Agosto 2023 n. 8 Anno LIII MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura. Indice Comunicato: chiusura per ferie Oltre la pandemia: il racconto della cerimonia finale di �Curiosando nel Braille� Se non avessimo inventato la plastica Quando la situazione � critica Don Lorenzo Milani, il maestro degli ultimi Romeo e Giulietta a Verona: una storia d'amore senza tempo �Sapore di Sale�: amori proibiti e malinconia nell�Italia anni �60 La panna cotta, freschezza e gusto Comunicato: chiusura per ferie Informiamo i nostri gentili lettori che la Biblioteca rimarr� chiusa per le ferie estive dal giorno 14 al giorno 18 agosto 2023 e riaprir� luned� 21. Preghiamo coloro che si servono, per il recapito dei volumi Braille, del Corriere Espresso Bartolini di non restituire le opere durante tale periodo, al fine di evitare che alla Biblioteca vengano addebitati i costi di giacenza. Con l'occasione, formuliamo a tutti i nostri pi� sinceri auguri di buone vacanze. Oltre la pandemia: il racconto della cerimonia finale di �Curiosando nel Braille� (di Pietro Piscitelli) Dal 2009 ad oggi soltanto la pandemia ha fermato la cadenza annuale di �Curiosando nel Braille�, concorso rivolto a tutte le Scuole della Provincia di Monza e Brianza che 14 anni fa appariva come una scommessa e che, ormai da tempo, possiamo considerare una consolidata realt�. L�intenzione della Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita�, organizzatrice dell�evento, � di innovare la formula anno dopo anno. Per caso nel 2018 la decima edizione del concorso coincise con il 90o anniversario dalla fondazione dell�Ente, e l�organizzazione fu veramente impegnativa: oltre 250 persone presenti, una troupe della Rai a riprendere e trasmettere la cerimonia, la presenza di tanti rappresentanti delle istituzioni, il messaggio del Presidente della Repubblica� tanto impegno, ma anche tanta emozione. Ricordo anche che, in apertura dei lavori, tenni particolarmente a lanciare un messaggio del quale ero � e sono tuttora � convinto. Aver dispiegato tutte quelle energie per l�evento del 2018 non ci avrebbe fatto rallentare, bens� doveva rappresentare una spinta per migliorare sempre di pi� l�iniziativa, per sperimentare, per crescere. Per 10 anni avevamo ricevuto troppa partecipazione da parte degli studenti per poter deludere le loro aspettative nelle edizioni a venire. E allora dopo un�undicesima edizione in crescita nei numeri e una dodicesima edizione bloccata a ridosso della fine dalle ben note vicende collegate alla pandemia, finalmente a settembre dello scorso anno siamo ripartiti. Con il consueto supporto di Regione Lombardia, Provincia di Monza e Brianza e Comune di Monza sono riprese le visite guidate alla sede della Biblioteca di 21 classi per un totale di 428 studenti e, dopo aver ricevuto e valutato gli elaborati artistici che gli studenti hanno presentato, abbiamo premiato quelli che ci hanno pi� colpito. La cerimonia finale si � svolta venerd� 12 maggio presso la Casa del Volontariato di Monza alla presenza di oltre 120 persone. Essendo un giorno che vedeva impegnati studenti, personale scolastico e lavoratori in generale, il mio ringraziamento a tutti i partecipanti � ancora pi� sentito. Permettetemi di ringraziare anche chi, nonostante gli impegni, non ha voluto far mancare � direi per l�ennesima volta � il proprio sostegno alla Biblioteca e a quest�iniziativa. Il Presidente Nazionale dell�Unione Mario Barbuto, la Vice Presidente Linda Legname, il Presidente della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi Rodolfo Masto, il membro della Direzione Nazionale Vincenzo Massa e il Vice Presidente della Biblioteca Nicola Stilla. E con loro la Coordinatrice delle Biblioteche pubbliche di tutta la Provincia della Brianza, Viviana Guidetti, la Dirigente di Brianza Biblioteche Laura Beretta, il Presidente del Museo della Macchina da scrivere Umberto Di Donato. A questo punto ritengo doveroso, sia per un giusto riconoscimento all�impegno degli studenti che per dare un�idea degli elaborati prodotti, riportare l�elenco degli 8 vincitori con una sintetica rappresentazione delle loro opere: Scuola Primaria: 1� premio: Classe 5� C della Scuola Primaria �Anzani� di Monza - �Giochi con tutti i sensi�: un elaborato in Power Point nel quale erano presenti immagini degli studenti alle prese con il sistema Braille, e due video nei quali tutta la classe si muoveva negli spazi bendata, con o senza accompagnatore. Scuola Secondaria di I grado: Menzione speciale: Ginevra Lanza, Dario Casaburra, Francesco Oggioni, Elisa Calaon � Classe 2� A della Scuola Secondaria di I grado �Ardig� di Monza � Racconto �Bambole�, un racconto che per la Commissione ha meritato la menzione speciale considerando l�impegno dei ragazzi nell�inserire diversi effetti sonori atti ad immergere l�ascoltatore all�interno dello stesso. 3� premio: Luna Cernuschi, Allegra Vigan�, Siria Marchetti, Miriam Pallerano, Francesca Ferri, Kimberly Zequeira � Classe 1� A della Scuola �Zucchi� di Monza � Cartellone �Cultura e inclusione�: in questo caso � stata apprezzata la realizzazione, fruibile sia da non vedenti che da vedenti, e la vivacit� della raffigurazione, con dei disegni e degli oggetti che parlavano da soli. 2� premio: Ginevra Cahvana � Classe 1� D della Scuola Secondaria di I grado �Ugo Foscolo� di Monza � �Cecit�: diversi modi di camminare insieme agli altri�: un disegno che ritrae una persona non vedente in diverse fasi della propria vita quotidiana, dando al verbo �camminare� non solo l�accezione dello spostamento ma anche del vivere a tutto tondo nella societ� e dell�autonomia. 1� premio: Mattia Bossio � Classe 1� A della Scuola Secondaria di I grado �Zucchi� � �Si pu� vedere con le mani�: Cartellone che, in modo semplice ma efficace, presenta due mani in rilievo con dieci piccoli occhi posizionati su ciascuna delle dita, e con delle impronte sparse lungo tutto il cartellone a significare il movimento che le mani stesse effettuano per consentire ai non vedenti di riconoscere e utilizzare gli oggetti che essi hanno intorno. Scuola Secondaria di II grado: 3� premio: Alessia Ayyad, Giorgia Crippa, Matilde Ratti, Elena Scipionato, Cecilia Visentin � Classe 1� SU � Istituto �Maddalena di Canossa� di Monza � �Emozioni e Percezioni�: Cartellone raffigurante le principali lettere in Braille, la scritta �Biblioteca dei Ciechi� utilizzando dei post-it per trascriverla in rilievo e diverse emozioni scritte in modo particolare, al fine di renderle pi� efficaci e concretamente tangibili. 