Settembre 2024 n. 9 Anno IX Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 c.c.p. 853200 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura. Indice Comunicato: chiusura per ferie Perch� alcuni avanzi alimentari sono pi� buoni dopo qualche giorno Aprile 1944: l�uccisione di Giovanni Gentile I primi hippie Eleonora Duse, la divina Comunicato: chiusura per ferie Informiamo i nostri gentili lettori che la Biblioteca rimarr� chiusa per le ferie estive dal giorno 12 al giorno 16 agosto 2024 e riaprir� luned� 19. Preghiamo coloro che si servono, per il recapito dei volumi Braille, del Corriere Espresso Bartolini di non restituire le opere durante tale periodo, al fine di evitare che alla Biblioteca vengano addebitati i costi di giacenza. Con l'occasione, formuliamo a tutti i nostri pi� sinceri auguri di buone vacanze. Perch� alcuni avanzi alimentari sono pi� buoni dopo qualche giorno (Ilpost.it) - Succede spesso con lasagne, zuppe, creme e altre preparazioni: c'entra il modo in cui il cibo continua a modificarsi, dopo che abbiamo finito di cucinarlo. - C�� chi non fa complimenti e non concepisce che possano avanzare porzioni di lasagne e chi � felice di lasciarne un po� per il giorno dopo �perch� diventano pi� buone�. Migliora la loro consistenza e i sapori hanno tempo di amalgamarsi e fondersi insieme, dicono i conservatori di lasagne. � una teoria condivisa anche da appassionati di altre pietanze, dalle zuppe alla parmigiana, e ha effettivamente una qualche base scientifica legata al modo in cui le sostanze presenti negli ingredienti interagiscono tra loro. Ci sono insomma casi in cui il cibo mangiato il giorno dopo � pi� buono, e non solo perch� non si deve fare la fatica di prepararlo. In Italia pi� del 99 per cento delle famiglie possiede un frigorifero: � l�elettrodomestico pi� diffuso nelle case, seguito a poca distanza dalla lavatrice (98 per cento) e dalla televisione (97 per cento). Il frigorifero divenne via via pi� diffuso nelle abitazioni a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale e, come in altri paesi, cambi� profondamente il nostro rapporto con il cibo e il suo consumo. La sua introduzione rese pi� semplice la conservazione degli alimenti, contribu� a ridurre i rischi di intossicazioni dovute al consumo di cibo avariato e rese pi� comune il consumo degli avanzi dei pasti precedenti. Proprio grazie alla refrigerazione, tendiamo a pensare che la trasformazione degli alimenti si concluda nel momento in cui abbiamo finito di cucinarli, e che quindi le loro caratteristiche non cambino pi� di tanto nei giorni in cui li lasciamo in frigorifero. In realt�, anche dopo la cottura e il raffreddamento, i processi fisici e chimici continuano ad avvenire con l�interazione di una enorme quantit� di sostanze. I costituenti di carboidrati, grassi e proteine si modificano, perdono o assorbono acqua e si verificano reazioni con la produzione di gas, che a lungo andare contribuiranno al deperimento degli alimenti. Il processo � rallentato dalla bassa temperatura del frigorifero, che lascia qualche margine in pi� alla possibilit� che alcune preparazioni migliorino, per lo meno per le sensazioni che lasciano a chi le consuma. Accade spesso che zuppe, rag� e preparazioni simili risultino pi� buone e gradevoli dopo qualche giorno dalla loro preparazione, se conservate nel modo giusto in frigorifero. Non � solo un modo di dire: c�entrano soprattutto i grassi (lipidi) e le spezie utilizzate pi� comunemente in cucina come il pepe, la noce moscata o le miscele impiegate per preparare il curry. Le molecole che danno profumo e sapore a queste spezie sono �liposolubili�, cio� si sciolgono facilmente nei grassi. Pi� tempo trascorrono lipidi e spezie insieme, pi� aumenta la diffusione dei loro aromi all�interno delle molecole di grasso, che a loro volta si distribuiranno nel resto della preparazione. Questo processo di fusione � favorito dal calore utilizzato per cucinare una zuppa o un rag�, ma avviene comunque anche nelle fasi successive quando la pietanza si raffredda e viene poi riposta in frigorifero. L�olio aggiunto a una minestra, la pancetta a una zuppa di legumi o ancora la panna a una crema di verdure