Gennaio 2022 n. 1 Anno LII MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. Resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del MiBACT. Indice C�era una volta l�URSS 6 modi di studiare e ricordare Smalto story Marzapane: storia, ricette e varianti della pasta dolce tipica della Sicilia All�ombra dello Stelvio Un anno senza Maradona C�era una volta l�URSS (di Riccardo Michelucci, �Focus Storia� n.182/21) - Il 26 dicembre 1991 l�Unione Sovietica cess� di esistere. Una fine determinata, indirettamente, dalla politica riformista di Gorbaciov - � il tardo pomeriggio del 25 dicembre 1991, a Mosca, quando la bandiera rossa con la falce e il martello viene ammainata dal pennone pi� alto del Cremlino. Al suo posto viene issata quella bianca, blu e rossa della Russia, il tricolore del tempo degli zar. L'atto che fa calare il sipario su gran parte del Ventesimo secolo si svolge quasi in sordina, senza alcuna cerimonia solenne, n� folle radunate per testimoniare la fine di un'era. Poche ore prima Michail Gorbaciov ha rassegnato le dimissioni da presidente dell'Urss con un breve discorso trasmesso in diretta televisiva: �Il vecchio sistema � crollato prima che il nuovo cominciasse a funzionare e la crisi sociale si � fatta ancora pi� acuta. Ma cambiamenti radicali in un Paese cos� vasto non possono passare in modo indolore, senza difficolt� e sconvolgimenti�, spiega davanti alle telecamere. Il giorno dopo il Soviet Supremo annuncia ufficialmente la fine dell'Unione Sovietica. Si chiude cos�, con un evento impensabile fino a pochi anni prima, uno dei capitoli pi� concitati della storia russa. �Non era mai accaduto nella storia umana che un impero gigantesco si dissolvesse, in tempi rapidissimi, senza aver subito gravi sconfitte militari� spiega Ettore Cinnella, storico dell'Europa Orientale ed esperto di storia russa. �Nel 1985, quando Gorbaciov era arrivato al Cremlino, il mito dell'Urss era ormai a pezzi in tutto il mondo. Dopo settant'anni di regime comunista l'Unione Sovietica era una societ� economicamente e antropologicamente malata. L'economia pianificata non funzionava pi�, la gestione centralizzata del sistema causava costi elevatissimi per lo Stato e una cronica penuria di beni di consumo, l'Armata rossa faceva meno paura dopo l'umiliante sconfitta afghana, mentre la questione delle nazionalit� richiedeva soluzioni coraggiose e radicali�. Gorbaciov comprese fin da subito l'urgenza di riformare radicalmente il sistema sovietico e cerc� di democratizzare la vita economica e politica del Paese. In un discorso al XXVII congresso del Pcus, nel febbraio 1986, fece un'analisi impietosa del degrado politico, economico, tecnologico e morale del Paese. Le sue riforme - sintetizzate nelle parole perestrojka (�ristrutturazione�) e glasnost (�trasparenza�) - furono l'estremo tentativo di salvare lo Stato multinazionale sovietico che segnava il passo nei confronti dei concorrenti occidentali e stava crollando sotto il peso dell'inefficienza. Il rinnovamento prevedeva la privatizzazione di molti settori economici statali, la libert� d'informazione, la riduzione del controllo militare e politico sui Paesi satelliti e trattati con gli Stati Uniti per il disarmo dei missili. Il riformismo illuminato di Gorbaciov, per�, non piacque n� ai conservatori del partito, n� ai progressisti radicali che volevano scrollarsi di dosso una volta per tutte il potere sovietico. �I suoi tentativi di riforma finirono per accelerare il collasso del sistema produttivo e per peggiorare la gi� grave situazione degli approvvigionamenti�, prosegue Cinnella. �Durante il suo governo, i successi in politica estera con il riavvicinamento all'Occidente andarono di pari passo con una politica interna incerta e confusa�. Malgrado la crisi e l'erosione del blocco comunista segnato dalla caduta del Muro di Berlino e dalla nascita del primo governo non comunista in Polonia, all'inizio del 1990 l'Urss non sembrava ancora dar segni di cedimento. Eppure sotto traccia, nel suo immenso territorio, covava un malessere profondo. Nella seconda met� degli Anni '80 si era verificato un crescendo di tensione e violenza innescato dal riemergere dei nazionalismi etnici nelle repubbliche sovietiche. Gli scontri pi� sanguinosi, scoppiati nel Nagorno Karabakh, erano sfociati nella guerra civile tra l'Azerbaigian e l'Armenia. L�apertura politica promossa da Gorbaciov aveva alimentato i conflitti tra le etnie mentre le sue riforme, indebolendo i mezzi di repressione politica, avevano fatto venir meno anche la capacit� di Mosca di imporre il proprio volere sulle singole repubbliche. �Gorbaciov non comprese la gravit� del problema delle nazionalit� nel gigantesco territorio che governava. Le sue timide proposte di riforma, dettate dal disperato tentativo di salvare lo Stato multinazionale, non fecero che accelerare un processo di disgregazione che in pochi anni port� al crollo definitivo dell'Urss�, spiega lo storico. Quel che accadde nelle repubbliche baltiche, poi, rese la crisi irreversibile. La Lituania fu la prima repubblica sovietica a sfidare Mosca dichiarandosi indipendente, nel marzo 1990. Il governo centrale reag� imponendo pesanti sanzioni economiche ma non riusc� a dissuadere il piccolo Paese, che si sentiva da sempre culturalmente e politicamente estraneo all'Unione Sovietica. �Segu� una repressione militare dagli effetti chiaramente controproducenti�, racconta Cinnella. �Il massacro di Vilnius del 13 gennaio 1991, che vide l'esercito sovietico sparare sui manifestanti lituani causando morti e feriti, segn� l'inizio dell'involuzione autoritaria e il declino di Gorbaciov, ormai ostaggio delle forze pi� retrive del Partito comunista�. Mentre a Mosca una folla immensa protestava contro la repressione, in solidariet� con le vittime, anche Lettonia ed Estonia si dichiaravano indipendenti, seguendo l'esempio lituano. L'Unione Sovietica cominciava a perdere pezzi e nel tentativo di proteggerne l'integrit� territoriale, Gorbaciov indisse un referendum �sulla conservazione dell'Urss� che ebbe apparentemente successo (il �s� vinse con circa il 78% dei voti). L�iniziativa fu per� segnata dal boicottaggio di Armenia, Georgia, Moldavia e delle tre repubbliche baltiche, che si rifiutarono di partecipare al voto per sottolineare il loro desiderio di indipendenza. Per