Settembre 2022 n. 9 Anno LII MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura. Indice Traumi di guerra Una �precorritrice� di Greta Ora i comandi si danno con la voce Ieri: le prime parole di un computer Oggi: come si addestra un software Domani: le prossime frontiere Il carpaccio dell�Harry�s Bar: una specialit� nata a Venezia e amata in tutto il mondo Alla scoperta di Ponza You are the sunshine of my life: una dichiarazione d�amore che dura da 50 anni Traumi di guerra (di Margherita Zannoni, �Focus� n. 356/22) - Il disturbo da stress post-traumatico colpisce molte delle vittime di catastrofi naturali e crimini. Ma nel caso dei conflitti, le conseguenze sulla psiche sono ancora pi� pesanti. E riprendersi � lungo e difficile - Si valutano le perdite in termini di morti, denaro e infrastrutture ma nessuno pu� stimare quanti progetti personali e desideri vengano annientati con la distruzione delle citt�. Le conseguenze psicologiche di una guerra sono incalcolabili: bambini dall'infanzia negata, adolescenti senza pi� sogni, adulti che all'improvviso perdono tutto ci� che hanno costruito nella vita. Molti sperimentano flashback spaventosi e realistici che fanno riemergere le terribili scene vissute, pensieri invadenti sulla loro sconvolgente esperienza, continuo stato di allarme, scarsa concentrazione, insonnia e incubi. Sono questi i sintomi del disturbo da stress post-traumatico: un forte disagio che si pu� presentare a ogni et� dopo eventi come incidenti, disastri naturali, violenze sessuali, attentati, rapimenti o gravi malattie. Vale a dire, per effetto di circostanze che hanno messo in pericolo la vita o l'integrit� fisica proprie o altrui, o che hanno messo a contatto con la morte (quando si � testimoni diretti, come succede ai parenti delle vittime o ai soccorritori). Ma la violenza, in caso di guerra, per la mente � pi� dannosa degli eventi non provocati dall'uomo, come le catastrofi naturali. Uno studio della Washington University, per esempio, ha riscontrato che circa un terzo delle persone esposte a una sparatoria di massa pu� sviluppare un disturbo post-traumatico. Le ricerche sugli esiti delle guerre lasciano supporre che una buona percentuale di ucraini manifester� questo disturbo e molti altri avranno gravi stati d'ansia e/o depressione: �Vivono in un Paese in cui non ci si aspettava che ci� potesse accadere e per molti la guerra avr� un profondo impatto psicologico�, afferma Margaret McKinnon, psichiatra che studia il disturbo post-traumatico alla McMaster University (Canada). Che la violenza delle armi lasci segni profondi lo dimostra anche una recentissima ricerca della Harvard Medical School, condotta questa volta sulle persone ferite per gravi delitti di sangue avvenuti negli Stati Uniti: i dati dimostrano che queste vittime affrontano maggiori rischi di disturbi della salute mentale e disturbi da uso di sostanze nell'anno successivo ai fatti. E si tratta di un fenomeno esteso, visto che si stima che ogni anno negli Usa 85.000 persone sopravvivano alle ferite da armi da fuoco. Anche lasciare la propria casa per salvarsi da un'aggressione armata � un'esperienza difficile da immaginare. Da uno studio della Ulster University (Irlanda del Nord) risulta che il 27% degli sfollati interni ucraini in fuga dalla guerra del Donbass del 2014 ha sviluppato un disturbo post-traumatico e il 21% una depressione. E neanche scappare all'estero evita ripercussioni psicologiche. Anzi, pu� avere conseguenze persino peggiori del restare a contatto con la guerra: allontanarsi dalle proprie radici e perdere totalmente il controllo sulla propria vita genera un profondo senso di incertezza. Uno studio della Wayne State University (Usa) ha riscontrato un disturbo post-traumatico in pi� di un terzo dei rifugiati siriani insediati negli Stati Uniti, nel 40% di loro una forte ansia e in quasi la met� segni di depressione. La sofferenza si pu� trasmettere per generazioni: �Il trauma pu� essere trasferito dai genitori ai loro figli attuali e futuri attraverso cambiamenti sottili ma ereditabili del genoma e con l'esposizione alla continua ansia dei genitori causata dall'esperienza della guerra�, afferma Arash Javanbakht, psichiatra della Wayne State University. Come se la cava poi chi nella vita faceva tutt'altro e si ritrova per le mani un fucile? � successo a molti ucraini che si sono arruolati o combattono come civili volontari per difendere la propria nazione. In un certo senso, combattere potrebbe attenuare i danni psicologici della guerra: essere attivamente impegnati per uno scopo riduce il senso di impotenza. D'altro canto, per�, espone di pi� ad altri rischi psicologici: la mancanza di esperienza e formazione dei combattenti civili pu� renderli molto vulnerabili allo stress e farli sentire incapaci di gestire i momenti critici. Poi c'� la lontananza dai cari che pu� essere molto dura per chi la decide rapidamente per far fronte a un'emergenza e non l'ha ponderata come scelta di vita. Persino i soldati esperti non restano psicologicamente indenni dai combattimenti, vista la continua paura per la propria incolumit�, la morte o il ferimento dei compagni e l'esperienza di uccidere. Il disagio che ne deriva fu chiamato �shock da granata� durante la Prima guerra mondiale, �nevrosi di guerra� nella Seconda. Allora, era considerato un segno di debolezza. Solamente con la guerra del Vietnam le sofferenze dei veterani vennero riconosciute e ci� contribu� alla decisione di inserire il disturbo post-traumatico nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali a partire dal 1980. �Negli Usa, dal 12% al 30% circa dei veterani di guerra soffre di questo disturbo. In Ucraina questa percentuale potrebbe essere ancora maggiore, perch� difesa e potenza di fuoco sproporzionate rispetto all'aggressore possono esacerbare le conseguenze sulla salute mentale�, afferma Javanbakht. Chi combatte pu� anche accusare un altro malessere chiamato �danno morale�: �Pu� verificarsi quando un codice morale personale (ovvero la propria comprensione di �ci� che � giusto�) viene violato�, spiega la psicologa Holly Arrow, che studia gli effetti della guerra all'Universit� dell'Oregon. Combattere espone necessariamente ad azioni contrarie alla morale (�Non uccidere�, �Non fare ad altri quello che non vuoi venga fatto a te�), causando in alcuni casi conseguenze