Marzo 2024 n. 3 Anno IX Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura. Indice America, where are you going? Lenin forever Plastic Plancton Mozart l�illuminista America, where are you going? (di Bruno Cartosio, �Prometeo� n. 164/23) - Dal �New Deal� di Franklin D. Roosevelt al �Fair Deal� di Harry Truman, al �Build Back Better� di Joe Biden. Tutti gli aspiranti presidenti statunitensi hanno adottato uno slogan per le proprie campagne elettorali. Quello di John Fitzgerald Kennedy, che apriva per tutti la �Nuova Frontiera�, � stato forse il pi� suggestivo, certamente il pi� amato. A poco pi� di sessant'anni esatti dal tragico attentato di Dallas, in un mondo fortemente polarizzato dai teatri di guerra, cosa resta della supremazia americana? - La New frontier di JFK Kennedy lanci� il suo slogan nella convention democratica del luglio 1960 a Los Angeles, nel discorso di accettazione della candidatura nelle presidenziali di novembre, che avrebbe vinto sul repubblicano Richard Nixon. L'epopea della Frontiera, uno dei miti fondanti della nazione, non era evocata a caso. Anzitutto, il luogo si prestava: la citt�, la California si affacciavano sul Pacifico, l'estremo confine occidentale raggiunto dai coraggiosi della Frontiera ottocentesca. Poi, Kennedy chiamava tutti gli statunitensi �giovani nel cuore� a essere �i pionieri di una Nuova Frontiera�, a �costruire un mondo nuovo� con lo stesso coraggio e senso del futuro di chi in passato aveva affrontato l'ignoto davanti a s� scoprendo e conquistando il Continente. La nuova generazione di americani cui si rivolgeva aveva di fronte �aree inesplorate della scienza e dello spazio, problemi insoluti di pace e guerra, realt� irredente di ignoranza e pregiudizio, questioni di povert� e di sovrabbondanza ancora senza risposta�. E possedevano le qualit� per affrontare e vincere, in patria, le sfide lasciate aperte dall'incapacit� dei governi precedenti (nonostante quindici anni di progresso economico e sociale) e rappresentate, nel mondo, dalla sempre minacciosa presenza del comunismo e delle armi nucleari. Il giovane aspirante alla presidenza trasmetteva fiducia nel futuro e chiedeva fiducia. L'esigenza del rinnovamento era reale. Aveva preso corpo nei fermenti e nelle inquietudini che vivacizzarono la societ� statunitense negli anni Cinquanta: la nascita del movimento per i diritti civili e contro la segregazione razziale tra gli afroamericani nel Sud, la rottura delle convenzioni sociali e culturali del movimento beat e del mondo musicale, le incrinature nel conformismo di cinema e televisione, fino alle prime proteste studentesche di massa contro la Commissione per le attivit� antiamericane nello stesso 1960. Un composito �sentire" cui Nixon avrebbe probabilmente risposto con incomprensione e forse repressione; verso cui invece il candidato e poi presidente Kennedy mostr� interesse, tolleranza, e qualche cauta simpatia. Il solo terreno condiviso da lui con il suo antagonista e i suoi predecessori rimase l'anticomunismo. La vittoria su Nixon fu risicata, a testimonianza che il �vecchio stile� repubblicano aveva ancora una solida presa sugli elettori. Nei �mille giorni� della presidenza Kennedy furono pochi i fatti significativi in politica interna. In fondo erano ancora anni buoni, in cui gli indici della produttivit� e dei salari procedevano pressoch� di pari passo. In politica estera, dopo il clamoroso smacco della fallita invasione di Cuba del 1961, il presidente pot� vantare l'esito positivo del pauroso scontro con l'URSS sui missili a Cuba nel 1962 e i successivi accordi per la limitazione degli esperimenti nucleari. Come se alla prova del fuoco la sua genuina adesione alla Guerra fredda venisse temperata dal realismo dell'inevitabile coesistere. Ebbe invece un successo straordinario presso l'opinione pubblica, non solo negli Stati Uniti, la molto ben orchestrata campagna mediatica che costru� attorno al Presidente, alla sua famiglia e perfino ai membri della sua amministrazione un alone di competenza e successo (�The Best and the Brightest�) e di favola (�Camelot�), che non si dissolse neppure dopo il suo assassinio nel novembre di sessant'anni fa. La Great society di Lyndon Johnson Con la sua scomparsa, alle aspirazioni della Nuova Frontiera si sostituirono i progetti molto pi� concreti di riforma a cui il suo successore Lyndon B. Johnson diede il nome di Great Society, grande societ�, e War on poverty, guerra alla povert�: un vasto insieme di leggi e iniziative volte a incidere sulla struttura sociale del Paese, paragonabili a quelle del New Deal di Franklin D. Roosevelt. Con una differenza: mentre FDR era circondato da poveri e disoccupati, LBJ riteneva che la povert�, nella �societ� opulenta�, potesse ormai essere eliminata. Ma quella contro la povert� non fu l'unica guerra di Johnson. Il suo progressismo interno, che culmin� nelle coraggiose leggi sui diritti civili, fu controbilanciato dalla disastrosa guerra combattuta in Vietnam del Sud in nome dell'anticomunismo. Con l'intervento militare diretto degli Stati Uniti iniziato nel 1965, la escalation, Johnson port� alle estreme, infauste conseguenze la pi� prudente politica di sostegno ai governi sudvietnamiti avviata poco prima da Kennedy. Alla met� degli anni Sessanta si apr� la fase terminale del lungo secondo dopoguerra: una stagione drammatica e conflittuale che si sarebbe conclusa nel decennio successivo, portando con s� la fine della golden age of American capitalism. Fu la stagione degli assassinii politici (dopo JFK nel 1963, Malcolm X nel 1965; Martin Luther King e Robert Kennedy nel 1968), della guerra in Vietnam (1965-73), delle rivolte nei ghetti metropolitani (1965-68), dei Movimenti (di neri, studenti, donne e infine, soprattutto, di lavoratori tra il 1967 e il 1975), della crisi politica (culminata con le dimissioni forzate del vicepresidente Spiro Agnew nel 1973 e dello stesso presidente Nixon nel 1974) ed economica, innescata in parte dalla prima crisi energetica del 1973 (causata dall'embargo dell'OPEC sul petrolio in risposta al sostegno occidentale a Israele nella �Guerra del Kippur�) e chiusa con la seconda crisi energetica del 1979. Sul piano istituzionale e altamente simbolico l'acme della crisi fu raggiunto tra il 1974 e il 1976. Per quei due