Febbraio 2024 n. 2 Anno IX Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura. Indice I limiti dell�esperienza personale Vogliono asservire pure i Bororo Fuga da Alacatraz Una complicata ragazza inglese La storia del doppiaggio italiano tra fallimenti e successi I limiti dell�esperienza personale (Ilpost.it) - Le persone e le situazioni che conosciamo per via diretta sono alla base dell�immagine spesso incompleta che abbiamo del mondo. - Uno dei principali argomenti di discussione durante la pandemia, sia nelle prime fasi che dopo lo sviluppo dei primi vaccini, fu il confronto tra la capacit� dei media di influenzare l�opinione pubblica rispetto alla capacit� dell�esperienza aneddotica di condizionare le singole opinioni delle persone. In un esteso dibattito sui metodi per convincere chi rifiutava di vaccinarsi, la conoscenza diretta di persone che avessero avuto un�esperienza positiva o negativa dopo il vaccino fu descritta da studiosi ed esperti di campagne vaccinali nel mondo come uno dei pi� potenti fattori di persuasione a fare o non fare il vaccino: pi� della comunicazione dei dati statistici. L�esperienza personale � una forma di conoscenza fondamentale per la sopravvivenza e per la nostra comprensione del mondo: dall�alimentazione all�apprendimento del linguaggio, impariamo a fare quello che facciamo prima di tutto osservando chi ci sta intorno. E la nostra comprensione delle cose si sviluppa attraverso le interazioni con le altre persone. Ma l�esperienza personale pu� anche essere � e di fatto lo �, in moltissimi casi � la principale ragione dell�incompletezza e dell�illusoriet� dell�immagine che ci costruiamo del mondo: immagine che, per essere pi� affidabile e utile, richiede di essere integrata con dati che ricaviamo per altre vie, diverse dall�osservazione diretta. Per quanto estesa possa essere la sua cerchia di parenti, amici e conoscenti, nessuna persona arriver� mai a conoscere pi� di una quantit� infinitesimale di tutte le persone che popolano il pianeta. Ammettendo che una persona conosca per nome 800 persone � uno studio del 2010 condotto su un campione di statunitensi stim� che in media ne conoscessero 611 � quella persona conoscerebbe, in un mondo con 8 miliardi di persone, lo 0,00001 per cento della popolazione. � molto difficile farsi un�idea chiara di quanto sia piccola questa percentuale. Come calcolato dall�economista tedesco Max Roser, docente della University of Oxford e fondatore del sito Our World in Data, se la popolazione mondiale fosse rappresentata come un foglio di carta A4, conoscere 800 persone vorrebbe dire conoscere di quel foglio una porzione pari al diametro di un capello umano. Se invece fosse rappresentata come un film di due ore, conoscere 800 persone vorrebbe dire aver visto meno di un millesimo di secondo di quel film: cio� nemmeno il tempo di un fotogramma, che occupa come minimo un sessantesimo di secondo (bisognerebbe conoscere 18mila persone per dire di aver visto un fotogramma del film). Anche nel caso di una persona con una rete cos� estesa di conoscenze dirette, l�orizzonte della sua esperienza sarebbe limitatissimo. Per ogni persona da lui o da lei conosciuta, ce ne sarebbero dieci milioni che non conosce. Inoltre, a causa dei vincoli temporali e spaziali a cui � subordinato il nostro stare al mondo, � altamente probabile che la maggior parte delle persone che conosciamo sia molto simile a noi. � probabile quindi che quelle persone non siano in alcun modo un campione rappresentativo n� del paese in cui ciascuno o ciascuna di noi abita, n� tantomeno del mondo. Il discorso non cambia di molto nemmeno estendendo la rete di relazioni personali, ovvero se si prende in considerazione non il numero di persone conosciute per nome ma, per esempio, la quantit� di persone con cui parliamo ogni giorno senza necessariamente conoscerle. Ipotizzando di avere ogni giorno per 73 anni una conversazione con tre persone mai conosciute prima, scrive Roser, alla fine avremo conversato con 80-mila persone diverse: lo 0,001 per cento della popolazione. Per ognuna di quelle persone ce ne saranno altre 100-mila con cui non avremo parlato. Uno dei principali limiti dell�esperienza personale come strumento di interpretazione della realt�, sia quella fisica che quella sociale, consiste nel fatto che non permette di comprendere gli effetti cumulativi dei cambiamenti di scala. In molti casi questi cambiamenti � dal cambiamento climatico alla creazione dei buchi neri all�improvvisa ebollizione dell�acqua in una pentola riscaldata lentamente � vanno infatti molto oltre le nostre capacit� di percezione, e spesso anche di immaginazione. Ed � questa la ragione per cui spesso non li vediamo proprio arrivare, come scrisse nel 2015 la scrittrice statunitense e giornalista scientifica K.C. Cole, autrice del libro del 1998 The universe and the teacup: the mathematics of truth and beauty (edito anche in Italia, ma da tempo fuori catalogo). In particolare, la nostra esperienza personale si dimostra molto inefficace per la comprensione dell��amplificazione esponenziale�, scrive Cole. Anche per le persone in grado di cogliere facilmente la differenza tra un milione e un miliardo sul piano intellettivo, per esempio, pu� essere molto difficile comprendere quella stessa differenza �sul piano viscerale�. A causa del modo in cui il nostro cervello condensa i dati e le informazioni difficili da gestire, secondo Cole un miliardo ci sembra una quantit� pi� vicina a tre volte un milione, rispetto a mille volte, quant�� davvero. Questo limite emerge spesso quando si parla di cambiamento climatico, scrive Cole citando il fisico statunitense Albert Bartlett. Preoccupato dal fatto che gli esseri umani siano incapaci di cogliere sul piano intuitivo il concetto di crescita esponenziale � un cambiamento che a ogni passo va molto pi� veloce del passo