Febbraio 2024 n. 2 Anno LIV MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura. Indice Ritorno a Sion Buon compleanno Il mito dei Rangers Quando la Rai cominci� le trasmissioni in tv Storia e segreti del fish and chips Alla scoperta di Borgo Pio Ritorno a Sion (di Riccardo Michelucci, �Focus Storia� n. 206/23) - La creazione di uno Stato ebraico in Palestina � un sogno partito a fine Ottocento e avveratosi nel 1948. Ma tutto � andato storto - �Ho appena fondato lo Stato ebraico. Se lo dicessi oggi a voce alta, susciterei una risata generale. Forse per� tra cinque anni o tra cinquanta tutti lo ricorderanno�. Era il 31 agosto del 1897 quando il giornalista ebreo-ungherese Theodor Herzl (1860-1904) pronunci� parole che dovevano rivelarsi profetiche. In quei giorni, su invito dello stesso Herzl, circa duecento delegati provenienti dall'Europa, dagli Stati Uniti e dalla Russia si erano riuniti a Basilea per dar vita al primo Congresso sionista. All'apertura dei lavori avevano ricevuto un distintivo di riconoscimento con il leone di Giuda circondato dalla stella di David e l'iscrizione �la nascita dello Stato ebraico � l'unica soluzione possibile della questione ebraica�. Nella sala si respirava l'atmosfera delle grandi occasioni. Lo scrittore Max Nordau (1849-1923), anch'egli originario di Budapest e grande sostenitore di Herzl, si aggirava nervosamente dietro al palco. Era stato lui a redigere il programma della Costituente che avrebbe portato alla creazione di uno Stato ebraico. Herzl, da allora considerato il padre fondatore del sionismo politico, aveva gettato le basi del progetto appena un anno prima, nel 1896, dando alle stampe Lo Stato ebraico, un saggio che ebbe un'enorme risonanza tra gli ebrei d'Europa e divenne il manifesto programmatico del movimento. Alcuni anni prima, sulla rivista Selbst-Emanzipation, l'intellettuale viennese Nathan Birnbaum (1855-1920) aveva gi� usato il termine �sionismo� per indicare il sogno del ritorno al Monte Sion, luogo del primo insediamento cananeo nel 2400 a.C. Essendo stati testimoni del crescente nazionalismo tedesco all'interno dell'Impero asburgico, sia Herzl sia Birnbaum si erano convinti che il popolo ebraico della diaspora dovesse avere quanto prima una patria. Al congresso di Basilea del 1897 furono gettate le basi dell'organizzazione sionista con un esecutivo presieduto dallo stesso Herzl. �Sulla questione del territorio in cui costruire lo Stato ebraico il congresso per� non scelse subito la Palestina�, spiega Arturo Marzano, storico del sionismo all'Universit� di Pisa. �Nel decennio successivo ci fu un dibattito molto acceso tra chi sosteneva quella ipotesi e chi, come Herzl, avrebbe accettato anche un'altra regione, purch� vi fosse il consenso di qualche governo europeo�. Lo scopo primario individuato a Basilea fu proprio quello: convincere le potenze mondiali a sostenere gli obiettivi del sionismo. Herzl tent� la via diplomatica prima con la Germania, poi con l'Impero ottomano, infine con quello britannico. Mentre Berlino e Istanbul si mostrarono riluttanti, Londra propose inizialmente un insediamento ebraico in Africa Orientale, in un'area dell'attuale Kenya (allora colonia britannica). L'opzione africana fu per� definitivamente bocciata dal sesto congresso sionista, nel 1903. L'anno dopo Theodor Herzl mor� senza avere raggiunto il suo obiettivo. Tuttavia, le sue idee avevano dato vita a una prima struttura organizzativa unitaria, che avrebbe fornito le basi del futuro Stato. A realizzare il sogno dell'appoggio da parte di una potenza europea, nello specifico dell'Impero britannico, fu il chimico di origini russe Chaim Weizmann (1874-1952). Il suo capolavoro diplomatico fu la Dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917, con la quale i britannici riconoscevano per la prima volta agli ebrei �il diritto a una casa in Palestina�. �La motivazione principale della Dichiarazione�, sostiene Marzano, anche autore del saggio Storia dei sionismi. Lo Stato degli ebrei da Herzl a oggi (Carocci), �va ricercata nella volont� inglese di stabilirsi in un'area ritenuta strategicamente centrale per la propria politica estera, vicina al Canale di Suez, e quindi fondamentale per il commercio con l'India, ma anche accanto alla Mesopotamia, con i suoi pozzi petroliferi, utili per mantenere la supremazia militare, politica ed economica. I sionisti furono ritenuti il modo migliore per legittimare la scelta inglese di stabilirsi in Palestina�. Con la Dichiarazione Balfour nacque dunque la Palestina mandataria sotto il controllo britannico, mentre nel 1923 il movimento sionista fond� l'Agenzia ebraica, cui fu affidato il compito di affiancare l'amministrazione inglese. In pochi anni, il Mandato britannico trasform� la comunit� ebraica - che nel 1922 costituiva poco pi� dell'11% della popolazione mandataria (cio� quella sotto il mandato britannico della Palestina, composta da ebrei, arabi e altri) - in una nazione che nel 1946 contava il 31% di ebrei e che disponeva di tutti i requisiti necessari per diventare uno Stato indipendente: un governo, partiti politici, un sistema scolastico e sanitario, un'economia funzionante e un esercito che rispondeva alla leadership politica. Ma il sionismo non � mai stato un movimento monolitico e negli anni ha prodotto opzioni politiche in contrasto tra loro. Alla visione di Chaim Weizmann, che sosteneva la necessit� di creare uno Stato palestinese arabo-ebraico, si contrappose quella dei �sionisti revisionisti� del russo Zeev Jabotinskij (1880-1940), pi� accentuatamente nazionalisti, i quali volevano creare uno Stato esclusivamente ebraico, cacciando gli arabi da quelle terre. La Seconda guerra mondiale, con lo sterminio di milioni di ebrei in Europa, segn� uno spartiacque decisivo. La spinta verso la creazione di uno Stato ebraico in Palestina divenne sempre pi� forte, mentre il movimento sionista otteneva un crescente sostegno internazionale, in primo luogo dagli Stati Uniti. �La Shoah trasform� il sionismo