anni gli Stati Uniti si trovarono senza un presidente eletto: alle dimissioni di Agnew, Nixon aveva scelto come nuovo vice Gerald Ford, che sal� alla Casa Bianca l'anno dopo, quando anche Nixon si dimise; a sua volta Ford scelse come suo vice Nelson Rockefeller. Nel 1976, Ford si candid� alla presidenza per uno screditato Partito repubblicano, ma fu eletto il democratico Jimmy Carter. A tutt'oggi Gerald Ford � l'unico presidente degli Stati Uniti a non essere stato eletto dal popolo. La somma degli eventi interni e internazionali fu destabilizzante. Alla crisi politica e sociale si aggiunse sul piano economico un'inedita stagnazione accompagnata da un'inflazione crescente, la �stagflazione�. Fu l'intero sistema a entrare in crisi. La reazione venne alla fine degli anni Settanta. Fu l'ex attore ed ex governatore repubblicano della California Ronald Reagan, eletto alla presidenza nel 1980, a interpretare il ruolo di protagonista della necessaria nuova fase. Lo slogan con cui Reagan sintetizz� la propria promessa di uscire dal disastro e raccolse il consenso dei suoi concittadini fu l'esortativo: Let's make America great again, �rifacciamo grande l'America�. Il Let's make america great again di Ronald Reagan Il contenuto essenziale della vera e propria svolta epocale fu l'immediato abbandono dei modelli �newdealisti�, di �capitalismo sociale� che avevano caratterizzato il lungo dopoguerra. Le teorie neoliberiste furono adottate a bussola di politica ed economia. Le politiche di welfare che avevano avuto la loro massima espansione con Johnson furono ridotte; la presenza sindacale nei luoghi di lavoro fu contrastata con durezza; le grandi fabbriche, da cui erano partite le proteste dei primi anni Settanta, furono in buona parte smantellate con il trasloco delle produzioni oltreconfine o comunque lontano dalle citt�-fabbrica del Nord; le stesse citt� culla della tradizione industriale del paese persero la loro identit� storica e videro assottigliarsi le loro popolazioni. L'inflazione che aveva superato il 10 per cento fu fermata con una rigida politica di austerit�. Le ricette neoliberiste che poggiavano sulle elaborazioni teoriche della �Scuola di Chicago� affermavano, nelle parole del caposcuola Milton Friedman, che ogni intervento dello stato in economia era �socialismo� e quindi chiedevano che la �libera impresa� e il �libero mercato� non dovessero sottostare al governo della politica e sostenevano che la sola �responsabilit� sociale del business � di aumentare i suoi profitti�. Il Premio Nobel assegnato a Friedrich von Hayek nel 1974 e a Friedman nel 1976 fu come una convalida della teoria e delle sue ricette. La pi� pronta a metterle in pratica fu la premier britannica Margaret Thatcher, la �signora di ferro�. Fu lei, eletta nel 1979, a coniare la formula con cui giustificare l'inevitabilit� dell'austerit�: �TINA�, There is no alternative. Reagan segu� a ruota. Negli Stati Uniti una riforma fiscale regressiva favor� i ceti abbienti. I salari dei lavoratori diminuirono mentre i compensi dei dirigenti e del nuovo esercito di impiegati nel mondo della finanza iniziarono una ascesa che non si � ancora interrotta. Prima e pi� che altrove l'evoluzione delle tecnologie informatiche rese possibili i processi di finanziarizzazione dell'economia e la globalizzazione. Grazie al rimbalzo di Wall Street, la citt� di New York usc� dalla crisi finanziaria che pochi anni prima l'aveva portata sull'orlo del fallimento e il mondo della finanza cre� da un giorno all'altro un piccolo ceto di nuovi ricchi. Per loro furono gli anni euforici del cosiddetto �edonismo reaganiano�. Nel 1987 il film Wall Street di Oliver Stone cattur� gli aspetti pi� pirotecnici e sgradevoli di quel mondo sintetizzandoli nella figura dello spregiudicato protagonista Gordon Gekko e nella sua massima, �Greed is good�, l'avidit� � buona. Ma gli Stati Uniti non erano Manhattan. Il Paese cambi� fisionomia. I risvolti della ripresa che prese corpo con la Reaganomics furono l'approfondimento delle disuguaglianze sociali, la crescente precarizzazione delle occupazioni, la trasformazione della societ� da industriale a post-industriale. I salari medi dei lavoratori avrebbero impiegato quarant'anni per tornare ai livelli ante-Reagan, mentre era impetuosa la crescita delle grandi corporation, i cui profitti venivano sempre pi� spesso raccolti in Paesi lontani. Lo sviluppo delle �nuove tecnologie� apr� gli spazi per la formazione nel nuovo secolo dei giganti sovranazionali che sono ora in grado di dettare le loro regole in tutto il mondo. E di trasformare identit� e funzionamento dello stesso sistema capitalistico �universalizzato� dalla globalizzazione. The change we need di Barak Obama Tra Reagan e Biden, eletto nel 2020, si sono succeduti cinque presidenti: Bush padre, Clinton, Bush figlio, Obama, Trump. Non sono stati anni facili per nessuno di loro. In particolare, nel nuovo secolo, gli Stati Uniti hanno subito gli attacchi di Al Qaida al World Trade Center di New York e al Pentagono di Washington nel 2001. Hanno iniziato e combattuto guerre lunghe e costose in Afghanistan (2001-2021) e in Iraq (2003-2011) che hanno avuto ricadute negative sulla stessa societ� interna e, a livello internazionale, hanno minato la credibilit� Usa, sia per la provata falsit� delle ragioni addotte per invadere l'Iraq, sia per i danni e gli insuccessi in entrambi i Paesi. Hanno conosciuto la breve recessione del 2001 e la Grande recessione del 2008. In quest'ultima occasione, i presidenti Bush e Obama misero in campo interventi statali imponenti per salvare dal collasso il sistema finanziario e l'industria automobilistica. Fu l'unico momento in cui il business disobbed� volentieri al vangelo neoliberista della totale libert� del �mercato�. L'osservanza torn� subito dopo, quando Obama introdusse norme nel sistema finanziario per impedire il ripetersi degli eccessi speculativi che avevano causato i crolli e la recessione. E Wall Street trov� poi un alleato in Donald Trump, che li ha progressivamente smantellati. A conti fatti, nessuno di quei presidenti ha cercato di cambiare in modo significativo il sistema economico-sociale che ereditava dal predecessore. Neppure Obama, che pure nel 2008 aveva avanzato la propria candidatura come The change we