Dicembre 2024 n. 12 Anno LIV MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura. Indice Chiusura per ferie Sempre a parlar male Udite, udite! Meglio seguire pancia o testa? Heidi: sulle tracce di un mito svizzero �Jingle Bells�, la singolare storia dell�iconico brano natalizio La storia dei pi� famosi dolci natalizi tedeschi Tradizioni natalizie napoletane: aneddoti e curiosit� Chiusura per ferie Informiamo i nostri gentili lettori che la Biblioteca rimarr� chiusa per le festivit� natalizie e di fine anno nei giorni dal 24 al 31 dicembre 2024 e riaprir� il giorno 2 gennaio 2025. Con l�occasione auguriamo a tutti buone Feste. Sempre a parlar male (di Biagio Picardi, �Focus Storia� n. 215/24) - Il gossip esiste fin dall�antichit� pi� remota, ma le forme escogitate per diffondere i pettegolezzi sono cambiate nel corso dei secoli - La voglia di spettegolare � vecchia quanto l'uomo. E infatti gi� i racconti popolari o le prime, rudimentali forme di letteratura, come i canti di vittoria tra soldati o quelli conviviali tra contadini, riportavano gustosi gossip o versi irriverenti sui potenti. Tra le prime testimonianze di pettegolezzi troviamo i fescennini (canti popolari dei Latini) e i carmina triumphalia, canti con cui i soldati romani accompagnavano il trionfo del loro generale dopo una vittoria alternando lodi a frasi di scherno con riferimenti a vizi e scappatelle dell'eroe: erano modi per satireggiare sui potenti senza correre (troppi) rischi. Anche le grandi penne scrivevano malignit�. Per esempio Ovidio con l'Ars amatoria (inizio del I secolo) e Giovenale con le Satire, dopo il 100. La prima � una sorta di �posta del cuore� che, con stoccate a personaggi storici o del mito, insegna all'innamorato e all'innamorata come conquistare l'oggetto dei propri desideri. Cos�, per evitare di finire col cuore spezzato, fa l'esempio di Elena di Troia, simbolo della seduttrice. Nelle Satire, invece, Giovenale elegge ad assoluta protagonista Messalina, moglie dell'imperatore Claudio: �Cos�, mentre una parrucca bionda nasconde i capelli neri, entra nel caldo lupanare dalle tende vecchie e nella stanzetta vuota� racconta di lei, descrivendola impegnata a fare a gara di clienti con le prostitute pi� famose. In quell'epoca anche Gaio Svetonio Tranquillo infarciva di pettegolezzi le sue Vite dei Cesari, non risparmiando neppure uno dei dodici imperatori di Roma di cui racconta. Di Domiziano per esempio scrive: �Dopo aver sedotto numerose donne sposate, arriv� a sposare Domizia Longina, togliendola a suo marito Elio Lama�. Niente di imparziale ovviamente: il gossip prevaleva sulla verit� storica e dipendeva da quanto quel particolare imperatore incontrasse o meno il favore di Svetonio. Sparlare era un'arte utile per denigrare un rivale, passare informazioni, ma anche un semplice intrattenimento per tutti. I muri di Pompei ci hanno tramandato i pettegolezzi della gente comune, che per lo pi� vertevano su storie di amore e di corna, con graffiti del tipo �Qui Romula si intrattiene con Stafilo� o �Serena non si cura affatto di Isidoro� e, ancora, �Marcello ama Prenestina e non � considerato�. Particolarmente propizio al gossip fu poi il Medioevo, con trovatori e menestrelli cronisti delle marachelle di corte, che per� prediligevano l'aspetto sentimentale a quello scandaloso. Al contrario di quello che fece il pi� importante pettegolo del suo tempo, il vescovo e cronista Liutprando da Cremona (920-972), che concentrava le sue maldicenze soprattutto su papi libertini e re traditi dalle mogli. Nella sua ultima opera, senza titolo ufficiale ma passata agli archivi come Historia Ottonis, descrive papa Giovanni XII come un depravato, ogni sera a caccia di donne da assalire e portarsi a letto. Attenzione, per�: il gossip era (ed �) anche un'arma per attaccare i nemici e infatti l'Historia fu commissionata dal re di Germania Ottone I per screditare il pontefice, suo rivale politico. Nacque un vero e proprio filone letterario che aveva come unico obiettivo quello di sparlare degli altri. Per danneggiare oppure, pi� semplicemente, come nel caso di Cecco Angiolieri tra Duecento e Trecento, per divertire i lettori. Maestro del genere fu Pietro Aretino, vissuto tra il 1492 e il 1556, descritto come �flagello dei principi� perch� nei suoi scritti ne svelava allegramente i vizi. Fu tra i primi a capire che si pu� vivere di solo gossip e che per avere successo non c'era niente di meglio che fidelizzare i lettori raccontando peste e corna di questo e di quello. I suoi �scoop� su papa Adriano VI gli costarono un esilio volontario e precauzionale verso Venezia. Erano sue anche alcune �pasquinate�, componimenti pi� gossippari che satirici che venivano lasciati nel centro di Roma sulla statua in marmo (forse un guerriero del III secolo a.C.) soprannominata Pasquino. La statua prese questo nome nel 1500 perch�, si racconta, nei suoi pressi c'era la bottega di un sarto o di un calzolaio che faceva battute cos� taglienti che la sua lingua era considerata pi� affilata delle sue forbici. Una volta morto, il popolo decise di seguirne l'esempio, affiggendo per secoli sulla statua l� vicino stilettate anonime: papa Alessandro VI era lussurioso, Leone X corrotto, Napoleone un ladro. L�usanza delle �pasquinate� fu esportata in altre citt�, soprattutto a Venezia (sulla statua del Gobbo di Rialto) e a Firenze (su quella in bronzo del Porcellino, in piazza del Mercato nuovo). Nacquero luoghi simbolo del gossip cittadino, come nel Settecento (et� d'oro del pettegolezzo) l'Albero di Cracovia, un castagno presso Versailles dove reporter improvvisati si riunivano per diffondere gli scandali di corte su volantini chiamati canards (�anatre�). Furono gli ispiratori dei primi giornali scandalistici, come La Gazzetta Veneta di Gasparo Gozzi (1760), ma anche di artisti come Francisco Goya, che nei suoi Capricci (1799) rappresent� eccessi e vizi in schizzi grotteschi e feroci. L'ultimo grande capitolo del gossip prima dell'era social lo scrissero i paparazzi italiani. Come Tazio Secchiaroli, che il 15 agosto 1958, nella romana via Veneto, scatt� due foto al re d'Egitto Faruk in equivoca compagnia di due ragazze. Due anni dopo Federico Fellini, nel film La dolce vita, ribattezz� �paparazzi� i fotoreporter a caccia di star: si ispir� ai pappataci, insettini simili a zanzare che ronzano senza tregua attorno ai loro bersagli umani. La regina Cesare Cleopatra, Messalina, Nerone: nell'antichit� non sono certo mancate le star da cronaca