in un rifugio, rappresent� quella salvezza che la stragrande maggioranza degli ebrei dell'Europa Centrale e Orientale sopravvissuti allo sterminio non vedevano pi� garantita nei loro Paesi�, prosegue Marzano. �Conferm� quello che il sionismo aveva detto fino ad allora, ovvero che la soluzione della questione ebraica poteva essere soltanto uno Stato ebraico e che gli ebrei avevano bisogno di una loro patria perch� non si ripetesse pi� quanto era accaduto�. Fu in questo clima che nel 1947 si giunse a un primo tentativo di soluzione politica: nel novembre di quell'anno le Nazioni Unite si pronunciarono a favore della spartizione della Palestina in due Stati indipendenti. La proposta fu per� respinta dagli arabi, che volevano la creazione di un unico Stato arabo-ebraico. Scoppi� una breve guerra civile che vide le forze sioniste uscire vittoriose (costringendo molti arabi della Palestina a un primo esodo, origine della �questione palestinese�) e dar vita infine allo Stato d'Israele. L'indipendenza fu proclamata il 14 maggio 1948, poche ore prima della scadenza del mandato britannico. Chaim Weizmann venne eletto primo presidente della Repubblica. L'uomo che domin� la scena politica israeliana nel Secondo dopoguerra fu per� David Ben Gurion (1886-1973), leader dei �sionisti socialisti� e primo ministro di Israele quasi ininterrottamente dal 1948 al 1963. Il suo obiettivo fu quello di consolidare il Paese attraverso una vasta immigrazione ma, come affermava lo storico israeliano Zeev Sternhell, �nei discorsi di Ben Gurion non compariva mai alcun accenno all'uguaglianza, alla giustizia e ai valori universali. Il socialismo era diventato un mezzo per la realizzazione del sionismo�. In Israele iniziarono a levarsi voci critiche dagli Anni '50. Una fu quella della filosofa Hannah Arendt, che contest� il principio dell'esistenza di uno Stato-nazione ebraico, poich� escludeva a priori la creazione di uno spazio comune in cui arabi ed ebrei avrebbero potuto convivere. �Tali voci rimasero per� inascoltate�, continua Marzano, �e questa mancata presa di coscienza port� il sionismo ad arroccarsi sempre pi� nella visione nazionalista�. Il sionismo � ancora oggi un fenomeno variegato. Alla fine degli Anni '80 una nuova generazione di intellettuali israeliani ha dato vita al �post-sionismo�, che ha messo in discussione la natura dello Stato di Israele, criticando la colonizzazione della Cisgiordania e le perduranti discriminazioni nei confronti del popolo palestinese. �I post-sionisti�, conclude Marzano, �ritengono che se si crede in uno Stato pienamente democratico � giunto il momento di passare da uno Stato ebraico a uno che garantisca diritti a tutti i suoi cittadini�. Ma la violenza riesplosa nelle ultime settimane ha ancora una volta suggellato il fallimento della politica. Buon compleanno (di Elisa Bortolini, �Focus Storia� n. 207/24) - La festa come la conosciamo oggi � nata nell'Ottocento, con l'affermarsi della famiglia borghese. Ma alcuni usi sono pi� antichi. Come la torta con le candeline... - Il 28 agosto 1802 una torta con 53 candeline � pronta per celebrare il compleanno di uno dei pi� noti scrittori europei del Romanticismo, Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832). Questa data pu� essere individuata come la nascita del compleanno, per lo meno nei termini in cui lo si conosce oggi: un'occasione - come racconta Goethe stesso in alcune lettere inviate alla sorella - per fare un bilancio della propria vita, una ricorrenza che assume una dimensione collettiva e festosa, che ripropone antiche tradizioni e che si ripete ogni anno. Il compleanno in questi termini esiste solo a partire dall'Ottocento e, come dimostra l'esempio dello scrittore tedesco, all'inizio si diffonde fra ricchi borghesi e nobili. Solo nei decenni successivi l'usanza comincia a penetrare in tutte le classi sociali, finch� nella seconda met� del secolo in Germania nasce la Kinderfest, la festa dei bambini: il piccolo festeggiato (o la piccola) veniva svegliato all'alba con una torta decorata di candeline. Una pi� della sua et�, a rappresentare la �luce di vita�: le candeline stavano accese per tutto il giorno e si sostituivano quando si consumavano. Nonostante la festa di compleanno sia cos� �recente�, le tradizioni che la accompagnano vengono da tempi molto pi� lontani. Prendiamo ad esempio il dolce: pare sia di origine egizia. Tradizione vuole infatti che in occasione del compleanno del faraone i sudditi festeggiassero con cibi squisiti. Lo stesso facevano i Persiani, che preparavano una torta speciale, riservata al re, da offrire anche alle divinit� e ai nobili. Il tutto, per�, senza candeline. A quelle, secondo alcune ricostruzioni storiche, pensarono per primi i Greci. Sarebbero legate al culto della dea della caccia, Artemide, simboleggiata talvolta dalla Luna crescente e dalla sua luce. A lei venivano offerti dolci rotondi, decorati con lumini per renderli, appunto, brillanti come la Luna. Proprio come facciamo noi oggi con le candeline, gli antichi spegnendo quelle luci rivolgevano delle richieste alla divinit�: gli antenati dei desideri che accompagnano oggi il �soffio� sulle candeline. I Greci infatti credevano che il fumo trasportasse agli d�i le preghiere. D�i a parte, i Romani rendevano omaggio soltanto alla nascita di chi era dotato di un certo �pedigree�: nel loro calendario si festeggiava ad esempio il dies natalis (giorno di nascita) degli imperatori e la ricorrenza di particolari eventi: dal natalis Romae (il 21 aprile, data tradizionale della fondazione dell'Urbe) al dies natalis Solis Invicti, festa per la nascita del Sole (a dicembre, quando le giornate cominciano a riallungarsi) istituita da Aureliano nel 274. Da allora a Goethe trascorsero pi� o meno 1.500 anni, durante i quali il compleanno fu poco considerato, se non addirittura osteggiato. Fino al XVI secolo, del resto, pochissimi conoscevano la propria data di nascita. Non c'erano i registri dell'anagrafe (quelli parrocchiali s�, ma