Settembre 2023 n. 9 Anno LIII MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura. Indice Se sparisse la foresta amazzonica A che cosa serve ridere Il re della gomma Un secolo di Warner Bros Alla scoperta degli hot dog Elodie: �Sono fiera delle mie fragilit� Se sparisse la foresta amazzonica (di Gabriele Ferrari, �Focus� n. 365/23) - Oggi � un�ipotesi non da fantascienza, che avrebbe conseguenze su tutto il resto del Pianeta - Immaginate di osservare la Terra dallo spazio. Siete proprio sopra il Sud America, dove spicca l'enorme savana che occupa il Nord del Brasile e parte di altri 8 Paesi. Una prateria erbosa punteggiata da arbusti e alberi, secca se non durante la stagione delle piogge. Si trova proprio l�, dove prima c'era una foresta di 5 milioni e mezzo di chilometri quadrati, innervata dal Rio delle Amazzoni e dai suoi affluenti... Immaginate, insomma, di osservare un Sud America senza pi� la foresta amazzonica. Ma che cosa avremmo perso per sempre, insieme a questo �polmone verde�? Quali sarebbero le conseguenze per il continente americano e per il Pianeta? Insomma, che cosa succederebbe se la foresta amazzonica scomparisse improvvisamente? Prima di iniziare a rispondere, va detto che la possibilit� che essa scompaia potrebbe non essere cos� remota. La chiave � un'espressione inglese che nei prossimi anni rischia di diventare sempre pi� protagonista: �tipping point�. Traducibile in �punto di non ritorno�, � la soglia superata la quale un sistema non si pu� pi� recuperare. Molti sistemi terrestri, avvertono gli scienziati, stanno andando incontro a tipping point: i ghiacci groenlandesi, le barriere coralline... e la foresta amazzonica. Ivan Scotti, direttore di ricerca all'Inrae di Avignone (l'istituto francese per l'agricoltura, il cibo e l'ambiente), che ha lavorato per anni nella foresta amazzonica della Guyana Francese, inizia appunto a parlare di questo: �Non c'� bisogno di immaginarsi una cosa estrema tipo �mi sveglio una mattina e non c'� pi� un albero�. Basta aspettare il tipping point: una volta superato quello, l'Amazzonia non sar� pi� autosostenibile. A quel punto, � comunque destinata a scomparire�. Gli scienziati temono che il punto in cui l'Amazzonia potrebbe �seccarsi� non sia lontano, viste le minacce della deforestazione, degli incendi e del cambiamento climatico. Negli ultimi 50 anni abbiamo perso circa il 17% della superficie forestale. Secondo Carlos Nobre dell'Universit� di San Paolo (Brasile), se si arriver� a perdere tra il 20 e il 25% si rischia di raggiungere un tipping point per cui l'Amazzonia Centrale, Orientale e Meridionale si trasformerebbero in una grande savana. Altri scienziati non sono sicuri che si possa definire una precisa soglia critica, ma sottolineano che la deforestazione e le altre minacce stanno mettendo il sistema a rischio. Il motivo? �Il problema dell'Amazzonia�, spiega Scotti, �� quello tipico di tutti i grandi biomi forestali tropicali: si automantiene, anche dal punto di vista climatico, per cui una volta superato il punto di non ritorno l'intero ecosistema correr� rapidamente verso la scomparsa. Le piante nella foresta amazzonica ricevono tantissima luce solare e quindi sono costantemente in condizioni fotosintetiche molto attive. Questo porta a una notevole evapotraspirazione (il passaggio di acqua in atmosfera sia attraverso l'evaporazione dal suolo sia con la traspirazione delle piante, con cui l'acqua evapora da foglie e altre parti, ndr), che butta in atmosfera grandi quantit� di vapore acqueo che si addensa sotto forma di nubi e produce nuove piogge�. In altre parole, gli alberi dell'Amazzonia producono le nuvole che servono poi ad alimentarli. Ma, come sottolinea Scotti, �questo processo necessita di una massa critica, sotto la quale il meccanismo non funziona pi��. In questo senso, non servir� disboscare l'intera Amazzonia per farla scomparire. E poi? Immaginiamo di non riuscire a invertire la tendenza e di ritrovarci quindi tra venti, trenta o cinquant'anni su un Pianeta senza Amazzonia. � superfluo dire che i danni sarebbero incalcolabili e si sentirebbero ai quattro angoli della Terra. Iniziamo da quella che sarebbe la perdita pi� evidente. �Senza la foresta amazzonica perderemmo una quota rilevante della biodiversit� del Pianeta�, dice Scotti. Nella foresta vivono 2,5 milioni di specie di insetti (molti ancora da descrivere), 3.000 di pesci d'acqua dolce e circa 1.800 tra uccelli e mammiferi. E molte specie sono presenti solo qui, quindi le perderemmo per sempre. Il vero tesoro della foresta sono poi tutte le specie che non abbiamo ancora scoperto, e che sono particolarmente a rischio di estinzione, proprio perch� non sappiamo che esistono. �Ogni volta che perdiamo un singolo ettaro di foresta amazzonica, il dramma immediato � che l� dentro c'era sicuramente qualcosa che nessuno ha mai visto prima, e che nessuno vedr� pi�. Quando perdi una specie come il rinoceronte � evidente. Ma se passi con il bulldozer sopra un pezzo di foresta rischi di portare all'estinzione chiss� quante specie di animali, piante e funghi, per non parlare dei microbi�. �Il bello della foresta amazzonica�, prosegue Scotti, �� che quello che c'� in un chilometro quadrato non c'� nel chilometro quadrato di fianco. Significa che ogni volta che si abbatte la foresta per aprire una strada o spianare il terreno per coltivare si stanno estinguendo specie che non descriveremo mai, e la cui scomparsa � irreversibile. In sintesi, l'Europa per esempio ha tante specie di albero nell'intero continente quante ce ne sono in un ettaro di Amazzonia�. Inoltre, le piante delle foreste tropicali vengono spesso definite �oro verde�, perch� potrebbero contenere molecole che ancora non conosciamo e che potrebbero avere applicazioni mediche: per dirla con uno slogan, la cura contro il cancro potrebbe nascondersi in un cespuglio che vive solo in un angolo remoto della foresta amazzonica. Se la strage della biodiversit� sarebbe la conseguenza pi� evidente della scomparsa dell'Amazzonia, quella pi� catastrofica si avrebbe sul clima, locale e globale. Partiamo da un dato: �La biomassa vegetale dell'Amazzonia contiene circa 80 miliardi di metri cubi di carbonio. L'attivit� umana ne libera in atmosfera circa 10 miliardi l'anno. Se domani l'intera foresta andasse in fiamme, produrrebbe l'equivalente di otto anni di emissioni a livello globale: il nostro obiettivo di ridurre le emissioni entro il 2030 