2� premio: Ilaria Carioli, Daniele Gentile, Matteo Pagano � Classe 2� B � Istituto �Don Lorenzo Milani� di Meda � Poesia �Sono una persona disabile e me ne vanto�: il titolo della poesia, ma anche quanto scritto nella stessa, sono apparsi quasi una provocazione nei confronti di quelle persone che vedono nella disabilit� soltanto una limitazione e non anche una possibilit� di far emergere comunque i propri talenti. Un messaggio che � apparso delicato, efficace e di impatto. 1� premio: Melissa Adaggio, Nicole Gatti, Yasmine Rais � Classe 2� B � Istituto �Don Lorenzo Milani� di Meda � Poesia �La Cecit�: anche in questo caso la poesia, con frasi ben articolate e rime azzeccate, ha saputo offrire un messaggio positivo sulla cecit� rivolgendosi non solo alle persone affette dalla stessa, ma anche a chi interagisce con loro, senza nascondere i problemi che la mancanza della vista pu� creare. Adesso �Curiosando nel Braille� avr�, come di consueto, un periodo di stop, per poi ripartire con la 14� edizione gi� dal mese di settembre. Nel corso dei mesi sono emerse alcune idee che speriamo incontreranno il favore del territorio e soprattutto degli studenti, i veri protagonisti di quest�iniziativa. Uno stop di 4 mesi che � nulla, se pensiamo ai 4 anni forzati di blocco che abbiamo vissuto. Facciamo nostri i tanti messaggi positivi che i ragazzi ci hanno inviato, e con il loro stesso spirito siamo pronti a ripartire insieme per continuare a �curiosare� nel sistema Braille e, perch� no, a sensibilizzare le giovani generazioni sul vissuto quotidiano delle persone con disabilit� visiva. Se non avessimo inventato la plastica (di Simone Valtieri, �Focus� n. 368/23) - Dallo sport al cibo, dalla tecnologia agli oceani� Le conseguenze, negative e positive, che avremmo senza questa invenzione epocale - La rivista che state leggendo � stata scritta e impaginata su computer che non esisterebbero senza i materiali plastici. In tasca non avremmo n� smartphone n� carte di credito, e non potremmo riprodurre la musica n� online, perch� Internet non esisterebbe, n� su musicassette o cd. I mezzi di trasporto sarebbero pi� pesanti e inquinanti, cos� come gli elettrodomestici; conserveremmo le bevande in bottiglie di vetro; i vestiti conterrebbero solo fibre naturali (niente poliestere, acrilico, nylon o elastan). Sarebbero diversi i cosmetici, gli occhiali e gli orologi, mentre i nostri figli si diletterebbero con giochi in legno o metallo (niente Lego n� Barbie); se ci ammalassimo, poi, correremmo un alto rischio di contrarre infezioni, visto che siringhe, guanti e provette sarebbero meno sterili. E ancora, sulla Luna forse non saremmo andati; gli sport sarebbero pi� �vintage�, con tennis e golf che si praticherebbero con attrezzi in legno (altro che fibra di carbonio), mentre pompieri e forze armate, senza nomex e kevlar, non avrebbero abiti ignifughi e giubbotti antiproiettile. Insomma, il mondo sarebbe meno progredito ma anche �diversamente� inquinato: non esisterebbero le spaventose isole di spazzatura che si sono formate negli oceani, ma avremmo probabilmente maggiori grane con la qualit� dell'aria e con il buco dell'ozono, visto il conseguente aumento delle emissioni di CO2. Ricorrono quest'anno 120 anni dalla nascita di Giulio Natta, Nobel per la chimica nel 1963 con il collega tedesco Karl Ziegler, per le scoperte �nel campo della composizione e della tecnologia dei polimeri�. I due studiosi finalizzarono un processo iniziato nel 1855 dallo svizzero Georges Audemars (primo a ottenere una fibra artificiale dalla cellulosa, il rayon), attraversando varie tappe fino all'invenzione del polietilene da parte di Ziegler (1953) e del polipropilene isotattico da parte di Natta (1954). Nacque cos� la plastica, destinata presto a cambiare il mondo con ricadute rivoluzionarie in quasi ogni settore, dalla conservazione degli alimenti alla tecnologia, dai trasporti alla medicina, dall'edilizia all'informatica e dall'industria tessile a quella dell'intrattenimento, peraltro con un impatto ambientale tremendo. �La plastica impiega, a seconda del tipo e del prodotto, dai 10 ai 1.000 anni per dissolversi, e si stima che circa il 60% della plastica generata fino a oggi sia stata gettata in discarica o nell'ambiente naturale�, spiega Anna Winkler, membro del comitato scientifico della onlus PlasticFree. Ci� significa che quasi ogni singolo pezzo di plastica prodotto esiste ancora oggi, nell'ambiente, nelle discariche e persino nel cibo che mangiamo, sotto forma di nanoplastiche (grandi meno di un micrometro), ingerite dagli animali come conseguenza di una catena alimentare inquinante che ha avuto inizio negli anni '50 e mai arrestatasi. Il problema riguarda gli oceani e i fiumi, ma anche i terreni, visto che il quantitativo di rifiuti plastici da essi assorbito � da 4 a 23 volte superiore, stando a una ricerca del Centre for Ecology and Hydrology di Leicester (Uk). Circa il 40% della plastica che produciamo (in tutto, 400 milioni di tonnellate l'anno in 90 varianti) serve per il packaging degli alimenti. Senza, saremmo stati costretti a optare per materiali diversi, dal vetro all'alluminio fino al cartone, con ricadute negative sui prezzi, sulla conservazione dei cibi e forse anche sullo spreco alimentare, ma anche con effetti benefici sull'ambiente e sulla nostra salute. Questo perch�, senza un imballaggio duraturo, igienico ed economico come la plastica, saremmo obbligati a consumare prima i cibi, e magari a reperirli pi� freschi e a chilometro zero, sfavorendo la grande distribuzione a vantaggio dei piccoli produttori locali. Basti pensare che le verdure durano circa l'80% in pi� negli imballaggi in Ldpe, la frutta il 120% e le carni anche otto volte tanto. Da una situazione del genere trarrebbero giovamento piante, animali, ma anche noi che, soprattutto attraverso le carni, ingeriamo nanoplastiche a tavola, con conseguenze sulla salute non ancora sufficientemente indagate. Per i liquidi, il vetro sarebbe rimasto la scelta pi� ovvia, ma con costi pi� ingenti legati al trasporto visto il peso dieci volte superiore delle bottiglie. E, a tal proposito, non solo i mezzi su gomma, ma anche treni, navi e aerei sarebbero pi� pesanti, inquinanti e cari, con emissioni di CO2 nell'atmosfera quasi triplicate rispetto a quelle attuali (2,7 volte