Dicembre 2022 n. 12 Anno VII Parliamo di... Periodico mensile i approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. Resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura. Indice Chiusura per ferie Tutta colpa di Lenin? Alla ricerca di Proust Pi� siamo pi� mangiamo Chiusura per ferie Informiamo i nostri gentili lettori che la Biblioteca rimarr� chiusa per le festivit� natalizie e di fine anno nei giorni dal 27 al 30 dicembre 2022 e riaprir� il 2 gennaio 2023. Con l�occasione auguriamo a tutti buone Feste. Tutta colpa di Lenin? (di Riccardo Mario Cucciolla, �Prometeo� n. 158/22) - Le diverse realt� dell'Europa orientale, e in particolare dell'Ucraina, presentano confini mobili, attraversati da numerose guerre, anche civili, lungo tutto il Novecento. Una ricostruzione dettagliata del rapporto tra un progetto nazionale ucraino e i bolscevichi, prima conflittuale e poi di necessario compromesso. - In questi giorni stiamo assistendo a una guerra che va oltre la geopolitica, gli interessi economici, le ideologie e le identit� e che vede cos� lontani due stati, due sistemi e due popoli che avevano condiviso una lunga storia comune. In questa fase di divisioni e di differenti visioni nazionali, attualmente inconciliabili, russi e ucraini sono d'accordo su una cosa. � tutta colpa di Lenin. In Ucraina, gli eventi di Euromaidan, l'annessione russa della Crimea e l'inizio della guerra nel Donbass nel 2014 hanno accentuato le divergenze all'interno di una parte della societ� e soprattutto nei rapporti tra questa e il mondo russo. Da allora il governo di Kiev accelerava il processo di decomunistizzazione e di derussificazione, mettendo fuori legge i partiti e i simboli comunisti, e ottenendo cos� una revisione della toponomastica e l'abbattimento di migliaia di monumenti dedicati al passato russo-sovietico. Lo stesso Lenin diveniva il capro espiatorio di un regime �totalitario�, �criminale� e �coloniale� che perseguiva una politica di �terrore di stato� e che veniva accusato di aver soffocato la nazione ucraina. Anche da parte russa, Lenin diventava la rappresentazione di un'illusione che aveva portato alla liquidazione dell'impero. Ci� emerge chiaramente nel discorso di Putin del 21 febbraio 2022 nel quale il presidente russo riconosceva l'indipendenza delle due repubbliche separatiste di Doneck e Lugansk e giustificava l'inizio dell'invasione affermando: L'Ucraina moderna � stata interamente creata dalla Russia bolscevica e comunista [...] e pu� essere giustamente chiamata �l'Ucraina di Vladimir Lenin�: Lui ne � stato il creatore e l'architetto. Il discorso di Putin negava una storia nazionale ucraina ben pi� antica - evidente nelle vicende cosacche di fine Seicento e in una florida tradizione letteraria ottocentesca - ma dava una lettura alquanto stravagante alle origini di un moderno stato ucraino che non nacque per iniziativa di Lenin ma, in un certo senso, come reazione alla Rivoluzione di Ottobre. Per capire le ragioni di queste affermazioni, e le loro forzature, dobbiamo contestualizzare nelle sue complessit� la storia della Guerra civile russa e l'origine dei diversi progetti nazionali in Ucraina. La repubblica popolare ucraina Nel 1917, la guerra era sostanzialmente perduta e l'esercito russo in rotta. Dopo la rivoluzione di febbraio, a Kiev nacque un movimento socialista ucraino guidato da letterati, accademici e intellettuali nazionalisti che istitu� la Central'na Rada, un'assemblea dominata da socialisti, progressisti, e socialdemocratici vicini alle istanze democratiche, nazionali e agrarie. La Rada era presieduta dallo storico Mychajlo Hrusevs'kyj, esponente del Partito Socialista Rivoluzionario Ucraino e promotore di una narrazione nazionale separata dall'impero zarista. Il governo provvisorio russo riconobbe l'autorit� della Rada e dell'esecutivo ucraino sui cinque governatorati di Kiev, Poltava, Cernigov, Volinia e Podolia e la riorganizzazione di istituzioni nazionali e di reparti ucraini all'interno dello stesso esercito russo. Anche Lenin aveva bisogno dell'Ucraina - come ponte per raggiungere l'Europa e sostenere una rivoluzione europea e poi globale - e cerc� di aumentare l'influenza rossa attraverso i soviet locali. Eppure, nel 1917, ad eccezione delle regioni industriali dell'Est e del Sud, i bolscevichi erano fin troppo deboli in Ucraina (e nella stessa Kiev) e non ebbero successo. La Rivoluzione d'Ottobre polarizz� ulteriormente la scena politica. Il governo ucraino condann� �il colpo di stato� e non riconobbe il Consiglio dei commissari del popolo della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (RSFSR). Diversamente, aveva subordinato le milizie di Kiev alla propria autorit�, scongiurando un tentativo rivoluzionario dei bolscevichi locali. Allora, anche buona parte dell'esercito - formato sostanzialmente da contadini - non appoggi� i bolscevichi, ma pass� sotto il controllo ucraino. Invece i bolscevichi erano spesso sostenuti da russi e centinaia di ebrei che soffrivano l'antisemitismo promosso dai bianchi e temendo il nazionalismo ucraino appoggiarono spesso l'unionismo bolscevico. Il 14 novembre la Rada assunse i poteri dello stato e il 20 eman� la III Universale con cui proclamava la Repubblica Popolare Ucraina (RPU) - un'entit� autonoma federata alla Russia, che comprendeva nove governatorati ucraini dell'Impero russo e includeva la regione mineraria del Donbass - e fissava le elezioni di un'Assemblea costituente ucraina. Nelle settimane successive, i bolscevichi