Luglio-Settembre 2021 n. 3 Anno 31 Tiflologia per l'integrazione Trimestrale edito dalla Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� onlus con il contributo dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e della Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi Fascicolo I Stampato in Braille a cura della Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� onlus via G' Ferrari, 5/A 20900 Monza - Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Gli articoli firmati esprimono l'opinione dell'autore, che non coincide necessariamente con la linea della redazione. Direttore Responsabile: Pietro Piscitelli Comitato di Redazione: Giancarlo Abba, Vincenzo Bizzi, Pietro Piscitelli, Antonio Quatraro Segreteria di Redazione: Daniela Apicerni, Francesco Giacanelli Direzione e Redazione: Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� onlus Centro di Documentazione Tiflologica Via della Fontanella di Borghese, 23 - 00186 Roma Tel. 06/68.21.98.20 Fax: 06/68.13.62.27 E-mail: cdtinfo@bibciechi.it Amministrazione: Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� onlus Via G. Ferrari, 5/A 20900 Monza (MB) Tel. 039/28.32.71 Impaginazione, grafica e stampa: Stilgrafica s.r.l. Via Ignazio Pettinengo 31/33 00159 Roma - Tel. 06/43.58.82.00 Reg. Trib. Roma n. 00667/90 del 14-11-1990 ISSN: 1825-1374 Abbonamento � 15,00 da versare sul c.c.p. n. 853200 intestato a: Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� onlus Via G. Ferrari, 5/A 20900 Monza (MB) indicando la causale del versamento) Indice Editoriale Formazione del personale docente ai fini dell'inclusione degli alunni con disabilit�, di Pietro Piscitelli (pagg. 130-131) Integrazione scolastica Integrazione di qualcuno o inclusione di tutti?, di Elisabetta Lazzarotto (pagg. 132-135) Il Braille Gioco Il gioco: protagonista privilegiato del sapere nel bambino disabile visivo, di Paola Bonanomi (pagg. 143-150) Lavoro Caso o perseveranza, di Franco Lisi, Ivana Cavallini e Francesco Cusati (pagg. 151-156) Classici della tiflologia Trent'anni della Scuola di Metodo per i ciechi. Linee direttive e sviluppo, di Elena Romagnoli Coletta (pagg. 157-167) La condizione del cieco, di G. Fabozzi (pagg. 168-181) Preliminari di uno studio critico sulla �Introduzione all'educazione dei ciechi� di A. Romagnoli, di Orfeo Ferri (pagg. 182-192) EDITORIALE Formazione del personale docente ai fini dell'inclusione degli alunni con disabilit�, di Pietro Piscitelli (pagg. 130-131) � stato da poco emanato (il 21 giugno u.s.), da parte del Ministero dell'Istruzione, il decreto ministeriale n. 188, che reca indicazioni per la formazione del personale docente ai fini dell'inclusione degli alunni con disabilit�. Si tratta di una disposizione gi� inclusa nella Legge di Bilancio 2021, che viene qui articolata nelle sue modalit� attuative e nei suoi principi, gi� peraltro chiari in quella sede, dove veniva espresso lo scopo del provvedimento: Tale formazione � finalizzata all'inclusione scolastica dell'alunno con disabilit� e a garantire il principio di contitolarit� nella presa in carico dell'alunno stesso (art. 1, comma 961). Tale principio viene riproposto nell'art. 1, comma 1, del decreto. � una tipologia di formazione destinata ai docenti impegnati in classi con alunni con disabilit� e non in possesso del titolo di specializzazione sul sostegno. Si tratta di un punto importante, che viene ad affrontare una questione annosa nell'ambito dell'inclusione scolastica: la presa in carico dell'alunno disabile non � del solo insegnante di sostegno, ma dell'intero corpo docente e solo in tale contitolarit� � possibile realizzare una inclusione che sia efficace e che permetta lo sviluppo armonico della personalit� dell'alunno. Pi� in dettaglio, le attivit� formative previste dal decreto si articolano in 25 ore, di cui 8 di approfondimenti, attraverso sperimentazione didattica, lavoro di rete, progettazione e documentazione. Tali attivit� formative saranno prese in carico da Scuole-polo, che potranno realizzare, con la collaborazione di Comitati tecnico-scientifici istituiti presso gli Uffici scolastici regionali, eventuali flessibilit� e modularizzazione dei percorsi, in base alle esigenze dei singoli corsisti. Il Dirigente scolastico della scuola sede di servizio attester� lo svolgimento delle attivit� formative. Al livello centrale, il Comitato tecnico-scientifico nazionale si occuper� del monitoraggio qualitativo dei percorsi di formazione, in collaborazione con i singoli Comitati analoghi, istituiti presso gli Uffici scolastici regionali. Come dicevamo, la questione della contitolarit�, che questo decreto viene ad affrontare, � un punto nodale per una corretta inclusione scolastica dell'alunno con disabilit�. � importante che tutti i docenti prendano in carico la formazione dell'alunno con disabilit� in un'ottica di formazione generalizzata sui temi dell'inclusione scolastica. Possiamo dire che, per quanto ovviamente ancora non sufficiente, dato ad esempio l'esiguo numero di ore di formazione (appena 25), il presente decreto si muove proprio in quest'ottica. L'augurio � che possano prevedersi in futuro ulteriori e ben pi� complesse politiche educative che vengano a colmare le lacune e a realizzare una compiuta inclusione scolastica. Il direttore responsabile prof. Pietro Piscitelli INTEGRAZIONE SCOLASTICA Integrazione di qualcuno o inclusione di tutti?, di Elisabetta Lazzarotto(pagg. 132-135) - Partire dall'essere �speciale� di ciascuno, significa pensare un cambiamento nel processo inclusivo che possa far nascere una nuova didattica. - Il lavoro di consulenza tiflologica e pedagogica a favore dei disabili sensoriali nelle scuole nasce nel momento in cui gli alunni ciechi, ipovedenti e sordi escono dalle cosiddette scuole speciali e vengono integrati nei percorsi di studio di tutti gli altri studenti. Il patrimonio di pensiero e di esperienza che negli Istituti dei ciechi e dei sordi si � consolidato in decine di anni a favore della crescita e dell�autonomia di queste persone diventa, cos�, nel 1977, risorsa per le istituzioni scolastiche che le accolgono. Da quel momento, le Amministrazioni Provinciali supportano insegnanti e famiglie nell�inserimento dei disabili sensoriali attraverso l�intervento di assistenti educatori, di tiflologi e di pedagogisti che prestano la loro opera di affiancamento e di consulenza. Sono passati quarantatr� anni e quella che era stata chiamata integrazione viene oggi chiamata inclusione. L�interessante evoluzione (almeno nelle intenzioni) del concetto ha avuto come punto di partenza il bisogno di inserire gli alunni che, per la loro disabilit�, fino a quel momento erano stati tenuti fuori dal sistema scolastico, ma, negli anni, si � arrivati ad immaginare, invece, il bisogno di una riorganizzazione generale della partecipazione delle persone alla vita scolastica e, quindi, dell�inclusione di tutti. Un nuovo assetto necessitava e necessita non tanto di trovare il modo di integrare chi � nuovo o diverso e, perci�, fino a quel momento estraneo, ma di pensare, mettere a fuoco e organizzare un altro modo di vivere la scuola, a favore di tutti i soggetti presenti. Nella pratica, le diverse azioni di integrare o di includere rimangono, per�, ancora oggi due modi diversi di affrontare la questione. Ancora oggi, a mio avviso, nelle classi, nelle palestre, nei corridoi, negli edifici, nei progetti e nelle relazioni che intessono le nostre scuole, non � chiaro da che punto di vista partire perch� tutto ci� che si organizza, che si agisce e che si vive rispetti i diritti e i bisogni di ciascuno. Da che punto di vista (e di pensiero) partire significa decidere, anche nel 2020, se vogliamo una scuola �normale� che si adatti a chi � �speciale� o se desideriamo una scuola che, a partire dall�essere speciale di ciascuno (a modo suo) diventi la scuola normale per tutti, proprio nel senso di �nella norma� (�Regola di condotta, stabilita d�autorit� o convenuta di comune accordo o di origine consuetudinaria, che ha per fine di guidare il comportamento dei singoli o della collettivit�, di regolare un�attivit� pratica, o di indicare i procedimenti da seguire in casi determinati� (Treccani)). Questa scelta, questa decisione, a mio avviso non � chiara n� nella pratica quotidiana, n� nella progettazione teorica di riferimento. � nella testa di qualcuno, ma non costituisce il tessuto epistemologico e l�esperienza concreta condivisa e diffusa che possa prendere il nome di modello. Cosa aspettiamo a farlo? L�osservatorio dal quale faccio la presente riflessione � quello di chi lavora da trentacinque anni nel campo della disabilit� nella scuola e vede le cose dalla parte di chi � diverso, ma, proprio nell�incontro con il sistema generale dell�istruzione ha compreso quanto le indicazioni, i suggerimenti, le intuizioni che nascono dal bisogno di integrare possano essere il seme, il punto di partenza per l�inclusione di tutti. Ci� che va bene per un disabile sensoriale, va bene per tutti. Ci� che fa stare bene una persona in condizioni di disabilit� fa stare bene, meglio, tutti. A partire da ci� che � indispensabile per chi ha una difficolt� speciale, si pu� progettare la buona scuola per tutti e, anzi, solo se partiamo da quella base possiamo costruire un progetto in cui ciascuno possa crescere al meglio. Come dire, lo stare insieme, nonostante le diversit� e le difficolt�, � il progetto della scuola, non un pezzo del progetto della scuola. Crescere, apprendere, partecipare in gruppo e imparare a farlo affinch� la collettivit� sia un motore pedagogico e non un ostacolo da evitare � la scommessa della scuola, in quanto ambiente propedeutico ed esemplare della vita collettiva e di comunit� dei futuri adulti. Per fare ci� ci sono metodi, tecniche, azioni, materiali che agevolano e stimolano questa competenza trasversale e partire da ci� che � adatto a chi � speciale indica la strada, orienta il progetto. Non solo. Anche il processo di apprendimento delle teorie e delle pratiche � aiutato se si tiene in considerazione quali sono le difficolt� di chi � disabile. Le strategie comunicative e i metodi di lavoro che funzionano per chi ha difficolt� specifiche tracciano il sentiero per rendere pi� facili e accessibili a tutti i contenuti. Utilizzare la lavagna interattiva multimediale � una risorsa necessaria per agevolare il lavoro in classe degli alunni sordi, ma rappresenta, per tutti, un metodo straordinario. Nominare persone e cose in modo specifico anzich� dire �questo� o �quello�, �l� o �l�, aiuta anche chi vede oltre ad essere necessario per i ciechi e per gli ipovedenti. Guardare in faccia e negli occhi mentre si comunica con una persona sorda fa bene anche a chi sordo non �. Stare attenti al fatto che un bambino o una bambina capisca tutto ci� che si sta dicendo, monitorandone la piena comprensione, � il modo migliore per assicurarsi di non lasciare indietro nessuno e non solo chi fa pi� fatica ad ascoltare. Spiegare i concetti partendo dalla pratica e corredarli con immagini utili a rendere facile il processo di comprensione astratta � una buona prassi da proporre a tutta la classe e non solo a chi � disabile. Progettare le gite scegliendo luoghi tecnologicamente organizzati rende le uscite nei territori pi� facili per ciascuno, compresi gli insegnanti. Visionare prima i film e gli spettacoli per potere anticiparne i contenuti e preparare, cos�, gli alunni ad avvicinarsi alla complessit� fatta di dettagli � un metodo che facilita il lavoro didattico ed educativo anche dei grandi. Il lavoro in piccolo gruppo, l�utilizzo di tecniche animative, la costruzione di materiale tattile, la realizzazione di mappe concettuali, la proposta di giochi di cooperazione sono metodi che possiamo immaginare essere nel progetto della scuola di tutti e non solo nel P.E.I. (Piano Educativo Individualizzato) di qualcuno. � indispensabile riformulare il progetto della scuola, ripartendo dalla rappresentazione mentale di ci� che per ciascuno la scuola significa e, come suggerisco, ripensarne l�organizzazione a partire dalla grande risorsa degli alunni integrati, dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze disabili, per una buona inclusione di tutti. Loro sono il faro che pu� illuminare la strada. Loro sono la risorsa e non il problema. Ci� a cui possiamo puntare �, prima di tutto, un cambiamento culturale, da cui far nascere una nuova didattica. Elisabetta Lazzarotto (Tiflopedagogista, Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano) IL BRAILLE Braille: tra riconoscimento e identit� (Intervento alla XIV Giornata del Braille, Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti � Consiglio Regionale Pugliese, 22 febbraio 2021), di Giancarlo Abba pagg. 136-142) - Il Braille non solo ha permesso di inserire il non vedente nella vita culturale, ma costituisce un elemento imprescindibile nel riconoscimento della sua identit�. - In queste importanti occasioni, come la Giornata Nazionale del Braille, ho sempre cercato di andare ad individuare, al di l� del pur ineludibile racconto storico, anche i risvolti di lotta e resistenza se vogliamo, connessi alla comparsa del codice ideato da Louis Braille (la cui biografia ognuno di noi pu� trovare facilmente), una novit� straordinaria ma inizialmente rifiutata dai responsabili dell�Istituto dei Ciechi di Parigi. Il codice o anche sistema Braille, rimanda inoltre a specifici e peculiari significati, dimensioni pedagogiche e culturali, valori umani sottesi che � utile far emergere in quanto, anche attraverso queste riflessioni possiamo contribuire a consolidarne l�importanza, l�imprescindibilit� e la centralit� per il percorso educativo e formativo del bambino e della bambina (futuri adulti) non vedenti. Una prima osservazione sulla quale voglio puntare l�attenzione � che, rispetto ai tentativi, ancorch� lodevoli, fatti precedentemente alla sua comparsa, per far leggere e, pi� faticosamente scrivere i ciechi, il Braille ha fatto compiere un salto, un vero balzo in avanti, una vera rivoluzione nell�approccio alla cultura da parte dei ciechi. Ha rappresentato una discontinuit�. Ha �parlato� in maniera forte col tatto, lo ha esaltato, ne ha fatto emergere le potenzialit� proiettandolo su un terreno completamente nuovo che, grazie alla capacit� discriminatoria, ha aperto orizzonti fino a quel tempo impensati perch� una caratteristica del Braille � la sua immediatezza, � un codice (un alfabeto) che permette una relazione aptica diretta, autonoma e soprattutto, insisto, senza mediazioni. Il Braille � un codice tattile in rilievo, leggibile e ben percepibile dal tatto, corretto nelle dimensioni. � schematico, riproducibile, costante nella forma e quindi identificabile perch� non soggetto alle variazioni personali come nella scrittura grafico-visiva, il Braille � �abitudinario�, nel senso che si presta, grazie alla sua forma permanente, una volta conosciuto, a una esplorazione immediata, con un unico atto percettivo per ogni singola lettera. Se � vero, come � vero, che gli uomini parlano perch� ascoltano, gli uomini (e le donne) che non vedono fanno la stessa operazione e � aggiungo io � leggono e scrivono perch� toccano. Il Braille � differente perch� insiste sulla modalit� tattile e non su quella visiva; � differente perch� il codice tattile non ha nulla in comune con quello grafico visivo. Non �, per�, differenziante ma inclusivo perch� il Braille, pur con la sua specificit� insiste in un contesto comune, di tutti: saper leggere e scrivere nella propria lingua madre e/o nelle altre lingue, ogni tipologia di testo. Una seconda osservazione riguarda il quando e il dove educare al Braille, e quindi parliamo di et� formativa e di scuola. Oggi dovremmo avere ormai consolidato il principio che chi non vede, nella scuola, pu� e quel �pu� diventa un �deve� apprendere, studiare, crescere intellettivamente, appropriarsi degli strumenti del sapere, raggiungere competenze ecc. E lo strumento c'�: il Braille, che � la via maestra dell�istruzione dei ciechi. Oggi dobbiamo aggiungere il saper digitare, tema che richiede una sua peculiare trattazione. Con il Braille non siamo di fronte alla ricerca incerta di soluzioni volte a portare il bambino che non vede ad avvicinarsi alla parola scritta, non siamo di fronte a faticosi tentativi �sperimentali� di questi ultimi decenni di storia dell�inclusione scolastica. Con il Braille la soluzione c�� gi�. Certo, si tratta di applicare metodologie e strategie didattiche che favoriscano l�apprendimento del codice con la sua unica finalit�: imparare a... leggere e... scrivere. E possiamo, appunto, dire un �si pu� e soprattutto un �si deve�. Il Braille ha sancito definitivamente l�educabilit� (intesa come crescita intellettuale) di chi non vede. Ha inserito chi non vede nel disegno cognitivo, negli itinerari culturali. Senza trascurare, una ulteriore considerazione: la letto-scrittura Braille � una modalit� �altra�, � quel salto in avanti, di cui parlavo all�inizio, che ha messo nondimeno i ciechi nella condizione di appropriarsi delle stesse competenze e di poter sviluppare le stesse capacit� dei vedenti. Del resto � vero che tale affermazione parte da una premessa fondamentale e da una imprescindibile consapevolezza della scuola e con essa degli insegnanti: pensiamo al ruolo che ha la scuola nel riconoscimento, all�interno del processo formativo, dello stare l�, nella stessa aula, con gli altri, dell�alunno cieco; riconoscimento come presupposto della costruzione dell�identit�. Quindi stiamo pensando alla piena coscienza e contezza, da parte degli insegnanti, della presenza in quella scuola, in quella classe, dell�alunno con disabilit� visiva insieme, fattore non certo secondario, alla imprescindibilit� del possesso delle conoscenze necessarie per poter guidare quell�alunno particolare nei suoi processi di apprendimento. Andare incontro all�alunno che non vede con un corredo adeguato di conoscenze tiflodidattiche significa contribuire alla costruzione della sua identit�, significa riconoscerlo come alunno con la sua specifica individualit�. In �Educare al comprendere� Howard Gardner ci ha detto che non � possibile istruire se prima non si � provveduto alla costruzione dell�identit�. Prima ancora della metodologia e della tiflodidattica, � questa l�acquisizione pedagogica che deve far parte del patrimonio educativo-culturale e umano dell�insegnante e, pi� in generale, culturale di tutti. L�identit� si costruisce a partire dal