solo nelle citt� e solo in certe epoche) e gli unici a venire in soccorso a figli e nipoti erano i familiari con la loro memoria. Ma anche cos�, non bastava: il fatto di conoscere il giorno del proprio compleanno non significava infatti tenere anche il calcolo della propria et�. Come racconta lo storico francese Jean-Claude Schmitt nel libro L'invenzione del compleanno (Laterza), misurare il passare del tempo prevede competenze culturali che, per esempio in epoca medioevale, non erano diffuse. �Le varie forme di calendario utilizzate nella Storia�, spiega il professor Pietro Meloni, docente di Antropologia dei consumi all'Universit� di Siena, �servono s� a scandire il tempo, ma in modo circolare (seguendo il ritmo delle stagioni). Il compleanno invece, pur ricorrendo ogni anno, offre un calcolo del tempo lineare (con gli anni che passano). Sono due concezioni differenti�. Insomma, per secoli nessuno ebbe a cuore questa festa. �Ci� che mancava era la coscienza della persona in quanto individuo. � riconoscere l'individualit�, propria e degli altri, che ci spinge a festeggiare una persona. Un concetto che, storicamente parlando, � molto recente. Nel Medioevo ai neonati veniva quasi sempre dato il nome del santo festeggiato in quel giorno: la festa era quella religiosa, non quella dell'individuo�. Come dire che l'onomastico coincideva con il compleanno, e sicuramente era pi� importante. Persino il compleanno cristiano per eccellenza, il dies natalis di Ges�, per secoli � stato negato dalla Chiesa. Le sue origini pagane non rendevano il Natale una festa ben vista. Ben pi� importante era il giorno della morte di Cristo, considerata la sua �vera nascita�, che con la resurrezione portava salvezza all'umanit�. Per assurdo, durante il Medioevo i vocaboli anniversarium e dies natalis designavano non il compleanno, ma il giorno della morte. Per indicare la nascita si usava invece il termine �nativit� (che anche oggi, con la maiuscola, indica il 25 dicembre): era questo unico evento a essere celebrato. Tra i pi� assidui nemici del compleanno c'era sant'Agostino (IV-V secolo): per il padre della Chiesa la nascita, atto carnale, ricordava troppo da vicino la perpetuazione del peccato originale. Molto cambi� con la Riforma protestante che nel Quattrocento mise in discussione il culto dei santi e promosse l'adozione di nomi diversi da quelli canonizzati. Il compleanno e i suoi festeggiamenti cominciarono cos� la loro marcia trionfale. Lo attestano documenti in cui sono menzionati alcuni compleanni di vip. Il diario di Jean H�roard, medico di Luigi XIII di Francia, segnala (fatto insolito) con precisione data e ora di nascita del futuro sovrano, venuto al mondo nel 1601 �alle ore quattordici della Luna nuova, alle dieci e mezza e un quarto secondo il mio orologio�. Sappiamo anche che nel 1605 Luigi �vuol far cantare il Te Deum nel giorno del suo compleanno�, sobria festicciola che si ripet� due anni dopo. E nel 1611, sovrano da un anno, Luigi XIII si rifiut� di studiare �perch� quel giorno era quello della sua nascita�. Insomma, un giorno di festa e di riposo, almeno per lui. Un dipinto, sempre del Seicento, contiene invece le prime notizie di �compleanni� di bambini senza corona. Era il 1649 quando Philippe de Champaigne, insieme alla data e alla propria firma, riport� con precisione da ufficio anagrafe, sul loro ritratto collettivo (forse un regalo?), l'et� dei sette fratelli de Montort: �Henri Louis Habert 10 anni/ Jean Balthazar 7 anni e 6 mesi/ Louis e Jean Paul 4 anni e 9 mesi/ Anne Louise 3 anni e 3 mesi/ Fran�ois 23 mesi/ Jean Louis 8 mesi�. Passarono un altro paio di secoli prima che, � il caso di dire, la festa cominciasse davvero. �Per organizzare una festa di compleanno era necessario avere una disponibilit� economica che esulasse dal quotidiano bilancio familiare�, continua infatti Meloni. Insomma, era cosa da ricchi. �E non va sottovalutato il fattore tempo, o meglio tempo libero. In una famiglia di contadini nessuno avrebbe sprecato tempo per festeggiare, perch� il tempo era quello del lavoro e delle faccende domestiche. L'usanza si diffuse quindi quando si cominci� a concepire una dimensione temporale diversa, non pi� legata solo all'incombenza lavorativa�. Per questo il 53o compleanno di Goethe si pu� considerare �il compleanno dei compleanni�: per la prima volta ritroviamo tutti gli elementi tipici di un rituale legato alla borghesia e che noi oggi riconosciamo come tradizionali: gli amici e i parenti riuniti, la torta e le candeline. Elementi, come abbiamo visto, con un passato, ma rivisti in chiave moderna. L'unica cosa che manc� al compleanno del poeta tedesco fu ascoltare �tanti auguri a te�. Per quello si dovette aspettare l'inizio del Novecento, l'entusiasmo di due maestrine americane e il potere commerciale della casa discografica che rese celebre il motivetto. Il mito dei Rangers (di Luigi Grassia �Focus Storia� 205/23) - Nascevano 200 anni fa e sono entrati presto nell'olimpo dei miti americani. Anche perch� la storia dei Texas Rangers � strettamente legata a quella degli Stati Uniti - Per i Rangers del Texas sono scoccati quest'anno due anniversari: i 200 anni dalla fondazione e i 30 dall'inizio della serie televisiva Walker Texas Ranger, con il divo Chuck Norris, che li ha resi famosi in Italia e nel mondo. L'immagine proposta sul piccolo schermo � un ibrido di poliziotti duri ma anche impegnati nel sociale, rudi nei confronti dei criminali eppure sensibili ai problemi dei poveri e delle minoranze. Lo spettatore pu� immaginarsi un abbellimento della realt�, e invece la storia e la cronaca dicono che questo strano mix � sostanzialmente vero: i Ranger dal grilletto facile sono anche sensibili all'assistenza sociale e hanno svolto un ruolo fondamentale nel promuovere i diritti dei neri quando l'America era orientata in tutt'altra direzione e nel tutelare i nativi americani in quelle lande dove non c'era alcuna speranza che le autorit� locali provvedessero. E pi� in generale