psicologiche durature. Tant'� che uno studio del New York Medical College ha scoperto una maggiore propensione al suicidio in veterani del Vietnam con disturbo post-traumatico che provavano senso di colpa da combattimento. Ma come si superano i traumi? �La terapia cognitivo-comportamentale centrata sul trauma � la pi� utilizzata�, afferma Jennifer Wild, psicologa clinica all'Universit� di Oxford. In sintesi, consiste nell'incoraggiare la persona a raccontare pi� volte l'evento traumatico e ad affrontare gradualmente situazioni che suscitano paura, fino a quando la risposta emotiva si attenua. Questa terapia � efficace anche per trattare il danno morale dei combattenti: �Pu� ridurre la depressione cos� come i pensieri legati al senso di colpa e alla vergogna�, afferma Arrow. Chiaramente, in Paesi impoveriti e devastati dalla guerra, come l'Ucraina, � impensabile fornire un'adeguata assistenza sanitaria di questo tipo (si pu� contare su alcune organizzazioni umanitarie, pur con grande difficolt� a causa del vasto numero di persone colpite e sfollate). Quindi, molte ferite psicologiche dovranno autorimarginarsi, con il tempo. Una ricerca dell'Universit� di Amsterdam ha riscontrato in soldati al ritorno dall'Afghanistan (ma senza disturbo post-traumatico) un'iperattivazione dell'amigdala (un'area del cervello che regola la paura) che, per�, in genere si normalizzava dopo circa 18 mesi. Non tutto passa cos� in fretta, soprattutto se si vive in una nazione distrutta: molti dovranno superare il senso di perdita della loro vita precedente ed elaborare lutti, alcuni proveranno una paura paralizzante anche quando saranno al sicuro. E c'� chi avvertir� il cosiddetto �senso di colpa del sopravvissuto�, la dolorosa sensazione di essere, ingiustamente, dei privilegiati rispetto a chi non ce l'ha fatta. Alcuni sintomi di sofferenza potranno persistere per molti anni e sar� determinante l'aiuto reciproco: �In Ucraina vediamo persone davvero unite, che si sostengono a vicenda, e il supporto sociale far� da cuscinetto�, afferma McKinnon. Qualcuno potr� anche avere una �crescita post-traumatica�, una faticosa evoluzione personale dopo aver attraversato forti avversit�, teorizzata dagli psicologi americani Richard Tedeschi e Lawrence Calhoun. Come spiega Tedeschi: �Le persone sviluppano una nuova comprensione di se stesse, del mondo in cui vivono, di come relazionarsi con gli altri, del futuro che potrebbero avere e di come vivere la vita�. Con il tempo e un grande sforzo, dunque, si pu� rinascere da un trauma. Anche da quello della guerra. Una �precorritrice� di Greta (di Magda Gattone, �Focus Storia� n. 191/22) - La biologa americana Rachel Carson 60 anni fa pubblic� Primavera silenziosa, pietra miliare dell�ambientalismo - �Ero una bambina piuttosto solitaria e trascorrevo gran parte del tempo nei boschi, osservavo gli uccelli, gli insetti, i fiori e imparavo�. Cos� diceva di s� Rachel Carson (1907-1964), ricordandosi ragazzina nelle quotidiane perlustrazioni nella grande fattoria dei genitori a Springdale (Pennsylvania, Stati Uniti), nei primi anni del Novecento. Quella bambina dalle gambe agili e gli occhi curiosi non poteva immaginare il ruolo che avrebbe avuto per la quasi inesistente cultura ambientalista dell'America negli anni Sessanta, n� il peso delle sue denunce contro l'uso e l'abuso della chimica nell'agricoltura estensiva degli Stati Uniti (e non solo). Tutto questo arriver� molto tempo dopo, riassunto splendidamente nel libro Silent Spring (Primavera silenziosa) che Carson diede alle stampe 60 anni fa, nel settembre 1962, e che oggi � considerato una pietra miliare dell'ambientalismo. Ma questa storia va raccontata dall'inizio. I segnali del futuro da ambientalista e divulgatrice scientifica erano chiari fin dagli anni di scuola, quando Rachel affid� alle pagine del giornalino scolastico le sue novelle giovanili intrise di amore per la natura. Nel 1929, ventiduenne, si laure� in biologia, tre anni dopo consegu� un master in zoologia. Con gli occhi di oggi non sembra niente di speciale, ma negli anni Trenta del secolo scorso questi erano traguardi di tutto rispetto per una giovane donna, che la societ� dell'epoca relegava a ben altri ruoli. E le difficolt� culturali non furono gli unici ostacoli che la biologa, oggi considerata a pieno titolo madre del movimento ambientalista, si trov� ad affrontare. Tutta la sua vita fu in salita, lastricata di lutti, ricorrenti difficolt� finanziare e problemi causati da una sensibilit� fuori dal comune e da una salute cagionevole. Ciononostante inanell� successi letterari e scientifici uno dopo l'altro, scardinando tra l'altro il pregiudizio che gli scienziati siano pi� avvezzi ai numeri che alle parole. Dopo gli studi inizi� a destreggiarsi tra i microscopi dei laboratori e i volumi polverosi delle biblioteche, sempre focalizzata sui segreti della natura, protagonista indiscussa di molte ricerche sul campo, attiva nelle battaglie in cui credeva e prolifica di pubblicazioni che le fruttarono premi e riconoscimenti. Lavor� come biologa marina presso il Fish and Wildlife Service (il servizio ittico e faunistico degli Stati Uniti) dove ebbe l'incarico di redigere pubblicazioni naturalistiche. Pi� di una generazione di lettori scopr�, tramite i suoi libri, la bellezza della natura e l'importanza di salvaguardarne l'equilibrio. �Col tempo divenne sempre pi� preoccupata dal fatto che la politica non facesse abbastanza per la tutela delle aree dedicate alla conservazione delle specie (floreali e non) nonch� turbata dalla pressione economica e tecnologica esercitata dall'industria per trasformare il mondo naturale�, spiega Linda Lear, storica dell'ambientalismo e biografa americana, autrice del libro Rachel Carson. Witness for Nature (Mariner Books). La sua produzione editoriale cresceva di pari passo con l'urgenza di denunciare e porre fine al maltrattamento del pianeta. Tra tutte le sue battaglie editoriali, quella che dest� maggior scalpore fu il saggio Silent Spring, una feroce accusa nei confronti dell'utilizzo di metodi chimici dannosi per l'ambiente e per l'uomo. �Sembra che siamo stati travolti da una follia monomaniaca di distruggere, di uccidere, di sradicare dal nostro ambiente qualsiasi cosa che non ci piace� affermava Carson. Dalla consapevolezza dello stravolgimento dei cicli naturali causati dall'utilizzo