della tradizione, il primato della vista, la preoccupazione di un controllo sociale da parte di insegnanti e familiari vedenti. Ed inoltre la questione dell'integrazione dei ciechi nella societ� dei vedenti: il Braille, troppo differente dall'alfabeto ordinario, � visto da molti come un freno in un processo integrativo che deve portare il cieco ad adattarsi ai modi di comunicazione dei vedenti e non viceversa. Si ritrova questo paradigma anche nella proposta di Charles-Louis Carton, pioniere dell'educazione dei ciechi e dei sordi in Belgio: "se un carattere, conosciuto dai vedenti, viene impiegato nella stampa in rilievo per ciechi, questi sfortunati sono pi� vicini agli altri uomini, che se usassero un carattere sconosciuto a coloro che li circondano: checch� se ne dica, costa fatica apprendere un nuovo alfabeto per insegnarlo ai bambini e questa difficolt� scoragger� persone, che senza di essa, si sarebbero occupati di questo insegnamento. Diminuire la difficolt� che avrebbero i vedenti a conoscere l'alfabeto dei ciechi, significa realmente lavorare in favore dei ciechi. [...] l'adozione del carattere ordinario rende possibile [l'integrazione dei bambini ciechi] e l'educazione dei ciechi diviene semplice come quella degli altri" (Carton, 1838, p. 90-91). Cinquant'anni pi� tardi, Maurice de La Sizeranne (1857-1924), intellettuale cieco, professore all'Institution des jeunes aveugles e fondatore dell'Association Valentin Ha�y, fornir� una risposta magistrale alle precedenti obiezioni: "Occorre avvicinare il pi� possibile i ciechi ai vedenti, questo � l'argomento principale di coloro che vogliono stampare i libri per ciechi in caratteri romani. � indubbio che occorra elevare il cieco al livello dei vedenti, a farlo sempre di pi� uguale a loro. Ma qual � il cieco che pi� si avvicina al vedente? � quello che decifra con fatica 50 parole al minuto e scrive 20 lettere, con dei caratteri romani, o non piuttosto quello che legge velocemente in Braille 100 parole al minuto e scrive pi� di 60 lettere? [...] Quello che, in relazione a lettura e scrittura, assimila di pi� i ciechi ai vedenti, � il sistema che gli permette di leggere e di scrivere il pi� velocemente possibile, fermo restando che la lentezza, tra tutti gli atti materiali, � la grande inferiorit� del cieco. � inoltre il sistema che permette di inserire pi� argomenti in una pagina scritta o stampata in rilievo, senza diminuirne la leggibilit�, per poter ottenere libri il pi� possibile poco ingombranti e costosi, poich� il volume enorme ed il prezzo elevato costituiscono per il cieco un elemento considerevole di inferiorit�" (La Sizeranne, 1908, p. 219-220). Questo testo, pubblicato nel 1897, testimonia di come, alla fine del XIX secolo, la polemica tra i sostenitori del Braille e i difensori di quello che La Sizeranne ed altri chiamano "alfabeto volgare" - senza per questo dare una connotazione peggiorativa al termine - non sia ancora terminata. Si verifica dunque una transizione lenta ma inesorabile dalla "galassia Ha�y" alla "galassia Braille", ma anche all'interno della "galassia Braille" si danno delle turbolenze. A Lipsia viene modificato il sistema assegnando i segni con il minor numero di punti alle lettere pi� ricorrenti nella lingua tedesca. Negli Stati Uniti vengono create due varianti del Braille: il sistema Wait, meglio conosciuto come New York Point, pubblicato nel 1868 da William Bell Wait (1839-1916), e dieci anni pi� tardi l'American Braille, che segue il principio del Braille di Lipsia applicato all'inglese. Wait, direttore vedente del New York Institution for the Blind, non si accontenta solo di modificare il codice Braille in funzione della lingua inglese, ma cambia anche la disposizione dei caratteri, presentati orizzontalmente rispetto al carattere Braille classico. I caratteri Wait hanno al massimo due punti in altezza e quattro punti in larghezza. Una tale sistemazione non � priva di alcuni vantaggi - il Braille tedesco offre una economia di spazio del 20%, l'alfabeto Wait del 25% (Henri, 1952, p. 80 e 82) -, ma si scontra con la standardizzazione. Il confronto decisivo avviene a Parigi, all'epoca del Congresso internazionale per il miglioramento della vita dei ciechi e dei sordomuti. La standardizzazione delle procedure di scrittura per ciechi � chiaramente all'ordine del giorno della commissione H, incaricata di "studiare i diversi metodi di stampa e di scrittura in vista dell'unificazione dei sistemi" (Congr�s universel, 1879, p. 142). Vi vengono rappresentati la Germania, l'Austria-Ungheria, il Belgio, la Danimarca, la Francia, la Gran Bretagna, l'Italia, i Paesi Bassi, la Svezia e la Svizzera. Nelle sue conclusioni, la Commissione scarta l'alfabeto Moon come sistema principale, perch� non si conf� alla scrittura manoscritta e a quella della musica. Un altro progetto, proposto da Joel W. Smith, professore cieco dell'Istituto Perkins di Boston, viene rigettato ancor pi� decisamente, in quanto, proponendo un Braille modificato in funzione della frequenza delle lettere propria di ciascuna lingua, veniva di fatto a creare tanti alfabeti quante sono le lingue. Infine, i sostenitori dell'alfabeto latino in rilievo non avevano ancora pronunciato l'ultima parola. Riassumendo le loro posizioni, Edmund Charles Johnson (1821-1895), membro del comitato della School for Indigent Blind di Londra, afferma che "malgrado certi vantaggi che si riconoscono al sistema Braille, esso non deve essere adottato escludendo altri sistemi che rendono considerevoli servizi ai ciechi", ed aggiunge: "Il sistema Braille, convenzionale, speciale, separa il cieco dai vedenti, e [...] il primo posto deve essere attribuito al carattere romano in rilievo". La replica del relatore della Commissione, Johann Hendrik Meyer (1831-1892), direttore del Blindeninstitut di Amsterdam � senza appello: "Considerando che solo i caratteri inventati da Braille, sia per i manoscritti che per la stampa, si applicano