need, il cambiamento di cui abbiamo bisogno. I suoi propositi di riforma sociale si ridussero a poco pi� dell'istituzione di un sistema sanitario, parziale e a gestione privatistica, anch'esso bersaglio continuo degli attacchi di Trump e della sua amministrazione. Sarebbe stata la pandemia di Covid- 19 esplosa a inizio 2020 ad alterare tutte le dinamiche dell'economia e della vita sociale, infettando un terzo della popolazione e causando oltre un milione di decessi. I pi� colpiti dalla malattia e dal crollo delle attivit� economiche furono i meno abbienti. Per milioni di persone gli effetti potenzialmente disastrosi della perdita di reddito furono attenuati dai programmi emergenziali di sostegno istituiti da Trump (Cares Act) e dal neopresidente Biden (Rescue Act): di nuovo, lo stato interveniva in prima persona per impedire una catastrofe sociale. I tempi erano difficili, maturi per una nuova svolta. Dal Make america great again di Donald Trump al Build back better di Joe Biden �Ricostruire�, era il programma di Biden, e fare un Paese migliore. Nella primavera del 2021, afferm�: �Quando ho assunto la mia carica, gli Stati Uniti erano una nazione in crisi�. Era vero. Trump aveva ripreso (in senso imperativo) lo slogan di Reagan con il suo, ma la sua presidenza non aveva centrato l'obiettivo. Non solo a causa della pandemia. Alle persistenti disuguaglianze sociali si aggiunsero le tensioni politiche e fratture ideologiche e culturali da lui stesso incentivate. Ne avevano dato prova la violenta campagna razzista contro Obama (�nato in Kenya�) e quella volgarmente sessista verso le donne e contro la sua concorrente nel 2016, Hillary Clinton. Alla fine, la sua arroganza e spregiudicatezza nel manipolare la realt� portarono Trump a non accettare la propria sconfitta elettorale nel 2020 e a mobilitare masse di sostenitori per impedire con ogni mezzo il pacifico passaggio dei poteri presidenziali. Il 6 gennaio 2021 l'invasione violenta del Campidoglio da parte dei suoi sostenitori port� lo scontro politico a un'estremizzazione senza precedenti. Il democratico Joe Biden entr� alla Casa Bianca il 20 gennaio, quarant'anni dopo Ronald Reagan. Tanti ne dovevano passare prima che un presidente arrivasse a definire il neoliberismo �l'esperimento quarantennale che ha fallito�, mostrando di volere invertire la rotta e riportare gli Stati Uniti a un nuovo �capitalismo sociale� adeguato alle realt� odierne. Nel presentare gli ambiziosi programmi di investimenti statali e assistenze sociali (Families Plan e Jobs Plan) previsti nel suo bilancio di previsione per il 2022, il neopresidente dichiar� che in essi �si riflette il fatto che l'economia dello sgocciolamento [trickle-down economics] non ha mai funzionato e che il modo migliore di far crescere la nostra economia� non � sovvenzionare i vertici della piramide sociale detassandone i profitti, ma fornire aiuto concreto alle classi medie e inferiori che l'economia dell'offerta aveva impoverito. Invece di aspettare che qualcosa della ricchezza dei ricchi �sgocciolasse� verso le fasce inferiori, lo stato doveva intervenire in prima persona, favorendo l'occupazione, innalzando i redditi di lavoratori e famiglie e riformando il sistema fiscale al fine di �ricompensare il lavoro invece della ricchezza� e �costruire una ripresa ad ampia base, inclusiva, sostenuta, forte�. Per i suoi progetti di riforma sociale Biden aveva preso a modello il welfare johnsoniano e soprattutto, esplicitamente, il New Deal rooseveltiano. Il capolavoro politico-culturale di Roosevelt era stato la ricomposizione della societ� lacerata dalla Grande Depressione. A questo aspirava Biden, al di l� degli aspetti pi� strettamente economici: contenere lo strapotere delle grandi corporation, reindustrializzare il Paese e creare occupazione, superare le disuguaglianze sociali prodotte dal neoliberismo e sanare le divisioni ideologico-politiche e culturali lasciate in eredit� da Trump. Ma in seno al Congresso i suoi progetti di riforma sono stati molto ridimensionati, per l'opposizione del Partito repubblicano, rimasto largamente �trumpiano�, e per le divisioni interne al suo stesso partito, in cui non tutti condividono l'intento riformatore del Presidente. Biden stesso ha dovuto fare una parziale marcia indietro, prendendo atto che le divisioni restano profonde. � improbabile che vengano sanate nella prossima corsa elettorale del 2024, con lui e Trump che potrebbero tornare a confrontarsi e scontrarsi (nonostante l'et� avanzata di entrambi e i guai giudiziari del secondo). Tuttavia, nel prevedibile, incerto futuro non sar� soltanto la problematica situazione interna a rendere difficile la vita del prossimo ospite della Casa Bianca. Nell'instabile quadro internazionale, sar� anzitutto l'evolversi del duro contenzioso economico-politico aperto da Biden con la Cina, il maggiore concorrente degli Stati Uniti nei mercati mondiali, in particolare sul terreno strategico della produzione di microprocessori di altissimo livello (su cui gli Stati Uniti e l'alleata Taiwan sono �in vantaggio� sull'avversaria) indispensabili per lo sviluppo delle tecnologie civili e militari. E saranno le ancor pi� spinose politicamente ed economicamente gravose conseguenze derivanti dal prolungarsi del coinvolgimento nella guerra aperta dalla Russia con l'invasione dell'Ucraina e dalla recentissima apertura di un altro pericoloso teatro di guerra in Palestina (e nell'intero Medio Oriente?) da cui gli Stati Uniti non possono estraniarsi. Lenin forever (di Alessandro Borelli, �Focus Storia� n. 208/24) - Il 21 gennaio 1924, 100 anni fa, moriva il leader bolscevico. La sua imbalsamazione fece discutere, ma il mausoleo � ancora sulla Piazza Rossa. - �Era semplice e leale come tutte le cose che diceva. Il suo eroismo, quasi interamente spoglio di sfarzo esterno, � l'abnegazione modesta, ascetica, non rara in Russia, dell'intellettuale rivoluzionario onesto, che crede profondamente nella possibilit� di attuare la giustizia sociale sulla terra; � l'eroismo di chi ha rinunciato a tutte le gioie del mondo per lavorare duramente e conquistare agli uomini la felicit�. C'� qualcosa di suggestivo, quasi lieve, nelle parole con cui Maksim Gorkij, "cantore della Rivoluzione� che il settimanale sovietico Ogonjok defin� �il