promossero una serie di rivolte e istituirono un contropotere alternativo con un consiglio dei soviet ucraini, e stabilirono a Kharkov la Repubblica Sovietica Ucraina, alleata alla Russia bolscevica. Inoltre, il 17 dicembre Lenin e Trockij inviarono un ultimatum di 48 ore alla Rada chiedendo di fermare le �azioni controrivoluzionarie� o minacciando la guerra. Le truppe ucraine fermarono a Bachmac un contingente bolscevico che era diretto al Don e la Rada respinse l'ultimatum bolscevico, chiedendo il riconoscimento della RPU, la non interferenza nei propri affari interni, il trasferimento di truppe ucraine in Ucraina, la divisione delle finanze imperiali, e la partecipazione della RPU ai negoziati generali di pace. La situazione degener� pericolosamente quando i bolscevichi ordinarono la mobilitazione di truppe rosse sul confine, tra Brjansk e Belgorod e il 7 gennaio 1918 annunciarono un'offensiva generale contro l'Ucraina, organizzando il corpo di spedizione di Vladimir Antonov-Ovseenko. Questo era diretto contro le forze della Rada e le Armate bianche di Aleksej Kaledin che guidava le truppe cosacche rivoluzionarie nel Don e dei generali bianchi Michail Alekseev e Lavr Kornilov che avevano formato l'Esercito Volontario nella Russia meridionale. Scoppiava cos� la guerra sovietico-ucraina, il primo conflitto dichiarato dal governo bolscevico che per Kiev diveniva una fallita guerra di indipendenza. Il 22 gennaio 1918, la Rada interruppe i rapporti con Pietrogrado e proclam� l'indipendenza della repubblica. Nel frattempo, i bolscevichi sostennero la creazione di repubbliche sovietiche a Odessa, Donetsk-Krivoy Rog, in Crimea (Tauride) e iniziarono un'invasione dalla Russia, prendendo il controllo di diverse citt� ucraine, tra cui Kharkov (26 dicembre), Ekaterinoslav (9 gennaio), Aleksandrovsk (15 gennaio) e Poltava (20 gennaio), scontrandosi con le forze ucraine nel corso della famosa battaglia di Kruty (29 gennaio). L'assalto a Kiev dur� una settimana e si concluse il 9 febbraio, con un bilancio di centinaia di vittime tra i civili, compreso il metropolita della Chiesa ortodossa Vladimir. Come scrisse in un telegramma a Lenin il comandante bolscevico Michail Murav'�v �l'ordine � stato ristabilito a Kiev�. Allora la Rada dovette lasciare temporaneamente la capitale per rifugiarsi a Zytomyr e cercare un aiuto esterno nel quadro che si stava definendo a Brest-Litovsk. In questa fase di grandi incertezze, la Russia bolscevica doveva far fede agli impegni rivoluzionari per una pace �giusta e democratica� e chiudere il fronte con gli imperi centrali. Berlino e Vienna avevano vinto la guerra sul fronte orientale e creavano una zona cuscinetto in quelle regioni che erano state sottratte alla Russia, sostenendo i progetti nazionali di Ucraina, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Bielorussia e Polonia e stabilendovi dei protettorati. Allora l'Ucraina veniva legittimata nella propria soggettivit� e otteneva uno status neutrale e l'aiuto delle potenze centrali contro i rossi. Fu cos� che il 18 febbraio truppe tedesche entrarono in Ucraina (seguite il 28 da quelle austroungariche), stanziando oltre 450-mila unit� in cambio di forniture in generi alimentari. Grazie al supporto austro-tedesco, gli ucraini riuscirono a scacciare momentaneamente i bolscevichi dal territorio della RPU e ripresero Kiev il 1o marzo 1918. Nel frattempo, le stesse repubbliche bolsceviche ucraine si unirono alla Repubblica Sovietica Ucraina. La presenza delle autorit� imperiali fin� per esautorare il governo di Kiev e compromettere la legittimit� di un regime sempre pi� impopolare e di fatto impotente davanti agli scomodi alleati. Cos�, il 29 aprile 1918, un colpo di stato supportato dagli austro-tedeschi rovesci� i vertici della RPU e il nuovo Stato Ucraino divenne di fatto un protettorato tedesco guidato in modo autoritario dall'etmano Pavlo Skoropad'skyj, un ex ufficiale imperiale discendente di un'illustre famiglia d'origine cosacca. L'etmano form� un governo conservatore che favor� la lingua e la letteratura ucraina, port� alla fondazione di scuole e universit�, e allacci� relazioni diplomatiche con diversi paesi europei. Ma questo era alquanto impopolare in quanto era composto principalmente da russofoni e zaristi, sosteneva i grandi latifondisti confiscando quelle terre che pochi anni prima erano state redistribuite ai contadini, comportando una serie di disordini e insurrezioni nella societ� rurale, e una possibile federalizzazione dell'Ucraina all'interno di un restaurato Impero russo. Gli eserciti ucraino, tedesco e austro-ungarico continuarono a guadagnare terreno, riprendendosi la riva sinistra, la Crimea e il Donbass, prendendo il Kuban, stringendo la pace con la repubblica del Don e costringendo i bolscevichi a negoziare un accordo di pace preliminare con il governo ucraino. Ciononostante, le sorti dell'Ucraina dipendevano dall'andamento della guerra. Il crollo degli imperi centrali corrispose con la formazione di repubbliche popolari ucraine anche nell'ex Austria-Ungheria (Repubblica di Lemko-Rusyn, Repubblica di Hutsul e soprattutto una Repubblica Nazionale dell'Ucraina Occidentale basata nei territori della Galizia orientale e con capitale Leopoli) e portava la Russia sovietica a denunciare il Trattato di Brest-Litovsk e a rifiutare di riconoscere l'indipendenza della RPU. Il direttorio Il 14 novembre 1918 un'insurrezione guidata dal leader socialdemocratico - gi� segretario per gli affari militari - Symon