precedente � Bartlett sosteneva che non comprendere le conseguenze della crescita esponenziale della popolazione significasse non comprendere l�inevitabilit� e la velocit� dell�esaurimento delle risorse. In definitiva, non comprendere un fenomeno che pi� diventa grande, pi� velocemente cresce. Per spiegare le implicazioni dell�incapacit� di comprendere i fenomeni basati sulla crescita esponenziale, e in particolare il problema delle risorse, Bartlett fece l�esempio di una popolazione di batteri che vive in una bottiglia vuota di Coca-Cola e raddoppia una volta ogni minuto. Ipotizzando di mettere due batteri nella bottiglia alle 11 e che entro mezzogiorno la bottiglia sia piena, Bartlett si chiese a che ora i politici della terra dei batteri si accorgerebbero di aver esaurito ogni spazio. Probabilmente non prima delle 11:59, momento in cui la bottiglia dopotutto sarebbe ancora mezza vuota. E se anche i batteri trovassero poi il modo di occupare altre due bottiglie vuote, avrebbero a disposizione soltanto un altro minuto prima di ritrovarsi con lo stesso problema di spazio. E proprio come l�esperienza personale pone dei limiti alla nostra capacit� di comprendere i numeri, li pone anche alla nostra capacit� di cogliere dimensioni che vanno oltre la scala umana, in ambienti dominati da leggi di natura di altro tipo. Le mosche, per esempio, possono camminare sulle pareti senza cadere per terra perch� nella loro scala le forze elettrostatiche sono pi� rilevanti della forza di gravit�, appena percettibile. Ma al cambiare della scala, cambiano le propriet� delle particelle. E all�aumentare della massa tutto comincia ad assomigliarsi, oltre una certa soglia, e la gravit� comprime ogni cosa in sfere e dischi: che � la ragione per cui, scrive Cole citando il fisico statunitense Philip Morrison, �nel nostro mondo non � possibile una tazza da t� del diametro di Giove�. Per comprendere il mondo oltre l�orizzonte della nostra esperienza personale � quindi necessario, e in una certa misura inevitabile, formulare ipotesi e trarre conclusioni non basate sull�osservazione diretta dei fenomeni. Ci� che sappiamo del mondo, in un modo o nell�altro, deriva da dati ricavati attraverso i media: che sia la televisione, la radio, i giornali, i social o altro. Ed � un fatto cos� ovvio, ha scritto Roser, che tendiamo a dimenticare quanto sia importante: �Tutto ci� che senti di qualcuno che si trovi a pi� di qualche decina di metri di distanza da te, lo sai attraverso un media di qualche tipo�. Ne deriva che la nostra comprensione del mondo dipende per una parte rilevante dai media a cui attribuiamo implicitamente il compito di completare, a volte contraddire, l�immagine parziale del mondo definita dalla nostra esperienza personale. Ma per quanto preziosa e completa possa essere, anche quella fornita dai media � un�immagine parziale del mondo, ricorda Roser. Dai media veniamo a sapere generalmente ci� che di insolito � accaduto nel mondo: quante persone sono rimaste uccise in un terremoto o in un attentato, per esempio, ma non �il fatto che ogni giorno muoiono 16-mila bambini�. Raccontare cosa succede ogni giorno ovunque nel mondo sarebbe ovviamente impossibile, prosegue Roser, ma in un certo senso �raccontare tutte le storie� � l�ambizione della statistica. Tanto pi� complete e accurate sono quelle raccolte nel mondo, tanto pi� affidabili e meno condizionate dalle limitazioni dell�esperienza personale e dell�attenzione mediatica sono le conclusioni che � possibile trarre su una popolazione nel suo insieme. Le statistiche sono anche lo strumento che pi� facilmente permette di apprezzare i cambiamenti nel corso del tempo: cambiamenti spesso molto sorprendenti per chi invece basa la propria visione del mondo principalmente sul racconto mediatico. Mentre i media si concentrano prevalentemente �sulle cose che vanno male�, scrive Roser, le statistiche storiche permettono di comprendere gli immensi progressi compiuti nel mondo a prescindere dalle conclusioni tratte sulla base delle diverse prospettive quotidiane assunte di volta in volta. Anche se potrebbe sembrare il contrario, leggendo molti giornali, in Italia per esempio i reati sono in calo da anni. Questo non significa che le statistiche siano un modo perfetto o sufficiente di interpretare il mondo. In molti casi i dati statistici possono non essere rappresentativi � o perch� parziali a loro volta, o perch� calibrati male � o mancare del tutto. E chiunque tenga conto soltanto delle statistiche per farsi un�idea del mondo, scrive Roser, �deve essere consapevole di queste carenze� e di quanto sia fondamentale il bisogno di raccogliere e produrre buone statistiche nel mondo. Le statistiche e i dati sono inoltre necessari per comprendere il mondo tanto quanto il racconto � necessario sia nella comunicazione della scienza, come scritto da Cole, che nell�informazione. Perch�, conclude Roser, �una visione statistica senza esperienza personale manca di profondit�, e l�esperienza personale senza conoscenza statistica manca di prospettiva�. Vogliono asservire pure i Bororo (di Massimo Fini, �Il Fatto Quotidiano�, 16 dicembre 2023) I Bororo, che in lingua locale significa �cortile del villaggio�, sono una popolazione che abita il Mato Grosso ai confini tra Brasile e Bolivia, nella foresta amazzonica. Fu studiato in particolare dall�antropologo e filosofo Claude L�vi-Strauss che vi fece una spedizione nel 1935-1936 al ritorno dalla quale scrisse il libro �Tristi Tropici�. Perch� il costume dei vecchi antropologi da L�vi-Strauss al suo predecessore Marcell Mauss a Evans-Pritchard, per parlare solo dei pi� famosi, era di andare a vedere le cose con i propri occhi e non stando sul �cortile della propria casa�. Fra i Bororo vige il matriarcato. In realt�, adornato il capo con piume di uccello, conducono una vita molto semplice o, per meglio dire, semplice