cercare di salvare l'Urss e soddisfare al tempo stesso le aspirazioni autonomiste si avviarono subito negoziati tra Mosca e le singole repubbliche. Ma nel frattempo anche il nazionalismo pi� radicale - quello russo - aveva trovato il suo leader indiscusso: Boris Eltsin. Nominato presidente del Soviet supremo della Repubblica russa nel maggio 1990, Eltsin si schier� per la sovranit� russa, dimettendosi dal Pcus. L'anno dopo, il 12 giugno 1991, venne eletto presidente della Repubblica nelle prime elezioni libere del Paese. Lui e Gorbaciov diventarono i protagonisti del braccio di ferro tra le spinte indipendentiste e la conservazione di quel che rimaneva del sistema sovietico. Sentendosi venir meno il terreno sotto i piedi, il 19 agosto 1991 i comunisti conservatori, appoggiati da alcuni alti ufficiali, tentarono un colpo di Stato per esautorare Gorbaciov e salvare l'Urss: in realt� ne accelerarono il collasso, favorendo l'ascesa di Eltsin. Quando le strade di Mosca furono invase dall'esercito e dalle truppe speciali, Eltsin sal� su un carro armato davanti al Parlamento e condann� il colpo di mano incitando i cittadini a battersi per la libert�. Migliaia di persone accorsero in sua difesa: l'esercito si rifiut� di aprire il fuoco sui manifestanti e il �putsch di agosto� fall� miseramente. Due giorni dopo i carri armati si ritirarono dalle strade di Mosca mentre Eltsin prese in mano le redini del Paese. Le dichiarazioni d'indipendenza delle altre repubbliche si susseguirono in rapida successione: Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Azerbaigian, Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan, Armenia, Turkmenistan, Kazakistan. L'8 dicembre 1991 lo stesso Eltsin, in qualit� di presidente della Russia, firm� con i presidenti di Ucraina e Bielorussia l'Accordo di Belaveza, che sanc� la fine dell'Urss e la nascita della Comunit� degli stati indipendenti (Csi), aperta a tutte le ex repubbliche sovietiche. �Come Stato multinazionale e come sistema politico-economico l'Unione Sovietica era una costruzione artificiosa e ormai putrescente, che nessuno poteva pi� salvare e quindi destinata a scomparire. Ma il suo crollo pacifico fu un miracolo storico che salv� l'umanit� dai rischi di un olocausto nucleare�, conclude Cinnella. 6 modi di studiare e ricordare (di Margherita Zannoni, �Focus� n. 349/21) - Sono ricominciate le lezioni, le interrogazioni e gli esami universitari. Ognuno di noi ha un metodo per capire e memorizzare. Ecco i pi� efficaci - Come si impara a imparare? Una domanda a cui � difficile rispondere, tant'� che gli studenti spesso si dibattono tra strategie di studio inefficaci. Per esempio, sottolineare o usare evidenziatori per mettere in risalto le parole o le frasi di un testo non serve a un gran che: �Sulla base delle prove disponibili, valutiamo l'evidenziazione e la sottolineatura di scarsa utilit�, affermano gli autori di una vasta analisi delle ricerche sulle tecniche di apprendimento coordinata dalla Kent State University (Stati Uniti). Pu� essere sorprendente scoprirlo se si pensa che tutti, o quasi, hanno avuto tra le mani libri dalle pagine colorate con matite o pennarelli. E chi non ha mai fatto una full immersion in libri e appunti studiando tutto appena prima della prova? Anche qui la ricerca ha qualcosa da ridire. Va bene rileggere? Si pu� fare di meglio: �La rilettura � pi� veloce rispetto ad altre tecniche ma anche molto meno efficace�. Per fortuna, gli psicologi hanno individuato le tecniche pi� utili. Ecco quali sono, con i pro e i contro di ciascuna. Domandarsi �Perch�?� - Gli esseri umani sono curiosi per natura, devono fornire spiegazioni a ci� che li circonda. E quindi, porsi domande su ci� che si studia aiuta a memorizzare: �Perch� ha senso che...?�, �Perch� � vero?� o �Perch� dovrebbe essere vero per questo e non per altro?�. Per esempio: �Perch� i pinguini trasportano le uova sulle zampe e altri animali non lo fanno?�. In uno dei primi studi su questa strategia di apprendimento, nota come �interrogazione elaborativa�, alcuni ricercatori dell'Universit� del Western Ontario (Canada) hanno presentato a studenti universitari una serie di frasi, ad esempio: �L'uomo affamato � salito in macchina�. Chi di loro � stato invitato a immaginare spiegazioni (�Perch� quell'uomo ha fatto questo?�), le ha memorizzate con un'accuratezza del 72%, contro il 37% di chi aveva avuto la soluzione dagli sperimentatori (per esempio: �� salito in macchina per andare al ristorante�) o aveva semplicemente letto le frasi senza cercare spiegazioni. Le ricerche successive hanno dimostrato gli effetti positivi dell'interrogazione elaborativa su vari contenuti di studio, dall'etologia, alla medicina, fino all'economia. Pro: Fa riflettere attivamente su ci� che si studia e aiuta a collegare i nuovi contenuti con le conoscenze precedenti. Contro: Non tutti ne traggono uguale beneficio: aiuta di pi� gli studenti che hanno gi� una buona conoscenza della materia, probabilmente perch� sanno fornire una risposta alle domande e sono facilitati nel dare spiegazioni plausibili e accurate. Chiedersi �Cosa significa?� - �Che cosa significa per me ci� che ho letto?�, �Quali nuove informazioni mi fornisce? E come si collegano a ci� che gi� so?�, �C'� qualcosa che ancora non capisco?�. Domande come queste rientrano nella strategia dell'auto-spiegazione, utile non solo per apprendere testi ma anche per risolvere problemi. Spiegarsi da soli un enigma logico, ragionando sulle diverse alternative, ne facilita la soluzione, come ha dimostrato uno studio del Politecnico di Hatfield (Regno Unito). Altre ricerche ne hanno verificato l'efficacia con problemi matematici, formule algebriche e teoremi geometrici, e vale persino per l'apprendimento del gioco degli scacchi. In pi�, aiuta bambini e ragazzi ad assumere un punto di vista diverso dal proprio. Pro: La strategia � applicabile a svariate materie di studio ed � stata testata dalla scuola dell'infanzia fino all'universit�. Favorisce il ragionamento e permette di apprendere nuove informazioni integrandole con quelle gi� in memoria. Contro: Allunga il tempo da dedicare allo studio. Dilazionare lo studio - In genere, gli studenti incontrano gli stessi contenuti di studio in pi� di un'occasione: ascoltandoli a lezione, rivedendo gli appunti, studiando sui libri. Ma