riconoscimento dell�altro. Se manca il riconoscimento - e spesso ai nostri bambini/ragazzi a scuola manca proprio questo - il loro percorso inclusivo sar� nullo o molto debole. Sono stato pi� volte testimone di racconti, di ragazzi e ragazze non vedenti, centrati sul loro stare a scuola: stavano l�, in classe, fisicamente ma in realt� inesistenti per quel contesto, o anche purtroppo, per alcuni insegnanti (o ancora, spesso, vittime del non fare o fare male, perch� coinvolti, inconsapevolmente nella stucchevole e dannosa distinzione tra ruolo dell�insegnante per il sostegno e ruolo dell�insegnante curricolare). Semplicemente, possiamo dire, questi ragazzi �non erano riconosciuti�. Erano senza nome, ragazzi privati della loro identit�, presenti in un contesto in cui, di fatto, non veniva attribuita loro un�identit�. Erano ragazzi �certificati� ma vittime della mancata conferma della loro identit�. Visti come organismo � il deficit � e non visti, innanzitutto, come persone, con un nome. Perch�, senza addentrarci troppo nella problematica, il tema dell�identit� � strettamente connesso al riconoscimento da parte degli altri, dall�interazione con gli altri. E il risultato del mancato riconoscimento comporta, nell�allievo/a disabile, la rimozione della realt�; determina l�andare via dolorosamente da quella realt� che, appunto, gli crea inquietudine e non lo riconosce. Il contesto non �si accorge� che quell�allievo � l�. E il contesto (l�ambiente, il clima che si respira), non dimentichiamolo � un altro importante �educatore� che interviene nei processi formativi. La conseguenza � che nell�allievo o nell�allieva non vedente rischia di prendere il sopravvento il disagio, la frustrazione, il senso di inadeguatezza. E tutto ci� lavora contro la costruzione dell�identit�. Ecco perch�, come gi� detto, fattore non certo secondario, nel processo di inclusione, � quello relativo alle conoscenze imprescindibili che l�insegnante deve avere per poter guidare l�alunno, con una disabilit�, quella sensoriale-visiva, da sempre corredata, peraltro, di un patrimonio tiflopedagogico e tiflodidattico, strumentale, pratico-operativo e oggi tecnologico a supporto dei processi cognitivi dell�alunno. Un apparato che non va inventato, � a disposizione. Possiamo dunque ancora accettare che l�insicurezza, l�ansia e l�imbarazzo dell�alunno cieco, causato dalla domanda priva di risposta, connessa con la specificit�, siano dovuti alla mancanza di adeguate conoscenze da parte di chi dovrebbe possederle? Situazioni queste che poi, inevitabilmente, si traducono in una incapacit�, a partire proprio dalla strumentalit� didattica e operativa, di conoscere quell�allievo, un�incapacit� che si traduce in una vera e propria barriera che impedisce di andargli incontro, in modo significativo e autentico, anche quando le intenzioni sono buone. Barriera che, per fare un puntuale esempio, si abbatte attraverso la conoscenza del Braille, un sistema coerente, il pi� coerente, per l�approccio tattile alla letto-scrittura per chi non vede. Perch� � proprio quel non so cosa e come fare che si trasforma in �non so chi sei�, una condizione che spesso determina quello stato di assenza dal contesto vissuto dall�alunno cieco o ipovedente. Quindi gli adulti, in questo caso i docenti, hanno un ruolo prioritario. Ecco perch�, uno dei modi per andare incontro, per contribuire a sostenere la costruzione della identit� dell�alunno (bambino o ragazzo) che non vede, sono convinto, sia quello di presentarsi � in quanto figura depositaria di un ruolo, di un sapere � come l�insegnante che conosce, che sa usare modalit� di comunicazione adeguate e le valorizza, un insegnante che, in sostanza, � consapevole che le modalit� del conoscere di chi non vede sono differenti, non inesistenti. Un insegnante che sa. � un itinerario, questo, che va incontro all�alunno? Presentarsi all�alunno con questa semplice comunicazione: �so che tu non vedi, devi imparare a leggere e scrivere alla pari dei tuoi compagni, per�, con un alfabeto differente. Io quell�alfabeto lo conosco, devo e posso insegnartelo� (e, rispetto alle diverse annualit� parliamo di discipline scolastiche, competenze, conoscenze, ecc.). Quale comunicazione trasmetto all�alunno? Quale terreno gli preparo? Un terreno amichevole che gli consente di stare a scuola e di starci bene, di non sentirsi un ospite portatore di problemi, un diverso (termine peraltro ambiguo e, in alcuni ambiti, pericoloso). Un ambiente, insomma, che gli comunica: �La scuola ti aspettava, � pronta a lavorare con te e sa come fare�. Dall�esilio alla casa, all�esperienza autentica, nel senso di propria. Un abitare concreto quindi. Pensiamo ad un bambino/ragazzo che sa cosa lo attende. Da qui una considerazione riferita all�identit�: la scuola gli consentir� di essere quel bambino che �, non gli chieder� di essere un altro per affrontare l�itinerario di apprendimento della letto-scrittura e le complessit� delle conoscenze successive. Sar� un alunno che user� ci� che per lui � stato ideato, il codice tattile. Il Braille. Non gli si faranno fare fatiche inutili, perch� ci� che gli serve c�� gi�. Imparer� a leggere e scrivere come i suoi compagni. Questa � la finalit�, non lo strumento che usa. In un tale contesto, credo che lo spaesamento, lo smarrimento non si affaccino alla coscienza del bambino cos� facilmente. Quelle sensazioni emozionali negative, quei bisogni vissuti e non soddisfatti che il bambino vive dentro di s� senza trovare il modo di esprimerli non faranno parte del suo bagaglio esperienziale. Se la relazione con l�insegnante sar� senza barriere si metteranno mattoni per costruirla quell�identit�, per attribuirla. Per dar modo all�alunno di esprimersi su ci� che gli manca. L�immagine di noi stessi � elaborata soprattutto dagli altri. �, potremmo dire, un regalo. Minore o nullo sar� lo smarrimento del docente, maggiore sar� comunicativa e corretta la sua modalit� per andare incontro al bambino: ne favorir� l�apprendimento. Gli andr� incontro chiamandolo per nome. Allora pi� certa sar� la sua autostima, cio� la considerazione che un individuo ha di se stesso. Sar� un bambino che ricever� conferme positive. Aristotele nell�Etica Nicomachea dice che � solo suonando l�arpa che si diventa arpisti. Fare e apprendere risultano cos� contemporanei. Il Braille, sul piano didattico, � questo, mette sotto le dita del bambino in maniera diretta, immediata, il fare e l�apprendere. Il bambino � creatore della parola e esecutore. Il bambino col Braille diventa costruttore della parola, si appropria di essa, ne conosce il tempo di esecuzione, sperimenta il ritmo tra riga e pagina, si appropria dello spazio scritto con tutto ci� che ne consegue in termini di sviluppo logico concreto e astratto. Insomma, col Braille siamo nel campo del pertinente, del pi� adeguato, del giusto, del sappiamo cosa fare. Usare il Braille significa incamminarsi lungo il sentiero graduale dello sviluppo intellettivo del bambino, significa rispettare meglio i suoi passaggi cognitivi, senza creare fratture (inutili e dispersive nel confronto col visivo) nel suo operare. Vogliamo porci anche una domanda filosofica? Ha ancora senso, oggi, tutto ci�? In una realt� in cui la tecnica insiste in modo costante su molteplici aspetti delle nostre vite? Un tempo, il nostro, in cui la tecnica (pare) � l� pronta a risolvere diversi momenti del nostro agire quotidiano? Ovvero ha ancora senso il Braille nell�era tecnologica? S�, ha senso! Mi soffermo brevemente soprattutto sulla prima fase, quella del primo apprendimento della letto-scrittura. In questa fase dobbiamo dare un senso, perch� un senso c��. Questa � la profonda convinzione che deve albergare in chi insegna a bambini e ragazzi non vedenti. E per questo � necessario, per chi insegna, conoscere il Braille, per avere cura del problema. Aver cura come responsabilit� che si assume di fronte a tale compito. La tecnica, ancorch� imprescindibile oggi, offre saperi, prestazioni, offre funzionamenti, utili certamente, ma freddi, potremmo dire, non offre comunicazione emozionale, cura e responsabilit�, incoraggiamento che, al contrario sono caldi. Cos� come mettiamo il bambino vedente di fronte alla scoperta della parola, dell�uso della parola, allo stesso modo il Braille pone il bambino che non vede di fronte al piacere della scoperta della parola, allo stupore, mettendo insieme comprensione ed emozione, ragione e affettivit�. Il Braille, inoltre, all�interno del gruppo, se lo si fa conoscere anche ai ragazzi vedenti, va incontro al fare esperienza della complessit� e della trasversalit� dei saperi. I ragazzi si appropriano di un codice che, unitamente a tanti altri, nel caso specifico, favorisce la comunicazione, lo scambio, un codice che apre la porta della relazione. L�identit�, per tornare al tema trattato prima, non esiste al di fuori dello scambio, l�identit� si definisce e si costruisce anche in funzione dello scambio che, qui, � umano e culturale. � pi� che altro una cura, da parte dell�insegnante, della dimensione comunicativa. Non � tanto importante scrivere in Braille per il compagno di classe vedente (non � certo da escludere: anzi) quanto l�inserire il Braille fra le conoscenze che costituiscono l�insieme del patrimonio culturale dei giovani che vivono l�esperienza di un compagno di classe con disabilit� visiva. In questo caso un patrimonio connesso ai valori della comunicazione. Pi� ragazzi conoscono la realt� delle disabilit�, pi� si allargher� la consapevolezza dei diritti dovuti ai cittadini che esprimono bisogni specifici. Gi� da questo semplice esempio si evincono comportamenti e scelte didattiche che collocano il Braille in una dimensione �normale�, costitutiva di quel gruppo classe in cui insegnanti vedenti operano con bambini ciechi. L�inclusione sociale ha come premessa imprescindibile l�inclusione scolastica. Se non avviene nella scuola non avverr� nemmeno, a pieno titolo, nella societ�. Alcuni libri vanno assaggiati, altri divorati e alcuni, rari, masticati e �digeriti� scriveva Bacone nei Saggi morali e civili... altri libri, mi permetto di aggiungere io, vanno toccati da mani esperte che li sanno leggere. Giancarlo Abba (tiflopedagogista, Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano) GIOCO Il gioco: protagonista privilegiato del sapere nel bambino disabile visivo, di Paola Bonanomi (pagg. 143-150) - Quali sono le modalit� di utilizzo del gioco in presenza di un bambino con disabilit� visiva. - Il gioco � per il bambino disabile visivo un'importante chiave d'accesso alle strutture logiche, ai concetti astratti, alla scoperta di S� e del mondo. Strumento fondamentale del processo formativo, collabora in modo determinante allo sviluppo dell�intelligenza, della socialit�, dell�affettivit� e domina i progetti educativi. � un insostituibile preludio al processo di conoscenza, dal momento che l'esperienza ludica identifica l'apprendimento con i momenti in cui il bambino manipola e trasforma la realt�: con le mani, col corpo e successivamente con le immagini e con le parole. Assume un ruolo fondamentale nella crescita in tutte le aree di sviluppo da quello affettivo a quello cognitivo, relazionale e motorio, consolidando la stretta interdipendenza tra il gioco e i linguaggi del corpo, linguaggi che tracciano un sistema di segni che il bambino utilizza per costruire la propria storia, la propria biografia. La pedagogia del gioco ha approfondito negli ultimi anni la sua dimensione funzionale e il suo utilizzo ai fini dello sviluppo della personalit�, dell�apprendimento e della socializzazione del bambino. Da Freud a Piaget l�attivit� ludica non � studiata solo in quanto tale, ma come segno peculiare della mente, � �un fenomeno paradigmatico che consente di far luce nel mondo dell�infanzia�. (A. Bondioli). Attraverso il gioco l�educatore deve poter garantire anche al bambino in gravi difficolt� visive, la possibilit� di costruire intelligenza, ma per ottenere questo grande obiettivo, occorre fare l�analisi di cosa sta dentro un gioco, conoscere il suo svolgersi, le sue regole, le azioni che richiede per individuare le reali difficolt� che il bambino potr� incontrare. Sono, evidentemente, difficolt� di ordine diverso, il superamento delle quali dipende in buona parte dalla metodologia e dal vissuto dei giocatori, cio� dalle esperienze e dalle conoscenze che hanno avuto in precedenza. Spesso un gioco richiede molteplici abilit� non sempre riferibili a quel determinato contesto, ma tali da richiedere prerequisiti indispensabili per il suo corretto e piacevole svolgimento. Importante � analizzare e riflettere sulla struttura di un gioco prima di proporla al bambino, perch� permette di scoprire molti elementi che rischiano di non evidenziarsi a una prima lettura, evitando cos� l�errore di considerare il gioco stesso valido per tutti i bambini. � una esperienza formativa per l�adulto educatore che attraverso l�osservazione si serve del gioco per rilevare le abilit� o le difficolt� di sviluppo. La stessa modalit� di osservazione e di rilevazione dei comportamenti e delle reazioni dei bambini durante il gioco, permette inoltre di programmare con maggior cura interventi specifici nei settori dello sviluppo coinvolti nel gioco stesso. Giocare a scuola, in famiglia, rappresenta certamente solo un tassello del complesso mosaico evolutivo, ma diventa nella crescita del bambino un tassello di volta nel progetto educativo. Le variabili coinvolte sono, infatti, trasversali a tutte le aree dell�apprendimento perch� richiedono e a loro volta promuovono, il linguaggio, il movimento, il tempo e lo spazio, la dimensione emotiva e relazionale. Padroneggiare il mondo attraverso l�attivit� ludica � fondamentale per il bambino con disabilit� visiva. Il suo processo di investimento del mondo esterno oggettuale, segue un percorso differente da quello del bambino vedente. Privo della vista inizia a giocare pi� tardi, non � spontaneamente attratto dai giochi o da altri oggetti inanimati e questo lo spinge a prolungare l�interesse sul suo stesso corpo e su quello della madre. Il limitarsi ai soli movimenti del corpo e al contatto corporeo favorisce il suo isolamento, rendendo pi� difficoltosa la sua relazione con il mondo e rischiando di compromettere il suo armonico sviluppo. La vista ha l�importante ruolo di stimolo e organizzatore del comportamento, il bambino in difficolt� visiva non viene attratto dagli oggetti semplicemente sentendo il loro suono, perch� privo della capacit� anticipatoria e preparatoria della vista. L�oggetto deve essere prima con l�adulto manipolato, esplorato, conosciuto nelle sue qualit� strutturali e costitutive, per diventare successivamente l�oggetto con cui sperimentare e giocare. La famiglia e l�educatore assumono un�importanza particolare; sono coinvolti come formatori, trasmettitori e mediatori con la realt�, che devono promuovere ogni esperienza utilizzando modalit� adeguate e rispettando i tempi pi� lunghi della percezione tattile. Da osservazioni sistematiche di bambini disabili visivi in famiglia, e nel primo anno di asilo nido che non hanno usufruito dei servizi di intervento precoce, si � evidenziato che la mancanza della vista pu� determinare le seguenti variabili: - Assenza di curiosit� verso la realt� circostante. - Non interesse alla scoperta ed all�esplorazione di oggetti e giocattoli. - Mancanza di motivazione. - Attivit� motoria ridotta. - Non presenza di gioco attivo spontaneo. - Tendenza ad un gioco semplice e ripetitivo come battere l�oggetto solo per sentirne il rumore. - Limitarsi ad un gioco esclusivamente verbale, con ripetizione di parole e di suoni. - Prolungamento e riproduzione di uno schema di gioco gi� appreso. - Costante dipendenza dall�adulto. - Difficolt� nella strutturazione o non presenza del gioco simbolico. Quando il bambino non vedente incontra gli oggetti e i giocattoli questi sono desiderati e utilizzati esclusivamente come fonti di rumore; egli tende a ripetere su di essi lo stesso schema motorio del battere in modo indifferenziato, mentre i coetanei che vedono modificano e arricchiscono la semplice fase dello scuotere, introducendo varianti e ricercando sonorit� diverse. Nella scuola dell�infanzia i bambini non vedenti manifestano attivit� spontanee di gioco primitive, semplici, poco differenziate quando un adulto non li stimola o non amplia i loro interessi. La ridotta mobilit�, inoltre, � causa di movimenti ripetitivi per soddisfare il bisogno di movimento e spesso i piccoli affetti da disabilit� visiva si limitano ad un gioco verbale, non costruttivo e non formativo. Modalit� che se persistono impediscono una positiva inclusione ed un�evoluzione cognitiva di funzioni e competenze. La percezione tattile ha leggi diverse dalla percezione visiva, non � simultanea ma successiva e analitica, ogni oggetto, per essere conosciuto, deve essere esplorato in tutte le sue parti. Il bambino in difficolt� visiva deve imparare a toccare e necessita dell�intervento dell�adulto, per apprendere le corrette modalit� in tempi adeguati e comprendere come sono le cose che lo circondano. Per promuovere il gioco, i genitori, gli educatori, devono creare una cornice ludica, stimolarlo, motivarlo a conoscere tattilmente gli oggetti, scoprire la loro funzione, descrivere la loro forma, la loro dimensione, la texture, il profumo... e dire dove si trovano, andare insieme a cercarli per recuperarli. La partecipazione dell�adulto in ruolo di formatore � essenziale per permettere al bambino di imparare come si usano, facendo insieme le azioni, gli schemi motori necessari al loro svolgimento e contemporaneamente scoprire la potenzialit� dei sensi residui che arricchiscono le informazioni tattili. I bambini che vedono, col semplice atto di aprire gli occhi e muovere la testa sono attratti dal mondo esterno, per il bambino disabile visivo la realt� che lo circonda va conquistata con l�adulto che assume il ruolo di modello e di ponte tra lui e gli oggetti. Il gioco � un indicatore privilegiato per osservare il livello di sviluppo del bambino, e una straordinaria porta d�accesso alla conoscenza, a patto che venga proposto utilizzando la corretta metodologia. Il bambino disabile visivo deve: imparare a giocare e giocare per imparare. Il gioco � definito una esperienza sincretica, perch� racchiude pi� funzioni pur rimanendo sostanzialmente fine a s� stesso, infatti si gioca per giocare. I bambini guardano, imitano i gesti, le azioni di chi