nel sostenere le persone socialmente deboli con la forza e le risorse dello Stato del Texas, l� dove le loro ragioni avevano pochissime probabilit� di essere prese in considerazione. Eppure i Ranger sono nati nel 1823 con scopi opposti: il loro compito era combattere quelli che all'epoca venivano chiamati pellerossa e, dall'indipendenza del Texas nel 1835, anche i messicani. Nel 1861-65 parteggiarono per la Secessione schiavista contro l'Unione, ma gi� verso la fine del XIX secolo si erano �riconvertiti� in rudi paladini dei diritti civili e dei pi� deboli. Il Texas in cui cavalcarono e spararono i primi Rangers era una realt� ruspante e faceva parte del Messico. Vicente (Vincenzo) Filisola, un generale messicano nato in Italia, descrisse cos� il Paese nel 1836: �Le distanze sono enormi... Indiani ostili rubano il bestiame, attaccano le carovane e si abbandonano a orrendi atti di crudelt�...�. Nonostante le scarse attrattive, nel 1821 il governo messicano invit� alcune migliaia di coloni anglosassoni a popolare la regione e a svilupparne l'economia. I nuovi arrivati si insediarono in condizioni di insicurezza estrema, costruendo fattorie e villaggi sparpagliati su un territorio vasto il doppio dell'Italia ed esposto agli attacchi delle trib� Comanche, Karankawa e Tonkawa. Per migliorare un po' la situazione, nel 1823 il capo di una di queste comunit�, Stephen F. Austin (che in seguito diede nome alla capitale, e che dal Texas �anglo� � considerato il padre della patria) arruol� il primo nucleo di 20 rangers (e per adesso scriviamo il loro nome con la minuscola, perch� non erano ancora un corpo ufficialmente riconosciuto). �Pare che li pagasse di tasca propria�, riferisce l'esperto di storia militare Stephen Harding nel suo saggio Texas Rangers (Osprey Publishing). Austin li guid� personalmente ad attaccare una trib� di nativi e a recuperare una mandria di cavalli rubati. Fu il loro atto di nascita e la loro prima vittoria, l'inizio di una storia di guerriglia con i pellerossa, tra vittorie e massacri, destinata a durare decenni. Solo per dare un'idea, citiamo qualche episodio: nel marzo del 1836 i Texas Rangers, che a questo punto meritano la maiuscola perch� la loro esistenza era stata formalizzata, colsero un successo di rilievo nazionale quando liberarono una donna bianca (una certa signora Hibbons) e un ragazzino che erano stati catturati dai Comanche. In verit� ci furono molti altri eventi del genere - i Comanche rapivano spesso donne e bambini - ma questo, chiss� perch�, divent� il caso pi� famoso di tutti. Tre anni dopo un altro gruppo di Rangers cadde in un'imboscata in cui sette di loro furono uccisi, incluso il capitano John Bird. Nel 1840, per vendicare un massacro di 35 Comanche, tutti i guerrieri di quella trib� attaccarono e saccheggiarono la citt� texana di Galveston, sulla costa del Golfo del Messico. Ma nella marcia di ritorno verso la loro lontana sede sugli altopiani, i guerrieri, appesantiti e rallentati dal bottino, vennero implacabilmente tormentati dai Texas Rangers, che capovolsero la situazione e applicarono contro i nativi la tattica del mordi-e-fuggi, uccidendone parecchi. Nel frattempo qualcosa era cambiato: fra il 1835 e il 1836 i coloni anglosassoni si erano ribellati al governo del Messico e avevano ottenuto l'indipendenza del Texas. Il nuovo Stato si diede una bandiera che assomigliava (e assomiglia tuttora) a quella degli Usa, ma con la famosa �stella solitaria� (Lone Star). A quel punto i messicani diventarono i nemici numero uno. Il Texas non si accontent� di respingere i loro tentativi di rivalsa, ma con forze esigue tent� addirittura (per ben due volte, nel 1841 e nel 1842) di invadere il territorio del Messico, e a sua volta sub� invasioni. Non si viveva mai tranquilli da quelle parti. Tutta questa animosit� fra gli �anglo� e i �mex� pu� far pensare che fra i due popoli ci fosse un abisso antropologico, in fatto di modi di vita, concezioni e valori. Questa impressione � stata rinforzata dai film western con John Wayne, dove gli americani wasp (white AngloSaxon protestant, ovvero bianchi anglosassoni protestanti) indossano i tipici cappelli da cowboy Stetson - che in realt� all'epoca quasi non esistevano - giacche e cravattini di cuoio, mentre i messicani sfoggiano sombrero e abiti di foggia spagnolesca. Si tratta tuttavia di anacronismi, perch� i disegni e i quadri dell'epoca ci mostrano i texani, compresi i Rangers, vestiti e bardati esattamente come i messicani, indistinguibili, su piccoli cavalli di razza spagnola. Inoltre gi� allora (come ora) parlavano un inglese farcito di parole ispaniche, e gustavano la cucina che oggi � famosa come �tex-mex�. Ma spesso � proprio tra affini che sorgono le maggiori animosit�. Bench� il Texas ormai si autogovernasse, il Messico non lo riconosceva, e la guerriglia fra le due sponde del Rio Grande dur� per un decennio. Poi nel 1845, stremati e in bancarotta, i texani chiesero di entrare a far parte degli Stati Uniti per riceverne protezione. Dettaglio curioso: oggi uno sparuto movimento di indipendentisti del Texas sostiene che l'atto formale di cessione di sovranit� non fu mai ratificato dal Parlamento di Austin, e su questa base giudicano illegale l'annessione all'Unione. Fra il 1846 e il 1848 la contesa per il Texas fece esplodere la guerra fra Stati Uniti e Messico, a cui i Texas Rangers parteciparono come scorridori a fianco delle truppe regolari. In questo ruolo si mostrarono estremamente efficaci, guadagnandosi la nomea de los Diablos Tejanos. Ma spesso la loro indisciplina esasper� i generali americani. Lo storico militare Philip Katcher scrive che �durante l'assedio di Citt� del Messico i Rangers, trasgredendo gli ordini, provarono a lanciarsi all'attacco per conto loro, e per fermarli il comandante in capo statunitense, Winfield Scott, minacci� di sterminarli con l'artiglieria�. Del resto la boria dei texani � proverbiale negli Usa: alle fine della Seconda guerra mondiale, alla luce del fatto che il