pi� grande scrittore proletario del mondo�, ricordava Vladimir Ilich Uljanov, per tutti Lenin. Gorkij, che lo aveva a lungo frequentato, fu tra i pi� zelanti ed efficaci artefici della costruzione del mito leninista nell'Urss nascente. Un'operazione di propaganda complessa quanto capillare, iniziata gi� quando il primo capo di Stato della Russia sovietica, che detestava le forme di pubblica adulazione, era ancora in vita. Lenin era stato la guida, nel 1917, della Rivoluzione innescata dai bolscevichi (l'ala pi� estrema della sinistra russa), che aveva rovesciato gli zar Romanov, e fautore del marxismo-leninismo - la dottrina che per pi� di ottant'anni avrebbe dominato in Unione Sovietica e ispirato i movimenti rivoluzionari nel mondo -, ma anche architetto di un sistema repressivo duro e spietato con i nemici e gli avversari (�Per fare una frittata bisogna rompere le uova�, diceva, e anche: �La libert� � cos� preziosa che dovrebbe essere razionata�). Lenin si spense, a soli 53 anni, la sera del 21 gennaio 1924, a Gorki, nella regione di Mosca. La cittadina, pochi giorni dopo la morte del leader, fu ribattezzata Gorki Leninskie. A ucciderlo, l'ultimo colpo apoplettico, al termine di una malattia durata quasi due anni. Lenin, in realt�, aveva cominciato a morire il 25 maggio 1922, quando era stato colpito dal primo ictus che aveva comportato una parziale paralisi del lato destro del corpo, tanto da costringerlo a imparare di nuovo a scrivere con la sinistra; solo il successivo 2 ottobre era riuscito a tornare all'attivit�, ma il 16 dicembre aveva subito un secondo attacco. Nonostante un progressivo recupero della lucidit�, le sue condizioni continuarono ad aggravarsi fino a impedirgli, dal marzo del 1923, persino di parlare. Fu in questo contesto di grave inabilit� che Lenin cerc� comunque di agire. Innanzitutto per assicurare al Paese dei soviet, ancora dilaniato dai postumi della guerra civile seguita alla Rivoluzione, e al Partito, in cui si stavano confrontando diverse correnti antagoniste fra loro, una successione non traumatica. Voleva inoltre cercare di �condizionare� i nuovi equilibri in modo da estromettere dal potere i bolscevichi ritenuti ormai degeneri. Infermo, tra il 23 e il 26 dicembre 1922, dett� una lettera al Congresso del partito bolscevico, il cosiddetto �Testamento di Lenin� (ormai accertato come autentico) in cui parlava, tra l'altro, del segretario generale Stalin, il georgiano Iosif Vissarionovich Dzhugashvili, come di un compagno con �troppa sicurezza di s�. Per poi aggiungere, in una postilla del 4 gennaio 1923: �Stalin � troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nei rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perci� propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico�. Lenin riteneva necessario che, dopo la sua morte, la lettera giungesse a conoscenza del XIII Congresso del Partito che si tenne dal 23 al 31 maggio 1924. I delegati all'unanimit� decisero poi per� di non renderla pubblica con la motivazione che, essendo rivolta all'assise, il defunto leader non ne avrebbe autorizzata la divulgazione. Per conoscere il contenuto del �Testamento�, i sovietici e il mondo avrebbero dovuto attendere fino al 1956 e il XX Congresso del Pcus, quello della �destalinizzazione� voluta da Nikita Chrusciov. La scelta di tenere il messaggio riservato fu, in quel momento, provvidenziale soprattutto per le mire di Stalin. Il dittatore ebbe buon gioco a presentarsi, davanti all'opinione pubblica, come il continuatore e il �fedele discepolo� delle volont� e degli insegnamenti di Lenin. In varie fotografie in cui non compariva, la sua effigie venne artificiosamente inserita, mentre quelle degli avversari, esautorati e, in seguito, eliminati fisicamente, venivano rimosse. Nelle immagini ufficiali il profilo del georgiano inizi� a essere rappresentato accanto a quello di Lenin e la corrispondenza tra i due fu manipolata per avvalorare il ruolo di Stalin come �allievo prediletto�. Fu Stalin a decidere che la memoria del �padre dell'Urss� dovesse trasformarsi nella perenne celebrazione di un simbolo per tutti i sovietici, con lo scopo di accrescere il proprio prestigio e potere in quanto continuatore della sua opera. Si tratt� di una mossa rischiosa. Ma l'azzardo era nelle corde di Stalin e and� bene: il suo atto si trasform� presto in una poderosa dimostrazione di forza verso la nomenklatura. Rendendo infatti eterno, con l'imbalsamazione, il corpo di Lenin, Stalin promosse apertamente l'esaltazione di se stesso, dando il via a quel �culto della personalit� che avrebbe dominato i suoi quasi trent'anni al vertice della Russia sovietica, estendendosi anche agli altri Paesi comunisti. Lenin aveva chiesto di essere sepolto accanto ai compagni rivoluzionari ma nemmeno la vedova Nadezhda Krupskaja riusc� a far rispettare le sue ultime volont�. Niente e nessuno poteva opporsi ai disegni di Stalin. Fu stabilito che il corpo venisse trasferito, con un solenne viaggio in treno, a Mosca dove fu esposto nella Sala delle colonne della Casa dei sindacati fino ai funerali celebrati il 27 gennaio sulla Piazza Rossa. �La coda si sarebbe snodata per tre giorni e quattro notti dando prova di assoluta autodisciplina, di correttezza estrema nel totale rispetto della gravit� della situazione�, racconta Gian Piero Piretto, storico della letteratura e studioso della cultura russa che ha ricostruito quei giorni nel libro L'ultimo spettacolo. I funerali sovietici che hanno fatto storia (Cortina). �Si calcola che cinque milioni di persone, nonostante il freddo intenso, abbiano voluto rendere l'ultimo omaggio al proprio capo, mosse in parte dalla pura curiosit�, pi� probabilmente dalla paura del futuro, ma anche, e a restarne colpiti furono gli stessi responsabili bolscevichi, dal sincero dolore e dal desiderio di mostrare la propria dedizione a quell'autorit�. Poi Stalin, non senza dissensi all'interno del Partito stesso (ancora esisteva il confronto), comp� un ulteriore passo: impose che il corpo di Lenin fosse imbalsamato per esporlo al popolo, facendone uno dei pilastri ideologici dell'Urss. In contrapposizione all'ateismo di Stato si svilupp� una vera �santificazione laica� del leader rivoluzionario, che rimandava agli usi propri della Chiesa ortodossa. Usanze contro