all'ortografia, alla stenografia, alla matematica e alla musica, si propone di dichiarare che, davanti a questi incontestabili vantaggi, � impossibile non proclamare la superiorit� del sistema grafico del professore francese cieco Braille". Questa affermazione viene adottata dalla maggioranza e alla fine il Congresso si pronuncia "in favore della diffusione del sistema Braille non modificato" (Congr�s universel, 1879, p. 145 e 153). � una svolta decisiva, anche se rimangono alcuni ostacoli da superare. Nel mondo occidentale, dopo il Congresso del 1878, gli Stati Uniti ancora resistono all'onda dirompente del Braille originale. La superiorit� di questo sistema di punti � stata certamente riconosciuta dopo il 1860, ma la maggior parte degli istituti continua ad insegnare congiuntamente anche alfabeti lineari come il Moon o il carattere di Boston. Inoltre il Braille originale deve far fronte ad alcuni outsiders, come il "Braille americano" da una parte e il "punto di New York", creato da Wait, dall'altra. La moltiplicazione dei codici, senza contare i sistemi di abbreviazioni propri di ciascuno, non facilita il compito dei lettori americani ciechi. Ad esempio, il periodico fondato nel 1907, Matilda Ziegler Magazine for the Blind, viene pubblicato in due edizioni, una in Braille americano e l'altra nel punto di New York; la copertina viene composta con il carattere lineare di Boston, e tutto questo si protrae fino al 1940. La concorrenza cos� accesa tra i sistemi - talvolta chiamata War of the Dots -, alimentata da rivalit� tra istituti e tra persone, si prolungher� fino al 1917, data in cui il Braille originale verr� infine accolto come sistema unico. Quando si considerano le difficolt� incontrate per unificare il Braille in relazione alle lingue occidentali, si pu� ben immaginare la sfida che pone questo obiettivo nel caso delle lingue extra-europee. Dagli anni settanta dell'Ottocento, il Braille viene adattato all'arabo, al cinese, al giapponese e a diverse lingue indiane. Nei paesi la cui scrittura � ideografica e non alfabetica, come in Cina, � stato necessario ricorrere al codice di traslitterazione fonetica utilizzato per la trascrizione di parole cinesi nell'alfabeto europeo. La standardizzazione alfabetica � in effetti un'impresa enorme, che l'UNESCO ha intrapreso nel 1949. I suoi lavori sono stati pubblicati nel 1953 in World Braille Usage, che elenca i codici Braille per molte lingue e i principi di base che tutti i codici devono seguire. Un'edizione riveduta � apparsa nel 1990, ma contiene ancora molti errori. Da allora gli utenti Braille hanno atteso una nuova versione di questa raccolta (Zurita, 2009). In conclusione, l'invenzione di Louis Braille si realizza in un contesto particolarmente favorevole. In seguito al movimento generale in favore dell'insegnamento speciale che vede il suo sviluppo tra il 1770 e il 1820, diversi istituti per l'insegnamento ai ciechi si sviluppano in tutto il mondo occidentale, seguendo le idee e le realizzazioni di Valentin Ha�y. Questo universo scolare in espansione continua, volto all'integrazione socioprofessionale e culturale dei disabili della vista, si rivela un vasto "brainstorming" per elaborare un sistema di scrittura adattato. Questo fervore creativo trova potenti alleati nelle associazioni create per promuovere il miglioramento della situazione materiale, morale ed intellettuale dei ciechi di tutte le condizioni sociali. L'organizzazione del congresso internazionale, nella seconda met� del XIX secolo, giocher� un ruolo determinante nella scelta del Braille come sistema universale. Concepita ed elaborato da vedenti, determinato dalle pratiche iniziate da Ha�y, l'educazione dei ciechi privilegia in un primo tempo gli alfabeti analogici in rilievo, costituiti da tratti continui o puntinati. Con la sua sonografia Charles Barbier apre una breccia nel muro del rilievo analogico. Louis Braille vi si getta, ma servir� un lungo lavoro per venirne a capo. Lo schiacciante successo del sistema di Braille si deve alle sue qualit� intrinseche. Sul piano della discriminabilit�, la superiorit� del carattere Braille sul carattere romano in rilievo sar� dimostrata a posteriori dall'esperienza. Inoltre, la struttura del Braille si adatta agevolmente a tutti i modi di produzione dello scritto: scrittura manuale, scrittura meccanica, stampa, informatica, Internet. La chiave della "portabilit�" del Braille - per riprendere un termine informatico - � precisamente il suo carattere binario: presenza o assenza del punto. Dalla rottura con la scrittura analogica - alfabetica o ideografica se si tiene conto delle lingue orientali - concepita per gli occhi, � nata una scrittura che forma immagini per le dita. � senza dubbio qui che si pone il "genio" di Braille: egli non ha inventato il principio delle combinazioni numeriche dei punti in rilievo, gi� messe in opera da Lana Terzi e soprattutto da Barbier, ma ne ha scoperto una disposizione utile alla percezione tattile dello scritto che ne permettesse una lettura globale. Ci� facendo egli ha offerto ai ciechi la possibilit� di ottenere competenze di lettura che si avvicinano a quelle dei vedenti. In pi�, preferendo alla sonografia difesa da Barbier un sistema alfabetico che trascrive sotto forma numerica l'alfabeto latino, universalmente praticato, Braille ha concepito un sistema che permette di trascrivere testi senza alterarne la ricchezza, e questo praticamente in tutte le lingue. Non c'� dunque nessuna rottura totale con la galassia Ha�y: Braille ha voluto rispondere alla preoccupazione di avvicinare per quanto possibile il cieco al vedente conservando l'alfabeto latino come sistema di riferimento. La rottura si situa sul piano grafico: una grafia analogica, lineare e bidimensionale, propria del riconoscimento ottico, cede il posto ad una grafia numerica, puntinata e tridimensionale, adatta al riconoscimento tattile. Il Braille � dunque il compromesso tra due