costituiscono la base grassa nella quale si distribuiscono pi� facilmente i composti aromatici e contribuiscono a migliorare la consistenza della preparazione. Qualche tempo fa la rivista Cook�s Illustrated fece un esperimento offrendo a un gruppo di persone del chili di carne, una crema di pomodoro e cipolle e una zuppa di fagioli nelle loro versioni fresche e conservate in frigorifero per un paio di giorni. I partecipanti scelsero nella maggior parte dei casi la versione del frigorifero, segnalando di aver trovato le pietanze pi� saporite e ben amalgamate. Gli esperti consultati dalla rivista spiegarono che nel tempo trascorso in frigorifero il lattosio nei prodotti a base di latte impiegati per la zuppa e per la crema si era trasformato in glucosio, cos� come avevano fatto alcuni carboidrati delle cipolle, dando un sapore pi� dolce e uniforme alle due preparazioni. Nel caso del chili, oltre ai grassi presenti nella carne che avevano favorito il diffondersi delle spezie, le proteine si erano probabilmente separate negli aminoacidi � i loro componenti di base � come il glutammato, un sapore cui siamo particolarmente sensibili. Altre ricerche hanno inoltre segnalato come il collagene, la principale proteina che negli animali fa da impalcatura per gli altri tessuti molli, viene rilasciato in parte dalla carne durante la cottura e fa da collante per gli altri ingredienti. Questo � uno dei motivi per cui le lasagne diventano pi� compatte e morbide dopo un certo periodo in frigorifero: c�entrano il collagene che torna a solidificarsi producendo una sostanza gelatinosa e i grassi presenti nella carne e negli altri ingredienti, che a loro volta si solidificano. La variazione della consistenza di alcuni avanzi nei giorni dopo la preparazione dipende inoltre da un�altra sostanza, un carboidrato che ha un ruolo centrale nella cucina: l�amido. � presente in alimenti come pasta, riso, pane e patate e forma molecole molto lunghe che contribuiscono a tenere insieme i composti, per questo motivo viene utilizzato come addensante per esempio per regolare la consistenza di una zuppa venuta troppo liquida. A differenza dei grassi e delle proteine, l�amido non sempre favorisce il miglioramento degli avanzi. Lo strato d�acqua torbida, non proprio attraente, che talvolta si osserva sopra a del pur� conservato per qualche giorno in frigorifero � dovuto alla retrogradazione dell�amido, un processo che porta l�amido a tornare alla propria struttura originaria dopo che questa era stata modificata con la cottura portando alla gelatinizzazione. Nelle patate, cos� come nel riso o nei cereali (usati per produrre pane e pasta) l�amido � presente in una forma simile a granuli che derivano dal modo in cui crescono le piante e producono il glucosio attraverso la fotosintesi. Quando vengono riscaldati in acqua, i granuli si gonfiano e rilasciano l�amido contenuto al loro interno. Al termine della cottura, quando il cibo inizia a raffreddarsi, si attiva la retrogradazione e l�amido cerca di tornare alla struttura originaria cambiando la distribuzione delle molecole d�acqua, che quindi riaffiorano causando la formazione dello strato di liquido torbido sopra al pur�. La presenza dello strato in superficie non indica che l�avanzo sia andato a male e l�acqua pu� essere mischiata nuovamente al resto, anche se non torner� pi� a disperdersi allo stesso modo a livello molecolare come aveva fatto durante la cottura. � soprattutto per questo motivo che difficilmente il pur� vecchio di qualche giorno � soffice e cremoso come quello appena fatto. Anche in questo caso i grassi possono venire in aiuto, perch� come abbiamo visto contribuiscono a dare omogeneit� alle preparazioni e ad arricchirne il sapore. Le molecole di grasso possono rendere pi� morbida la struttura che forma l�amido quando si riorganizza, come sa chi prepara pur� particolarmente burrosi o con l�aggiunta di formaggi. La retrogradazione dell�amido � del resto il processo alla base della formazione del pane raffermo, che tende a seccare pi� velocemente rispetto ad altri prodotti da forno che contengono pi� grassi. Se conservati da cotti e senza condimento, riso e pasta tendono a tornare duri e