rosa. Ma probabilmente nessuno sarebbe finito in copertina quanto Giulio Cesare. Il pettegolezzo forse pi� piccante su di lui lo voleva, 19enne, amante del re di Bitinia Nicomede IV. Inviato dal senato nell'81 a.C. in quella provincia romana dell'Asia per chiedere aiuto contro la greca Mitilene, Cesare ottenne le navi promesse, ma pure i favori del re, allora 53enne e, pare, fulminato al primo sguardo. Tanto che il senato dovette richiamarlo in gran fretta a Roma perch� le malelingue lo raccontavano nudo alle feste di corte come nel letto di Nicomede. Cominciarono perfino a soprannominarlo �regina di Bitinia�. Gossip che resistette agli anni, con lui che anche al culmine del potere sopport� che i suoi soldati cantassero: �Cesare ha sottomesso la Gallia, ma Nicomede ha sottomesso Cesare�. Udite, udite! (di Elena Meli, �Focus� n. 383/24) - L�et� e le cattive abitudini mettono a rischio le orecchie e anche il cervello. In caso di dubbi � bene fare il test, perch� esistono soluzioni efficaci - Siete sotto l'ombrellone. Fra i rumori della spiaggia, riuscite a sentire la conversazione dei vicini? E le parole di chi vi sta accanto? Se capite poco o nulla potreste avere un problema di udito: la difficolt� a comprendere gli altri quando c'� confusione, infatti, � un campanello d'allarme per la salute delle orecchie. I problemi dell'udito possono derivare da qualcosa che non va nell'orecchio oppure, pi� raramente, nelle aree del cervello che decodificano i suoni, dando loro un senso. Ma per sapere perch�, e come fare per porvi rimedio, bisogna prima conoscere come � fatto il nostro apparato uditivo. L'orecchio � costruito alla perfezione per fare da ricevitore di suoni: la parte esterna, il padiglione auricolare, li convoglia nel condotto uditivo e amplifica alcune frequenze, in modo da udirle meglio. I suoni arrivano cos� sulla membrana del timpano e da l� si propagano nell'orecchio medio, attraverso i movimenti di tre ossicini dalle forme molto particolari, da cui prendono i nomi di staffa, incudine e martello. Poi le vibrazioni sono trasferite all'orecchio interno, nella coclea, da cui parte il nervo acustico che porta l'informazione sonora al cervello. Perch� come specifica Nicola Antonio Adolfo Quaranta, vicepresidente della Societ� Italiana di Audiologia e Foniatria e docente dell'Universit� di Bari, �sentiamo con le orecchie, ma ascoltiamo col cervello, che interpreta quei suoni, elaborandoli nelle aree uditive, che sono in connessione con zone dedicate alla memoria e alle emozioni�. Il cervello in pratica raccoglie un suono e poi, confrontandolo con i ricordi e con il contesto in cui si trova, seleziona la parola pi� simile a ci� che ha percepito con l'orecchio. Questo spiega i risultati di una recente ricerca condotta da Arianna Di Stadio, docente di otorinolaringoiatria all'Universit� di Catania e ricercatrice onoraria dello University College di Londra, che ha dimostrato che in un ambiente rumoroso, che riduce la possibilit� di discriminazione, persone con alterazioni nelle aree della memoria sono incapaci di distinguere fra parole simili, pur avendo soglie uditive normali. Ma se i problemi neurologici mettono in difficolt� l'udito, � vero per� anche il contrario: non sentire bene per colpa di alterazioni dell'orecchio fa male al cervello, fin dalla nascita e per tutta la vita. �Un bambino che nasca sordo e non venga diagnosticato n� trattato non sviluppa correttamente le connessioni cerebrali necessarie per alcune capacit� cognitive�, dice Quaranta. Oggi in realt� questa eventualit� non si verifica praticamente pi�, perch� lo screening uditivo alla nascita � obbligatorio. �Ma un test audiometrico � importante anche prima dell'ingresso nella scuola primaria�, dice l'esperto, �perch� � una fase decisiva per lo sviluppo delle abilit� linguistiche. Poi, se non ci sono problemi, si pu� rifare un test intorno ai 60 anni, quando il declino uditivo inizia a essere fisiologico. Ma se i deficit compaiono gi� fra i 50 e i 60 anni il rischio di andare incontro a decadimento cognitivo e demenza aumenta dell'8-10%�. Il benessere del cervello e dell'orecchio sono insomma legati a doppio filo, pi� di quanto si possa immaginare: per questo se si ha il dubbio di non sentire alla perfezione � bene sottoporsi ai test audiometrici e, in caso di deficit, correggerli. Frank Lin, del Johns Hopkins Cochlear Center for Hearing and Public Health di Baltimora (Usa), ha scoperto di recente che intervenire pu� rallentare il declino cognitivo, soprattutto in chi � pi� anziano e ad alto rischio di demenza. �Una perdita dell'udito non trattata con un'adeguata protesi fa degenerare il lobo temporale, dove si trovano le aree uditive, e ci� favorisce la degenerazione di altre zone cerebrali, portando per esempio a un impatto negativo sulla memoria. Inoltre, un anziano che non sente bene si isola e anche questo aumenta la probabilit� di demenza, oltre che di depressione�, conferma Di Stadio, che studiando le perdite dell'udito improvvise in giovani e meno giovani ha scoperto che i test audiometrici possono essere una buona �sentinella� della salute cerebrale. �In chi ha meno di 40 anni i cali di udito repentini o l'acufene (il ronzio o fischio continuo, che si sente anche se c'� silenzio, ndr) possono essere una spia molto precoce di malattie neuroinfiammatorie, come per esempio la sclerosi multipla. In chi ha oltre 60 anni, una perdita di udito improvvisa pu� invece dipendere da un tappo di cerume; ma anche essere segno di un disturbo vascolare. Per questo il sintomo non va mai trascurato�. Se si sospetta un calo dell'udito � bene andare dall'audiologo o dall'otorinolaringoiatra. �Anche se sarebbe bene fare un test prima di accorgersi che c'� un problema�, dice Quaranta. �Sentire male quando ci si trova in ambienti rumorosi, gli acufeni frequenti, o la necessit� di alzare il volume della Tv sono tutti campanelli d'allarme che dovrebbero spingere a controllarsi�. Poi, se viene rilevato un calo dell'udito, � importante intervenire. Come farlo dipende dalla causa del problema. Spiega Quaranta: �Se c'� un deficit nella trasmissione del suono, per esempio una perforazione del timpano, si pu� pensare alla chirurgia; se il danno � neurosensoriale, bisogna invece ricorrere a una protesi. Se il deficit uditivo � superiore al 70-75% serve un impianto cocleare: un dispositivo elettronico che prevede l'inserimento di elettrodi nella coclea, collegati a un ricevitore/stimolatore, attraverso un intervento