diventerebbe �ridurre le emissioni entro l'altroieri��, chiarisce Scotti. Stephen Pacala ed Elena Shevliakova, della Princeton University (Usa), in una simulazione hanno visto che la trasformazione della foresta pluviale in un grande pascolo porterebbe a un aumento della temperatura globale media di 0,25�C (per avere un'idea: lo sforzo oggi � restare sotto l'aumento di 1,5�C dall'epoca preindustriale, e siamo gi� a circa 1,1�C in pi� rispetto alla media del periodo 1850-1900). Peraltro, anche senza arrivare a tale scenario estremo, alcuni studi hanno gi� rilevato segnali preoccupanti. Una foresta pluviale sana di questo tipo dovrebbe �intrappolare� anidride carbonica, perch� le piante crescendo la assorbono dall'atmosfera e la trasformano nei tessuti di cui sono costituite. Eppure uno studio del 2021 di Luciana Vanni Gatti, del brasiliano Istituto Nazionale per la Ricerca Spaziale (Inp�), ha fatto suonare un campanello d'allarme: nel bilancio tra assorbimento ed emissioni, ha calcolato che la CO2 emessa ha superato quella assorbita. Per gli incendi (la combustione degli alberi rilascia CO2), ma anche per l'aumento della mortalit� degli alberi nelle zone pi� orientali della foresta �stressata� da deforestazione, riscaldamento, intensificazione della stagione secca. Tuttavia, la perdita dell'Amazzonia non avrebbe conseguenze sull'ossigeno della nostra atmosfera: il sistema forestale produce e consuma ossigeno, nei suoi processi, e alla fine il contributo � praticamente nullo, anche se a volte viene detto, in modo errato, che l'Amazzonia produce il 20% dell'ossigeno terrestre. L'ossigeno che respiriamo si � invece accumulato nel tempo, prodotto da vari organismi fotosintetici, come il fitoplancton negli oceani. Come detto, poi, l'Amazzonia diventerebbe una savana arida. L'intera area, hanno visto gli scienziati della Princeton University nella loro simulazione, perderebbe il 25% delle sue precipitazioni e si scalderebbe di almeno 4�C. Le conseguenze si sentirebbero anche a distanza. Per capirlo meglio, torniamo al �riciclaggio� dell'acqua con cui l'Amazzonia si autosostenta. Come hanno scritto nel 2019 Carlos Nobre e Thomas Lovejoy (scomparso nel 2021) in un editoriale su Science Advances, �quando piove sulla foresta dell'Amazzonia, almeno il 75% dell'umidit� ritorna alla massa d'aria che si muove verso ovest. La foresta pluviale ricicla l'umidit� 5 o 6 volte prima che giri verso sud, in prossimit� dell'alto muro delle Ande... L'umidit� dell'Amazzonia non � confinata al bacino, ma � parte integrante del sistema climatico continentale con specifici benefici per l'agricoltura nel Sud del Brasile. In effetti, ogni Paese del Sud America a parte il Cile (isolato da questa umidit� dalle Ande) beneficia dell'umidit� amazzonica�. Queste nuvole - definite �fiumi volanti� - circolano sul continente e quindi l'impatto si sentirebbe ben oltre l'Amazzonia. Per esempio, potrebbero diminuire le precipitazioni in California: secondo una simulazione effettuata da David Medvigy della University of Notre Dame (Usa), senza il riciclaggio dell'umidit�, l'aria secca si sposterebbe verso nord. Questo potrebbe ridurre la neve sulla Sierra Nevada, una catena montuosa che si trova per la maggior parte in California, intaccando dunque una preziosa riserva d'acqua in quest'area gi� a rischio siccit�. Pi� difficile � immaginare quali possano essere gli impatti sul resto del Pianeta, a migliaia di chilometri di distanza. Un recente studio cinese ha persino identificato alcune �teleconnessioni�, correlazioni tra temperature e precipitazioni nel bacino amazzonico e aree distanti: la conclusione � che la trasformazione della foresta in savana potrebbe avere influenze fino in Tibet, sull'Himalaya, e in parte dell'Antartide. Ma anche l'oceano verrebbe interessato. �Il Rio delle Amazzoni, passando attraverso la foresta, cattura un'enorme quantit� di biomassa, materiale che poi viene riversato nell'oceano: la corrente del fiume si spinge fino a 200 km dalla costa, e tutta questa materia organica viene poi portata in giro per gli oceani dalle correnti marine, e percorre anche migliaia di chilometri lungo le coste dell'America. Senza questo apporto costante e abbondante di materia organica, come cambierebbero gli oceani? � un impatto difficile da immaginare�, conclude Ivan Scotti. �Inimmaginabile� � una delle parole che ricorrono pi� spesso nella nostra conversazione, ed � facile capire perch�: la scomparsa della foresta amazzonica avrebbe conseguenze cos� globali e devastanti che � impossibile identificarle tutte. Per esempio, va considerato anche il fatto che nell'area vivono milioni di persone che dipendono da essa. Eppure, per quanto possa sembrare fantascientifico, lo scenario di una Terra senza Amazzonia � sempre pi� vicino. A che cosa serve ridere (di Elisa Venco, �Focus� n. 364/23) - Raramente lo facciamo in risposta a una battuta: il pi� delle volte usiamo la risata per entrare in comunicazione con chi ci circonda (e non importa se non c�� nulla di divertente) - In genere pensiamo che le persone ridano per una battuta, un gioco di parole o qualche situazione comica. Ma la risata non serve affatto a manifestare il proprio senso dell'umorismo. Lo dimostrano i neonati, che iniziano a ridere gi� a 3 mesi di vita, prima cio� di acquisire il linguaggio. Lo scopo della risata � soprattutto quello di entrare in comunicazione con gli altri: secondo Robin Dunbar, antropologo dell'Universit� di Oxford, nella nostra specie ha la stessa funzione della �toelettatura�, ossia l'atto di spulciarsi a vicenda che i primati effettuano anche per manifestarsi fiducia e vicinanza. Man mano che le comunit� preumane si allargavano, la risata sarebbe servita per cementare i legami tra i membri di un gruppo, che non avevano pi� abbastanza tempo per la toelettatura. Il fatto che questo atto presupponga la fiducia negli altri spiegherebbe perch� nei bambini il solletico provoca risate solo se a toccarli � qualcuno che conoscono. Al contrario, se solleticato da un estraneo, un bambino urla di paura. In effetti la risata si manifesta soprattutto in compagnia: gli studi attestano che davanti a un cartone animato i bambini tra 2 anni e mezzo e 4 anni ridono 8 volte di pi� quando sono con un coetaneo anzich� soli. E gli adulti arrivano fino addirittura a 30 volte di pi�. E la natura sociale della risata trova conferma nella costanza delle sue caratteristiche: quasi sempre una risata