Marzo 2022 n. 3 Anno VII Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. Resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura. Indice I pionieri no vax La lingua per ingannare Il Sorpasso: il romanzo visivo dell�Italia tripolare I pionieri no vax (di Paola Panigas, �Focus Storia� n. 183/22) - Ieri come oggi, i vaccini si portano dietro un pesante fardello di polemiche, paure e dibattiti sulla libert� di scelta. Una reazione gi� vista tra '800 e '900, durante le campagne vaccinali obbligatorie che hanno eradicato il vaiolo. - L'ultima persona a morire di vaiolo fu Janet Parker, una fotografa medica, che contrasse accidentalmente la malattia lavorando a Birmingham (Regno Unito), in uno dei pochi laboratori al mondo dove si conservavano campioni del virus. Il professor Henry Bedson, responsabile della struttura, viste le gravi condizioni in cui versava la fotografa, si tolse la vita. Cinque giorni dopo, l'11 settembre 1978, mor� anche la Parker, ultima delle centinaia di milioni di vittime che il vaiolo, attestato in Europa sin dal XVI secolo, si era gi� portato via. Due anni dopo, nel 1980, l'Oms dichiar� il Pianeta libero da questa malattia. La guerra al morbo che per secoli aveva martoriato Asia, Africa Settentrionale ed Europa, e che dopo i viaggi di Cristoforo Colombo aveva devastato anche il Nuovo Mondo, era stata vinta. Ma per debellare il virus ci erano voluti tempo, fortuna e una forte volont� politica. Oggi, con il senno di poi, sappiamo che il virus del vaiolo era relativamente semplice da eradicare: �Non ha un serbatoio animale e se lo si elimina negli uomini sparisce per sempre�, afferma Charles Kenny nel saggio La danza della peste (Bollati Boringhieri). �Inoltre il vaccino costava poco ed era stabile: non richiedeva n� refrigerazione n� procedure d'iniezione complicate. Una volta individuato chi presentava sintomi, bastava vaccinare rapidamente tutti coloro che gli stavano intorno (la cosiddetta vaccinazione ad anello)�. Eppure per portare a compimento �l'annientamento della pi� tremenda piaga della specie umana�, come la defin� Edward Jenner (1749-1823), il medico inglese che mise a punto il vaccino, non bast� aver scoperto come immunizzarsi. Fu necessario vincere le resistenze della propaganda antivaccinista, che prese piede in tutta Europa tra '800 e '900, parallelamente alla diffusione della profilassi vaccinale obbligatoria (in Italia, dal 1888). Il movimento, appellandosi alla rivendicazione della libert� di scelta e all'etica della responsabilit� individuale, limitate dallo Stato in nome della salute pubblica, mobilit� molte persone soprattutto nelle grandi citt�, suscitando ondate di proteste. �Anche se in minoranza, gli antivaccinisti all'inizio del secolo trovarono nella stampa quotidiana una tribuna che dava spazio e amplificava dubbi e accuse per i possibili danni, attacchi all'amministrazione comunale e incitazioni alla disobbedienza civile contro una pratica che molti ritenevano priva di fondamento scientifico�, spiega Eugenia Tognotti nel saggio Vaccinare i bambini tra obbligo e persuasione: tre secoli di controversie (Franco Angeli). Ma facciamo un passo indietro. Perch�, come sottolinea Eugenia Tognotti, fu la variolizzazione (una pratica empirica e rischiosa, antenata della vaccinazione antivaiolosa) �a rappresentare la preistoria dell'esitazione vaccinale dei nostri giorni, anticipandone i motivi: scetticismo, diffidenza, dubbi sull'efficacia e la sicurezza, resistenze culturali e obiezioni religiose�. �Sempre il novo ch'� grande appar menzogna�, scriveva nel 1777 Giuseppe Parini nell'ode intitolata L'innesto del vaiuolo, per sostenere i medici che inoculavano il virus (in questo consisteva, semplificando, la variolizzazione). Ebbene s�, anche nel secolo dei Lumi le innovazioni in campo medico suscitavano grandi controversie, nonostante la ragione e la scienza avessero preso idealmente il sopravvento sulla superstizione e sulla religione. Il dibattito era tra gli �illuministi�, che ritenevano la pratica una difesa contro la cieca ignoranza, e gli �oscurantisti�, che si opponevano a quella che consideravano un'offesa contro il Creatore. Nelle Novelle letterarie, pubblicate a Firenze nel 1750, per esempio, si scriveva con grande sicurezza che l'inoculazione non �doveva farsi per alcun conto, perch� sia contro la prudenza medica e contro la piet� cristiana tentando una cosa dubbia, e facendo venire un mal certo, che talora riesce mortale, a uno che � sano�. A met� del Settecento, in contrapposizione all'oscurantismo religioso, in Italia si consolid� un movimento nei circoli aristocratici e alto borghesi, con il supporto di intellettuali come Cesare Beccaria e Pietro Verri, in difesa dei medici che lottavano contro il vaiolo. A onor del vero, i contestatori della variolizzazione non avevano tutti i torti: la pratica di inoculare, attraverso un'incisione sulla pelle di un paziente sano, il pus prelevato dalle lesioni di un malato, in uso fin dal X secolo in Cina, se andava bene provocava una forma lieve di vaiolo (perch� la via di trasmissione pi� aggressiva del virus � quella polmonare), ma poteva anche essere molto pericolosa: diffondeva il contagio usando un virus umano vivo, attenuato in modo rudimentale, e in alcuni casi portava a una forma della malattia che conduceva alla morte. Solo l'invenzione di un vaccino sicuro segn� il primo passo verso la liberazione dal vaiolo, che portava in dote un altissimo tasso di mortalit�: centinaia di milioni di vittime e, soltanto nel XX secolo, un numero cinque volte superiore ai morti della Seconda guerra mondiale. Il merito fu di Edward Jenner, che nel 1796 estrasse materiale dalle lesioni del vaiolo bovino di una donna infetta e lo iniett� in un bambino di otto anni, rendendolo immune. Nel 1798 Jenner descrisse i risultati del suo esperimento nel trattato An Inquiry into the Causes and Effects of the Variolae Vaccinae (termine latino che significava �vaiolo delle vacche�, da cui Pasteur nel 1882 mutu�, in onore di Jenner, la parola �vaccino�). L'intuizione di ricorrere al vaiolo bovino, che negli umani dava luogo solo a una forma blanda della malattia, fu geniale. �La procedura era nata dall'esperienza degli allevatori delle campagne inglesi: chi aveva contratto il cowpox, la forma bovina del vaiolo, sfuggiva a quello umano, assai pi� temibile�, spiega