Petljura port� all'abdicazione di Skoropad'skyj, restaur� nominalmente la democratica RPU e affid� il potere a un Direttorio. Questo era molto popolare tra i contadini e tra una parte delle forze armate, e avrebbe cercato di mantenere l'indipendenza, combattendo contro bianchi e rossi e alleandosi con la neonata Seconda Repubblica di Polonia dove i bolscevichi, gi� nel 1918-1919, avevano tentato di espandere la propria influenza, supportando i comunisti locali e intensificando le operazioni militari. Inoltre il Direttorio tent� di consolidare il fronte nazionale con l'atto di riunificazione (Akt Zluky) con la Repubblica Nazionale dell'Ucraina Occidentale il 22 gennaio 1919. In realt�, gli ucraini occidentali continuarono a mantenere un proprio esercito e una propria struttura governativa e alla fine, in luglio vennero schiacciati dai polacchi e poi annessi con una vittoria sanzionata a Versailles. Il 1919 rappresentava una nuova fase della guerra civile in Ucraina, segnata dall'invasione dell'Armata Rossa, rivolte contadine antisovietiche, e il coinvolgimento di diverse fazioni: gli ucraini occidentali, il Direttorio, i bolscevichi ungheresi e ovviamente quelli ucraini e russi, le armate cecoslovacche e polacche a Ovest, le forze romene in Bessarabia, gli eserciti russi bianchi del generale Anton Denikin nel Sud (supportati dai francesi che occuparono Odessa fino all'aprile 1919), le armate verdi contadine e vicine ai socialisti rivoluzionari e l'Esercito insurrezionale rivoluzionario d'Ucraina di Nestor Machno. Quest'ultimo dal 1917 aveva condotto una rivolta contadina con epicentro a Huljajpole, combattendo contro tedeschi e bianchi e stabilendo un Territorio Libero nel Sud-Ovest dell'Ucraina dove furono applicati su larga scala i principi dell'autogoverno anarchico. In Ucraina, i bolscevichi avevano stabilito dei contatti con Machno, definendo una breve alleanza con il movimento anarchico contadino che entro l'autunno avrebbe inflitto delle pesanti perdite alle armate di Denikin. A gennaio i bolscevichi invasero l'Ucraina da Kursk - dove si era stabilita la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina (RSSU) - procedendo in direzione di Kiev e Kharkov e iniziando una campagna militare nel Don dove realizzarono una politica di decosachizzazione. Questa comportava l'uccisione e la deportazione di migliaia di cosacchi, rappresentando la prima campagna repressiva del nuovo regime sovietico nei confronti di un'intera categoria sociale. Alla fine del mese, i bolscevichi avevano preso la riva sinistra, la regione di Kiev e premevano in Polesia e Podolia. Allora il Direttorio fu costretto a ritirarsi e si trasfer� prima a Vynnitsya e poi a Proskurov. A marzo, una controffensiva ucraina minacciava Kiev e prendeva territori a sud, in direzione Mykolaiv e Kherson, e a giugno riconquistava la Podolia. Inoltre i bolscevichi dovettero affrontare una serie di rivolte contadine antibolsceviche che si manifestarono anche contro Petljura e le stesse forze dell'Intesa. Fu cos� che dopo le drammatiche sconfitte militari dell'estate del 1919 per mano delle armate di Denikin che aveva abilmente sfruttato il supporto dell'intesa e spesso dei contadini, si apr� un fronte interno tra Stalin e Trockij - entrambi presenti proprio sul fronte meridionale - che avrebbe infiammato il partito anche negli anni successivi. I bolscevichi riusciranno a riorganizzarsi e a tornare alla fine dell'anno. Lenin, che non era un nazionalista russo e comprendeva i problemi legati alle questioni nazionali nel contesto post-zarista, nel dicembre del 1919 scrisse una lettera ai lavoratori e ai contadini dell'Ucraina dove ammetteva che i bolscevichi erano stati cacciati perch� non avevano capito l'importanza del sentimento patriottico ucraino nelle campagne e nei villaggi. Definiva cos� una linea programmatica per cui era necessario tornare e non ripetere gli errori del 1918 imponendo una dimensione russa, ma creare un potere che rispettasse formalmente, e anche di fatto, la lingua, la cultura e le tradizioni ucraine, e reprimesse cos� le componenti nazionaliste russe nelle citt�. �Vogliamo un'unione volontaria delle nazioni - un'unione che precluda ogni coercizione di una nazione da parte di un'altra - un'unione fondata sulla piena fiducia, sul chiaro riconoscimento dell'unit� fraterna, sul consenso assolutamente volontario. Una tale unione non pu� essere effettuata in un colpo solo; dobbiamo lavorarci con la massima pazienza e circospezione, per non rovinare le cose e non destare sfiducia, e perch� la sfiducia ereditata da secoli di oppressione fondiaria e capitalista, secoli di propriet� privata e l'inimicizia causata dalle sue divisioni e le ridivisioni potrebbe avere la possibilit� di svanire. Dobbiamo quindi tendere con tenacia all'unit� delle nazioni e sopprimere spietatamente tutto ci� che tende a dividerle, e cos� facendo dobbiamo essere molto cauti e pazienti, e fare concessioni alle sopravvivenze della sfiducia nazionale. [...] Se un comunista grande-russo insiste sulla fusione dell'Ucraina con la Russia, gli ucraini potrebbero facilmente sospettarlo di sostenere questa politica non per il motivo di unire i proletari nella lotta contro il capitale, ma a causa dei pregiudizi del vecchio nazionalismo grande-russo, dell'imperialismo. Tale sfiducia � naturale, e fino a un certo punto inevitabile e legittima, perch� i Grandi Russi, sotto il giogo dei proprietari terrieri e dei capitalisti, avevano assorbito per secoli i