chirurgico. L'operazione � relativamente semplice, rivolgendosi ai centri di esperienza, e nel 97-98% dei casi d� risultati soddisfacenti�. Diverso � il caso delle protesi per deficit uditivi lievi o moderati, quelle esterne che si �agganciano� all'orecchio. Oggi sono piccole e discrete, ma spesso non vengono accettate di buon grado, anche perch� in questi casi i pazienti non sono del tutto incapaci di sentire e quindi sono meno motivati a indossarle. �In Italia peraltro sono pi� costose che altrove, poi c'� chi dice che non funzionano. In realt� non � cos�: la protesi amplifica il suono ma porta un segnale acustico differente da quello naturale, a cui orecchio e cervello devono abituarsi. Si deve creare insomma un'interazione strumento-paziente positiva, ma alcuni non riescono a tollerare la differenza di suono o ad adattarsi, e cos� abbandonano la protesi. Fra abbandoni e ritrosie, il risultato � che gli apparecchi acustici sono utilizzati da meno del 30% di chi ne avrebbe bisogno�, dice Quaranta. Ma prima di giungere alle protesi, per evitare di diventare �duri d'orecchio� si pu� fare molto. �Tutti i fattori di rischio cardiovascolare, dal fumo alla pressione alta o il colesterolo in eccesso, fanno male anche all'udito�, osserva Quaranta. �Poi, � pericoloso essere esposti cronicamente a rumori forti: in ambito lavorativo esistono norme, ma in discoteca o ai concerti la probabilit� di sentire per ore suoni oltre gli 85 decibel, traumatici per l'orecchio, � consistente. L'abitudine di molti giovani di ascoltare musica ad alto volume in cuffia, poi, � certamente molto dannosa�. �L'orecchio recupera in 24-48 ore un trauma acuto da rumore forte; il problema � l'esposizione continua�, aggiunge Di Stadio. �Un sano stile di vita � ci� che serve per mantenere le orecchie a lungo in salute: la dieta mediterranea, l'attivit� fisica senza esagerare perch� altrimenti aumenta l'infiammazione, una buona gestione dello stress, dormire bene sono tutti elementi positivi e necessari. In alcuni casi, per favorire il benessere delle cellule acustiche possono essere utili integratori vitaminici del gruppo B e la vitamina C�. Off limits, invece, i cotton fioc per pulire il condotto uditivo, come conclude Quaranta: �Il cerume � protettivo, perch� tiene fuori dall'orecchio l'acqua che altrimenti, ristagnando, potrebbe portare alle otiti. Viene naturalmente portato verso l'esterno del condotto. Usando i cotton fioc invece rischiamo di spingerlo a fondo e di creare lesioni. L'orecchio non va pulito, si pulisce da solo�. Un equilibrio... delicato L'orecchio interno � anche la sede dell'equilibrio. Fulcro di questo senso � l'apparato vestibolare, formato da tre canali semicircolari disposti nelle tre dimensioni, contenenti un fluido chiamato endolinfa, e dagli organi otolitici, al cui interno si trovano piccole formazioni solide chiamate otoliti. I movimenti dell'endolinfa e degli otoliti sono percepiti da cellule sensoriali che trasmettono al cervello le informazioni sulla posizione della testa e del corpo nello spazio. Il disturbo dell'equilibrio pi� comune, la vertigine parossistica benigna, si ha quando gli otoliti si spostano nei canali semicircolari, dando segnali sbagliati alle cellule sensoriali: tutto gira, anche se siamo fermi, e spesso questo porta anche a nausea e vomito. �Per risolvere il disturbo si fanno semplici manovre che riassestano gli otoliti; inoltre il cervello mette in atto meccanismi di compenso e nel giro di tre giorni la vertigine scompare�, spiega Arianna Di Stadio, docente di otorinolaringoiatria dell'Universit� di Catania. �Le manovre aiutano anche a capire se le vertigini possano essere provocate da motivi meno frequenti, come problemi al nervo vestibolare che dai canali semicircolari porta le informazioni al cervello�. Per capire dove siamo nello spazio, l'orecchio interno � fondamentale, ma ci basiamo anche sulle informazioni che arrivano dai propriocettori (recettori che sono un po' ovunque nel corpo e che percepiscono la nostra posizione) e dagli occhi: esistono cio� meccanismi che ci consentono di stare in equilibrio anche in caso di problemi all'apparato vestibolare. Meglio seguire pancia o testa? (di Elisa Venco, �Focus� n. 384/24) - Che si tratti di piccole o grandi cose, scegliere non � facile: ragione e istinto sembrano contraddirsi. Eppure, dicono le ricerche, spesso lavorano insieme - Immaginate che l'amministratore delegato dell'azienda in cui lavorate annunci di aver elaborato una strategia di sviluppo seguendo la sua �pancia�. Vi sentireste rassicurati? Probabilmente no, perch� quasi tutti riteniamo che le decisioni importanti vadano ponderate basandosi su numeri, dati e valutazioni razionali anzich� su �presentimenti�. L'idea generale infatti � che, nel corso della loro storia, gli esseri umani siano diventati sempre pi� razionali passando dalle decisioni basate su credenze ed emozioni al pensiero analitico e scientifico. Invece, in primo luogo le decisioni ritenute razionali a volte non sono affatto tali, bens� viziate da inconsapevoli condizionamenti (gli scienziati li chiamano bias) che le rendono parzialmente irrazionali. Un esempio? Di fronte a un investimento in denaro tendiamo a considerare le potenziali perdite pi� che i possibili guadagni. E davanti a un problema molto complesso ricordiamo maggiormente le informazioni che confermano ci� che gi� sappiamo rispetto alle altre. Come possiamo pensare allora di scegliere in modo oculato? Per converso, le sensazioni viscerali non sono reazioni stupide a un certo fatto, che vanno corrette dalla ragione, bens� il risultato di un'elaborazione delle informazioni che si esprime in un'emozione specifica (o una sensazione, come il mal di pancia) quando ci troviamo davanti a un evento simile a un altro gi� vissuto. �Le emozioni non sono irrazionali�, dichiara Sara Garofalo, neuroscienziata e autrice di Sbagliando non si impara (Il Saggiatore). �Semplicemente riassumono un insegnamento che il cervello non ha ancora realizzato pienamente�. Che a volte �sappiamo� le cose senza rendercene conto lo dimostra un esperimento riportato sul periodico scientifico Frontiers in cui ad alcuni volontari � stato chiesto di scegliere le carte da due mazzi. Uno dei due era truccato per dare grandi vincite e grandi perdite; l'altro dava piccole vincite e quasi nessuna perdita. Dopo una decina di carte estratte i volontari hanno intuito quale fosse il mazzo �pericoloso� (ovvero quello a rischio di grandi perdite), anche se non riuscivano