Kenny. Nel 1802 il Parlamento britannico premi� Jenner con 10-mila sterline e presto in Europa si cominciarono a pianificare campagne vaccinali per contrastare il vaiolo. �La Danimarca rese il vaccino obbligatorio nel 1810, seguita dalla Russia nel 1812 e dalla Svezia nel 1816�, racconta ancora Kenny. Gli effetti positivi non tardarono a farsi vedere: �Tra il 1801 e il 1822, le morti dovute al vaiolo in Svezia calarono da 12-mila a 11�. Nel 1853 in Inghilterra fu approvato il Vaccination Act, che prevedeva l'obbligo di vaccinare contro il vaiolo tutti i bambini nati dopo il 1o agosto di quell'anno. �Al termine del XVIII secolo, a Londra, il vaiolo era ancora responsabile del 9% di tutte le morti. Nella seconda met� del XIX la percentuale si era ridotta all'1%�, ricorda Tognotti. �In Italia, dopo la breve esperienza dell'obbligatoriet� imposta nel 1806 nel Principato di Lucca e Piombino, durante la dominazione francese, si introdusse una riforma sanitaria che prevedeva la vaccinazione anti-vaiolosa universale solo con la legge del 1888�. L'entusiasmo della politica e la graduale accettazione ecclesiastica della pratica vaccinale non corrisposero a una altrettanto buona accoglienza da parte della popolazione. La �componente animale� era vista con sospetto: la paura era che producesse effetti collaterali o predisponesse ad altre malattie, insomma che i rischi superassero i benefici. �I rischi, ostinatamente negati dai vaccinatori e dai responsabili di strutture e commissioni vacciniche pubbliche, esistevano, per quanto la pratica fosse infinitamente meno rischiosa della variolizzazione�, precisa Tognotti. �Il �pus vaioloso�, prima che si arrivasse alla standardizzazione della produzione del vaccino, non sempre era di buona qualit� per varie ragioni. Poteva essere contaminato da batteri. Col tempo, si moltiplicarono eventi avversi come la trasmissione della sifilide nel passaggio della linfa vaccinica di braccio in braccio�. In pi�, emerse un limite: �Il materiale immunizzante perdeva progressivamente la sua efficacia e non proteggeva dal vaiolo per tutta la vita, come �dogmaticamente� aveva sostenuto Jenner, quindi bisognava rivaccinarsi�. Alla fine del XIX secolo, nonostante i progressi raggiunti nel frattempo sulla sicurezza delle vaccinazioni, nacque la prima Lega italiana antivaccinazione, fondata da Carlo Rauta, docente di Materia medica all'Universit� di Perugia. Il �pioniere dei no vax�, nel 1898, nel primo dei tanti ricorsi presentati al ministro dell'Interno, contestava l'obbligatoriet� della vaccinazione antivaiolosa con queste parole: �non d� il minimo vantaggio, mentre i danni che essa produce sono assai maggiori [...]. Moltissimi sono i casi di bambini sani e robusti che dopo la vaccinazione diventano macilenti, sparuti, e che non soltanto non riacquistano la salute, ma talora deperiscono fino alla morte�. Durante la primavera del 1917, in parallelo alla diffusione di una nuova epidemia, mentre gi� infuriavano le proteste contro la guerra e la mancanza di generi alimentari, da Nord a Sud si diffuse una diceria complottista: il vaccino conteneva del veleno ed era un mezzo usato dal governo per sterminare i bambini, in modo da ridurre i sussidi alimentari alle famiglie degli uomini chiamati al fronte. Ovunque le madri dei ceti pi� poveri ritirarono i figli dalle scuole pur di sfuggire al vaccino. I tumulti si diffusero al punto che nel febbraio 1918 il ministro degli Interni Vittorio Emanuele Orlando diede ordine ai prefetti di svolgere �un'azione attivissima e illuminata per combattere l'insana propaganda�. La tenace opposizione ai vaccini ha conosciuto anche periodi di tregua: in Italia, per esempio, durante gli anni del fascismo e nel secondo dopoguerra. Dopo il continuo diffondersi di focolai di vaiolo in tutto il mondo, nel 1966 l'Oms fu costretta a lanciare un ennesimo appello agli Stati affinch� si sforzassero di eradicare la malattia: fu l'unico caso di collaborazione tra Usa e Urss, durante la Guerra fredda. Le due superpotenze inviarono oltre 140 milioni di dosi l'anno ciascuno, oltre a consulenti e attrezzature, in 20 Stati dell'Africa Occidentale. Nel giro di tre anni e mezzo la malattia fu debellata in quella zona del mondo. L'obbligo vaccinale rimase ancora in vigore per un decennio, finch� nel 1977 in Italia fu presentato un disegno di legge sulla sospensione della vaccinazione antivaiolosa, abolita definitivamente dall'Oms nel 1981. Ormai, non serviva pi�. La lingua per ingannare (di Edoardo Lombardi Vallauri, �Le Scienze� n. 629/21) - Dalla pubblicit� alla politica, come veniamo persuasi da strategie linguistiche che sfruttano contenuti impliciti. - Quando ci si rivolge a destinatari diffidenti, che hanno motivo di dubitare della verit� di quello che gli si dice, occorre attrezzarsi per aggirare la loro attenzione critica. � quello che fanno da tempo i comunicatori persuasivi, come la pubblicit� e la propaganda politica. Questo scopo viene raggiunto anche tramite precise strategie linguistiche. Come � noto, in pubblicit� le immagini contano pi� del testo. Questo non � dovuto solo al fatto che il nostro sistema nervoso alloca pi� risorse alla visione che al linguaggio. � dovuto anche al fatto che siamo meno portati a mettere in discussione le immagini che le asserzioni. Se uno spot mostra un gruppo di persone giovani, ricche, belle, eleganti e felici che bevono un whisky, trasferisce nei destinatari l'impressione che ci sia un'affinit� fra essere quel tipo di persone e bere quel whisky. Senza troppo domandarsi se questo sia vero, le nostre menti sono influenzate da quell'idea. Ma la stessa idea, se ci fosse proposta sotto forma di un enunciato (Chi � giovane, ricco, bello, elegante e felice beve Glen Grant!), ci indurrebbe a vagliarla criticamente, e la rifiuteremmo come esagerata e ridicola. La causa di questo � probabilmente quella che John Richard Krebs e Richard Dawkins negli anni settanta e ottanta studiando i sistemi di comunicazione animale hanno chiamato sales resistance, cio� �resistenza all'acquisto� nei confronti di contenuti trasmessi da individui conspecifici. Come gli altri animali, anche noi abbiamo evoluto i nostri sistemi di comunicazione per persuadere gli altri individui a fare quello che vogliamo. Nel contempo, per�, non potevamo non evolvere anche la tendenza a resistere a questa manipolazione. Perci�, quando