pregiudizi vergognosi e disgustosi dello sciovinismo grande-russo. [...] noi comunisti grande-russi dobbiamo reprimere con la massima severit� la minima manifestazione in mezzo a noi nel nazionalismo grande-russo, poich� tali manifestazioni, che sono un tradimento del comunismo in generale, causano il danno pi� grave separandoci dai nostri compagni ucraini e giocando cos� nelle mani di Denikin e del suo regime�. L'Ucraina sovietica Dal dicembre 1919, Petljura organizz� dalla Polonia una controffensiva che impegnava nella regione di Kirovohrad la 14a armata sovietica in quella che diventava la prima campagna invernale e puntava ad estendere il conflitto anche a una vicina potenza regionale emergente. Cos� il 22 aprile 1920, con il Trattato di Varsavia, il governo ucraino formalizzava un'alleanza con la Polonia di J�zef Pilsudski, riconoscendo il diritto di Varsavia sulla Galizia e stabilendo il confine sul fiume Zbruc, in cambio di aiuto militare nel rovesciamento del regime bolscevico. L'offensiva congiunta contro i bolscevichi faceva scoppiare la guerra sovietico-polacca che si combatt� nei mesi successivi sui fronti ucraini e bielorussi. Le forze polacche, rafforzate da due divisioni ucraine, attaccarono Kiev nell'estate 1920. Ma questi furono costretti a ritirarsi dal contrattacco dell'Armata a cavallo guidata da Semen Bud�nnyj verso Zytomyr e Kliment Vorosilov in direzione di Korosten. La controffensiva bolscevica respinse le forze ucraine e polacche oltre lo Zbruc, creava una repubblica sovietica in Galizia e ad agosto si arrest� sulla Vistola in direzione di Varsavia. La situazione sembrava compromessa anche per lo stesso Pilsudski, cos� il 18 ottobre i polacchi firmarono un armistizio con i sovietici e finirono per disarmare le ultime armate ucraine rimaste in Galizia; mentre a novembre, il comandante del fronte meridionale, Michail Frunze, iniziava un'offensiva in Crimea contro l'armata bianca di Petr Vrangel' e finiva per reprimere quello stesso movimento di Machno che era stato cos� determinante nella lotta contro gli ex zaristi. Alla fine, l'autorit� del Direttorio si era oramai esaurita e perdeva i suoi territori: cos� nel marzo 1921, la pace di Riga tra Mosca (che chiudeva un fronte) e Varsavia (che confermava il proprio allargamento a est) suggell� un controllo condiviso dei territori ucraini da parte della RSSU, della RSFSR e della Polonia che ottenne il controllo della Galizia e di gran parte della Volinia fino al 1939. Nel novembre 1921, le armate ucraine residue condussero l'ultima incursione contro l'Armata Rossa nel corso della seconda campagna invernale. L'operazione diretta verso Bessarabia, Podolia e Volinia era coordinata dal comandante Jurij Tjutjunnyk e mirava a incitare una rivolta generale tra i contadini ucraini che erano gi� scontenti dei sovietici e di unificare le forze partigiane contro i bolscevichi. L'operazione fall� e dopo di questa, solo azioni partigiane minori vennero condotte contro i bolscevichi fino alla met� del 1922, mentre l'Armata Rossa terrorizzava le campagne e consolidava il regime sovietico, e Petljura con il governo della RPU furono costretti all'esilio. Alla fine della guerra civile, la maggior parte dei territori ucraini vennero inclusi in quella RSSU che il 30 dicembre 1922 divenne uno dei membri fondatori dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Evidentemente, dopo le prime sconfitte nel 1919, Lenin giunse alla conclusione che era necessario scendere a compromessi con il movimento nazionale ucraino - che era ancora socialista e a base contadina - e con le istanze autonomiste tra gli stessi bolscevichi. Dunque, per mantenere il controllo sull'Ucraina diveniva indispensabile preservare una forma di soggettivit� nazionale pari a quella russa all'interno dell'Unione e un grado di autonomia, in termini di diritti nazionali concessi nel campo linguistico, culturale e di inclusione delle �lite locali nella nomenklatura secondo un principio di discriminazione positiva nelle repubbliche con nazionalit� titolari. E cos�, seguendo da vicino la questione ucraina, Lenin modell� l'impalcatura amministrativa e la gestione delle differenze etnonazionali nell'intera Unione Sovietica. Una politica delle nazionalit� che venne decisa dallo stesso Stalin - e ne avrebbe supportato la posizione contro Trockij che invece rimaneva internazionalista e rifiutava una politica di favore delle nazionalit� - definendo un compromesso con la classe dirigente ucraina e che attir� migliaia di coloro che si erano rifugiati in Polonia durante la guerra civile e che tornarono in patria per partecipare al nuovo progetto nazionale. L'URSS nacque cos� come uno Stato anazionale che ereditava un passato imperiale di ingiustizie nazionali e sociali (�la prigione delle nazioni�) e che - come voleva Lenin, diversamente da Stalin - non ebbe la componente russa nel nome e nel quale entrarono a parit� tutte le repubbliche socialiste sovietiche. Un compromesso imperiale tra il regime sovietico e gruppi di dirigenti comunisti locali che credevano che si potesse costruire nella cornice sovietica una repubblica socialista e ucraina, legando cos� la questione sociale a quella nazionale. Stalin fin� per interpretare la questione ucraina in termini di questione contadina, temendo che le masse rurali costituissero la base per un esercito nazionale. E proprio contro le campagne ucraine apr� un fronte nel corso delle collettivizzazioni, con lo stesso Holodomor che divenne uno strumento di