non sempre si riesce a farli rinvenire con l�aggiunta di un po� di acqua calda. Nel caso delle lasagne la presenza del condimento, dei grassi e delle altre sostanze (nel rag� e nella besciamella) prevengono questo effetto. Le sostanze grasse hanno inoltre un maggiore tempo di permanenza nel palato e ci� fa s� che si percepiscano meglio gli aromi delle sostanze finite al loro interno. Che siano gli ingredienti di partenza o il piatto finale, molti alimenti subiscono l�effetto dell�ossigeno presente nell�aria e si ossidano velocemente. � l�effetto per cui dopo qualche minuto una fetta di mela inizia ad annerire, cos� come pu� avvenire con una banana, una carota o diversi altri alimenti comprese le carni. Soprattutto con queste ultime l�effetto dell�ossidazione � poco gradevole, perch� si producono molecole volatili � quindi percepibili dal nostro olfatto e in parte dal gusto � che modificano la resa di una fetta di carne o di un trancio di pesce. I processi di ossidazione sono tra i principali responsabili del �sapore di riscaldato� che assume spesso la carne gi� cotta, quando viene scaldata nuovamente per consumarla come avanzo. Accade soprattutto nel caso di tagli particolarmente grassi, perch� lo sviluppo di quelle sostanze volatili avviene con l�ossidazione dei grassi. Quel particolare sapore non implica che la carne sia avariata, ma rende il suo consumo poco gradevole. L�aggiunta di sostanze antiossidanti alla ricetta pu� ridurre il problema: si possono per esempio utilizzare alcune erbe come rosmarino e timo, non a caso impiegati spesso nella preparazione delle carni compresi alcuni tipi di insaccati (a livello industriale si usa spesso l�acido ascorbico, cio� la vitamina C). In generale � comunque importante ricordare che gli avanzi dovrebbero essere consumati entro 3-4 giorni dal momento in cui sono stati messi in frigorifero, o entro 3-4 mesi nel caso in cui siano messi nel freezer. Il congelamento domestico non � per� molto efficace nel mantenere le caratteristiche dei piatti, perch� avviene lentamente e porta alla formazione di cristalli di ghiaccio di dimensioni tali da danneggiare la struttura di molti alimenti. Il surgelamento a livello industriale avviene a temperature pi� basse e permette di ridurre la formazione di cristalli di grandi dimensioni, preservando meglio i prodotti. Gli avanzi tendono a mantenere una qualit� migliore se vengono conservati il prima possibile in frigorifero, evitando di lasciarli per troppo tempo a temperatura ambiente. Il periodo massimo di conservazione su un ripiano della cucina varia molto, ma in media � consigliabile non superare le due ore per la maggior parte delle preparazioni. Se la zuppa appena preparata e avanzata � troppo calda per trasferirla nel frigorifero, la si pu� distribuire in pi� contenitori larghi e bassi, in modo che si raffreddi pi� velocemente e possa essere inserita in frigorifero in tempi rapidi. Questa soluzione permette inoltre di raffreddare pi� uniformemente una preparazione, rispetto a quanto avverrebbe con un unico contenitore profondo. Ogni avanzo dovrebbe essere inoltre conservato separato da tutto il resto, quindi in contenitori ermetici, ed � importante che i prodotti cotti non siano a contatto con quelli ancora crudi, sia che si tratti di verdure sia di carne e pesce. C�� infatti il rischio di contaminare i cibi gi� preparati con batteri e altri microrganismi provenienti dagli alimenti crudi, e molto interessati a colonizzare le lasagne avanzate appena messe nel frigorifero. L�impiego di contenitori ermetici e un consumo entro pochi giorni riducono inoltre il rischio di trovare spiacevoli sorprese, come uno strato di muffa bianca, grigia o verdastra. Anche se comporta un certo sacrificio, in questo caso � inutile e pericoloso resistere: le muffe in superficie producono lunghi e sottilissimi filamenti in profondit� negli alimenti, quindi non � sufficiente rimuovere lo strato superficiale ammuffito per non correre rischi. Non c�� modo di capire a occhio se una muffa sia �buona� o �cattiva�, per precauzione quindi: se c�� la muffa, si butta. Aprile 1944: l�uccisione di Giovanni Gentile (di Francesca Cavarocchi, Storiadifirenze.org) - La