un conspecifico cerca di convincerci, innalziamo difese cognitive e sottoponiamo a vaglio critico quello che ci dice, per decidere se credergli e assecondarlo, oppure no. La differenza fra immagini e linguaggio � proprio questa: un enunciato linguistico proviene necessariamente da un individuo umano, quindi rivela l'esistenza di un conspecifico che vuole convincerci; le immagini, invece, hanno l'apparenza della semplice realt�. Perci�, quando non riflettiamo coscientemente che oggi molte immagini sono altrettanto fabbricate da individui quanto lo sono gli enunciati, esse non fanno scattare la nostra reazione critica. In due parole: gli enunciati linguistici sono espliciti nel proporre il proprio contenuto, mentre le immagini sono implicite. Ecco perch� la pubblicit� e la propaganda preferiscono affidare alle immagini i contenuti discutibili: � molto meno probabile che ci si accorga che sono falsi. La potenza dell'implicito Ma che cosa succede se il contenuto da trasmettere � di un tipo che richiede proprio formulazione linguistica? Il pubblicitario si rassegna e lo trasmette con un'esplicita asserzione? In realt� no, perch� ha a disposizione una terza via: codificarlo nella parte implicita dell'enunciato. Per esempio, in una pubblicit� dei primi anni novanta Philips si presentava con un'intenzione amichevole: �Lascia che Philips ti apra gli occhi�. Ebbene, il verbo aprire presuppone che qualcosa sia chiuso. Dicendo �apri la porta� io fra l'altro informo il mio destinatario che in quel momento la porta � chiusa. Ma non gli dico esplicitamente �la porta adesso � chiusa�, glielo trasmetto in maniera implicita. La differenza � che l'informazione implicita � elaborata con minore attenzione. Questo va benissimo se � informazione vera e neutrale, perch� non serve attirare separatamente la stessa attenzione su tutti i contenuti. � per questo che non diciamo: �La porta adesso � chiusa. Apri la porta�, ma basta dire �Apri la porta�: l'altro capir�, senza per� concentrarsi su questo, che la porta � chiusa, e si focalizzer� di pi� sulla richiesta di aprirla. Ma c'� un effetto collaterale: l'abitudine a elaborare con minore attenzione l'informazione implicita pu� condurre a non accorgersi di quando � falsa o esagerata. Per esempio, se Philips ci dicesse: �Tu stai vivendo con gli occhi chiusi�, ci accorgeremmo che - anche per metafora - � un'esagerazione offensiva. La nostra non � una vita a occhi chiusi. Eppure di fatto Philips ce lo comunica, e noi non ci offendiamo, n� ci attiviamo cognitivamente per metterlo in dubbio, perch� ci viene comunicato in modo implicito, e all'implicito dedichiamo meno attenzione critica. In buona parte l'idea che viviamo con gli occhi chiusi (finch� non abbiamo un televisore Philips) entra a far parte della nostra concezione del mondo e di noi stessi. Cos� ci rimane l'impressione di stare in una condizione disagiata, dove avremmo bisogno di un nuovo televisore. Che la soluzione sarebbe acquistarlo, ci � comunicato di nuovo in maniera implicita. Philips non formula esplicitamente che �comprare uno schermo Philips ti aprir� gli occhi�, perch� anche questo lo riconosceremmo esagerato. Preferisce lasciare che siamo noi a implicarlo dall'accostamento con l'immagine del prodotto. E poich� lo implichiamo noi, non siamo portati a metterlo in discussione. Il ricorso a quelli che i linguisti chiamano �verbi di cambiamento di stato�, come appunto aprire, � una strategia costante della pubblicit� per veicolare informazioni in maniera implicita. Venticinque anni dopo Philips, Citro�n insinua la stessa cosa al suo target: �Non guardare il mondo con gli occhi degli altri. Apri i tuoi. Citro�n DS4�. E, usando altri verbi di trasformazione, Renault esprime in maniera implicita un concetto simile e altrettanto offensivo (�Stop watching, start living. Renault Kadjar�), a cui di certo reagiremmo con un rifiuto cognitivo pi� netto se fosse asserito esplicitamente: �Tu non stai vivendo la tua vita, la stai solo guardando. Comincerai a vivere quando comprerai una Kadjar�. Per il pubblicitario � decisamente pi� sicuro comunicarlo in forma implicita. Il padre felice di una pubblicit� Alfa Romeo, coeva di quella Philips mostrata, sembra volerci proprio dire che a 18 anni ci si sente grandi se si compra un'Alfa. Non � questo, per�, il contenuto che sta pi� a cuore al pubblicitario. Per vendere le Alfa, � molto pi� importante convincere tutti (non solo i rari padri di figli diciottenni) che le Alfa soddisfano chi le guida. Non per caso, proprio questo ci � comunicato in maniera implicita: �E mi sono sentito grande con la mia prima Alfa� presuppone, e trasferisce �sotto traccia� nelle coscienze, che dopo la prima si comprino altre Alfa. Se fosse detto esplicitamente, �Chi compra un'Alfa, poi continua a comprare Alfa�, ci accorgeremmo che non � vero. Essendo implicito, invece, riesce in qualche misura a installarsi nella nostra rappresentazione del mondo. Lo stesso concetto, sempre in modo accuratamente implicito, � usato da Audi trent'anni dopo: �It is time for your first Audi�. Trasferire senza asserire Un altro modo per trasferire un'informazione linguisticamente ma senza asserirla � quello usato dal formaggetto dietetico Jocca: �La freschezza di Jocca ha solo il 7% di grassi�, sembra volerci informare che quel prodotto � dietetico. In realt� l'informazione pi� importante per venderlo � presupposta dal sintagma nominale con l'articolo determinativo �La freschezza di Jocca�. Gi� nel 1905 Bertrand Russell, studiando le propriet� delle descrizioni definite, cio� dei sintagmi nominali con l'articolo determinativo, si era accorto che �L'attuale re di Francia � calvo�, quando la Francia � una repubblica, non era n� vero n� banalmente falso, perch� non asseriva l'esistenza del re di Francia, ma la dava per presupposta, come un dato di fatto noto a tutti. Ebbene, qui �La freschezza di Jocca� � data per scontata, come se fosse un'informazione gi� condivisa dai destinatari. Se il pubblicitario avesse usato un'asserzione (�Jocca comunica una sensazione di freschezza�), avrebbe attirato l'attenzione su quel contenuto, provocando in molti la riflessione cosciente che purtroppo quel tipo di formaggio senza grassi comunica in realt� sensazioni di molto inferiori ai �veri� formaggi freschi. Cos�, invece, si trasferisce relativamente indisturbata nella