capo di stato maggiore Eisenhower veniva proprio dal Texas, il pi� importante giornale locale arriv� a scrivere, senza voler scherzare, che �la Germania nazista si � arresa al Texas, coadiuvato dagli alleati�. Quando poi nel 1861 scoppi� la Guerra di secessione, il Texas, pur fra mille esitazioni e spaccature interne, si adegu� alla scelta degli altri Stati del Sud. I Rangers in quanto tali non parteciparono ai combattimenti, ma quasi tutti i loro uomini vennero trasferiti all'esercito regolare sudista in lotta contro gli yankee. I Comanche ne approfittarono per rinnovare i loro attacchi e nel 1865, a guerra finita, i ranghi dei Rangers dovettero essere reintegrati in fretta, per respingerli. Esplose anche il problema dei banditi: immense mandrie cominciarono a essere convogliate verso la citt� di Abilene e da l�, in ferrovia, fino a Chicago e ai mercati dell'Est, diventando bersaglio dei ladri di bestiame. Treni e banche venivano assaltati da bande organizzate e c'era il problema delle tante famiglie texane che continuavano a vivere in fattorie in mezzo al nulla, esposte alle violenze di chiunque - con la pelle rossa, bianca o bruna - sentisse il richiamo del saccheggio. I Texas Rangers furono l'unico baluardo a loro difesa, anche se usavano metodi spicci, come quelli di Leander H. McNelly, noto per portare raramente vivi i ricercati davanti al giudice. A mano a mano che i nativi americani sparivano e si incancreniva il problema dei fuorilegge, anche i Rangers mutarono funzione. Nati come corpo militare, si trasformarono in agenti di polizia (un po' come � successo in Italia ai nostri carabinieri). Verso la fine dell'Ottocento per i Texas Rangers cambiarono anche altre priorit�: i messicani e i nativi erano diventati minoranze da difendere. E gli afroamericani, in teoria resi pari ai bianchi dalla Costituzione federale, in uno Stato del Sud come il Texas non potevano trovare tutela se non da parte dei Rangers. Certo non dagli sceriffi e dai giudici locali, che non necessariamente erano razzisti, ma di certo non si preoccupavano di tutelare le ragioni dei nativi, degli ispanici e degli afroamericani. Al pari del governo federale, i Rangers divennero, a livello statale, un baluardo dei diritti civili. Non che la trasformazione sia avvenuta dall'oggi al domani, n� senza sbavature. Ancora negli anni Sessanta del secolo scorso, nel pieno delle lotte contro il razzismo e la guerra nel Vietnam, un giurista biasimava i Rangers dicendo che �adesso pattugliano il Texas in auto e in elicottero anzich� a cavallo, ma la loro mentalit� � ancora da XIX secolo. Credono sempre che far paura e puntare le pistole siano buone pratiche di polizia�. Questo ritratto si presta a fraintendimenti. Essere duri verso i criminali non contraddice necessariamente il ruolo e il senso di missione dei Rangers. Del resto si diventa Rangers soltanto dono anni di esperienza in altri corpi di polizia e solo a condizione di aver seguito corsi universitari di legge, criminologia, sociologia o diritti umani, da rinfrescare annualmente con decine di ore di aggiornamento. Magari la serie Walker Texas Ranger esagera nell'idealizzarli, eppure quell'immagine corrisponde a quanto sperimentano ogni giorno gli abitanti del Texas. Quando la Rai cominci� le trasmissioni in tv (Ilpost.it) - Settant'anni fa la presentatrice Fulvia Colombo lesse il messaggio di inaugurazione del Programma Nazionale, e dopo di lei arriv� Mike Bongiorno - Alle 11:00 del 3 gennaio del 1954, settant�anni fa, la presentatrice Fulvia Colombo lesse dagli studi Rai di Milano il messaggio di inaugurazione delle trasmissioni televisive regolari del Programma Nazionale, l�attuale Rai 1. Fu il punto di arrivo di un processo di sperimentazione lungo e faticoso, durato pi� di vent�anni e interrotto dagli sviluppi della Seconda guerra mondiale. In Italia infatti i primi studi sulla televisione erano iniziati gi� nella seconda met� degli anni Venti, e alla fine del decennio successivo l�Eiar (Ente italiano audizioni radiofoniche, la societ� pubblica antesignana della Rai) aveva realizzato le prime trasmissioni sperimentali negli studi di Roma, Milano e Torino. Erano guardate da un pubblico molto ristretto (le persone che potevano permettersi un televisore erano poche) e che viveva in zone geografiche circoscritte, ma rappresentavano l�inizio di un progetto che avrebbe dovuto portare la televisione in tutto il paese. L�entrata in guerra dell�Italia interruppe questo processo, che fu ripreso soltanto agli inizi degli anni Cinquanta. Il primo programma andato regolarmente in onda sull�emittente fu Arrivi e partenze, che fu trasmesso alle 14:30 dello stesso giorno: si trattava di una breve rubrica d�intrattenimento in cui venivano intervistati personaggi italiani e internazionali che si trovavano in visita a Roma. Era condotto da Mike Bongiorno, un giornalista italoamericano che dieci anni prima era stato catturato dalla Gestapo, la polizia segreta nazista, per via della sua militanza nella Resistenza italiana. Dopo la cattura rimase per 7 mesi a San Vittore a Milano, poi fu trasferito nel Campo di transito di Bolzano e infine in un campo di concentramento in Austria, dove fu liberato all�inizio del 1945 grazie a uno scambio di prigionieri tra Germania e Stati Uniti. Alla fine della seconda guerra mondiale Bongiorno torn� negli Stati Uniti e inizi� la sua carriera da giornalista e annunciatore per la radio. Nel 1952, visto che conosceva bene l�italiano, fu mandato nuovamente in Italia come inviato dalla stazione radio italoamericana di New York WOV, per raccontare la ricostruzione del paese. Nella sua nuova permanenza in Italia, Bongiorno si fece conoscere nell�ambiente radiofonico che si era ricostituito dopo il regime fascista e su spinta di Vittorio Veltroni, all�epoca direttore generale della Rai, ottenne un contratto per collaborare con il Radiogiornale, a patto che prendesse qualche lezione di dizione per migliorare l�accento. In pochi anni Bongiorno divenne il volto