indiscriminato dei �biocidi�, nel 1962 nacquero le appassionate pagine del suo libro, frutto anche della proficua collaborazione con gli scienziati pi� autorevoli dell'epoca, accomunati non solo dalla ricerca scientifica ma anche dalla voglia di �curare� il mondo. Il saggio raccolse numerosi consensi da parte dell'opinione pubblica, ma ebbe soprattutto il merito di attirare l'attenzione della classe politica sul valore della natura. Ovviamente l'industria chimica, finita sul banco degli imputati, reag� scagliandosi contro la scrittrice-scienziata, imbastendo contro di lei una campagna mediatica denigratoria che ci d� la misura del timore che questa �zitella senza figli� (con queste parole si espresse la lobby chimica) suscitava in coloro che erano chiamati in causa. �Molti critici furono sorpresi dalla grande campagna montata contro di lei: l'industria dei pesticidi spese ben oltre i 250-mila dollari nello sforzo di persuadere il pubblico degli errori della Carson e proteggere i propri interessi ormai minacciati�, afferma Lear. Nonostante le infinite discussioni, l'eco di Silent Spring fu talmente estesa da raggiungere un pubblico vastissimo; lei stessa parl� delle migliaia di lettere che le venivano recapitate da tutto il Paese. �Rispondendo a una domanda che un lettore le aveva posto (�Che cosa possiamo fare?�) Carson spieg� che era necessario fare ricerca per sviluppare metodi alternativi e stabilire delle priorit� a livello nazionale�, prosegue la biografa. A causa del trambusto che il volume scaten�, nelle settimane successive alla sua pubblicazione il presidente degli Stati Uniti J.F. Kennedy nomin� una commissione ad hoc per verificare la veridicit� di quanto scritto da Carson. Il rapporto finale apparve il 15 maggio del 1963: era un atto d'accusa contro l'indifferenza burocratica e corporativa, nonch� una conferma dell'allarme lanciato dalla scienziata sui rischi dei pesticidi. La relazione stabil� inoltre, in maniera inequivocabile, che era necessario iniziare a usare metodi biologici alternativi. Fu un vero successo. �La scienza, il governo e l'industria riconobbero Silent Spring per quello che di fatto era: una fondamentale critica sociale dell'intero progresso tecnico�, spiega Lear. �Carson ebbe l'ardire di attaccare l'integrit� di tutto l'establishment scientifico, la sua leadership morale e l'influenza che esercitava sull'intera societ�. La battaglia di Rachel Carson non si ferm� qui. Grazie all'attenzione che riusc� a conquistare, divenne portavoce della proposta di istituire un'agenzia super partes volta alla tutela dell'ambiente e libera da ogni controllo politico. Fu l'ennesima vittoria, ma anche l'ultima: non riusc� infatti a vedere il suo progetto realizzato perch�, nel 1964, mor� per un cancro al seno. Tre anni dopo venne creato l'Environment Defence Fund, con lo scopo di emanare un corpus di norme volte alla difesa del diritto dei cittadini di vivere in un ambiente incontaminato. Per molti Rachel Carson fu la fiamma che fece divampare il fuoco dell'ambientalismo. Tutto ci� che venne dopo nacque dalle sue idee: dal nuovo attivismo dei movimenti, cresciuto sino a divenire una delle pi� grandi forze popolari di tutti i tempi, alla consapevolezza dell'importanza dell'impegno dei governi nel contrastare l'inquinamento. La conseguenza pi� diretta delle sue denunce fu per� la messa al bando, negli Usa nel 1972 (in Italia nel 1978) dell'insetticida Ddt (dicloro difeniltricloroetano). Al Gore, quando era vicepresidente degli Stati Uniti durante la presidenza Clinton, di lei disse: �Carson divenne la prova innegabile di quanto il potere di un'idea potesse essere di gran lunga pi� forte del potere dei politici�. Metodi di diffamazione La campagna diffamatoria nei confronti di Carson non pass� solo attraverso le parole, ma anche tramite le immagini. Sulla copertina di ottobre della rivista Farm Chemicals del 1963 vengono ritratte tre figure - rigorosamente maschili - che rappresentano il capitalismo industriale, nel momento in cui testimoniano al Congresso, rappresentato nel disegno dallo Zio Sam, facendo valere le regole del profitto. Sullo sfondo si vede una strega su una scopa volante (classico stereotipo femminile) con le fattezze della scienziata �scomoda�. Un altro esempio clamoroso fu l'azione diffamatoria della Monsanto (multinazionale di biotecnologie agrarie), che nel 1962 pubblic� con il titolo The Desolate Year una parodia grottesca del saggio, descrivendo un mondo affamato perch� privo di prodotti agricoli, in assenza di sostanze chimiche in grado di fermare gli insetti infestanti. Il silenzio degli uccelli Rachel Carson concep� l'idea di scrivere Silent Spring (in italiano Primavera silenziosa, pubblicato da Feltrinelli) quando ricevette una lettera di una donna di Duxbury, nel Massachusetts, Olga Owens Huckins, che le raccontava come il Ddt uccidesse gli uccelli. Il titolo del libro si riferisce proprio al silenzio conseguente la morte degli uccelli canori, causata dall'utilizzo indiscriminato di pesticidi. Il testo descrive, con una vivida prosa corredata da dati scientifici, i danni irreversibili del Ddt e dei fitofarmaci sull'ambiente e sugli esseri umani. Quello che a prima vista poteva sembrare un utile insetticida contro insetti responsabili della malaria e parassiti che rovinavano i raccolti, causava una catena di effetti nocivi per tutti. La sua pericolosit� era peraltro accentuata dalla mancanza di una corretta legislazione che ne regolasse l'uso. Queste sostanze si rivelarono estremamente tossiche per gli animali, nei quali provocavano gravi malattie e, come evidenzi� Rachel Carson, anche sterilit�. Inoltre, lo sterminio chimico di molte specie di insetti alterava (e altera ancora oggi) in modo gravissimo la biodiversit� e gli ecosistemi, impedendo il mantenimento dell'equilibrio biologico. �Anche se nessuno pu� dire finora se negli esseri umani gli effetti saranno analoghi�, scrisse Carson, �continuano le nebulizzazioni di aldrina (uno degli insetticidi usati al tempo, ndr) per mezzo di aeroplani�. Questi biocidi non biodegradabili e persistenti, assorbiti dal terreno e dalle acque, finivano infatti sulle tavole degli umani, provocando gravi malattie. Ora i comandi si danno con la voce (di Marco Consoli, �Focus� n. 359/22) - Parlare con i computer era un sogno. Che oggi � stato realizzato, almeno