decostruzione nazionale. Un compromesso imperiale che con Stalin si resse sul terrore e che successivamente, nelle sue evoluzioni e contraddizioni, sarebbe durato fino al 1991. Alla ricerca di Proust (di Silvia Buchi, �Focus Storia� n. 193/22) - Gli occhi intelligenti e tristi di Marcel Proust si chiusero per sempre 100 anni fa. La sua eredit�? Uno dei pi� grandi capolavori della letteratura e un arguto ritratto della societ� del tempo. - Parigi, 13 aprile 1893. Nel famoso salotto di Madame Lemaire, l'attrice Julia Bartet recita le poesie del conte Robert de Montesquiou, ospite d'onore della serata. L'uomo � avvolto come sempre nel suo abito grigio con cravatta pastello, quasi una divisa. Al termine dell'esibizione, la padrona di casa, accompagnata da un giovane ventiduenne, gli si avvicina e procede con le presentazioni: �Ecco il mio delizioso paggio, Marcel Proust�, aggiungendo subito dopo: �Promettetemi di essere gentile�. Raccomandazione superflua: fra i due si instaura subito una corrente di simpatia. Marcel ammira, nel conte, il nobile lignaggio, l'amico dei grandi poeti Verlaine e Mallarm�, il dandy dal profilo puro e dallo sguardo ammaliatore. Al conte, di 16 anni pi� grande, piace quel giovane educato, con il volto liscio, gli occhi profondi e umidi. Il conte sciorina aneddoti, battute, frecciate e intanto scruta l'interlocutore. Il giorno seguente, Marcel si vede recapitare una fotografia con dedica: �Je suis le souverain des choses transitoires� (�Sono il re dell'effimero�). Da quel momento, per il giovane scrittore si aprirono le porte dei salotti pi� esclusivi del quartiere Faubourg Saint-Germain, frequentati dall'aristocrazia parigina. Mentre inizia un'amicizia destinata a durare tutta la vita. �L'infanzia di Marcel si protrasse molto al di l� dei limiti consueti�, scriveva il drammaturgo Claude Mauriac. �Era un bambino sensibile, nervoso e non riusciva ad addormentarsi se prima non aveva ricevuto il bacio dalla mamma�. Bastava qualche parola un po' aspra per farlo piangere per tutta la notte. Amava la madre, Jeanne Weil (1849-1905) in modo quasi morboso, tanto da vivere con lei fino ai 34 anni, quando la donna mor�. In quell'occasione Proust scrisse una lettera a Montesquiou, da cui traspare tutta la disperazione e l'amore per maman: �La mia vita ha ormai perduto il suo solo scopo, la sua sola dolcezza, il suo solo amore, la sua sola consolazione. Io ho perduto colei la cui incessante vigilanza mi arrecava, sotto forma di pace e di tenerezza, il solo miele della mia vita�. Quanto al padre, Adrien Proust (1834-1903), noto professore universitario, non ci fu mai un rapporto facile: �Io cercavo, non dico di dargli delle soddisfazioni - poich� capivo abbastanza bene di essere il punto nero della sua vita - ma di dimostrargli il mio affetto. E ciononostante c'erano giorni in cui mi ribellavo dinanzi a ci� che nelle sue affermazioni mi appariva troppo sicuro e perentorio�. Marcel aveva anche un fratello pi� piccolo, Robert (che morir� nel 1935), a cui voleva molto bene, e che segu� con successo la strada del padre. Pi� tardi Robert ricorder� il fratello con queste parole, cariche di tenerezza: �Questa dolcezza infinita, e questa gentilezza di Marcel, caratterizzata da un reale bisogno di donarsi agli altri, di dissociarsi in loro, lo rendevano, al di l� delle sue meravigliose doti di intelligenza, un essere morale eccezionale. Ha sempre avuto per me l'anima fraterna e benevola di un anziano... e tutta la mia giovinezza era rinchiusa nella sua individualit�. A undici anni, nel 1882, i genitori lo iscrissero al liceo Condorcet dove, nonostante le frequenti assenze per l'asma che lo tormenter� per tutta la vita, Marcel ottenne numerose menzioni d'onore. Ma, sul piano personale e sociale, la scuola fu un disastro. A distanza di cinquant'anni, Daniel Hal�vy, suo compagno di classe, cos� ricordava i giorni passati con lui e gli amici Robert Dreyfus e Jacques Bizet: �C'era in tutto ci� qualcosa che non ci piaceva, e rispondevamo con una parola brusca, facevamo il gesto di spingerlo. Lo spintone non lo davamo mai: spingere Proust era impossibile; ma insomma, facevamo il gesto e bastava questo ad affliggerlo. Per noi era decisamente troppo poco �ragazzo�, e le sue gentilezze, le sue tenere attenzioni, le sue carezze, le definivamo spesso affettazioni, pose e ci capitava di dirglielo in faccia: i suoi occhi allora si facevano pi� tristi�. Marcel soffriva per questa situazione che lo relegava ai margini, ma, soprattutto, temeva che venisse scoperta la sua omosessualit�. Finito brillantemente il liceo, si laure� nel 1893 a pieni voti, studiando diritto e scienze politiche, ma senza mai dimenticare le sue ambizioni letterarie: nel 1894 pubblic� la raccolta di poemi in prosa e novelle I piaceri e i giorni, un anno dopo cominci� la stesura del romanzo Jean Santeuil (uscito postumo soltanto nel 1952). La posizione sociale ed economica della famiglia apr� dunque al giovane letterato le porte degli ambienti dell'alta borghesia e dell'aristocrazia. A quel volubile mondo piacevano il talento di Marcel, i suoi primi racconti, le poesie, i brillanti resoconti delle feste parigine che scriveva per Le Figaro. Ma, secondo Andr� Gide (Nobel per la letteratura nel 1947), Proust era �uno snob, un mondano dilettante� (pi� tardi gli scrisse una magnifica lettera di scuse). Quando l'asma glielo permetteva, Marcel frequentava i salotti. In uno di questi conobbe il principe Antoine Bibesco, che divenne suo buon amico: �Solo una persona mi capisce, Antoine Bibesco!