sul piano concreto ma nient�affatto semplice sul piano intellettuale e psicologico. Dopo essere stati aggrediti dai garimpeiros, i famigerati cercatori d�oro, e in seguito anche dai cercatori di diamanti, i Bororo esistono ancora. Da diecimila che erano nel diciannovesimo secolo oggi la loro popolazione si � ridotta a circa duemila individui. Ma i pericoli sono sempre in agguato. Oggi gruppi di volontari animati da buonissime e pie intenzioni e di preti di ogni genere vogliono convertirli non alle religioni cristiane, i Bororo come tutte le popolazioni di questo genere sono animiste e su questo non ci piove, ma alle leggi dell�economia moderna spazzando via le loro tradizioni. Davvero non impariamo mai niente. Il nostro delirio � voler razionalizzare ci� che a noi sembra irrazionale. Non c�� servita nemmeno la lezione degli Azande. Dopo la fine della seconda guerra mondiale gli inglesi diedero inizio a un progetto chiamato Azande scheme per introdurre presso gli Azande, popolazione del sud del Sudan, animista, la coltivazione del cotone pi� redditizia rispetto alle colture tradizionali. Non era il solito progetto di rapina ma il tentativo in buona fede di portare questo popolo a livelli economici se non proprio europei a loro vicini. Per far questo dovettero cambiare l�urbanistica del territorio e cio� distanziare i casali. Ma non tennero conto che gli Azande credevano alla stregoneria. Ora, poich� i poteri del supposto stregone non potevano andare oltre certi limiti, ma riguardavano i vicini, ci� faceva s� che ogni Azande, non volendo aver fama di stregone, si comportasse nel modo pi� affabile e cortese con i vicini. Inoltre per ogni disgrazia anche minima, per esempio se a un vasaio che pur aveva eseguito il suo manufatto a regola d�arte questo si era rotto, costui poteva sempre attribuire il misfatto a uno stregone e questo dava un certo sollievo psicologico. Ci� valeva anche per eventi pi� gravi come la morte. Nessuno fra gli Azande moriva mai per cause naturali, di mezzo c�era sempre uno stregone. Fra gli Azande, come presso ogni comunit�, si potevano creare lotte intestine per il potere dove ciascun villaggio cercava di sopraffare quello del vicino, questo avveniva soprattutto quando vi era un aumento della popolazione e quindi l�autosufficienza alimentare era messa in pericolo. Che cosa facevano allora gli Azande? Un villaggio si spostava un po� pi� in l� riequilibrando la demografia �senza scontri cruenti e spargimenti di sangue�. Fin qui abbiamo cercato di ricostruire, in estrema sintesi, le funzioni esistenziali, psicologiche, sociali, politiche che aveva la stregoneria fra questa popolazione. In particolare la perdita della funzione politica porter� a una serie di scontri e di vera e propria guerra civile fra il Sudan del Nord, musulmano, e quello del Sud, animista. Questione, come si sa, molto attuale ma i cui passaggi non � possibile ripercorrere in questa sede limitata. Ma tutto ebbe inizio da un filantropico, umanitario e illuminatissimo progetto occidentale che voleva solo fare del bene al popolo Azande. Ma si era dimenticato della stregoneria. Ma come in ogni leggenda c�� in fondo una verit�, cos� in fondo all�irrazionalit� c�� una razionalit� che spesso sfugge all�osservatore superficiale. Vedremo ora se i Bororo, dopo aver resistito, sia pur con perdite, ai garimpeiros e ai cercatori di diamanti riusciranno a sopravvivere ai volontari e ai preti animati dai pi� buoni e pii intenti. Del resto lo dice anche la sapienza popolare che � anch�essa da tener d�occhio: �Le vie dell�Inferno sono lastricate di buone intenzioni�. Fuga da Alacatraz (di Luigi Grassia, �Focus Storia� n. 206/23) - Nella notte tra l�11 e il 12 giugno 1962 tre detenuti del famigerato carcere evasero. Furono dati per morti. E se invece fossero sopravvissuti? - Fra tutti i cold case americani � forse il pi� famoso e nel 2023 � scoccato il decimo anniversario di una lettera che ha fatto riaprire le indagini all�Fbi (ma senza successo, finora). Stiamo parlando della �fuga da Alcatraz�, celebrata nel 1979 da un film con Clint Eastwood. L�evasione avvenne nella notte fra l�11 e il 12 giugno 1962, le circostanze furono romanzesche quanto quelle del Conte di Montecristo (tunnel scavati nel cemento, manichini artisticamente contraffatti e infilati nei letti per ritardare la scoperta della fuga), ma il giallo riguarda non tanto l�evasione in s�, di cui ormai si ritiene di sapere tutto, quanto piuttosto i suoi seguiti. Che fine fecero i tre fuggitivi? Morirono annegati nella baia di San Francisco, come sentenzi� l�Fbi quando chiuse le indagini nel 1979 (sia pure senza aver trovato i corpi), o invece sopravvissero, rifacendosi poi una vita negli Stati Uniti o in Brasile, come riferiscono diverse testimonianze, peraltro mai confermate? Il fatto certo � che una lettera scritta a mano, ricevuta dalla polizia di San Francisco nel 2013 e firmata, si presume, da uno dei tre evasi, ha convinto il Federal Bureau of Investigation che il giallo � ancora aperto e il mistero tutto da chiarire. �Mi chiamo John Anglin. Sono scappato da Alcatraz nel giugno 1962 [�]. S�, quella notte ce l�abbiamo fatta, ma per un pelo!