a spiegare perch� lo sapessero. I ricercatori hanno concluso che l'intuizione fosse legata a un segnale corporeo, come l'aumento della sudorazione quando si sceglievano le carte ad alto rischio, che veniva �registrato� dal cervello inconsapevolmente. Lo scarto temporale tra decisione e consapevolezza emerge anche da uno studio apparso su Nature Neuroscience secondo cui, osservando l'attivit� cerebrale delle persone davanti a una scelta, i ricercatori potevano conoscere che cosa esse avrebbero fatto 7-10 secondi prima che le cavie stesse avessero realizzato di aver deciso. Ci� significa che, anche quando le persone pensano di dover concludere un ragionamento, in realt� hanno gi� preso una risoluzione in modo inconscio. Di pi�: senza dare ascolto alle emozioni faremmo comunque scelte irrazionali, come attestano gli elevatissimi rischi che paiono accettabili a persone che ragionano perfettamente, ma la cui corteccia prefrontale ventromediale, cio� la zona cerebrale che regola la paura, � lesionata. Per fortuna la maggior parte delle volte il pensiero analitico e quello intuitivo si esprimono contemporaneamente nelle nostre teste (lo scarto � al massimo di pochi millisecondi). E cos� le decisioni prese ci appaiono razionali. In effetti, quando dobbiamo scegliere tra pi� opzioni, il nostro cervello lavora come una �macchina che formula previsioni�, confrontando le informazioni attuali con le conoscenze e i ricordi precedenti, in modo da predire cosa accadr� in futuro e prepararsi. Ogni volta che si verifica una discrepanza tra la realt� e la previsione, i modelli cognitivi cerebrali vengono aggiornati in modo automatico. E man mano che la nostra esperienza in un certo ambito progredisce, elaboriamo sempre pi� rapidamente aspettative attendibili, facendo risparmiare energia al sistema cerebrale. � come quando si impara ad andare in bici: all'inizio si deve fare attenzione a ogni movimento, ma poi si pedala senza pensarci. Ecco: man mano che diventiamo esperti, impariamo a prestare attenzione e ragionare su ci� che � pi� importante tralasciando il resto. E meno male: non siamo fatti per esaminare troppi elementi contemporaneamente. Nel 1956 lo psicologo George Miller sosteneva che 7 fosse il numero medio di informazioni che le persone sono in grado di mantenere nella memoria in un dato momento (con una variabilit� di +2 o -2, a seconda delle persone e delle circostanze). Ma una ricerca pi� recente, pubblicata su Behavioral and Brain Sciences, indica che il numero massimo � in realt� solo 3 o 4. Questa abilit� di focalizzarsi subito sugli elementi essenziali � determinante per alcune categorie di esperti, come infermieri specializzati, vigili del fuoco, soccorritori, che sono in grado di riconoscere in breve le regolarit�, le ripetizioni e le somiglianze tra casi presenti e passati per prendere le decisioni pi� adatte. Come ha spiegato lo psicologo americano Gary Klein, autore del saggio Intuition at Work, in caso di emergenza �una strategia puramente istintiva sarebbe troppo rischiosa perch� a volte la corrispondenza del modello genera opzioni difettose. Una strategia completamente analitica sarebbe invece troppo lenta�. Insomma, quando a decidere � un esperto, affidarsi al suo istinto, possibilmente suffragato da un esame della situazione, ha senso. Quando invece la scelta dipende da noi, �la tendenza a preferire un approccio decisionale o l'altro dipende un po' da come siano fatti e un po' dal contesto�, precisa Sara Garofalo. �La predilezione per l'intuizione o per la deliberazione probabilmente si forma nell'infanzia in base alla strategia che per noi ha avuto pi� successo e viene rafforzata dall'esempio di chi ci circonda�. Non � detto per� che, se si � fatti in un certo modo, lo si debba essere per sempre, n� che impiegare sempre la stessa modalit� favorisca davvero la scelta migliore. �Occorrerebbe rivalutare il dubbio e chiedersi cosa succederebbe se si adottasse l'approccio opposto, o cercare elementi che smentiscano la propria inclinazione. Va anche considerato che, poich� uno stato di incertezza risulta intollerabile per moltissime persone, non � escluso che, pur di interromperlo, qualcuno sia spinto a decidere anche senza avere sufficienti informazioni o scambiando l'ansia di scegliere per un'ispirazione�, conclude Garofalo. Per non ripetere sempre gli stessi automatismi, Jenning Plessner, professore di Psicologia dello Sport presso l'Universit� di Heidelberg (Germania), consiglia di annotare la prima reazione spontanea davanti a una scelta e poi di confrontarla con la valutazione razionale. �Ci� permette di evidenziare se c'� una differenza tra la decisione intuitiva e quella deliberativa, decidendo con pi� consapevolezza in quale direzione andare�. Esaminare le varie opzioni richiede per� tempo. Secondo il premio Nobel per l'economia Daniel Kahnenan decidiamo ricorrendo a due sistemi alternativi: il pensiero intuitivo, detto sistema 1, che ha il vantaggio di essere pi� rapido di un approccio razionale, permettendoci di riconoscere minacce e opportunit� promettenti. E poi c'� il sistema 2, cio� il pensiero razionale, che compensa la sua lentezza con la maggiore accuratezza nelle decisioni in contesti complessi, nei quali il nostro cervello tende a seguire processi mentali semplificati (detti �euristiche�). Un caso classico � quello dell'�euristica della disponibilit�, ovvero la tendenza umana a basare i propri giudizi sulla facilit� degli esempi, ovvero sulle prime cose che ci vengono in mente. Questo significa, per dire, che immotivatamente diamo pi� peso alle indicazioni ricavate dalle esperienze pi� recenti (cio� le prime disponibili per il nostro cervello), sottovalutando quelle passate e il loro insegnamento. Gli economisti Marco Sahm e Robert K. von Weizs�cker, rispettivamente dell'Universit� e del Politecnico di Monaco, hanno sviluppato un modello matematico che tiene conto dei costi e dei benefici di entrambe le strategie, quella razionale e quella istintiva. Ne hanno concluso che l'approccio giusto dipende sia dalla complessit� di un particolare problema sia dalle conoscenze di ogni persona. Le decisioni razionali sono mediamente pi� precise, ma comportano costi �energetici� pi� elevati di quelle intuitive, perch� richiedono pi� sforzi di raccolta e di analisi delle informazioni. Questo costo aggiuntivo pu� diminuire nel tempo, ma non scompare mai del tutto. Tuttavia, una volta che una persona ha abbastanza esperienza, il processo decisionale intuitivo