mente dei destinatari l'idea che �la freschezza di Jocca� sia un attributo notevole, e ben noto a tutti, del prodotto reclamizzato. Al cambiare degli oggetti da propagandare, gli strumenti linguistici restano gli stessi. Alcuni mesi fa Trenitalia ha diffuso l'immagine di un suo treno con questa headline: �Frecciarossa. La firma dell'alta velocit� italiana�. Come era gi� chiaro a Bertrand Russell e a Peter Frederick Strawson con cui ne discuteva (e prima di loro a Gottlob Frege, padre della logica moderna), descrizioni definite come �l'attuale re di Francia� o �la firma dell'alta velocit� italiana� presuppongono sia l'esistenza del loro referente, sia la sua unicit�. Dicendo �la sedia� presuppongo, cio� lascio intendere come cosa ovvia e scontata, che nella situazione in cui parlo ce ne sia solo una a cui potrei riferirmi; altrimenti dovrei dire �una sedia�. Dunque, dire �La firma dell'alta velocit� serve a dare per scontato che non ne esistano altre. Asserirlo esplicitamente sarebbe pi� rischioso, perch� se Trenitalia avesse scritto che �Frecciarossa � l'unico operatore di alta velocit� in Italia�, tutti si sarebbero accorti che era una bugia. L'unico modo per far passare nella mente di molti destinatari l'impressione che le cose stiano cos� � indurli a elaborare quell'informazione nel modo superficiale che di solito riserviamo ai contenuti presentati come presupposti. Il linguaggio della politica Anche la propaganda politica deve persuadere persone diffidenti e prevenute, consapevoli che i messaggi sono spesso poco attendibili. Destinatari, cio�, pronti ad accorgersi se quello che i messaggi dicono � falso. Ma non altrettanto pronti ad accorgersi se � falso quello che i messaggi presuppongono o implicano. Per fare un esempio, in occasione delle elezioni politiche del 2006 i due schieramenti principali si affidarono interamente alla stessa strategia. Forza Italia (FI) us� messaggi in cui menzionava provvedimenti molto impopolari e si dichiarava contraria. Esplicitamente, FI rifiutava cose come la tassa di successione o politiche sregolate dell'immigrazione. Ma (come ha spiegato in dettaglio Paul Grice a met� del Novecento) se io dico �No grazie, non mi serve l'ombrello�, se ne pu� implicare che mi � stato offerto un ombrello, perch� altrimenti non avrei motivo di dirlo. Qui, grazie a facili stereotipi su una sinistra contraria ai patrimoni e alle imprese, e vicina a vari tipi di figure marginali e irregolari, la campagna di Forza Italia faceva implicare al lettore/elettore che la sinistra, se avesse vinto le elezioni, avrebbe attuato tutti quei provvedimenti. Se asseriti (�La sinistra rimetter� la tassa di successione, non porr� alcun freno all'immigrazione�, e cos� via), quei contenuti sarebbero stati subito riconosciuti come falsi o esagerati. Cos�, invece, riuscivano a generare nella mente degli elettori indecisi un certo allarme, perch� le accuse alla sinistra, rimanendo implicite, subivano un'elaborazione vaga e superficiale che impediva di accorgersi pienamente della loro falsit�. Sempre nel 2006, l'Ulivo-Margherita non stava a guardare; e anzi, usava esattamente la stessa strategia. Sagge ovviet� come �Una sanit� che funziona rende tutti pi� liberi� o �Senza asili nido le famiglie non crescono�, o �Il lavoro precario chiude la speranza�, esplicitamente si limitavano a dire queste cose su cui tutti sono d'accordo. Ma se uscendo di casa io dico �per la pioggia ci vuole l'ombrello�, chi � con me implica che ci sia pericolo di pioggia, altrimenti non avrebbe senso che io parlassi cos�. Per questo, in clima di campagna elettorale, i cartelloni dell'Ulivo-Margherita facevano implicare, stavolta grazie allo stereotipo speculare di una destra contraria al welfare e nemica dei lavoratori, che FI, se vincitrice, avrebbe danneggiato la sanit�, gli asili nido e i lavoratori. Implicito ancora oggi La strategia dell'implicito continua a pagare, se la Lega di Matteo Salvini, nel 2018, ha deciso di farne uso, questa volta lasciando implicare, perch� l'esagerazione si sarebbe rivelata di pi� in forma asserita, che gli avversari volessero addirittura �renderci schiavi� dell'Europa. Un altro elemento di implicitezza � aggiunto in molti di questi casi dalla vaghezza dei contenuti. Che cosa si debba intendere esattamente per �immigrati a volont� o per �schiavi dell'Europa� non � chiaro, e quindi ognuno pu� vederci quello che vuole, col risultato di mettere d'accordo (ma solo per finta) anche persone che pensano cose diversissime. Si veda uno slogan genialmente semplice di Giorgia Meloni. Che cosa pu� voler dire �cambiare tutto� in Europa? Spostare D�sseldorf dove c'� Gallarate? Mettere la Tour Eiffel nel tuo giardino? O nel mio? Aumentare le quote latte? Diminuire le quote latte? Certo va preso in modo vago, perch� non pu� significare davvero �tutto�; e quindi ognuno ci vede quello che vuole, e ognuno prova un brivido di soddisfazione perch� lo slogan suona bene, anche se non si sa che cosa significhi. In termini tecnici, il messaggio della Meloni non ha denotazione (cio� un vero contenuto, su cui si possa dissentire), ma ha connotazione positiva (cio�, ha un buon sapore). Naturalmente non solo la propaganda da cartellone, ma anche ogni discorso politico sfrutta gli impliciti per impiantare contenuti discutibili nelle menti degli elettori. Per esempio, tenendo un comizio a Cuneo nel 2016 un politico italiano di primo piano, ostile al partito del locale sindaco, ha detto: �Mi riprometto di tornare a Cuneo per vincere le elezioni comunali e dare finalmente un'identit� a questa splendida citt�. L'implicito di questa frase (attivato dal verbo di cambiamento �dare�) � che �Cuneo sotto l'amministrazione attuale � priva di un'identit�. In forma assertiva, i presenti si sarebbero accorti che era veramente un'esagerazione; ma elaborando l'enunciato in modo distratto nel fluire del discorso probabilmente non si sono soffermati a metterla a fuoco, e una parte di questa idea si � depositata nelle loro menti. In modo simile, il famoso slogan di Ronald Reagan e poi di Donald Trump, �Make America Great Again�, presuppone qualcosa che se asserito troverebbe assai pi� tiepida accoglienza da parte degli stessi sostenitori di Trump: che consenso otterrebbe un candidato presidenziale sull'affermazione �America is no longer great!