in parte, grazie ai progressi dell�intelligenza artificiale - Ieri: le prime parole di un computer - Dalla scatola da scarpe che capiva le cifre ai primi sistemi di dettatura. Fino a che, nel nuovo millennio, i pc e gli oggetti hanno iniziato a rispondere - In un pomeriggio degli anni '90, i miei nonni mi chiesero di andare a casa loro. Si present� un tizio coi baffi e una valigetta che al telefono li aveva convinti ad aprirgli la porta per una proposta irrinunciabile: vendere loro un pc a comandi vocali. All'epoca, dissi ai miei nonni che mi pareva una truffa e consigliai di mandarlo via. Probabilmente avevo ragione, perch� 30 anni fa l'idea di poter parlare con un computer come faceva l'astronauta Bowman con HAL9000 in 2001: Odissea nello spazio o come il capitano Kirk faceva con l'Enterprise era ancora fantascienza. Nel 1992, tuttavia, in Italia era stato da poco presentato HAL, un sistema con telecomando, altoparlante e microfono (costava 6 milioni di lire, pari a circa 20-mila euro odierni) in cui si potevano pronunciare alcune parole chiave per ottenere delle risposte oppure per attivare elettrodomestici in casa, e infatti era utilizzato principalmente dai disabili. In un certo senso non era molto differente da quello che � considerato il primo �assistente vocale� della storia, che si chiamava Shoebox (scatola da scarpe) ed era stato presentato da Ibm all'Expo di Seattle del 1962: un congegno in grado di riconoscere le cifre da 0 a 9 e alcune operazioni aritmetiche impartite a voce, e di comandare a una calcolatrice elettronica per stampare il risultato dell'operazione richiesta oralmente. All'epoca, proprio come sarebbe accaduto trent'anni dopo, Shoebox convertiva la voce umana in impulsi elettrici, che venivano analizzati da un circuito per vedere se corrispondevano a quelli con cui la macchina era stata addestrata e di conseguenza impartire alla calcolatrice il comando relativo. Poi, negli anni '90, le macchine hanno iniziato a essere in grado di rispondere agli esseri umani, utilizzando sostanzialmente due tecnologie alternative: la registrazione di una voce umana su un microchip, usata per esempio nelle bambole parlanti, capaci di rispondere alla pressione di un pulsante, oppure l'evoluzione della sintesi vocale, risalente all'invenzione del 1939 del Voder dei laboratori Bell, capace di formare parole unendo suoni simili a quelli delle parole. Comprensione della voce umana ed elaborazione della risposta sono avanzate di pari passo con la potenza dei computer: nel 1990, la prima aveva raggiunto un livello gi� stupefacente con l'introduzione di Dragon Dictate, il primo software di dettatura capace di riconoscere 5-mila parole e trascriverle, rendendo cos� di fatto possibile l'interazione vocale con il computer. Il problema, tuttavia, era che bisognava scandire e separare le parole per non confondere il calcolatore e si � dovuto aspettare fino al 1997 con l'arrivo di Dragon Naturally Speaking per avere la possibilit� di parlare in linguaggio naturale, con il software capace di riconoscere fino a 100 parole al minuto. In quel caso, per�, per funzionare alla perfezione il software aveva bisogno di essere addestrato a comprendere la pronuncia di ogni singolo utente, perch� bastava che questa cambiasse per mandare in tilt il riconoscimento vocale. Il panorama, anche per quanto riguarda l'elaborazione della risposta, ha iniziato a cambiare decisamente solo nel nuovo millennio. Con l'introduzione dell'intelligenza artificiale, delle reti neurali profonde e del Machine learning, che permette ai computer di imparare acquisendo una enorme mole di dati, e del cloud computing, che consente di elaborarli in tempi veloci facendo affidamento su una formidabile potenza di calcolo, hanno iniziato ad affacciarsi i primi comandi vocali avanzati e simili a quelli cui siamo abituati oggi. Poi Google, nel 2010, ha introdotto i comandi vocali sugli smartphone, permettendo non solo di dettare ci� che si intendeva cercare sul suo motore di ricerca ma di chiedere al telefono di inviare un sms, chiamare una persona, inviare una e-mail, ascoltare una canzone o impostare una destinazione. L'anno successivo, Apple ha aperto l'era degli assistenti vocali veri e propri che conosciamo oggi: dopo avere acquisito la societ� che aveva lanciato nel 2010 la app Siri, nel suo store digitale l'ha resa operativa sugli iPhone 4. E per la prima volta un essere umano, anzich� aprire il sito delle previsioni del tempo, ha chiesto al suo telefono: �Siri, che tempo far� oggi?�. Oggi: come si addestra un software - Le AI sono molto evolute, e scelgono le risposte in base a quelle pi� probabili. Ma i concetti sottintesi o le metafore? - Il 31 agosto del 2012, quattro ingegneri informatici di Amazon depositavano il brevetto di un assistente vocale capace di rispondere alla domanda: �Puoi suonare Let it Be dei Beatles?�. A quel punto la macchina rispondeva �Certo!�, e riproduceva la canzone. Da quell'input � nata Alexa, che oggi per molti � una di famiglia: dal 2014, quando � stata lanciata, Amazon ha venduto centinaia di milioni di congegni per interagirci. E da allora � iniziata la concorrenza per conquistare il mercato. Ad aprire l'era degli assistenti vocali era stata Google nel 2010, con l'inserimento di comandi vocali sugli smartphone, seguita nel 2011 da Apple con Siri su iPhone 4. Oggi entrambe le aziende offrono �altoparlanti� che facilitano l'interazione gi� attiva su telefoni, tablet e pc. E alla gara si sono aggiunti Microsoft con Cortana e Samsung con Bixby. Nessuno di questi sarebbe potuto nascere per� senza l'enorme capacit� di calcolo fornita dal cloud computing, che ha favorito gli avanzamenti dell'intelligenza artificiale (AI) e i programmi di elaborazione del linguaggio naturale usato dall'uomo. �Dagli anni '60 in poi per istruire il computer a capire come parliamo si � iniziato a utilizzare un approccio simbolico, in cui si stabilisce una regola che dice all'AI di eseguire un certo tipo di azione al determinarsi di certe condizioni�, spiega Roberto Navigli, professore di informatica all'Universit� La Sapienza, esperto di elaborazione del linguaggio naturale. �Per esempio negli anni '80 si istruiva un'AI dicendole: se riconosci una richiesta del tipo �somma�, apri la calcolatrice e chiedi: �quali numeri vorresti sommare?