inizia con uno �scoppio� per poi calare d'intensit�, probabilmente per il venir meno della riserva d'aria nei polmoni. L'ipotesi � che la ripetitivit� di questo schema acustico sia necessaria per far decifrare il segnale: se ognuno ridesse in un modo diverso, gli altri non sarebbero in grado di riconoscere il significato pacifico di questa emissione sonora. Secondo i biologi evoluzionisti David Sloan Wilson e Matthew Gervais dell'Universit� dello Stato di New York, esistono in realt� due tipi di risate, ognuna con un ruolo specifico nell'evoluzione: una � quella spontanea, che indica una situazione non pericolosa o di gioco, che � simile alle vocalizzazioni degli animali e che viene detta �risata di Duchenne�, dal neurologo ottocentesco Guillaume-Benjamin-Amand Duchenne che per primo la descrisse. L'altra risata invece sarebbe nata come evoluzione della prima, circa 2 milioni di anni fa, quando i nostri antenati acquisirono capacit� cognitive pi� complesse. Fu allora che la risata sarebbe diventata parte di una strategia sociale: si sarebbe trasformata cio� in un gesto che comunica amicizia e appartenenza, ma che viene usato pure per manipolare gli altri o per denigrare s� stessi in modo da farsi accettare. Il comico americano Rodney Dangerfield ha costruito la sua intera carriera su questo meccanismo di autosvalutazione, con battute come: �La settimana scorsa ho detto al mio psichiatra: �Continuo a pensare al suicidio�. Mi ha risposto che d'ora in poi devo pagare in anticipo�. �Il risultato pi� sorprendente emerso dagli studi sulla risata, per�, � che essa in realt� si verifica molto di rado in reazione a un contesto di comicit�, come una barzelletta�, illustra Alberto Dionigi, psicologo ricercatore e codirettore di Risu - Rivista Italiana di Studi sull'Umorismo. Lo dimostra l'analisi di migliaia di risate prodotte da vari gruppi di persone che ha condotto Robert Provine, uno psicologo dell'Universit� del Maryland. Le statistiche indicano che la maggior parte degli scoppi di ilarit� si registra in risposta a frasi banali come �Ehi, dove sei stato?�, �Eccola qui!�. Pi� precisamente ridiamo nell'84% dei casi dopo un'affermazione; nel 16% dopo una domanda. Il �dopo� � rilevante perch� una risata �cade� come un punto in una frase: � qualcosa, cio�, che succede in una pausa di uno scambio verbale mentre quasi mai ridiamo mentre l'altro sta ancora parlando. Tuttavia, rispetto a una conversazione, spontanea, in cui il numero ottimale di persone che possono interagire � di 4 individui, secondo gli studiosi il numero ottimale di persone per condividere una risata � leggermente inferiore, con una media di 3,35 individui. Ha senso perch�, per ridere, le persone hanno bisogno di capire una battuta e in un gruppo numeroso questo � un compito pi� difficile. La risata, dunque, � pi� di una semplice risposta a qualcosa percepito come umoristico. Come ha notato lo sceneggiatore Jacopo Cirillo, autore di L'animale che ride (Harper Collins), il riso � �l'unica manifestazione incontrollata del nostro corpo che vuol sempre dire qualcosa�. Questa forma di comunicazione, tuttavia, presenta una certa ambiguit�. Infatti, come detto pi� sopra, una risata pu� promuovere i legami sociali, ma anche escludere ferocemente coloro che vengono denigrati. Che pensare di una battuta come �Tua mamma � cos� grassa che se ti passa davanti mentre guardi un telefilm ne perdi 5 puntate�? Molto divertente, ma ride solo chi non ne � il bersaglio. Ancora: un motto di spirito pu� rafforzare le regole interne a un gruppo, ironizzando su chi si discosta dalla norma, ma anche sovvertire le gerarchie bersagliando i potenti. Basta pensare a Renzie, per un Matteo Renzi vestito da Fonzie. Una risata pu� ribadire la situazione esistente, ma anche provare a scardinare le norme affermando le divergenze in modo indiretto, evitando ai �ribelli� gli scontri, e pure di esporsi troppo. �Nella risata�, riassume il critico letterario inglese Terry Eagleton in Breve storia della risata (Il Saggiatore), �possiamo cogliere i piaceri della ribellione e al tempo stesso rinnegarli�: dopo tutto si tratta solo di una battuta. E cos� se l'altro esprime una resistenza, basta dire: �Scherzavo!�. Il contenuto della comunicazione �risata� dipende anche dagli stadi di crescita: un bambino si diverte per concetti brevi e semplici, come una barzelletta, per le sorprese e per battute in cui sono presenti le funzioni corporee (come fare la cacca) che per lui sono mezzi di esplorare l'ambiente. Gli adolescenti ridono pi� spesso delle battute incentrate su sesso, cibo e temi che gli adulti con loro di solito considerano off limits, il cui contenuto trasgressivo rafforza l'unione tra coetanei. Una battuta di questo tipo, peculiare per il linguaggio da lezione di geometria, � �La donna � un insieme di curve che fanno raddrizzare un segmento� del comico Raul Cremona. L'umorismo degli adulti, invece, � solitamente pi� sottile e incentrato sui problemi quotidiani, come se ridere fosse una sorta di �integratore� per resistere alle difficolt�. Ad esempio, chi ogni giorno deve vedersela con le pastoie della burocrazia pu� trovare una parziale �consolazione� in un lazzo del regista Woody Allen: �La Mafia ha questo vantaggio: che ha pochissime spese di cancelleria�. Entro questi confini comuni, per�, incidono le distinzioni di genere: la psicologa Mary Crawford dell'Universit� del Connecticut ritiene che l'umorismo femminile serva a creare solidariet� e intimit� e quello maschile sia utilizzato come forma di competizione. Le donne, insomma, preferiscono scherzare coinvolgendo piccoli gruppi di amici, mentre gli uomini tendono a farlo con un pubblico pi� ampio. Inoltre, gli uomini raccontano spesso storielle oscene o a sfondo razzista, mentre le donne preferiscono battute o giochi di parole. �In ogni caso, pi� risate facciamo con altri, pi� si rafforzano i legami all'interno del gruppo�, afferma l'antropologo culturale Mahadev Apte dell'Universit� di Valencia. Il nesso tra la coesione di gruppo e la risata spiega perch� essa sia spesso contagiosa, come se derivasse da uno sforzo comune. Man mano poi che i membri di un gruppo si abituano a un certo tipo di umorismo, questo spirito ne diviene un elemento caratterizzante, un segno distintivo. Ne consegue la creazione di una �cultura comica�, ossia di un set di riferimenti umoristici condivisi come base per future interazioni. Basta pensare allo humour degli