in pi� stando ai numeri forniti dall'istituto Denkstatt). Essendo la plastica un derivato del petrolio, � possibile che quest'ultimo sarebbe stato utilizzato solo per i carburanti, con un lieve risparmio alla pompa di benzina, ma � comunque improbabile che si sarebbero combattute meno guerre per ottenerlo, visto che solo il 4% del greggio estratto serve alla produzione di polimeri. Ad apparire diverso, invece, potrebbe essere l'equilibrio economico mondiale. Se la maggiore produzione di vetro e metalli avrebbe avvantaggiato i soliti noti (Cina, Stati Uniti e grandi Stati Europei), grazie a quella della carta sarebbero pi� forti economie di nazioni come Russia, Canada, Brasile, Argentina e Indonesia - dotate di ampie risorse boschive - rispetto a quelle mediorientali che oggi basano la propria economia prevalentemente sul petrolio. Sarebbe diverso anche il mondo del turismo, soprattutto quello ad ampio raggio, che senza compagnie low cost risulterebbe meno accessibile e riservato solamente alle classi pi� abbienti. Permettersi un volo transoceanico, per esempio, sarebbe un lusso, e in linea di massima tutto il traffico sarebbe ridimensionato, a vantaggio di quello su terra e su mare. Ne uscirebbe ridotta anche la ricettivit� di tanti Paesi che hanno grandi introiti dal turismo come Francia, Spagna, Italia e Stati Uniti. La plastica contribuisce in maniera preponderante all'inquinamento e al surriscaldamento globale: se � dunque ovvio che senza di essa mari, fiumi e ghiacciai ne trarrebbero giovamento, emergerebbe di contro una maggiore richiesta di prodotti derivati dal legno, e l'eccessivo disboscamento sarebbe un problema per la qualit� dell'aria. Non ci sarebbero le fabbriche che oggi lavorano i materiali sintetici, ma una quantit� ancora maggiore di CO2 sarebbe immessa nell'atmosfera per produrre vetro, metalli e carta. �A differenza della plastica�, prosegue l'esperta, �il riciclo dell'alluminio consente di risparmiare 100 kg di CO2 per ogni tonnellata di materiale rimesso in circolo, ma la sua produzione primaria rilascia in media 13,5 tonnellate di CO2 contro le 2,4 della plastica�. Anche nel campo della salute i passi in avanti sarebbero stati ben pi� lenti, basti pensare a quanto siano igieniche le tubature in PVC che portano l'acqua ai nostri rubinetti senza il rischio di essere intaccate da muffe, parassiti o batteri (caratteristica che ha reso la plastica indispensabile in ambito medico), o a quanto sia fondamentale il rivestimento dei cavi elettrici che rende sicuri gli impianti. Eventuali infezioni o infortuni sarebbero dunque pi� probabili, e una volta giunti in ospedale ci troveremmo di fronte a una sanit� meno avanzata e pi� cara, visto che anche la scadenza dei farmaci sarebbe inferiore. Se avessimo bisogno di protesi o di organi artificiali, poi, avremmo opzioni limitate, visto che oggi il 45% dei biomateriali con cui si realizzano - oltre ad accessori pratici come cateteri, flebo, defibrillatori, e persino le lenti a contatto - sono di plastica. La plastica � una componente fondamentale di ogni oggetto tecnologico e dunque anche dei satelliti e dei razzi. Senza, per esempio, un adeguato materiale per l'isolamento dei cavi, americani e sovietici avrebbero avuto molte pi� difficolt� nella corsa allo spazio, andando incontro a tempi pi� lunghi e costi (e anche rischi) maggiori. Sarebbe stato pi� complicato andare sulla Luna e costruire la Iss, e tanti progressi raggiunti grazie alle esperienze orbitali sarebbero rimasti pi� a lungo nei nostri sogni: per es. tv satellitari e smartphone. Insomma, un mondo senza plastica sarebbe forse pi� simile a quello in cui sono cresciuti i �boomer� (i nati tra il 1946 e il 1964), parola che peraltro non esisterebbe perch� quel �boom� economico lo si deve anche e soprattutto a questa invenzione. Una cosa per� sarebbe probabilmente migliore: la nostra societ� non avrebbe sviluppato quella cultura consumistica dell'usa e getta che la plastica ha portato con s�. Se il progresso fosse arrivato pi� lentamente, studiando altri materiali al posto dei polimeri di Natta e Ziegler, forse oggi saremmo pi� attenti all'ambiente e meno spreconi, membri di una societ� meno tecnologica e connessa, ma che magari avrebbe fatto meno danni. Quando la situazione � critica (di Elisa Venco, �Focus� n. 368/23) - Perch� siamo cos� vulnerabili di fronte agli appunti che gli altri ci muovono? Come al solito c�entra l�evoluzione - Si dice �ne uccide pi� la lingua che la spada� proprio per indicare il potere di ferire di una critica. E in effetti, quanti di noi, davanti per esempio a un feedback dato dal capoufficio, ricordano pi� i punti da migliorare che quelli per cui sono stati elogiati? E quanti, a dispetto dell'et� adulta, ancora soffrono quando ricordano una brutta figura fatta alle elementari? Non � un caso se le memorie dolorose rimangono particolarmente impresse. � la conseguenza del fatto che gli stimoli negativi producono una risposta molto pi� forte nella corteccia cerebrale rispetto a quelli positivi o neutri. �Guardare un viso arrabbiato, perfino se lo vediamo per una frazione di secondo (e non ce ne rendiamo conto), trasmette un segnale d'allarme nell'amigdala, una zona del nostro cervello, e attiva il meccanismo ancestrale del �fuggi o combatti��, spiega lo psicologo americano Rick Hansen. Una volta poi che l'amigdala � all'erta, le esperienze e gli eventi negativi vengono subito immagazzinati nella memoria, mentre le esperienze e gli eventi positivi devono essere registrati dal cervello per una dozzina di secondi prima di essere fissati. Secondo gli studi scientifici, gi� tra gli 8 e i 14 mesi i bambini reagiscono pi� rapidamente all'immagine di una faccia arrabbiata che di una felice. E ci� si verifica poich� la capacit� di badare alle minacce dirette, ma anche alle notizie potenzialmente cattive, � stata determinante per i nostri antenati. Visto che essere un po' pi� accorti voleva dire riuscire a tramandare i propri geni. E cos�, all'inizio della storia umana, il nostro modo di leggere la realt� si � strutturato secondo il cosiddetto �pregiudizio della negativit�, ovvero l'inclinazione a dare pi� peso agli eventi negativi rispetto a quelli positivi, anche se meramente ipotetici. Tuttavia, quando le critiche sono troppe e soprattutto ci colpiscono in momenti in cui siamo vulnerabili, in un certo senso il dolore che proviamo ci �anestetizza�, compromettendo