discussa morte di una figura fondamentale della cultura e della politica del nostro Paese. - Il 15 aprile 1944, intorno alle 13.30, Giovanni Gentile rientrava nella sua residenza, Villa Montalto al Salviatino. Mentre l�autista apriva il cancello sul viale, due gappisti appostati nei pressi si avvicinarono all�auto; quando il filosofo abbass� il vetro essi, chiesta conferma della sua identit�, aprirono immediatamente il fuoco. Gentile mor� poco dopo l�arrivo all�ospedale di Careggi per le gravi ferite riportate. Il giorno successivo la salma fu esposta nella sede dell�Accademia d�Italia a Lungarno Serristori; luned� 17 un corteo funebre accompagn� il feretro fino a piazza Santa Croce, dove il segretario del partito Pavolini tenne una commemorazione secondo il rito fascista. Il 18 aprile il Consiglio dei ministri ne decise la sepoltura nella basilica di Santa Croce. La notizia dell�uccisione fu riportata con ritardo dagli organi di stampa: la radio italiana ne dette l�annuncio solo alle 20 del giorno successivo. Tale lentezza si dovette molto probabilmente a ragioni prudenziali, sia perch� si temevano gli effetti di simili avvenimenti sullo �spirito pubblico�, sia perch� era necessario fornire una versione ufficiale della dinamica dell�attentato, che ne dissimulasse la facilit� di esecuzione. Il capo provincia Manganiello dispose l�arresto di cinque universitari, indicati come mandanti morali dell�agguato: Ranuccio Bianchi Bandinelli, Renato Biasutti e Francesco Calasso furono rilasciati poche settimane dopo, mentre Ernesto Codignola ed Enrico Greppi sfuggirono alla cattura. La condotta relativamente mite delle autorit� fu dovuta ad una precisa richiesta della famiglia Gentile; essa si faceva interprete dell�orientamento del filosofo, che aveva pi� volte espresso a Manganiello la sua contrariet� a rappresaglie e ritorsioni. Fu avviata un�inchiesta giudiziaria che non ebbe esiti significativi, nonostante le autorit� avessero promesso un cospicuo premio ad eventuali informatori; le indagini non furono riprese dopo la Liberazione ed il procedimento venne archiviato il 18 gennaio 1945. Come si sa, Gentile aveva rivestito nel ventennio un ruolo centrale come ministro, ideologo del regime e organizzatore di cultura. Dopo l�8 settembre 1943 l�ala repubblichina pi� intransigente avvi� un�aggressiva campagna di stampa, accusando il filosofo di aver accettato il �tradimento� del 25 luglio e additandolo come un esponente dell�establishment pi� moderato e �opportunista�. Fu il neoministro dell�Educazione nazionale Biggini ad avviare contatti con Gentile, nel tentativo di assicurare alla Repubblica sociale l�adesione di figure rappresentative della cultura italiana. Il filosofo incontr� Mussolini il 17 novembre ed accett� la nomina a Presidente dell�Accademia d�Italia, che alla fine del mese fu trasferita a Firenze. L�adesione alla Repubblica sociale va letta come l�ultimo atto, non privo di dubbi, di una vicenda politica e intellettuale profondamente legata alla parabola del regime ed alla stessa figura del duce. In alcuni interventi pubblici Gentile si fece interprete di una linea tesa a ricercare la conciliazione nazionale, con l�obiettivo di isolare le forze sovversive. Tale programma interpretava i desiderata dell�ala pi� istituzionale e conservativa confluita nell�esperienza di Sal�, ma non poteva che suscitare aspre reazioni nel campo avversario. Voci autorevoli della stampa antifascista ravvisarono nella proposta di conciliazione una copertura ideologica funzionale ad offrire una patina di rispettabilit� al nuovo regime, occultandone il carattere violento e repressivo. Nel febbraio 1944 il latinista e militante del Pci Concetto Marchesi pubblic� sul quotidiano socialista di Lugano �Libera stampa� un articolo fortemente polemico con le posizioni gentiliane. L�articolo fu ripreso in marzo da �La nostra lotta�, principale organo del Pci nell�Italia settentrionale; il finale del testo fu per� modificato dal redattore Girolamo Li Causi, che ne accentu� il significato di perentoria condanna rispetto alla denuncia di Marchesi in questi termini: �La spada non va riposta finch� l�ultimo nazista non abbia ripassato le Alpi, finch� l�ultimo traditore fascista non sia sterminato. Per i manutengoli del tedesco invasore e dei suoi scherani fascisti, senatore Gentile, la giustizia del popolo ha emesso la sentenza: morte!