�, si legge nelle prime righe. La lettera costituisce un mistero di per s�, perch� non si sa bene per quali mani sia passata. Ricevuta nel 2013, � rimasta chiusa in un cassetto dalla polizia di San Francisco per cinque anni, e solo nel 2018 una persona (mai identificata) ne ha fatto avere una fotocopia a una tv cittadina, rendendo pubblica la cosa. Della lettera originale manca la busta, quindi non � dato sapere da dove fosse stata imbucata (Stati Uniti, Brasile, altrove?). Insomma, un mistero avvolto in un enigma. L�Fbi ha sottoposto l�originale a prove calligrafiche e ad esami delle impronte digitali e del Dna, con risultati che ufficialmente sono stati definiti �non conclusivi�. Tutti e tre gli evasi restano nella lista dei most wanted degli Stati Uniti, raffigurati da identikit che li mostrano vecchissimi, come sarebbero oggi. Nella missiva, il presunto John Anglin sosteneva che suo fratello Clarence e Frank Morris (intrepretato nel film da Clint Eastwood) erano morti da poco tempo e che lui stesso, all�et� di 83 anni, era �in cattive condizioni di salute. Ho il cancro�. Alle autorit� proponeva un baratto: �Se annunciate in televisione che sconter� in carcere non pi� di un anno e che ricever� assistenza medica, vi scriver� per farvi sapere dove mi trovo�. A queste trattative la giustizia americana � abituata, ma vanno intraprese in modo formale, coinvolgendo un avvocato e un rappresentante della magistratura. Non sappiamo se �John Anglin� abbia mai fatto un passo del genere e dalla polizia non si sono avute notizie ulteriori. Sappiamo invece quasi tutto di come avvenne la fuga dei tre detenuti. L�isola di Alcatraz si trova al centro di una delle baie pi� belle del mondo, e oggi � un�attrazione turistica molto visitata, ma nell�Ottocento nacque come fortezza, e dal 1934 al 1963 ospit� un carcere di massima sicurezza. Nel 1962 della grande evasione il carcere era in pessime condizioni: il cemento si sbriciolava e le tubature erano marce. Questo agevol� John e Clarence Anglin e Frank Morris nello scavarsi tunnel da talpe usando per lo pi� cucchiai. Erano avvantaggiati dal fatto di non aver commesso reati contro persone. Rapine s�, ma senza uccidere o ferire nessuno e perci� godevano di un regime carcerario leggero. Per questo ebbero la possibilit� di mettere le mani, nei magazzini, sul materiale necessario a fabbricare i manichini, e riuscirono persino a impadronirsi di un trapano elettrico. Inoltre un regolamento che permetteva ai detenuti di fare musica li aiut� a coprire i rumori di scavo. Le forti correnti e l'acqua gelida nella baia di San Francisco non corrispondono al mito che si ha della California come luogo caldo. Una fuga a nuoto era ritenuta impossibile, anche se, a onor del vero, oggi l'impresa viene compiuta regolarmente dagli sportivi. Quanto ai tre evasi, erano giovani e in salute, ma chiss� se erano in grado di farcela a forza di braccia. E se avessero avuto a disposizione una barca, o per lo meno una zattera di fortuna? Giorni e settimane di caccia all'uomo, con la baia quasi militarizzata, fruttarono tracce, oggetti e testimonianze che lo fecero pensare, ma senza prove certe. Si parla di un mezzo galleggiante messo assieme usando impermeabili rubati dal magazzino del carcere. In mare furono recuperati anche un paio di cadaveri, ma non vennero identificati come appartenenti ai fuggitivi. Poi cominci� la sarabanda degli avvistamenti. Come avviene in casi del genere, il pi� delle volte si trattava di bufale evidenti, in altri casi c'� da chiedersi come mai le autorit� abbiano abbandonato piste apparentemente promettenti. Per esempio una fotografia scattata nel 1975 a Rio de Janeiro, che in effetti sembra proprio ritrarre i due fratelli Anglin. Inoltre, fino alla sua morte, la loro madre ricevette a ogni Festa della Mamma un mazzo di rose, che la donna interpret� come prova che i figli erano vivi. Secondo la lettera del 2013 di �John Anglin�, suo fratello Clarence sarebbe morto nel 2008 e Frank Morris nel 2005. Data l'et� e la malattia, nemmeno John oggi sarebbe pi� tra noi. Chiudiamo ricordando un quarto uomo, Allen West: avrebbe dovuto evadere con i tre. Dichiar� in seguito di essere il cervello della banda, ma nella notte dell'11 giugno impieg� pi� tempo degli altri a uscire dalla cella, arriv� in ritardo all'appuntamento sul tetto della prigione e, non sapendo che fare, torn� indietro e si rimise a dormire nella sua branda. Ma com'era veramente Alcatraz? I film Fuga da Alcatraz, L'isola dell'ingiustizia (1995) e il pi� introspettivo L'uomo di Alcatraz (1962, con Burt Lancaster) lo descrivono come un inferno. Ma le condizioni carcerarie erano dure ovunque, prima che si sollevasse il problema di rieducare i detenuti anzich� limitarsi a punirli. Anzi, esistono testimonianze di carcerati secondo cui ad Alcatraz si stava meglio che altrove, e soprattutto si mangiava meglio. Un conoscitore del sistema carcerario californiano come lo scrittore e detenuto di lungo corso Edward Bunker, nel libro autobiografico Educazione di una canaglia racconta che arrivato a San Quintino, altro carcere di massima sicurezza presso San Francisco, scopr� che le relazioni fra i prigionieri e quelle con le guardie erano piuttosto rilassate, perch� nessuno doveva dimostrare agli altri di essere un duro: il solo fatto di essere l� era sufficiente. Pu� darsi che fosse vero anche ad Alcatraz. Infine, un precedente rivelatore. Gli Anglin e Morris non furono i primi a evadere da Alcatraz: ci erano gi� riusciti, il 16 dicembre 1937, Theodore Cole e Ralph Roe. Anche loro raggiunsero il mare e furono dati per morti. E nemmeno i loro corpi furono mai ritrovati. Operazione di marketing La nota criminologa italiana Roberta Bruzzone conosce bene la vicenda della fuga da Alcatraz e il giallo degli anni successivi, per aver letto le carte e ispezionato l'isola, il carcere e la baia. Le abbiamo chiesto di commentare gli aspetti ancora irrisolti sulla famosa evasione. - Sorprende che nei sessant'anni seguiti all'evasione siano stati spesso i parenti dei fuggiaschi a diffondere indizi sulla loro esistenza in vita, anzich� fare i pesci in barile come sembrerebbe logico. Che cos'�, un desiderio spasmodico di credere che i propri cari siano vivi? Si tratta di un comportamento tipico? �No, non capita in maniera significativa. Ma quando capita, come in questo caso, credo che la chiave di lettura sia un'altra, cio� il desiderio di tenere viva l'attenzione attorno a una storia che funziona e su cui si fanno programmi televisivi. Credo che i parenti degli