la capacit� di provare empatia. I ricercatori della Binghamton University di New York hanno misurato l'attivit� cerebrale di bambini dai 7 agli 11 anni scoprendo che i figli di genitori molto critici mostravano meno attenzione alle espressioni facciali dei loro interlocutori rispetto ai figli di genitori poco critici. Probabilmente perch�, per proteggersi da emozioni per loro devastanti, i soggetti ipercriticati diventano meno sensibili ai segnali negativi, ma finiscono per registrare meno anche le espressioni positive. E cos� inavvertitamente tendono a pensare che gli altri non li capiscano, mentre potrebbero essere loro a non cogliere negli altri i segni di una vicinanza emotiva. Come dimostra il caso dei genitori severi, � ovvio come le critiche siano ancora pi� dolorose se a farle � qualcuno che amiamo: i commenti negativi dei nostri cari hanno un impatto maggiore rispetto a quelli degli estranei perch� abbiamo aspettative su come dovrebbero comportarsi con noi, e in caso di critica ci sentiamo �traditi�. Proprio perch� vi attribuiamo pi� importanza, a volte le osservazioni negative delle persone pi� vicine possono sfociare in un risentimento inguaribile. John Gottman, professore emerito di psicologia all'Universit� di Washington, ha condotto uno studio su oltre 3.000 coppie in cui � stato in grado di prevedere quali avrebbero divorziato con una precisione del 93,6%. A suo avviso, tra i fattori pi� rilevanti nel portare una coppia al divorzio c'� proprio il tasso di critica: nelle coppie che restano insieme, anche durante i litigi, il rapporto tra osservazioni positive e negative � di 5 a 1, mentre nelle unioni che scoppiano il rapporto � di 0,8 a 1. Quando poi due partner vengono indirizzati da un mediatore familiare a cambiare il loro modo di esprimersi, ridurre le critiche riduce la conflittualit� molto di pi� che aumentare le attenzioni. Insomma, un gesto o una frase benevola hanno meno presa sull'altro di un giudizio negativo. Al contrario, le critiche del partner fanno cos� male che, attesta una ricerca del 2014, addirittura deprimono le difese immunitarie, diminuendo la capacit� di reagire a virus e tumori. C'� per� una differenza tra il modo in cui uomini e donne reagiscono ai commenti negativi (ma non in cui li patiscono): le donne hanno molte pi� probabilit� di interiorizzarli, e di provare tristezza o depressione, mentre gli uomini tendono a esternarli (sotto forma di imprecazioni o rabbia), sostiene Timothy J. Bono, esperto in �Scienza della felicit� all'Universit� di St. Louis (Usa). Vale anche per i risultati negli esami: le donne patiscono di pi� gli esiti negativi, attribuendoli a una mancanza di intelligenza o di impegno; gli uomini invece li attribuiscono sovente al caso. E cos�, come dimostrato dall'economista di Harvard Claudia Goldin, i maschi tendono a specializzarsi in economia indipendentemente dal voto ricevuto nel corso introduttivo alla materia, mentre le donne hanno meno probabilit� di continuare se non ricevono il voto massimo. Le critiche sono ancora pi� devastanti quando arrivano in grandi quantit�, come avviene sui social. Tanto che molte celebrit�, magari adorate da milioni di fan, hanno annunciato di voler abbandonare Twitter e Instagram: di recente hanno chiuso i loro account l'attore Timoth�e Chalamet e le cantanti Billie Eilish e Selena Gomez, che si sono dichiarati sopraffatti dai feedback �tossici�. John Tierney e Roy Baumeister, autori del libro Il potere del male. Come controllare il pregiudizio della negativit� (Giunti), hanno una spiegazione: le persone non sanno affrontare la negativit� sulla scala gigantesca dei social, perch� il nostro cervello si � evoluto per ascoltare gli avvertimenti di una ristretta comunit� di cacciatori-raccoglitori invece che quelli di moltissimi estranei. Particolarmente vulnerabili appaiono quindi tutte le persone che controllano spesso i commenti sui social media, e gli adolescenti sono i pi� esposti. Secondo un recente studio pubblicato su JAMA Pediatrics, la visita ripetuta (pi� di 15 volte al giorno) dei social media da parte di ragazzi 12-13enni determina cambiamenti nel modo in cui il loro cervello si sviluppa nei successivi 3 anni, �rendendoli ipersensibili al feedback dei loro coetanei�, ha affermato Eva Telzer, professoressa di psicologia e neuroscienze dell'UNC-Chapel Hill e autrice dello studio. Il riscontro negativo fa male anche quando � indiretto, come quando un teenager si paragona alle immagini diffuse sui social media. Un sondaggio condotto su 1.024 giovani inglesi dai 12 ai 21 anni ha riscontrato che 3 dodicenni su 4 e ben 8 ragazzi su 10 tra i 18 e i 21 anni non apprezzano il proprio aspetto. E questa insoddisfazione causata dai social � destinata a perdurare in seguito: uno studio dell'universit� giapponese di Shinshu ha evidenziato come le persone che gi� si vedono negativamente abbiano maggiori probabilit� di ricordare e di trovarsi d'accordo con i feedback negativi perch� essi si allineano con quella che ormai � un'acquisita percezione di s�. In compenso, numerosi studi hanno dimostrato che le persone tendono a guardare di pi� il lato positivo delle cose man mano che invecchiano e sono quindi meno sensibili alle critiche. Alcuni ricercatori ipotizzano che questa inversione rispetto alla norma derivi da un declino cognitivo connesso all'et�, che impedisce al cervello di funzionare �come al solito�, mentre altri lo leggono come un effetto della capacit� degli anziani di spostare lo sforzo mentale verso fattori rilevanti per ottenere un obiettivo: una sorta di ottimizzazione delle energie che evita il rimuginio su cosa non si pu� cambiare o non ha funzionato. In ogni caso, proprio lo slittamento del focus, da cosa non va a cosa � ok, aiuta a vedere la vita pi� in rosa. Gli esperti suggeriscono una serie di tecniche per minimizzare l'impatto delle critiche: per esempio prenderle pi� come un indizio rivelatore della personalit� di chi ci biasima (o del fatto che sta avendo una brutta giornata) che dei nostri limiti, o come tenere un �diario della gratitudine�, per ricordarci le cose per cui dobbiamo essere grati alla sorte. Aiuta anche sforzarsi di rivolgerci gentilmente a noi stessi, invece di addossarci colpe; insomma, anzich� darsi dell'idiota per non aver svolto al meglio un compito, bisognerebbe abituarsi a dire: �stavolta ho imparato qualcosa dai miei errori e la prossima volta andr� meglio�. Un altro