�, scrisse Proust all'amica Anna de Noailles. Fece anche la corte alla fascinosa �lisabeth de Caraman-Chimay, moglie del conte Henry Greffulhe, anche se aveva confessato a Gide di �non aver mai amato le donne se non spiritualmente e di non aver conosciuto l'amore se non con gli uomini�. �lisabeth - intelligente, ironica, colta e circondata da artisti, letterati, musicisti - gli fece conoscere i compositori Wagner e Faur� e la celebre compagnia dei balletti russi. Pi� tardi Proust conobbe la principessa H�l�ne Soutzo, che invitava gli amici all'Hotel Ritz: Marcel fu colpito dalla sua grazia e dal suo humour. Soprattutto, l'aristocratica divenne la fonte di gossip e novit� sulla moda, e finiranno nel suo capolavoro, Alla ricerca del tempo perduto, noto in francese come La Recherche. Nel salotto parigino di Madame Lemaire, Marcel conobbe Reynaldo Hahn, ex enfant prodige del pianoforte. Fra i due nacque, nell'estate del 1894, una relazione tormentata, durata relativamente poco a causa della gelosia esasperata di Proust, ma che si trasform� in un'amicizia per la vita. Marcel s'invagh� poi del diciassettenne Lucien Daudet, bello, elegante, sensibile, dotato di una conversazione brillante. Anche questa relazione fin� presto, per l'intervento della madre di Marcel. Ebbe altre avventure finch�, anni pi� tardi, nel 1914, Marcel perse davvero la testa. Oggetto del desiderio: Alfred Agostinelli, venticinquenne, ex autista. Per accontentare le continue richieste di denaro dell'amante, Marcel fu costretto a vendere parte delle sue azioni e arriv� addirittura, per non perderlo, a comprargli un aeroplano. Ma destino volle che, durante una prova di volo, Alfred sbagli� una manovra e il velivolo sprofond� nel mare. Per Proust fu un colpo terribile. Nonostante la sua vocazione di scrittore, Marcel per lungo tempo soffr� di una specie di indolenza, come lui stesso scrisse in una lettera inviata all'amico Robert de Billy: �Ho appena il coraggio di scriverti, mi sento indegno, non concludo niente... Dopo qualche pagina preliminare, la noia mi fa cadere la penna dalle mani�. A salvare Proust da questo stato d'animo fu, curiosamente, un dolcetto morbido che, da piccolo, la zia Leonia gli offriva insieme al t�: una madeleine. Questo ricordo gli scaten� una tempesta emotiva, un flusso inarrestabile di ricordi del passato e il desiderio impellente di riprendere a scrivere La Recherche, che aveva interrotto anni prima. Il risultato fu un lavoro immane, scritto tra il 1909 e il 1922, un capolavoro autobiografico che racconta il grandioso affresco della societ� francese all'inizio del Novecento con le debolezze e le ipocrisie che la distinguevano. Ma si tratta anche di un viaggio psicologico a ritroso, nel tentativo di ricostruire la propria identit�. I protagonisti sono donne e uomini che Proust conosceva bene, ma inseriti con nomi di fantasia per evitare scandali. Eppure, molti si riconobbero nel libro, e di sicuro Marcel si fece dei nemici. Uno su tutti, quel conte de Montesquiou conosciuto da ragazzo - che lo scrittore fece rivivere con il nome di barone Charlus, un personaggio ambiguo e affascinante insieme - di cui venivano rivelati l'omosessualit� e il masochismo. Marcel era ormai recluso nella sua stanza al numero 44 di rue Hamelin, con i muri rivestiti di sughero per isolarsi dai rumori, lottando contro l'asma, con l'aggiunta di una bronchite che nel frattempo stava logorando i suoi gi� debolissimi polmoni. Cos� ricorder� quei giorni Jean Cocteau, scrittore e regista: �Era estremamente difficile varcare la soglia della camera di Marcel Proust. C'era tutto un cerimoniale: in anticamera si era fermati da Celeste, la domestica, che mi chiedeva: �Signor Jean, non ha per caso incontrato una signora che avrebbe potuto toccare un fiore?�. Marcel infatti viveva in una nuvola di polvere anti-asmatica per paura delle crisi di soffocazione. Stava coricato, completamente vestito, circondato da una specie di gabbia di sughero che lo proteggeva dai rumori esterni, con i guanti per evitare di mangiarsi le unghie. Assomigliava, con la sua barba lunga, al Capitano Nemo e la sua camera al Nautilus. La sera ascoltavamo qualche brano del suo libro, ma era difficile capire, perch� rideva leggendo, soffocando il riso sotto la barba e sotto la mano guantata e interrompeva la lettura dicendo: �� idiota... � idiota!��. Marcel dormiva di giorno e scriveva o dettava di notte, perdendo la cognizione del tempo, ma deciso a rivedere nei minimi particolari, prima di morire, il sesto libro della Recherche, intitolato La fuggitiva. Per questo non accettava le medicine che il fratello e la fidata domestica C�leste Albaret gli consigliavano: voleva rimanere lucido fino in fondo. Proust mor� alle 5:30 del 18 novembre 1922, a 51 anni, e fu sepolto nel cimitero parigino di P�re-Lachaise. Pi� siamo pi� mangiamo (di Nicoletta Cavazza, �Psicologia contemporanea� n. 213/09) - Pu� sembrare stupefacente, eppure la quantit� di cibo assunta mangiando insieme ad altre persone � condizionata pi� dal numero di persone che ci fanno compagnia, che dalla sensazione di fame. - Quante volte sar� capitato anche a voi di alzarvi da tavola pensando: �Ho mangiato troppo, ho fatto male!