cui i bolscevichi si erano scagliati dichiarandole �ipocrisie della religione�, che ora per� tornavano utili. �Lenin venne considerato il secondo Messia, colui che aveva annunciato al mondo la millenaria promessa del regno della libert�, ha scritto lo storico Oleg Shakhnazarov sulla Russian Social Science Review. �Il suo corpo fu dunque preservato per la resurrezione, anche visivamente in modo simile alla Prima Venuta: un sepolcro chiuso da una pietra (il mausoleo accanto alle mura del Cremlino completato all'inizio degli anni Trenta, ndr), due guardie a custodirlo e fedeli in visita per vedere le spoglie. Fu canonizzato come un santo�. Pur opponendosi alle suggestioni religiose che l'imbalsamazione implicava, i bolscevichi colsero l'occasione per dimostrare i traguardi raggiunti in breve dalla scienza sovietica, capace di eternare un corpo. Ma quelle spoglie nel mausoleo, prima in legno e dopo in marmo, soprattutto fissavano in qualcosa di tangibile, non tanto l'uomo quanto la sua eredit� ideologica, il leninismo. Avel Enukidze, membro del Comitato centrale chiamato a decidere sulla questione, afferm�: �Noi non abbiamo voluto trasformare il corpo di Vladimir Ilich in qualcosa come una reliquia attraverso la quale rendere popolare e preservare la sua memoria. Egli aveva gi� reso immortale se stesso attraverso i suoi brillanti insegnamenti e le sue attivit� rivoluzionarie. Noi abbiamo voluto conservare il corpo perch� � di grande importanza mantenere intatta la sembianza fisica del grande leader per la prossima e tutte le generazioni future�. A oltre trent'anni dalla fine dell'Unione Sovietica, e malgrado i dibattiti ricorrenti che in Russia sollevano la questione di una degna sepoltura per i resti di Lenin e il loro stato di conservazione, il suo corpo � ancora oggi visibile nel mausoleo nella Piazza Rossa. La citt� di San Pietroburgo (Pietrogrado dal 1914), il cui nome dal 1924 al 1991 fu Leningrado, ha ripreso la sua denominazione originaria e in Russia molti monumenti sovietici sono stati distrutti. Eppure, dentro la piramide a gradoni alta 12 metri con una facciata di 24 metri di lunghezza, progettata dall'architetto Aleksej Viktorovich Schusev, la Storia sembra essersi fermata. Ai visitatori, non pi� numerosi come un tempo, � vietato fare foto o riprese, parlare, tenere le mani in tasca, indossare cappelli e guanti. All'interno non � consentito fermarsi, bisogna procedere in fila indiana a piccoli passi. Il cosiddetto �gruppo del Mausoleo�, che si occupa della preservazione del corpo imbalsamato con tecniche che quando vennero perfezionate, negli anni Venti, erano estremamente innovative, � composto da anatomopatologhi, biochimici e chirurghi. Le attivit� conservative costano ogni anno alle casse del Cremlino, secondo dati ufficiali, circa 170mila euro. Come mor�? Nonostante siano trascorsi cento anni, la causa della morte di Lenin � ancora avvolta, almeno in parte, nel mistero. Tanti documenti sovietici sono, infatti, tuttora custoditi negli archivi russi con la scritta �riservato�. Un�autopsia compiuta, per conto del governo, sul cadavere del leader bolscevico poco dopo il decesso stabil� che la morte era stata provocata da un'arteriosclerosi cerebrale, la forma pi� grave di occlusione delle arterie. Ma solo 8 dei 27 medici chiamati a consulto si trovarono d'accordo e firmarono il referto. Gi� all'epoca si ipotizzarono dunque diverse cause: ipertensione grave di origine genetico-familiare, aggravata da stresss psicofisico e forte depressione; endoaortite sifilitica; intossicazione da piombo causata dai due proiettili dell'attentato sub�to da Lenin nel 1918, rimossi solo nel 1922. Nessuna di queste opzioni � stata per� confermata. Meno che mai quella, ricorrente, di un avvelenamento da parte di Stalin. Nel 2011, Cynthia St. Hilaire, genetista dell'Universit� di Pittsburgh (Usa), ha suggerito che la causa dell'arteriosclerosi precoce di Lenin sia da ricercare nella mutazione del gene NT5E, una rara patologia genetica che causa la calcificazione di articolazioni e arterie. Gli scienziati hanno cos� avanzato l'ipotesi che tale malattia abbia innescato una paralisi progressiva dall'esito fatale. Plastic Plancton (di Ferdinando Boero, �Focus� n. 323/19) - Scambiata per cibo da creature piccole e grandi, la plastica si insinua nelle catene alimentari e sconvolge gli ecosistemi. Un biologo spiega come � stato contaminato il ciclo vitale del mare. - Quando divenni un biologo marino, avevo un piccolissimo laboratorio a Pontetto, vicino a Genova. Proprio sugli scogli. Era una sorta di ricovero per attrezzi, che l'Istituto di Zoologia dell'Universit� di Genova aveva in concessione demaniale. Andavo l� quasi tutti i giorni, per studiare animaletti che nessuno conosceva: gli idroidi. Piccoli invertebrati che formano colonie simili a quelle dei coralli, ma pi� diafane: sembrano alghe, ma sono animali. Dalle loro colonie si liberano piccole meduse, imparentate con quelle pi� grandi che ci pungono in estate, quando facciamo il bagno. Gli idroidi crescono sulle rocce, sulle alghe e su molti animali che vivono sul fondo. Mi immergevo nelle acque di Pontetto, li cercavo, li portavo in laboratorio e assistevo alla nascita delle meduse. Erano i secondi anni Settanta, la plastica stava prendendo piede. Io guardavo solo il fondo, perch� gli idroidi crescono l�. Ma un giorno mi ritrovai in una striscia di spazzatura in gran parte fatta di buste di plastica. Cercai di uscirne, ma mi cadde l'occhio su una busta: era piena di idroidi. Questo attir� la mia attenzione: sono un fanatico di questi animaletti e so tutto di loro. Ma non pensavo vivessero sulle buste di plastica. Cos� feci uno studio su quello che trovavo sulla plastica galleggiante. Non ce n'era moltissima, allora, e quando vidi quanti organismi vivevano su di essa la trovai anche una cosa bella e sorprendente. Se allora avessi pubblicato un resoconto scientifico su una rivista dedicata alla biologia marina, ora sarei ritenuto un pioniere degli studi sulla plastica in mare. Raccoglievo le buste perfettamente nuove, arrivate da poco in mare. Erano belle pulite. Lo stadio successivo era una patina batterica che le rendeva viscide, con diatomee e altre alghe unicellulari. A questa patina, negli stadi successivi, si aggiungevano i miei