�. Velleitaria e fallimentare si dimostr� la ricerca di adesioni di esponenti del mondo intellettuale attorno all�Accademia d�Italia, che inaugur� i suoi lavori solo il 19 marzo 1944: nell�incipit del suo discorso d�apertura Gentile celebr� la risurrezione di Mussolini e della patria, �aiutata a rialzarsi dal condottiero della grande Germania�, al cui fianco si combatteva �la battaglia formidabile per la salvezza dell�Europa�. Tale tributo nascondeva il tentativo di facilitare la liberazione del figlio Federico, internato militare nel Reich; certo esso fu letto da parte antifascista come una dimostrazione inequivocabile della fedelt� di Gentile ai destini del regime. Il 22 aprile venne diffuso in citt� un volantino dal titolo �Il caso Gentile�, che riproduceva l�articolo di Marchesi nella versione pubblicata da �La nostra lotta� e faceva esplicito riferimento alla vendetta dei cinque renitenti fucilati il 22 marzo a Campo di Marte. Il volantino, stilato su iniziativa del Pci, portava arbitrariamente la firma del Comitato di liberazione nazionale che, nella seduta del 23 aprile, vot� la deplorazione dell�attentato con l�unica astensione del rappresentante del Pci. Tristano Codignola ed altri esponenti del Partito d�Azione sottolinearono che le responsabilit� di Gentile si dovessero collocare su un piano esclusivamente culturale ed ideologico e che dunque fosse stato un errore politico giustiziarlo alla stregua di un esponente della macchina repressiva della Rsi. Valutazioni divergenti sulla legittimit� e l�opportunit� politica dell�uccisione tagliarono trasversalmente le varie appartenenze del campo antifascista, sia in sede locale che nazionale. Fu in ogni caso il Pci a rivendicare con forza la giustezza dell�operazione: nell�articolo �La fine di Giovanni Gentile�, pubblicato su �L�Unit� di Napoli il 23 aprile, Palmiro Togliatti espresse �la nostra riconoscenza di cittadini ai giovani combattenti che hanno compiuto quest�atto di risanamento della vita del nostro paese�. Il numero datato 11 maggio de �L�Azione comunista�, organo del Pci fiorentino, attribu� esplicitamente l�esecuzione ai Gap attivi in citt�. Memorie e testimonianze rese nel dopoguerra hanno rimandato divergenti indicazioni sul numero e l�identit� dei partecipanti all�agguato. Pare ormai accertato che fossero in cinque: Bruno Fanciullacci, Antonio Ignesti, Giuseppe Martini, Marcello Serni, Luciano Suisola. Furono Fanciullacci e Martini ad avvicinarsi al filosofo e a sparare, mentre gli altri dovevano fungere da copertura. Il ventiquattrenne Fanciullacci era il comandante di uno dei quattro gruppi che costituivano in quella fase i Gap a Firenze, ed era il pi� anziano ed esperto dei componenti. Riguardo alle motivazioni dell�attentato e ai suoi possibili mandanti molteplici sono state le ipotesi formulate fin dalle settimane successive e riprese fino ad anni recenti da un�ampia pubblicistica, spesso venata da connotazioni dietrologiche. La voce di una responsabilit� diretta di Mario Carit�, esponente dell�ala fascista radicale avversa alle posizioni di Gentile, circol� immediatamente in ambito locale: nella temperie della citt� occupata essa era espressione del terrore diffuso per i metodi del reparto di Carit� e per lo status di impunit� ad esso accordato. L�ipotesi che i repubblichini conoscessero il progetto tramite un infiltrato ma che non l�avessero fermato pare inverosimile: in questo caso infatti Carit� avrebbe avuto il tempo di scompaginare i Gap prima del 29 aprile, giorno in cui fu realizzato l�attentato contro il comandante provinciale della Gnr Italo Ingaramo, ben pi� rischioso di quello contro Gentile e tale da costituire un autentico smacco per le autorit� repubblichine. L�ipotesi di un intervento dei servizi segreti inglesi, ripresa fra gli altri da Luciano Canfora, si � dimostrata priva di fondamento: in primo luogo non � stato reperito negli archivi britannici alcun riscontro a sostegno di un coinvolgimento anche indiretto nell�attentato. In secondo