invito � quello di interrompere il flusso dei pensieri negativi (facendo sport, ascoltando musica che rasserena, leggendo qualcosa di divertente). Se poi siamo noi a dover criticare un altro, l'ideale sarebbe usare la regola del sandwich: si inizia a dire qualcosa di buono, si inframmezza una critica, come si fa con il ripieno di un panino, e si finisce con una nota positiva. Ma non tutti pensano che sia la tecnica giusta: �Una volta che esprimi una critica, le persone reagiscono cos� male che il cervello sostanzialmente dimentica le altre parti�, spiega Tierney, che consiglia invece �di sparare subito ci� che non va: in seguito, puoi aggiungere in cosa l'altro � bravo e fargli sapere come pu� migliorare�. Per tutti, per�, il suggerimento � quello di andarci piano; perch�, come sosteneva lo scrittore inglese Somerset Maugham, �La gente ti chiede una critica, ma in realt� vuole solo una lode�. Don Lorenzo Milani, il maestro degli ultimi (di Fabio Dalmasso, �Focus Storia� n. 200/23) - Nel centenario della nascita, ripercorriamo l�esperienza del prete �scomodo� e della sua scuola di Barbiana - Tanto dileggiato e criticato in vita, quanto elogiato e celebrato da morto: la vicenda di don Lorenzo Milani, nato il 27 maggio di 100 anni fa, � uno spaccato dell'Italia e della sua societ�. Durante la sua breve vita fu attaccato da una parte della Chiesa (la �ditta�, come la chiamava lui) e da quei benpensanti che vedevano in lui un pericoloso agitatore, colpevole di dare la parola agli ultimi e di fornire loro l'unica vera arma in grado di riscattare la loro esistenza: la cultura. Un innovatore che � stato compreso solo anni dopo la sua morte, quando si � capita l'importanza dei suoi insegnamenti e l'influenza del suo pensiero. Scrive Mario Lancisi nel libro Don Milani. Vita di un profeta disobbediente (Terra Santa Edizioni), lui �� stato un prete e un maestro straordinario [...] un profeta religioso e civile. E disobbediente�. Secondogenito di Albano Milani, chimico, ed Alice Weiss, figlia di una famiglia di ebrei triestini, Lorenzo nacque il 27 maggio 1923 a Firenze. �Siamo agli inizi degli anni Venti�, racconta Lancisi. �Anni difficili, carichi di violenza, segnati dalla presa del potere da parte del fascismo con la Marcia su Roma del 18 ottobre 1922�. I genitori non vedevano di buon occhio il nuovo governo, anzi. �Detestavano Mussolini e il fascismo�, scrive Lancisi. Si prodigarono affinch� i figli ricevessero un'educazione tale da stimolare la loro crescita umana e intellettuale. Nel 1930 si trasferirono a Milano, e tre anni dopo, visto il crescente antisemitismo fascista, i tre fratelli - Lorenzo, Adriano (1920-1986) ed Elena (1929-2010) - vennero battezzati. Dopo il diploma, i sogni dei genitori di vederlo laureato vennero per� delusi dall'annuncio di Lorenzo: �Io all'universit� non ci vado�. Si iscrisse invece all'Accademia di Brera. Con il ritorno a Firenze, nel 1943, arrivarono dubbi e incertezze sul futuro. E soprattutto fu catturato dall'attrazione per il sacro. La curiosit� di Lorenzo era irrefrenabile e il bisogno di capire lo spinse a cercare un sacerdote per farsi accompagnare nel suo percorso. A cambiargli la vita fu l'incontro del 4 giugno 1943 con don Raffaele Bensi, che ricordava cos� quel periodo: �Pass� luglio, agosto, settembre. Lorenzo veniva quasi tutti i giorni a trovarmi. Si fece una cultura intensiva di cristianesimo che per lui era una cosa nuovissima�. Una full immersion religiosa che sfoci� nella conversione al cattolicesimo e nella decisione di diventare sacerdote. La scelta non venne accolta bene in famiglia: la madre scoppi� a piangere, entrambi i genitori cercarono di dissuadere il figlio, ma ormai la decisione era presa. Come ricorder� la sorella Elena, �i miei genitori non permisero mai, ma subirono la decisione di Lorenzo�. Il 9 novembre 1943 Lorenzo Milani entr� nel seminario di Cestello in Oltrarno, quartiere popolare di San Frediano, a Firenze. Tra inverni gelidi e una fame cronica (�La mattina a colazione, accanto alla ciotola, trovavano un pezzo di pane che sarebbe dovuto bastare per l'intera giornata�, scrive Lencisi), Lorenzo inizi� a dare i primi segni di quella che sarebbe stata la sua caratteristica principale, cio� l'apparentemente contradditoria dicotomia obbedienza-disobbedienza. Se da un lato non venne mai meno alle regole del seminario, dall'altro non si tirava indietro quando c'era da discutere con i compagni di corso sui temi sociali pi� attuali. Ma a indispettire Milani era in primo luogo l'ipocrisia della vita del seminario. Una testa calda, insomma, uno studente che non aveva paura di sfidare lo status quo, criticando anche superiori e professori, che non lo sopportavano pi�. Ma, come spiega Lancisi, �mandarlo via non era possibile perch� Lorenzo �era un fanatico dell'osservanza della regola� e i superiori non avevano appigli per rimproverargli alcunch�. Milani venne ordinato sacerdote nel Duomo di Firenze il 13 luglio 1947. Dopo un breve incarico nella parrocchia di Montespertoli, fu cappellano nella vicina San Donato di Calenzano, sempre presso Firenze, come aiuto del vecchio parroco. In questa parrocchia composta da circa 1.200 persone, don Milani speriment� la distanza tra gli insegnamenti seminaristici e una realt� fatta di �povert�, materiale e culturale� e �mancata, o perduta, cristianizzazione�, come sottolinea Giorgio Pecorini nel volume Lorenzo Milani. I Care ancora. Inediti. Lettere, appunti e carte varie (Editrice Missionaria Italiana). Don Milani non era tipo da scoraggiarsi e, inforcata la bicicletta, andava a cercare le anime perdute l� dove erano, cio� nelle loro abitazioni, nelle fabbriche e nelle case del popolo. A loro non offriva solo la parola del Vangelo, ma anche un esempio concreto di credibilit� con uno stile di vita povero, come quello dei parrocchiani: �Solo cos�, scrive Lancisi, �sarebbe stato possibile abbattere il muro di diffidenza che li separava dalla Chiesa�. Il sacerdote cap� che alla base delle condizioni di povert� di tanti c'era la mancanza di cultura: �Il suo compito di �evangelizzatore� doveva essere preceduto da quello di �maestro��. Nacque cos�, in canonica, la scuola serale popolare aperta a operai e contadini. Don Milani era per� attento a non mischiare la funzione sociale della cultura con quella pastorale: le persone che don Milani andava a cercare casa per casa, infatti, potevano frequentare la scuola senza