spesso concentrano i loro sforzi in prossimit� della prova studiando e ristudiando il materiale in sessioni molto ravvicinate nel tempo. Un errore: � dimostrato che l'apprendimento � decisamente migliore se lo studio � distribuito e non condensato in momenti che si susseguono in stretta successione. Secondo una ricerca dell'Universit� di York (Uk), il massimo si ottiene distanziando le sessioni di apprendimento di circa il 10-20% del tempo che manca alla prova. Ad esempio, per ricordare qualcosa per una settimana i momenti di studio dovrebbero essere distanziati di 12-24 ore, per ricordarlo per 5 anni di 6-12 mesi. Comunque, vale la regola: meglio distanziare un po' che non farlo per nulla. Pro: � una strategia davvero efficace: il cervello deve concentrarsi di pi� per recuperare informazioni gi� note ma non fresche di lettura e questo rinforza il loro consolidamento in memoria. Contro: Ai molti studenti che si riducono sempre all'ultimo comporta lo sforzo di riorganizzare le proprie abitudini in modo sostanziale. Riassumere - Studiando ci si confronta con grandi quantit� di informazioni, il che richiede di identificare i contenuti pi� importanti e comprendere come si collegano tra loro. Pu� essere d'aiuto quindi fare riassunti: sintetizzare i testi (per esempio, i capitoli di un libro) catturandone il �succo�. Per farlo (bene) occorre cogliere il significato di ci� che si � letto e riorganizzarlo. Se il riassunto � esauriente e fedele al testo (se contiene tutte le informazioni rilevanti e non ne include delle errate) pu� migliorare le prestazioni soprattutto quando la prova richiede di produrre informazioni (per esempio, rispondere a una domanda o esporre liberamente un argomento), meno nei test a scelta multipla, in cui occorre riconoscere la risposta corretta tra pi� opzioni. Dall'analisi delle ricerche sul tema coordinata dalla Kent State University risulta che fare riassunti non � sempre e per tutti ugualmente efficace, ma � comunque preferibile ad altre strategie amate dagli studenti come evidenziare o rileggere. Pro: Per chi � abile nella sintesi � una tecnica semplice, che non richiede molto tempo e favorisce un apprendimento a lungo termine (le informazioni restano vive in memoria anche dopo diverse settimane). Contro: La sua efficacia dipende dalla qualit� del riassunto. Inoltre, i vantaggi della sintesi sono stati osservati principalmente negli studenti universitari. I pi� piccoli (ad es. studenti delle medie) possono trarne beneficio solo dopo una specifica formazione. Mescolare diversi contenuti - Anzich� concentrarsi su un argomento o un tipo di problema prima di passare al successivo, a volte pu� essere meglio mescolarli. Per esempio, gli studenti di un corso di neuroanatomia potrebbero esercitarsi a riconoscere diverse parti del sistema nervoso studiandole insieme per confrontarle, e quelli di un corso di geometria imparare nello stesso momento varie formule per calcolare le propriet� di oggetti (area, perimetro ecc.) oppure esercitarsi nell'applicare la stessa formula a oggetti diversi. Questa strategia, detta �pratica interlacciata�, aiuta a imparare ragionando sulle differenze: �Cosa c'� di specifico in questo? In cosa � uguale e in cosa diverso da quest'altro problema (o contenuto)?�. I suoi vantaggi sono stati riscontrati su vari contenuti: per esempio, ha migliorato l'accuratezza delle diagnosi tramite elettrocardiogramma in studenti di medicina (secondo quanto emerge da uno studio della McMaster University, Usa), la capacit� di discriminare artisti con stili diversi (da uno studio dell'Universit� della Californi a San Diego), l'apprendimento della classificazione degli uccelli (lo dice una ricerca dell'Universit� della Carolina del Nord) e l'abilit� di futuri ingegneri nel comprendere la natura di un guasto in un sistema informatico (da uno studio dell'Universit� di Twente, Paesi Bassi). Pro: Facilita l'apprendimento perch� incoraggia a discriminare diversi contenuti. Contro: La strategia non � ugualmente adatta a tutti i contenuti di studio. � utile solo quando gli elementi da imparare sono confrontabili e hanno molto in comune: per esempio, dovendo apprendere delle classificazioni (di piante, animali ecc.) la pratica interlacciata funziona se gli esemplari di diverse categorie sono simili perch� studiarli insieme fa risaltare le differenze, ma se una categoria � molto eterogenea � meglio concentrarsi solo su quella per cogliere ci� che accomuna i suoi membri. Esercitarsi - Rispondere a domande, come quelle che a volte si trovano alla fine dei capitoli dei libri di testo, completare prove d'esame, risolvere problemi... esercitarsi in prove pratiche � una delle strategie migliori per potenziare l'apprendimento secondo quanto emerge dallo studio condotto dalla Kent State University. Perch�? Per rispondere, l'informazione viene ricercata tra le altre depositate in memoria e questo percorso di recupero la fissa ulteriormente creando anche una corsia preferenziale per andare a richiamarla in seguito (naturalmente, va controllato che le proprie risposte agli autotest siano corrette). I vantaggi sono notevoli. Lo dimostra, per esempio, una ricerca della Purdue University (Usa) in cui si � verificata l'utilit� dei test nell'apprendimento di parole straniere in studenti universitari: dopo una settimana dalla presentazione delle parole, le prestazioni di chi aveva fatto test ripetuti erano migliori del 44% rispetto a quelle di chi si era limitato a studiarle. Pro: � una strategia molto potente: diverse ricerche indicano che cimentarsi in una o pi� prove pratiche � notevolmente pi� efficace che passare solo del tempo sui libri. Contro: Nessuno, pi� ci si esercita meglio �! Smalto story (di Irene Merli, �Focus Storia� n. 182/21) - Ci si colora le unghie da millenni. Ma all�inizio era un�abitudine da uomini e per secoli serv� ad affermare il proprio status sociale - Dentro ogni boccetta di smalto si nasconde una storia lunghissima, fatta di tradizioni, costumi sociali e religiosi, esperimenti: una sottile linea variopinta che riserva pi� di una sorpresa. La prima � che sin dalle origini di questa pratica cosmetica, e in seguito per secoli, colorarsi le unghie fu soprattutto un modo per affermare il proprio status sociale: una sorta di �dimmi che unghie hai e ti dir� chi sei�. Per questo non