esigenze fondamentali. La prima, di ordine sociologico, � la preoccupazione formulata da Ha�y ed espressa da tutti gli attori dell'educazione delle persone non vedenti, di non isolare costoro in un sistema ermetico ai vedenti, ma al contrario di integrarli nella societ� fornendo loro un accesso autonomo al testo scritto, veicolo per eccellenza del pensiero. La seconda esigenza � di ordine psicopedagogico: per offrire al cieco un autentico accesso al testo scritto, occorreva sicuramente liberarsi di una forma significativa concepita per la vista e non per il tatto. Storicamente, � proprio a partire da qui, da quando cio� gli attori del mondo educativo hanno compreso ed ammesso la necessit� di un tale compromesso, che sono stati saltati gli ultimi ostacoli che impedivano al Braille di soppiantare le scritture analogiche. Numerosi sono quelli che hanno cercato la chiave, che apre la biblioteca universale dei ciechi. La maggior parte degli inventori di scritture per ciechi sono vedenti. Alla fine sar� grazie ad un giovane cieco formato alla scuola di Valentin Ha�y, che si realizzer� la scrittura pi� chiara e pi� efficace. Riferimenti bibliografici Carton, Charles-Louis (1838). "Les �tablissements pour les aveugles en Angleterre". In: Le sourd-muet et l'aveugle, II, p. 1-114. Cl�ro, Jean-Pierre (1999). "Saunderson ou "l'�me au bout des doigts". Arithm�tique palpable et g�om�trie digitale". In: VOIR barr�, n. 18, p. 30-45. Congr�s universel pour l'am�lioration du sort des aveugles et des sourds-muets, tenu � Paris, du 23 au 30 septembre [1878] (1879), Paris, Imprimerie Nationale, 1879. Diderot, Denis (1972). Lettre sur les aveugles, Paris, Garnier-Flammarion. Favart, D., Peeters, M. (1985). 150 ans d'�ducation et d'enseignement aux aveugles et malvoyants, Bruxelles. Henri, Pierre (1952). La vie et l'oeuvre de Louis Braille, inventeur de l'alphabet des aveugles (1809-1852), Paris, PUF. [Trad. it.: P. Henri, La vita e l'opera di Louis Braille. 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Con il presente contributo, chi scrive vuole esprimere grande soddisfazione per il riconoscimento ufficiale degli Educatori e dei Pedagogisti italiani e ringraziare profondamente l'On. Vanna Iori per aver voluto con forza questo "storico" traguardo. Infatti, con tale provvedimento, queste due importantissime figure professionali potranno uscire dall'"ombra" ed espletare finalmente con "diritto di cittadinanza" il loro lavoro educativo e pedagogico, reso sempre pi� imprescindibile e cogente dai grandi cambiamenti culturali in atto e dalle sfide della modernit� e della societ� della conoscenza. Trattasi certamente di un atto legislativo dal notevole significato politico perch�, proprio sul "filo di lana" della legislatura, le Camere, dimostrando grande senso di responsabilit�, sono riuscite a venir fuori dal grave stato di empasse in cui versava ormai da un anno e mezzo a Palazzo Madama il DDl 2443 "Disciplina delle professioni dell'Educatore e del Pedagogista" che, non dimentichiamolo, era stato licenziato dal Parlamento gi� nel giugno del 2016 con la c2656. In sostanza il comma 115 bis definisce le figure professionali di educatore professionale socio-sanitario, educatore professionale socio-pedagogico e pedagogista e traccia la loro formazione. "All'educatore professionale socio-sanitario continuano ad applicarsi le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanit� 8 ottobre 1998, n. 520. L'esercizio della professione di educatore professionale socio-pedagogico � subordinato al conseguimento della qualifica attribuita a seguito del rilascio del diploma di un corso di laurea della classe di laurea L-19 Scienze dell'educazione e della formazione e la qualifica di educatore professionale socio-sanitario � attribuita a seguito del rilascio del diploma di laurea abilitante di un corso di laurea della classe L/SNT2 delle professioni sanitarie della riabilitazione. La qualifica di pedagogista � attribuita a seguito del rilascio di un diploma di laurea abilitante nelle classi di laurea magistrale LM-50 Programmazione e gestione dei servizi educativi, LM-57 Scienze dell'educazione degli adulti e della formazione continua, LM-85 Scienze pedagogiche o LM-93 Teorie e metodologie dell'e-learning e della media education." Il comma 115 ter stabilisce i servizi in cui educatore professionale socio-pedagogico e pedagogista operano. Infine, i commi 115 quater, quinquies e sexties disciplinano la fase transitoria: "possono acquisire la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico, previo superamento di un corso intensivo di formazione per complessivi 60 crediti, da svolgersi presso le universit�, anche tramite la formazione a distanza, coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono in possesso di determinati requisiti e intraprendono i corsi intensivi entro tre anni. Acquisiscono direttamente la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono titolari di un contratto di lavoro a tempo indeterminato negli ambiti professionali definiti dalla legge e abbiano almeno cinquanta anni di et� e dieci anni di servizio oppure almeno venti anni di servizio. Chi ha svolto l'attivit� documentata di educatore per un periodo minimo di dodici mesi, anche non continuativi, pu� continuare ad esercitare l'attivit� di educatore ma non pu� avvalersi della qualifica di "educatore professionale socio-pedagogico": tuttavia il mancato possesso della qualifica di "educatore professionale socio-pedagogico" o di "educatore professionale socio-sanitario" non pu� costituire, direttamente o indirettamente, motivo per la risoluzione unilaterale dei rapporti di lavoro in corso alla data di entrata in vigore della presente legge." Adesso, il nostro auspicio � che, in sede di decreti attuativi, si possano effettuare interventi correttivi al provvedimento appena approvato, affinch� venga riconosciuto pure il profilo del Pedagogista Esperto in Scienze Tiflologiche, operatore