alcun obbligo religioso da seguire. Diceva lo stesso don Milani: �Vi prometto davanti a Dio che questa scuola la faccio soltanto per darvi l'istruzione e che vi dir� sempre la verit� d'ogni cosa, sia che faccia comodo alla mia ditta (la Chiesa, ndr), sia che le faccia disonore�. Una dichiarazione d'intenti alla quale tenne fede e che gli procur� i primi screzi con la curia di Firenze, che vedeva in quel sacerdote un pericoloso sobillatore. Meglio cercare di arginare il suo operato, magari assegnandogli una parrocchia piccola e sperduta come quella di Sant'Andrea a Barbiana, frazione del comune di Vicchio del Mugello (Firenze), �un centinaio d'anime in una manciata di case sparpagliate sulle pendici del monte Giovi, senza strada, senz'acqua, senza luce�. E fu l� che don Milani arriv� il 7 dicembre 1954. Il trasferimento apparve agli occhi di tutti come una punizione, un esilio di fatto, per isolare don Milani e, magari, riportarlo sulla retta via. Ma la curia aveva fatto male i suoi conti e, soprattutto, non aveva valutato con il dovuto peso quella gi� citata combinazione di obbedienza e disobbedienza che caratterizzava l'azione del sacerdote. Lui accett� la �promozione� a priore, ma non rinunci� alla voglia di insegnare. Inizialmente la scuola di Barbiana era serale e le materie svariate, �da come riempire i moduli di un conto corrente alla stesura di un telegramma, dall'aritmetica alla lettura comparata dei giornali�. Nel 1956 la scuola serale chiuse i battenti: a Barbiana erano rimaste le famiglie con bambini piccoli e non ancora in et� di lavoro. Tutte le altre erano scese in pianura, in cerca di un'occupazione. Don Milani decise quindi di dedicarsi proprio ai pi� giovani e mise in piedi una scuola di avviamento industriale per chi aveva fatto le elementari. �Una scuola unica al mondo�, ha scritto Michele Gesualdi (1943-2018), uno dei primi sei ragazzi di Barbiana, nel suo libro Don Lorenzo Milani. Lettere (San Paolo Editore), �unica per allievi, per contenuto, per orari, per obiettivi, per metodi, per insegnanti. Una scuola poverissima dove tutto si costruiva giorno per giorno con i ragazzi�. Nella canonica, diventata aula, gli studenti pi� grandi aiutavano quelli pi� piccoli e quando un ragazzo non comprendeva il significato di una parola doveva interrompere il maestro e farsela spiegare: �Ogni parola che non conosci�, diceva don Milani, �� una fregatura in pi�, � una pedata in pi� che avrai nella vita�. Era una scuola moderna, aperta al mondo, dove si affrontavano argomenti di attualit� tutti assieme e nella quale le lingue straniere rappresentavano un insegnamento essenziale: �Don Milani teneva molto a mandare i ragazzi all'estero per lavorare e apprendere la lingua. Spesso�, sottolinea Lancisi, �passava le serate a convincere i loro genitori a dare il consenso. Spiegava loro che i giovani dovevano imparare almeno tre lingue perch� ad aspettarli c'era un mondo sempre pi� cosmopolita�. E alla base di tutto c'era quel motto, I care, affisso alla parete �� il motto intraducibile dei giovani americani. �Me ne importa, mi sta a cuore��, spiegava don Milani. �L'esatto contrario del motto fascista �Me ne frego��. I 13 anni a Barbiana furono intensi e produttivi. Nel maggio 1958 don Milani pubblic� Esperienze pastorali, un libro nato a San Donato e nel quale il sacerdote sottolinea l'importanza dell'istruzione come premessa all'evangelizzazione e l'esigenza di una Chiesa missionaria, che deve saper amare i poveri. Ad amareggiare don Milani era soprattutto �il distacco tra il prete e i suoi fedeli. Il sacerdote � visto come un funzionario, un burocrate della fede e dei sacramenti, la cui vita non si incrocia mai con quella dei suoi parrocchiani�. Il testo suscit� l'immediata reazione delle alte gerarchie ecclesiastiche, che a dicembre ottennero il ritiro dal commercio del libro per disposizione del Sant'Uffizio, che ne aveva giudicato �inopportuna� la lettura. Ma i guai per don Milani non erano finiti: nel 1965 venne denunciato (assieme al direttore del settimanale Rinascita, Luca Pavolini) per apologia di reato, incitamento alla diserzione e alla disubbidienza militare. La sua colpa? Una lettera in risposta ad alcuni cappellani militari che avevano definito l'obiezione di coscienza (allora non contemplata dalla legge) �estranea al comandamento cristiano dell'amore e espressione di vilt�. Per don Milani la coscienza, e non l'obbedienza cieca e assoluta, avrebbe dovuto guidare i cappellani, se volevano essere guide morali dei soldati italiani. Posizioni ribadite nella Lettera ai giudici scritta in occasione del processo, che si concluse con l'assoluzione in primo grado e la condanna in appello. Per don Milani, per�, il reato venne dichiarato estinto per �morte del reo�, avvenuta il 26 giugno 1967. Da tempo don Milani era malato di linfoma di Hodgkin. Ma questo non aveva intaccato la sua voglia di farsi sentire: nel luglio del 1966, assieme ai suoi ragazzi, aveva iniziato la stesura del testo che diventer� il libro Lettera a una professoressa, pubblicato nel maggio 1967. Alla scuola classista che si accanisce contro i poveri e che non garantisce a tutti il diritto al sapere, i ragazzi di Barbiana rispondono con un'idea di istruzione diversa, democratica, aperta all'altro, che mette al primo posto la dignit� della persona, che non boccia, ma aiuta chi ha problemi. Un mese dopo l'uscita del libro, don Milani muore nella casa della madre, a Firenze, e viene sepolto a Barbiana, nel piccolo cimitero vicino alla sua parrocchia. �Al funerale�, ricorder� Gesualdi, �nessuna autorit� religiosa o civile in forma ufficiale [...] ma solo i suoi ragazzi e poche altre decine di persone�. E proprio agli allievi don Milani dedica il suo ultimo pensiero, il suo testamento spirituale: �Cari ragazzi [...] Ho voluto pi� bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto. Un abbraccio, vostro Lorenzo�. Romeo e Giulietta a Verona: una storia d'amore senza tempo (Tourism.verona.it) - Tante curiosit� sull'opera scritta da Shakespeare sugli amanti Montecchi e Capuleti - La storia d'amore tra Romeo e Giulietta � ambientata a Verona, nel 1303 circa, tra le vie del centro storico e alcuni dei luoghi pi� caratteristici della citt� scaligera, come la casa di Giulietta, dov'� ancora possibile ammirare il famoso balcone, e la vicina casa di Romeo; tutte e due non troppo lontane dalla centralissima Piazza Erbe. � solo pi� tardi, nel 