riguard� solo le donne. Un esempio? Nell'antica civilt� babilonese (1800 a.C. circa) i ricchi aristocratici e i guerrieri si tingevano le unghie di nero con il kohol (una polvere che si usava in Oriente per scurire le palpebre) per dimostrare che avevano potere, mentre i comuni mortali le potevano colorare di verde. Sotto la torre di Babilonia, insomma, lo �smalto� era un affare da uomini. Sembra per� che il costume di colorarsi le unghie sia iniziato nella Cina di circa 3-mila anni fa, dove le donne di alto rango presero a usare lacche a base di polvere di petali di rosa e d'orchidea e allume di potassio, oppure a base di gomma arabica, albume, gelatina e cera d'api. Si trattava di procedimenti che duravano ore e una donna del popolo non avrebbe mai potuto permetterseli. In pi�, se l'avesse fatto, avrebbe rischiato dure punizioni, nel rigido sistema gerarchico cinese. Le principesse, invece, sulle unghie applicavano una polvere d'oro e d'argento. In base al colore indossato, quindi, nell'impero del Dragone si identificava la classe sociale di una persona. E durante la dinastia Zhou, che regn� per 400 anni fino al 770 a.C., debutt� ante litteram l'allungamento artificiale delle unghie: tra le dame degli strati sociali pi� elevati si inizi� a indossare sulle dita una lunga guaina metallica dorata, tempestata di pietre preziose e realizzata con grande verosimiglianza di dettagli. Poteva una civilt� raffinata come quella egiziana, dove ci si truccava con sapienza, rinunciare a questo ornamento? Certamente no. E infatti i reali, sia donne che uomini, si tingevano le unghie di mani e piedi di rosso scuro con l'henn� (una polvere che deriva da una pianta, la Lawsonia inermis). Secondo la leggenda, la bellissima regina Nefertiti, moglie del faraone Akhenaton, dipingeva le unghie di rosso rubino aggiungendo gocce di sangue all'henn�, coltivato dall'Africa del Nord e in India. I colori chiari erano riservati a persone di condizione sociale inferiore e il rosso ruggine ai potenti. Un fatto riscontrato anche negli scavi di mummie egizie d'alto rango. Quanto alle matrone romane, grandi utilizzatrici di cosmetici e molto attente alla cura dei capelli, sulle loro unghie il mistero � fitto. Nessun autore antico, n� storico n� trattatista, ne fa menzione. E non si vedono dita colorate n� nei mosaici n� nella pittura parietale. Il che fa pensare che nell'Urbe le donne non ne facessero uso, perch� non lo conoscevano o non lo gradivano. Peggio ancora nel Medio Evo. Non soltanto il colore per le unghie perse d'interesse nella generale fustigazione dei costumi, ma addirittura venne vietato dalle istituzioni ecclesiastiche. E infatti le poche donne che lo usavano (rosso o nero) finivano per essere tacciate di lussuria, vanit� se non addirittura di stregoneria. Per ritrovare il piacere della manicure bisogna fare un salto fino al Rinascimento, in cui, soprattutto in Francia, principi e aristocratici si facevano crescere enormemente le unghie per mostrare che non facevano alcun lavoro manuale. Ai colori carichi si cominciarono a preferire tonalit� chiare, che oggi chiameremmo �nude�, per far risaltare gioielli sempre pi� preziosi. Oppure bisogna andare dall'altra parte dell'Atlantico, nel grande impero precolombiano degli Inca, che si svilupp� dal XIII al XV secolo. Gli Inca realizzavano sulle unghie minuziosi disegni religiosi con affilati bastoncini e colori naturali, soprattutto in occasione di cerimonie importanti. Un motivo ricorrente era il condor, uccello sacro per questa civilt�, che sulle sue potenti ali trasportava i defunti nel mondo dei morti. Chi l'avrebbe detto che la nail art avesse radici cos� profonde e lontane nel tempo? Tornando nel Vecchio Continente, l'arte della manicure divenne molto popolare nel XVII secolo: le unghie venivano limate con coltellini, lucidate con pelli di camoscio e infine trattate con oli profumati e creme colorate. Nel Settecento, il secolo dell'apparenza, delle altissime parrucche, della pelle incipriata e dei n�i finti, i nobili passavano ore nella stanza da toeletta per la cerimonia del trucco. �In questa folle rincorsa all'originale ed eccezionale�, spiega Stefano Anselmo nel saggio Storia del trucco e dei cosmetici, �si poteva arrivare a portare parrucche con inserimenti di uccelli e velieri, e sulle unghie paesaggi in miniatura�. Non c'era limite alla fantasia. Tanto che Caffarelli (1710-1783), il pi� celebre cantante castrato del tempo dopo Farinelli, trovandosi a Parigi per lavoro, ebbe a scrivere: �Sarebbe assai grazioso vedere su ogni unghia ritratti in miniatura dei propri parenti o dei propri migliori amici�. Sin dalle lontane origini, per�, le colorazioni non erano stabili, duravano lo spazio di una giornata o addirittura poche ore. Perci� con il tempo gli sforzi di protoestetisti, imprenditori e chimici si concentrarono sulla soluzione di questo problema. Il primo salto tecnico lo realizz� la truccatrice professionista francese Michelle M�nard: nel 1920 prov� a creare un vero smalto ispirandosi alla vernice ultrabrillante che si usava nell'industria automobilistica. A segnare la svolta furono per� i fratelli Charles e Joseph Revson e il chimico Lachman: i tre perfezionarono la formula della M�nard, utilizzando al posto dei coloranti i pigmenti, che consentivano una maggiore tenuta e permettevano un'ampia scelta cromatica. Risultato? Nel 1932 nacque a New York la Revlon, la prima azienda al mondo produttrice di smalti, che invase i supermercati. In piena Grande depressione, in tempi cupi e difficili per gli americani, esplose la smaltomania. Grazie anche alla nascita del Technicolor: il pubblico femminile nei film vedeva finalmente a colori le dive dell'epoca, con unghie e rossetti rosso fuoco che poi correva a comprare. In fondo, cinema e smalti erano due modi per sfuggire al grigiore di quegli anni. Marzapane: storia, ricette e varianti della pasta dolce tipica della Sicilia (di Michela Becchi, Gamberorosso.it) - Frutti colorati e golosi in Sicilia, maialini portafortuna in Germania, torte da accompagnare al t� in Gran Bretagna: ecco le tante variazioni di questa celebre prelibatezza - Marci panis, ovvero �pane di Marco�: sembrerebbe essere questa l�etimologia della parola, anche se molti ritengono che derivi dall�arabo maw-thab�n, termine con cui si indicava la moneta