li circonda, ripetono e affinano le abilit�, i bambini disabili visivi non hanno questa possibilit�, non appartiene a loro la capacit� imitativa, il poter copiare spontaneamente i comportamenti degli altri. Il bambino che non vede cresce alimentato dalle esperienze ludiche che gli vengono offerte: se queste sono povere, frammentarie, disorganizzate, le sue possibilit� verbali, immaginative, motorie non emergeranno. Insegnare a giocare e giocare per il bambino in difficolt� visiva significa: - Apprendere: a utilizzare e a rinforzare i canali sensoriali residui. - Esplorare: il bambino manipola gli oggetti, li esplora e li conosce nelle loro dimensioni, forme, ne sente la consistenza, il peso, la superficie, rapporti spaziali... - Conoscere: il bambino, giocando impara, agisce con gli oggetti e sugli oggetti e scopre il loro uso, la loro funzione, le loro caratteristiche, i loro attributi sensoriali, la loro staticit� o dinamicit�. Operando comprende i concetti logico/ temporali, i concetti di causa/effetto. Impara a concettualizzare le esperienze. - Creativit�: il bambino arricchisce e trascende nel fantastico i dati reali, sviluppando la fantasia e l'immaginazione. - Scoperta: come controllo del proprio corpo, imparare movimenti corretti, anche attraverso l�esplorazione dell�ambiente circostante. - Inclusione e relazione: il bambino si apre agli altri, comunica, allaccia ed arricchisce i rapporti interpersonali e sociali. - Interiorizzazione delle relazioni sociali e delle regole del gruppo, renderle proprie per sviluppare progressivamente le capacit� di interagire con il proprio contesto sociale e apprendere le abilit� sociali. - Movimento: il bambino sperimenta il movimento costante del corpo attraverso un'estesa gamma di forme di locomozione, ritmo, equilibrio. - Autonomia: il bambino si cimenta, prova a far da s�, sceglie. - Avventura: il bambino arricchisce di fantasia i suoi vissuti ludici, tenta lo straordinario, sogna. - Costruire un Io capace e consolidare l�autostima. - Contribuire e promuovere lo sviluppo del linguaggio concreto per eliminare il fenomeno del verbalismo. - Condivisione di strategie. - Sperimentare nuove abilit� nella trasformazione continua del gioco. Il tempo del gioco ha per�, per il bambino in difficolt� visiva, ritmi dell'agire diversi del coetaneo vedente. Diventa quindi fondamentale ricercare e porre attenzione educativa ai giochi proposti, verificando anticipatamente la fruibilit� da parte del bambino, e modificandoli per garantire anche a lui un accesso integrato all'attivit� ludica. L'adulto nel gioco assume il ruolo di ausiliario, mediatore ed organizzatore strutturando e proponendo modalit� adeguate all'attivit�. Importante che ogni nuovo gioco con materiali o senza venga proposto rispettando la gradualit� e i tempi necessari per una sua corretta interiorizzazione. Inizialmente � opportuno che il bambino conosca e con-segua l�attivit� con l�adulto in un rapporto individualizzato, perch� possa familiarizzare e padroneggiarla successivamente in un contesto di gruppo. Una costruttiva partecipazione diventa possibile se si rispetta la seguente gradualit�: - con un adulto - individuale - a coppie - piccolo gruppo - medio gruppo. La dimensione ludica, di medio-grande gruppo, comporta spesso difficolt� per il bambino che non vede. Per lui � difficile controllare tanti compagni, spesso in movimento, e una forte accumulazione percettiva sonora lo confonde, lo distrae, impedendogli di compartecipare in tempi reali e con gesti adeguati al gioco. Linee metodologiche L'insegnante e l�adulto devono essere portatori di una cultura del gioco condivisa e inclusiva. Nei giochi senso-motori il bambino che non vede, in assenza di imitazione, deve concentrare le sue forze nell'apprendere e memorizzare tutti i passaggi, le azioni, gli schemi motori e, nel gruppo controllare i tempi ed i modi dell'interazione. L�educatore deve pianificare le strategie di esecuzione ogni volta che promuove giochi di movimento, attivit� fisiche di gruppo, per poter coinvolgere e permettere al bambino con grave disabilit� visiva una reale partecipazione. Giocare � fare e fare significa modificare costantemente il proprio stato in relazione allo stato degli altri e al contesto che ci circonda. Per poter svolgere un gioco di gruppo � necessario per il bambino: - Rappresentarsi i propri gesti e movimenti, in relazione all�attivit� degli altri. - Immaginare contemporaneamente quelli dei compagni - Raffigurare mentalmente la propria attivit� in relazione agli altri giocatori. Infatti, il gioco di movimento � per sua natura dinamico e variabile e questo lo obbliga a passare da uno stato ad un altro con una certa rapidit�. Il gioco si pu� definire collettivo quando potenzia la socialit�, quando ciascuno porta il proprio contributo e condivide regole che armonizzano l�azione dell�individuo a quella del gruppo. Contemporaneamente il gioco pu� diventare laboratorio di conoscenza e di arricchimento delle relazioni e della socialit�. � fondamentale porre attenzione educativa ai giochi proposti, verificando anticipatamente la fruibilit� da parte del bambino ed avvertendolo sempre di eventuali modificazioni. Per garantire un accesso integrato all�attivit� ludica � necessario che l�adulto la sperimenti sempre prima con il bambino e lo guidi pi� volte a: 1. Conoscere e dominare lo spazio in cui si svolger� il gioco L�esplorazione del contesto in cui si svolger� l�attivit� deve essere sistematica e attraverso il metodo perimetrale e a rete permettere una adeguata costruzione della mappa spaziale del territorio. L�adulto coordinatore deve guidare pi� volte il bambino a: - Un�esplorazione del perimetro e della superficie dell�ambiente, che deve essere effettuata prima per garantire una rappresentazione mentale dello stesso. - Definire con lui i punti di riferimento; - Individuare i percorsi con i cambi di direzione; - Descrivere, coagendo, la modificazione dei rapporti spaziali che cambiano nell'inversione dei percorsi. In tal modo il bambino potr� anticipatamente organizzarsi e formarsi immagini mentali spaziali globali dell'ambiente in cui si svolger� il gioco. 2. Descrizione del gioco Il gioco deve essere analizzato in modo dettagliato: - Essere comprese le modalit� di svolgimento e le regole. - Sperimentare eventuali materiali e le loro caratteristiche. - Definire e rispettare i tempi. 3. Stabilire e Comunicare - I ruoli dei giocatori. Informare e rendere compartecipe il bambino nella distribuzione dei ruoli specifici richiesti dal gioco. - Gli schemi del gioco e i passaggi motori che richiede, il piano di azione. - Le posizioni spaziali del bambino, quella dei compagni e degli oggetti. - Le modifiche che possono intervenire nello svolgimento dell�attivit�. 4. Pre-agire - L�adulto deve far vivere individualmente e anticipatamente le azioni motorie, i movimenti, l'iter delle azioni, lo schema globale del gioco, affinch� le sue risposte non siano un susseguirsi casuale di gesti, un adeguamento improvviso all'attivit�, ma il risultato di una costruzione mentale. 5. Concordare Con il bambino un tutor che con-guida le azioni e che attraverso segnali tattili e la descrizione verbale gli comunichi in tempo reale i passaggi, le trasformazioni, il divenire del gioco e che con l'agire insieme gli permetta una reale fruizione dell'attivit� trasformando la sua presenza nel gruppo da passiva in ludicamente attiva. La pedagogia per un gioco inclusivo chiede all�educatore di svolgere funzioni di sostegno e la strutturazione di una cornice ludica indispensabile per l�avvio del gioco e di proporre attivit� accessibili a tutti i bambini. Pablo Neruda scrive: �Il bambino che non gioca non � un bambino, ma l�adulto che non gioca ha perduto per sempre il bambino che era dentro di lui�. Paola Bonanomi (Centro di Consulenza per le disabilit� visive in et� evolutiva. Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano) Bibliografia Abba, G., Bonanomi, P. (2001). Le problematiche dell�integrazione del non vedente nella scuola. Guida per Insegnanti. Monza: Biblioteca Italiana per i Ciechi Regina Margherita. Bondioli, A. (1997). Gioco ed educazione. Milano: Franco Angeli. Ceppi E. (1960). Analisi comparativa del giuoco nei bambini ciechi. In: Luce con luce. Rivista trimestrale della scuola di metodo �Augusto Romagnoli� per gli educatori dei ciechi, a. 4, n. 4, p. 34-41. LAVORO Caso o perseveranza, di Franco Lisi, Ivana Cavallini e Francesco Cusati (pagg. 151-156) - Il racconto di una positiva esperienza di formazione al lavoro mette in luce le diverse variabili e le competenze trasversali che entrano in gioco nell'inserimento delle persone con disabilit� visiva. - Notizia Nell�ultimo periodo, nonostante la pesante situazione pandemica, sono stati assunti sei allievi che hanno frequentato corsi di formazione presso la Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano onlus (da ora in poi Fondazione): tre persone presso Aler Milano, importante azienda del territorio e tre persone presso DHL, azienda leader mondiale nei servizi di logistica. Le mansioni ricoperte sono nell�area del Servizio Clienti. Si tratta di una notizia sicuramente sperata, comunque forse inaspettata, anche in considerazione del periodo che stiamo vivendo, che inorgoglisce chi scrive e che rende merito a chi ci ha creduto fin dall'inizio. Competenze, perseveranza, contaminazione, fortuna Nel riportare la storia della costruzione di questo successo, riteniamo utile analizzare le relazioni �causa-effetto� che hanno contribuito a favorirne la realizzazione. Va detto, a onor del vero, che i temi dell'inserimento nel mondo del lavoro e della riqualificazione professionale delle persone con disabilit� visiva richiedono competenze trasversali e multidisciplinari che necessitano in modo ineludibile del coinvolgimento di pi� soggetti qualificati. I cosiddetti Servizi al lavoro, area della Formazione, nascono circa 15 anni or sono come raggruppamento accreditato presso Regione Lombardia con il Consiglio Regionale Lombardo dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e con le sezioni provinciali di Brescia e Varese. Storia della notizia In occasione dei corsi professionali di Centralino e Professioni Equipollenti (esperto di telemarketing), nel 2018 abbiamo contattato alcune aziende del territorio, tra cui ALER MILANO e DHL, al fine di offrire ai nostri allievi un confronto pratico e concreto con realt� aziendali del territorio che, all'interno della loro organizzazione, avessero un�area dedicata al servizio clienti. Questa innovazione nei corsi professionali ha origine dalla consapevolezza che l'evoluzione del mercato del lavoro, accelerata dallo sviluppo inarrestabile delle piattaforme digitali, propaga la sua onda lunga sulla ridefinizione radicale dei processi lavorativi e sull'aggiornamento dei profili professionali. L'ampliamento senza confine della rete non pu� prescindere dalla complementariet� degli enti di formazione, dal dialogo tra enti pubblici, organizzazioni aziendali e sindacali con le associazioni di categoria, dalla valorizzazione delle relazioni umane e professionali e, naturalmente, dall�attivo coinvolgimento di tutti gli stakeholder. Le nostre attivit� in questo senso sono volte ad organizzare scambi di visite nei luoghi di lavoro, incontri dimostrativi con aziende del territorio, seminari di sensibilizzazione; tutte azioni utili e doverose, anche se non sempre tutte le iniziative hanno un seguito concreto e tangibile. Questa volta invece abbiamo introdotto un elemento innovativo e qualificante nel percorso formativo dei corsi professionali. L�Azienda ALER ha aderito al nostro invito con molta semplicit� ma con grande professionalit� mettendosi a disposizione per organizzare il 15 novembre 2018 un'intensa ed interessante opportunit�: un �experience Day�. Abbiamo dedicato un�intera giornata di corso, con l�intervento di 3 Responsabili Aler e di sei operatrici del Call Center che, dotate della strumentazione necessaria, hanno svolto la loro attivit� presso le aule dei nostri corsi professionali. In questo modo gli allievi, in ascolto, hanno potuto avere un'esauriente dimostrazione del lavoro e delle tematiche affrontate dal Servizio Clienti, creando, cos�, coerente connessione con le attivit� formative. Questa circostanza � stata anche occasione per valutare brevemente l'accessibilit� delle procedure, per far conoscere i nostri allievi e, soprattutto, mostrare le loro modalit� operative attraverso l'uso della tecnologia assistiva. Un altro incoraggiamento alla costruzione meticolosa della rete lo abbiamo avuto nella visita effettuata con le classi di allievi presso le sale operative di DHL, azienda leader nel settore. La visita ha permesso agli allievi di osservare e condividere da vicino, quasi a livello individuale, il lavoro svolto dagli operatori. Entrambi questi due significativi momenti hanno creato i presupposti per ulteriori occasioni di approfondimento e conoscenza. Dagli �Experience Days� abbiamo ritrovato entrambe le aziende in occasione del Convegno Lavoro organizzato il 30 novembre 2018 dalla Fondazione a conclusione e a sostegno delle attivit� corsuali nell'ambito dell'iniziativa �Lombardia Plus 2016-2018�. Durante i lavori gli allievi dei corsi hanno avuto l�opportunit� di sostenere presso la nostra sede colloqui di lavoro con varie aziende tra le quali, naturalmente, ALER e DHL. Se anche la �fortuna pi� cieca� ha qualche correlazione con le azioni passate, non � un caso che nel marzo 2019 le due aziende abbiano sottoscritto una manifestazione di interesse al nuovo progetto formativo della Fondazione per l'occupazione dei disabili presentato a Regione Lombardia. La nostra perseveranza, infatti, ha avuto un ulteriore incoraggiamento in occasione del bando che prevedeva la possibilit� di condividere la progettazione del percorso formativo, denominato �Addetto Customer Care�, con le aziende interessate alla tematica, oltrech� una partecipazione di personale aziendale in qualit� di docente per la realizzazione di unit� didattiche specifiche. Nello stesso periodo ALER esprimeva l'intenzione di avviare tre tirocini con ragazzi disabili visivi, da selezionare in collaborazione con la Fondazione, tra le persone conosciute nei nostri corsi professionali. DHL, inoltre, procedeva, nell�immediato e successivamente, all�assunzione di tre persone disabili visive al termine di una selezione effettuata in collaborazione con la Fondazione. L'adeguamento costante delle norme e delle linee guida in materia di Politiche attive del lavoro per i disabili, il ruolo dei Centri per l'impiego, le molteplici linee di finanziamento ai progetti, costituiscono di fatto ulteriori determinanti elementi imprescindibili per poter ragionevolmente perseguire l'inclusione dei disabili nel mondo del lavoro. Alla luce di quanto sopra, ogni passo compiuto sul percorso dell'inclusione lavorativa delle persone con disabilit� visiva � la sintesi di una moltitudine di approcci, � frutto della convergenza di diverse volont�, � il risultato diretto o indiretto di articolati progetti finanziati, del dialogo con il mondo datoriale, del passa-parola fra le aziende, dell'incoraggiamento, del sostegno e della collaborazione reciproca fra le parti. Ogni esperienza acquisita � un ulteriore mattone posto sui precedenti, � un vero e proprio corollario che richiama ed integra le certezze gi� acquisite ed attinge dall'ingente bagaglio esperienziale maturato fino a quel momento. Anche per questa ragione, il modello di interventi costituisce l'humus pi� esteso e pi� fertile per costruire condizioni ancora maggiormente favorevoli per il tramite di nuove azioni virtuose. L'applicazione pedissequa di �linee guida� per nuovi percorsi inclusivi ascritte in documenti formali o informali, considerati a mo' di �manualistica di riferimento�, � garanzia certamente di �buone prassi�, ma da sola risulterebbe un esercizio insufficiente e non in grado di assicurare il successo delle specifiche attivit� intraprese. Il rapporto fiduciario con l�azienda ed il contatto costante con gli allievi aiutano ad intercettare e aprono alla risoluzione di problematiche che possono sorgere e frenare il cammino anche quando � imminente l�ingresso in azienda e �le cose sembrano fatte�. Nell�esperienza Aler e DHL, infatti, nei diversi sopralluoghi preliminari conoscitivi in azienda, oltre a riscontrare ed affrontare la parziale accessibilit� delle procedure aziendali, come accade nella maggior parte delle aziende, � emersa in ALER un�ulteriore problematica che ha ostacolato e ritardato, inaspettatamente, l�ingresso dei tirocinanti. Nonostante la sala operativa del call center/centralino si trovasse all�ottavo piano, in un ambiente strutturalmente semplice e lineare, di facile raggiungimento, senza barriere architettoniche, un Responsabile della Sicurezza, particolarmente �preoccupato� o �alquanto premuroso�, esprimeva �parere� che i disabili visivi dovessero essere trasferiti al seminterrato per raggiungere agevolmente le uscite di sicurezza in caso di necessit�. La lettura delle combinazioni dell'elevata quantit� di variabili in gioco da considerare innanzi ad ogni attivit� di matching tra le caratteristiche dei candidati lavoratori e gli ambienti aziendali, esce quindi dal controllo ragionieristico-numerico-gestionale ed esula da modelli messi a punto in precedenza, non ritrovandovi una univoca chiave interpretativa e indicatori inequivocabili per una codifica adeguata alle nuove circostanze. Ci� porta a ritenere che l'analisi e la valutazione del contesto attenzionato debbano far capo ad un gruppo di professionisti qualificati, capaci in forma sinergica di farsi carico del percorso di inserimento lavorativo dal proprio livello di osservazione, mettendo in gioco le proprie competenze, le proprie sensibilit�, le proprie volont�, in sintesi, l'intimo convincimento che l'inclusione nel nuovo mercato del lavoro sia possibile. Alla fine, lieto fine, dopo 18 mesi di tirocinio in Aler e un periodo di prova in DHL, questo percorso lungo e a volte tortuoso, si concretizza in sei assunzioni. Queste ultime due esperienze segnano un�altra tappa importante del lungo percorso scritto dai Servizi al Lavoro che ci fa rivivere l�entusiasmo vissuto nell�indimenticabile, complesso ed ambizioso progetto di qualche anno fa, che ha visto l�assunzione di 10 operatori disabili visivi nella sala operativa di AWP (Allianz Worldwide Partners), ex Mondial Assistance. Sottolineiamo