�, per poi riconoscere i numeri e procedere con la somma. Tuttavia queste regole non possono coprire la grande vastit� delle domande che si possono fare, perci� dagli anni '90 si � adottato un approccio probabilistico: si addestra l'AI presentandole domande di cui viene spiegata la classificazione e lasciando alla stessa il compito di formulare la risposta su base statistica, usando come fonte i testi a disposizione e le domande che ha studiato. In questo caso l'AI sceglie la risposta tra quelle pi� probabili e pu� utilizzare un approccio probabilistico anche nel formulare la risposta�. Ma cosa accade quando diciamo ad Alexa di riprodurre una canzone o chiediamo �Che tempo far� domani a Milano?�. �Anzitutto Alexa deve trasformare il suono in testo grazie al riconoscimento automatico del parlato�, spiega Chiara Rubagotti, Language Engineer che nella sede di Torino di Amazon ha contribuito a farne nascere la versione italiana. �Ma non tutti pronunciano le parole allo stesso modo, quindi il modello di AI deve essere allenato a riconoscere una variet� di fonemi per ricondurli a una parola pronunciata con accenti e velocit� diverse�. Quando il testo � stato �sbobinato�, inizia la comprensione del linguaggio naturale. �Il problema non � solo riconoscere le parole, ma anche capire come sono legate tra loro, e per questo si usa un modello della lingua di riferimento�, dice Rubagotti. �A quel punto l'AI cerca di capire cosa le sta chiedendo l'utente, individuando il dominio, cio� la funzione chiamata in causa, che si tratti di fornire un'informazione, di effettuare un acquisto o attivare un elettrodomestico. Poi deve comprendere l'intento, cio� l'azione che l'utente vuole compiere, e infine distinguere l'entit�, cio� l'oggetto dell'azione stessa. Se una persona dice, �Alexa metti LOL�, deve capire che la richiesta riguarda un contenuto di Amazon, che l'utente vuole attivare il contenuto e che questo � un game show, cio� un video�. Se si immagina quanto diversi possano essere i domini, gli intenti e le entit�, e la variet� dei modi in cui si pu� chiedere la stessa cosa, ci si rende conto della complessit� del problema. �Per capire la domanda e formulare la risposta, l'AI di Alexa viene addestrata, dando al modello un pezzo di quel che vorremmo producesse. Per far riconoscere dominio, intento ed entit�, sottoponiamo tante domande con una spiegazione che ne permetta l'interpretazione. Pi� sono i dati forniti, pi� Alexa riesce a determinare, in termini di minore o maggiore probabilit�, cosa vuol dire un nuovo quesito e qual � la risposta adeguata. L'interpretazione � dunque basata sull'intelligenza, che si affina man mano che passa il tempo e gli utenti pongono nuove domande�. A questo punto l'AI dell'assistente vocale produce una risposta componendo una frase la cui sequenza di parole, usando i medesimi principi probabilistici, viene ricavata dai testi su cui si � allenata. Frase che poi da testo viene trasformata in suono: �La voce italiana di Alexa�, dice l'ingegnere, �� stata un progetto ad hoc: una combinazione tra voce umana e intelligenza artificiale che sintetizza le parole basandosi sui fonemi�. L'impressione � che Alexa e gli altri assistenti vocali capiscano quello che stiamo chiedendo e rispondano a tono, ma ci sono molte situazioni di domande ambigue in cui non sanno cosa dire. Se chiediamo quali siano le previsioni del toro, non sono in grado di capire se la parola si riferisca all'oroscopo, all'animale o alla squadra di calcio del Torino. �Quando si parla di intelligenza, � chiaro che non � un concetto assimilabile a quello umano�, spiega Navigli. �Gli assistenti vocali interpretano e producono testo senza capire in modo esplicito i concetti sottintesi, tanto � vero che qualcuno li chiama pappagalli stocastici, cio� sistemi che ripetono risposte gi� date in passato, variandone la struttura in base a parametri probabilistici. Per un sistema a cui non � mai stato spiegato il significato della parola �toro�, � pi� difficile disambiguare la domanda. E questa � solo una piccola parte che manca all'AI, perch� non c'� solo il significato delle parole, ma anche delle frasi, il non detto cui si riferisce una frase, l'uso metaforico della lingua, il linguaggio idiomatico, il contesto della discussione e cos� via�. Tra l'altro un sistema statistico, dice il professore, potrebbe anche non trovare una risposta, se per esempio la domanda fa riferimento a un nome di cui non v'� traccia nel Web, che � la fonte principale dove gli assistenti vocali attingono informazioni. Ecco perch� gli ingegneri usano, seppure in modo pi� limitato, un altro modello: �Per alcuni casi specifici usiamo quello deterministico, in cui � un uomo a stabilire la risposta precisa per un certo tipo di domanda che prevediamo gli utenti faranno, per esempio in occasione di un evento preciso�, spiega Rubagotti. �La soluzione per superare i problemi generati dalla scarsit� dei dati�, spiega Navigli, �pu� essere quella di usare un sistema di deep learning neuro-simbolico. In questo caso all'approccio probabilistico si aggiunge un addestramento di tipo esplicito, in cui l'uomo introduce informazioni anche esterne ai testi di addestramento: � come se spiegasse come funziona il mondo, come distinguere i concetti di una parola ambigua e cos� via. Cos�, se chiarissi che quando il latte � giallo � probabilmente avariato, qualora chiedessi se posso berlo, l'AI risponderebbe di no. Altrimenti non sarebbe in grado di capire il nesso�. L'unico problema � che introdurre questa conoscenza prescrittiva per tutte le cose � difficile: � qualcosa che l'uomo impara fin da bambino giorno dopo giorno. �Quindi vi possono essere casi in cui l'AI, attingendo a testi che dicono tutto e il contrario di tutto, potrebbe produrre anche risposte contraddittorie, addirittura offensive�. Ecco perch� si suppone che chi realizza assistenti vocali, pur usando sistemi di deep learning, sia costretto in certi casi a introdurre una forma di moderazione, basata su regole statistiche, per evitare appunto che pronuncino per esempio frasi razziste. �Alexa non conosce il contesto in cui si muove l'utente, n� quello della frase, perch� ha difficolt� a ricollegare ci� che viene detto ora con qualcosa che la persona ha chiesto cinque minuti prima. E ha molte altre difficolt�, per esempio interpretare domande ambigue�, conclude Rubagotti. �La nostra intenzione per� � sviluppare in futuro nuovi elementi del software per costruire un'esperienza di dialogo invece che un botta e risposta puntuale. E sono sicura che ci riusciremo�. Domani: le prossime frontiere - Semantica e pragmatica trasformeranno una risposta banale in una conversazione - �Mi piacerebbe poterti abbracciare, poterti toccare�, dice Theodore. �E come mi toccheresti?