d�argento mediorientale che corrispondeva a un preciso quantitativo di impasto dolce fatto con zucchero, mandorle e acqua di rose. Il marzapane, appunto, preparazione indissolubilmente legata alla Sicilia � dove raggiunge la sua massima espressione con la frutta martorana � ma diffusa in tanti altri Paesi. Nonostante sia complesso rintracciarne le origini precise, � chiaro che le sue radici affondano nella cultura araba, che l�ha poi introdotto in Europa intorno all�anno Mille, durante la dominazione islamica della Sicilia. Prima ancora, dolcetti simili erano prodotti dagli antichi Etruschi in occasione dei rituali funebri, ma la prima ricetta codificata viene da Venezia (che ne rivendica la paternit� anche per via del nome, �pane di Marco�) e risale al 1300: in quel periodo, infatti, la repubblica marinara era fra le poche a reperire gli ingredienti pi� rari e pregiati come lo zucchero e le mandorle, alla base del prodotto. Fra mito e leggenda, una cosa � certa: in Sicilia � la citt� di Palermo la patria di questa specialit�, che nella versione martorana si trasforma in piccole creazioni a forma di frutti colorati e dall�aspetto invitante. A inventarli furono nel 1143 le monache del convento di Santa Maria dell�Ammiraglio, sede della parrocchia di San Nicol� �dei Greci� e nota come La Martorana: le suore erano famose al tempo per curare uno dei giardini pi� belli della citt�, cos� rinomato da incuriosire anche il Vescovo in persona, che decise di andarlo a vedere dal vivo. La visita per� avvenne in pieno autunno, durante la festa di Ognissanti, quando gli alberi erano spogli e l�orto impoverito: fu allora che le suore ebbero l�idea di modellare la pasta di mandorle a forma di frutti da offrire al Vescovo. Ancora oggi, infatti, la frutta martorana viene consumata tradizionalmente ogni 1 novembre, nonostante sia ormai disponibile nelle pasticcerie tutto l�anno. La ricetta base del marzapane prevede l�uso di farina di mandorle, zucchero e albumi d�uovo, ma come sempre ingredienti e quantit� variano a seconda della zona e delle tradizioni locali. Nella gastronomia siciliana questa pasta dolce � fondamentale anche per la realizzazione della cassata, torta sontuosa dall�aspetto barocco ricoperta di marzapane e guarnita con frutta candita. Molto simile � ma da non confondere con il marzapane � � la pasta di mandorle, prodotta generalmente con una quantit� inferiore di albume e zucchero e usata per preparare altri dolcetti tipici, le paste di mandorle appunto, dette anche fiocchi di neve, fior di mandorle o paste secche, a base di mandorle spellate, zucchero semolato e a velo, albumi, miele e succo di limone. Senza dimenticare i celebri agnelli di pasta di mandorle del periodo pasquale, diffusi soprattutto in Puglia e in Sicilia e ancora una volta frutto della creativit� dei monasteri femminili. Dolce e goloso, spesso colorato e facile da modellare, il marzapane ha trovato successo anche al di fuori della Sicilia. In Toscana, per esempio, in occasione della festa di San Biagio (3 febbraio) si prepara il marzapane di Pietrasanta, torta dalla forma rotonda, soffice e dal sapore intenso, fatta con gli stessi ingredienti del marzapane siciliano ma usati in proporzioni diverse (la consistenza, infatti, � pi� simile a quella dei ricciarelli). In Puglia, invece, si trovano i marzapani salentini, che alla ricetta base aggiungono anche lievito, scorza di limone e arancia, chiodi di garofano e cannella, e che vengono accompagnati dagli africani, dolcetti tipici di Galatina simili a uno zabaione rassodato e fatti con il tuorlo avanzato dopo la preparazione dei marzapani. C�� poi la versione veneziana, fra le pi� antiche, preparata per le occasioni speciali, come la festa di San Marco o il carnevale, e un tempo contrassegnata con il simbolo del leone di San Marco. Non mancano poi ricette straniere, specialmente nei Paesi freddi del Nord Europa, Germania in primis. Qui, infatti, si preparano diversi dolci natalizi ripieni di marzapane, come il Christstollen o Weihnachtsstollen di Dresda, una pasta lievitata ricca di frutta secca e canditi e ricoperta di zucchero a velo, che fra le tante variazioni ne prevede anche una con aggiunta di marzapane. La citt� tedesca pi� famosa per il marzapane, per�, resta Lubecca, dove la famiglia Niederegger ne ha diffuso la produzione a partire dal 1806: oggi, nella sede principale del Caf� Niederegger, nella Breite Stra�e, si trova anche il salone del marzapane, da visitare per scoprire storia e curiosit� sul dolce. Fra le tante ricette tipiche di Lubecca, i Gl�cksschweine, maialini di marzapane solitamente regalati ai bambini come portafortuna, e poi i Lubecker Marzipanen, prodotti Igp dalla forma tonda che pu� variare per� a seconda della ricorrenza: stelle durante il periodo di Natale, uovo a Pasqua e cos� via. Altro dolce famoso, stavolta del Regno Unito, � la torta Battenberg, un pan di Spagna alla vaniglia ricoperto da un sottile strato di marmellata e avvolto in un guscio di marzapane, fra le specialit� tradizionali del t� del pomeriggio inglese, secondo la leggenda nata nel 1884 per volont� della nipote della Regina Vittoria, sposata con il principe Luigi di Battenberg. Da ricordare infine i calissons, dolcetti tipici della Provenza a base di pasta di mandorle e frutta candita, dalla forma romboidale allungata che ricorda quella di una mandorla e ricoperti di glassa chiara, nati ad Aix-en-Provence in epoca medioevale. All�ombra dello Stelvio (di Massimiliano Rella, �In cucina� n. 9/21) - Tra le Alpi Orobie e le Retiche, la Valtellina � un luogo sacro per il ciclismo, ma tra una valle e l�altra si pu� scoprire un grande patrimonio gastronomico, nonch� un universo di bei paesi, da Colico a Bormio - Le rive nord-orientali del lago di Como, nel comune di Colico, segnano l'inizio geografico della Valtellina. Ma quest'ingresso dolce e pianeggiante potrebbe ingannare: basta infatti seguire l'Adda, un �nastro� d'acqua di 313 km, per ritrovarci in pochi minuti tra quinte di boschi e vette alpine, abeti bianchi e rossi, faggi, larici e pini cembro. E sulle fiancate delle montagne, un tappeto di vigne che si arrampica sulle pareti verticali delle alpi Retiche, con l'effetto di un ricamo di terrazze e muretti a secco: se venissero messi in fila, supererebbero una lunghezza di 2.500 km; la stessa distanza