�? Attenzione variabile Tutto questo si fonda sul fatto che non elaboriamo tutte le parti degli enunciati linguistici con la stessa attenzione. Un famoso esperimento condotto da Thomas D. Erickson e Mark E. Mattson nel 1981 consisteva nel sottoporre a soggetti sperimentali domande del tipo: �Secondo la Bibbia, in occasione del diluvio universale, quanti animali di ciascuna specie ha fatto salire Mos� sull'Arca?� Ebbene, solo una minoranza dei soggetti si accorgeva che nell'enunciato compariva il nome di Mos� al posto di quello di No�. Esperimenti come il Moses Illusion Test dimostrano che crediamo di trattare gli enunciati linguistici con perfetta attenzione, ma elaboriamo alcune parti di essi in modo superficiale e imperfetto. Cio�, anche per quanto riguarda il linguaggio siamo elaboratori di informazione assai imperfetti, che per farsi un'idea della realt� e prendere le decisioni applicano le euristiche fast and frugal descritte da Amos Tversky e Daniel Kahneman a partire dagli anni settanta, e pi� di recente da Gerd Gigerenzer: procedimenti sbrigativi tendenti a risparmiare tempo ed energia. � stato dimostrato che una certa sommariet� nel giungere ai giudizi ha solide ragioni evolutive. Fin dai primordi, un giudizio �perfetto� che richiedesse per� troppo tempo o troppa energia sarebbe risultato assai controproducente in molte situazioni, per esempio di immediato pericolo o di opportunit� da cogliere immediatamente. La sommariet� delle euristiche semplificate a cui ci affidiamo esprime un compromesso tra la correttezza del giudizio e la sua rapidit�. Pi� in generale, come osservano Steve Oswald, Didier Maillat e Louis de Saussure, le euristiche sommarie sono il risultato della spinta evolutiva a ottimizzare l'efficienza cognitiva, poich� costituiscono il migliore equilibrio fra la rapida estrazione di nuova conoscenza e i processi di valutazione accurata, che sono costosi. Perci� offrono mezzi rapidi e ragionevolmente efficaci per acquisire nuove conoscenze con una frazione del costo cognitivo. Come in molti altri campi, anche in quello linguistico questo non � casuale, e nemmeno indesiderabile, ma piuttosto � necessario. Se dedicassimo la stessa attenzione a tutte le parti degli enunciati, gli scambi linguistici dovrebbero essere molto pi� faticosi e pi� lenti. Come hanno spiegato per esempio Morten Christiansen e Nick Chater nel 2016, per parlare alla velocit� a cui mediamente lo facciamo (5-6 sillabe al secondo, 50 parole al minuto), le risorse di elaborazione e memoria a breve termine di cui disponiamo non permettono una processazione accurata di tutta l'informazione contenuta negli enunciati. Se volessimo dedicare a ogni parola la stessa cura, ci attarderemmo talmente tanto su un enunciato che il secondo fluirebbe prima che possiamo dedicargli la nostra attenzione, e faticheremmo a capirlo: gi� il terzo ce lo perderemmo del tutto. Si crea cio� un now-or-never bottleneck (un �collo di bottiglia ora-o-mai-pi��), che impone di elaborare tutto nel momento in cui si presenta, senza indugiarci, perch� non lo permette l'immediato e continuo aggiungersi di nuovi contenuti che reclamano per s� le risorse di attenzione e di memoria. Il risultato � che almeno alcune parti degli enunciati sono sistematicamente elaborate con minore attenzione. Per questo, non ci si accorge di Mos�. In questa situazione, � fondamentale che la lingua corredi ciascun enunciato di indicazioni su quali parti curare di pi� e quali di meno. Tipicamente, l'informazione presupposta riceve meno attenzione di quella asserita, perch� la sua essenza � di presentare il contenuto come qualcosa che i destinatari conoscono gi�. Dicendo �Il sole� e �Il Presidente del Consiglio� alludo al fatto che tutti sanno che quelle cose esistono e possono recuperarle dalla memoria dove gi� sono, con poco sforzo cognitivo: sarebbe strano dire �Un sole� o �Un Presidente del Consiglio�, presentandoli come sconosciuti; ma per �Un mio amico sommozzatore�, se i miei interlocutori non lo conoscono, � pi� adatto l'articolo indeterminativo che non lo presuppone come noto, e quindi li invita a dedicargli l'energia di elaborazione necessaria a istituirlo ex novo nella memoria: �Il mio amico sommozzatore� va bene solo con chi � gi� al corrente della sua esistenza. Insomma, l'informazione presupposta � segnalata come gi� nota, e questo induce a risparmiare l� le preziose risorse di attenzione. Riduciamo l'attenzione su quello che conosciamo gi� o ci � presentato come tale, per meglio concentrarci sui contenuti (che ci sono presentati come) nuovi. In �Mi sono sentito grande con la mia prima Alfa�, l'idea esplicita del sentirsi grandi � elaborata con piena attenzione; mentre l'idea presupposta che chi compra Alfa poi ricompra sempre Alfa � elaborata con attenzione minore e quindi non ne viene riconosciuta la poca credibilit�. Lo stesso vale per il fatto che Jocca ha solo il 7% di grassi (asserito) e per l'idea che sia notevole la sensazione di freschezza che produce (presupposta). Calibrando questi strumenti si ottiene che l'informazione meno credibile sia s� elaborata, ma non con tutta l'attenzione che permetterebbe di accorgersi che � difettosa, esagerata o falsa, e quindi di rigettarla. Quindi essa riesce a rimodellare la concezione del mondo dei destinatari. Veloci e ottimisti Quando leggiamo messaggi in lingua scritta avremmo a disposizione pi� tempo, e teoricamente potremmo trattare tutto con piena attenzione; ma l'abitudine a elaborare gli enunciati come � richiesto dai ritmi del parlato prevale anche in questo caso. Del resto � il linguaggio parlato che con ogni probabilit�, precedendo la scrittura di molte decine di migliaia di anni (e nelle sue forme pi� primitive di ancora molto di pi�), ha plasmato proprio le risorse e i meccanismi mediante i quali il cervello elabora l'input linguistico. Dunque, la differenza fra ascolto e lettura non � rilevante: in ogni caso tendiamo a elaborare meno accuratamente l'informazione presupposta perch� ci � presentata come gi� nota, e quindi a credere di pi� al suo contenuto. Questo fatto � stato confermato anche da molti studi sperimentali. Per esempio, dopo aver visto un filmato i soggetti di un esperimento di Elizabeth Loftus si accorgevano della falsit� di enunciati assertivi che lo descrivevano in modo erroneo, ma se gli stessi errori venivano presentati in forma presupposta ci credevano pi� facilmente, fino