�, risponde Samantha. Solo che Samantha non � una donna, bens� un'intelligenza artificiale. Cos� il film Lei nel 2013 anticipava lo sviluppo degli assistenti vocali prossimo venturo. Ma quando ci sar� un grado di perfezione tale che sar� plausibile innamorarsi di una voce artificiale? �Arrivarci non sar� facile�, dice Chiara Rubagotti, ingegnere che si occupa della voce italiana di Amazon Alexa, �ma spero che tra dieci anni se diremo ad Alexa che siamo tristi, lei non sar� in grado soltanto di suggerirci l'ascolto della nostra canzone preferita, ma potr� intrattenere una vera conversazione per farci sentire meno soli o tirarci su il morale. L'analisi delle emozioni dell'utente ormai � un campo molto sviluppato, anche se Amazon non ha compiuto ancora passi in questa direzione, anche perch� noi promuoviamo uno sviluppo responsabile degli assistenti vocali�. �Le conversazioni saranno convincenti quando nelle intelligenze artificiali saranno inserite la semantica, che studia il significato delle parole, il senso comune e la pragmatica, che si occupa del rapporto tra i segni e il contesto sociale e d'interazione in cui si usano�, dice Roberto Navigli, esperto di elaborazione del linguaggio naturale dell'Universit� La Sapienza di Roma. Nel frattempo la ricerca si sta muovendo in un'altra, pi� affascinante ma rischiosa, direzione: Amazon ha appena dimostrato la capacit� di clonare il timbro di una persona facendone ascoltare un solo minuto all'AI, in modo che la stessa poi possa per esempio leggere una fiaba a un bambino imitando in maniera convincente la voce della nonna defunta. Queste ricerche, risalenti a un progetto di Adobe del 2016 chiamato Project Voco, ribattezzato il �Photoshop della voce� ma mai arrivato sul mercato, si sono sviluppate al punto che ci sono ormai diverse startup in grado di usare questa tecnologia per gli scopi pi� vari. Se si addestra un sistema di deep learning ad assimilare tonalit�, timbro, pause e modo in cui si esprime una persona, quella voce pu� essere poi usata all'infinito per doppiare un film o un videogame, realizzare un risponditore automatico di un call center o una pubblicit�, cambiando addirittura artificialmente l'accento o la lingua originale. Una possibilit� gi� reale su cui � probabile dovr� intervenire la legge, per evitare che, come avvenuto per esempio nel Regno Unito nel 2019, un dirigente di una societ�, credendo di parlare al telefono col proprio capo, ma che in realt� era un software, obbedisca all'ordine di trasferire 220-mila euro su un conto estero. Il carpaccio dell�Harry�s Bar: una specialit� nata a Venezia e amata in tutto il mondo (di Leonardo Ciccarelli, Cookist.it) - Uno dei pi� grandi geni della ristorazione mondiale, Giuseppe Cipriani, � l'inventore di questo semplice e gustoso piatto, la cui storia � legata al mondo dell'arte e al rapporto di amicizia del suo ideatore con una contessa - Il carpaccio � il piatto pi� popolare servito all�Harry�s Bar, il leggendario locale di Venezia fondato da Giuseppe Cipriani. Oggi per �carpaccio� si intende genericamente un piatto a base di fettine di carne o pesce crudi, a cui vengono aggiunti olio o altri ingredienti (salse o scaglie di formaggio grana) a seconda della versione che si vuole presentare. Ma sono in pochi a sapere che tutto nasce nel 1950. La storia di questo piatto l�ha raccontata in primis proprio Giuseppe Cipriani nel suo libro �L�angolo dell�Harry�s Bar� e poi il figlio Arrigo, nel suo �Harry's Bar Venezia�, pubblicato pochi anni fa. La data di nascita del carpaccio non � precisa, si sa solo che � del 1950: Cipriani prepar� questo piatto a base di carne cruda appositamente per una sua amica, Amalia Nani Mocenigo. La contessa era cliente abituale del locale veneziano, quando i medici le diagnosticarono una malattia che le impediva di mangiare carne cotta. Che problema c��? L�amico Giuseppe non lascia a bocca asciutta nessuno e cos� taglia delle fette sottilissime di manzo, le dispone in cerchio su un piatto e le decora con una salsa per far somigliare il piatto a un quadro di Kandinskij. �La carne da sola era un po� insipida� racconta Cipriani nel suo libro �ma c�era una salsa molto semplice che chiamo universale per la sua adattabilit� alla carne e al pesce. Ne misi una spruzzatina sul filetto e, in onore del pittore di cui quell�anno a Venezia si faceva un gran parlare per via della mostra e anche perch� il colore del piatto ricordava certi colori dell�artista, lo chiamai carpaccio�. Il pittore a cui fa riferimento Cipriani � Vittore Carpaccio e con ogni probabilit� il dipinto a cui si � ispirato � la �Predica di santo Stefano�, attualmente conservata al Museo del Louvre di Parigi. La contessa apprezza la nuova ricetta e non � la sola: il successo del carpaccio � tale che oggi con tale termine si indica ogni piatto a base di fettine di carne o pesce crudi, o semi-crudi, a cui vengono aggiunti olio e scaglie di formaggio grana, oppure altri ingredienti a seconda della versione. Sono nate addirittura ricette a base di pietanze cotte, come ad esempio il carpaccio di polpo che prevede la cottura del mollusco prima della preparazione del carpaccio stesso. La preparazione originale ideata da Giuseppe Cipriani � molto semplice: � descritta prima dallo stesso Cipriani e poi dal figlio nei due libri dedicati all'Harry's Bar. Un piatto ancora oggi moderno, a distanza di 70 anni, in cui l�autore raccomanda �naturalmente carne cruda freschissima e tagliata in fettine leggere come fosse un prosciutto, ed eccovi (con l�aggiunta di un tantino di salsa) il carpaccio. Con il carpaccio gli imbrogli sono proibiti. Il suo segreto � nell�essere interamente svelato, nudo come mamma l�ha fatto�. In conclusione della ricetta non manca una stilettata ai cugini d�oltralpe: �Per questo, non riconoscendone tante qualit�, non amo la cucina francese, che predilige invece i cibi in maschera.