tende a funzionare meglio della razionalit�, risparmiando lo sforzo di approfondimento. Inoltre, in genere le decisioni intuitive prevalgono nelle fasi iniziali e finali di un processo di apprendimento, mentre la ragione governa le decisioni nelle fasi intermedie. In ogni caso, una cosa � chiara: l'intuizione e la razionalit� non sono necessariamente opposte. La strategia pi� vantaggiosa consiste proprio nel ricorrere a entrambe, senza seguire ciecamente la nostra voce interiore, ma neppure tacitandola costantemente a favore della logica. Heidi: sulle tracce di un mito svizzero (Eda.admin.ch) - � la bambina svizzera pi� famosa: ha incantato generazioni di bambini con la sua gioia di vivere. Il romanzo � stato tradotto in oltre 70 lingue e ha ispirato pi� di 15 film - �Heidi� � la storia di una piccola orfana svizzera che trova la felicit� sulle Alpi, che sono il suo paradiso, e si fa amare dalle persone intorno a lei per il suo grande cuore e la sua allegria. Pubblicato nel 1880, il primo volume del romanzo riscosse un immediato successo tra il pubblico in Svizzera e in Germania. L�autrice Johanna Spyri (1827�1901) pubblic� il secondo volume solo un anno dopo e il romanzo fu successivamente tradotto in sei lingue, tra cui il francese e l�inglese. �Heidi� non � solo una parte importante del patrimonio culturale svizzero, ma anche un fenomeno globale. Nel maggio del 2023, i due archivi zurighesi di Heidi e Johanna Spyri sono stati inseriti nel Registro Memoria del Mondo dell�UNESCO, che ha cos� riconosciuto il valore eccezionale di queste testimonianze documentali e reso omaggio a livello internazionale alla storia di Heidi. Una storia di successo, lunga 140 anni, che ha avuto un impatto in tutto il mondo. Il romanzo inizia con un episodio triste: la zia Dete porta Heidi, una bambina di cinque anni, dal nonno paterno che vive isolato su un alpeggio sopra il villaggio di Maienfeld, nel Cantone dei Grigioni. Dete lascia la piccola orfanella allo scontroso anziano e va a lavorare come cameriera a Francoforte. Come molti operai e contadini svizzeri dell�epoca, la zia di Heidi deve emigrare per guadagnarsi da vivere. A causa della povert� e della fame, tra il 1850 e il 1888 emigrarono dalla Svizzera circa 330.000 persone, la maggior parte delle quali verso gli Stati Uniti. Il nonno paterno, chiamato Alp-�hi, espressione svizzero-tedesca che significa �zio sull�alpe�, all�inizio non vede di buon occhio l�arrivo della piccola di cui � costretto a farsi carico. Ben presto per� Heidi lo conquista con la sua esuberanza, il suo carattere affettuoso e il suo amore per la natura. Il contrasto tra l�austera vita di montagna e l�ambiente urbano che caratterizza la routine quotidiana degli emigranti all�estero salta agli occhi quando la zia Dete torna a prendere Heidi all�alpeggio e la porta a Francoforte. L�, chiusa nella villa di una famiglia dell�alta borghesia tedesca, la bambina si ammala. Il medico di famiglia capisce che Heidi ha nostalgia di casa e insiste perch� torni tra le sue montagne. �L�internazionalizzazione di Heidi inizia nel 1884 negli Stati Uniti�, spiega il direttore dell�Archivio Heidi Peter O. B�ttner, della Fondazione Heidiseum. Fino al 1901, anno della morte di Johanna Spyri, erano gi� uscite tre diverse traduzioni di �Heidi� in America. E fino al 1936, solo negli Stati Uniti erano state vendute oltre 20 milioni di copie. La prima apparizione cinematografica di Heidi fu in un film muto uscito negli Stati Uniti nel 1920. Il film hollywoodiano del 1937 di Allan Dwan, con la bambina prodigio Shirley Temple nel ruolo di Heidi, � stato il primo film sonoro sul romanzo di Johanna Spyri. Questo libero adattamento del romanzo fu un successo al botteghino e presto fu distribuito anche nei cinema europei e asiatici. Pur essendo stata girata interamente negli Stati Uniti, la pellicola ha rafforzato l�idea americana della Svizzera come paradiso alpino. In Giappone Heidi era molto popolare gi� parecchi anni prima del film di Hollywood del 1937. Il romanzo fu tradotto per la prima volta in giapponese nel 1920. Cinque anni dopo usc� un adattamento letterario che segn� l�inizio del culto di Heidi in Giappone. Oggi nel Paese sono note oltre 300 traduzioni del romanzo. � possibile che la popolarit� di Heidi in Giappone sia legata al contrasto tra tradizione e modernit�, presente nel romanzo, e alla rappresentazione della natura come fonte di felicit� e salute, oltre che come una manifestazione del sublime. Il cartone animato di Isao Takahata del 1974, dal titolo �Heidi, la ragazza delle Alpi�, non solo segn� l�apice del culto di Heidi in Giappone, ma fece anche diventare questa orfanella svizzera l�eroina di un�intera generazione di bambini in Europa. Takahata, scomparso nell�aprile del 2018, era stato in Svizzera per visitare i luoghi in cui � ambientato il romanzo di Johanna Spyri e per lasciarsi ispirare dal paesaggio alpino. Oggi i turisti possono visitare il villaggio giapponese di Heidi nella prefettura di Yamanashi. Johanna Spyri, una fama all�insegna della discrezione Johanna Spyri � l�autrice svizzera pi� letta e tradotta, ma di lei si sa poco. Riteneva infatti sconveniente rivelare dettagli sulla propria persona e ordin� addirittura che dopo la sua morte tutti i suoi scritti personali venissero distrutti. Questo comportamento � forse dovuto al fatto che all�epoca per le donne dell�alta societ� era disdicevole parlare della propria vita in pubblico, tanto pi� che il marito Bernhard Spyri, segretario comunale della citt� di Zurigo, ricopriva un�importante carica politica. Cresciuta a Hirzel, un villaggio collinare non lontano da Zurigo, dopo il matrimonio Johanna Spyri si trasfer� in citt�, dove condusse una vita borghese e dove scrisse �Heidi�. Pubblic� circa 50 opere letterarie, tra cui 32 libri per bambini, nonostante avesse iniziato a scrivere solo all�et� di 44 anni. �Jingle Bells�, la singolare storia dell�iconico brano natalizio (di Luigi Nastri, Artiespettacolo.it) - Le origini di una delle canzoni pi� cantate nel mondo - Nel mese di dicembre risuonano ovunque tante musiche tipiche dei giorni di Natale, di origini sacre o meno. e non tutte ideate per accompagnare le feste natalizie. Una delle pi� celebri � senza dubbio �Jingle Bells� e, proprio perch� si tratta del brano di Natale per antonomasia, la sua storia risulta decisamente singolare. �Jingle Bells� fu scritta nel 1850, alla Simpson Tavern di Medford, nel Massachusetts, da James Lord Pierpont, nato a Boston