evasi volessero restare il pi� possibile al centro dell'attenzione. Da parte loro � stata un'operazione di marketing�. - Nel 2013 l'Fbi ha riaperto le indagini in base alla presunta lettera di uno degli evasi. Lei come la valuta? �La lettera non ha avuto riscontri. Del resto se il presunto evaso si dichiarava malato e chiedeva aiuto, perch� poi non si � fatto avanti? Non mi convince�. - In questa indagine e in tutte le altre, come si distinguono, fra le migliaia di segnalazioni, le bufale evidenti e le piste promettenti? Esiste qualche algoritmo che separa �il grano dal loglio�? O ci si affida sempre e solo al fiuto dell'investigatore? �Oggi ci sono alcuni supporti informatici, per esempio i programmi di riconoscimento facciale per le fotografie, che in passato non erano disponibili. Ma il lavoro vero viene ancora svolto dall'essere umano�. - L'intelligenza artificiale oggi potrebbe contribuire alla soluzione del giallo? �Non credo proprio! Comunque, fino a oggi, nonostante gli ausili informatici le indagini si fondano sulla pura attivit� investigativa deduttiva�. - Oggi molte persone coprono a nuoto il tratto da Alcatraz alla riva. Potrebbero esserci riusciti anche i tre evasi? �Lo fanno atleti con un addestramento specifico che i tre non avevano. Fra la corrente e lo choc termico � un'impresa proibitiva. Non so se gli evasi ce l'abbiano fatta, ma personalmente non credo che siano arrivati vivi fino a riva�. Una complicata ragazza inglese (di Lidia Di Simone, �Focus Storia� n. 202/23) - Quasi sconosciuta ai pi�, la pittrice Gwen John ha fatto parlare di s� solo per la sua relazione con lo scultore Rodin e oggi fa tendenza per gli amori queer. Eppure era un�artista raffinata. - �Rodin's stalker�, titolava un paio di decenni fa un quotidiano britannico. Inquietante definizione per quella che oggi viene considerata una grande artista di cui si era saputo poco o nulla nell'ultimo secolo. Ignorata dalla critica e dai collezionisti, Gwen John (1876-1939) ha lasciato una flebile traccia di s� nel mondo dell'arte solo dagli anni Cinquanta, amplificata da una mostra alla Tate datata 2004 e dagli articoli conditi di retroscena e titoli a effetto. Non era �la stalker di Rodin�, o non solo, ma purch� se ne parli, va bene cos�, visto che la ragazza merita. Quando le pagine culturali hanno cominciato a occuparsi di lei � emersa una figura sfaccettata di donna divisa tra due nazioni, la natia Gran Bretagna e la Francia, ma soprattutto pesantemente condizionata da due artisti famosi, il fratello Augustus e un altro Augusto, o meglio Auguste: Rodin, suo mentore e amante. Di lei ha colpito molto anche la discussa ambiguit� sessuale: Gwen viveva passioni travolgenti, indirizzate a entrambi i sessi, da un lato la figura incombente del celeberrimo scultore francese, dall'altro le figurine efebiche che ritraeva nelle stanze chiuse, muse per cui a volte nutriva amori non corrisposti. Era una pittrice di grande talento che usava le tinte tenui, una gamma infinita di grigi con i quali ritraeva il mondo. Ma dentro doveva avere un vulcano di colori pi� audaci. Almeno possiamo supporlo, visto che posando per uno dei suoi tanti autoritratti, severo come quello di un'istitutrice vittoriana, indoss� una blusa color sanguigna (o ceralacca rossa, come dice John Rothenstein nel classico Modern English Painters, 1956). Il contrasto d� l'idea di una persona inquieta. Lo era di certo, combattuta tra la voglia disperata di apprendere e farsi conoscere e la paura di confrontarsi col mondo, che la spingeva a seppellirsi nella provincia francese, in un esilio simile a una tomba. C'� da pensare per� che la fiducia nei propri mezzi non le mancasse. In un altro autoritratto, realizzato a 24 anni, sembra riempire la tela con la mano sul fianco, una camicia dalle maniche a sbuffo, e lo sguardo sfrontato, imperioso: �Eccomi, sono qui!�. Gwen John, insomma, era questo e quello. Ambigua, o forse incredibilmente avanti, e non solo per la sua pittura fatta di luce e tristezza, di piccoli tratti a olio e simbolismi, ma anche per quel suo essere queer, sessualmente ondivaga, o forse solo complessa ed eccentrica, nella pura accezione del termine inglese. Era comunque una ragazza che sperimentava, affacciandosi alla vita in un secolo pieno di cambiamenti. Figlia di un avvocato gallese e di una discreta acquerellista, seconda di quattro fratelli, orfana a otto anni, venne cresciuta dalle governanti a Tenby, nel Galles. Aveva fatto in tempo, per�, a raccogliere il testimone della passione materna per la pittura. Nel 1895 raggiunse il terzogenito Augustus, minore di lei di diciotto mesi, alla Slade School di Londra, un'accademia di belle arti che divenne famosa per aver dato la formazione e i mezzi espressivi al gruppo di Camden Town, i postimpressionisti di cui avrebbe fatto parte anche il promettente fratellino. Gwen era brava, ma il giudizio che veniva dato di Augustus, gi� prima del diploma, era impressionante: �il miglior disegnatore della sua generazione�. Questo per dire come non dovesse essere facile per la sorella maggiore ritrovarsi un genio in famiglia. Il ragazzo vinse lo Slade Prize e si aggiudic� una borsa di studio che lo indirizz� verso Parigi e soprattutto verso l'amata vita da zingaro. Vinse un premio anche Gwen: aveva seguito i corsi per tre anni, poi nel 1898 lasci� la Slade. I due fratelli erano noti per il loro stile di vita bohemien, lei con la sua aria ascetica, fragile, vestita di scuro, lui con l'aspetto selvaggio per via di barba e capelli rossi arruffati, il fisico atletico e quell'aria da seduttore nato. Vivevano in uno squat, un magazzino senza luce e acqua, e prendevano decisioni bizzarre, come quella di andare a piedi a Roma. Fu un'avventura: lungo la strada dormirono nei campi dove capitava e si finanziarono il viaggio vendendo schizzi di ritratti. Alla fine arrivarono solo