principale delle trasmissioni televisive della Rai: nel 1955 ottenne la conduzione di Lascia o raddoppia?, il primo quiz della televisione italiana, ripreso dal game show statunitense The 64,000 Dollars Question (La domanda da 64mila dollari). Bongiorno fu anche il protagonista di alcuni dei primi spot pubblicitari nella storia della televisione italiana: partecip� in pi� occasioni a Carosello, il programma preserale che con corti e animazioni aveva reso possibili i primi investimenti in pubblicit� sul canale Rai. Alle 20:45 del 3 gennaio del 1954 and� in onda anche la prima edizione regolare del telegiornale, impostata su una durata di quindici minuti: era diretto da Veltroni e condotto da Riccardo Paladini, e and� in onda in questo modo fino al 1957, quando fu anticipato alle 20:30 per cedere la prima serata a Carosello. In realt� il telegiornale veniva trasmesso in forma sperimentale gi� da due anni. La prima edizione and� in onda il 9 settembre del 1952, quando vennero trasmessi servizi dedicati alla regata storica di Venezia, ai funerali del conte Sforza, alla campagna elettorale negli Stati Uniti, alla corrida portoghese e al Gran Premio di Formula 1 a Monza. Alle 23:15 and� in onda la prima puntata della Domenica sportiva, programma di approfondimento dedicato al campionato italiano di calcio che viene trasmesso ancora oggi. Tra le altre cose, furono mostrate le prime immagini di una partita: si trattava di Inter-Palermo, che si concluse con il risultato di 4 a 0. Sergio Brighenti, che in quell�occasione segn� una tripletta, fu il primo calciatore ospite della trasmissione, che era condotta dal giornalista sportivo Nicol� Carosio. Come nel caso del telegiornale, anche il calcio arriv� sul Programma Nazionale dopo un lungo periodo di sperimentazione: alla fine degli anni Quaranta, con l�introduzione delle telecamere mobili, fu possibile realizzare le prime riprese delle partite. Grazie a questa tecnica il 5 febbraio 1950, per la 23esima giornata di Serie A, si tent� la prima telecronaca sportiva con Carlo Balilla Bacarelli che comment� Juventus-Milan (fin� 1-7). Il 10 aprile del 1954, a causa dell�estensione della propria attivit� al settore televisivo, la denominazione della Rai cambi�: da Radio Audizioni Italiane S.p.A. inizi� a chiamarsi Radiotelevisione Italiana S.p.A. L�anno prima era stata allargata la rete nazionale dei trasmettitori televisivi, fino a quel momento presenti soltanto a Roma, Torino e Milano, con la costruzione di quelli del Monte Penice, del Monte di Portofino, del Monte Serra e del Monte Peglia. Nel 1954 la rete era gi� in grado di raggiungere il 36% della popolazione italiana, e due anni dopo fu estesa fino al Sud e alle Isole. Nei suoi primi anni di attivit�, la Rai potenzi� la propria offerta aumentando la copertura dell�attualit�. Nel 1955 fu realizzata la prima telecronaca di una seduta parlamentare: accadde tra il 28 e il 29 aprile, quando il parlamento elesse Giovanni Gronchi come terzo presidente della Repubblica. L�anno successivo la Rai ottenne gratuitamente i diritti per le Olimpiadi di Cortina d�Ampezzo, i primi Giochi invernali ospitati dall�Italia e i primi a venire trasmessi in diretta in televisione. La cerimonia di apertura, ripresa per la prima volta dalle telecamere dell�emittente pubblica, si tenne alla presenza di Gronchi e della madrina dell�evento Sophia Loren. Uno dei primi obiettivi della Rai fu quello di sfruttare il mezzo televisivo per promuovere l�alfabetizzazione in Italia. Nell�immediato dopoguerra, e all�indomani del crollo del fascismo, circa sei milioni di persone non erano in grado di leggere e scrivere. A partire dalla seconda met� degli anni Cinquanta, la Rai cre� dei programmi indirizzati a questo scopo, che imitavano in tutto e per tutto delle lezioni scolastiche. Il progetto inizi� nel 1958, quando grazie al sostegno del ministero della Pubblica Istruzione la Rai mand� in onda la prima edizione di Telescuola. Il programma era stato congegnato per contrastare la dispersione scolastica: ai tempi non tutti i comuni italiani avevano degli istituti scolastici, e l�idea era che una trasmissione del genere potesse aiutare i ragazzi che vivevano in zone periferiche a imparare a leggere e scrivere. Due anni dopo and� in onda Non � mai troppo tardi. Corso di istruzione popolare per il recupero dell�adulto analfabeta, programma condotto dal docente e pedagogista Alberto Manzi. Manzi � ricordato ancora oggi come una figura chiave del processo di alfabetizzazione italiano: nel suo programma offriva lezioni di lettura e scrittura a persone adulte che non avevano potuto frequentare le scuole durante il periodo bellico. Negli anni attorno alla figura di Manzi � stata costruita una vera e propria mitologia: tuttavia, quantificare il suo effettivo apporto all�aumento dell�alfabetizzazione non � semplice. Ad esempio, il critico televisivo del Corriere della Sera Aldo Grasso ha sostenuto in qualche occasione che le persone impararono a parlare in italiano guardando i primi programmi di intrattenimento della Rai, come Lascia o raddoppia? e Il musichiere. Anche se le trasmissioni iniziarono nel 1954, in Italia la volont� di creare una programmazione televisiva regolare era presente gi� nella seconda met� degli anni Venti. Nel 1929 Alessandro Banfi e Sergio Bertolotti, due ingegneri elettronici che lavoravano per l�Eiar, trasmisero in laboratorio la prima immagine della storia della televisione italiana: raffigurava una bambola prodotta dalla Lenci, una famosa fabbrica di giocattoli torinese. Nel 1939 a Roma, Torino e Milano entrarono in funzione i primi trasmettitori televisivi, e l�Eiar inizi� a realizzare le prime trasmissioni televisive sperimentali: si trattava di trasmissioni di intrattenimento che risentivano del controllo ideologico del regime fascista e che erano rivolte a un pubblico molto ristretto. Le aziende elettrotecniche italiane iniziarono a produrre televisori a valvole, destinati alle poche persone che potevano permetterseli, come