�. Gi� questo solo esempio pu� farci capire che spesso la quantit� di cibo che mangiamo non � regolata tanto dalle sensazioni di fame e saziet� che provengono dal nostro corpo, quanto da alcuni fattori sociali e di contesto. Se provate a fare mente locale, nelle occasioni in cui avete pensato di aver mangiato pi� del dovuto sicuramente non eravate soli a tavola. Consideriamo anche questi due esempi. Carlo ha conosciuto Anna in chat. Dopo un breve incontro per un caff�, giusto il tempo per darsi una sbirciatina, a Carlo � rimasta l'impressione che valesse la pena approfondire la conoscenza e ha molto insistito per invitarla a cena. Lei ha accettato e Carlo ha prenotato in un ristorantino vicino casa sua. Marco e Paola hanno in programma di uscire a cena stasera con altre due coppie per provare il nuovo ristorante di quel cuoco di cui si parla tanto. Un paio d'ore prima di uscire ricevono la notizia che alla compagnia si aggiunger� un'altra coppia di amici. Tutti i protagonisti delle due situazioni descritte si accosteranno alla cena avvertendo un certo stimolo della fame. Loro stessi, forse, saranno propensi a credere che questo stimolo, e quello che seguir� all'assunzione degli alimenti, cio� quello delle saziet�, regoleranno la quantit� di cibo che essi consumeranno. Probabilmente, sarebbero stupiti di sapere che, invece, la quantit� di cibo che mangeranno nel corso della loro cena � condizionata, pi� che dalla sensazione di fame, dal numero di persone sedute allo stesso tavolo. Tutto un filone di ricerche di psicologia delle scelte alimentari si � focalizzato proprio sull'influenza esercitata dalle altre persone mentre si consuma del cibo in compagnia. Numerosi studi, per esempio, sono stati condotti dallo psicologo americano John de Castro e dalla sua �quipe a partire dagli anni Settanta. In molti di questi � stato utilizzato il metodo dei diari. I ricercatori chiedevano ai volontari che partecipavano alle loro ricerche di annotare tutto ci� che mangiavano (genere di alimento, quantit�) insieme alle caratteristiche del contesto in cui avvenivano le assunzioni di cibo (orario, luogo, numero di persone presenti). Si � potuto cos� osservare, in modo inequivocabile, che la quantit� di cibo consumato � profondamente influenzata dal contesto socioculturale. � emerso, infatti, che semplicemente mangiare con un'altra persona fa aumentare il consumo di cibo di circa il 44% rispetto a quando si mangia da soli. Ma ancora pi� interessante � il fatto che si rileva una relazione positiva e significativa fra il numero delle persone presenti a tavola e la quantit� di cibo che mediamente consumano gli individui a quella tavola. Dunque, ad ogni commensale che si aggiunge, ogni persona seduta a tavola tender� a mangiare un po' di pi�. Naturalmente, l'impatto incrementale di ogni individuo che si aggiunge alla compagnia tende a indebolirsi, per cui, mentre mangiare soli o in due fa una grossa differenza, mangiare in 9 o in 10 comporta una differenza nettamente minore. Questo vuol dire che, tornando ad uno dei due casi descritti all'inizio, Marco e Paola possono fare previsioni diverse su quanto mangeranno a cena prima e dopo la telefonata che li informa che un'altra coppia ha deciso di raggiungerli al ristorante. Ma perch� pi� siamo pi� mangiamo? Gli psicologi sociali hanno cercato di rispondere a questa domanda ricorrendo innanzitutto al concetto di �facilitazione sociale�. L'effetto di facilitazione sociale � stato osservato da Norman Triplett alla fine dell'Ottocento ed � uno dei risultati empirici pi� antichi della storia della psicologia sociale scientifica. Lo studioso mostr� che alcuni ragazzini giravano la manovella del mulinello della canna da pesca pi� velocemente quando erano in presenza di altri ragazzini, piuttosto che quando erano da soli. Triplett concluse che la mera presenza di altri facilita lo svolgimento di un'attivit�. Studi successivi chiarirono che l'effetto non � generalizzabile a tutti i tipi di attivit�. Zajonc, infatti, qualche decennio pi� tardi, fece notare che la presenza di altre persone provoca una certa attivazione emotiva, la quale faciliterebbe l'emissione della risposta dominante nel proprio repertorio comportamentale. Dunque, se l'attivit� � semplice, ben conosciuta dall'individuo, se, in altre parole, implica un comportamento ben consolidato nel suo repertorio, allora la presenza degli altri ne facilita la messa in atto. Se, invece, l'attivit� � complessa e richiede sforzi non abituali (pensiamo, per esempio, allo svolgimento di un compito di esame), la presenza degli altri inibisce la performance. Nel caso che stiamo qui esaminando, possiamo dire che, poich� mangiare � un comportamento semplice, consolidato, di routine, esso ha le caratteristiche per essere agevolato dalla presenza di altri individui. L'effetto di facilitazione sociale sul consumo di cibo � poi potenziato dal fatto che il numero di commensali � positivamente correlato anche con il tempo che il gruppo trascorre a tavola: le ricerche mostrano che pi� siamo pi� rimaniamo seduti a tavola. Questo tempo non viene utilizzato soltanto per consentire a tutti di partecipare alla conversazione, ma viene occupato anche da un costante consumo di cibo. D'altra parte, la presenza degli altri e la conversazione distolgono il focus della nostra attenzione da quel controllo cognitivo che usualmente esercitiamo sulla quantit� di cibo ingerito, determinando cos� un effetto di disinibizione. Normalmente, infatti, regoliamo e interrompiamo l'assunzione di cibo prima che il segnale di saziet� arrivi a consapevolezza, perch� abbiamo imparato qual � la quantit� di cibo adeguata per i nostri pasti e su tale base decidiamo quanto cibo comprare, cucinare o mettere nel nostro piatto. Quando siamo