idroidi. In mezzo alle loro colonie vagavano pulci di mare, gli anfipodi. E poi c'erano piccole lumache marine coloratissime, i nudibranchi, che mangiavano gli idroidi. Negli stadi successivi trovavo anche briozoi incrostanti. Su una busta nera, di plastica molto spessa, c'erano persino spugne e ascidie coloniali. Una volta appesantite e frammentate, le buste restavano per un po' a mezz'acqua, invece di galleggiare, e poi finivano sul fondo, a brandelli. Dalle macro alle microplastiche. Quei microcosmi improbabili mi sembravano nuovi substrati offerti alla fauna marina che, grazie ad essi, poteva spostarsi da un posto all'altro. E lo potevano fare anche specie che non hanno stadi del ciclo biologico che vivono a mezz'acqua e che, quindi, non hanno molte possibilit� di spostarsi. Mi sembrava una cosa positiva. Ovviamente mi sbagliavo, la plastica non era una meraviglia. Ma sembrava tale a tutti. Solo dopo qualche decennio cominci� a diventare invadente. Sul fondo sono cominciate ad arrivare buste sbrindellate, piatti frammentati, coperti da sottili patine di sedimento grigio. E su di loro non cresceva quasi niente. La fisica spiega che il materiale si rompe, si frammenta, viene trasportato dalle correnti, rimane per un po' in sospensione mentre affonda, e poi arriva sul fondo come oggetti interi o frammenti. E la biologia? Gli organismi marini non sono abituati alla plastica. Per loro tutto quello che � in acqua � cibo, o substrato su cui crescere. Moltissimi animali marini sono filtratori e hanno evoluto sistemi molto efficienti di cattura di particelle microscopiche. Di solito queste particelle sono piccole alghe che vivono in sospensione nell'acqua: il fitoplancton. Noi non lo vediamo, e infatti potrebbe sembrarci che tutta la vita nell'acqua sia costituita da carnivori. I pesci piccoli sono mangiati da quelli appena pi� grandi, e questi da pesci ancora pi� grandi. Apparentemente in mare ci sono solo animali che mangiano altri animali. Non si vedono piante, a parte le alghe e le piante marine che vivono sul fondo, fin dove arriva luce sufficiente per la fotosintesi: una porzione irrilevante di spazio. Ma non � possibile che ci siano sistemi ecologici dominati da carnivori. Sarebbe come se, a terra, ci fossero solo leoni, leopardi, volpi, lupi e altri predatori, e non ci fossero piante ed erbivori. Dunque in mare gli erbivori dove sono? Ma, soprattutto, l'erba dove �? Certo, vicino alla costa, a bassa profondit�, ci sono le alghe e le piante attaccate al fondo. E qualche animale che le mangia c'�, tipo le salpe e i ricci di mare. Ma si tratta di una porzione infinitesima dell'ambiente marino che, in gran parte, � caratterizzato dall'assenza di luce: se non c'� la luce la fotosintesi non � possibile. Il settanta per cento della superficie del Pianeta � oceano, ma non � una superficie: visto che la profondit� media � tremilacinquecento metri, l'oceano � un volume. E in gran parte � al buio. In superficie, per�, fin dove arriva la luce, i produttori primari che svolgono il ruolo di erbe, arbusti e alberi, ci sono eccome: sono alghe microscopiche. Sono piccole, non le vediamo, ma sono miliardi di miliardi e sono loro che sintetizzano nuova materia vivente a partire da materia non vivente. Se l'acqua � limpidissima sono in basse concentrazioni, ma se � torbida e magari verdognola, allora sono dominanti e sono loro a dare il colore al mare. Le foreste e le praterie del mare sono dunque fatte di quelle microscopiche alghe, da quel fitoplancton che vive in sospensione nell'acqua e che � portato dalle correnti. E gli erbivori? Anche loro sono piccoli, e non li vediamo, ma ce ne sono di tanti tipi, e sono tutti filtratori. Ci sono moltissimi crostacei piccoli piccoli, poco pi� di un millimetro, che hanno appendici con setole: sono veri e propri filtri, usati per raccogliere le alghe in sospensione e mangiare. Anche i mitili, sul fondo, filtrano le alghe in sospensione nell'acqua. Dove ci sono anche protozoi, batteri e virus. Cosa collega questo mondo microscopico, ma abbondantissimo, agli organismi che ci sono familiari? Semplice: i cicli biologici. I pesci cominciano la loro vita come piccole larve. Anche i possenti tonni, all'inizio, sono pesciolini di pochi millimetri. Sono gi� carnivori, e mangiano gli erbivori: i piccolissimi crostacei che hanno mangiato le minuscole alghe. Poi i pesci crescono e quelli che diventano grandi mangiano quelli piccoli. I mammiferi e gli uccelli marini mangiano pesci. Anche le balene filtrano. Ma non mangiano fitoplancton, mangiano piccoli pesci e crostacei. Ora ne sapete abbastanza per capire cosa significa la plastica. I frammenti raggiungono dimensioni simili alle particelle viventi che sono alla base delle catene alimentari: il fitoplancton. E gli erbivori che mangiano fitoplancton non li distinguono dal loro cibo quotidiano. Nel corso della loro evoluzione hanno imparato a scartare i sedimenti e si allontanano dalle acque torbide, per non riempirsi di fango. Ma la plastica � subdola, non � percepibile come qualcosa di non commestibile, e gli erbivori la filtrano e la mangiano. Chi mangia questi piccoli erbivori, per esempio le larve dei pesci, fa una scorpacciata di plastica, prendendola dalle prede di cui si nutre. E anche chi mangia i mangiatori di erbivori mangia plastica, concentrandola ulteriormente. I capodogli per esempio possono ingerire la plastica che finisce sul fondo. Questi grandi cetacei non filtrano restando a mezz�acqua, come le balene con i fanoni, le lamine nella bocca, che trattengono il cibo. I capodogli scendono a centinaia di metri di profondit� e arrivano sul fondo. Piantano nel fango la loro mascella inferiore dotata di grossi denti e, nuotando, arano. I grandi calamari stanno sul fondo e l�aratura serve proprio per catturarli. I capodogli li localizzano sia sul fondo sia a mezz�acqua con un sistema di ecolocazione, un sonar. Quando un capodoglio incontra qualcosa che assomiglia a un calamaro, lo ingoia. Non � preparato a ingoiare una rete perduta dai pescatori, o grossi teli di plastica, o altri oggetti che non si sono frammentati. E cos� i capodogli fanno scorpacciate di plastica, che intasa i loro apparati digerenti. Le autopsie dei capodogli spiaggiati oramai portano a scoprire quintali di plastica in questi enormi