1597, che tutto il mondo impara a conoscere il destino dei due amanti delle nobili famiglie dei Montecchi e dei Capuleti grazie alla tragedia composta da William Shakespeare. Il racconto della lotta tra le due famiglie ha un fondo di verit�, ma a Shakespeare va dato sicuramente il merito di essere riuscito a renderla una storia d'amore immortale grazie alla sua opera teatrale Tragedia di Romeo e Giulietta. La storia di Romeo e Giulietta � legata in maniera indissolubile alla citt� di Verona, tanto che passeggiando per il suo centro storico � possibile visitare dal vivo i luoghi in cui si sono svolti gli eventi. La verit� � che si deve ringraziare Antonio Avena, il direttore dei musei civici di Verona dal 1920 al 1955, per la nascita di molti dei luoghi collegati alla storia di Romeo e Giulietta a Verona, a cui va dato il merito di aver creato il mito della citt� dell'amore. La casa di Giulietta, il balcone di Giulietta, la tomba di Giulietta e la casa di Romeo si trovano a Verona, mentre i castelli di Romeo e Giulietta si trovano nel comune di Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza. La casa di Giulietta si trova in Via Cappello 23, ed ospita non solo il Balcone di Giulietta, ma anche la statua di Giulietta. Giulietta, che nacque il 16 settembre del 1284 da messer e madonna Cappelletti, trascorse qui la maggior parte della sua vita. Nella corte interna si affaccia il balcone di Giulietta, dove la tradizione vuole che s'incontrassero i due amanti al chiaro di luna, e che oggi � una tappa fissa degli innamorati che decidono di visitare Verona. La statua di Giulietta, copia dell'opera originale di Nereo Costantini, si trova nel cortile della casa. Secondo la tradizione � di buon augurio esprimere una promessa d'amore toccando il seno destro della statua. La tomba di Giulietta si trova invece all'interno del Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle (Via Luigi da Porto 5). Ospitato in quello che una volta era il convento di San Francesco al Corso dei frati cappuccini, il sarcofago di marmo rosso � ritenuto da sempre il luogo in cui venne seppellita l'eroina della tragedia shakespeariana dopo che si tolse la vita. Il corpo di Romeo dovrebbe invece riposare nei pressi di Via Da Porto 6, anche se non se ne ha la certezza assoluta. La casa di Romeo si trova in Via Arche Scaligere 5. Il palazzo medievale in pieno centro a Verona, che fu la dimora dei Montecchi fino ai primi del XIV secolo, � attualmente un'abitazione privata a cui non si pu� accedere. Sul muro � possibile ammirare una targa di marmo in cui � riportato un frammento del primo atto dell'opera di Shakespeare: �Oh! Dov�� Romeo? � Taci, ho perduto me stesso: io non son qui e non son Romeo, Romeo � altrove�. Alla base della storia di Giulietta e Romeo ci sarebbero i castelli di Romeo e Giulietta, due piccoli manieri che si trovano su una collina nel comune di Montecchio Maggiore. Si tratta del Castello della Villa, il Castello di Romeo, e del Castello della Bellaguardia, il Castello di Giulietta. La loro posizione cos� particolare, vicina ma opposta, ispir� a Luigi da Porto la novella Historia novellamente ritrovata, che ispir� pi� tardi il lavoro di Shakespeare. Nel periodo storico in cui si svolge la storia di Giulietta e Romeo, il governo della citt� � in mano alla dinastia degli Scaligeri. La famiglia dei Della Scala, Signori di Verona tra il 1262 e il 1387, fu impegnata durante tutto il periodo della loro signoria nel cercare di sedare le lotte interne tra le altre principali famiglie veronesi. Verona, infatti, come altre importanti citt� nel periodo del Basso Medioevo, era coinvolta nel conflitto tra Guelfi e Ghibellini, due fazioni contrapposte della politica italiana di quei tempi. Romeo Montecchi apparteneva a un'importante famiglia veronese, che era da sempre schierata dalla parte dei Ghibellini. Giulietta Capuleti, il cui vero cognome era Cappelletti, faceva parte di una famiglia cremonese, molto probabilmente dei mercenari al saldo di Venezia, schierata dalla parte dei Guelfi. Anche Dante Alighieri, nella sua opera magna, la Divina Commedia, parla dello scontro tra Montecchi e Capuleti. Nel Vi canto del Purgatorio, nei versetti 106/108 � possibile leggere: �Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,@ Monaldi e Filippeschi,@ uom sanza cura:@ color gi� tristi,@ e questi con sospetti!� Alla base della tormentata storia d'amore tra Giulietta e Romeo non c'� quindi solo una lotta tra famiglie di nobili, ma uno strascico della lotta politica italiana di quei tempi. �Sapore di Sale�: amori proibiti e malinconia nell�Italia anni �60 (di Luca Divelti, Auralcrave.com) - La canzone ha rappresentato un importante spartiacque per la carriera di Gino Paoli, nonostante sia segnata dalla fine della relazione tra il cantautore e Stefania Sandrelli - Nel 1963 l�Italia era approdata finalmente al benessere e aveva ormai superato i gravi problemi della ricostruzione seguiti alla Seconda Guerra Mondiale. La voglia di ricominciare a divertirsi e di mettersi alle spalle tragedie e macerie era presente da anni nell�animo degli italiani, ma solo con la fine degli anni �50 si era potuta concretizzare finalmente quasi per tutti. Cambiavano i costumi e le abitudini, con l�ingresso nelle case dei primi elettrodomestici e la possibilit� di concedersi una vacanza, facendo intravedere i benefici del consumismo che si erano solo visti nei film americani. Rilassarsi sotto l�ombrellone, ascoltando e canticchiando le canzoni alla radio, diventava una consuetudine: nascono proprio in quegli anni i tormentoni estivi, brani che durano il tempo di una stagione e ne segnano il ricordo. Gino Paoli all�epoca era uno dei pi� conosciuti e importanti cantautori italiani, con Il cielo in una stanza, La Gatta e Senza fine che ne testimoniavano la grandezza, ma che non raggiunsero mai l�appeal commerciale di Sapore di sale. Il brano apparentemente sembrava una canzone spensierata, adatta al clima rilassato delle vacanze, ma che invece conteneva (come quasi tutte le canzoni di Paoli) segnali di un�imminente fine di qualcosa di bello e irripetibile. Contraddistinta da pochi accordi arrangiati da Ennio Morricone e dal sax di Gato Barbieri, Sapore di sale rapisce fin dal primo ascolto. Gli italiani la amarono fin da subito, forse perch� la consideravano una bella canzone d�amore e basta e non volevano vederci niente di pi�, oppure perch� avvertivano