che c'� tra Roma e Oslo. Questo paesaggio � protetto dall'Unesco come Patrimonio dell'Umanit�, in una sana competizione locale con un altro sito Unesco della Valtellina, il Trenino Rosso del Bernina, che �sfreccia� su binari tra i pi� panoramici al mondo, da Tirano a St. Moritz, toccando il cielo a 2.091 metri slm. Se il trenino � un omaggio all'ingegneria, i muretti a secco sono un'opera d'artigianato che simboleggia l'agricoltura e il lavoro contadino: file di muretti modellate nei secoli pietra su pietra, buca su buca, per consentire alla vite di crescere in un ambiente estremo, difficile, non meccanizzabile, curato a mano, quindi costoso. Operazione altrimenti impossibile. Pensate soltanto alla vendemmia: migliaia di quintali di grappoli d'uva portati a spalla, con �portini�, cassette, brente, camminando su ripidi sentieri. Anche la foto pi� riuscita non potrebbe raccontare pienamente la bellezza del paesaggio valtellinese, n� catturare le sensazioni che puoi provare solo sul posto: l'acqua dell'Adda che scroscia sui sassi, il vento che soffia tra le fronde ingiallite del primo autunno, l'odore del bosco, il sole tiepido d'inizio ottobre. E poi i sapori che ritroviamo lungo la strada: il vino rosso da uve nebbiolo qui chiamate chiavennasca, la pasta di grano saraceno detta pizzocchero, la migliore bresaola, che possiamo assaggiare - un prodotto rigorosamente della Valtellina -, il Bitto e tutti gli altri formaggi d'alpeggio, ma anche l'amaro Braulio fatto con erbe d'alta montagna, e poi le zuppe, i dolci, le mele. Con queste parole il genio italiano Leonardo da Vinci descriveva la Valtellina: �Voltolina, valle circundata d'alti e terribili monti, fa vini potenti ed assai, e fa tanto bestiame�. Il vino potente � appunto un rosso dal carattere montanaro, da uve nebbiolo coltivate sui ripidi pendii, da sempre raccolte a mano da vignaioli �eroi� che s'arrampicano per stretti passaggi seguendo i muretti a secco - anche questi a tornanti - per portare a spalla ceste ricolme d'uva. Delimitata a sud dalla catena delle Alpi Orobie e a nord dalle Alpi Retiche, questa lunga valle si distende in provincia di Sondrio per 126 km verso il confine con la Svizzera, salendo dal suo punto pi� basso - la riserva del Pian di Spagna, 180 metri slm - a quello pi� alto, il Pizzo Bernina (4.050 mt) abbracciando i paesi di Bormio (1.225 mt) e Livigno (1.816 mt), note localit� turistiche, nonch� una fila di vette tra le pi� belle d'Italia, tutte sopra i 3.000 m: il Disgrazia, il Pizzo Tresero, il Pizzo Badile, Cima Piazzi, Punta Scais, Pizzo Scalino e il Gran Zebr�. Senza dimenticare la montagna sacra del ciclismo: lo Stelvio. Si sale da Bormio su una lunga e tortuosa strada con tornanti spettacolari, una sfida tra le pi� toste per i professionisti del sellino, celebrata nel Giro d'Italia da epiche salite; memorabile quella del 1953 con Fausto Coppi che stacc� di 4 minuti e 27 secondi il �falco biondo� Hugo Koblet, impresa eroica passata alla storia dello sport. Insomma, oltre 21 km di salita per polpacci super allenati verso la Cima Coppi, il luogo del mito (2.578 mt). Si pu� fare, ma ci vuole davvero tanta forza delle gambe. L'alternativa pi� facile � il Sentiero Valtellina, una piacevole pista ciclabile di 114 km, con dislivelli impegnativi solo nel tratto finale di 26 km da Grosio a Bormio, dove si sale di 580 mt. Ma il tratto iniziale pi� pianeggiante, alla portata anche dei meno atletici, unisce Colico a Tirano, passando per Sondrio e Morbegno e inseguendo il letto dell'Adda, con deviazioni e soste per uno spuntino in ben 40 aree, alcune attrezzate per i bambini; ad esempio quelle della piana di Lovero, nel Parco dell'Adda, e di Mazzo di Valtellina, entrambe con piazzole camper a ridosso della ciclabile. Se non avete la bici, nessun problema: la potete affittare in uno dei sette punti noleggio di Rent a Bike lungo il Sentiero Valtellina. Insomma, 114 km di emozione, pedalando sulle rive dell'Adda dal lago di Como, dove sfocia il fiume �incalzante e ceruleo� (parole di Giosu� Carducci), fino appunto a Bormio, sotto il Parco Nazionale dello Stelvio. Lateralmente alla Valtellina si diramano piccole valli che rappresentano gioielli di biodiversit� e offrono scorci da cartolina: la Valmalenco, la val Grosina, la val Masino, Valfurva, la valle del Bitto. Questi pacifici e ordinati territori della Lombardia settentrionale furono teatro di scontri tra cattolici e protestanti e dominio svizzero dei Grigioni a lungo, dal 1512 al 1797, anno in cui Napoleone, con il trattato di Campoformio, inglob� la Valtellina nella Repubblica Cisalpina. Divenuta in seguito parte della Repubblica Italiana (1802-1805), nonostante i tentativi di riconquista degli svizzeri, con la seconda guerra d'Indipendenza fu annessa al Regno di Sardegna. E nel 1861 divenne finalmente parte del Regno d'Italia. Sono tante le attrazioni e i monumenti che ci attendono lungo il percorso che sale dolcemente da Colico verso Bormio, passando per Morbegno, Sondrio, Tirano e Grosio. A Morbegno visitiamo palazzo Malacrida (XVIII secolo), che fa bella mostra di affreschi rococ� e oggetti d'epoca. Da qui il passo � breve per raggiungere la Bottega Fratelli Ciapponi, un negozio incredibile, aperto dal 1883 e ora alla terza generazione, con una decina di cantine per vini, formaggi, farine, pasta, conserve, marmellate, salumeria e altre bont� valtellinesi, come la bisciola (un dolce tipico), i pizzoccheri (la pasta di grano saraceno), la bresaola, il miele e altre bont�. A gestirla, i cugini Alberto e Paolo Ciapponi, che incontriamo mentre sono impegnati a scrivere a pennello la �data di nascita� sulle forme di Bitto, il re dei formaggi locali. A Sondrio visitiamo invece Palazzo Sertoli che, dietro la bella facciata, nasconde un giardino ricco di sculture e un salone dei balli con stucchi e ornamenti barocchi, oltre ai sotterranei che ospitavano le cantine. La cittadina � situata nel cuore della Valtellina in prossimit� di una valle laterale, la Valmalenco, terra d'alpinisti ed escursionisti dominata dal massiccio del Bernina, 4.049 metri slm nelle Alpi centrali; ma questa � una destinazione che merita un viaggio a s�. Le buone ragioni per andare a Teglio sono almeno due. Primo: ammirare gli interni di Palazzo Besta e assaggiare un piatto di pizzoccheri fatti in casa, proprio