a Tolosa, e poi risalirono a Parigi, dove era pi� facile trovarsi un lavoro. Gwen approd� all'Acad�mie Carmen dove teneva lezione James McNeill Whistler, americano cresciuto in Russia, un dandy amico di Degas e degli impressionisti, molto apprezzato per la tela dedicata a sua madre, ritratta di profilo in grigio e nero. Qualcosa di quel dipinto forse influenz� lo stile della giovane inglese. In ogni caso la parentesi parigina dur� un paio d'anni, poi Gwen torn� a Londra. Qui diede la sua prima mostra, nel 1900, al Neac, il The New English Art Club fondato pochi anni prima da un gruppo di artisti ribelli rifiutati dalla Royal Academy. Il circolo aveva l'obiettivo di mostrare solo �buona pittura moderna�. Secondo la critica, in quella piccola galleria c'era in effetti �il movimento artistico pi� vitale nella pittura inglese dell'ultimo mezzo secolo�. La giovane fin� per esporvi i suoi lavori fino al 1913. Suo fratello, che non la sottovalutava affatto, diceva di lei che era �la pi� grande artista donna della sua et�. E aggiungeva, come riporta il biografo Michael Holroyd: �Cinquant'anni dopo la mia morte sar� ricordato come il fratello di Gwen John�. Oltre all'arte divisero forse anche un amore, quello per Dorelia McNeill, amica comune, ritratta magistralmente da Gwen. La pittrice nei mesi a Parigi l'aveva immortalata in pi� occasioni, mostrando l'abilit� raggiunta e una certa attrazione per lei. Le innumerevoli lettere di Gwen John ad amici e amanti conservate alla Biblioteca nazionale del Galles fanno supporre che vivesse legami fortemente emotivi sia con gli uomini sia con le donne. Quanto corrisposti � meno chiaro. Ma una presenza su tutte ha messo in ombra le altre. Nel 1904 anche Gwen torn� in Francia. L� sarebbe rimasta per 35 anni, fino alla sua morte. A Parigi, nei primi anni, soggiorn� in stanze modeste a Montparnasse. Passeggiava, si godeva la sua autonomia e si guadagnava da vivere facendo la modella. Ebbe la ventura di posare per colui che stava diventando il pi� importante degli scultori francesi: all'inizio del Novecento il sessantenne Auguste Rodin stava disseminando Parigi di statue possenti, creando la scultura moderna e insieme il proprio stesso mito. Nel 1905 Rodin fu incaricato di realizzare un monumento in memoria di Whistler, che aveva fondato la societ� internazionale degli scultori di cui Rodin era divenuto presidente. Us� Gwen come modella. La mise in piedi, una gamba sollevata su un ceppo, e ne plasm� la posa audace nei panni della Musa nuda, senza braccia (questo il titolo dell'opera, oggi esposta di fronte al Mus�e Rodin di Parigi). E come avveniva con implacabile monotonia, lo scultore trasform� la modella in amante. Non era la prima, non sarebbe stata l'ultima. Ma Gwen forse non lo sapeva. L'opera, che rappresentava l'arte protesa a scalare la montagna della fama, avrebbe dovuto essere esposta a Londra, lungo il Tamigi, ma fu bocciata dalla commissione, che gli prefer� la copia di un gruppo scultoreo, I borghesi di Calais (oggi nel parchetto vicino alla Westminster Abbey). Intanto il gabinetto di posa era diventato la loro alcova. Nonostante avesse 40 anni pi� di lei, Rodin divenne l'oggetto esclusivo degli interessi di Gwen. Era il suo maestro e mentore e contribuiva alle spese dell'affitto. La gallese dipingeva, posava, e intanto apprendeva dal migliore. E scriveva, scriveva, scriveva. Gli indirizzava le sue lettere appassionate... Duemila, pare! Era ossessionata da Rodin e lui ne fu sopraffatto, ponendo fine alla loro relazione. Lei continu� a scrivergli ancora, ogni giorno, per il decennio successivo. Dormiva poco, dipingeva e lo andava a cercare, nel giardino della casa di famiglia, alla stazione, nelle strade di Meudon, dove lui si era ritirato con la famiglia. Mentre lo scultore era ancora vivo, Gwen trov� un altro ammiratore: nel 1909 John Quinn, facoltoso avvocato di New York, aveva avuto modo di ammirare i suoi quadri a Londra. Si offr� da allora di acquistare qualsiasi suo lavoro. Per la pittrice gallese, che a Parigi viveva quasi di stenti, era la svolta. Non doveva pi� fare la modella e riusc� persino a comprarsi una piccola casa. Dove? A Meudon, a due passi dalla magione dove Rodin viveva con la moglie, e dove oggi c'� una sede del museo a lui dedicato. Mentre lo scultore si sposava, Gwen si ritir� dalla vita sociale, chiudendosi nella sua piccola stanza-atelier. Il suo studio vuoto, ma pieno di oggetti che la raccontavano, viene oggi considerato un piccolo capolavoro. La curatrice Katie Hessel, autrice del volume La storia dell'arte senza gli uomini (Einaudi) spiega che in quella tela Gwen John mostra cos'� il modernismo. �Sta dicendo: queste sono le mie cose, sono una donna, posso fare i miei soldi, posso vivere da sola e posso essere un'artista, posso finanziare la mia carriera professionale. Se non fosse per donne come lei non avremmo i lavori che abbiamo. Hanno dipinto la loro storia�. Eppure, lei che a Londra aveva vissuto appieno l'ambiente artistico, sebbene al centro della scena ci fosse sempre suo fratello, a Meudon si chiuse in casa e si rivolse alla religione. Dipingeva ragazze e suorine, gatti e stanze vuote. �Dipingo finch� � buio�, scriveva, �poi ceno e leggo per circa un'ora e penso alla mia pittura e poi vado a letto. Ogni giorno � lo stesso. Mi piace molto questa vita�. Chi lo sa se parlava sul serio o se cercava di dissimulare un disagio profondo. Gwen divenne comunque quello che oggi la critica definisce una grande pittrice spirituale. Si innamor� di nuovo, della sua vicina di casa, la russa Vera Ouman�off che con la sorella Raissa e il marito di lei, il filosofo Jacques Maritain, animava un importante cenacolo intellettuale. Di nuovo, Gwen non fu ricambiata. A testimoniarlo ci sono le lettere. Dopo una breve malattia fece un viaggio al mare. Gwen John mor� a 63 anni a Dieppe, sulla costa