� La ricetta completa la scrive Arrigo specificando che �prepariamo il carpaccio con un taglio di manzo molto saporito, pi� gustoso del filetto, e non congeliamo mai la carne prima di tagliarla. Si pu� chiedere al macellaio di tagliare la carne sottilissima con l�affettatrice, poi per� bisogna usarla entro 2 ore�. Un piatto molto simile all'intuizione di Cipriani � il famoso carpaccio alla piemontese, detto anche l'Albese. Ha origini antichissime, risalenti ai primi popoli piemontesi che portarono nella regione dei piccoli cavalli, simili ai pony, dall'Asia. Questi cavalli venivano mangiati senza essere cotti e tale usanza � sopravvissuta migliaia di anni nelle odierne Langhe e Monferrato. La ricetta � molto simile a quella del carpaccio e non si usa pi� la carne di cavallo da diversi secoli. Gli equini sono stati sostituiti dal vitello, preferibilmente di razza Piemontese, obbligatoriamente freschissima. La carne affettata a coltello o con l'affettatrice viene poi marinata nel succo di limone crudo, condita con un velo di olio di oliva extravergine e insaporita con sale e pepe. La carne cruda all'albese � il tradizionale antipasto delle Langhe e pi� in generale di tutto il Piemonte. Alla scoperta di Ponza (di Massimiliano Rella, �In Cucina� n. 7/22) Mare, mare, soprattutto mare. Insenature, calette, scogli, piscine naturali e poche spiagge di sabbia mista a ciottoli, come Cala Feola o Frontone, non distante dal porto, sempre in attesa per� che il lungo e suggestivo arenile di Chiaia di Luna venga un giorno riaperto in sicurezza; da qualche anno, infatti, la spiaggia � chiusa per il pericolo crolli della spettacolare falesia che la sovrasta. Ma possiamo pur sempre fare un bagno avvicinandoci con una barchetta a noleggio o durante il classico giro dell'isola o ancora ammirarla da due panoramici belvedere. Tra le spiaggette raggiungibili via mare, il Bagno Vecchio � un lembo di ghiaia e sassi soleggiato al mattino e vicino a un'antica necropoli romana. Qui in epoca borbonica i galeotti confinati lavoravano all'estrazione delle pietre. Nella parte pi� settentrionale di Ponza la spiaggia di Cala Felce, soleggiata fino a dopo pranzo, � un altro angolo di paradiso raggiungibile via mare, e dove il terriccio sulfureo consente maschere facciali e corporee. Invece Cala Cecata, a Le Forna, costa nord, si raggiunge da un sentiero e da una scala a picco. Insomma, il mare ci racconta Ponza da punti di vista sempre diversi. Anche con l'arte, ad esempio: l'Associazione culturale Cala Felci ha coinvolto artisti italiani e stranieri che, durante le mareggiate primaverili trasformano gli oggetti recuperati dal mare in opere a tema; alcune sono esposte nell'hotel Santa Domitilla, un �San Silverio� di Publia Cruciani e la �Maga Circe� di Michelino Iorizzo. La lunga spiaggia di Frontone � la pi� vicina al porto di Ponza, un lungo arenile di sabbia mista a ciottoli, sovrastato da una scogliera bianca tufacea, bagnata da acque cristalline, dal turchese all'azzurro a seconda del fondale. Dotata di bar e ombrelloni, � congeniale alle famiglie con bambini. Si raggiunge grazie a un �taxi boat� che parte ogni 15 minuti dalla baia di Santa Maria; l'alternativa � un ripido sentiero che scende dalla fermata della navetta. Non c'� un granello di sabbia alle Piscine Naturali, ma gi� dal nome si capisce che la tappa � imperdibile, una caletta d'origine vulcanica e fondali rocciosi, acque cristalline e due �piscine�: una vista mare, l'altra incastonata tra alte pareti e raggiungibile anche a nuoto da un maestoso arco. Ci si sdraia sulla piattaforma di scogli, attrezzata con ombrelloni e punto ristoro. Le piscine si raggiungono da un sentiero vicino alla fermata della navetta, a Le Forna, sulla costa settentrionale. Non molto distante, l'alternativa per chi cerca la sabbia � Cala Feola, una deliziosa spiaggetta incastonata in un'insenatura rocciosa sulla costa nord. Di solito � molto affollata, quindi meglio evitare di frequentarla il fine settimana. Facilmente raggiungibile grazie a una comoda discesa via terra, la caletta prende il nome dalle famiglie di pescatori di Torre del Greco che, dalla Campania, si insediarono in questa zona di Ponza durante la seconda colonizzazione, avvenuta nel XVIII secolo. Si conservano ancora alcune delle loro case intagliate nel tufo. La terza isola dell'arcipelago � Palmarola, la pi� esotica e suggestiva, bagnata da acque cristalline, un invito irresistibile per un tuffo in mare o un'escursione sub. Riconosciuta come riserva naturale, prende il nome dalle palme nane che spuntano nelle zone pi� alte. Isola impervia, caratterizzata da pareti rocciose mozzafiato (su tutte le �Cattedrali�), ha due piccole spiagge, poche case e alcune grotte-vacanza. � abitata e sorvegliata da un guardiano. Fino a met� anni '70 a Ponza si estraeva bentonite, un minerale argilloso utilizzato in campo medico, farmaceutico ed edilizio. In seguito a delle proteste popolari e sindacali la miniera fu chiusa, ma ne rimangono i resti ben visibili in un sito d'archeologia industriale a Le Forna che tuttavia non � sfruttato turisticamente ed � lasciato nell'incuria. Accanto alle dune bianche di bentonite svetta il Forte Papa, una torre d'avvistamento del XV secolo. Il Monte Guardia (280 metri slm) � il punto pi� alto dell'isola. Da qui la vista sulle �sorelle� dell'arcipelago Pontino � letteralmente mozzafiato. Si raggiunge da una mulattiera in zona via Scotti Alto, nel paese di Ponza. Sulla cima resistono al tempo i resti del �semaforo�, la vecchia struttura meteo e di segnalamento della Marina. Ponza in bici � un modo attivo per esplorare l'isola. Possiamo noleggiare anche e-bike a pedalata assistita e trascorrere una giornata sulle due ruote, muovendoci sulla strada asfaltata di circa 7 km e su alcune sterrate. A San Silverio, il patrono di Ponza venerato dai pescatori, � dedicata la chiesa pi� importante dell'isola, la cui cupola svetta al di sopra del porto. Costruita in tufo locale nel 1775, ha pianta quadrata e custodisce un prezioso mosaico, una tela con la Santissima Trinit� e una Nativit� della Vergine, opera di Michelangelo Cerruti. Gli affreschi del 1940 si ispirano alla Cappella Sistina. Ponza esprime inoltre un suo linguaggio artistico con i modellini di gozzi e galene da collezione dell'artigiano ed ex falegname Salvatore Aprea, di Calafonte, o con le opere dello Stracquo, dal ponzese stracquare (recuperare dall'acqua), un'arte povera che ricicla i