animali. Che non sono i soli a confondersi. Le buste di plastica sembrano meduse e gli animali che mangiano meduse, come le tartarughe marine, pare ne siano ghiotti: cos� anche loro vanno incontro a blocchi intestinali, visto che non riescono a digerire quel che mangiano. Ecco come la plastica interferisce con il buon funzionamento degli ecosistemi, soprattutto per le sue componenti microscopiche. Gli esseri pi� importanti del Pianeta, quelli che fanno funzionare la biosfera, sono le microalghe del fitoplancton, insieme agli animali che le mangiano (e che sostengono tutti gli altri predatori) e ai batteri che decompongono gli organismi morti, rendendo i loro materiali disponibili per ritornare vivi, con i processi fotosintetici del fitoplancton. Le microplastiche si insinuano in questa rete di rapporti ecologici e la manomettono, compromettendo il funzionamento degli ecosistemi planetari. Un disastro a cui Giulio Natta, il chimico che �invent� la plastica, non aveva certo pensato. E neppure un umile biologo marino come me, quando tanti anni fa vidi i sacchetti colonizzati dai miei idroidi. Mozart l�illuminista (di Carlo Boccadoro, �Prometeo� n. 164/23) - Secondo un�immagine convenzionale, molto romantica, � stato un genio infelice e avulso dalla societ�. Niente di pi� falso: fin dai primi Grand Tour, il giovane Amadeus ha partecipato attivamente ai fermenti della sua epoca, massoneria inclusa. - Nell'immaginario collettivo di troppe persone l'immagine di Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo, 27 gennaio 1756-Vienna, 5 dicembre 1791) � ancora, purtroppo, quella tracciata dal film Amadeus di Milos Forman (e dall'omonima pi�ce teatrale di Peter Shaffer): un ragazzotto ridanciano che quasi inconsapevolmente scrive un capolavoro dietro l'altro con incredibile facilit� mentre fa il pierino in giro per le corti nobiliari della sua epoca, conducendo una vita da superficiale festaiolo e alla fine scomparendo prematuramente grazie alle mire di Antonio Salieri, che lo avvelena roso dall'invidia nei confronti di un talento superiore al suo. Peccato che nulla di questo corrisponda minimamente al vero, come � stato dimostrato da fior di libri che per� hanno circolato pi� che altro nell'ambiente musicale specialistico senza raggiungere la vasta platea che tuttora ritiene Mozart un genio (questo � indubbio) in balia del suo istinto che lo comandava a bacchetta senza che lui ci potesse fare molto (questo � falso). Esce ora per i tipi de Il Saggiatore un libro agile (neppure 200 pagine) che con una scrittura di estrema chiarezza e scorrevolezza spazza via questa ragnatela di luoghi comuni, alimentata soprattutto nel periodo del romanticismo, che avvolge tuttora la figura del compositore di Salisburgo. Il musicologo canadese Cliff Eisen nel suo Il vero Mozart propone una rapida biografia in tre sezioni che disegna il percorso artistico e personale del musicista partendo dagli esordi come fanciullo prodigio spronato e guidato dal padre Leopold, anch'egli vittima di attacchi postumi dovuti ai luoghi comuni di cui sopra. Impegnato fin dagli anni dell'infanzia in lunghe tourn�e che a volte duravano anni (come il Grand Tour che and� dal 1763 al 1766 attraversando Germania, Belgio, Francia, Olanda e Inghilterra) e che lo portarono anche per tre volte in Italia, Mozart venne esposto a ogni sorta di stimoli culturali a cui rispondeva con estrema recettivit�. Ovunque andassero il padre conduceva Wolfgang e la sorella Nannerl in visita a musei, palazzi antichi, siti archeologici, chiese e soprattutto concerti in cui Wolfgang poteva ascoltare tutte le novit� stilistiche della sua epoca, rimanendo cos� estremamente aggiornato dal punto di vista musicale. Proprio dalla frequentazione assidua con le musiche di tantissimi autori nasce il suo stile inconfondibile, che riuscir� a sintetizzare tutte queste influenze in una voce personalissima e unica. Osservando il percorso di viaggi effettuati dai Mozart durante il periodo della giovinezza si vede come Mozart abbia ascoltato una quantit� notevole di compositori diversi, da nomi oggi sconosciuti come Hermann Friedrich Raupach e Leontzi Honauer a figure di maggior rilievo come Giovanni Paisiello, Carl Philipp Emanuel Bach, Johann Adolphe Hasse, Domenico Scarlatti e moltissimi altri ancora. Leopold si preoccup� fin da subito che Wolfgang avesse un'educazione il pi� possibile completa e ricca di stimoli. In una lettera del 1777 gli scrive che restare a Salisburgo ancora per qualche anno non sarebbe stato un problema perch� �avresti la possibilit� di farti un'idea su altre scienze utili, di sviluppare il tuo intelletto leggendo libri in varie lingue, e di impratichirti con le lingue straniere�. Leggendo queste pagine viene quindi sfatata un'altra leggenda romantica, quella del padre sfruttatore che scarrozza il bambino prodigio in giro per l'Europa al solo scopo di ottenere prestigio personale e vantaggi economici. Da bravo illuminista, Leopold si interessava di diverse discipline, dall'ingegneria all'astrofisica, dall'architettura alla filosofia e questa estrema curiosit� venne trasmessa ai figli (ci sono citazioni dal diario della sorella che elenca con entusiasmo i numerosissimi posti visitati durante il viaggio in Inghilterra). Mozart non creava quindi in una bolla di genio isolata dal resto dell'umanit� e proveniente da chiss� dove, come invece piace credere a molti. Era invece una persona che attraverso un rapidissimo e sorprendente periodo di maturazione arriva in pochi anni ad essere al centro della cultura contemporanea, sia nelle proprie letture (pensiamo alla velocit� con cui decide di musicare Le nozze di Figaro, controversa opera teatrale di Beaumarchais che era stata messa al bando poco tempo prima dalla censura di Luigi XVI) che nelle altre frequentazioni intellettuali. Nella biblioteca di Mozart si trovavano testi di poesia, filosofia, estetica, teosofia, storia, proprio tutto quello che ci aspetta da un'artista ben presente negli sviluppi del proprio tempo. Libero muratore e intellettuale Anche l'iscrizione alla massoneria fa parte di questo processo di continua crescita intellettuale: come ha dichiarato in un'intervista la musicologa Lidia Bramani (autrice di uno dei pi� importanti libri su Mozart usciti negli ultimi venti