della Normandia. I suoi lavori, spesso tenuti per s� senza interesse a venderli, sono oggi oggetto di culto. La storia del doppiaggio italiano tra fallimenti e successi (Accademia09.it) - L�arte che ci ha permesso di apprezzare gli attori cinematografici pi� famosi pur senza conoscere la loro lingua. - In Italia siamo sempre stati abituati alla fruizione di contenuti audiovisivi al cinema in lingua italiana. Nonostante l�evoluzione tecnologica, l�accessibilit� alle versioni originali dei prodotti mediali e l�apprendimento di lingue straniere, il doppiaggio italiano continua a essere un�eccellenza della nostra arte nazionale. Una delle migliori scuole al mondo, nata dopo la fine del primo dopoguerra e da allora cresciuta incredibilmente. La tradizione del doppiaggio in Italia �, probabilmente, la pi� longeva e antica del mondo: anche se non � nata propriamente in Italia � qui che ha trovato il terreno pi� fertile per il suo sviluppo e il suo successo. I pi� bravi e celebri doppiatori del mondo sono proprio italiani che hanno dato voce ad attori di fama mondiale in film che hanno fatto la storia del cinema. Da Luca Ward che ha reso memorabile il gladiatore di Russell Crowe con la frase �Al mio segnale scatenate l�inferno!� a Francesco Pannofino che ha fatto altrettanto col doppiaggio di Tom Hanks e reso famosa la frase di Forrest Gump �Mamma diceva sempre: la vita � uguale a una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita!� Conosciamo un po� insieme questa storia che� ha fatto la storia del doppiaggio nel mondo. Nel mondo del cinema, �doppiare� vuol dire dare un nuovo giro di emozioni, enfatizzando quello che � stato gi� comunicato o apportando sfumature di sentimenti prima rimaste celate tra i non detti. I doppiatori � chiusi nella saletta di doppiaggio con i loro volti illuminati da uno schermo e da una piccola luce sul leggio, mentre tutto intorno � il buio � sono voci nell�ombra. Uomini, donne, bambini che danno voce ed espressione a dialoghi e performance di altri attori. Utilizzando la loro voce, trasmettono al pubblico le emozioni dei loro personaggi calandosi nella loro parte e riproducendoli attraverso giochi di toni e accenti. Ognuno di loro � attore due volte, conosce i segreti nascosti della modulazione vocale, della potenza del diaframma, dei colori con cui possono dipingere ogni parola con la forza delle proprie corde vocali. Mentre in molte parti del mondo molti film stranieri vengono proiettati nella lingua originale accompagnate da sottotitoli nella lingua nazionale, in Italia le cose vanno ben diversamente. Come dicevamo all�inizio, noi italiani siamo abituati da sempre a fruire di contenuti audiovisivi nella nostra lingua. Gi� dall�avvento dei film sonori, avvenuto verso la fine degli Anni �20 del 20esimo secolo � nel 1927 per l�esattezza � c�� stata la necessit� di dare voce italiana agli attori delle pellicole straniere. Il bisogno nacque un po� per la mancanza di conoscenza della lingua inglese, un po� per l�analfabetismo del pubblico che non sarebbe potuto andare dietro alle didascalie in lingua italiana, un po� per la necessit� del regime italiano dell�epoca di evitare ogni influenza straniera. La maggior parte delle pellicole sonore prodotte tra gli anni 20 e gli anni 30 era di matrice americana. Sia a causa della scarsa conoscenza dell�inglese sia a causa dell�ostracismo dei regimi totalitari presenti in Europa � specialmente quello italiano � queste pellicole facevano fatica ad avere un pubblico nel vecchio continente. Molti paesi europei adottavano i sottotitoli ma questa soluzione era fuori discussione in Italia perch� il fascismo considerava un attentato all�italianit� qualsiasi influenza linguistica straniera. Poich� l�Italia era uno dei maggiori importatori di pellicole americane, i produttori dovettero ricorrere ai ripari e capire quali manovre attuare per rendere fruibili le proprie pellicole ad ogni nazione, Italia compresa. Dai primi tentativi falliti di dare voce ad attori che recitavano in lingua straniera al doppiaggio anche di pellicole in lingua italiana, la scuola di doppiaggio italiana ha messo le basi per la disciplina del doppiaggio ammirata in tutto il mondo. Quando comparvero i primi film sonori non tutte le sale erano in grado di proiettarli. Da qui la decisione di proiettarli senza audio con l�inserimento in mezzo di lunghissime didascalie in sostituzione dei dialoghi e a descrizione delle stesse scene. Questa prima manovra ebbe esito deludente poich� il film veniva interrotto, la durata si allungava di molto e molti non sapevano leggere. Di conseguenza i film persero buona parte del pubblico di cui avevano goduto sino ad allora. Provarono allora a realizzare pi� versioni della stessa pellicola, una versione per la lingua di ogni nazione a cui volevano indirizzare la pellicola. A volte rimanevano gli stessi protagonisti per le diverse versioni e cambiavano solo i personaggi secondari; altre volte, invece, cambiava l�intero cast con attori che sapessero parlare la lingua a cui la pellicola si rivolgeva. Un esempio � Dracula del 1931: di giorno si girava la versione inglese con Bela Lugosi e di notte quella spagnola con Carlos Villar�as. Se nelle diverse versioni gli attori rimanevano americani e non conoscevano le altre lingue, le loro battute venivano scritte �cos� come si leggevano� su dei cartelli che venivano letti da fuori campo e che essi ripetevano con il loro forte accento americano. Due dei pi� famosi attori che fecero uso di questa pratica furono Laurel e Hardy (i famosi Stanlio e Ollio), che tra il 1930 e il 1931 realizzarono molte versioni delle pellicole di cui erano protagonisti in diverse lingue, tra cui la versione in lingua italiana (e il cui accento sar� poi d�ispirazione per il doppiaggio delle loro pellicole da parte di attori italiani). Il risultato fu peggiore del precedente