in compagnia, questo meccanismo di autoregolazione � pi� difficile da mantenere, sia perch� una parte della nostra attenzione � impegnata nell'attivit� comune, sia perch� un'altra parte dell'attenzione � focalizzata sul comportamento degli altri che, a loro volta, mangiano relativamente pi� del solito e che ci conduce ad un effetto di imitazione. A questo proposito, � stata condotta una ricerca (Bellin, 2008) con il metodo dell'osservazione non intrusiva in un ristorante di categoria medio-alta di Reggio Emilia. Per un periodo di 4 mesi, nel corso del 2008, sono stati registrati i consumi di tutti i clienti che hanno cenato al ristorante, ossia 892 donne e 793 uomini, per un totale di 1685 commensali. In particolare, sono stati registrati il numero di portate ordinate, la quantit� di pane consumato (naturalmente la stessa quantit� individuale di pane era stata resa disponibile su tutti i tavoli), il numero di piatti tornati in cucina con avanzi di cibo, il numero dei commensali per tavolo, la loro composizione per genere e la durata del pasto. L'elaborazione di queste informazioni ha restituito risultati in linea con quelli osservati da De Castro e colleghi (1992; 1997). Anche nel nostro caso il numero dei commensali � significativamente e positivamente correlato con il numero medio delle portate individuali ordinate (r=0.24) e con la durata del pasto (r=0.44), mentre non � correlato con la quantit� di avanzi ed � correlato negativamente con il consumo medio individuale di pane (r=-0.15). In sintesi, pi� le compagnie sono numerose, pi� si protrae il tempo trascorso al ristorante, tempo che viene riempito con il consumo effettivo di un numero relativamente superiore di portate e meno con il consumo di pane dai cestini presenti sul tavolo. Ma anche la composizione della compagnia influenza la quantit� di cibo che i convenuti consumano. I risultati mostrano che in media gli individui tendono a ordinare pi� portate quando mangiano in gruppi misti per genere rispetto a quando sono soli, ma anche rispetto a quando sono in coppia e in gruppi monogenere. L�effetto di influenza sociale che abbiamo appena illustrato interagisce poi anche con un effetto situazionale dovuto al giorno della settimana in cui il pasto al ristorante viene consumato. Mediamente, infatti, i clienti del ristorante in questione avevano ordinato pi� portate nel week-end rispetto ai giorni infrasettimanali. Ma l'effetto di influenza sociale dovuto al numero dei commensali presenti a tavola � pi� forte nei giorni infrasettimanali (r=0.37) rispetto al week-end (r=0.16). In altre parole, mentre nel fine settimana siamo gi� propensi a mangiare pi� di quanto facciamo normalmente, e dunque non aumentiamo troppo il consumo in presenza di altri, durante la settimana allentiamo il controllo soltanto quando siamo con un certo numero di altre persone. L�influenza sociale sul consumo alimentare non si traduce, per�, necessariamente in un aumento dell'assunzione di cibo. Una seconda serie di ricerche ha infatti documentato anche alcuni effetti inibitori. Tipicamente, i partecipanti svolgono un compito pretestuoso in un laboratorio insieme a quello che loro credono essere un altro partecipante, ma che in realt� � un complice addestrato dallo sperimentatore. Nel laboratorio � disponibile una quantit� prestabilita di snack di vario genere e il ricercatore raccomanda ai partecipanti di mangiarne a loro piacimento. Il comportamento di consumo dei partecipanti effettivi viene rilevato in due condizioni sperimentali e una di controllo. In una condizione sperimentale il complice � addestrato a mangiare poco, nella seconda, invece, il complice � addestrato a mangiare molto, mentre nella condizione di controllo il partecipante � solo. I risultati mostrano che i partecipanti a questo tipo di esperimento adattano fortemente il loro consumo a quello del complice, mangiando il 29% in meno di quelli che svolgono il compito da soli quando sono abbinati a un complice che mangia poco, e il 25% in pi� quando sono abbinati a un complice che mangia molto. Le differenze fra le condizioni sperimentali sono ancora pi� accentuate quando i partecipanti si sono preliminarmente astenuti dal mangiare per un certo numero di ore e quindi hanno effettivamente fame. Il consumo di cibo � pi� influenzato, dunque, da segnali di contesto, come il comportamento delle altre persone, che dai segnali dell'organismo. In questo caso, l'interpretazione fa appello non pi� alla facilitazione sociale, ma al processo di modellamento (o imitazione): le persone osservano il comportamento degli altri per dedurre quali siano i comportamenti adeguati in una data situazione, soprattutto quando la situazione non � del tutto familiare. Mettere in atto comportamenti adeguati � una posta in gioco rilevante, in particolare quando vogliamo dare una buona impressione di noi stessi, come potrebbe essere il caso di Carlo e Anna a cena insieme per la prima volta. Anche il consumo di cibo infatti veicola l'impressione che noi diamo di noi stessi. Ci� � particolarmente vero nel caso delle donne che, quando mangiano poco e scelgono cibi stereotipicamente femminili (come per esempio le verdure), inducono negli osservatori delle impressioni pi� positive rispetto a quando mangiano molto e scelgono cibi tipicamente maschili (come per esempio la carne). Lo intuiva anche Mami che in Via col vento esortava Rossella dicendo: �Io sempre detto che donna in pubblico deve mangiare come uccellino e non ingozzarsi come tacchino�.