ritenuto da noi "strategico" ed essenziale per una proficua inclusione degli alunni/studenti con disabilit� visiva. Infatti, gli attuali operatori tiflologici dei Centri di Consulenza Tiflodidattica (CCT) della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi e della Biblioteca Italiana per i Ciechi, nonostante abbiano maturato ormai da anni comprovata esperienza ed elevata professionalit�, sono costretti a lavorare nel "limbo" di una situazione indefinita a causa del loro mancato riconoscimento giuridico. Istituzionalizzare una volta per tutte il profilo del Pedagogista Esperto in Scienze Tiflologiche, infatti, non significherebbe voler eliminare i docenti per il sostegno o ridimensionarne l'insostituibile ruolo "inclusivo", quanto piuttosto ri-proporre e ri-affermare definitivamente la necessit� della specificit� tiflologica nel processo di educazione e di istruzione dei ciechi ed ipovedenti, anche e soprattutto nel Terzo Millennio. Gianluca Rapisarda (direttore scientifico I.Ri.Fo.R.) Classici della tiflologia Significato e valore dei sussidi didattici nella scuola elementare per ciechi (Tratto da: Luce con luce. Rivista trimestrale della Scuola di Metodo "Augusto Romagnoli" per gli educatori dei ciechi, a. 3 (1959) n. 2, pp.39-43) di Orfeo Ferri (pagg.114-119) - sussidi didattici devono avere caratteristiche peculiari per poter sviluppare la formazione delle immagini. - Il materiale didattico � il sussidio necessario che agevola nel fanciullo le rappresentazioni della mente; e ci� si pu� dire indifferentemente sia riguardo al bambino che abbia l'integrit� sensoriale, sia riguardo al privo di uno o pi� sensi. Nella scuola primaria ormai la natura astratta della parola ha perduto ogni giorno di pi� valore, acquistando invece consistenza e importanza massima la rappresentazione, l'immagine, i contenuti mentali concreti. Con il rinnovamento operatosi nella scuola del nostro secolo si � posto principalmente l'accento sui processi mentali e sulle leggi che regolano i meccanismi di apprendimento del fanciullo, al fine di spogliare la lezione di qualunque sovrastruttura verbalistica, dannosa e ingombrante per la mente dello scolaro desiderosa di conoscere. Appunto in tale sforzo magnifico di ricognizione, di critica dei mezzi usuali dell'imparare, di ritrovamento di espedienti pi� atti a secondare le operazioni intellettuali si affermano il globalismo del Decroly e successivamente il movimento della Montessori, movimento troppo raziocinante e troppo assetato di libert� e spontaneit� infantile. Cito a mo' d'esempio soltanto due nomi molto conosciuti che hanno raccolto e riscuotono tuttora plauso e seguaci. Della medesima grandezza dottrinale di questi due maestri il Romagnoli, sorto si pu� dire dalla stessa rivoluzione pedagogica che port� la scuola a rinnovarsi profondamente, non richiese come essi un materiale didattico altamente specializzato per sopperire alle naturali deficienze della immaginazione dei fanciulli ciechi. Fin dai primi contatti con la scuola Augusto Romagnoli (V. Augusto Romagnoli, Introduzione all'educazione dei ciechi, Bologna 1904 e Ragazzi ciechi, Bologna 1924, Zanichelli. Cfr. i capp.: I primi esercizi di rappresentazione per mezzo della plastica: L'educazione della mano (pag. 67); La plastica e i modelli (pag. 71); Il disegno e l'educazione del senso muscolare... (pag. 78); Come si pu� insegnare utilmente il disegno ai ciechi (pag. 84); Lezioni di cose (pag. 94); Importanza e significato del lavoro manuale (pag. 116)) sostenne la necessit� di far nascere nel ragazzo cieco il bisogno di rappresentare, l'amore al plasmare, al disegnare, al lavorare, il desiderio inteso quale vera e propria esigenza interiore di muover le mani troppo spesso inerti. L'educazione della mano del bimbo cieco � quindi la finalit� che sempre ha da essere presente a chiunque voglia facilitare e integrare con un efficiente materiale didattico la formazione delle immagini nei privi o nei minorati del senso della vista. Se per avventura, specialmente da parte dei maestri vedenti che militano nelle scuole dei nostri Istituti, ci si dimentica di tale finalit�, e nella ideazione e costruzione del materiale didattico ci si lascia attrarre dai caratteri estranei al nostro problema - il colore ad esempio, la pi� o meno pronunciata stilizzazione della figura che rende il materiale stesso graditissimo alla fantasia di chi guarda ecc. - non si assolve il compito che � precisamente quello di facilitare e semplificare al tatto l'immagine che la mano deve, per dir cos�, abbracciare e assimilare. In altre parole, se non si seguono le leggi della forma che governano la strutturazione delle immagini rilevate dal tatto, ci si illude di aver dato al fanciullo una esperienza che egli effettivamente non ha potuto acquisire. Insisto su questo concetto fondamentale senza in alcun modo teorizzare. I criteri visivi ed estetici nella ideazione del materiale didattico per la scuola elementare devono essere subordinati e non possono sopravanzare, come qualche volta succede, quelli tattili. Per esempio, un plastico geografico leggerissimo, maneggevole, levigato, elegante nel colore e nel formato, dai rilievi per� troppo smorti e quindi dai contrasti a primo tocco irrilevanti, non � utile n� aiuta il bambino a studiare la geografia e a orientarsi e perci� a imprimere nella sua mente quel che gli cade sotto le dita. Cos� pure, quei giochi d'incastri formanti un insieme visivo oppure quelle ricostruzioni di carta o cartone a colori di monumenti o basiliche, dove l'elemento visivo � in primissimo piano, possono considerarsi materiale didattico poco utile al fine di chiarire e formare nei fanciulli ciechi idee di cose. Dicendo che si deve ben riflettere sulle caratteristiche che il tatto imprime necessariamente agli oggetti toccati da mano che sa discriminare l'essenziale dall'accessorio, non affermo certo che il materiale didattico della scuola elementare debba essere