che questi progetti, di grande risonanza, sono frutto di anni di esperienza pregressa, di errori commessi e di risultati acquisiti. Decine sono stati infatti i progetti di inserimento e di riqualificazione sviluppati sul territorio, sia grazie a finanziamenti pubblici, sia in situazione di rapporti privatistici. Ogni azione di riqualificazione e di inserimento ci consegna un enorme bagaglio di esperienze e di informazioni che consentono l�estensione di un modello flessibile e replicabile in ogni nuova situazione. In questi mesi il nostro sguardo � rivolto a numerosi altri progetti di indubbio significato formativo ed esperienziale. Continuiamo ad operare, infatti, senza soluzione di continuit�, realizzando progetti di inserimento mirato con diverse realt� aziendali. Tutte queste azioni sono finanziate sia per il tramite di strumenti delle politiche attive del lavoro (DUL - Doti Uniche Disabili) sia mediante accordi privatistici stipulati direttamente con le aziende. Attualmente sono attive una quindicina di percorsi di inserimento e di riqualificazione professionale. Un importante impulso alla costruzione della rete arriva anche dal progetto �Lavoro in Vista� sostenuto da Fondazione Cariplo. Lo scopo � l�orientamento e l�inserimento lavorativo di persone con disabilit� visiva disoccupate e inoccupate residenti in Lombardia, lo scouting delle aziende nonch� l�attivit� di matching tra domanda e offerta. Il progetto � tanto pi� complesso e stimolante in quanto sono state prese in carico un centinaio di utenti con l'obiettivo di collocare al termine delle attivit� previste (ottobre 2022)�una quarantina di persone. Il progetto, della durata di due anni, � svolto in partenariato tra l'agenzia per il lavoro Galdus, il Consiglio Regionale Lombardo e le sezioni territoriali dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, la Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano onlus. Abbiamo raccontato questo successo con l�intento di divulgare e trasferire sul territorio modelli di intervento pragmatici e positivi, utili a fornire elementi di valutazione al mondo aziendale e agli operatori impegnati nell�area delle politiche attive per la riqualificazione e l�inserimento professionale nel mondo del lavoro delle persone con disabilit�. Abbiamo raccontato questo successo per incoraggiare i giovani ad investire nel loro percorso formativo, perch� solide competenze sono comunque elemento fondamentale per realizzare qualsiasi processo inclusivo e avere successo lavorativo. Abbiamo raccontato, ancora, questo successo perch� chi eroga i finanziamenti e scrive le regole di accesso ai bandi consideri che la disabilit� visiva non � un �di cui� ma pu� essere una risorsa a tutti gli effetti quando viene attenzionata in modo specifico, permettendo a tutti di partecipare. Ci riferiamo a tutte quelle persone, e sono molte, che, per mancanza di requisiti adeguati o per et�, rimangono escluse e quindi non possono beneficiare di pari opportunit�. La spinta innovativa non pu� dimenticare che anche i pi� fragili tra i disabili visivi debbano poter accedere a percorsi formativi anche propedeutici che rispondano alle loro caratteristiche e, nel contempo, alle logiche del mercato del lavoro. In questo senso l�auspicio � che la Legge 113/85 non venga disattesa e che si possano riproporre percorsi che, pur aggiornati, soddisfino questi bisogni. Franco Lisi (direttore dell'Area Scientifica, Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano) Ivana Cavallini, Francesco Cusati (operatori dei Servizi al lavoro) CLASSICI DELLA TIFLOLOGIA Trent'anni della Scuola di Metodo per i ciechi. Linee direttive e sviluppo (Tratto da: Luce con luce. Rivista trimestrale della Scuola di Metodo �Augusto Romagnoli� per gli educatori dei ciechi, a. 1 (1957), n. 1, pag. 16-25.), di Elena Romagnoli Coletta (pagg. 157-167) - Parlare dei trent'anni della Scuola di Metodo significa ripercorrere i fondamenti del metodo e dello sviluppo dell'educazione dei bambini ciechi. - Trent'anni! una lunga vita per una scuola senza precedenti, e che ha dovuto formarsi indirizzo e programmi. A chi, come me, ha preso parte alla vita attiva e in continua evoluzione di questa scuola, � sorta talvolta la preoccupazione di frammentarismo di azione e di eclettismo di principii non assimilati. Tuttavia, i corsi di tirocinio che si sono svolti ogni anno ci hanno sempre data la necessit�, e dir� anche il conforto, di renderci conto che questo apparente frammentarismo � vita che si inquadra in principii e direttive di azione molto chiari e perfettamente armonizzati tra loro. Sicch� i principii filosofici, scientifici e pedagogici che sono alla base della prassi educativa del metodo di Augusto Romagnoli non sono stati traditi, ma messi in pratica con possibilit� di evoluzione e con una vivacit� da dare la certezza della vitalit� del metodo stesso. Pertanto, intendo esporre le esperienze della Scuola di Metodo Augusto Romagnoli, ricollegandomi ai principii e dando una ragione del processo evolutivo che ha portato alla configurazione della scuola come � attualmente. La Scuola di Metodo Augusto Romagnoli forse non � molto nota e non sar� comunque inutile dare un cenno della sua organizzazione e della sua finalit�. La legge che ammetteva i ciechi all�assolvimento dell�obbligo scolastico e impegnava lo Stato a provvedere adeguatamente trov� tutto da fare: organizzazione della scuola e degli istituti per accogliere i fanciulli nell�et� dell'obbligo, preparazione di personale adatto. In Italia, per fortunata coincidenza di vari elementi, i problemi dei ciechi erano stati posti in risalto e teoricamente prospettati in una chiara posizione. Si ebbe pertanto, con la stessa legge che dichiarava la obbligatoriet� della istruzione per i ciechi e i sordomuti, anche la istituzione di una scuola di formazione degli educatori dei ciechi. La scuola, istituita con R.D. 11 Novembre 1923, n. 2395, ebbe il suo regolamento il 15-XI-1925 con R.D. n. 2483 e cominci� a funzionare nell�aprile del 1926. Fu affidata alla direzione di Augusto Romagnoli che si era occupato di studi pedagogici e che, cieco, era riuscito con un�opera di autoeducazione a inserirsi nobilmente nella vita dei vedenti, quale educatore di vedenti. Egli aveva iniziato la sua attivit� di studioso con la breve, geniale opera Introduzione all'educazione dei ciechi (Zanichelli, Bologna 1906); e aveva sperimentato il suo metodo educativo dei ciechi durante quattro anni, esponendone in seguito i risultati nel volume Ragazzi ciechi (Zanichelli, Bologna 1924). L�esperienza di Augusto Romagnoli in quei quattro anni, pur non avendo un valore normativo per quanto riguarda la organizzazione pratica della nuova scuola, ci dava linee preziose di attivit� educativa che si prestavano a sviluppi successivi di ricerche e di programmi. Sicch� la nuova scuola, iniziatasi con modesta attrezzatura e con pochissimo personale, ha potuto lentamente ma sicuramente affermarsi nella sua fisionomia e nel suo organico; e anche se la legislazione che la regola risalendo al 1926 non contempla la sua organizzazione quale ha dovuto venire formandosi per intrinseche necessit�, la scuola funziona e compie in silenzio ma in efficienza il suo compito. La Scuola di Metodo � scuola di tirocinio, ma questo non esclude un lavoro di aggiornamento e di arricchimento della cultura generale e della cultura speciale, ch� per educare bene i fanciulli in genere e quelli ciechi in particolare bisogna essere preparati a saperli studiare nella loro psiche e nel loro fisico, rendersi conto delle cause della cecit� e delle concomitanti ulteriori minorazioni; e saper conoscere � dalle informazioni varie � l'ambiente in cui il fanciullo ha vissuto fino all�inizio del periodo educativo, e che pi� o meno sar� ancora il suo ambiente a educazione compiuta. La scuola ha naturalmente annesso l�educandato di fanciulli ciechi, sia perch� i maestri che vengono per la specializzazione trovino la base per seguire in un quotidiano tirocinio l�applicazione dei principi teorici del metodo, sia per avere un istituto modello dove si studino, si esperimentino e si applichino integralmente i migliori metodi educativi con la coerenza e la guida di una direttiva unica. Non � il caso di dilungarsi sullo svolgimento di questo tirocinio, n� di esporre l'organizzazione del corso che � di un anno, anche perch� da lungo tempo i dirigenti della Scuola di Metodo chiedono un riordinamento che venga a potenziare la scuola e a darle la possibilit� di una preparazione pi� accurata e pi� rispondente alle mutate condizioni degli istituti dei ciechi. Esporr� invece i principi pedagogici che ci hanno guidati e la loro applicazione pratica che ha portato allo sviluppo della scuola stessa. La scuola ebbe la fortuna di iniziare la sua organizzazione senza essere legata a nessun istituto preformato, e non ebbe perci� le difficolt� inerenti al rinnovamento di vecchie forme e di antiche abitudini e al dover riorganizzare ci� che era gi� organizzato. Modestissima, senza locali e con pochi alunni, sorse come una famigliuola povera e pot� fin dal principio educare i suoi fanciulli allo spirito di adattamento e agli espedienti utili a superare le mille difficolt� che sorgono quando si dispone di pochi mezzi. Naturalmente, questa organizzazione si prest� a critiche specialmente da parte degli istituti pi� ricchi, ma a noi dette il modo di organizzarci come famiglia. Infatti uno dei principii educativi di Augusto Romagnoli � che l�educazione dei ciechi deve svolgersi il pi� possibile in un clima famigliare, e che le difficolt� non devono essere eliminate, ma poste qualche volta anche artificialmente per quel tanto che spronano a superarle con spirito d�iniziativa e coraggio: hanno tanto bisogno di queste qualit� i ciechi! Augusto Romagnoli diceva che non si deve adattare l�ambiente al cieco, ma il cieco all�ambiente e lo stesso pensava dei mezzi didattici, per cui anche nel materiale didattico non voleva nulla di specioso, di arzigogolato e ammetteva il minimo possibile di appositamente costruito, affermando che era necessario servirsi di ci� che si trovava in commercio e fruire ampiamente del contatto con la natura. Abbiamo cos� imparato ad apprezzare, come faceva Augusto Romagnoli, il valore del sacrificio, della povert�, del dolore come forze redentrici e rafforzatici della volont�. In nessuna scuola � e pure gli educatori sanno quale fattore educativo sia la personalit� del maestro � in nessuna scuola come in quella dei ciechi la personalit� dell�educatore ha tanta importanza. E in primo piano � la personalit� del direttore. Ritornando alla Scuola di Metodo e al suo inizio, devo dire che, pur nella sua esiguit� di mezzi e povert� di ambiente, pot� sorgere con tutte le premesse di uno sviluppo e di una assistenza completa dei fanciulli in educazione: i quali, pur avendo alcune buone qualit� dei figli dei poveri, non avevano la denutrizione di chi � misero (intendo, oltre a quella fisica, la denutrizione morale); non mancava loro niente, ma si abituavano al risparmio, al rispetto delle suppellettili, dei libri, dei giocattoli e delle piante del giardino; sentendo tutto il valore delle bellezze della natura, gustandone l�insegnamento e ritemprandosene di spirito e di corpo. Fin dai primi alunni i risultati furono veramente consolanti. �Chiesa piccola, devozione grande...�. Nostalgia di quei tempi in cui noi pochi educatori trovavamo il nostro riposo nell�alternare le occupazioni, e il nostro solo ajuto erano i tirocinanti ai quali realmente veniva affidata con responsabilit� assistenza e scuola. Non � bene soffermarsi sulle nostalgie: ogni stagione ha i suoi fiori e i suoi frutti. Quel periodo diede l�impulso all�azione seguente. Venendo a disporre di tempo pi� libero man mano che il personale era formato ed assunto, noi primi maestri potemmo approfondire i principii generali del metodo e dare anche formalmente una inquadratura pi� scientificamente evidente alla formazione degli educatori. Infatti l�educazione del cieco non deve ridursi ad una formale applicazione di questa o quella tecnica, all�uso di questo o quel mezzo di insegnamento o di espressione; ma deve essere l�opera riflessa di una conoscenza del suo spirito e della sua intelligenza, e richiede nel maestro consapevolezza della natura umana nella sua unit� e universalit�, come del resto per ogni opera educativa. Richiede inoltre conoscenza delle speciali condizioni psicologiche a cui porta la mancanza di un senso importante quale la vista per la formazione di immagini e di una esatta conoscenza del mondo. Questo credo sia uno dei meriti di Augusto Romagnoli: il non essersi soffermato a considerare con piet� le menomazioni del cieco per mettervi riparo, ma di aver voluto spingere la penetrazione in ciascun fanciullo fino alla ricerca della vena profonda che fa di ogni individuo una parte necessaria alla compagine umana. Pensiero questo che gli veniva certamente dal suo profondo senso cristiano e cattolico della vita. Non si possono intendere il pensiero e l�opera di Augusto Romagnoli senza tener presente questa sua aperta e disciplinata formazione religiosa. Egli pensava che l�educazione � interiorit� e che i sensi non sono che mezzi di conoscenza, mentre chi conosce � la mente. Perci� quando si voleva chiamare metodo l�insieme di espedienti da lui usati per educare i sensi e l�immaginazione dei fanciulli ciechi, egli si ribellava: �Il mio metodo � di non aver metodo!�. Retta da questi principii, la Scuola di Metodo divenne davvero una scuola attiva, aperta a tutte le esperienze e saggiamente guidata da una riflessione continua per trarre da ci� che l�esperienza ha di contingente elementi universali. Lo studio del fanciullo caso per caso; la divisione che al principio era fatta per gruppi pi� che per classi; la libert� di orari al punto che si interrompevano le lezioni per andare a spicconare e trasportare la terra nel giardino o a badare ai bachi da seta o a preparare una rappresentazione; l�accessibilit� del direttore e della sua casa; le sue letture e le sue lezioni domenicali di religione che si dilatavano in dialogo e toccavano i pi� vari argomenti; le sue lezioni di francese e anche di latino la sera dopo cena; le lunghe passeggiate... tutto questo faceva della scuola una famiglia ben viva, e i programmi pi� che svolti dagli insegnanti venivano assimilati senza sforzo nel contatto con la natura e con il mondo degli adulti. Felice e gajo attivismo ed educazione globale, in quanto si fonda sull'intuizione di un mondo ampio e tridimensionale per il moto dello spirito e della immaginazione. Si dice che l�educazione del globalismo non pu� essere per i ciechi in quanto le loro percezioni attraverso il tatto sono analitiche e non danno possibilit� di rapide intuizioni. Ma bisogna pensare che l�educazione non � solo conoscenza esteriore: anche nel tatto vi � un principio di sintesi; non si sa ben toccare se non si ha uno schema secondo cui dirigere la propria esplorazione; ora questo schema � gi� un principio di sintesi, forse non corrispondente all�oggetto che si tocca, ma che rende possibili i raffronti tra l�immaginato e il reale, e � conducendo alla correzione di una sintesi errata � d� nella nuova sintesi elementi di arricchimento della immaginazione. Analisi e sintesi in definitiva sono operazioni mentali, e se la sintesi che ci viene attraverso l'occhio � pi� rapida, pu� anche essere pi� superficiale se non � accompagnata dalla critica dell�analisi. Dobbiamo pensare che il mondo immaginativo del fanciullo cieco di intelligenza normale non � vuoto, che anche attraverso il tatto la conoscenza fortuita e intuitiva delle cose arricchisce la sua mente e che nozioni cos� acquisite debbono solo essere ordinate per dare una conoscenza esatta. Infatti, i reattivi pi� sicuri per la misurazione del livello intellettuale dei piccoli ciechi devono basarsi principalmente su una sia pur semplice capacit� di esplorazione tattile, con un certo ordine che indichi una intuizione embrionale delle tre dimensioni. Il fanciullo che non sa toccare o che esplora con disordine ci rivela subito una deficienza mentale indipendente dalla povert� immaginativa dovuta alla mancanza della vista. L�insegnante del nostro Giardino d�infanzia quando vuol dire che un bambino � intelligente mi dice: �ha una bella manina�. Non gliel�ho fatto mai notare, ma nella sua intuitiva semplicit� � una frase piena di significato. Non diciamo di chi vede: �che occhi intelligenti�? E d�altra parte, dobbiamo pur considerare che i sensi non agiscono e non percepiscono ciascuno isolatamente, anche i dati della percezione visiva sono spesso meglio definiti e chiariti dagli aiuti degli altri sensi come il tatto e l�udito. Ora i dati dell�udito hanno per i ciechi funzione principale solo che si sappia portarli alla coscienza, alla riflessione e alla comparazione. Udito e tatto, e concomitanti il senso barico e anemestesico, bene educati danno al cieco l�idea complessiva del mondo che lo circonda. Ma bisogna educarlo a saper leggere e comprendere i segni che manifestano alla sua mente tale mondo. Augusto Romagnoli scrive nel suo lavoro Introduzione alla educazione dei ciechi in Pagine vissute di un educatore cieco a pag. 42: �La festa dei suoni e dei rumori nell�aria limpida per il cieco � gioconda come quella dei colori per chi vede. Immagina gli oggetti da quei suoni, da quei rumori, come il vedente apprende le forme dai colori e dalle ombre; vi � un panaquama come un panorama�. Dobbiamo per� tenere ben presente che l�educatore non pu� col fanciullo essere un semplice osservatore dello sviluppo educativo e delle sue espressioni, non pu� affidarsi interamente alla spontaneit�, perch� � data la mancanza della vista e i timori delle persone di famiglia che tengono il piccolo cieco nella immobilit� � quasi sempre manca il desiderio della esplorazione spontanea. L�educatore deve suscitarla, deve togliere un ostacolo, rompere i cancelli di una prigione. Tuttavia avr� sempre come base degli schemi mentali su cui la sua opera educativa potr� far presa. Per queste ragioni la scuola dei ciechi deve essere affidata a educatori consci delle proprie responsabilit� e preparati non solo teoricamente, ma anche praticamente, allo studio della psicologia e del meccanismo delle operazioni mentali inerenti alla formazione del fanciullo. La quale formazione non si ferma all'educazione della mente, ma questa fa base della formazione e dello sviluppo