materiali: tronchi di legno, resti di reti da pesca, plastica, sassolini. Ponza fu una fiorente colonia Romana, ricca di ville patrizie. Risalgono ad allora la realizzazione delle grotte di Pilato, un sistema di vivai ittici, in particolare per le murene, scavato nella roccia e ancora ben visibile via mare. I romani realizzarono anche il tunnel di collegamento con la spiaggia di Chiaia di Luna e quello, oggi transitabile in auto, che univa il porticciolo di Santa Maria con l'area delle ville, non pi� esistenti ma ubicate dove, a fine '700, i Borbone fecero costruire il porto di Ponza con la sua caratteristica quinta curvilinea su due livelli stradali; il livello superiore corrisponde all'attuale via Carlo Pisacane, centro della movida estiva, su cui affacciano case color pastello, negozi, ristoranti e bar. Durante il Medioevo la vita ruotava attorno ai commerci e ai monaci benedettini, che qui stabilirono un centro religioso, ma nei decenni successivi Ponza fu teatro di razzie e battaglie navali, minacciata soprattutto dai pirati saraceni. Nel 1454 fu conquistata dagli Aragonesi, che scacciarono i monaci, mentre nel 1542 Carlo V, re di Spagna, la concesse in feudo a Pier Luigi Farnese, con l'obbligo di difenderla dai pirati. Nella prima met� del '700 l'arcipelago fu ceduto a Carlo III, re di Napoli, che avvi� la colonizzazione dell'isola, inizialmente con famiglie ischitane, cui seguirono anni dopo altri coloni campani da Torre del Greco. Si svilupparono allora la viticoltura a terrazze nell'area di Fieno, oggi la pi� pregiata per i vini, e soprattutto la pesca. I bravi pescatori ponzesi si insedieranno fino in Sardegna e svilupperanno imprese ittiche in Francia, a Marsiglia. Nel 1808 l'arcipelago fu occupato dalle truppe napoleoniche di Gioacchino Murat, poi nel 1813 dagli inglesi e due anni dopo, con il Trattato di Vienna, torn� ai Borbone. Occupata dai Garibaldini nel 1860, annessa al Regno d'Italia l'anno seguente, durante il fascismo divenne isola di confino. Tra i dissidenti politici che �soggiornarono� a Ponza figurano Giorgio Amendola, Pietro Nenni, Giuseppe Romita e Umberto Terracini. Ironia della sorte, anche Mussolini fu imprigionato sull'isola. Era l'estate del 1943. L'isola ci delizia con una cucina marinara e tante verdure, legumi, carne di coniglio e vino locale. �Ponza a tavola� � uno �scoglio� di biodiversit� e qualit� con tante perle: totani, ricciole, tonni, bottarga di uova di pesce spada, fichi d'india, saporiti ortaggi e qualche piatto povero reinventato, come la trippa di mare fatta con stomaco di pesci di taglia grande; o la parmigiana con pale di fico d'india lessate e �depilate�. Un'altra curiosit� � un granchio poco diffuso in Italia, ma presente a Ponza e nella laguna veneta: la granseola, un concentrato di sapore per squisite spaghettate. Dove mangiare? Ecco i nostri suggerimenti. Al vertice dell'alta cucina c'� il ristorante stellato Acqua Pazza, del rinomato chef Gino Pesce, invece tra le nuove promesse c'� lo chef napoletano Luigi Nasti, patron di Gamberi e Capperi, che poi � lo stesso nome del piatto forte del locale; possiamo gustare una cenetta in questo ristorante collegato al grazioso Piccolo Hotel Luisa, 15 camere con terrazzino e colazione in giardino, in una casa ottocentesca imbiancata a calce. Cercate cucina tradizionale? La Trattoria Monte Guardia propone zuppe di cicerchie, zuppe di favette e coniglio alla Ponzese con cipolla, olio, vino bianco, alloro, rosmarino e pachino. Da accompagnare con i vini di Emiliano Mazzella, che vi condurr� in un tunnel abbellito da reti, nasse e strumenti di pesca e che sbocca sul mare, tra le vigne e l'orto di famiglia. Ci spostiamo a Cala Fonte per la cucina casalinga del ristorante Angelino. Aperto dal 1966, serve piatti marinari come i delicati scialatielli con alici e finocchietto o i saporiti paccheri con pomodoro e pesci poveri. Si finisce davanti a un calice di vino alle Antiche Cantine Migliaccio, l'unica azienda che imbottiglia sull'isola e la pi� datata. A Punta Fieno il colono partenopeo Pietro Migliaccio introdusse nel '700 i vitigni campani; alcuni sono di nuovo coltivati da un discendente per linea materna, che dagli anni '90 ha aperto la cantina con la moglie Luciana. You are the sunshine of my life: una dichiarazione d�amore che dura da 50 anni (Lerecensionidisettimaluna.cloud) Dolcissima e romantica, da decenni You are the sunshine of my life, scritta da Stevie Wonder, viene dedicata ad una persona che si ama, simbolo dell�amore luminoso: una vera dichiarazione d�amore. Il brano � stato incluso nell�album Talking book (1972), che fu prodotto dallo stesso Stevie dopo aver partecipato ad un tour insieme ai Rolling Stones. Pubblicata nel 1973, l�interpretazione originale offerta da Stevie Wonder � sicuramente degna di nota, tant�� che nel 1974 vinse il Grammy Award, proprio per la miglior interpretazione vocale maschile. Il brano non � comunque da meno, tant�� che � stato oggetto di diverse cover, una delle quali cantata da Frank Sinatra in persona. In Italia � stato reinterpretato da Iva Zanicchi e Johnny Dorelli. La canzone, comunque, non � cantata soltanto da Stevie, o pi� precisamente i primi versi sono interpretati da James Gilstrap e Lani Groves, mentre il resto della canzone � lui a cantarla, con una dolcezza e soavit� che rimarranno immortali. Sar� forse per il suo handicap, �visivo�, ma pare che coloro che ne soffrono abbiano un livello di sensibilit� pi� alto, in armonia con i suoni e le melodie. Questo, in effetti, lo ritroviamo anche in casa nostra, con Andrea Bocelli, che in ogni interpretazione lascia un�impronta d�intensit� superiore. Evidentemente quando si � non vedenti, si sente molto di pi� la musica, ci si concentra maggiormente e ci si lascia completamente andare, non essendo distratti da altri fattori che fisicamente ci circondano. La canzone � molto semplice ed essenziale, esprime praticamente che, la lei in questione, � un raggio di sole nella vita del protagonista, assai simbolico se consideriamo le condizioni fisiche dell�artista, che non ha la possibilit� di vedere la luce del sole. Ma l�amore si sa, pu� illuminare molto pi� di quanto lo possa fare il sole stesso, dato che la sua luce riscalda il cuore, e conferisce la forza necessaria per affrontare i problemi e le avversit�, che altrimenti rabbuierebbero la nostra vita.