specioso, debba essere unicamente il frutto di uno studio razionale fatto a tavolino, lontano dalla pratica quotidiana della scuola. Tutt'altro! Tenuto conto dell'importanza del tatto e dell'esigenza di concretezza nei processi conoscitivi di chi � privo della vista, si pu� dire senza alcun dubbio che il materiale didattico per la scuola elementare pu� essere trovato dovunque ed estemporaneamente, nel cortile, in campagna, al contatto vivo della natura. Per imparare a contare non c'� davvero bisogno assoluto di pallottoliere, ma bastano semplicemente dei sassolini, dei bottoni, dei ceci, delle noci o tutto quello che si trova. Cos�, per cominciare a formarsi la nozione di rettangolo, quadrato, basta affidarsi alla esplorazione dei mobili pi� familiari, del proprio banco di studio. Naturalmente l'esercizio di riconoscimento di figure geometriche appositamente costruite con le materie pi� diverse dar� il concetto esatto e la rappresentazione precisa di contorni insoliti e particolari - triangolo, pentagono, ecc. - insomma, nella scuola primaria il materiale didattico comprende in s� tutti quei modelli precisi e direi insostituibili, sotto un certo rispetto, per rappresentare una realt� obbiettiva - macchine, riproduzioni di piante, fiori, organi del corpo umano, ecc.. Ma questo � nulla se esso favorisce l'inerzia mentale, la pigrizia dell'immaginazione e della fantasia infantile. Infatti nel momento stesso nel quale funzionano validi sussidi per rendere operativa l'intelligenza del fanciullo, � costruito dall'alunno medesimo il materiale didattico con una viva, libera, spontanea partecipazione quasi occasionale. La libert� del ragazzo - cio� il suo spirito di iniziativa, "le belle pensate" - non devono mai essere frustrati dall'artificiosit� e dall'ingombro di aiuti e schematizzazioni del tutto superflui. Quando accade che la libera attivit� del fanciullo vien meno? Quando il materiale didattico � specioso, pedantemente e non a ragione specializzato, vincolante al punto di mortificare la volont�, la fiducia in s�, il prezioso lucignolo dello spirito di iniziativa. E questo � particolarmente dannoso per i bambini delle classi elementari dei ciechi, giacch� non � facile combattere e vincere quella terribile monotonia, quel vuoto di fantasmi e di immagini concrete tanto possibili quando il contatto col mondo � limitato al tatto e all'udito. L'efficacia del materiale didattico, dunque, non sta n� nella sua abbondanza, come spessissimo oggi avviene, n� nelle attrattive che presentano giocattoli, modelli, mezzi di rappresentazione, di costruzione, di riproduzione, per le caratteristiche in certo modo troppo esteriori. Nelle classi di istruzione primaria facciamo pure rimanere il pi� possibile il fanciullo fresco nella mente! Non lo standardizziamo con l'imporgli l'uso di modelli fittizi, stereotipi, superflui per la forma mentis individuale di questo o quel bambino! Ricordo un certo gioco inglese o americano che vuole rappresentare "gli ingranaggi": girando una manovella si pu� far ruotare uno, due o pi� ruote dentate, combinandole secondo la legge di Voiginage. Ora, questo meccanismo troppo meccanico per giocare e troppo razionale e dimostrativo e privo di fantasia costituisce uno strumento di eccessiva specializzazione che, � vero, rivela in s� l'aspetto eminentemente meccanico della civilt� del tempo nostro, ma esaurisce dopo pochi momenti e scarica l'interesse dell'alunno generando noia e vero e proprio disinteresse. Pertanto invece, ad esempio, l'orologio costruito in seconda classe pazientemente facendo dapprima disegnare agli alunni sul cuscinetto un circolo con numeri in Braille segnati dagli spilli e poi facendo ritagliare e applicare le sfere magari di cartoncino, � tutt'altra cosa e ha un valore di gran lunga superiore all'orologio-modello di plastica rossa con grandi sfere gialle stilizzate a guisa di quelle che si vedono far mostra nelle orologerie! Le mie parole non vogliono avere alcun sapore polemico. Desidero solamente chiarire i concetti fondamentali che informano l'ideazione e lo scopo precipuo dei sussidi didattici. Grazie a tale moderno orientamento della scuola ai miei ragazzi per un certo tempo ho suggerito di lasciare da parte le costruzioni in plastica fornite di tutto il necessario per metter su una casa - porte, finestre, saracinesche, cornicioni, tetti, balconi, eccetera - e li ho fatti tornare a lavorare con i prismi di legno del primo ciclo e soprattutto con la creta e altri mezzi che sembrano squisitamente di fortuna. La variet� e la semplicit� della materia d� evidentemente pi� campo alla fantasia di spaziare e di essere attiva e l'immaginazione, cos�, compie un maggiore sforzo di concretezza. La preoccupazione di avere a tutti i costi del materiale per ogni cosa che si dice e che si spiega, in gran copia, � fuori di luogo. Non c'� bisogno di toccare ad esempio tutte le variet� di pesce per farsi un'idea esatta del freddo, del viscido, dello scaglioso, ecc.. Il modello in giusta scala dar� certamente dei contorni pi� netti e pi� stabili, contorni che uniti immaginativamente e mnemonicamente alle impressioni provate toccando pi� pesci, forniranno idee abbastanza vicine al vero e quindi utili. Certo l'accostarsi il pi� possibile alla natura � sempre oltremodo efficace, quando si pu�. Per il resto ci sono i modelli comuni e i modelli in scala che hanno funzione eminentemente rappresentativa e integrativa per la formazione delle immagini. Il materiale del gabinetto scientifico della scuola elementare � quello che �: esatto, preciso, pratico nella sua schematizzazione e nella sua rappresentazione delle leggi generali dei principali rami della scienza. � importante e determinante, perch� i ragazzi ciechi acquistino idee concrete, che esso venga effettivamente usato e non tenuto per mesi e per anni negli armadi del museo didattico. In conclusione, il materiale didattico pi� che ispirarsi alla materia della quale ci si serve per