di una ricca personalit�. L'opera dell'educatore � difficile e delicata: bisogna che non commetta errori iniziali. � bene porre subito alcuni principii che devono guidare l�azione del maestro e che spiegano il metodo Romagnoli. Il fanciullo cieco, appena uscito dall�inerzia, nella difficolt� di una vita attiva e di contatto con il mondo esterno, � portato a sopravvalutare il linguaggio, pi� come suono che come efficace elemento di espressione. Noi abbiamo notato come il fanciullo cieco meno dotato intellettualmente e meno capace di muoversi e di compiere un lavoro si diletta di parlare, talvolta senza un nesso logico, o di esprimere fantasie senza costrutto. Mancanza di concretezza nell�azione e nel pensiero. Molti vedono in queste manifestazioni, che spesso sono accoppiate con una grande memoria uditiva, una forma di intelligenza superiore, sicch� avviene di frequente che questi ciechi siano avviati agli studi e conquistino persino delle lauree. Il maestro non deve farsi ingannare: deve riportare il fanciullo sulla terra dal suo mondo di astrazione senza base concreta. Perci� Augusto Romagnoli vuole che il fanciullo cieco fin dal Giardino d�infanzia impari a fare: non c�� miglior modo di conoscere che il costruire. Quanta vita nel giardino d�infanzia della Scuola di Metodo! Assente ogni pedanteria, non giuochi e programmi preordinati, ma improvvisazioni dettate dalle circostanze e richieste dagli umori della giornata. Come bisogna adattarsi alle circostanze, alle combinazioni dei temperamenti gi� cos� delineati nei bambini di tre o quattro anni! Quante volte una giornata di bel tempo che segue a lunghe piogge fa cambiare programma; quante volte una giornata di vento rende i bambini nervosi e incapaci di ascoltare e di orientarsi! Giorni perduti in apparenza soltanto, ch� di tutto la maestra sa trarre profitto. Il Giardino d�infanzia � nella scuola dei ciechi della massima importanza: � proprio l� che si inizia con frutto la normalizzazione. Nella Scuola Augusto Romagnoli esso fa, per alcuni lati dell�educazione speciale, parte del primo ciclo. Il primo ciclo � il pi� importante per la normalizzazione. Praticamente, il primo ciclo nella Scuola Romagnoli � stato formato dal Giardino d�infanzia e dalle classi 1a e 2a. A parte i programmi normali delle classi elementari che si svolgono nelle aule separate con insegnanti propri, per quanto si riferisce al lavoro e al moto, alle esercitazioni manuali, di orientamento, di canto, di ginnastica, ecc. queste classi hanno orari ed educazione in comune e la divisione � fatta a seconda delle capacit� e possibilit�. Nel primo periodo, dunque, la scuola era divisa per gruppi a seconda del grado d�intelligenza e di formazione dei piccoli alunni, ma col crescere del numero di questi si giungeva necessariamente ad una maggiore differenziazione. Ho detto che questo � il periodo di normalizzazione, ma bisogna tener presente la situazione reale degli istituti dei ciechi e adeguarsi alle difficolt� di reperimento e agli ostacoli che si frappongono alla tempestiva ammissione dei fanciulli nell�istituto e all�inserimento nella classe corrispondente all�et� cronologica (� difficile, per circostanze non sempre dipendenti dalla possibilit� intellettuale, che nel fanciullo cieco l�et� mentale corrisponda all�et� cronologica). Per queste ragioni, se in un primo tempo, quando gli alunni erano in numero esiguo, si pot� formare una classe che si chiam� solo ufficialmente �Giardino d�infanzia�, praticamente si ebbe una vera e propria classe preparatoria nella quale i fanciulli erano riuniti secondo le loro capacit� intellettuali e pratiche, anzich� secondo l�et�. In questo periodo l'educazione era assolutamente individuale, e non poteva essere altrimenti: l�ambiente, che tanta parte ha nell�educazione destando lo spirito di emulazione e creando l�abitudine all'imitazione, non era ancora formato. Dopo qualche anno invece i nuovi venuti trovavano un modo di vivere, di muoversi, di organizzare le occupazioni, insomma una forma educativa nella quale si inserivano naturalmente, ajutati dall�esempio e dalla spinta dei fanciulli che li avevano preceduti e si sentivano in casa propria. Non pi� necessit� dell�educatore di ricorrere a incitamenti per farli correre, giocare, interessarsi alle cose; erano i compagni stessi a suggestionare con la loro vivacit� i nuovi arrivati. Ben presto potemmo renderci conto che bisognava fare qualche cosa di pi� per impedire ai pi� grandi di attediare il gruppo dei piccoli con la prevalenza dei propri problemi pi� urgenti e pi� difficili da risolvere. Siamo venuti perci� nella determinazione di formare una classe in cui potessero essere riuniti tutti i fanciulli che, ritardati per motivi varii, non potevano essere immediatamente ammessi alle classi comuni, ma dovevano invece essere affidati a cure particolari per ridurre il tempo di normalizzazione. Non abbiamo creduto di dare a questa classe il nome di �classe differenziale� che � ormai acquisito delle classi di minorati psichici, in quanto nella nostra si possono trovare degli elementi intellettualmente normali e anche d'intelligenza superiore alla media, ritardati per non essere stati tempestivamente avviati alla scuola. L'abbiamo chiamata perci� �classe d�appoggio� e viene affidata all'insegnante pi� colto e pi� geniale, quasi sempre cieco, affiancato da un assistente, anch'esso maestro specializzato e vedente. Due insegnanti in una classe: � forse ragione di scandalo, ma posso assicurare che vi si destreggiano benissimo e i risultati ci hanno incoraggiati a suggerire anche alle altre scuole per ciechi una �classe d�appoggio� cos� formata. Non so se tali classi negli altri istituti seguano il nostro indirizzo, ma certamente, organizzata cos� la �classe d�appoggio� � utile non solo agli alunni, ma � feconda di risultati importanti anche ai fini degli studi psicologici, promettendo di vedere � dir� quasi in altorilievo � l�importanza di alcune esercitazioni particolari per la evoluzione intellettuale dei ciechi. Un altro gruppo di alunni che ha richiamato la nostra attenzione � stato quello dei fanciulli con un residuo visivo, sia pur minimo, che facilita tanto l�educazione, specialmente per quel che riguarda la formazione immaginativa e l�abitudine al moto. Gi� Augusto Romagnoli nell�esperimento del suo metodo di educazione dei ciechi non trascurava questi residui visivi, e anche per i ciechi voleva che almeno sapessero il nome dei colori inerenti ai diversi oggetti. Ma per dare a questi alunni la possibilit� di una educazione pi� aderente ai loro bisogni, si � istituita una classe in cui passano alcune ore la settimana per l�apprendimento di ci� che possono percepire attraverso il piccolo residuo visivo e la utilizzazione al massimo di questo. Naturalmente, tale classe � particolarmente seguita e guidata in parte da un oculista. Ma queste sono differenziazioni che si sono venute costituendo volta per volta a seconda del bisogno, come quella per i fanciulli che come la famosa Helen Keller sono sordomuti oltre che ciechi. L�importante � il cemento che rende omogenee in un certo senso queste differenziazioni; e il cemento � la vita in comune al di fuori della classe. � qui che la genialit� del pensiero di Augusto Romagnoli ha tutta la possibilit� di sviluppo. � la vita in cui tutte le discipline si fondono e si amalgamano, dove l�educazione del tatto, dell�orientamento, delle misurazioni spaziali, della individuazione degli ostacoli acquista valore sociale, perch� mette a contatto della natura e del mondo dei vedenti; dove la educazione fisica si fonde con la ritmica e la espressione musicale, dove il lavoro diviene gentilezza dell�animo perch� compiuto per aiutare i superiori a far bella la casa, a risparmiare danaro; le passeggiate istruiscono e divertono e se il capo di famiglia (il direttore o la direttrice) vi prendono parte sono una gioia e non solo un onore! Sono elementi che sembrano imponderabili, ma che hanno un gran peso nella formazione morale e della personalit� originale del fanciullo cieco; perch� non si dir� mai abbastanza quanto la originalit�, che � alla base dello spirito d�iniziativa, sia necessaria per il cieco fatto adulto. Senza di essa noi potremmo avere a educazione compiuta ci� che talvolta si lamenta da coloro che si dedicano all�assistenza dei giovani ciechi, ossia che alcuni non sanno destreggiarsi per trovare il loro posto nella vita e che hanno per lungo tempo bisogno degli altri onde scavare il solco della loro via. Ecco perch� nella Scuola Augusto Romagnoli si � sempre tenuto in gran conto l�educazione della volont�, l�educazione morale. Tutto deve cooperarvi. Solo visto da questo lato quello che noi chiamiamo �Metodo Romagnoli� � ossia l�insieme di particolari tecniche di sostituzione della vista con elementi tattili e uditivi � � giudicato nella sua giusta luce. Altrimenti si riducono a mezzi meccanici che non approdano a nulla e restano isolati tentativi di far pensare al cieco che egli � come gli altri perch� sa fare un disegnino o ritrovarsi nel percorrere una via nota. A che servirebbe l�educazione estetica che Augusto Romagnoli spinge al massimo ed � come il fiore della sua didattica? Serve ad arricchire la personalit� del cieco, a riempirgli l�animo della gioia, che nasce dalla armonia delle cose della natura o dell�arte, oltre che di quella dei suoni. Per quanto ho esposto sopra viene di conseguenza che gli istituti dei ciechi, specialmente quelli per fanciulli e adolescenti, non possono avere gran numero di alunni se si vuole ottenere un�educazione veramente completa. Il numero va a scapito della cura quasi individuale di cui questi alunni hanno bisogno, e non solo nella educazione, ma anche nell'assistenza medica, che deve andare di pari passo. Perci� noi della Scuola di Metodo Augusto Romagnoli vediamo con simpatia la nostra scoletta di cento alunni circa, perch� la sentiamo sempre un po� nostra famiglia. Sono passati trent'anni dalla sua fondazione e possiamo soffermarci tranquillamente a considerare il lavoro compiuto. �Socrate, fa' della musica�, diceva l�Oracolo al vecchio sapiente. E per morire con tranquilla coscienza Socrate, al limite ultimo della vita, componeva versi, pur credendo che il filosofare rispondesse al comando. Mi ha punto talvolta il rimorso di non aver seguito la mia tendenza per le arti figurative, ma dopo trent'anni di vita tra i bambini ciechi so di non aver tradito la mia vocazione, perch� sento che non vi � arte pi� bella che trarre alla luce dello spirito le ricchezze nascoste dietro gli occhi spenti dei bambini ciechi. Elena Romagnoli Coletta La condizione del cieco (Tratto da: Rivista di tiflologia e di igiene oculare, a. 1 (1905), n. 1, pp. 29-44.), di G. Fabozzi (pagg. 168-181) Vantaggi fisici, morali, intellettuali che i ciechi avrebbero da una vita in comune con i veggenti fino dall'infanzia - Agli inizi della riflessione tiflologica in Italia, viene proposta la possibilit� di educare i ciechi assieme ai vedenti. - L�argomento di cui mi occuper� � per se stesso assai commovente, far� per ci� del meglio per esporre i fatti nella pi� schietta semplicit�. A molti sembrer� strano e azzardato che osi prendere la parola un modesto musicista cieco come me il quale, non solo non ha mai studiato l�arte del porgere, ma ha sempre vissuto all�ombra del suo strumento. Se disadorno e insufficiente sar� il mio dire, immenso � per� il desiderio mio di utilizzare a vantaggio dei miei fratelli d�infortunio tutte le cognizioni che acquistai in tanti anni di esperienza; esperienza vera e seria, essendo io medesimo privo della vista sin dall�infanzia ed avendo dovuto stentare moltissimo per imparare e per produrmi. Credo che fra tutte le infermit� da cui � colpito il genere umano quella di non godere la luce � la pi� atta a reclamare per s� un senso di rispettosa simpatia. Di fronte a dei poveri figliastri della natura per i quali il sole non ha mai un sorriso, e la vita si svolge fra tenebre continue, molte anime elette palpitano dal desiderio di lenire cotanta sventura. Impotenti quasi sempre a dileguare le nebbie che avvolgono quelle pupille, cercano, studiano come meglio infondere nel loro intimo tutto il calore, tutta la luce interna che lo spirito di umanit�, di religione da un lato, l�istruzione e la coltura da un altro possono trasmettere alle menti ed ai cuori umani. Inspirato a questo sentimento di amoroso dovere si � fatto quanto tutti sappiamo dal 1774 fino ad oggi. E parlo da quell�anno in qua per non riandare in altri tempi in cui quasi tutti i paesi ebbero di tanto in tanto ciechi che furono celebri scienziati, artisti etc., i quali apparvero qual raggio di sole attraverso le perenni tenebri di molti secoli. I nomi di essi tutti possono raccogliersi in poche pagine; ma chi mai potrebbe enumerare i milioni d�infelici che anticamente subirono sul nascere le leggi spartane, e di quelli la cui misera esistenza, in epoche pi� progredite, fu appena tollerata? Ma l�ora del riscatto era suonata. Nel 1774 Valentin Ha�y nato nel 1745 in Piccardia dava a Parigi princ�pio alla storia della redenzione dei ciechi che fu redenzione vera. Nel 1771 tra le baracche che ornavano la fiera di S. Ovidio vi era quella di un certo sig. Valentin, il quale per attirare i Parigini aveva riunito 10 ciechi suonatori o meglio strimpellatori dell�ospizio del Quinze-Vingts vestiti grottescamente con un berretto a punta sulla testa e gli occhiali sul naso; davanti a ciascuno di essi era posto un leggio, su cui la musica scritta a grandi caratteri era rivolta dalla parte degli spettatori. Tutti insieme cantavano e suonavano musica discordante e monotona. E per ironica giustificazione erano circondati da emblemi come code di pavoni, orecchie d�asino etc., tutto questo in mezzo alla ilarit� degli astanti. Valentin Ha�y inorrid� ad una scena cos� disonorevole per la dignit� umana e acceso di un tanto entusiasmo esclam�: �S�, io sostituir� la verit� a questa favola ridicola: io far� leggere i ciechi, essi tracceranno i caratteri, rileggeranno la propria scrittura ed eseguiranno concerti armoniosi. S� uomo crudele, chiunque tu sia, queste orecchie d�asino colle quali vuoi degradare la testa degli sfortunati verranno attaccati alla tua�. Ed infatti tre anni dopo cominciava ad educare ed istruire i ciechi e con non pochi sforzi e dolori e con lotta incessante sino alla sua tarda et�, fond� in Parigi la prima scuola: l�attuale �Istituto nazionale per i giovani ciechi�. In seguito all'esempio del grande Ha�y, ospizi, asili, scuole, istituti, sono stati eretti poco a poco e nel mondo tutto, ove de' ciechi possono essere raccolti ed educati a seconda delle loro differenti condizioni. Ed � fin dal 1774 che si studia e propugna questa nobile causa, la quale ha sempre conquistato i cuori pi� eletti d�ogni societ� civile, e la cui santit� e giustizia fu gi� riconosciuta da grande numero di congressi di dotti e di scienziati. Uomini di gran cuore e di grande ingegno si sono dedicati con vera abnegazione a quest'opera altamente filantropica. Eppure ad onta di tutte le nobil mire, di tutti gli sforzi e di tutti gli studi mi sembra che si sia ancora lontano dalla meta reale. Perch� il cieco subisca il meno possibile le tristi conseguenze della sua sventura, fa d�uopo che egli possa senza troppo stento acquistarsi una certa indipendenza. Per indipendenza io intendo che possa guadagnarsi un pane senza l�indescrivibile e penosa lotta alla quale oggi � obbligato resistere. Per ottenere ci� bisognerebbe svilupparlo pi� completo sin dall�infanzia, fisicamente, moralmente, intellettualmente, e tali vantaggi li otterr� allorch� sar� ammesso con meno difficolt� e riluttanza al consorzio umano. L�isolamento nel quale egli � tenuto, cio� circoscritto tra infermi come lui, durante la sua educazione negli istituti appositi, non pu� che nuocergli nella continuazione della sua vita fra i veggenti dove necessariamente dovr� imparare una specie di vita nuova; siccome per� ad una certa et� non s�impara pi� il nuovo, si subiscono le conseguenze dell�ostracismo sistematico. Si domander�: �Perch� sono tenuti in quest�isolamento?� Perch� il Governo non estende ad essi il beneficio della legge sulla istruzione gratuita ed obbligatoria, sanzionata dallo stato nel 1877: abbandonandoli cos� alla pubblica beneficenza. Ed � grazie ad essa ed a uomini eminentemente filantropici se sono stati eretti poco a poco fino ad oggi scuole speciali. Ci si dir�: �Ma chi � che li vieta di frequentare le scuole d� veggenti?