in qualche modo che cos� bene come all�inizio degli anni �60 non sarebbero pi� stati. Gino Paoli in quegli anni aveva una relazione con Stefania Sandrelli e si dice che la canzone fosse dedicata a lei e al loro amore clandestino. La voglia di vedersi e di dimenticare tutti i problemi, di stare �lontano da noi, dove il mondo � diverso, diverso da qui� descrive come meglio non si pu� la situazione che si era venuta a creare tra il cantautore e la giovanissima attrice. Sapore di sale parla di un amore proibito, reso difficile dalle costrizioni della societ� dell�epoca e dalle differenze d�et� e di vedute, che si sarebbe comunque protratto per anni e avrebbe portato in dote alla coppia una figlia, Amanda. Paoli proprio in quell�estate del 1963, quando la canzone suonava da tutte le radio e juke-box, tent� il suicidio sparandosi al cuore: la pallottola rimase conficcata nel petto e la difficile estrazione fece s� che il proiettile non potesse essere rimosso. Sapore di sale, con quel suo tono pi� che malinconico, quasi di presagio della fine della storia d�amore tra Paoli e la Sandrelli, non sembrava adatto a diventare una delle canzoni pi� rappresentative dell�estate italiana, ma nonostante tutto (e con manifesta incredulit� dello stesso autore) ci riusc�. La panna cotta, freschezza e gusto (Assolatte.it) - Un dolce sfizioso e saporito per la nostra tavola - La Panna Cotta � un dolce italiano inventato intorno al 1800-1900, di cui le origini sono poco chiare: si dice infatti sia stato creato all�inizio del �900 nelle Langhe piemontesi da una signora di origini ungheresi, ma si hanno testimonianze scritte della met� dell�Ottocento provenienti direttamente da Giacomo Leopardi, che ne descrisse gli ingredienti al padre durante un suo soggiorno a Bologna. Questo tipo di dolce assomiglia a un budino, ma a differenza di quest�ultimo, viene preparato senza uova e con soli 3 ingredienti base: la panna, lo zucchero e la gelatina alimentare. A piacere poi si possono aggiungere aromi che la rendono pi� interessante, e naturalmente anche delle salse alla frutta e non, da cospargere sopra il dolce una volta finito. Preparare in casa la panna cotta � molto semplice: prima di tutto si mettono in ammollo per circa 10 minuti in acqua fredda dei fogli di gelatina alimentare; nel frattempo si mette in un pentolino capiente la panna, si aggiungono gli aromi a piacere e lo zucchero, preferibilmente a velo. Si scalda il composto a fuoco basso senza farlo bollire, si strizza la gelatina alimentare e la si unisce al composto di panna e zucchero. Si mescola il tutto fino a non avere pi� grumi, si filtra e si mette in degli stampini monoporzione (ottimi quelli in alluminio o silicone), oppure in un unico stampo grande. La panna cotta cos� preparata deve raffreddare almeno 5 ore; trascorso questo tempo, si pu� preparare la salsa con la quale accompagnarla. Le salse per panna cotta sono di variet� infinite, e si dividono tra quelle alla frutta, chiamate generalmente coulis, e quelle aromatizzate, ad esempio al caramello o al cioccolato. Per preparare un coulis di frutta bisogna prima di tutto decidere quale frutto utilizzare: quelli pi� amati sono le fragole, i frutti di bosco e le pesche, ma si possono usare anche frutti dal sapore pi� esotico e particolare come i kiwi, il frutto della passione o il mango. Una volta deciso che frutta utilizzare la si lava, si pulisce dalla buccia, dal picciolo e dall�eventuale seme, e si mette a cuocere in padella per pochi minuti, in modo da farle eliminare l�acqua presente all�interno. A questo punto si toglie dal fuoco e si amalgama con il succo di limone e lo zucchero, e si fa cuocere un altro minuto a fuoco basso, mescolando costantemente con una frusta. Per finire si filtra il tutto attraverso un colino, si fa raffreddare e si versa sulla panna cotta tolta precedentemente dallo stampo. Le salse aromatizzate invece si preparano in maniera diversa, a seconda del gusto che vogliamo dare al nostro dolce. Quella al cioccolato si realizza scaldando della panna fresca sul fuoco con del cioccolato fondente a pezzetti, mescolando fino a ottenere un composto omogeneo. Quella al caramello invece si prepara mettendo in un pentolino l�acqua e lo zucchero, facendo sobbollire il composto fino a ottenere la colorazione desiderata; a questo punto si aggiunge altra acqua calda a filo e si mescola per ottenere un composto denso e omogeneo. La panna cotta pu� essere preparata sia nella versione base, composta da soli 3 ingredienti, oppure aromatizzata, con la quale ci si pu� proprio sbizzarrire. Una versione golosa pu� essere quella preparata al cioccolato con una salsa all�arancia: l�unica differenza rispetto alla ricetta originale � che bisogna aggiungere del cioccolato fondente a pezzetti quando si mette a scaldare la panna con lo zucchero sul fuoco, mentre il resto del procedimento � identico. Per la salsa invece, a differenza del coulis, si utilizza solamente il succo dell�arancia, e non la sua polpa, che pu� essere comunque consumata a crudo in modo da non sprecarla. Preparare questa salsa � ancora pi� semplice: bisogna semplicemente mettere sul fuoco lo zucchero con l�acqua, far sciogliere il tutto e toglierlo dal fuoco; a questo punto si amalgama bene con il succo dell�arancia e si continua a mescolare fino a che lo zucchero, che nel frattempo si sar� cristallizzato, si scioglier� nuovamente, formando cos� una salsa liscia. Per un dolce tipico estivo, si pu� preparare la panna cotta in maniera ancora pi� fresca e gustosa, con la frutta in pezzi all�interno del dolce. Per realizzare questa ricetta bisogna preparare la panna cotta secondo la ricetta originale, ma prima di versarla negli stampi, si frulla la frutta ben lavata e si aggiunge alla panna cotta, mescolando in modo da distribuire omogeneamente la frutta in tutto il dolce. La panna cotta preparata in questo modo non ha bisogno di essere servita con salse particolari ma volendo, si pu� guarnire con della frutta fresca decorata, come ad esempio delle rose di fragole e di melone. Per una cena tra amici o un�occasione particolare, si possono servire delle monoporzioni di panna cotta in versione pi� chic e raffinata. Ad esempio, una volta che la panna cotta ha finito di cuocere sul fuoco, invece di versarla in degli stampini, la si pu� versare in dei bicchierini oppure in dei fl�te, alternando i vari strati di panna cotta a frutta fresca o salsa.