inglesi, abbastanza diverso dal nostro, o a certe sitcom americane che in Usa spopolano ma a noi sembrano eccessive e annoiano. A prescindere dalla cultura di appartenenza, comunque, come dimostrato da uno studio del 2016, le persone sono in grado di distinguere una risata spontanea da una finta dal solo suono. Davanti a questi risultati l'ipotesi � che l'istinto di ridere appartenga a una sfera molto precoce dell'evoluzione umana, quando per sopravvivere era essenziale saper rilevare se qualcuno stava autenticamente vivendo un'emozione positiva, e quindi era innocuo, o fingeva. Quando non sappiamo chi ci troviamo di fronte, la reazione a una battuta fa capire come l'altro la pensi. In fondo, sosteneva il comico danese Victor Borge, �una risata � la distanza pi� breve tra due persone�. Il re della gomma (di Irene Merli, �Focus Storia� n. 201/23) - Storia di Giovanni Battista Pirelli, uomo di umili origini, ma visionario e inarrestabile - A Varenna, paesino sul Lago di Como, sotto i portici vicini al Porto di Riva Granda si trova una targa: �In questa casa nacque Giovanni Battista Pirelli, fondatore a Milano nel 1872 della societ� G� B� Pirelli & C., prima industria italiana della gomma elastica�. In quell'abitazione nacque infatti nel 1848 il futuro re degli pneumatici, ottavo di dieci figli di Santino Pirelli, il panettiere del borgo, e di Rosa Riva, prole di un imbianchino. Si trattava di una casa non povera, ma �modestissima, ove uniche dovizie erano la rettitudine e l'operosit�, come raccont� il capitano d'industria, molto tempo dopo, quando venne nominato senatore del Regno nel 1909. Ma il capofamiglia mor� presto, quando Giovanni Battista aveva solo 8 anni. �Fu la madre a capire che lui era il pi� capace e intraprendente dei suoi figli�, spiega Antonio Calabr�, direttore della Fondazione Pirelli. �A scuola era bravissimo. Cos� volle che continuasse a studiare e lo mand� a Como, anche se allora era un viaggio, prima in carrozza e poi in treno�. Detto, fatto. Nel 1861, mentre nasceva il Regno d'Italia, Giovanni Battista inizi� a frequentare un istituto tecnico comasco, diplomandosi col massimo dei voti. Poi scelse Matematica all'Universit� di Pavia e al Regio istituto tecnico superiore di Milano (il futuro Politecnico), dove si laure� brillantemente in ingegneria con il giovane Giuseppe Colombo, che con lui aveva condiviso i combattimenti da garibaldino, durante la Terza guerra d'indipendenza. L'investimento della vedova Pirelli a quanto pare era stato azzeccato. Ma eccolo, Giovanni Battista, in una fotografia del 1870, al centro di un gruppo di laureati del Politecnico, et� 22 anni. Baffi (li porter� sempre), folti capelli divisi a met�, una mano nella giacca in un gesto quasi napoleonico, ha l'aria determinata e baldanzosa come se vedesse lontano. E aveva ragione: la laurea con il voto pi� alto e l'appoggio del suo geniale professore di l� a poco gli avrebbero fatto vincere una borsa di studio di ben 3mila lire per i due migliori studenti del Politecnico, istituita da un'illuminata nobildonna meneghina per ricordare un figlio scomparso. La somma finanziava un viaggio all'estero per conoscere il mondo industriale nelle aree europee maggiormente sviluppate. Il giovane ingegnere viaggi� per pi� di 10 mesi nel cuore di un continente dilaniato dalla rivalit� tra Napoleone III e Bismarck, impar� molto e annot� tutto quello che poteva vedere. Ma neppure cercando di farsi assumere come operaio era riuscito a penetrare nelle fabbriche che pi� lo interessavano: quelle che producevano caucci�, una nuova gomma elastica che prometteva mirabilie. In Italia nessuno la conosceva ancora e i pochi che la lavoravano in Europa (su 138 fabbriche visitate, solo 6) si erano dimostrati reticenti o fuorvianti. Ma il giovane ingegnere, incoraggiato dal suo solito professore che aveva la vista lunga (pi� avanti capiremo quanto), proprio di quello aveva deciso di occuparsi. Nonostante l'Italia, all'epoca, fosse ancora un Paese prevalentemente agricolo. �Si trattava di colmare un pesante divario economico, tecnologico e industriale con le altre nazioni�, continua Calabr�, �e quella Milano di uomini intelligenti, curiosi, pieni di voglia di trasformazione e profondamente assetati di conoscenza era il luogo adatto per provarci�. Nella citt� meneghina esisteva tra l'altro una Societ� di incoraggiamento alle arti e mestieri, che poteva servire per formare gli operai, come gi� avveniva in Germania. A inizio 1872, quando raggiuse una sufficiente conoscenza del settore, Pirelli fece il salto e costitu� la prima impresa italiana di lavorazione della gomma elastica. Oggi la chiameremmo una start-up. E la start-up all'inizio era snella: 5 impiegati, neanche un chimico o un ingegnere tranne il fondatore, 40 operai e una motrice a vapore. Il tutto in uno spazio di mille metri quadrati cintati da un muro, allora in aperta campagna. La zona si chiamava Corpi Santi fuori Porta Nuova e vi scorreva il Sevesetto, un torrente sul quale c'era un ponticello che portava in citt�. Chi conosce Milano deve fare un notevole sforzo di immaginazione: il paesaggio urbano � radicalmente cambiato. La fabbrica con la sua alta ciminiera era in via Filzi 21, oggi una strada piena di uffici, pi� o meno nell'area dove svetta il grattacielo Pirelli progettato da Gio Ponti e terminato nel 1960. Ma torniamo alla prima vecchia fabbrica, dove dal 1873, grazie a impieghi sempre nuovi del caucci�, venivano man mano prodotti valvole, cinghie di trasmissione, corde, tappeti, tessuti gommati, gomme per cancellare, articoli di merceria, di chirurgia e beni di consumo come impermeabili, calzature, giocattoli (negli anni Cinquanta in quel reparto lavor� il grande designer Bruno Munari, che con la scimmietta Ziz� vinse il Compasso d'oro), palle da gioco, borse dell'acqua. Il caucci� era davvero versatile: Pirelli aveva visto giusto. A fine XIX secolo a Milano si girava ancora in carrozza. Ma stava per affacciarsi il business dei cavi elettrici e telegrafici. Fu il professor Giuseppe Colombo a dare il via, fondando la Societ� Edison, che nel 1882 costru� in via Santa Radegonda la prima centrale idroelettrica dell'Europa continentale. Risultato? L'elettricit� arriv� in citt� e la sera del 26 dicembre, in occasione della prima dell'opera La Gioconda di Amilcare Ponchielli, a illuminare il Teatro alla Scala furono 2.450 lampade a incandescenza, alimentate da cavi conduttori Pirelli. Si aprivano nuovi