anni, Mozart massone e rivoluzionario, Bruno Mondadori editore): �Mozart era partecipe degli ideali massonici, illuministi, fattivamente riformisti, rivolti al superamento delle ingiustizie sociali [...] Forse non si conosce cosa fosse la massoneria settecentesca, questo � il vero problema. La si scambia con il termine usato oggi per le sette deviate. E a scuola poco si studiano le conquiste sociali di quel mondo viennese aperto a Islam, buddismo, protestantesimo, anglicanesimo, ebraismo, ateismo, ma di cui la maggior parte dei membri era cattolica�. Come sottolinea Eisen nel volume: �Le presunte implicazioni politiche delle attivit� massoniche di Mozart sono forse sopravvalutate. La loggia cui apparteneva [...] era essenzialmente una societ� di intellettuali liberali interessati non tanto alla politica quanto alle idee illuministe fra cui la natura, la ragione e la fratellanza�. Questa affiliazione mozartiana produrr� alcune pagine musicali davvero straordinarie e oggi di raro ascolto (tra cui la meravigliosa Musica funebre massonica K477) e lascer� il segno anche sullo stile dell'opera Il Flauto Magico e in diversi altri lavori del suo tardo stile. Dunque anche le leggende che vogliono Mozart iscritto alla massoneria solo per ampliare le proprie conoscenze nella societ� di Vienna e ottenere prestiti in denaro con cui saldare i propri debiti di gioco vengono messe in soffitta. Cliff Eisen ci accompagna lungo tutto il percorso della biografia mozartiana con notevole chiarezza, analizzando anche lo stile musicale del compositore ma senza eccessivi tecnicismi. Si pu� leggere questo libro non conoscendo la musica, anche se tra le numerose illustrazioni di cui � corredato il volume non mancano gli esempi musicali scritti... Sono puntualmente riferiti i rapporti difficili di Mozart con l'arcivescovo Hieronymus Collaredo, che dal 1773 in poi avvi� un periodo di vero e proprio oscurantismo imponendo restrizioni alla vita musicale e teatrale, al punto che Mozart present� nel 1777 una lettera di dimissioni dall'incarico di Konzertmeister della Cappella musicale di Salisburgo. Collaredo si infuri� per questo e dopo un aspro incontro personale con Mozart lo licenzi� in tronco. Mozart diresse allora le proprie attenzioni verso Vienna, una citt� che aveva una disposizione decisamente pi� favorevole verso la vita culturale. Qui si spos� con Constanze Weber e scrisse capolavori come il Quintetto per pianoforte e fiati K452 e i Quartetti Prussiani K575, K589 e K590, iniziando anche una lucrativa attivit� di lezioni, concerti e vendita delle sue partiture a stampa. Successivamente vediamo come la sua produzione passi attraverso il successo di opere come Don Giovanni a Praga, Cos� fan tutte a Vienna e il trionfo artistico delle ultime tre grandiose Sinfonie, ma anche come Mozart fosse messo in crisi dalla morte dei genitori e come la sua emancipazione da bambino prodigio ad artista maturo e consapevole gli avesse fatto perdere progressivamente i favori di quella borghesia (assai poco illuminata) altamente amorale e prigioniera delle mode, che rimpiangeva il �fenomeno� da salotto e non capiva la produzione pi� matura dove il suo stile si fa progressivamente ricco e complesso, con un uso lussureggiante del contrappunto e una profondit� armonica sconosciute in precedenza, pensiamo a opere come Idomeneo, Re di Creta o alle numerose Serenate strumentali di questo periodo, nonch� ai numerosi Concerti per pianoforte dove viene completamente ridisegnato il rapporto tra solista e orchestra, aprendo cos� la strada ai successivi capolavori di Beethoven. Molto interessanti le pagine dedicate a come la struttura formale delle opere di Mozart in questo periodo fosse altamente influenzata dalle scelte timbriche e degli organici strumentali, portando cos� una nuova consapevolezza del ruolo orchestrale e delle sue possibilit�, pensiamo solo all'originalissima composizione orchestrale del Requiem, dove l'assenza di flauti, oboi e corni e l'aggiunta dei corni di bassetto (strumento appartenente alla famiglia dei clarinetti ma con una voce vellutata unica e inconfondibile) assicura un colore strumentale scuro davvero straordinario e di assoluta novit� timbrica. Altrettanto importanti sono le osservazioni sul diverso utilizzo delle forme nelle opere teatrali, che si emancipano dai modelli classici degli inizi per dedicarsi a complessi incastri che mescolano forme binarie, ternarie e arie solistiche nel desiderio di essere sempre pi� aderenti al testo e alla drammaturgia, con una particolare attenzione ai grandi concertati dei finali che, come scrive l'autore, �portano avanti l'azione: i cambiamenti di tempo, ritmo, tonalit� e orchestrazione risolvono le tensioni esistenti e ne creano di nuove, sempre in stretta relazione con l'azione�, e questo vale sia per opere brillanti e ironiche come il Cos� fan tutte che per pagine pi� austere come La Clemenza di Tito. Infine il volume cancella anche molte delle panzane sugli ultimi anni della vita di Mozart che ancora oggi sopravvivono, tra cui il misterioso messaggero anonimo che gli avrebbe commissionato il Requiem e la catastrofica povert� in cui avrebbe vissuto in questo periodo. Secondo lettere e testimonianze dell'epoca riportate da Eisen si pu� dire che Mozart, pur vivendo in una situazione finanziariamente ben diversa dal passato, abbia condotto una vita relativamente tranquilla e felice che gli permetteva di non dover rinunciare al privilegio di una domestica e di comodit� come una carrozza e dei cavalli. Inoltre il suo spirito non era affatto perennemente avvolto da una nebbia di tristezza come vuole la solita vulgata romantica: in una lettera racconta divertito alla moglie: �Ho appena mangiato un delizioso pezzo di storione portato dal mio fedele valletto Don Primus�. Senza voler esagerare in senso opposto, dipingendo una vita tutta rose e fiori, si pu� per� affermare che la lettura di questo libro, davvero piacevole e utile, contribuisca a riequilibrare la figura di Mozart scrostando via molti stereotipi che lo vedevano sempre pallido, denutrito, depresso e privo di lavoro negli anni prima della morte, avvenuta nel 1791 probabilmente a causa di insufficienza renale o di un edema da streptococco (viene cos� scagionato anche il povero Salieri, del tutto innocente).