� Tutto un complesso di ragioni che esporr� mano a mano. Singoli casi ve ne sono stati a Napoli, ch�io sappia dietro pratiche speciali: 4 hanno frequentato le scuole superiori; qualche altro a Genova, a Milano; a Roma stessa qualcuno si � presentato anche per passare gli esami finali nei conservatori. Ma non � con casi isolati che si pu� continuare di andare avanti, ci vogliono riforme radicali. Ma ho detto poc�anzi che esistono in Italia scuole speciali le quali per� non possono accogliere che pochi individui, qual � dunque la sorte degli altri? Queste legioni di sfortunati sono abbandonate a deplorevolissime condizioni e ci� seppero vari ministri dell�Istruzione pubblica e dell�Interno, ed a pi� riprese si discusse alla Camera, al riguardo: Il 7 giugno 1885, discutendosi i bilanci dell'Istruzione pubblica, l'on. Levi sostenuto da vari altri deputati, tutti interessati dal compianto Bardi Adriani disse che l�estendere i vantaggi della legge 1877 sull�istruzione obbligatoria ai sordo-muti ed ai ciechi � un dovere; ed innanzi a queste due miserie non esservi nobil cuore che non si commuova. Disse sperare nell�appoggio di tutti, specialmente nelle cure assidue del ministro Coppino, il quale personalmente visit� alcuni istituti per i ciechi in Italia, fra cui quello di Napoli, sempre promettendo. Si � avuto nella medesima occasione il seguente ordine del giorno: �La Camera sollecita la presentazione di provvedimenti legislativi, che rendano applicabile anche al cieco, i benefici dell�istruzione obbligatoria�. Nulla essendo stato fatto sino al 1890, si ritorn� sulla questione il 27 maggio, allorch� si discuteva il bilancio dell�istruzione e si approvarono i fondi assegnati per gl�istituti dei sordo-muti, e l'onorevole Cavalletto fece giustamente osservare che se per i sordo-muti, essendo essi 18000, si spendevano all�anno L. 200,000, per i ciechi che sono 38400 e pur meritevoli in eguale misura di tutta l�attenzione del Governo, delle provincie, dei comuni e di tutti gli uomini di cuore, non si spendeva niente; e termin� raccomandando l�attuazione dell'ordine del giorno gi� nell�85 approvato dalla Camera, che rendeva applicabili al cieco i benefizi dell�istruzione obbligatoria. Lo stesso On. Luciani, forte propugnatore della causa di questi diseredati faceva osservare alla Camera che la causa dei ciechi fu spesso patrocinata, e, come tutte le cause dei poveri, ebbe copia stragrande di consolanti parole, ma null�altro. Fece osservare che se le due miserie sono differenti negli effetti, sono nella gravit� eguali, e quindi meritevoli della medesima considerazione. Disse anche che con la legge sulla riforma delle Opere Pie si sarebbe potuto provvedere a questo ed altri bisogni. L�onorevole Boselli, ministro della pubblica istruzione, rispose che la questione trattata dagli onorevoli Luciani e Cavalletto, non deve sciogliersi solamente per dovere di umanit�, ma per un debito di giustizia, debito dello Stato sanzionato dalla legge sull'obbligo dell'istruzione. Soggiunse di sperare, nell�attuazione della legge sulle Opere Pie, potersi trovar modo senza quasi sacrificio da parte dello Stato, di sciogliere questo problema, essendo questo uno degli scopi che ha fra gli altri la legge sulle Opere Pie. Legge che sino ad oggi non ebbe alcuna applicazione per i ciechi, n� mai sino ad oggi si � parlato dell�ordine del giorno dell�85 e delle promesse ripetute nel 1890. Ancora un�osservazione: Perch� interessarsi dei sordo-muti pi� che dei ciechi? Questi intellettualmente producono di pi�, ma quelli, molto pi� indipendentemente, si procacciano un pane. Ci� sostenendo, non si � mai inteso chiedere una perequazione di fondi, ma semplicemente un'equa reintegrazione dei diritti di coloro che sono privi del senso visivo. Ed � veramente incredibile che principi, ministri, deputati, funzionari e patrizi, tutti si sono sempre commossi, a tanta sventura, hanno riconosciuto la grande ingiustizia o per lo meno l�indegna negligenza che lascia ancora giacere nell�oblio e nella mendicit� obbrobriosa questa classe di derelitti, ma non un uomo energico, non una voce, non uno scritto di quelli che possono, ha dato ancora un serio impulso per continuare questo apostolato di redenzione. Ma cosa si pretende fare di questi 38000 individui? Dei volenterosi capaci di guadagnarsi un pezzo di pane colle proprie fatiche. Ed � bene far noto ad onore della verit� che quantunque al cieco qualsiasi produzione manuale od intellettuale costi il doppio, il triplo della fatica che costa al veggente, pure non sar� mai egli che indietregger� di fronte a delle penose fatiche, non sar� mai egli che si sgomenter� di fronte a degli ostacoli, che forse altri giudicherebbero insormontabili. Egli � pronto a tutto pur di non sentire il peso del suo avvilimento, pur di non trovare ancora per la sua classe le tracce di antiche barbarie! Se il cieco per la sua infermit� resta escluso da tutte quelle carriere per le quali la vista � di assoluta necessit�, molte altre vie gli rimangono aperte ove egli pu� sperare di prodursi, talvolta pareggiando il veggente, talvolta superandolo anche perch� � provato e comprovato che la mancanza di un senso spesso aguzza il grado di percezione delle altre facolt� e le rende pi� suscettibili al perfezionamento. E parlo dei ciechi e non delle cieche, le quali giacciono in condizioni ancora peggiori. Dovrei per esse parlare pi� estesamente, ma non voglio troppo rattristare l�animo del lettore e mi limiter� a dire che, meno quelle poche fortunate che dopo di aver ricevuto un�educazione in istituti speciali, continuano la loro vita quali maestre in detti istituti o in un convento, la massa per solito immiserisce, quasi direi marcisce. Stabilito adunque che il cieco debba e voglia lavorare, e che a parit� di merito col veggente il cieco possa con pieno diritto aspirare ad un posto decoroso nel mondo chieggo: perch� lo stato che pure esige da esso l�adempimento dei suoi doveri di cittadino non provvede in equa misura ad una educazione speciale per lui, e gli nega il diritto civile di istruirsi come meglio crede e pu�? Non esistendo in Italia, sino ad oggi, nessuna scuola governativa per i ciechi, lo Stato lo condanna ad ignoranza completa, o lo circoscrive ad una istruzione limitata quale viene data nelle varie apposite scuole, dove solo per un piccolo numero di fortunati vi � posto, e questi medesimi fortunati non possono non accorgersi che pur essendo in Italia l�istruzione gratuita ed obbligatoria, essi soltanto, cittadini come gli altri, sono abbandonati alla pubblica beneficenza. E questo � lo stato attuale dell'educazione ed istruzione generale dei ciechi, delle condizioni loro fatte dalle attuali leggi e dalle vigenti istituzioni. Ho parlato dell'isolamento e delle sue conseguenze ed in proposito studiando dal vero su me stesso, e su tutti i miei fratelli d�infortunio di differenti classi che ebbi occasione di conoscere nei vari paesi, durante i quindici anni di mia carriera artistica, ho osservato delle riforme di facile e pratica attuazione da introdursi pel miglioramento della sorte di questi sventurati. Una di queste sarebbe la seguente: Quali vantaggi fisici, morali, intellettuali avrebbero i ciechi da una vita in comune coi veggenti sin dall�infanzia, ed in qual modo ci� sarebbe attuabile? Obbligato per i fini supremi della vita a vivere da adulto in mezzo ai veggenti, perch� non abituarvi il colpito da cecit� sin dai suoi primi anni? Comprendo che ad effettuare un simile progetto sorgerebbero in sulle prime alcune apparenti difficolt�, pure ho la ferma convinzione che con un po� di buona volont�, specie da parte degli istituti appositi gi� esistenti, queste si appianerebbero, e che l�educazione potrebbesi in gran parte fare insieme. Certo nei primordi il numero dei beneficati da una tale riforma non sar� grande, ma coll�andar del tempo esso aumenter� rapidamente e rapido sar� anche il successo. Tanto per accennare ad un sistema da adottarsi per introdurre questa riforma, non potrebbero taluni asili infantili, talune scuole elementari superiori, alcuni conservatori di musica ecc., tanto governativi che provinciali e comunali, aprire le porte anche ai ciechi, perch� essi senza bisogno di pedagoghi al corrente di metodi speciali approfittassero della parte orale, intanto che gli istituti appositi gi� esistenti, dovrebbero obbligarsi di stabilire corsi preparatori a favore di quelli, che volessero approfittare delle scuole pubbliche? (Nella scuola elementare Pestalozzi in Roma per iniziativa della benemerita direttrice viene accettato in ogni classe un bambino cieco (N.d.D.)) Base fondamentale della preparazione che si avrebbe nelle scuole apposite o ausiliarie per potere usufruire dell�istruzione coi veggenti; sarebbe giusto l�insegnamento del metodo Braille; metodo che una persona di una comune intelligenza dietro un�esatta spiegazione impara a praticare in pochi minuti. A me di sovente avvenne di scrivere a persone le quali ignoravano l�esistenza di detto metodo; eppure ho spedito loro il semplicissimo apparato col quale si scrive, pi� un alfabeto modello, e ne ho ricevute risposte che ho potuto leggere da me. Per coloro i quali hanno idea del meraviglioso, semplicissimo metodo a punti di scrittura e lettura inventato dal francese Luigi Braille, cieco esso pure, le mie proposte di riforma sembrano niente affatto complicate. Coloro che hanno visitato Sant�Alessio e consimili istituti, han dovuto aver agio di osservare che mediante il benefico facilissimo sistema Braille alcuni non veggenti possono quasi colla medesima celerit� dei veggenti scrivere e leggere ci� che hanno scritto, e ci� per le lettere, per la musica, per i compiti aritmetici: senza parlare di altri metodi di scrittura per comunicare coi veggenti come: Amonn, Simblers ed altri sul genere Remington, coi quali gi� dei ciechi disimpegnarono degli uffici pubblici. Con tali metodi potrebbero profittare di tutto ci� che � orale, dettato, farsi i propri compiti e leggerli da s� ecc. Nessun pregiudizio soffrirebbe l'ordine delle scuole dei veggenti se il cieco vi trovasse ammissione. Le statistiche ci danno in Italia l�esistenza di circa 70000 scuole, ed i ciechi sono in n. di 38400; e dato che di essi un sesto dovesse frequentare le scuole si deduce che in ogni dieci scuole circa appena vi capiterebbe un cieco. Nelle tante citt� dove non esistono scuole apposite, il Governo i comuni ecc. dovrebbero riservare a talune scuole pubbliche una classe ove i ciechi, sotto la direzione di pedagoghi al corrente dei semplicissimi metodi speciali in uso seguissero il corso degli studi separati dai veggenti, uniti ad essi nelle materie non richiedenti mezzi straordinari per la comunicativa fra il maestro e l�allievo. In tal modo mi sembra che il governo non potrebbe n� dovrebbe rifiutarsi di venire in aiuto del cieco, e non sarebbe obbligato ad alcun notevole provvedimento finanziario per esso, gli istituti appositi verrebbero in gran parte sgravati del loro immenso difficile compito e potrebbero pi� specializzarsi. Noi non possiamo esigere dallo Stato provvedimenti finanziari sufficienti per un�educazione speciale dei ciechi quasi tutti bisognosi, ma noi possiamo chiedere che esso tenga calcolo di quanto spenderebbe nell�aumento di scuole pubbliche, per altri 6400 allievi qualora questi fossero veggenti e quindi in diritto ed in dovere di frequentare le scuole pubbliche, e questa somma di santa ragione dovrebbe essere impiegata, parte per scuole speciali, parte per le classi separate nelle scuole pubbliche, come ho gi� accennato. Non possiamo esigere una nuova organizzazione di scuole, ma noi possiamo domandare di assistervi non arrecando nessun danno all�ordine di esse e che ci si dedichi un piccolo numero di maestri visto che i nostri metodi sono cos� facili ad impararsi ed a insegnarsi. In una parola noi non vogliamo privilegi ma chiediamo che non ci si neghino i diritti comuni e qualche umanitaria considerazione. Una volta riconosciuto il diritto civile del cieco di frequentare le scuole pubbliche, merc� questa piccola riforma da introdurre, la deplorevole mancanza di appositi istituti per essi si farebbe meno sensibile; molte migliaia di sventurati oggi per l�impossibilit� di aver potuto trovare ammissione in qualche istituto e che quali paria si aggirano pel mondo mendicando il soldo della piet� pubblica (col quale spesso non riescono neanche a sfamarsi), verrebbero resi alla societ� corredati di quell�istruzione che tanto facilita l'avviamento ad un mestiere o ad una professione qualsiasi, corredati da quell�educazione in virt� della quale troverebbero meno difficilmente i mezzi di sussistenza possedendo in una parola quella dignit� di persona alla quale ogni essere umano dotato d�intelligenza ha diritto. Di primo acchito deve sembrare azzardata l�idea di un affratellamento di ciechi e veggenti negli studi dell�infanzia e dell'adolescenza, ripeto per� che l'attuazione ne sarebbe semplicissima. La stessa parola affratellamento indica poi con chiarezza il grande scambio di affetti, il grande beneficio che ne otterrebbe non solo il cieco ma ancora il veggente. Questo, posto al contatto giornaliero di una grande sventura umana, si educherebbe a maggior bont� e mitezza, abituandosi fin dall'infanzia a prestare il suo aiuto per il pi� debole e ringraziando la provvidenza dei privilegi avuti, imparerebbe ad esercitare uno spirito di carit� in favore di quelli ai quali la natura fu madrigna e cos� a poco a poco sparirebbero, io spero, gli strani assurdi pregiudizi dei quali moltissime volte il cieco � vittima, cosa veramente indegna della nostra epoca, ed a vero disdoro dell'attuale evoluta civilt�. Le persone che non ebbero mai famigliarit� con lui lo considerano o con un senso d�intimo sgomento, o con esagerata umiliante commiserazione; la maggioranza concorda nell�idea che egli sia un essere pi� o meno vegetante in tutto e per tutto dipendente da altri, e solo atto a farsi compatire anche se quello che riesce a produrre ha vero e serio valore. Ed � naturale ed umano perch� egli non pu� fissare una persona, non pu� trasmettere e subire quell�ipnotismo d�occasione adattandosi a subitanei mutamenti d�espressione od accomodamenti per essere favorito o favorire secondo circostanti e circostanze. Vantaggi immensi per i veggenti, ci� � verissimo. Chi pu� negare che l'occhio � lo specchio del cuore e dell�anima? Ma per colui che ne fu crudelmente privato sono forse gli altri sensi utilmente sviluppati nulla? E delle buone doti sono nulla? La parola attraverso la quale si pu� rivelare un'intelligenza � nulla? Ma verr� il giorno in cui col Vitali dir�: S�, un peso � divenuto un aiuto; un�impotenza � divenuta una forza; una miseria � divenuta una gloria! Dalla vita col veggente fin dall'infanzia il cieco ha tutto da guadagnare fisicamente, moralmente, intellettualmente. Pochissimo per esempio ci si occupa di lui in Europa prima degli otto anni, fanno eccezione pochi istituti. Ora non sarebbe cosa utile e santa se gli asili infantili aprissero le loro porte ai piccoli fanciulli privi di vista, non avendone che uno o due in alcuni asili? Non occorrerebbe da parte delle maestre che un po� di attenzione e di amorevolezza; se anche il piccolo non potesse approfittare direttamente ed in egual misura, come il bimbo veggente, delle varie cose che col� si insegnano egli dalla sola udizione ne trarrebbe dei grandi vantaggi. Molte idee, molti concetti si farebbero strada nel suo piccolo cervello e pi� tardi ne faciliterebbero lo sviluppo, senza dir poi che il povero bimbo in mezzo ai piccoli compagni pi� favoriti dalla natura avrebbe un'infanzia pi� gaia, in seguito durante il periodo dei corsi regolari egli si svilupperebbe in tutto e per tutto in guisa pi� completa, quando non fosse tenuto lontano dai fanciulli veggenti suoi coetanei e non avesse sempre per soli compagni degli altri piccoli infermi come lui. Potendo prender parte non solo agli studi dei bimbi e dei giovani ma a tutta la vita in generale; il suo fisico godrebbe impressioni elettrizzanti da tutto quell�ambiente spirante vitalit�: una corrente di calore, di vita che non sempre troverebbe fra i suoi confratelli animerebbe il suo essere; pi� vigoroso, pi� impetuoso, gli scorrerebbe il sangue nelle vene, e tutto il suo corpo messo in vibrazioni diventerebbe pi� elastico, pi� resistente, pi� robusto. Pi� facilmente poi eviterebbe quei molteplici difetti e le cattive abitudini inerenti a coloro che non veggono, e che non possono prendere gli altri a modello, mentre se fin da bambino fosse contornato da compagni capaci di controllare simili mali vezzi della persona, egli se ne correggerebbe pi� facilmente. Unito al grande beneficio di un fisico pi� agguerrito e di un portamento pi� corretto, ne verrebbe per conseguenza che egli, pi� resistente al pullul�o di quella vita trastullata, si formerebbe un carattere pi� sincero, pi� fermo, pi� generoso. Tutti i sentimenti di cui il suo cuore � capace verrebbero messi in lotta e la sua anima avrebbe campo di dar libero sfogo ai propri impulsi, alle proprie passioni, cos� verrebbero pi� spontaneamente in luce le buone e le cattive qualit� di ognuno e con maggior facilit� si giungerebbe a coltivare le prime e reprimere, qualora si rivelassero, le altre. Nei loro cuori germoglierebbero molte virt�, molti pregi, che senza il calore di quell�esistenza effervescente, di rado o troppo tardi arrivano a completa maturit�; perch� il fisico del bimbo immiserisce e la sua anima diviene arida, quando alla sua vita manca il mezzo di potersi espandere. L�intelligenza del bambino privo di vista sorretto da un corpo sano e da un carattere solido, messa in emulazione con quella del veggente per il quale la vita abbonda di impressioni esterne che fecondano l�immaginazione, subirebbe per riverbero maggiori evoluzioni, acquisterebbe un concetto pi� esatto del mondo, degli uomini, delle cose; e a misura della capacit� di ogni singolo individuo le idee prenderebbero forme pi� serie, pi� vaste, pi� vere, spogliandosi da quella certa ristrettezza e angolosit�, conseguenza naturale di ogni circoscrizione. Una volta in possesso di un fisico normalmente sviluppato, di uno spirito vivace ed acuto, di un�intelligenza alacre e pronta, di un animo sereno e dolce, giungerebbe gradatamente ad una pi� chiara coscienza del proprio valore di fronte al veggente il quale dal canto suo, avrebbe agio di constatare che la sola prerogativa della vista non lo rende intellettualmente superiore al cieco, n� gli concede diritti maggiori, come la societ� abusivamente gli accorda. Serva ad esempio che, non per legge ma semplicemente per consuetudine, chi non vede resta escluso dal diritto di presentarsi alle urne, che non pu� partecipare ai benefizi di assicurazioni nel ramo accidenti; ed altre simili ingiustizie che previo un serio esame dovrebbero scomparire (Per cura della sezione Romana della societ� Margherita si � ottenuta l'assicurazione alla vita � I ciechi che desiderano assicurarsi si rivolgano al segretario. (N.d.D.)). E non a caso parlo d�ingiustizie; fortunatamente sin ora non ci siamo occupati di aumentare il numero dei politicanti, ma so di qualcuno che pur possedendo i requisiti necessari ed essendo in condizioni legali, chiedeva di essere fatto elettore e gli venne negato. � So di qualche altro, che non nomino, il quale giovanissimo ed in grado da dar concerti con successo, chiedeva, avvalorato da altissime raccomandazioni di assistere qual muto uditore in un conservatorio di musica, semplicemente per approfittare di alcune esecuzioni di musica che troppo gli sarebbero costate a farsi leggere ed anche ci� gli venne inappellabilmente negato perch� non era preveduto dal regolamento locale. In proposito vengo a far notare che i conservatori di musica soprattutto dovrebbero dar agio ai ciechi di approfittare dell�istruzione che col� si riceve. Specie nella musica mi sembra assurdo il tenere l'allievo obbligato alla direzione di maestri tante volte insufficienti. Fra tutte le arti e professioni la musica � forse quella per la quale il cieco ha maggiore disposizione e che gli offre pi� facilmente un modo di procacciarsi la vita. Perch� impedire il perfezionamento di questa sua facolt� non concedendogli i medesimi vantaggi d�istruzione offerti al veggente? A me stesso in diverse assicurazioni d�Europa come �Le Generali� di Trieste ed altre di Londra mi si disse non potermi