a modificare il ricordo del filmato in modo conforme a quegli errori, anche a distanza di molto tempo. John Langford e Virginia M. Holmes hanno dimostrato che frasi descriventi una figura sono riconosciute false pi� facilmente se l'errore � nell'asserzione che se � nella presupposizione. Florian Schwarz, in diversi esperimenti basati sui tempi di risposta, ha evidenziato che rispetto alle asserzioni le presupposizioni vengono elaborate pi� rapidamente, e vengono pi� difficilmente riconosciute false. Un ulteriore motivo per cui i contenuti impliciti hanno meno probabilit� di essere riconosciuti falsi � il cosiddetto egocentric bias, cio� la �propensione egocentrica� a non mettere in discussione quello che proviene da noi stessi. Come osservano fra gli altri Anne Reboul e Hugo Mercier nella scia dei lavori di Krebs e Dawkins citati, se un contenuto ci proviene visibilmente da un altro individuo siamo portati ad attivare quella che Dan Sperber e collaboratori nel 2010 hanno chiamato la epistemic vigilance (vigilanza conoscitiva), quindi a vagliarlo criticamente per controllare se � credibile. Ma se a fabbricare un contenuto siamo noi, siamo molto pi� portati a considerarlo buono. Siamo, cio�, �ottimisti cognitivi�: diamo per scontato che i nostri processi spontanei siano altamente affidabili, e che il loro risultato non necessiti di essere controllato. Le implicature di cui abbiamo visto diversi esempi sfruttano questa caratteristica del nostro sistema cognitivo: se Forza Italia dicesse �La sinistra reintrodurr� la tassa di successione�, ci domanderemmo se il provvedimento figuri davvero nel programma della sinistra, e ci accorgeremmo pi� facilmente che questo � falso; ma se Forza Italia dice solo �La tassa di successione? No, grazie�, siamo noi a implicare che la sinistra potrebbe introdurla; ed essendo idea in buona parte nostra, ce ne fidiamo molto di pi� e finiamo per crederci. Lo stesso vale per le altre implicature che abbiamo mostrate, e per le migliaia che incontriamo tutti i giorni. Strategie di difesa Ci si pu� difendere da tutto questo? Certamente s�: facendo pi� attenzione alla differenza fra contenuti espliciti e contenuti impliciti. Basta accorgersi che un messaggio veicola un contenuto implicito, e subito, anzich� permettergli di influenzare quasi a nostra insaputa l'insieme delle nostre credenze, si � in condizione di vagliarlo con piena attenzione; quindi, se non � credibile, di rigettarlo. Per questo � ragionevole proporre (come fa da tempo la linguista italiana Marina Sbis�) che fra le �competenze testuali� insegnate a scuola venga inclusa la capacit� di individuare i contenuti impliciti. Comprendere davvero un testo significa anche essere capace di distinguere fra ci� che dice in modo esplicito e ci� che (spesso, proprio perch� � discutibile) cerca di contrabbandare in modo implicito nella mente dei destinatari. Su altro versante, un gruppo di ricerca coordinato da chi scrive ha da poco fondato un Osservatorio permanente sulla pubblicit� e la propaganda (www.oppp.it), che pubblica periodicamente le �pagelle� comunicative dei politici: vi si trovano analisi di interventi di politici soprattutto italiani. A ogni discorso � attribuito un punteggio che esprime la misura in cui esso cerca di contrabbandare contenuti discutibili mediante costrutti impliciti. L'analisi � basata su metriche scientifiche derivate dallo studio degli impliciti linguistici. La convinzione sottostante � che una maggiore attenzione sociale alle dinamiche della comunicazione sia indispensabile per migliorare la qualit� della convivenza civile e l'attuazione non solo formale ma effettiva del meccanismo democratico. Il Sorpasso: il romanzo visivo dell�Italia tripolare (di Ermanno Taviani, �Prometeo� n. 156/21) - Tra pochi mesi compie sessant'anni un film che ha cristallizzato con rara sapienza un momento storico. � un'icona della nostra cinematografia che ancora oggi descrive la coesistenza di paesaggi umani differenti in un Paese alla vigilia della trasformazione. - Nel 2022 compir� giusto 60 anni: era il 1962 quando usc� sugli schermi italiani Il sorpasso, per la regia di Dino Risi, con Vittorio Gassman e Jean Louis Trintignant. Il film riscosse un grande successo e risult� quinto negli incassi della stagione 1962-1963. La classifica era aperta da Il Gattopardo, seguito da tre film statunitensi (Il giorno pi� lungo, La conquista del West e Gli ammutinati del Bounty). Dopo il film di Risi, comparivano nella lista Sodoma e Gomorra, un film d'avventura italiano ormai dimenticato come I Normanni e un capolavoro scandaloso per l'epoca e, per questo, censurato come Una storia moderna - L'ape regina di Marco Ferreri. Proprio questi ultimi due film ci pongono il primo interrogativo. Perch� Il sorpasso � diventato - come si dice - un'�icona� ed � spesso citato anche nei libri di storia? Il contesto di un capolavoro Una prima risposta riguarda la tendenza di noi storici nel limitarci, il pi� delle volte, a prendere in considerazione esclusivamente quei film presenti nell'immaginario collettivo, e quindi anche nel nostro, e nella societ� dell'informazione. Studiare fonti eccentriche come quelle audiovisive, partire dalla propria autobiografia, dalla risonanza emotiva che come spettatori instauriamo con determinati film � un passo avanti rispetto al nostro tradizionale statuto scientifico ma non se si traduce in una asfittica, troppo circoscritta, critica delle fonti cinematografiche stesse. Troppo spesso vengono trascurati tutti quei film che sono usciti dal periscopio dei mass media ma che pure hanno influito sull'immaginario collettivo: i peplum, il cinema sentimentale, gran parte del cinema di cappa e spada, gran parte dei western all'italiana, i film di Franchi e Ingrassia, ecc.. Questo atteggiamento va di pari passo con l'altra speculare attitudine, di confondere, in molti casi, la storia del cinema come arte con la storia del cinema tout court. Gli storici, inoltre, tendono a considerare i registi come gli unici autori dei film, alla stregua dei romanzieri o dei musicisti, dimenticando gli aspetti produttivi e che si tratta invece di opere collettive. Ne deriva la mancanza, in Italia, di una vera storia sociale del cinema, se non frammentaria e subalterna, nello spazio dell'uso pubblico della storia, rispetto all'arena mediatica mainstream. Insomma, spesso