tentativo di dare voce agli attori: tra parole sbagliate, accenti non corretti e caos nei vari set (dove spesso, oltre al cast, cambiavano anche le troupes). Segu� il tentativo di doppiare gli attori direttamente da dietro la cinepresa ma i risultati furono ancora pi� deludenti. Il primo esperimento di doppiaggio vero e proprio arriv� nel 1929 quando il montatore della Fox, Louis Loeffer, e l�attore italo-americano Augusto Galli decisero di doppiare una scena del film �Maritati a Hollywood�. Anche in questo caso il risultato fu deludente ma diede la consapevolezza che si poteva fare e apr� le porte alla soluzione definitiva per arrivare al mercato italiano. Per prime la MGM e la Fox, seguite da altre major, assunsero attori italo-americani o emigrati negli Stati Uniti per poter doppiare i film da mandare sui grandi schermi italiani. Nacque l�esigenza di studi di doppiaggio, luoghi specializzati per questa pratica. La Paramount allora decise di buttarsi nell�impresa e cre� in Francia il primo vero e proprio stabilimento dedicato esclusivamente al doppiaggio delle proprie pellicole. Qui si reclutavano gli attori di ogni paese europeo per registrare le varie edizioni dei diversi film: il primo di questi fu �Il Dottor Jekyll� di Rouben Mamoulian, con Fredric March doppiato dall�attore teatrale e speaker radiofonico Olinto Cristina. Nel 1932 il regime fascista impose che la pratica del doppiaggio fosse eseguita in Italia, escludendo ogni pellicola che venisse doppiata al di fuori dell�Italia. Nacque l�esigenza di studi di doppiaggio con sede in Italia. Foto Vox, Italia Acustica e Fono Roma furono i primi tre stabilimenti dediti unicamente al doppiaggio delle pellicole estere. Tra questi, Fono Roma divenne il principale studio di doppiaggio perch� riceveva sostegno dalle pi� grandi major americane (20th Century Fox, Paramount e Warner Bros) che gli affidarono direttamente le edizioni italiane delle proprie pellicole. Attori teatrali e cinematografici come Ugo Cesari e Tina Lattanzi continuarono a lungo nell�attivit� di doppiatori, ponendo le basi per una vera e propria scuola di doppiaggio italiana, invidiata in tutto il mondo. La poca esperienza iniziale con i mezzi tecnici (si lavorava al buio e senza guida sonora) e le censure attuate dal regime fascista non riuscirono ad impedire al doppiaggio di affermarsi come parte integrante della cultura cinematografica italiana. Tantissimi furono i doppiatori che negli anni �30 contribuirono alla diffusione del doppiaggio in Italia e diventarono delle voci familiari e riconoscibili per tutti gli spettatori italiani, tra questi: Miranda Garavaglia Bonansea (particolarmente nota per essere stata la voce italiana di Shirley Temple e Marilyn Monroe), Sandro Ruffini, Andreina Pagnani. Tuttavia � nonostante verso la fine degli anni �30, si doppiassero sia i film stranieri sia quelli italiani � dove le voci degli attori venivano sostituite con quelle dei doppiatori � il mestiere del doppiatore fu lasciato quasi totalmente nell�ombra. Basta pensare che i loro nomi erano esclusi nei titoli di coda delle pellicole. Terminato il secondo conflitto mondiale, torn� il desiderio di riprendere una vita normale. Le sale cinematografiche riaprirono e iniziarono ad accogliere tutte le pellicole (specialmente le pellicole americane) che non erano state distribuite durante gli anni della guerra. Ci si ritrov� con un numero incredibilmente elevato di film da doppiare e distribuire. Fu questa l�occasione in cui ci si rese conto del peso artistico dei doppiatori italiani. Fu cos� che questi crearono la Cooperativa Doppiatori Cinematografici (CDC) con lo scopo di raggruppare le storiche voci del periodo precedente al conflitto, garantire la possibilit� di associare la voce di un particolare doppiatore ad un particolare attore e assicurare garanzie sulla continuit� del lavoro. In diretta concorrenza con la CDC nacque l�Organizzazione Doppiaggio Italiano (ODI), proponendo principalmente voci nuove e non necessariamente simili all�attore madrelingua. Considerando quindi che la ODI voleva prendere quella parte di mercato che non voleva identificarsi con le stesse identiche voci del passato, di fatto non era una diretta concorrente della CDC. Di fatto la competizione fra le due era una �competizione amichevole�: in base alle loro esigenze, le varie case di produzione decidevano di affidarsi all�una o all�altra. Dopo quarant�anni, le major decisero di cambiare e affidarsi per il doppiaggio dei loro film al libero mercato delle voci ma nonostante questa scelta alcune associazioni come la CDC (diventata Sefit CDC) continuarono a essere comunque di riferimento. Cominciarono a ricercare professionisti in grado di essere efficaci e aderenti al personaggio non solo per la somiglianza del timbro con quella dell�attore. Gli attori dovevano avere uno stile pi� pulito e raffinato di quello �sporco� dell�originale e dovevano dedicare particolare cura alla dizione. Viene anche sospesa la pratica dei ri-doppiaggi di pellicole nostrane, nonostante molti attori fossero diventati famosi proprio grazie alle voci dei doppiatori italiani: � quanto ad esempio era accaduto alla coppia Bud Spencer e Terence Hill, che avevano rispettivamente le voci di Glauco Onorato e Pino Locchi. Altra svolta positiva: finalmente il ruolo di doppiatore ora viene ufficialmente riconosciuto e le voci italiane appaiono anche nei titoli di coda con i relativi crediti e quella del doppiaggio � riconosciuta come una vera e propria professione facente parte del mondo dello spettacolo. Nonostante i vari problemi che si possono riscontrare tuttora in determinate produzioni, la qualit� del doppiaggio italiano resta altissima. Probabilmente, la migliore al mondo, che ha permesso a buona parte della popolazione di godere di un media importante come il cinema in maniera chiara e comprensibile.