mondi. L'inarrestabile ingegnere ottenne dal governo italiano l'incarico di produrre e posare 12 cavi telegrafici sottomarini, per collegare la Penisola alle isole minori, e la stazione militare sul Mar Rosso. Allo scopo, a Sunderland (Inghilterra) venne costruita una nave posacavi, battezzata Citt� di Milano (a scegliere il nome fu la moglie di Giovanni Battista): aveva una stazza di 1.000 tonnellate e vasche capaci di contenere, immerse in acqua di mare, �le spire del serpente di rame, guttaperca e acciaio, sino a 400 chilometri di lunghezza�, racconter� Alberto Pirelli, figlio di Giovanni Battista, nel suo libro La Pirelli. Vita di un'azienda industriale (1946). La nave Citt� di Milano svolger� anche compiti militari durante la Prima guerra mondiale. Nel frattempo, mentre le commesse per i cavi telegrafici ed elettrici fioccavano, Pirelli diventava consigliere comunale, nonch� azionista del Corriere della Sera, e partecipava alla commissione esaminatrice del nuovo piano regolatore edilizio urbano. E dal 1890 avvi� la pi� grande avventura, quella delle �pneumatiche�. Le prime gomme per veicoli a essere immesse nel mercato nel 1894 furono Stella e Tipo Milano, per i velocipedi, mentre per le automobili, che implicavano molte pi� difficolt� produttive, bisogner� aspettare il lancio dello pneumatico Ercole nel 1901. A diffondere la fama delle gomme Pirelli contribuirono non poco le competizioni sportive, su due e su quattro ruote. Al primo, avventuroso Giro d'Italia, con partenza proprio da Milano, 48 ciclisti avevano scelto Pirelli. �Nel 1907 partiva la Pechino-Parigi, il primo raid internazionale in automobile: 16-mila chilometri. Vinse il principe Scipione Borghese, che aveva portato con s� l'inviato del Corriere della Sera Luigi Barzini, su un'Itala con pneumatici Pirelli�, racconta Calabr�. �Arrivarono 20 giorni prima dei secondi, anche perch� persero meno tempo a cambiare le gomme�. La vittoria di questo raid segn� uno spartiacque per l'azienda milanese, che cominci� da allora la sua lunga storia nel mondo delle corse su pista e su strada. Un anno prima, vista l'impossibilit� di ingrandire ulteriormente lo stabilimento di via Filzi per via dello sviluppo di Milano, la famiglia Pirelli aveva acquistato 115 ettari in zona Bicocca, tra Niguarda e Greco. Una nuova, altissima torre di raffreddamento era destinata a segnare lo skyline di Milano, come poi il grattacielo di Gio Ponti, progettato per i quartieri generali del gruppo quando ormai a capo c'erano Piero e Alberto, figli di Giovanni Battista. Nato in una casa modesta, l'ingegnere diventato re degli pneumatici aveva sempre sostenuto che le macchine non bastavano per avere grandi risultati. Cos�, gi� dal 1877 istitu� una Cassa di mutuo soccorso per gli operai malati, nel 1903 fu stipulato un concordato che estendeva la copertura sanitaria anche fuori dalla fabbrica e sussidi per le partorienti, nel 1926 arrivarono l'assistenza sanitaria gratuita per tutti i dipendenti e iniziative per gli alloggi degli operai. Cos�, quando Giovanni Battista Pirelli mor�, nel 1932, il �welfare� aziendale era stato avviato. L'ingegnere di Varenna si era dimostrato pioniere anche in questo. Un secolo di Warner Bros - Il 4 aprile 1923 quattro fratelli fondarono a Los Angeles la leggendaria societ� di produzione cinematografica, che introdusse il sonoro nei film e fece anche molto altro - L�espressione �et� dell�oro di Hollywood� fa riferimento a un periodo della storia dello spettacolo, compreso tra gli anni Venti e Sessanta, in cui il cinema americano svilupp� uno stile, una tecnica e un linguaggio che sono ancora oggi alla base del modo in cui si fanno e si distribuiscono i film in tutto il mondo. Alla definizione e promozione di questo modello contribu�, tra le altre, una societ� di produzione considerata tra le pi� grandi e influenti di sempre: la Warner Bros. Fondata un secolo fa, il 4 aprile 1923, a Los Angeles dai quattro fratelli (bros, appunto) Harry, Albert, Sam e Jack Warner, � attiva ancora oggi. La produzione cinematografica � attualmente solo una delle diverse attivit� della Warner Bros Discovery, la multinazionale nata nel 2022 dalla fusione tra WarnerMedia e la societ� di canali televisivi Discovery, e a cui fanno capo grandi aziende attive nell�industria dell�intrattenimento (dalle piattaforme di streaming ai fumetti, dalla musica ai videogiochi). Ma il cinema e la televisione rimangono i media a cui sono pi� legati la sua storia e i suoi leggendari studi a Burbank, nella valle di San Fernando, in cui si trova peraltro la torre del serbatoio idrico, non pi� in uso, raffigurata in molte icone storiche della societ�. In un secolo la Warner Bros ha prodotto e distribuito pi� di 12.500 film e 2.400 programmi televisivi, per un totale di oltre 145 mila ore, ed � ancora oggi una delle Big Five, i cinque maggiori studi di produzione cinematografica (insieme a Universal, Paramount, Disney e Sony). Sono della Warner Bros alcuni dei pi� famosi successi cinematografici e televisivi di tutti i tempi: Casablanca, i film di Clint Eastwood e di Christopher Nolan, la serie di Matrix, i Looney Tunes, Friends e The Big Bang Theory, i film su Harry Potter e quelli su Superman, Batman e Joker. Ma molto prima di tutto questo, negli anni Venti, la societ� fondata dai Warner ebbe un ruolo fondamentale nell�introduzione di una delle pi� importanti innovazioni nella storia del cinema: il sonoro nei film. Quando fondarono la Warner Bros nel 1923 i fratelli Warner � figli di una coppia polacca emigrata negli Stati Uniti nel 1889 � riunirono in un�unica societ� una serie di attivit� nel settore del cinema che alcuni di loro avevano gi� avviato fin dai primi anni del Novecento in diversi stati. Sam, spesso descritto come il pi� ingegnoso dei fratelli, aveva scoperto il cinema durante uno dei suoi viaggi di lavoro. Insieme a Harry e Albert aveva quindi acquistato un proiettore e inaugurato delle sale per proiettare film in alcune citt� minerarie della Pennsylvania e dell�Ohio. Nei primi anni del Novecento i film proiettati in quelle sale erano perlopi� brevi filmati muti che mostravano scene di vita di tutti i giorni, comunque in grado di affascinare e intrattenere il pubblico: cosa che aveva convinto i Warner a investire maggiori risorse in quell�attivit�. Quando non avevano altri film da mostrare, cambiavano citt� e ricominciavano, come del resto facevano altri imprenditori dell�epoca. Fecero