manca la costanza di considerare film altrettanto belli, e altrettanto innovativi, come quello di Ferreri per l'appunto, �un regista ingiustamente dimenticato�, come ha detto il regista messicano Alfonso Cuar�n al Festival di Roma dello scorso ottobre. I film citati nei libri di storia sono in fin dei conti sempre gli stessi ma isolati, il pi� delle volte, dal quadro del cinema di allora. Se fosse pi� attentamente focalizzato, invece, potrebbe trasformarli in fonti piene e dirette, per la storia d'Italia e per la storia del cinema. In questo caso ci� � tanto pi� controproducente perch�, alla luce di una pi� attenta contestualizzazione, Il sorpasso non ne uscirebbe ridimensionato, anzi. � un capolavoro proprio perch� � innovativo all'interno dei film dello stesso genere che circolavano allora nelle sale. Innanzitutto si inserisce in una serie di film in cui Gassman interpreta, pur con sfumature diverse, sempre lo stesso personaggio. Analogamente, fa parte di quel filone di buddy movie all'italiana, dove coppie eccentriche di personaggi si incontravano e/o scontravano. Non si deve dimenticare, inoltre, che inaugur� un genere: l�anno dopo, infatti, nel tentativo di sfruttare la fortuna della formula usc� nelle sale Il successo, che ruotava attorno a due personaggi, per molti aspetti analoghi a quelli del Sorpasso, interpretati dagli stessi Gassman e Trintignant. La troupe era in parte la stessa e Risi aveva diretto fino a un certo punto le riprese per poi lasciarle a Mauro Morassi e dedicarsi a La Marcia su Roma (1963). Nel film, che si classific� a un discreto ventesimo posto degli incassi, il personaggio interpretato da Gassman, meno caciarone e pi� cinico, riusciva, a differenza del Bruno Cortona del Sorpasso, a prendere il treno del boom ma al prezzo di sacrificare il rapporto con l'amico, la famiglia e la sua anima. Anche alcune battute erano analoghe a quelle del capostipite. A un ricevimento Gassman vede un quadro di arte contemporanea intitolato Ribellione n. 2 e commenta: �Capirai due foglie, capace che costa un par di milioni�. Per�, in definitiva, gli stessi ingredienti del film del 1961 funzionavano meno. Narrazioni umane Innanzitutto, Il sorpasso ci colpisce per l'equilibrio: l'equilibrio delle diverse parti di cui � composto cos� come delle interpretazioni. Il Gassman mattatore di molti altri film, a volte un po' debordante e che invade tutta la scena, � qui pienamente funzionale al personaggio, cos� come lo sono le interpretazioni di un Trintignant alle prime armi e di tutte le altre caratterizzazioni, come Catherine Spaak incarnazione di una nuova generazione moderna, disinibita, a volte disorientata ma non ancora ribelle, come i suoi coetanei dei film considerati �precursori� del 1968 degli anni successivi. Ci� che colpisce, inoltre, � anche un secondo equilibrio, pi� cifrato: quello tra i registri stilistici al proprio interno. I movimenti della macchina da presa e il montaggio sembrano rallentare, per esempio, quando raccontano il tempo apparentemente immobile della casa degli zii, espressione di un antiquato notabilato provinciale - con il cugino avvocato, �sistemato�, che disquisisce contro la �politica demagogica del centro-sinistra� rispetto ai proprietari terrieri �i cui problemi erano stati cos� coraggiosamente affrontati e risolti dal partito fascista�. La vecchia propriet� terriera sembra fuoriuscire da un romanzo dell'Ottocento, cos� come la strada che Trintignant osserva dalla finestra con le galline, i cani, e un uomo che conduce un cavallo. Pensiamo, invece, al ritmo sincopato delle sequenze sulla spiaggia, sia delle inquadrature, sia dei movimenti e dei dialoghi all'interno delle scene. In questo modo, con la sua maestria registica, Risi ci d� il senso di due Italie che sembrano procedere a velocit� diverse. Cos� come la sequenza ambientata alla fermata delle corriere nel porto di Civitavecchia, ci racconta un'Italia povera secondo un registro post-neorealistico. Non si tratta, per�, come si direbbe oggi, di meta-cinema, perch� lo stile � sempre funzionale al racconto e ai memorabili dialoghi del film. Pochi film come Il sorpasso hanno raccontato in medias res, e senza dichiarate intenzionalit� politiche, il momento pi� intenso della pi� grande trasformazione che l'Italia ha conosciuto in tutta la sua storia, quella del boom. In realt�, l'autore del soggetto iniziale, il non accreditato Rodolfo Sonego, e gli sceneggiatori che firmarono il film con Dino Risi, Ettore Scola e Ruggero Maccari furono sempre attenti lettori della societ� italiana e le commedie all'italiana che scrissero in quegli anni furono sempre pervase da pi� o meno sotterranei elementi di critica sociale. La capacit� di questo film di ridarci il senso della mutazione quasi antropologica del Paese � paradigmatica, a partire dal paesaggio fisico e umano, dove modernit� e Italia rurale appaiono strettamente intrecciati, dove le contadine zappano la terra ma vestono i �pantaloni Capri�, come nota Cortona/Gassman. Questo inestricabile intreccio balza agli occhi guardando i mezzi di trasporto che si incontrano sull'Aurelia, percorsa dai due protagonisti su una Lancia Aurelia (un'omonimia non casuale) un po' scassata e con il suo leggendario clacson tritonale. L'Italia degli anni sessanta Vediamo una nazione incamminata sulla via della modernizzazione e della socializzazione con la stessa frenesia degli italiani che si lanciano sulla consolare con i mezzi pi� svariati alla conquista di una vacanza, di un Ferragosto fuori porta, di una scampagnata fosse anche soltanto per fermarsi a mangiare al bordo della strada: le spider, le onnipresenti utilitarie (500 e 600 in primis), le lambrette, le biciclette, i carretti, i residuati bellici, i trattori, i sidecar, ecc.. Un flusso disordinato e, per molti versi, analogo a quel processo di sviluppo lasciato all'improvvisazione e alle forze del mercato. Molte di quelle famiglie che in un film di un decennio prima, come Una domenica d'agosto di Luciano Emmer, si accalcavano nel mare di Ostia, si sono ormai comprati l'utilitaria. Punta di diamante dell'industria italiana e al tempo stesso oggetto del desiderio, l'automobile sembrava rendere possibile oltre che l'affermazione del proprio status sociale (se diventi avvocato �ti potrai fare la Fiat 1500 come me� dice il cugino a Trintignant/Roberto), una nuova