foggiare modelli, alle qualit� di essa materia, alle perfette e puntualizzate strutture di ci� che si vuol rappresentare, deve condizionarsi assolutamente al fine che, come ho detto da principio, � quello di chiarire l'idea delle cose, facilitare lo sviluppo della immaginazione e rendere agevole il processo della conoscenza; cosicch� nel fanciullo cieco non si abbia uno iatus: cultura intellettualistica e verbalistica da una parte, e personalit� dall'altra. Solo se non ci si formalizza su schemi prestabiliti, su un'esperienza fatta sistematicamente, su un lavoro di ricerca e di esplorazione impersonali, si evita il pericolo di sussidi didattici speciosi e inefficaci. Non c'� limitazione n� possibilit� alcuna di catalogazione del materiale didattico proprio in virt� dell'esigenza spirituale e pratica dalla quale esso si origina. La funzione di ammaestramento, di guida, di aiuto che in esso � manifesta non pu� sopprimere affatto lo spirito di iniziativa infantile che nei ciechi generalmente � pi� debole che negli altri fanciulli per il minore afflusso di immagini dall'esterno. La spontaneit�, lo spirito di iniziativa, il sapersi adattare a qualunque materiale anche di fortuna sono da conservarsi e da favorirsi nei fanciulli pi� che mai. Perci� non si possono imbrigliare le attivit� del bambino limitando rigorosamente i vari e spontanei campi di applicazione degli strumenti. Un sano ed equilibrato clima di libert� in tutta la scuola primaria fa vincere i pericoli tanto frequenti della noia e della passivit� immaginativa, preparando l'uomo per la vita. Orfeo Ferri| Brevi indicazioni per i collaboratori (pag. 120) Si offrono di seguito alcune indicazioni di massima a cui gli autori dei contributi dovrebbero possibilmente attenersi, per venire incontro al lavoro redazionale della segreteria ed alle esigenze tipografiche della rivista. La collaborazione a "Tiflologia per l'Integrazione" � libera. I contributi dovranno pervenire possibilmente via posta elettronica (all'indirizzo: cdtinfo@bibciechi.it) in formato doc. Il testo dovr� essere in carattere Times New Roman 12 con una interlinea di 1,5. I rientri dei paragrafi dovranno essere di 0,5 a sinistra e a destra. Si raccomanda particolare cura nella citazione bibliografica, che dovr� seguire il sistema "Autore-Data" secondo le regole dell'American Psychological Association (APA). I riferimenti interni al testo dovranno trovare una esatta corrispondenza nella citazione estesa che si trover� alla fine dell'articolo. (Diversi sono i siti Internet che offrono una panoramica sullo stile citazionale dell'American Psychological Association. Si pu�, tra gli altri, vedere: http://campusgw.library.cornell.edu/newhelp/res_strategy/citing/apa.html). Gli autori che riportano una bibliografia a corredo del loro articolo (senza rinvii all'interno del testo) dovranno utilizzare lo stesso metodo citazionale "Autore-Data". Si raccomanda inoltre particolare cura nei dati citazionali, dal momento che alla redazione non sempre � possibile verificarne la correttezza. La redazione si riserva comunque il diritto di intervenire sul testo per uniformarlo alle norme tipografiche. Si ringrazia per l'attenzione. Segnalazioni bibliografiche a cura del Centro di Documentazione Tiflologica (pagg. 121-122) Questa sezione intende presentare brevemente ai lettori alcune pubblicazioni recenti riguardanti le materie tiflologiche. Quando non diversamente segnalato, le pubblicazioni possono essere reperite attraverso il normale circuito librario. Disability studies e inclusione. Per una lettura critica delle politiche e pratiche educative. Trento: Erickson, 2018 (ISBN: 9788859015949). Il volume collettaneo - che trae origine da un convegno del 2017, di cui tuttavia non � la pubblicazione dei suoi atti - intende porsi come momento di riflessione attorno ad alcuni temi riguardanti la disabilit�, con una prospettiva critica, tentando di mettere in discussione posizioni fin troppo stabili e radicate su alcune problematiche. Inclusione scolastica ed educazione inclusiva cos� come il discorso sulle discriminazioni vengono analizzate nei loro aspetti linguistici e politici, con la consapevolezza che occorra identificarne i meccanismi di base per poter procedere al cambiamento. A. Solipaca, C. Ricci (a cura di), Studio sulla popolazione di persone sordocieche, con disabilit� sensoriali e plurime in condizioni di gravit�. Trento: Erickson, 2017 (ISBN: 9788859012832). Il volume presenta i risultati di una ricerca, commissionata dalla Lega del Filo d'Oro all'ISTAT, sulla presenza e sulle difficolt� della vita quotidiana delle persone cieche, sorde e sordocieche in Italia. Dopo una presentazione della Lega del Filo d'Oro e delle sue attivit� e metodologie di intervento, vengono presentati i dati relativi alla popolazione di riferimento. Una parte dei dati riguarda l'inclusione scolastica di studenti con disabilit� sensoriali e dati sulle difficolt� incontrate nell'impegno quotidiano. S. Pace, M. Pavone, D. Petrini (a cura di), UNIversal inclusion. Rights and opportunities for students with disabilities in the academic context. Milano: Franco Angeli, 2018 (ISBN: 9788891761682). Con contributi in italiano e inglese, il volume raccoglie riflessioni e suggerimenti di lavoro sulle tematiche integrative a livello dell'istruzione universitaria. Tra scienze umane e sociali fino a quelle mediche e alle neuroscienze, la riflessione sulla disabilit� si configura sempre pi� come interdisciplinare. Diversi gli argomenti trattati: dalle politiche inclusive, alle esperienze di tutorato, ai casi di studio fino alle tecnologie a disposizione degli studenti disabili. Ogni capitolo � concluso da una bibliografia degli studi pi� aggiornati. Le pubblicazioni della Biblioteca Italiana per i Ciechi (pagg. 123-128) - Isabella Guerrieri Natoli, La scuola e l'alunno non vedente, Monza: Biblioteca Italiana per i Ciechi, 201.2, 106 p. (Euro 5,00). Con un linguaggio piano e