nel paese dove sono nati. Palazzo Besta era una dimora nobiliare cinquecentesca, con salone d'onore e sala da pranzo decorate da interessanti cicli pittorici. Al pianterreno � allestito invece l'Antiquarium Tellinum, raccolta di reperti archeologici dalla preistoria all'et� romana, rinvenuti sul territorio. Finito il giro ci sediamo alla tavola del Combolo, uno dei ristoranti dell'Accademia dei Pizzoccheri. Questa tipica pasta della Valtellina si prepara con un impasto d'acqua e farina: tre quarti di farina di grano saraceno, un quarto di farina bianca. Una ricetta tipica - da provare! - � con le patate e le foglie di verza lessate nell'acqua di cottura e scolate insieme ai pizzoccheri. Vengono aggiunte fette sottili di formaggio Valtellina Casera, a pi� strati, e su tutto del burro fuso. Buon appetito. Da non perdere neanche le Piramidi di Postalesio, un gruppo di pilastri e colonne rocciose dalle strane conformazioni, frutto di erosione millenaria. Si trovano all'interno di una riserva sopra il paese di Postalesio, ma si accede a piedi con una lunga passeggiata o da una strada asfaltata percorribile anche con il camper, ma attenzione a tornanti e curve. Risalendo verso Bormio facciamo tappa a Tirano per una passeggiata in centro storico, accedendo da Porta Poschiavina (XV-XVI secolo), fatta edificare da Ludovico il Moro insieme alle mura tra il 1492 e il 1498, conservata nel suo aspetto originario. Al suo interno presenta frammenti di decorazioni: gli stemmi dei podest� Grigioni, la figura mitologica dell'Uomo Selvatico e l'allegoria della Giustizia dei Grigioni; tanto per ricordarci la parentesi svizzera della Valtellina. Tirano, d'altro canto, � la porta per St. Moritz, raggiungibile con il Trenino Rosso del Bernina, viaggio �sponsorizzato� dall'Unesco. Ma � anche meta di pellegrinaggio al santuario della Madonna (1505), tra le chiese pi� belle della Lombardia per la ricchezza di stucchi e affreschi barocchi. Prima di raggiungere Bormio la tappa obbligatoria � il paese di Grosio, nel microcosmo della Valgrosina, per ammirare i resti del pi� antico castello di San Faustino, con piccolo campanile romanico, e del castello Visconti Venosta (XIV secolo), con doppia cortina di mura e torre interna fortificata. Risalgono invece all'Et� del Rame, del Bronzo e del Ferro le incisioni rupestri su una grande roccia scura affiorante, all'interno di un parco dedicato sul colle che domina la rupe magna. Passata Sondalo, la strada comincia a salire verso Bormio, nota localit� sciistica con un grazioso centro storico che confluisce in piazza Kuerc (Cavour) dove svettano la torre civica del XV-XVI secolo e il campanile dell'attigua chiesa dei Santi Gervasio e Protasio. Qui nacque, e ancora si produce, l'amaro Braulio, nell'azienda che lo invent� nel 1875 (il farmacista Peloni) e che custodisce gelosamente la ricetta, un mix di erbe d'alta montagna. La cittadina si trova ai piedi dello Stelvio, il massiccio pi� esteso dell'arco alpino, in un Parco Nazionale di 130.700 ettari che occupa per buona parte il territorio dell'alta Valtellina, ideale per il trekking e le passeggiate su oltre 600 km di sentieri. Anche, lo ricordiamo, il luogo del mito e della bici, al confine col cantone svizzero dei Grigioni e l'Alto Adige. Salendo sullo Stelvio potremmo avere la tentazione di rifugiarci qualche ora alle Terme dei Bagni Vecchi, un posto da urlo, con una grande piscina d'acqua calda a cielo aperto, affacciata su un paradiso di boschi e vette alpine. Bagni romani, percorso medievale, saune, aree trattamenti e tinozze nel verde per il relax di coppia. Una magia che dura quasi tutto il giorno, dal mattino a tarda sera. Un anno senza Maradona (di Fabrizio d�Esposito, �Millennium� n. 51/21) - Quei venti gradini dal campo di calcio al cielo - Una scala per il Paradiso, per salire in cielo. Bastano venti gradini. �Il pi� divino tra i viventi, cui � concesso di salire le scale dell'immortalit�, si chiama Diego Armando Maradona. Non � uno scrittore, non compone musica, non scolpisce il marmo, ma le scale dell'eternit� le sale lo stesso. Gli bastano venti gradini per raggiungere il cielo. Sono quelli che portano dagli spogliatoi sotterranei al prato verde. Appare alla folla nel tempio festante, palleggia, sorride e viene a dire che s�, � cos�. � proprio come i napoletani credono: c'� un antico patto tra Dio e il diavolo. Il primo ha creato il mondo e il secondo lo manda avanti grazie alla lussuria�. I napoletani videro Maradona e Diego Armando divenne dio a Napoli. Un rango superiore ai santi. El Pibe de oro il sangue lo faceva sciogliere a un popolo intero: �San Genna' tu 'o ssaie io te voglio bbene, ma na finta �e Maradona squaglia �o sangue dint' �e vvene�. �San Gennaro tu lo sai io ti voglio bene, ma una finta di Maradona squaglia il sangue dentro le vene�. Diego tutto questo lo sapeva: �� Dio che mi fa giocare bene. � per quello che mi faccio sempre il segno della croce quando scendo in campo. Se non lo facessi mi sembrerebbe di tradirlo�. La mano de Dios contro gli inglesi, era il 22 giugno del 1986 allo stadio Azteca di Citt� del Messico, oggi non � solo il titolo di film e libri e canzoni. � il titolo di una vita. Di �un dio sporco ma cos� umano, il pi� umano di tutto�, per dirla con lo scrittore Eduardo Galeano. �Diego ubriaco. Diego strafatto. Diego sfigurato. Diego che urla, si sbraccia, si sporge. Diego che lo devono tenere. Diego col culo da fuori. Diego grasso. Diego biondo. Diego barcollante. Diego nostro che � sempre lo stesso�. La morte � l'epifania di una religione. E ogni culto contempla il tradimento. �Nella sua vita Maradona ha tradito tutti e da tutti � stato tradito: uomini, donne, sogni, ricordi; solo lei: la palla, pur beffeggiata dal suo artista non ha mai avuto cuore di abbandonarlo�. Diego ha avuto una dozzina di figli, riconosciuti o meno, ma ha fatto l'amore solo con la pelota. Quando Nino D'Angelo gir� Tifosi, Maradona fece un cameo. Era grasso e palleggiava mentre si preparava il set. La porta era vuota. Disse: �Io non voglio segnare, voglio prendere la traversa�. La prese tre volte. �Quando il regista ha detto di buttare via quella palla perch� eravamo pronti per lavorare, Diego l'ha baciata e prima di lasciarla mi ha detto: �Nino, io devo tutto al calcio e se potessi con la palla ci farei anche l'amore��. Diego