cos� finch� non cominciarono ad acquistare film da altri e a produrli loro stessi, in quell�area della California verso cui all�epoca stavano convergendo gli imprenditori pi� facoltosi e ambiziosi. Il primo studio dei Warner fu aperto a Hollywood, in Sunset Boulevard, nel 1918. Sam e Jack si occupavano della produzione dei film, mentre Harry e Albert a New York, insieme al revisore contabile Paul Ashley Chase, si occupavano degli aspetti finanziari e della distribuzione. Ma quella dei Warner era all�epoca un�impresa con risorse insufficienti a permetterle di competere con grandi societ� di produzione come la Paramount. E per fondare la loro, il 4 aprile 1923, i Warner utilizzarono un prestito di un influente banchiere di Hollywood, Motley Flint. A procurare una prima estesa notoriet� alla societ� fu la produzione dei film su Rin Tin Tin, un pastore tedesco trovato in Francia e portato negli Stati Uniti da un soldato statunitense durante la Prima guerra mondiale, e poi diventato protagonista di diversi film degli anni Venti. Ma nonostante questo e nonostante l�assunzione dell�importante regista di origini tedesche Ernst Lubitsch, per i primi anni la Warner rimase uno studio minore e alla costante ricerca di investimenti. Grazie a un prestito ottenuto da Goldman Sachs, acquis� altre societ� pi� piccole e invest� anche in attivit� radiofoniche e nell�industria discografica. Questo approccio diversificato rese la Warner pi� ricettiva � prima e pi� di altre societ� � rispetto alle trasformazioni tecnologiche e industriali nel mercato. Fu in particolare Sam Warner a insistere nella seconda met� degli anni Venti per l�introduzione del Vitaphone, un sistema sviluppato anni prima dall�azienda Western Electric e poco considerato dalle altre societ� di produzione cinematografica. Consisteva nel riprodurre durante la proiezione dei film una colonna sonora, incisa su un disco e fatta anche di voci, attraverso una specie di giradischi collegato tramite cinghie e pulegge al motore del proiettore, in modo da sincronizzare le immagini e i suoni. Questa innovazione, secondo Sam Warner, avrebbe permesso al pubblico di non dovere pi� leggere dei testi per comprendere lo sviluppo delle scene. E allo stesso tempo avrebbe permesso di risparmiare sui costi necessari per musicare dal vivo i film nelle sale, come era normale all�epoca. Ai concorrenti della Warner appariva invece come una mossa disperata dell�azienda per cercare di evitare il fallimento in un momento di gravi difficolt� economiche. Questa innovazione fu usata parzialmente nel film del 1926 Don Giovanni e Lucrezia Borgia, ma la dimostrazione nazionale del successo di quella intuizione di Warner arriv� nel 1927 con Il cantante di jazz, la storia di un ragazzo ebreo che vuole diventare un cantante jazz contro la volont� della sua famiglia. Diretto da Alan Crosland e interpretato dal famoso cantante Al Jolson, fu il maggiore successo di quell�anno e stravolse il settore rendendo in breve tempo il cinema sonoro un riferimento per qualsiasi produzione. Sam Warner mor� per un�infezione il 5 ottobre 1927, il giorno prima della distribuzione del film nelle sale, lasciando a Jack il ruolo di unico capo della produzione. Il successo dell�investimento nel cinema sonoro permise alla Warner Bros di trasferire e ampliare gli studi da Hollywood a Burbank, dove si trovano ancora oggi, e di emergere come una delle principali societ� di produzione cinematografica, che alla fine del 1929 facevano ormai soltanto film sonori. Da quel momento in poi la Warner realizz� alcuni dei pi� grandi successi della storia del cinema, lavor� con grandi attori e registi, e produsse film di ogni genere: commedie, colossal, gangster movie, musical e film d�avventura. Nel 1942, durante la Seconda guerra mondiale, realizz� Casablanca, diretto da Michael Curtiz e interpretato da uno dei pi� famosi attori di sempre, Humphrey Bogart, che lavor� con la Warner nel periodo migliore della sua carriera. Il film divent� un grande classico non soltanto per le interpretazioni di Bogart e di Ingrid Bergman, ma anche perch� parlava della guerra senza mostrarla, evocandola all�interno di una storia d�amore: uno sviluppo della storia abbastanza inusuale, come ricordato dall�ex direttore dell�archivio generale degli studi Warner Leith Adams nel documentario del 2013 Tales from the Warner Bros. Lot. Pi� di Bogart e pi� del regista inglese Christopher Nolan � che nel 2021 ha lasciato la Warner dopo 19 anni e grandi successi come la trilogia di Batman, Inception e Interstellar � il pi� famoso esempio di autore la cui storia sia legata a quella della Warner � Clint Eastwood, uno dei pi� prolifici e ammirati attori e registi viventi. Dopo aver interpretato il personaggio dell�ispettore Harry Callaghan in una serie di film distribuiti dalla Warner negli anni Settanta e Ottanta, Eastwood continu� a lavorare quasi soltanto con la Warner per i film da lui prodotti, diretti e spesso interpretati dagli anni Ottanta in poi: film spesso apprezzatissimi e premiati come Gli Spietati nel 1992, Mystic River nel 2003 e Million Dollar Baby nel 2004. A un certo punto degli anni Novanta, come racconta nel documentario Tales from the Warner Bros. Lot, Eastwood ricevette una telefonata dalla Warner che lo invitava a partecipare all�inaugurazione di un nuovo studio di registrazione nella sede centrale a Burbank. Quando arriv� fu accolto festosamente, ricevette una targa e scopr� che lo studio era stato intitolato a lui, come riconoscimento per la sua influenza nella storia della societ�. �Se lo avessi saputo avrei chiesto altre cose, tipo mettere il mio nome sulla torre dell�acqua�, comment�. Altre storie mostrano come l�autonomia e la libert� concesse a Eastwood siano un caso abbastanza raro nella storia della Warner, pi� nota invece per il rigido controllo sulla produzione esercitato prima da Jack Warner e poi dai dirigenti che presero il suo posto dalla fine degli anni Sessanta. I pi� influenti all�inizio degli anni Settanta erano il presidente Ted Ashley, il vice Frank Wells e il capo della produzione John Calley, principale responsabile di film come L�Esorcista nel 1973 e Superman nel 1978. William Friedkin, che diresse L�Esorcista, raccont� che per la parte della madre della bambina la prima scelta di Ashley, Wells e Calley era Audrey Hepburn. Fu scartata perch� all�epoca viveva a Roma e disse che avrebbe accettato soltanto se il film fosse stato girato