gerarchi fascisti, industriali e imprenditori. Anche se le persone in grado di sopportare la spesa necessaria ad acquistare un televisore erano pochissime e le antenne per la ricezione delle immagini erano state allestite soltanto in tre citt�, il processo avrebbe dovuto portare alla nascita di una rete pubblica. Il 31 maggio del 1940 le trasmissioni furono interrotte per ordine del governo, a causa dell�imminente entrata in guerra dell�Italia. Con l�inizio della Seconda guerra mondiale le aziende smisero di produrre televisori, riconvertendosi e concentrandosi principalmente sulla realizzazione di radiotrasmittenti e materiale bellico. Questo periodo di sperimentazione � stato raccontato dall�attore e saggista Diego Verdegiglio nel libro La Tv di Mussolini. Sperimentazioni televisive nel ventennio fascista. Tra le altre cose, Verdegiglio sottolinea come durante la guerra gli archivi dell�EIAR furono distrutti, facendo andare perduto tutto il materiale prodotto durante questa fase embrionale della televisione italiana. Nel 1961 iniziarono anche le trasmissioni del Secondo Programma, l�attuale Rai 2. Luca Barra, esperto di storia della televisione, professore associato all�Universit� di Bologna e autore del libro Palinsesto � Storia e tecnica della programmazione televisiva, spiega che l�arrivo del Secondo Programma �ebbe una portata che oggi fatichiamo addirittura a concepire�, per come �apr� ad altre possibilit� e per quanto cambi� i termini di un�offerta che fino ad allora era stata �singola, univoca e contingentata�. Anche se, all�inizio, il Secondo Programma aveva il semplice scopo di �raddoppiare alcune fasce orarie�, aumentare e variare un poco, per alcune ore al giorno, l�offerta televisiva della Rai. Nei primi anni non esisteva una vera e propria concorrenza tra i due canali della Rai. Anzitutto perch� all�inizio il Secondo Programma trasmetteva per circa un terzo delle ore totali del Programma Nazionale. Poi perch�, come ha scritto sul Fatto Quotidiano Giorgio Simonelli, professore ed esperto di storia della televisione, �l�idea di porre i due canali in concorrenza non sfiorava neppure la dirigenza Rai, al contrario la collaborazione era cos� forte che presto si invent� il triangolo, un segno grafico di forma triangolare che appariva sui teleschermi nel corso di ogni trasmissione nel momento in cui sull�altro canale cominciava un diverso programma�. Col tempo il Secondo Programma riusc� comunque a ritagliarsi il suo spazio. In parte come luogo in cui sperimentare nuovi formati, approcci e linguaggi, in un modo per certi versi simile a quanto avrebbe fatto Rai 3 dal 1979. In parte, soprattutto dagli anni Settanta in poi, come alternativa spesso considerata pi� giovane e fresca rispetto al Programma Nazionale. Storia e segreti del fish and chips (Oliocuore.it) - I Beatles, la regina, la birra, il calcio� a questo elenco di eccellenze britanniche manca qualcosa: il Fish and Chips! - Chiunque di voi abbia passato alcuni giorni in Inghilterra o conosca la cultura gastronomica d�oltremanica, avr� sicuramente sentito parlare del tradizionale Fish and Chips, classico street food a base di pesce impastellato fritto e patatine. Le citt� costiere abbondano di negozietti che vendono unicamente questa informale e gustosa specialit� ma anche le grandi citt� come Londra non sono da meno: per orientarvi tra le numerose proposte esistono molte recensioni e classifiche, ma nulla potr� aiutarvi pi� del vostro gusto e del vostro intuito. Le origini del Fish and Chips come piatto popolare in tutta la Gran Bretagna risalgono alla met� del diciannovesimo secolo e vengono comunemente ricondotte alla diffusione della pesca a strascico e allo sviluppo della rete ferroviaria, che ha permesso la distribuzione del pesce anche nelle zone pi� lontane dal mare. Meno certezze si hanno sulle origini della ricetta: mentre � probabile che le patatine fritte siano state importate da qualche intraprendente belga, sul pesce fritto in pastella circolano le leggende pi� varie. C�� chi assicura che si tratti di una tradizione ereditata dall�impero romano, chi ne assegna la paternit� ad alcuni immigrati di origine ebraica e chi infine, � sicuro che il merito sia di qualche italiano, forse veneto, forse campano. Per quanto riguarda la preparazione e gli ingredienti, il punto di partenza � ovviamente il pesce: la ricetta tradizionale prevede l�utilizzo di filetti di pesce bianco che a seconda dei casi pu� essere merluzzo, eglefino o platessa. La pastella � composta da acqua e farina alle quali si pu� aggiungere del bicarbonato per ottenere una frittura pi� soffice; ma sapete qual � il segreto per un risultato pi� saporito e molto pi� british? L�aggiunta di una buona birra di qualit�! Ora che abbiamo visto come preparare il pesce, non dimentichiamoci delle patatine: l�importante � che siano tagliate in pezzi grossi, diversi dai bastoncini (french fries) che siamo abituati a mangiare nei fast food. Le chips, pi� spesse, durante la frittura assorbono di meno l�unto con un vantaggio non indifferente dal punto di vista calorico. Una volta fritto sia il pesce che le patate, il Fish and Chips � pronto a finire sui vostri piatti � o dentro a un cartoccio di carta per alimenti, imposta dalla legge inglese al posto dei tradizionali fogli di giornale � magari accompagnato da un�altrettanto tradizionale purea di piselli. Avete sete? A voi la scelta tra una pinta di birra e una tazza di t�: alternative non ve ne diamo! Alla scoperta di Borgo Pio (quartahospitalityinrome.com) - Tra piacevoli ristorantini ed edifici medievali a due passi dal Vaticano - Borgo Pio sorge a poca distanza dalla Basilica di San Pietro in Vaticano ed � uno dei quartieri pi� caratteristici della Roma papalina di epoca medioevale. Si snoda tra edifici di pregio della stessa epoca e ristorantini dove gustare la cucina tipica della capitale. Borgo Pio, chiamato dai romani semplicemente �borgo�, fu voluto da Papa Pio IV ed � proprio per questo motivo che