libert�, sia pure, per molti versi, illusoria. Quella che trasuda da ogni sequenza del film � anche la piena consapevolezza dei contemporanei che nulla sarebbe stato come prima. E Gassman/Bruno di quel boom appare come una figura archetipica: in fondo � uno sconfitto - sembra un vincitore solo agli occhi della figlia - a cavallo tra la tradizionale italica arte di arrangiarsi e le opportunit�, sprigionate dal boom, che solo in parte riesce a cogliere, ma che pensa alla sua portata. Quelle opportunit� colte invece dai commendatori, che detestano Roma (�a Roma ci vado sempre malvolentieri, � triste, umida e anti-lavorativa� sentenzia uno di loro), e che sfoggiano nel film le loro mogli e le loro giovani accompagnatrici appariscenti: dal principale di Gassman/Bruno a Bibi (Claudio Gora) �fidanzato� con la Spaak. Che � un personaggio del tutto sovrapponibile a quello del commendator Bracci, sempre interpretato da Gora, ed ispirato ad Angelo Rizzoli (senior), che Sordi gettava in piscina alla fine del precedente film di Risi, Una vita difficile. Senza volerne fare il catalogo, il film si sofferma su molti altri simboli dell'incipiente modernit�: dai juke box, ai frigoriferi sparsi sulla strada nella sequenza dell'incidente, alla stazione di servizio Super Cortemaggiore, con una clientela internazionale (gli autostoppisti statunitensi, la coppia indonesiana), alle turiste straniere, ecc.. Se il night club Il Cormorano o Portofino sono luoghi esclusivi riservati ai pi� ricchi, sulla spiaggia dell'ultima parte del film ci sono un po' tutti, � un luogo ormai interclassista. Quella dei giovani che ballano nello stabilimento balneare � una sequenza impressionante, di rara forza visiva perch� attraverso i volti e, soprattutto, i corpi di quei ragazzi - la scena comunica una sensazione quasi di sospensione - si intravede un'Italia nuova, mentre ancora a cavallo tra vecchio e nuovo � la �festa campagnola�, come la chiama Gassman/Bruno, dove comunque, pur se suonati da un complesso vecchio stile, si ballano i �motivi� moderni con le movenze del twist. Allo stesso tempo il contadino autostoppista con il sigaro e il cestino di uova comprate al mercato che vuole correre veloce con l'automobile, cos� come le tante apparizioni di sacerdoti in tonaca, ecc., ci ricordano l'Italia di sempre, l'Italia tradizionale, rurale e cattolica. Anche i suoni, le musiche del film e, in particolare, le canzoni pur cos� presenti nel film - Dimmi Quando tu verrai e Guarda come dondolo, in particolare - non danno al film il tono di un �musicarello�, allora in voga, cos� come i luoghi di vacanza sono filmati in modi lontanissimi dal cinema turistico-balneare di quegli anni. Disincanto e nostalgia La forza evocativa di quest'opera, a distanza di sessant'anni, � una delle ragioni della sua fortuna postuma soprattutto per le generazioni che hanno vissuto quegli anni, che si riconoscono in essa, per quelle immediatamente successive, o per chi quegli anni li ha pensati anche attraverso film come Il sorpasso. Nonostante il disincanto che pervade la pellicola, si guarda a quel decennio come a una sorta di et� dell'innocenza, una societ� in trasformazione ma che appare pi� facile da decodificare e densa di illusioni non ancora perdute. Il revival, anche cinematografico, conosciuto dal decennio successivo, invece, ne ha messo in evidenza la complessit�. Gli anni Settanta sono nella memoria collettiva quelli pi� indecifrabili, perch� ci rimandano messaggi contraddittori, di liberazione ma anche di violenza, di azione collettiva e comunitaria ma anche di crisi, in cui, quindi, quelle speranze furono, alla fine, tradite, dissipate. Un film acre e dal finale tragico come Il sorpasso diventa allora un �luogo della memoria�, venato di una nostalgia che appare, per un aspetto non irrilevante, del tutto giustificata. Quella per un'epoca in cui il cinema italiano � stato al suo zenith, tanto da configurarsi come il contributo pi� rilevante dell'Italia alla cultura mondiale della seconda met� del �900. Una cinematografia che colpisce per la sua forza produttiva, pluralit� di voci e creativit�. Il cinema italiano � stato un agente influente nella costruzione delle identit� e dell'immaginario collettivo e, dunque, della stessa cittadinanza repubblicana. Proprio perch� ha cercato di capire il Paese e di ripensare la sua storia. La commedia all'italiana lo ha fatto, probabilmente, pi� di ogni altro genere anche se fu trascurata dalla critica di allora. D'altronde nel Sorpasso si ironizza sul cinema �d'autore�: quando Gassman/Bruno parlando dell'Uomo in frac di Modugno dice: �c'� tutto, la solitudine, l'incomunicabilit�, poi quell'altra cosa, quella che va di moda oggi, l'alienazione, come nei film di Antonioni no? L'hai vista l'Eclisse? Io c'ho dormito. Una bella pennichella. Bel regista Antonioni�. La trama in breve Le vicende narrate si svolgono nell'arco di una sola giornata. Nella torrida mattinata del Ferragosto del 1962, Roma � deserta. Bruno Cortona (Vittorio Gassman), un prestante quarantenne ossessionato dall'ansia di vivere e dal timore della vecchiaia, cialtrone e nullafacente, amante della guida sportiva e delle belle donne, vaga in auto alla ricerca di un pacchetto di sigarette e di un telefono pubblico. Si imbatte nel giovane Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant), uno studente timido iscritto a Giurisprudenza: il ragazzo � rimasto nella desolata capitale per preparare degli esami. La sua realizzazione massima sarebbe quella di seguire le orme del cugino Alfredo - avvocato di uno studio privato a Rieti - avere una bella moglie e una Fiat 500. Bruno chiede a Roberto il favore di usare il telefono di casa e poi lo invita per un giro sulla propria Lancia Aurelia B24 decappottabile. Il ragazzo, dapprima riluttante, accetta attratto dall'esuberanza dirompente di Bruno: inizia cos� uno scontro/incontro tra due generazioni, due classi sociali, due modi di vedere la vita. Gli amici per caso intraprendono un viaggio in auto lungo la via Aurelia, che li porter� verso la Toscana e mete sempre pi� distanti. Arriveranno a far visita ad alcuni parenti di Roberto, a Lilly (Catherine Spaak), la figlia di Bruno e alla sua ex-moglie. Le ore passano veloci in un susseguirsi di episodi tragicomici, fino ad un inatteso epilogo: un incidente automobilistico porta alla morte del giovane Roberto.