in Italia. La seconda scelta era Anne Bancroft, gi� nota per le sue interpretazioni in Anna dei miracoli e Il laureato, ma che all�epoca era incinta e non avrebbe potuto recitare. La terza scelta era Jane Fonda, che per� rifiut� perch� non apprezzava quella parte. Friedkin propose allora Ellen Burstyn, un�attrice statunitense che all�epoca aveva interpretato soltanto ruoli minori. Aveva avuto modo di leggere il copione e aveva detto a Friedkin di sentirsi �destinata a interpretare quella parte�, considerando la sua rigida educazione cattolica e il suo successivo rifiuto. Ashley, il capo della Warner, disse a Friedkin che sarebbe dovuto passare sul suo cadavere prima che Burstyn potesse ottenere quella parte, e si stese per terra invitando con insistenza Friedkin a camminare verso di lui. Piuttosto imbarazzato, Friedkin si avvicin� e super� Ashley, che da terra gli afferr� una gamba e url�: �Questo � quello che far�, se sar� morto e prenderai Ellen Burstyn per quella parte�. Alla fine, per mancanza di alternative, Burstyn fu comunque scelta per interpretare la madre della bambina posseduta. Uscito nel 1973, L�Esorcista ottenne un incasso di 482 milioni di dollari in tutto il mondo: tenendo conto del tasso di inflazione, � di gran lunga il maggiore successo commerciale di sempre e l�unico non girato dopo il Duemila nella lista dei film pi� redditizi della Warner. Anni dopo, quando Ashley si ritir�, una volta Friedkin lo incontr� al Metropolitan Museum of Art a New York e gli chiese cosa ne pensasse dell�interpretazione di Burstyn, e lui ridendo gli rispose: �con Jane Fonda avremmo fatto un miliardo di dollari!�. In seguito la Warner ampli� progressivamente i suoi investimenti nel settore dei media e dello spettacolo, specialmente dopo la fusione con il gruppo Time nel 1989. E oltre ai film produsse dischi musicali, videogiochi e programmi televisivi di grande successo, tra cui Due uomini e mezzo, Friends e The Big Bang Theory. La divisione che si occupa della produzione e distribuzione cinematografica � ancora oggi una delle cinque maggiori societ� per guadagni, e gli studi di Burbank attirano ogni anno decine di migliaia di visitatori. Alla scoperta degli hot dog (di Leonardo Ciccarelli, Cookist.it) - Proviamo a svelare i misteri di uno dei simboli degli Stati Uniti, l'unico vero street food globale - � un simbolo degli Stati Uniti al pari della Statua della Libert�, del Mount Rushmore e di Hollywood: un semplice panino farcito con un w�rstel viennese, spesso condito con ketchup o senape, o pi� semplicemente, l'hot dog. Ci troviamo davanti allo street food pi� famoso del mondo, onnipresente tra le strade americane, negli stadi, con i carrettini ambulanti, � diffuso in ogni parte del globo. Nelle nazioni in cui la tradizione gastronomica non � cos� pregnante, l'hot dog � diventato un cibo locale, andandosi a fondere con ingredienti del posto. Andiamo alla scoperta delle origini dell'hot dog cercando di svelare innanzitutto un dubbio che � venuto a tutti: perch� l'hot dog si chiama cos�? La traduzione letterale � �cane caldo�, non ha senso. Ma allora perch� l'hot dog si chiama cos�? In inglese questa locuzione vorr� dire qualcos'altro? No, hot dog si traduce proprio con �cane caldo�. Non c'� una vera spiegazione sull'origine di questo termine ma, nel tempo, siamo risaliti a due possibili versioni: la pi� accreditata � una geniale quanto inquietante mossa di marketing. Nel 1867 un venditore di w�rstel disperato si sarebbe inventato che nei suoi salsicciotti ci fosse carne di cane. L'uomo sarebbe andato in giro chiedendo chi volesse �le salsicce calde di cane� e tanti, incuriositi, sarebbero accorsi per acquistarle. Vista la riuscita dell'operazione tanti colleghi lo avrebbero imitato abbreviando per� lo slogan in �cane caldo!�. Non sappiamo quanta consapevolezza avesse il venditore ma fino all'inizio del 1900 il consumo di cane era comune in gran parte della Germania: quindi la possibilit� che ci fosse davvero carne di cane nei w�rstel potrebbe essere addirittura giustificata. La seconda teoria ci porta nel luogo pi� indicato per mangiare hot dog, uno stadio. A una partita dei New York Giants c'� Harry M. Stevens nelle vesti di gelataio ma in inverno i gelati sono difficili da vendere cos� decide di acquistare delle salsicce tedesche, le �dachshund sausages�. L'idea funziona e vende tantissimo, cos� tanto da terminare la carta oliata in cui serve il prodotto. A questo punto Stevens chiede a un parente di portargli dei panini, pi� facili da reperire rispetto alla carta e crea inconsapevolmente l'hot dog. Il nome sarebbe stato coniato da un cliente molto importante, P.A. Dorgan, celebre fumettista del tempo, che vedendo la forma del prodotto e non riuscendo a scrivere la parola �dachshund�, ossia bassotto, scrive su un foglio �hot dog� e disegna un fumetto con questo bassotto in un panino. Harry M. Stevens in America � considerato l'inventore dell'hot dog e la sua famiglia conserva ancora il primo disegno di Dorgan. La storia dell'hot dog � per certi versi simile alla storia dell'hamburger: entrambi i prodotti hanno origine tedesca, sono stati ideati da immigrati, rappresentano un simbolo a stelle e strisce e un'evoluzione nel modo di mangiare degli Stati Uniti. L'hamburger rappresenta la possibilit� offerta a tutti di andare al ristorante, l'hot dog � invece umile, molto economico, gustosissimo e si mangia camminando per strada. L'idea stessa di street food in America nasce con l'hot dog e ancora oggi � il prodotto pi� venduto. La storia dell'hot dog parte, in un certo senso, nel XIII secolo a Francoforte: le �Frankfurter W�rstchen� sono il dono che Massimiliano II, imperatore del Sacro Romano Impero, fa alla popolazione ed � una salsiccia composta da carne di manzo e maiale. Un macellaio di Francoforte le porta a Vienna nel 1700 e da questo periodo in poi le salsicce degli hot dog diventano un cibo comune in tutto l'Impero austro-ungarico. Gli emigranti dalla Germania e dall'Austria portano queste salsicce che inizialmente sono quasi totalmente di manzo: a Ellis Island il maiale non pu� entrare quindi viene �mescolato� abilmente in grandi quantit� di manzo, un po' come fanno i nostri avi col caciocavallo dell'emigrante. Le prime tracce �ufficiali� di questo prodotto in America ci portano nel Midwest, in una grande strada di St� Louis: un immigrato tedesco, venditore di w�rstel, ha la brillante intuizione dello street food