nel 1822 e zio del noto finanziere J.P. Morgan. Fu pubblicata con il titolo �The One Horse Open Sleigh� nel settembre 1857 e pare che fosse un brano creato per celebrare la festa del Ringraziamento, in particolare destinato al coro di una scuola. Nonostante non avesse alcun collegamento specifico con il Natale, sembra che sia stato associato alle musiche natalizie negli anni �60 e �70 dell�Ottocento. Si pu� ipotizzare che il legame con il Natale dipenda proprio dal titolo che letteralmente significa �campanellini�. Il brano evoca infatti il tintinnio dei campanellini che poi, nell�immaginario collettivo, � stato agganciato alle campanelle delle renne di Babbo Natale. Tuttavia, � solo un�ipotesi perch� il testo della canzone parla di corse con le slitte ed il titolo originario si riferisce proprio ad una slitta trainata da un solo cavallo (appunto, �The One Horse Open Sleigh�). Infatti, si pu� osservare come il ritmo della melodia imiti proprio quello dei campanelli di un cavallo al trotto. Addirittura, si � anche ipotizzato che il �tintinnio� dei campanellini di cui parla il brano sia una metafora per indicare il rumore del ghiaccio nei bicchieri dei bevitori di whiskey. Insomma, � sicuramente un brano realizzato per accompagnare dei festeggiamenti. Lo storico della musica James Fuld ha evidenziato come la parola �jingle� nel titolo e nella frase di apertura sia apparentemente un verbo imperativo. Infatti, in inverno nel New England, prima dell�avvento dell�automobile, era frequente adornare i cavalli con cinghie munite di campanelli per evitare collisioni agli incroci ciechi, poich� una slitta trainata da cavalli nella neve non produceva quasi nessun rumore percepibile dall�orecchio umano. In sostanza, questi campanellini svolgevano la funzione dei pi� moderni clacson. Non si contano le versioni e le registrazioni di �Jingle Bells�, da Glenn Miller a Benny Goodman, passando per Les Paul, solo per citarne alcuni. Il legame con l�atmosfera natalizia � probabilmente suggellato da Bing Crosby e dalle Andrews Sisters che insieme, nel 1943, hanno realizzato la versione della canzone oggi pi� conosciuta. �Jingle Bells� � stato anche uno dei primi brani ad essere trasmesso dallo spazio. Il 16 dicembre 1965 gli astronauti Tom Stafford e Wall Schirra, nell�inviare il loro report al centro missioni nell�ambito della spedizione Gemini 6, dichiararono di aver avvistato un oggetto volante che seguiva l�orbita polare e viaggiava a bassa quota. A quel punto iniziarono ad intonare una versione di �Jingle Bells� con un�armonica e dei campanellini. La storia dei pi� famosi dolci natalizi tedeschi (Berlinomagazine.com) - Dalle case ai mercatini natalizi, l�odore speziato del Gl�hwein si mescola con il profumo inebriante dei dolci tradizionali. La storia di alcuni di essi risale a svariati secoli fa, rendendoli dei veri e propri simboli del Natale tedesco - Il Natale in Germania � la festa pi� sentita dell�anno. L�atmosfera natalizia si respira in ogni angolo, dalle citt� ai paesini, e risplende di migliaia di luci festose. Tutto il paese si anima di mercatini natalizi, di cui � incredibilmente ricco. Infatti, ve ne sono oltre 2500 ogni anno! Per godersi a pieno la magia di questo periodo, nulla di meglio che coccolarsi con la vasta offerta di dolci tedeschi, ciascuno con la sua storia e la sua particolare ricetta. Lebkuchen - Sono dei biscotti tedeschi tradizionali, molto simili al pan di zenzero. La ricetta dei Lebkuchen si presta a decine di variazioni regionali. Gli ingredienti principali per la preparazione di questi dolci sono frutta secca, canditi, uova, miele, farina, zucchero, marzapane e varie spezie come cannella, anice, zenzero, chiodi di garofano e noce moscata. La loro storia � molto antica e risale al XIII secolo, quando dei monaci in Franconia idearono questi dolci speziati. I Lebkuchen per antonomasia sono quelli prodotti a Norimberga. Infatti, alcuni documenti dell�epoca provano che in citt� si producevano i Lebkuchen gi� nel 1395. Un particolare episodio legato alla storia di questi famosi biscotti risale ad un grande evento organizzato dall�imperatore Federico III nel 1487 a Norimberga. In questa occasione, quasi 4000 bambini vennero accolti nel suo castello, e furono offerti loro proprio dei Lebkuchen raffiguranti l�imperatore. Nei secoli successivi questi dolci hanno sofferto dei periodi storici che la Germania ha attraversato, a causa della mancanza delle materie prime per la loro produzione. Nonostante ci�, sono arrivati fino al giorno d�oggi, ed una cosa � certa: i Lebkuchen sono parte integrante del periodo dell�Avvento. Pfeffern�sse - Piccoli biscotti speziati, le Pfeffern�sse sono un popolare dolce festivo in Germania, con delle varianti similari tra Paesi Bassi, Danimarca ed altri paesi del nord Europa. Nonostante il nome, le noci non fanno parte degli ingredienti di questa ricetta, ma stanno a rappresentare la forma arrotondata dei biscotti. Anche se la ricetta delle Pfeffern�sse varia in base alla regione di produzione, tutte contengono simili spezie aromatiche. Le pi� comuni sono cardamomo, noce moscata, cannella, chiodi di garofano, zenzero, pepe nero e anice. La loro storia ci riporta indietro nel tempo fino al 1753, quando ad Offenbach am Main il pasticciere Johann Fleischmann li ide� per la prima volta. Per molto tempo, la ricetta � stata uno dei segreti meglio custoditi della citt�. La ricetta originale veniva trasmessa di generazione in generazione: quando non vi fu pi� un erede maschio, la famiglia decise di interrompere la produzione e di vendere la ricetta, che pass� tra diversi acquirenti. Questa serie di passaggi, purtroppo, produsse un effetto negativo. Infatti, la ricetta delle Pfeffern�sse fin� per cadere nell�oblio. Solo in tempi moderni questi dolcetti speziati sono stati riscoperti e promossi, grazie alla giornalista Susanne Reininger e ad Annette Laier, titolare della torrefazione �A. Laier�, entrambe originarie di Offenbach. Dal 2014 le due hanno fatto rivivere la tradizione di questo tesoro culinario della loro citt�, utilizzando una ricetta del 1900. Stollen - Lo Stollen (o Christstollen) � un dolce di Natale della tradizione tedesca, originariamente nato nell�area di Dresda. Potremmo compararlo al nostro panettone per consistenza e modalit� di preparazione. Infatti, l�impasto tradizionale consiste in una nobile composizione di uva sultanina, mandorle dolci e amare, buccia d�arancia candita, buccia di limone candita, burro, farina, acqua