e la palla, loro due soli e il mondo intero intorno a guardare. Sempre quel 22 giugno del 1986. Undici tocchi in dieci secondi. Sei inglesi aggirati: Reid, Butcher, Sansom, Stevens, Fenwick, il portiere Shilton. Il gol pi� bello di sempre. Tutte le mosse del tango e la media luna, la mezzaluna finale, per dribblare Shilton e segnare. �Abballa �o tango nmieze 'e ccosce 'e Maradona�. �Balli il tango in mezzo alle gambe di Maradona�. Diego Armando Maradona � morto il 25 novembre del 2020. In una villetta anonima del barrio San Andr�s a Tigre, citt� della provincia di Buenos Aires. Nelle vicinanze abita la figlia Giannina. La villetta � in affitto. Diego fa fatica a salire le scale e si arrangia al piano terra, in una camera davanti al patio. Un materasso sul pavimento e un cesso piccolo, in cui non riesce a muoversi. Il suo ultimo pasto � una pizza, la sera precedente. Il 25 novembre � lo stesso giorno in cui spir� il Querido Fidel, l'amato Castro, un lustro prima. El Pibe de Oro ha festeggiato sessanta anni il 30 ottobre. Poco dopo � stato operato alla testa. � ostaggio di un medico e di un avvocato. Con lui un'infermiera e un nipote di nome Johnny Esposito. Viene curato con antiepilettici, medicine per la schizofrenia e il disturbo bipolare, antipsicotici, farmaci per inibire la voglia di bere e di drogarsi, infine un antidepressivo. Sta male, ma rifiuta il ricovero. L'infermiera si accorge dell'agonia alle undici di mattina. Un'ora dopo Diego � finito, non c'� pi�. �Mentre Caravaggio e Van Gogh dipingono fino a pochi giorni prima di morire, tu negli ultimi venticinque anni sei diventato il malinconico spettatore di te stesso. L'uomo seduto in poltrona guarda in televisione il genio che � stato. Gli hanno tolto i pennelli, gli hanno rubato le tele verdi sulle quali disegnava le sue meraviglie. Ripensa ai giorni della perfezione, ripensa a Napoli. Scopre che ci sono citt� che possiamo vivere e citt� dalle quali siamo prepotentemente vissuti. Tu sei stato vissuto da Napoli�. Vissuto e divorato da una citt� in cui il sogno � una patologia, una malattia. Diego voleva andare via dopo la conquista della Coppa Uefa, nel 1989. Poi, nel 1990, il secondo scudetto realizz� il suo destino di napoletano d'Argentina. Tirava coca per tre giorni alla settimana, fino al mercoled�. Quindi le notti a Forcella con i Giuliano camorristi. Voleva liberarsi, voleva respirare. Corrado Ferlaino, il presidente dell'epoca, si rimangi� la promessa di lasciarlo andare e lo costrinse a rimanere come da contratto. Lo ammise, Ferlaino: �Sono stato il suo carceriere�. Diego lo chiam� �Giuda�. Fugg� due anni dopo. Il 17 marzo 1991 c'era Napoli-Bari. Il doping, l'ultima onta. Scapp�. Da solo. Al suo arrivo, il 5 luglio del 1984 c'erano settantamila spettatori al San Paolo. �Buonasera napolitani�. Quella notte di marzo, invece, non c'era nessuno. A Napoli, il murale del pianto si trova ai Quartieri Spagnoli, in via Emanuele de Deo al numero 60. L�, lungo la facciata di un palazzo di sei piani, c'� il murale pi� famoso di Diego, con la maglia azzurra, i pantaloncini bianchi e la fascia di capitano. Lo disegn� per intero un ragazzo poco pi� ventenne, Mario Filardi. Era il 1990. Gli ultr� delle Teste Matte fecero una colletta per finanziare l'opera. Con gli anni si scolor� e addirittura qualcuno apr� una finestra abusiva, proprio nella faccia di Diego. Il murale � stato restaurato nel 2016 e dal 25 novembre dell'anno scorso � diventato un mausoleo, meta di pellegrinaggi da tutta Italia e non solo. C'� pure una cappella. �S'io fosse Maradona cu la lengua/ fare vurria n'arco trionfale/ comm'a chillo r'Arfonzo D'Aragona,/ e m� pe' Diego Armando Maradona,/ ma me manca la forza d'Ariosto,/ de Dante, de Petrarca/ pe' fravec� chill'arco/ e levarce le pprete ra la scarpa�. �Se io fossi Maradona con la lingua/ vorrei fare un arco trionfale/ come quello di Alfonso D'Aragona,/ e adesso per Diego Armando Maradona,/ ma mi manca la forza di Ariosto,/ di Dante, di Petrarca/ per costruire quell'arco/ e toglierci i sassolini dalla scarpa�. Maradona � stato di sinistra con il piede, la testa e il cuore. �Voglio diventare l'idolo dei ragazzi poveri di Napoli, poich� loro sono come ero io a Buenos Aires�. L'idolo. Non il modello. Non aveva questa ambizione, Diego Armando. N� quella di cambiare il mondo. �Maradona, mo' ca stai cca', levancillo �o scuorno �a faccia a sta citt�. �Maradona, ora che sei qui, leva la vergogna dal viso di questa citt�. Diego sovrano anticapitalista: �Agnelli offr� cento miliardi a Ferlaino, ma io non sarei mai andato alla Juve�. Diego il pi� odiato di tutti. I fischi ai mondiali di Italia '90. Sin dall'inizio, con il Camerun a Milano. �Grazie a me i milanesi hanno smesso di essere razzisti e hanno tifato per gli africani�. Maradona castrista, antiamericano, anticlericale. Contro la �mafia� che governa il calcio. �Diego sopra al mondo. Diego in guerra col mondo. Diego in guerra con tutti a torto o a ragione. Diego il tono sprezzante, infuriato. Diego quello biascicato. Diego arrabbiato, Diego disperato perch� lo hanno cacciato. Diego che �Yo me equivoqu� y pagu�, pero la pelota no, la pelota no se mancha��. Lo disse nel suo ultimo giorno da calciatore: �Ho sbagliato e ho pagato, ma il pallone no, il pallone non si macchia�. La palla, ancora. Il suo unico amore. Maradona � sepolto al Jardin di Bella Vista, a Buenos Aires. La sua tomba accanto a quella dei genitori, pap� Diego senior e mamma Dalma detta Tota. Il giorno dei funerali c'era anche una corona di fiori gialli. �Do amigo�. �Dall'amico�. Pel�, l'eterno secondo. Diego � stato un sogno, al punto da sognare se stesso. Sopra il muro di un cimitero a Napoli, dopo il primo scudetto, scrissero: �Che cosa vi siete persi�. �La matina seguente fora la porta de lu camposanto se truvaie scritto �Guagliu�! che vi site perzo!� e chella sera stesso sotto a la primma scritta cu tono meno afflitto se truvaie scritto senza sconfitta: �Che ce simmo perzo? Ma chi ve l'ave ritto?��. �La mattina seguente fuori alla porta del camposanto si trov� scritto �Ragazzi! che cosa vi siete persi! e quella sera stessa sotto alla prima scritta con tono meno afflitto si trov� scritto senza sconfitta: �Che ci siamo persi? Ma chi ve l'ha detto?��. Diego che � morto. Diego che vive ancora. Nei sogni non si muore mai.