e serve queste salsicce bollenti per strada corredate da guanti per non bruciarsi le mani. Questi guanti sovente non vengono restituiti, portando grande danno economico al carrettino. Sua moglie si ingegna e trova la soluzione: mettiamole nel pane. Questa storia dei guanti � strana, ma compare anche in altre versioni della storia degli hot dog. Compaiono anche all'Expo del 1904, sempre a St� Luis e alla World's Columbian Exposition del 1893, a Chicago. Ci sono sempre questi guanti, utilizzati come isolante termico, che puntualmente vengono rubati dai clienti, creando un buco commerciale ai venditori ambulanti. La vera origine degli hot dog non la sapremo mai. Gli unici elementi certi che abbiamo sono la fame degli immigrati in America di inizio �900 e la voglia di creare qualcosa di nuovo: una nuova idea, un nuovo business, una nuova via culturale. La storia gastronomica degli Stati Uniti passa da questo ingegno qui, passa dalla fame. La domanda delle domande: ma questi hot dog cosa contengono? Ancora oggi si fa ironia sulla �carne di cane� perch� solitamente la qualit� del prodotto � piuttosto bassa. Curiosamente questa ironia sugli ingredienti dei panini c'� da sempre: i primi venditori di hot dog si piazzano furbescamente nei dintorni delle universit� e gli studenti li chiamano �dog wagons� sia per la forma allungata sia in modo dispregiativo e irridente nei confronti del prodotto assimilabile al cibo per cani. L'hot dog in s� per s� � un w�rstel e dovrebbe contenere solo suino, al massimo carne suina e bovina. I veri salsicciotti si limitano ai maiali. Ci sono poi quelli di pollo o tacchino, questi ultimi sono gli hot dog pi� economici e di scarsa qualit�. Gli ingredienti pi� comuni degli hot dog in America sono carne di maiale e manzo, abbondante grasso, sale, aglio, paprika e condimenti, solitamente sodio eritorbato e nitrito di sodio. Elodie: �Sono fiera delle mie fragilit� (di Silvia Gianatti, Vanityfair.it) - Incontro con la cantante che sta vivendo il suo momento d�oro, con una nuova consapevolezza in amore - Alla settantatreesima edizione del Festival di Sanremo Elodie si � presentata con Due, un brano pensato per le radio che parla d�amore, come quasi tutti i brani contenuti nel suo nuovo disco Ok Respira. �Riesco a parlare di indipendenza tramite le storie d�amore, ho l�ossessione per le relazioni, � il mio argomento principale ma cerco sempre di metterci il mio punto di vista�, racconta nell�incontro dedicato alla stampa per parlare delle grandi novit� che costellano il suo percorso, che negli ultimi anni l�ha confermata come una delle donne pi� indipendenti del panorama musicale italiano. Oltre al disco infatti, la docu serie Sento ancora la vertigine, in tre puntate su Prime Video. E il suo primo concerto al Forum di Assago. Canzoni, immagini, storie, il racconto di Elodie si concentra sul successo che incontra sempre la sua fragilit�. �Cerco sempre di essere il pi� sincera possibile, si vedono tutti i miei lati e la difficolt� con cui affronto il lavoro che � la mia vita, che � quello che mi ha dato un senso�. Oggi donna di 32 anni, � consapevole della sua bellezza, esteriore ma soprattutto interiore, e della sua forza che per� ancora si scontra con un senso di inadeguatezza con cui combatte tutti i giorni. In questi sette anni di carriera ha vissuto molte vite, dalla partecipazione ad Amici nel 2015, al primo Sanremo nel 2017, a cui � seguito un cambio stilistico e di immagine che l�ha portata a dominare le radio, il secondo Sanremo nel 2020 con Andromeda a consacrarla, la vittoria a Celebrity Hunted nel 2021, fino al ruolo di attrice nel film Ti mangio il cuore. Nel mezzo l�amore, dalla storia con Marracash, che torna tra le parole delle sue canzoni (imperdibile Apocalisse) alla nuova relazione con Andrea Iannone. L�abbiamo incontrata per una chiacchierata a cuore aperto su tutto quello che � stato e che verr�. Il disco � �Ci abbiamo lavorato per due anni. Ho avuto la grande fortuna di poter collaborare con un gruppo di artisti con cui ho un rapporto importante, da Dardust a Mahmood a Federica Abbate, Elisa, Davide Petrella, tutte persone che hanno costruito il mio percorso. Sono riuscita a raccontarmi, a collaborare per la prima volta alla scrittura, a portar nei brani il mio desiderio. Per gli interpreti � difficile far arrivare la propria visione. Ha dentro tutto, dal mio cantare di pancia alla cassa in quattro. Spero che si senta che � il disco pi� a fuoco che ho fatto finora�. La scrittura � �Un disco scritto da sola mi fa paura. Magari un giorno prender� coraggio e lo far�. Ma se poi le canzoni sono brutte e non me ne accorgo��. Due � �� il brano che ho scelto per Sanremo. � stato un amore e odio. Mi sono innamorata al primo ascolto. Federica Abbate � la penna, eravamo in un momento simile della vita. Mi aggrappo sempre alle coincidenze, ho sentito che era una hit, ma ho trovato grande difficolt� nel cantarla. Mi ha fatto arrabbiare con me stessa, non mi ha fatto sentire brava abbastanza. E poi ho avuto la soddisfazione di riuscire a farlo. Mi aiuta a raccontarmi, a raccontare una relazione che � finita male, che ha una visione all�esterno che � molto diversa dall�interno. Mi auguro di fare una buona performance�. La serata dei duetti � �America Woman � stata la prima idea. Abbiamo fatto un giro immenso per tornare a quella canzone. Volevo portare sul palco colori diversi rispetto a quello che ho cantato altre volte. Nel modo di vivere ho una vena rock. Ho voluto Big Mama con me perch� siamo due donne, di due et� diverse, con due modi diversi di vivere la nostra femminilit�, ma� con la stessa faccia come il culo. Quello che amo di lei � che � fiera di essere com��. � un pezzo di empowerment femminile. Ci saranno le sue barre in italiano, lei entra e si racconta, come se avesse pi� valore degli altri. � molto sfacciata�. Una come cento � �� uno degli ultimi pezzi, nato un anno e mezzo fa in Toscana con Mahmood. Quasi tutto l�album � di quei dieci giorni che abbiamo passato insieme. Ed � tra i miei preferiti. Io sono una donna fragile ma allo stesso tempo fiera della mia fragilit�. Racconto le mie paure con molta onest� ma anche fermezza. Spero di non essere una come tante�. Apocalisse - �� la seconda ballad del disco. Racconta della mia ultima relazione in modo molto schietto. � stata una relazione molto complessa, questo disco mi ha aiutato a metabolizzarla, capirla e darle il posto che merita�.