e lievito. Questi ingredienti squisiti deliziano ogni amante della pasticceria e costituiscono la base della ricetta originale del Dresden Christstollen. Il Christstollen di Dresda affonda le sue radici nel Medioevo. � stato menzionato per la prima volta in un documento nel 1474, ma la sua ricetta era ben diversa da quella attuale. A quel tempo, il famoso dolce natalizio consisteva solo di farina, acqua e lievito. Il burro, il latte e simili ingredienti �di lusso� non erano ammessi ai tempi della supremazia della Chiesa cattolica. Con l�intenzione di nobilitare i Christstollen, il principe elettore Ernst von Sachen chiese al papa Innocenzo VIII di togliere il divieto del burro. Nel 1491, la richiesta fu accolta con il cosiddetto �Butterbrief�. Questa nota papale permetteva di usare burro, latte e ingredienti pregiati come uva sultanina, mandorle e frutta per lo Stollen. Durante i secoli, gli ingredienti sono stati raffinati e la ricetta � stata tramandata di generazione in generazione. Dall�inizio del �600 lo Stollen � parte integrante della festa di Natale. Printen - Gli Aachener Printen sono dei dolci tipici della citt� di Aquisgrana (Achen). Sono una forma speciale di pan di zenzero molto dura: a tal proposito, si dice ironicamente che le pasticcerie abbiano degli accordi con i dentisti della citt�. Fragranti di anice, cannella, chiodi di garofano, coriandolo e altre spezie, i Printen rappresentano al meglio il sapore natalizio. Piccoli cristalli di zucchero esplodono ad ogni morso, una caratteristica che ha aiutato questi dolci a raggiungere il loro status protetto. Questi dolci prendono ispirazione dal Gebildbrot, un dolce belga che arriv� ad Aquisgrana nel XV secolo e che trov� rapidamente degli imitatori tra i pasticcieri della citt�, allora capitale del Sacro Romano Impero. Dal 1349, i credenti di tutto il mondo accorrevano in citt� per ammirare le reliquie conservate nella cattedrale, tra cui le fasce di Ges� ed il telo della decapitazione di Giovanni Battista. Dato il loro impasto asciutto che si presta ad una lunga conservazione, questi biscotti costituivano originariamente un cibo durevole per i viaggiatori affamati. L�impasto dei Printen veniva pressato in stampi da forno elaboratamente intagliati, raffiguranti santi e altre figure simboliche. Proprio dal processo di pressatura deriverebbe il loro nome. Oggi, questi dolci sono disponibili in tutte le forme e consistenze � da bastoncini sottili come matite a figure alte 90 centimetri, adornando le vetrine delle pasticcerie di tutta la citt�. Spekulatius - Insieme ai Printen ed ai Lebkuchen, gli Spekulatius sono dei tipici biscotti legati al periodo natalizio. L�impasto consiste solitamente in burro, farina, zucchero, miele e uova ed i famosi biscotti ottengono il loro sapore caratteristico grazie all�utilizzo di spezie aromatiche come la cannella, i chiodi di garofano ed il cardamomo. Questi dolcetti sono originari del Belgio e dei Paesi Bassi (dove prendono il nome di Speculaas) e vengono preparati, secondo tradizione, per la ricorrenza di San Nicola. Mentre in questi paesi � possibile trovare gli Spekulatius nel corso di tutto l�anno, in Germania � possibile gustare questa prelibatezza principalmente nel periodo di Natale. Gli olandesi sostengono che i biscotti Speculaas siano nati nei Paesi Bassi nel XVII secolo, un periodo in cui le spezie portate in Europa dalla Compagnia Olandese delle Indie Orientali stavano diventando disponibili e sempre pi� comuni. Proprio a causa delle molte spezie esotiche necessarie per prepararli, gli Spekulatius erano un lusso che la maggior parte delle persone non poteva permettersi. Anche in Germania nacquero varie versioni di questi biscotti, particolarmente famosi sono quelli prodotti in Renania Settentrionale-Vestfalia. Le decorazioni sugli Spekulatius rappresentano classicamente la storia di San Nicola. Zimtsterne - Le Zimtsterne sono dei croccanti biscotti tedeschi a forma di stella, solitamente a sei punte. La ricetta tradizionale prevede una combinazione di albumi montati, zucchero, cannella, nocciole e mandorle macinate e zucchero vanigliato. Dopo la cottura, ogni biscotto � decorato con uno strato di glassa bianca. Il nome di questi dolci si traduce come stelle di cannella, poich� quest�ultima � la spezia che caratterizza i famosi biscotti natalizi. Non � ben chiaro quando e dove questi dolci abbiano avuto origine, ma la loro prima menzione scritta risale al 1536, quando all�imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V in visita dal cardinale Lorenzo Campeggio furono servite deliziose stelle alla cannella. Sono stati necessari almeno altri 200 anni prima che le Zimsterne trovassero la loro strada nei libri di cucina tedeschi. Infatti, nel 1600 la cannella in Europa era costosa e molto rara e le mandorle dovevano essere importate. Cibi come questi erano di solito considerati molto pregiati e questo ci permette di comprendere come mai questi due alimenti venivano consumati solo in occasioni speciali, come il Natale. Tradizioni natalizie napoletane: aneddoti e curiosit� (Napoli.unicusano.it) - Le zampogne, il presepe, la cucina ricca e gustosa e l�immancabile tombola. Questi sono gli elementi che da secoli caratterizzano il periodo festivo di una citt� unica nel suo genere - L�atmosfera del Natale � di per s� magica, in qualunque citt� ci si trovi; ma le tradizioni natalizie napoletane hanno quel quid in pi�, che conferisce al capoluogo partenopeo un fascino particolare, difficile da ritrovare in altri posti e quasi impossibile da descrivere a parole. La citt� si riempie di suoni, luci, profumi e melodie incantate che invadono strade, vicoli, piazze e abitazioni. Abitudini culinarie, addobbi, oggetti e rituali colorano il Natale a Napoli e lo rendono unico nella sua ciclicit�. Se ti trovi nel capoluogo campano per lavoro, per vacanza o perch� magari stai frequentando un corso di laurea, hai la fortuna di visitare la citt� nel periodo in cui mostra il meglio di s�; il consiglio � di immergerti totalmente nell�atmosfera natalizia del posto e di lasciarti catturare dallo spirito gioviale e festoso dei napoletani. Qui scoprirai cosa si mangia a Natale a Napoli, quali sono le abitudini delle famiglie partenopee e le tradizioni locali durante il periodo dell�Avvento e di tutte le festivit�. La novena degli zampognari - A Napoli si inizia a respirare aria di Natale quando da lontano si sente il suono inconfondibile delle zampogne. La figura dello zampognaro si