assicurare nel ramo accidenti soltanto perch� fino a questo momento non si � mai fatto; mentre con me d�accordo trovavano chiarissimo che i veggenti sono maggiormente esposti ai pericoli per l�esercizio di alcuni mestieri come del resto le statistiche potrebbero provare. Ora ritornando alla vita in comune sin dall'infanzia � innegabile che sebbene pi� ricca di gioia e di vitalit� per il bimbo privo del senso visivo, non sarebbe certo in principio scevra di certe piccole amarezze; spesso egli avrebbe campo, come in seguito nella vita, di ricordarsi della propria infermit�, e misurarne i disagi, gli svantaggi. Ma non � meglio che merc� una saggia ed amorosa cura egli cominci a rendersi conto esatto del suo stato, non � meglio che egli acquisti, a poco a poco fin dall�infanzia la rassegnazione, l�indifferenza, direi quasi, per la sua sventura ed impari a corazzarsi contro gli assalti di quel mondo nel quale egli pure dovr� vivere pi� tardi? Se invece egli vi verr� slanciato di punto in bianco senza preparazione, ignaro delle malizie, impotente alla lotta, correr� il pericolo d�essere travolto dal senso d�incommensurabile infelicit�, dalla quale verr� sopraffatto, allorch� la sua sventura alla quale non aveva dato che una relativa importanza con dubbiosi e falsi concetti, gli sar� fonte d�inaspettati dolori e umiliazioni. Non intendo con quanto ho esposto diminuire l�immenso valore delle apposite scuole di cui rilevare qui gli speciali vantaggi, sarebbe lavoro superfluo; essi sono universalmente noti. Le mie speranze di riforme e di progressi pi� che in altri si affidano alla Societ� di Patronato, essa deve sorgere potente, essa deve pensare all�aumento di ospizi, asili, scuole, istituti, occuparsi del giusto collocamento dei ciechi in pubbliche e private scuole, incaricarsi di avviarlo e produrlo quando avr� compiuto gli studi, assisterlo e proteggerlo durante la sua vita, ottenergli tutte le necessarie facilitazioni e difenderlo quale essere debole contro le casuali inevitabili ingiustizie. Le societ� di Patronato, possono, occupandosi con zelo ed amore della causa che hanno sposato, consigliare, dirigere, controllare l�andamento di tutte le istituzioni per essi e se la ristrettezza dello spazio non me lo vietasse potrei estesamente dimostrare in quali proporzioni ci� sarebbe non solo utile ma indispensabile. Certo non tutti sono d�accordo nel concedere una simile facolt� ad una Societ� di Patronato, ma quando la medesima sia composta di uomini degni del loro gran compito, e organizzata con retto criterio e operi a solo scopo di bene, non potr� mancare di conquistarsi facilmente quel prestigio morale che a buon diritto s�impone. Vorrei che Istituti e Societ� operassero d�accordo essendo medesimo lo scopo, a cui entrambi mirano, e che ci fossero delle reciproche rappresentanze, fra i differenti paesi, per ottenere il benefizio di un vicendevole appoggio: � doloroso dover constatare che mentre fra i veggenti componenti di scuole, di associazioni si trova una cordiale amichevole solidariet�, fra i ciechi spesso avviene il contrario. La causa di ci� si potr�, io credo, trovare nel fatto che mentre molte volte i dirigenti le scuole sono per i loro allievi dei veri buoni padri, spesso sono persone stanche di altre carriere, del tutto estranei ai bisogni del cieco. Questi per mascherare la propria insufficiente cognizione di causa, si gettano capofitto in false innovazioni, si lasciano trasportare da personali ambizioni ed egoismo e restringendo i loro doveri fra le proprie mura, finiscono per offuscare completamente il nobile vasto concetto dell'opera e del loro compito. Ho avuto campo di constatare l'evidenza di questo fatto in Europa, e mi sono sempre pi� convinto che a capo della direzione di un Istituto, sia necessario o un veggente che per anni ed anni si sia occupato della causa, con un interim cieco, oppure un cieco con un interim veggente. Se cos� fosse, non si verificherebbero continuamente tanti fatti inesplicabili, cio� che dei ciechi, stimati poco meno che miracoli nei loro rispettivi Istituti, appena lanciati nel mondo trovano di essere null�altro che degli spostati, degli esquilibrati, ai quali manca ogni solida base di cognizioni inerenti alla propria professione senza le quali nessuno, e ancora meno il cieco, pu� essere in grado di procacciarsi la vita. A comprovare la necessit� e la grande utilit� di un direttore cieco, senza confondermi a citare nomi di direttori che furono in altre epoche basta quello del Dottor Campbell, direttore del Normal Collegio di Londra, secondo me scuola modello. I ciechi pieni di gratitudine verso la pubblica beneficenza che fin d�oggi di essi si � occupata, non vogliono ricorrere ad essa se non quando � puramente necessario; chieggono giustizia sentendosi indiscutibilmente ricchi di buona volont� e di tutte quelle doti, in forza delle quali non devono essere chiuse per essi le porte dell'avvenire. Compete agli uomini che sono in alto e che ne hanno il potere, rimediare a questa piaga sociale, acquietando il rimorso per il negletto passato con un'efficace tutela e con l'applicazione delle leggi troppo a lungo trascurate. I ciechi non vogliono che il loro lavoro sia semplicemente meccanico e soddisfi al bisogno del pane; vibra nelle loro anime un�alta idealit�, ed essi sentono di aver forze sufficienti tali da non escludere l�opera loro da un vantaggio sociale, da un tributo che essi pagherebbero alla patria che al pari d�ogni cittadino sentono di amare. Si animi la societ� Margherita, il cui nome � simpatia delle genti fin d�oltre Alpi, simbolo gentile di ogni idea, auspicio delle pi� nobili mete, e raggio di luce che splende perfino nelle nostre tenebri, luce dell�animo e del pensiero, aduni esso, nome invitto, le forze di questa sua Societ�, la rinvigorisca per sostenere questa nobile lotta a vantaggio dei ciechi irredenti, sicuri, che grazie al possente materno appoggio, la battaglia gloriosa sar� scritta a caratteri d�oro nella storia della civilt� e del progresso di questa nostra bella Italia. G. Fabozzi Preliminari di uno studio critico sulla �Introduzione all'educazione dei ciechi� di A. Romagnoli (Tratto da: Luce con luce. Rivista trimestrale dell�Istituto statale �A. Romagnoli� di specializzazione per gli educatori dei minorati della vista, a. 7 (1963), n. 4, pag. 13-22.), di Orfeo Ferri (pagg. 182-192) - Il lavoro del Romagnoli � un organico piano di studio da sviluppare che si arricchisce delle scoperte in ambito filosofico, sociologico e pedagogico. - Formulare un giudizio critico sulla prima opera di Augusto Romagnoli educatore, pedagogista, psicologo, sociologo (Introduzione all'educazione dei ciechi, Zanichelli, Bologna 1906. Questo scritto venne poi pubblicato nuovamente nel 1944 due anni prima della morte dell�autore, come il primo di una serie raccolta in un unico volume: Augusto Romagnoli, Pagine vissute di un educatore cieco. U.I.C. Editrice, Firenze 1944, da pag. 3 a pag. 89), opera dalla veste letteraria elegante, classica, armoniosa, di stile elevato e nello stesso tempo familiare e caldo, � arduo e tuttavia potrebbe essere utile non soltanto per puntualizzare e ridimensionare ancora una volta in modo obiettivo, scientifico, scevro di qualsiasi carattere apologetico, empiristico una moderna e aggiornata concezione del mondo dei ciechi, ma anche per porre nei giusti termini critici la figura del Romagnoli stesso e la vera portata del suo pensiero effettivamente nuovo e rivoluzionario, ancorch� la semplicit� apparente della forma e dell'espressione e la naturale e sincera modestia facciano il Romagnoli medesimo schivo dei consueti paludamenti di vocabolario troppo specializzato tanto caro agli scienziati, ai pedagogisti, ai critici di professione. Il termine introduzione nel trattare il tema squisitamente pedagogico dell'educazione dei ciechi non � suggerito semplicemente da un'approssimata e momentanea coscienza dei problemi in questione n� da uno dei soliti tentativi di esporre qualche cosa di nuovo per amore di vanit�, �molto spesso un oscuro, inspiegabile e incontrollato sentimento di vanit� governa il desiderio di ricerca del nuovo� ma dalla consapevolezza di un organico piano di studio da sviluppare, studio sulle effettive possibilit� di ricupero dei fanciulli ciechi, studio, diciamo pure, genetico, analitico e originale sulla vera psicologia dei ciechi, sulle loro condizioni fisiche concrete e reali, sull'influenza della minorazione visiva riguardo il campo dell'ideazione, dell'immaginazione, della fantasia, del comportamento motorio, dei differenti ritmi di apprendimento, della funzione della memoria, di alcuni sentimenti fondamentali della personalit� che presiedono alla formazione del carattere o di particolari complessi. La ricerca di questo pregevolissimo lavoro monografico pure non prescindendo dai dati personali di esperienze individuali e autobiografiche, tuttavia, nell'enunciazione di principi di vita e di particolari leggi di psicologia e di sociologia, acquista valore obiettivo e attuale ancora tutt�oggi: tale validit� critica e scientifica deriva soprattutto da un'analisi scevra di qualunque pregiudizio di casta. A differenza di moltissimi autori che lo hanno preceduto � vedi le fonti esaminate attentamente, citando gli scritti pi� significativi di ogni paese (Giovanni Locke, Some Familiar Letters Between Mr. Locke and Several of his Friends, Londra, 1708, pag. 32: Mr. Molyneux to Mr. Locke, Dublino, 2 marzo 1692. Ibid. pag, 39: Mr. Locke to Mr. Molyneux, Londra, 28 marzo 1693; Giovanni Locke, An Essay concerning human Understanding, in Four Books the Second Edition, Londra 1694, Book II, par. 8, pag. 67 sgg.; Giorgio Berkley, An Essay towards a New Theory of Vision, by George Berkeley, Dublino 1709, CXXXII, pag. 154 sgg.; Condillac, Trait� des sensations, 1754, III parte cap. V e VI da: Pierre Henri, Les aveugles et la soci�t�, Presses Universitaires de France, Paris 1958, pag. 24: � Il filosofo inglese Locke, insieme agli altri naturalmente non nominati, � citato generalmente per quello che nelle sue opere dice sui ciechi, pensiero e giudizi non condivisi dal Romagnoli perch� frutto di pura astrazione e di pensamenti su casi isolati inquadrati sia pure teoreticamente, ma sollecitati e visti nell�ambito di criteri metodologici non obiettivi e tantomeno scientifici, quali quelli della �piet� e della �maraviglia�. �I filosofi, gi� innanzi, avevano rivolta la loro attenzione sui ciechi; ma in generale essi fecero loro pi� male che bene. Il merito maggiore fu quello di destare con i loro scritti e con le loro teorie, spesso strane e bizzarre, la curiosit� della gente e l�attenzione dei buoni. La cagione di questo cattivo servizio dei pensatori fu, come dissi, la piet� e la maraviglia, l�osservazione spesso limitata a uno solo o agli allievi di una medesima scuola, e il desiderio di dire cose nuove, cose curiose, al quale desiderio facilmente cedono gli uomini di studio... vedi i ciechi del Locke...� (Augusto Romagnoli, Introduzione all'educazione dei ciechi, pagg. 2-6). 2 � Lo stesso giudizio negativo Augusto Romagnoli d� sul pensiero del Diderot, Lettres sur les aveugles � l�usage de ceux qui voient. 3 � Souvenirs et impressions d�une jeune aveugle, Didier et C., Parigi 1776. 4 � P.A. Dufau, (Direttore dell�Istituto Nazionale dei Giovani ciechi di Parigi), Des aveugles. Considerations de leur �tat physique, moral et intellectuel avec un expos� complet des moyens propres � ameliorer leur sorte � l�aide de l'instruction, (opera coronata dall�Accademia di Francia) Jules Renouard et C., Parigi 1850. 5 � L�instituteur d�aveugles, periodico diretto dal Gaudet (Direttore dell�Istituto Nazionale dei Giovani Ciechi di Parigi, rivista pubblicata dal 1855 al 1865). 6 � R. C. Salvatore Alessi, I veri miserabili, Barbera 1875, opera a carattere popolare ovvero divulgativo e tale � il difetto che il Romagnoli pone in evidenza anche se egli la qualifica di �retto giudizio� e �opera classica� nel suo genere. Si tratta in fondo sempre di esperienze aneddotiche e non di ricerca sistematica, 7 � Dr. T.R. Armitage, L�educazione e il collocamento dei ciechi. Quel che si � fatto e quel che si deve fare, opera �pregevolissima� (Inghilterra). Traduzione italiana di Andalusia Kerrich, Firenze, 1890. 8 � De la Sizeranne, Patronato per il collocamento. Id., Notes sur les aveugles, Tournon, Paris, 1893. Id., Les Aveugles par un aveugle (opera coronata dall'Accademia di Francia) III edizione, Hachette e C., Paris 1897. 9 � Alessandro Mell, Enzyklop�disches Handbuch des Blindenwesens. Wien und Leipzig, Verlag von A. Pichlers, Witwe e Sohn, 1900. 10 � L'amico dei ciechi, organo della societ� nazionale Margherita di Patronato per i ciechi. 11 � Rivista di Tiflologia e di igiene oculare, Roma, Ara Coeli. 12 � Valentin Ha�y, Parigi. 13 � Blindenfreund (Germania). 14 � Progres (Inghilterra). 15 � Mentor (Boston). 16 � Luigi Ansaldi (cieco), La psicologia di un cieco, 1896. 17 � Dr. Dufour, La physiologie des aveugles (conferenza) 1895. 18 � Ciclo di conferenze per il corso di pedagogia emendativa al Collegio normale di Napoli (1902-1903) di Domenico Martuscelli. 19 � Giulia Vignali, L'educazione dei ciechi, Firenze, Civelli, 1902. (�Opuscolo di poca mole, ma in esso non saprei trovare nulla di superfluo, e vi � condensato ci� che pu� essere utile a sapersi, senza alcun sfoggio di erudizione e di vane speculazioni�). Nota del Romagnoli, importante dal punto di vista della sua metodologia e anche perci� per lo scopo che egli stesso si propone di raggiungere e cio� finalit� utili, pratiche che migliorino effettivamente il problema educativo dei ciechi. Tali sono le fonti propriamente dette ma il problema delle fonti per il Romagnoli esula da un terreno specifico, circoscritto e si riallaccia indubbiamente alla cultura pedagogica e filosofica, psicologica e sociologica di carattere generale fiorente di nuovi e fecondi spunti nella seconda met� dell�ottocento e negli albori del primo novecento. 20 � La critica ferma, chiara, equilibrata al principio della �piet� e della �maraviglia� rende il metodo di ricerca nello studio del Romagnoli valido, moderno e obiettivo. �... Un cieco istruito desta anche oggi un senso di curiosit� e di maraviglia, da cui non riescono quasi mai a liberarsi nemmeno le persone pi� colte ed intelligenti, e gli stessi suoi famigliari�. Introduzione... par. 1 (pagine vissute) pag. 4. Frequente � la �disposizione degli animi (alla maraviglia) perch� la maraviglia induce piuttosto alla compiacenza che alla ricerca, e forma pi� alunni presuntuosi che valenti; ... la piet� (li rende) fiacchi e inetti�. Id, Ibid. Ancora oggi, dopo circa 50 anni di faticoso cammino per portare i nostri Istituti di fanciulli ciechi a un livello operativo su di un campo eminentemente educativo e formativo dal punto di vista del carattere, gli educatori possono attingere a un pensiero e a una critica pedagogica tanto attuale e costruttiva per l�educazione dei bimbi ciechi. Le espressioni riportate sopra pi� che una nota polemica contengono la consapevolezza di una insopprimibile esigenza umana, pedagogica: il riconoscimento cio� della personalit� del fanciullo che non vede sullo stesso piano di quella dei coetanei vedenti, sul medesimo piano di partenza per un�azione educativa efficace, normalizzatrice, su un uguale punto di convergenza sociale tra fanciullo cieco e adulto per una intesa di anime e un dialogo discorsivo atto a sviluppare un pensiero logico e un metodo di conoscenza personali e concreti nel bambino, e, quel che pi� conta, la fiducia in se stessi e nella vita.� � il Romagnoli � perfettamente fuori, diciamo cos�, della classe dei ciechi, pur avendo di tutti i problemi della cecit� una competenza matura, documentata, rara, aggiornata, esperimentale, adulta, spoglia insomma di tutte quelle aureole che spontaneamente siamo tentati di porre accanto alla sventura o a una minorazione fisica come la privazione della vista. Egli, fresco di studi classici, padrone non comune di una singolare cultura in lettere antiche e sociologiche si pu� dire senza dubbio fin dalla pubblicazione di �Introduzione all'educazione dei ciechi� vero signore di s� medesimo e perci� stesso giudice imparziale di certe situazioni e stati d'animo e quindi buon critico e sottile, analitico esaminatore delle condizioni del cieco. Ora, pertanto, anche se il metodo di ricerca non � effettivamente quello odierno della campionatura, dell'esame fatto attraverso la raccolta e la taratura di numerosissimi casi elaborati con metodo statistico e rigidamente psicometrico, tuttavia, egli, per la sua eccezionale personalit� di educatore penetrante e vivace, riesce a precisare alla pedagogia pi� moderna che non vuole in alcun caso la persona del fanciullo minorato diminuita negli essenziali valori umani e sociali, spirituali e psichici, problemi fondamentali visti rispetto alla psicologia cosicch� � possibile una normalizzazione del bimbo cieco se ben educato tempestivamente, problemi fondamentali, infine, visti rispetto alla sociologia e alla concezione religiosa onde il cieco � da pensarsi perfettamente inserito e partecipe del consorzio della societ� di tutti gli uomini, e dall'altro canto, possibile soggetto di elevata interiorit� e spiritualit�, se ben curato nello sviluppo della persona e meglio ancora nella formazione del carattere. Tutto il presente lavoro che si sta esaminando risente e nella sua struttura fondamentale e nelle sue parti della cultura, delle scoperte scientifiche, filosofiche, sociali, delle nuove correnti pedagogiche ove esso si ambienta perfettamente, senza peraltro perdere della sua originalit�. Le teorie della compensazione dei sensi residui mediante l'attenzione di ogni singolo soggetto privo della vista, della relativit� dei sensi stessi, dello sviluppo delle funzioni mediante l'attenzione del cieco nei differenti organi sensori �n!3Vedi A. Romagnoli, Introduzione all'educazione dei ciechi. Considerazioni generali Par' V: �noi diamo ai sensi specifici e alle idee delle loro particolari sensazioni un valore che non hanno�. Par' VI: �gli organi sensori sono strumenti che impariamo ad usare con molto tempo e industria�. Par' VII: �i ciechi non hanno la sensazione di luce e colore, ma possono acquistare l�idea�. Par' VIII: �la distinzione di cinque sensi � convenzionale e precaria: il bisogno e l�adattamento formano gli organi e li modificano�. Par' IX: �gli uomini hanno meno necessit� degli animali