scorrevole, l'autrice ci trasmette la passione e la creativit� della sua lunga esperienza di insegnante di bambini con disabilit� visiva. Il discorso didattico, articolato nelle diverse materie, si arricchisce delle profonde osservazioni e dei numerosi suggerimenti pratici, che fanno di questo libro solo all'apparenza un manuale operativo: in realt� un discorso articolato sull'apprendimento e sull'integrazione. - Yvette Hatwell, Psicologia cognitiva della cecit� precoce, Monza: Biblioteca Italiana per i Ciechi, 2010, 264 p. (tit. orig.: Psychologie cognitive de la c�cit� pr�coce, Paris: Dunod, 2003), Euro 12,00. Qual � la reale incidenza della cecit� sullo sviluppo percettivo e cognitivo del bambino e del giovane adulto? Quali ricadute ha sui processi educativi? Partendo da questi interrogativi, l'autrice illustra gli studi e le ricerche sperimentali sui processi cognitivi e percettivi in presenza di cecit� ed ipovisione degli ultimi quaranta anni. Un'opera che, nei suoi intenti, potr� essere d'aiuto non solo agli studiosi di psicologia cognitiva, ma anche agli educatori specializzati, insegnanti ed in genere a tutti coloro che affrontano le problematiche legate alla disabilit� visiva. - Immagini da toccare. Proposte metodologiche per la realizzazione e fruizione di illustrazioni tattili, a cura di Antonio Quatraro, Monza: Biblioteca Italiana per i Ciechi, 2004, 128 p. (Euro 10,00). La grafica tattile e le sue peculiarit� pedagogiche e didattiche, le caratteristiche realizzative e la descrizione delle buone prassi. Con un ricco corredo iconografico, questa guida mette a disposizione di insegnanti, assistenti scolastici, genitori ed operatori la migliore tradizione nel campo della progettazione e della realizzazione di plastici e tavole a rilievo. - Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita", L'alfabeto Braille come fondamento dell'emancipazione culturale e sociale dei ciechi, Atti del Convegno nazionale, Roma 16 ottobre 2002, 2002, 102 p. (Gratuito). Il bambino cieco o con residuo visivo minimo, privato del Braille, nell'illusione che possa mimetizzarsi fra i coetanei vedenti, � praticamente condannato all'analfabetismo strumentale; � costretto a rinunciare ad uno dei pi� efficaci fattori di autonomia personale e di integrazione scolastica, lavorativa e sociale. Fortunatamente vi sono anche molti genitori che, dopo qualche giustificata perplessit� iniziale, comprendono che il vero handicap consiste nel non essere capaci di risolvere i problemi e non negli strumenti o nel procedimento di cui ci si avvale per affrontarli. - Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita", Tecnologia e integrazione dei disabili visivi e dei pluriminorati. Guida per l'approccio all'informatica, a cura di Antonio Quatraro, 2001, VIII, 126 p. (Euro 5,00). Imparare a servirsi delle possibilit� offerte dalla tecnologia pu� essere un fatto meccanico e nozionistico, che poco giova alla maturazione del bambino, oppure pu� rivelarsi, come noi auspichiamo, un'opportunit� per affinare le capacit� immaginative e le abilit� di astrazione; per�, per perseguire questo secondo obiettivo, occorre il concorso di tutte le figure che si occupano dell'educazione del bambino, e innanzitutto la famiglia, e si richiede una flessibilit� nell'adottare le diverse soluzioni, quelle tradizionali e quelle tecnologicamente avanzate, con le opportune gradualit� e intercambiandole a seconda del livello di maturazione, degli obiettivi perseguiti di volta in volta e del livello di motivazione del ragazzo. - Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita", Crescere insieme. Guida per genitori, a cura di Antonio Quatraro, 2001, XII, 296 p. (Euro 5,00). Con questa guida ci rivolgiamo ai genitori di bambini e di ragazzi non vedenti, ipovedenti o non vedenti con pluriminorazione. Abbiamo voluto raccogliere l'esperienza di alcuni specialisti che da molti anni in vario modo si occupano del sostegno alla famiglia; abbiamo voluto raccogliere anche alcune tra le numerose testimonianze dei genitori, perch�, anche in una societ� come la nostra, tutta velocit�, tutta immagine, crediamo che la parola, il libro, possa ancora aiutarci a conoscere meglio cosa abbiamo dentro, ad esprimere meglio i nostri dubbi, i nostri sentimenti, le nostre aspirazioni. - Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita", Le problematiche dell'integrazione del non vedente nella scuola. Guida per insegnanti, testo redatto da Giancarlo Abba, Paola Bonanomi, Elisa Faretta e Anna Soldati dell'Istituto dei Ciechi di Milano, 2001, XIV, 78 p. (Euro 5,00). La presente "guida", dove il termine guida, senza voler essere un prontuario, indica la volont� di proporre un supporto concreto volto a suggerire consigli sulle modalit� di approccio al non vedente sul versante della comunicazione in ambiente formativo e scolastico, vuole definirsi soprattutto come strumento pratico di lavoro per gli insegnanti. La scelta che ci ha guidato � stata quella di porci le domande che gli insegnanti si pongono e alle quali abbiamo cercato di dare risposte concrete. La guida pratica vuole esprimere inoltre un valore orientativo che dia all'insegnante alcune coordinate pedagogiche, o meglio, tiflopedagogiche affinch� nel suo itinerario educativo possa affrontare la complessit� della problematica in modo pi� consapevole. - Jos� Enrique Fern�ndez del Campo, L'insegnamento della matematica ai ciechi (La ense�anza de la matematica a los ciegos), 2000, 354 p. (Euro 5,00). Ma quale matematica � possibile insegnare ai ciechi? Sar� forse necessario pensare ad una riduzione dei curricoli? La minorazione visiva pone dei limiti all'apprendimento di questa disciplina, gi� ritenuta tanto ostica per tutti? Dovremo forse tagliar via tutti quegli aspetti della matematica o della geometria cos� legati alla vista, nell'immaginario di tanti? (Quanto ci condizionano, ammettiamolo, la cara tradizionale lavagna o un grafico che vediamo