perde nella notte dei tempi, e pi� precisamente nel periodo in cui i pastori, coperti con giacche di montoni, mantelli neri e cappelli di velluto, si recavano in citt� chiedendo offerte in denaro in cambio di melodie natalizie. L�inizio della novena degli zampognari coincide con l�8 Dicembre, giorno in cui si festeggia l�Immacolata Concezione, e prosegue per tutto il mese, fino a Natale. Il presepe - Le tradizioni natalizie napoletane sono legate indissolubilmente al presepe. �O� presepio� rappresenta il simbolo del Natale in tutte le case partenopee; ci� che lo rende davvero speciale � il lavoro di costruzione, un momento di aggregazione che coinvolge nonni, padri e nipoti. Grande o piccolo, tradizionale o moderno, in sughero, in legno o in cartone la costruzione del presepe non si risolve mai, al contrario dura nel tempo; spesso si tramanda di generazione in generazione. Alla struttura originaria � consuetudine aggiungere ogni anno nuovi elementi, che sia una statuina o una nuova casetta, purch� rigorosamente acquistate nel vicolo di San Gregorio Armeno, la celebre strada del centro storico di Napoli famosa in tutto il mondo per la produzione artigianale di presepi. I piatti di Natale - Per quanto � vasto l�argomento il paragrafo dedicato ai piatti tipici del Natale a Napoli meriterebbe un intero articolo. Cercheremo di sintetizzare elencando soltanto le pietanze pi� popolari sulle tavole partenopee durante le festivit�. Tralasciamo per un attimo la festivit� dell�Immacolata Concezione, quando tradizionalmente a Napoli si dimenticano diete e regimi alimentari salutari per dare il via al periodo in cui tutto � concesso, semplicemente perch� � Natale! Partiamo dal 24 dicembre e dalla cena della vigilia di Natale napoletana. La preparazione dei piatti � un processo lungo che in alcuni casi parte addirittura dal giorno precedente. Si tratta di un momento particolarmente sentito dalle famiglie che coinvolge tutti i componenti, dalla nonna fino ad arrivare ai nipoti. In tutta Italia la tendenza � quella di mantenersi leggeri a pranzo in vista del super cenone. A Napoli lo spuntino veloce, tra una passeggiata e gli ultimi regali da acquistare, � soltanto un pretesto per mangiare la pizza fritta, ripiena di ricotta e cigoli. L�abitudine, comune e consolidata, � diventata una vera e propria tradizione, tutt�altro che light. Entriamo nel vivo del menu della vigilia partendo da una base comune: il pesce. Quello che in altri posti si riduce ad un banale acquisto in pescheria a Napoli diventa una tradizione. � infatti antichissima l�abitudine di comprare il pesce per la cena del 24, e per quella di San Silvestro, la notte precedente il Capodanno, presso i mercati e i negozi che per l�occasione prolungano l�orario di apertura. Il primo piatto � generalmente costituito da spaghetti con le vongole che, a seconda dei gusti e delle abitudini culinarie, pu� essere presentato bianco o macchiato con qualche pomodorino. I pi� fantasiosi osano con varianti a base di scampi o astice. Protagonisti assoluti delle ricette di Natale il capitone e il baccal�, proposti in versione fritta. Come contorno l�immancabile insalata di rinforzo, un must della cena del 24 dicembre che nasce con l�obiettivo di �rinforzare� la magra cena a base di pesce. La ricetta prevede cavolo bollito con aggiunta di acciughe, olive, papaccelle e giardiniera; il tutto sotto aceto. � diventata una consuetudine quella di consumarla anche nei giorni successivi, integrata dagli stessi ingredienti e con l�aggiunta di aceto. Passiamo al pranzo di Natale nell�ambito del quale spopola la celebre minestra maritata, preparata con carne e verdure di stagione in brodo e accompagnata da tozzetti di pane raffermo. Tra i primi piatti i fusilli con rag� e ricotta oppure, provenienti direttamente dalla tradizione emiliana, i tortellini in brodo. Il secondo � tendenzialmente a base di carne, accompagnata da vari contorni tra i quali gli immancabili broccoli di Natale. A conclusione della cena della vigilia e del pranzo del 25 non pu� mancare il cesto di frutta secca colmo di noci, nocciole, mandorle, fichi secchi e datteri. Per quanto pranzi e cene del periodo siano piuttosto abbondanti e calorici, sulle tavole partenopee non pu� mancare, a fine pasto, il cesto dei dolci, nel quale sono sistemati con cura maniacale mostaccioli, susamielli, raffioli e coloratissime paste di mandorla a forma di fruttini. Tra tutti il pi� noto � senza dubbio il roccoc�, una sorta di biscotto a forma di ciambella schiacciata, dal colore bruno e dalla consistenza piuttosto dura, preparato con farina, zucchero, mandorle o nocciole e pisto (mix di spezie profumate quali cannella, chiodi di garofano, anice stellato e noce moscata). Accanto al cesto dei dolci secchi � sempre presente il vassoio di struffoli, deliziose palline di pasta fritta ricoperte di miele, canditi e confettini colorati. A completare il menu dei dolci i tradizionali anche pandoro e panettone: al cioccolato, con uvetta, con canditi, glassati o spolverizzati semplicemente con zucchero a velo. La tombola - Per un napoletano doc non � Natale senza un �giro� di tombola. Il gioco nasce nel 1734 quando per ovviare al divieto di giocare al lotto per il periodo natalizio, imposto dal sovrano per motivi religiosi, il popolo si invent� quella che oggi � la tombola tradizionale: un cestino di vimini (per i napoletani �o� panariello�) con all�interno 90 numeri e le cartelle con i numeri disegnati per tenere il conto delle estrazioni. Ad ognuno dei novanta numeri la tradizione popolare partenopea ha poi assegnato un significato, spesso allusivo, che unisce tradizioni, aneddoti e scaramanzie locali nella celebre �smorfia napoletana�. Durante le festivit� il gioco rappresenta un momento di aggregazione; famiglie e gruppi di amici si riuniscono intorno a un tavolo per trascorrere qualche ora all�insegna del divertimento pi� autentico e genuino. Ormai da qualche anno � diventato un appuntamento imperdibile, inserito addirittura negli itinerari turistici del periodo natalizio, la �Tombola Vajassa�, o tombola scostumata che dir si voglia, un vero e proprio spettacolo incentrato sulla smorfia napoletana e sulla simpatia dell�ormai noto femminiello Nan�. Si tratta di una versione rivisitata e irriverente della tradizionale tombola: l�estrazione dei numeri � affidata ad un femminiello che con un linguaggio colorito costruisce, basandosi sul significato di ciascun numero, una storia esilarante e ricca di doppi sensi.