assunse questo nome. Lo stesso pontefice non fece comunque in tempo a vedere compiuta la sua opera, che fu portata a termine da Papa Gregorio XIII. Questo passaggio di testimone � confermato anche da un'iscrizione che si trovava su una chiesa andata distrutta, quella di S� Anna dei Palafrenieri. Tutto avvenne nella seconda met� del '500, sotto la supervisione di 2 architetti come Sebastiano Varo e Paolo Bubalo. L'intento era quello di riqualificare il territorio intorno alla basilica vaticana, che doveva essere reso pi� salubre, in quanto soggetto alle inondazioni del Tevere tutt'altro che rare. Fu predisposto, infatti, l'innalzamento del livello rispetto a quello precedente e lo stesso Papa incentiv� i romani che volevano costruire la loro casa a popolare il borgo. Nel 1936, dopo pochi anni dal concordato tra Stato e Chiesa sancito con i Patti Lateranensi nel 1929 tra Mussolini e il Papa Pio IX, una parte del quartiere venne completamente demolita, per creare Via della Conciliazione. Il nome della strada non fu un caso ed era una chiara volont� di celebrare l'accordo raggiunto dalle parti dopo anni di tensione. La zona del quartiere demolita era chiamata Spina di Borgo, per la sua forma a cuneo ed era caratterizzata da un dedalo di viuzze che portavano davanti a Piazza San Pietro e alla basilica. Chi ha vissuto questa parte di Roma ormai scomparsa ne parla come di una sorpresa scenica dirompente, un tuffo al cuore che lasciava senza parole per tanta bellezza �improvvisa�. La Spina di Borgo fu demolita nel giro di un anno e al suo posto fu aperta l'ampia via che collega in linea diretta la basilica vaticana a Castel Sant'Angelo, simbolo della Roma imperiale. Borgo Pio oggi � rappresentato da una singola via quasi esclusivamente pedonale, molto chic e raccolta, abitata soprattutto da prelati, persone che lavorano all'interno della Citt� del Vaticano e pochi altri residenti. Ma il fatto che sia stato ridimensionato non significa che non ci siano luoghi di interesse da visitare, come ristoranti tipici e botteghe artigiane che commerciano souvenir soprattutto in tema religioso. Borgo Pio � compreso tra Porta Castello e via di Porta Angelica. Una delle attrazioni di questo quartiere cos� caratteristico di Roma � il famoso Passetto, che corre lungo le mura leonine commissionate da Papa Leone IV negli anni compresi tra l'848 e l'852 d.C.. Il Papa ebbe la necessit� di difendere il Vaticano dalle incursioni e dagli attacchi dei pirati saraceni che risalivano il Tevere. Per questo la zona all'interno delle mura prese il nome di �Citt� Leonina� e lo stesso borgo fu chiamato anche leonino per secoli. Il Passetto � noto perch� rappresentava la via di fuga nel caso in cui il Papa fosse stato in pericolo. Il camminamento porta direttamente alla fortezza di Castel Sant'Angelo e fu utilizzato soprattutto per trasferire i prigionieri di cui non si doveva sapere nulla pubblicamente. Un'altra caratteristica del rione vicinissimo al Vaticano sono le edicole votive con l'effigie della Madonna col Bambino. Si narra che molte di queste immagini furono viste piangere e muovere gli occhi a seguito della discesa dei francesi, che assalirono e saccheggiarono Roma e il Vaticano. La zona � sempre stata, tra l'altro, ricca di fontane e sorgenti, molte delle quali sono ancora oggi esistenti. Una in particolare � quella del Catalone, nell'omonima piazza che si apre alla fine della via di Borgo. � del tutto simile a un'edicola votiva ed � estremamente semplice nella fattura in mattoncini e travertino. Eppure sulla sommit� � presente lo stemma papale, perch� fu fatta costruire da Papa Pio IX, dopo il ripristino in zona dei condotti dell'Acqua Marcia. Per il fatto di sorgere nel cuore del borgo fu ribattezzata acqua pia. Oltre alla presenza della basilica di San Pietro, Borgo Pio per i turisti � un luogo dove andare alla scoperta di chiese meno note, ma comunque suggestive. Tra queste c'� la Chiesa di Santo Spirito in Sassia, che fu edificata nell'XI secolo e che nel '500 divenne luogo di accoglienza per i pellegrini provenienti dal Wessex. Oggi � direttamente collegata all'ospedale Santo Spirito, il pi� antico di Roma, che conserva anche pregevoli opere d'arte di epoca medioevale. Una storia del tutto particolare � quella della Chiesa di Santa Maria Annunziata, che si trova proprio di fronte a quella di Santo Spirito in Sassia. Lo stile sembra apparentemente quello del '700, ma in realt� l'edificio � stato costruito solo nel 1950. Si tratta di una fedelissima copia dell'originale, che fu abbattuta 10 anni prima, con la demolizione della Spina di Borgo. I religiosi che appartenevano all'Arciconfraternita di Santo Spirito si opposero e si fecero promettere di riavere la chiesa spostata, ma uguale a quella perduta. E cos� � stato. Borgo Pio � un rione tipicamente medioevale, ma vi si trovano anche tracce di edifici molto pi� antichi e la zona divenne molto popolosa a partire dal '500, per la costruzione della grande basilica romana. Questo attir� specialmente i commercianti anche da fuori Roma, che qui si stabilirono portando ai massimi livelli gli abitanti di questa parte relativamente �giovane� della citt� rispetto ad altri quartieri. Da visitare il Palazzo del Commendatore, dove viveva il custode del vicino ospedale e che risale al '500, con una facciata austera, colonne di marmo e una serie di archi che contraddistinguono la loggia. Questa rimane la sola parte accessibile al pubblico, insieme al Museo Storico Nazionale dell'Arte Sanitaria e alla Biblioteca, che fa parte dell'Accademia Lancisiana. Il palazzo oggi ospita gli uffici dell'ospedale e molti altri luoghi sono stati adibiti a centri amministrativi, per cui gli abitanti negli anni sono diminuiti. Non mancano i ristoranti caratteristici, come le taverne, le fraschette e le locande, dove gustare i piatti tipici della cucina romana, oppure fare un pasto veloce con pizza, panini e altri street food, per continuare la visita di questa parte cos� affascinante di Roma.