svilupparsi sullo schermo di un computer!). Ed ecco che l'autore, anzich� rispondere a queste ovvie ed immediate domande, si pone pazientemente a ricostruire quali siano il senso e la natura di questa scienza, per poter arrivare a capire cosa significhi insegnarla. - M. Cay Holbrook (a cura di), Il bambino con disabilit� visiva. Guida per i genitori (Children with visual impairments. A parent's guide), 2000, XIV, 494 p. (Euro 5,00). La "Guida" si configura come un'opera di valore scientifico proprio perch� riesce a coniugare l'esigenza della chiarezza con quella, altrettanto fondamentale, dell'efficacia del messaggio; sotto questo ultimo aspetto le testimonianze dei genitori da un lato ed un intero capitolo affidato ad un genitore che � anche un professionista nel settore (il capitolo sesto), contribuiscono a renderla un'opera viva, da cui anche chi lavora in questo campo, pur senza essere n� genitore, n� famigliare del bambino con disabilit�, pu� certamente trarre insegnamento. - Pierre Henri, La vita e l'opera di Louis Braille (La vie et l'oeuvre de Louis Braille), 2000, 116 p. (Euro 5,00). Il volume di Pierre Henri si profila senza dubbio come un classico sia per quanto attiene alla struttura del sistema Braille, sia per quel che si riferisce alla figura del suo ideatore. Insieme con il breve ma succoso scritto di Jean Roblin, oggi di difficile reperibilit�, l'opera di Henri costituisce una lettura imprescindibile e prioritaria per chiunque, anche nel nostro tempo contraddistinto da tante felici innovazioni, voglia accostarsi al sistema di scrittura e di lettura tattile, al fine di approfondirne le vaste potenzialit�. - Consiglio Internazionale per l'Istruzione e l'Educazione delle Persone con Disabilit� Visiva (ICEVI), Atti della Conferenza Europea sull'Istruzione e l'Educazione dei Disabili Visivi. Scambio di informazioni e di idee (Proceedings. European Conference on Education of Visually Impaired. Mutual Information and Inspiration), Budapest, 4-8 July 1995, 2000, XIV, 265 p. (Gratuito). Il testo offre spunti di riflessione a quanti sono impegnati a qualsiasi titolo nel settore della disabilit� visiva e della pluriminorazione. Spunti che mettono in discussione lo stesso modo di leggere lo sviluppo del bambino cieco, spunti che ci indicano l'importanza di una presa in carico della famiglia, da parte del sistema dei servizi, sia di riabilitazione che di formazione in genere; una presa in carico che tende a valorizzare le risorse umane, aiutando la famiglia a riprendersi il ruolo che le spetta, nel processo formativo di qualunque fanciullo, specie se disabile visivo o con minorazione multipla. - Pierre Henri, La vita dei ciechi (La vie des aveugles), 2000, 97 p. (Euro 5,00). Pierre Henri, con molta naturalezza, ci parla delle prospettive di successo scolastico per i ciechi, la cui cecit� sia riconosciuta e alle esigenze formative dei quali siano date le risposte giuste. Egli ci parla di lavoro e della possibilit�, per i ciechi e per gli ipovedenti, di divenire economicamente autonomi, di essere utili a se stessi, alla loro famiglia ed alla societ�. Ci descrive la vita dei ciechi e degli ipovedenti nell'ambito della famiglia che si sono costruiti; ce li presenta come genitori che educano e curano i loro figli; come fruitori delle bellezze della natura e dell'arte; come turisti...; insomma, dopo aver letto le sue pagine, nessuno pu� pi� aver dubbi sul fatto che la vita dei ciechi e degli ipovedenti pu� essere varia, ricca di soddisfazioni e, in definitiva, degna di essere vissuta, come la vita di qualsiasi altro essere umano. - Rosa Lucerga Revuelta, Palmo a palmo. La motricit� fine e la condotta di adattamento agli oggetti nei bambini ciechi (Palmo a palmo. La motricidad fina y la conducta adaptativa a los objetos en los ni�os ciegos), 1999, 65 p. (Euro 5,00). La semplicit� e la chiarezza espositiva nascono da anni di consuetudine professionale e umana tra i bambini ciechi. Ma la forma e il contenuto dell'opera rivelano anche un'impostazione scientifica aperta e aggiornata: dalla scuola del Piaget, alle ricerche della Fraiberg, dagli studi sulla percezione, alla valenza dei quadri affettivo-relazionali sulla motivazione all'attenzione esterocettiva e alla conoscenza. L'autrice ha tratto le sue riflessioni dal ruolo di Coordinatrice del servizio di Assistenza Precoce ai bambini con gravi minorazioni visive di Madrid e in questo volume centra l'attenzione su "Lo sviluppo della motricit� fine e la condotta di adattamento agli oggetti nei bambini ciechi", nella fascia di et� compresa tra i tre e i cinque anni. - Paola Zaniboni, Il bambino non vedente: finalit� e metodi della scuola dell'obbligo, 1999, XI, 108 p. (Euro 5,00). L'autrice non si � proposta di scrivere un saggio di tiflologia. Con l'umilt�, con la sensibilit� di chi, da anni, opera nella scuola elementare e di chi ha vissuto per il recupero dei bambini privi della vista, ha inteso fornire le linee generali, le indicazioni essenziali per una didattica specializzata, dalla quale non si pu� prescindere quando l'atto educativo si rivolga ad un bambino cieco, comunque e da chiunque venga formato. - Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita", Codice Braille Italiano 1998, 1998, 32 p. (Euro 5,00). Ideato dal cieco francese Louis Braille, l'alfabeto che porta il suo nome � il sistema di scrittura e di lettura tattile per ciechi, in grado di codificare tutti gli alfabeti. - Costanzo Capirci, I segni della musica nel sistema Braille, 1997, VIII, 119 p. (Euro 5,00). Questo libro, � un manuale didattico basilare, un itinerario formativo che, attraverso l'educazione musicale, consente al ragazzo cieco di pervenire successivamente ad una consolidata acquisizione culturale della musica. I volumi possono essere richiesti a: Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita" - Onlus Via G. Ferrari, 5/A - 20900 Monza (Mb) - Tel.: 039.283271; Fax: 039.833264; E-mail: bic@bibciechi.it