di perfezione di organi sensori per conseguire il loro fine; un solo senso pu� bastare�. Introduzione... vedi pag. 3 (Pagine vissute, ecc.))il larvato prammatismo e sensismo non Condillacchiano, combattuto del resto nel Romagnoli da uno spiritualismo ben pronunciato e consapevole, una costante tendenza a tener conto del pensiero filosofico e scientifico del positivismo e quindi dell'evoluzionismo, non rigorosi n� l'uno n� l'altro in quanto conciliabili con un'ampia concezione di pensiero e di piano di vita del cristianesimo, sono questi tutti elementi efficaci che fecondano il pensiero del Romagnoli armonicamente e in maniera interiore e compatta, anche se l'Autore non si appella apertamente e dichiaratamente a questo o a quel filosofo, pedagogista, sociologo, scienziato. Le grandi linee della cultura contemporanea sono bene assimilate, e, per dir cos�, poste seriamente al servizio di una intuizione e di un'introspezione eccezionali, cosicch� ne nasce un sistema di sapere valido anche in campo teoretico, n� mai, per�, teorico, sistema di sapere soprattutto denso di nuove applicazioni pratiche (nuova metodologia, nuova didattica nella normalizzazione sensoriale dei ciechi e quindi nella loro educazione), filosofia, pedagogia, psicologia utili in massima parte non tanto per una ricerca di laboratorio a s� stante, cio� pura, quanto invece per riportare con rigore obiettivo e scientifico il problema educativo del cieco sul concreto terreno di una immediata, attuale, esperimentale conoscenza del fanciullo, conoscenza delle sue lacune in ogni settore fisico e psichico. Perci� infatti il Romagnoli esamina analiticamente il criterio che in fondo � alla base del processo conoscitivo, il principio che, non unico naturalmente, governa il meccanismo di un aspetto cos� importante della mente umana e cio� il compito che hanno gli organi sensori e gli inevitabili limiti reali che ciascuno di essi pu� incontrare nel fornire all'intelletto materiale prezioso quale l�esperienza sensibile, gli stimoli che ci vengono dall'esterno elaborati in immagini e fantasmi fino al punto di divenire, saper individuare, vita psichica di ciascuno, conoscenza, scienza. La convergenza, la sintesi, o meglio ancora piuttosto, la contingenza di pi� e differenti correnti filosofiche, e nello stesso tempo la partecipazione senza dubbio consapevole e cosciente al fiorire prodigioso di nuovi movimenti nella scuola e nella pedagogia (vedi soprattutto De Sanctis e la Montessori) non debbono far pensare ad Augusto Romagnoli come a un eclettico sia pure intelligente e personale. Sarebbe un ingenuo e grossolano errore, sostenibile appunto soltanto se isolatamente e superficialmente si considerano i passi della �Introduzione all'educazione dei ciechi�, astraendo dal contesto di tutta l'opera e sopratutto dalla vita dell�Autore e dallo sviluppo che egli ha saputo dare al suo originale pensiero pedagogico con la creazione di un Istituto tipo per attuare praticamente il principio della nuova educazione (Dopo l�esperimento del nuovo metodo fatto presso l�Ospizio Margherita di Savoia in Roma dal 1912 al 1915-16, nel 1926 A. Romagnoli ottenne dal Ministero dell�Educazione Nazionale � prima sua collaboratrice e co-fondatrice la dott. Elena Romagnoli Coletta � di poter fondare e istituire in Roma presso il suggestivo Casale di Pio V la Scuola di Metodo per gli Educatori dei Ciechi, ora, Istituto A. Romagnoli per la specializzazione degli educatori dei minorati della vista. La creazione di questo singolo e unico Istituto italiano ha permesso a oggi la messa a punto dei principi e delle nuove idee del Romagnoli che ritroviamo nell�ambito della pi� progredita scuola primaria di avanguardia). Augusto Romagnoli, pure in un sincero atteggiamento di modestia e di rispetto per la sofferenza, era ben consapevole di poter dir qualche cosa di veramente nuovo nel campo della educazione dei ciechi, qualche cosa che risultasse soprattutto utile per un effettivo ed efficace adeguamento sociale del fanciullo privo di vista proprio mediante una metodologia e una didattica e cio� per mezzo di un'azione pratica di maestri provetti, svolta insieme al fanciullo, con la collaborazione diretta, con la volont� del fanciullo stesso, onde recuperare per gradi, armoniosamente, se cos� si pu� dire, senza complessi e salti troppo bruschi della natura e senza l'aiuto di condizioni speciose, una esistenza serena, una vita atta a favorire realmente un equilibrato sviluppo della personalit� del cieco, troppo spesso ancora oggi, del resto, oppressa dal peso della commiserazione e della considerazione empiristica, eccessivamente filantropica, tutti modi di vedere il cieco alla luce della antica �piet� e �maraviglia�. La semplicit�, quale indice di estrema chiarezza nel Nostro, la forma piana e interiormente cristallina e modesta della espressione nell'enunciato del metodo d'indagine che per il Romagnoli rimarr� tale e preciso per sempre in tutta la sua opera di pensatore e maestro, non ci debbono assolutamente trarre in inganno, come � gi� accaduto per coloro che hanno voluto giudicare il geniale riformatore della pedagogia dei ciechi secondo prospettive storiche e filosofiche assai limitate perch� vincolate a elementi di giudizio non puramente storiografici e teoretici. Formulare un preciso e personale metodo d'indagine nei seguenti termini: �... erudire il naturale mio buon senso con la sapienza altrui, ... seguendo il corso spontaneo dei pensieri famigliari ... rimossa ogni preoccupazione di nuovo, di vecchio, d'erudizione o di originalit� ... dire ci� che pi� importa ... Sollevare qualche altro velo alla verit� (Introduzione... in Pagine vissute, p. 13)significa decisamente staccarsi dal cumulo di scrittori e filosofi che non avevano saputo raggiungere fino allora, tranne, s'intende, le dovute eccezioni, originalit� e obiettivit� di ricerca. Pertanto, la bonariet� e l'arguzia del Romagnoli �erudire il naturale mio buon senso con la sapienza altrui�! pure nella seriet� della enunciazione di un metodo d'indagine, non guastano! N� si pu� dire che la linearit� e la chiarezza di tale enunciato inficia ed esaurisce la sistematicit� e cio� impedisce uno sviluppo sistematico e coerente proprio secondo un vero e proprio piano, come si conviene a un sistema finito di pensiero. Infatti, abbiamo chiara, obiettiva, inequivocabile conferma della sistematicit� del pensiero pedagogico del Romagnoli e della sua originale Weltanschauung (unitaria concezione di un piano di vita) non soltanto nel modo di impostazione che manifestamente ci appare non incline alle infruttuose teorie: tale sistematicit� o unit� di pensiero e conseguentemente di metodologia e di didattica � evidente sopratutto nello sviluppo che tutto l'operato dell�Autore ha avuto durante l'intiero corso del suo intenso anche se troppo breve magistero. A un certo qual tipo di razionalismo metodologico diciamo cos� Cartesiano, quale si riscontra nell'ultimo passo su riportato, si aggiunge sin dall'inizio una determinante e sempre coerente riflessione sull'esperienza sensibile riferita specialmente al privo della vista; riflessione, appunto, che rende concreta, viva e ogni momento attuale e pratica, ricca di risultati utili tutta la concezione pedagogica e sociale del Romagnoli e ci� non soltanto da un punto di vista della pedagogia normativa (La pedagogia del Romagnoli nei confronti del fanciullo cieco non si pu� pi� dire o definire a rigori emendativa giacch� nella generalit� dei casi non siamo di fronte a una minorazione sensoriale che coinvolge il bambino ineluttabilmente nella diminuzione delle sue facolt� psicologiche, anche se assai spesso le tare oltre la cecit�, s�intende, sono considerevoli e ci suggeriscono e ci obbligano all�immediato intervento di medici specialisti per migliorare prima di tutto le condizioni fisiche di fanciulli chiaramente pi� debilitati e assai pi� gracili dei loro coetanei vedenti. Nei ciechi che non sono afflitti da altre minorazioni sensoriali e psichiche niente vi � di troppo e difficilmente reparabile e di compromesso intellettivamente da dover esser letteralmente emendato. Quella dei bimbi ciechi, cos� come l�ha concepita il Romagnoli si potrebbe dire piuttosto pedagogia normativa, in quanto essa facilmente e perfettamente rientra nella norma e cio� nella pedagogia comune, pure tenendo conto delle lacune particolari della immaginazione e quindi del processo conoscitivo e di ideazione dei fanciulli ciechi meno spontaneo e certamente pi� laborioso, ma non ingrato e insufficiente; e inoltre normativa anche in quanto si dovrebbe di necessit� accentuare sensibilmente, favorire veramente la formazione del carattere dei minorati del senso della vista per le inevitabili difficolt� e ostacoli seri di tutti i generi che chi non vede deve per forza di cose affrontare e superare felicemente, con ottimismo e matura coscienza sociale)dei ciechi, ma anche per tutto quanto si riferisce al processo educativo in genere, all'educazione e allo sviluppo armonico della personalit� del fanciullo vedente. La teoria della relativit� dei sensi e rispettivamente al numero di essi e rispettivamente alle loro funzioni organiche specifiche, anche se inquadrata in un certo quale positivismo ed evoluzionismo, senza dubbio agisce come principio propulsore o motivo emozionale eminente di superamento della minorazione sensoriale della vista e costituisce di certo la base esperimentale onde poter attuare la normalizzazione in campo educativo per tutte quelle lacune segnatamente della motilit�, della immaginazione, della fantasia, della ideazione e talvolta anche del carattere. Ora, sebbene il tema della relativit� dei sensi accompagna in effetti e informa di s� tutto il pensiero pedagogico e sociale dell'Autore, e il contributo psicologico e le applicazioni pratiche conseguenti, tuttavia siffatto tema non limita l'intiero sistema di pensiero del Romagnoli stesso, non lo pregiudica n� lo vincola a un esperimentalismo statico, dommatico e dominante, � e ci� deve essere ben chiaro � non distrugge lo spiritualismo cristiano del Nostro, anche se la coscienza individuale della relativit� dei sensi umani � sempre desta in tutti i suoi scritti, fino all'ultimo (Augusto Romagnoli, Guida dei ciechi a san Paolo, Argo, Gennaio-marzo 1941. In questo scritto bellissimo della maturit� la considerazione della naturale povert�, forzosa povert� dell�esperienza sensibile dei ciechi, se paragonata ai tesori che pu� offrire la vista, viene da una parte sublimata con una interiore, elevata e intellettuale concezione estetica che qui non � il luogo di esaminare, e dall�altra, poi confortata esperimentalmente o secondo esperienza con una elaborazione dei dati e stimoli offerti dai sensi (udito, tatto, senso termico, anemestesico, degli ostacoli a distanza), espressa in un unico atto spirituale e religioso. Perci� si pu� dire che questo prezioso lavoro tratteggi a grandissime linee, siccome apoteosi e sintesi, quanto di meglio e di pi� interiore si possa domandare ai sensi residui di un cieco e a una nuova educazione che sia veramente feconda e operante nel cuore dei fanciulli privi della vista) e come pensiero teoretico fecondo e come realt� quotidiana vissuta con grande coerenza. � da notare infine che se la relativit� della teoria dei cinque sensi e la ovvia povert� e limitatezza di essi costituiscono da un lato il terreno necessario e permanente di esperienze giornaliere e abituali per chi non vede per poter raggiungere con arte, con indubbio e maggiore sforzo e tempo, spontaneit� e concretezza nella conoscenza e nel campo sociale in genere, d'altro canto la medesima relativit� dei sensi si configura anche come coscienza dei propri limiti individuali e, quel che pi� importa dal punto di vista dell'educazione, come esigenza che urge interiormente, esigenza interiore che se bene coltivata (i �fiori di serra� dice il Romagnoli) pu� divenire in ogni cieco intuizione cosciente e certa della superiorit� dei valori morali e spirituali rispetto a quelli puramente intellettuali e derivati dal sensibile. Di questa priorit� dei valori del mondo morale relativamente a quelli della intelligenza delle cose e del reale, � intessuto tutto il pensiero e la nuova pedagogia del Romagnoli, la quale effettivamente � nella sua essenza volontaristica, direi quasi cristianamente eroica. Essa � in s� profondamente dinamica, cristiana fin nel suo intimo e non per questo mortificatrice della personalit� del fanciullo gi� di per s� seriamente impoverita per il minor contatto con l'esterno e con gli altri. Pedagogia nuova, dunque, che non � n� suggello n� usbergo di una qualsiasi amorfa rassegnazione, anche se tale rassegnazione sia informata e sviluppata sulle fondamenta di una grave minorazione sensoriale quale la cecit�, considerata sempre dal Romagnoli un'indicibile umana sofferenza da viversi come �provvida sventura� e non mai piuttosto quale condanna per i peccati dei padri. In tale visione unitaria anche il contenuto o messaggio di ogni organo di senso (sia isolato o in relazione con quello degli altri sensi) sul piano della vita pratica e cio� sul piano positivo e nello stesso tempo contingente ed evolutivo dei bisogni, e le stesse facolt� psicologiche come l'attenzione, prima di ogni altra, la memoria etc. non si rivelano pi� come momenti particolari della coscienza, ovvero delle singole e distinte attivit� del bambino o del soggetto, ma sono la faccia di un unico aspetto del soggetto stesso. E cos� pure l'elaborazione personale dei differenti dati di esperienza colti direttamente per gli stimoli degli organi di senso, � esperienza sensibile dalla quale specialmente il cieco non pu� in alcun modo prescindere � costituisce, se il fanciullo vien bene educato, materia viva di azione, materia pratica e utile degli stessi fatti di coscienza o attivit� psicologica. Tale elaborazione dei dati, concludendo, rimane la base necessaria e diciamo pure indispensabile per un arricchimento che utilmente e praticamente giovi alla personalit� del bambino per un suo sviluppo armonico, sviluppo naturalmente visto e considerato non nei singoli e particolari settori dei differenti campi di attivit�, ma unitariamente, in un unico atto di crescita fisico e spirituale, psichico e intellettuale, affettivo e sociale. L'elaborazione personale del bimbo cieco dei propri dati offertigli dagli organi dei sensi in un processo ognora pi� abituale e spontaneo, non rappresenta per� il fondamento pi� importante, impegnativo e sostanziale di tutto il sistema pedagogico del Romagnoli, pedagogia che in tal caso si ridurrebbe a un gretto esperimentalismo o attualismo di tipo decisamente prammatistico e frammentario. Il lavoro maggiore che il fanciullo deve compiere � quello che riguarda la parte pi� intima di s�, la sua stessa interiorit�, quanto in s� egli porta di pi� elevato e quindi di meno sensibile e soggetto all'esperimento: egli deve avere coscienza chiara delle sue inclinazioni, delle tendenze sia pure giustificate dalla natura costretta negli angusti limiti sensibili che pu� imporre la cecit�. Di qui, dunque, ogni sforzo per formarsi un carattere e avere in una pacata coscienza di s�, una propria personalit� armonicamente sviluppata e interiormente ricca. Sotto questo rispetto il pensiero del Nostro prende il suo vero respiro di attuale e valida corrente pedagogica, tutta pervasa da un sincero e profondo afflato religioso e perci� stesso da una concezione elevata della vita dell'uomo, dell'uomo in toto, senza distaccare pericolosamente i sensi, il corpo, dalla mente, dall�anima. Da questo equilibrio di natura etico-religiosa e filosofica tra l'umano e il divino, il sensibile e l'intelligibile, il contingente e l'eterno nasce la convinzione di un mondo e di una societ� buoni, dove naturalmente c'� posto per tutti, anche per coloro che sono minorati sensoriali come i ciechi. Dalla profonda coscienza di un siffatto equilibrio nasce un sincero ottimismo quale raggio riflesso della felicit� interiore che pu� dare la contemplazione anche su questa terra del Divino. Una tale unitaria visione di cielo nel Romagnoli significata, sostanziata in una robusta concezione etica dell'uomo, pu� pure riempire i vuoti tanto spesso incolmabili lasciati nel fanciullo dalla privazione di un senso cos� prezioso come quello della vista. N� questa visione cos� elevata della vita e del mondo si pu� dire svuotata di pensiero o della attivit� originaria del soggetto; essa pu� essere filosofica e pratica, teoretica e morale anche se rifugge apertamente da contenuti sensibili e intellettuali, umani e affettivi come unico frutto di pensiero puro (� Razionalismo, idealismo e Neoidealismo �). L�eticit� propugnata e vissuta dal Romagnoli onde riempire le evidenti carenze innegabili della esperienza sensibile, � esperienza sensibile ancora pi� angusta nel cieco � � posta anche in �Introduzione...� su di un piano metafisico-religioso come quello della contemplazione del vero in noi, della nostra interiore felicit� conquistata con una morale sublimata e arricchita indefinitamente e, direi, infinitamente, nell�ambito del Soprannaturale. Di fronte a un tale sublime filosofare non c'� lacuna umana che possa ancora sussistere e non venire possibilmente annullata o meglio superata. Ora, non c'� nel nostro Autore alcuna confusione nella determinazione, nella valutazione, nel giudizio della gerarchia dei valori in seno allo spirito, confusione cio� tra il metafisico e il religioso, tra il fisico e una legittima sempre viva esigenza del concreto. Questa particolare categoria dello spirito � molto spesso posta in grande evidenza giacch� � di per s� notevolmente atta a fugare e vincere l'evanescenza e la connaturata astrazione delle immagini e dei fantasmi nel processo conoscitivo del fanciullo cieco. Si pu� sicuramente affermare che fin da Introduzione all'educazione dei Ciechi vi � una salda e chiara coscienza di ci� che l'uomo con i suoi sensi possa e di quello che il cieco non arriver� mai a raggiungere con le sue proprie forze. Le insufficienze della natura sono colmabili soltanto se si eleva effettivamente e seriamente tutto il tenore della concezione unitaria della vita del fanciullo privo di vista su di un piano divino. Non per questo viene meno l'azione educativa dell'adulto; anzi, essa viene garantita e resa interiormente efficace, perch� spogliata di quegli errori tanto frequenti anche nei maestri se non riusciamo a essere fanciulli tra i fanciulli. Orfeo Ferri