luogo non si vede perch� da parte britannica ci potesse essere uno specifico interesse a disfarsi del filosofo siciliano, n� perch� i servizi di informazione inglesi avrebbero dovuto scegliere di servirsi dei Gap, dato che non avevano alcuna diretta connessione con l�organizzazione comunista fiorentina. Fra quanti hanno insistito sul ruolo del Pci, hanno preso forma due ipotesi: la prima ha attribuito la responsabilit� della scelta ai quadri pi� alti del partito, dunque alle direzioni di Roma o Milano, la seconda ha insistito sulla genesi locale dell�attentato. La supposizione che l�ordine provenisse da Togliatti, come tassello di un progetto di conquista dell�egemonia culturale nel paese, non pare verosimile: Togliatti rientr� in Italia il 27 marzo, quando con ogni probabilit� il filosofo era stato gi� individuato come obiettivo dell�imminente azione gappista. Inoltre, il leader comunista tornava dopo diciotto anni di assenza con la sommaria convinzione che la cultura italiana fosse rimasta sostanzialmente dominata dall�egemonia crociana. L�ipotesi pi� probabile � che la decisione di uccidere Gentile sia stata presa dai vertici locali del Pci, ovvero il segretario politico Giuseppe Rossi in accordo con Luigi Gaiani, delegato militare provinciale del partito dal 16 marzo. La ricostruzione rimane indiziaria, ma risulta suffragata dal confronto fra le testimonianze pi� interne al contesto del Pci fiorentino svolto in un recente lavoro di Paolo Paoletti. Al di l� dei limiti e delle imprecisioni delle fonti memoriali, le versioni fornite fra gli altri da Romano Bilenchi, Orazio Barbieri, Teresa Mattei, convergono nell�indicare il livello locale come determinante. Sono semmai plausibili (ma privi di riscontri) dei contatti con la direzione di Milano, anche se l�articolo pubblicato su �La nostra lotta� costituiva di per s� un avallo rispetto alla scelta di colpire Gentile. Dovette tuttavia avere un ruolo significativo anche il discorso tenuto il 19 marzo, perch� si svolse a Firenze e perch� egli rivendic� esplicitamente la vicinanza con l�alleato tedesco. L�esecuzione del 22 marzo a Campo di Marte fu un�ulteriore e potente motivazione per l�azione: dato che la propaganda del Pci aveva assicurato che l�episodio non sarebbe rimasto impunito, l�attentato aveva il duplice vantaggio di presentarsi come relativamente semplice e di colpire una personalit� di grande rilevanza simbolica. Va in ogni caso sottolineato che in quei mesi, in cui le comunicazioni clandestine fra le diverse zone del paese erano tutt�altro che rapide e agevoli, i comandi politici e militari locali furono chiamati a decidere in sostanziale autonomia su vari ordini di questioni e fra queste rientrava certamente l�individuazione degli obiettivi dei Gap. Anche l�ipotesi pi� volte proposta che l�omicidio Gentile sia stato un �affare fra intellettuali� � sostanzialmente da respingere: � certamente verosimile che Giuseppe Rossi si sia consultato con vari interlocutori, quali Bilenchi e Bianchi Bandinelli, ma � da rilevare che nella dirigenza locale la componente intellettuale aveva un peso secondario rispetto a quella operaia. Programmando l�attentato contro il filosofo, il Pci rimaneva fedele alla sua strategia volta a conquistare l�egemonia �sul campo� nella lotta resistenziale: essa prevedeva l�obiettivo di tenere alto il livello dello scontro e di agire in sostanziale autonomia rispetto al Ctln, anche a costo di provocare strappi con le altre componenti del fronte antifascista. Con l�attentato di via Rasella (23 marzo 1944), l�uccisione di Gentile � stata l�iniziativa gappista che ha suscitato di gran lunga il pi� prolungato dibattito. Mentre la memoria pubblica della vicenda romana si � concentrata in primo luogo sul problema della rappresaglia contro i civili, l�azione dei Gap fiorentini ha sollevato accese discussioni sulla legittimit� dell�uccisione di un intellettuale �organico�, fra quanti vi hanno visto un�esecuzione giustificata o inevitabile nel contesto della guerra totale e quanti invece un atto di violenza fine a se stesso. L�interesse di lunga durata al caso Gentile rimanda al complesso gioco memoriale che si � dipanato negli ultimi decenni in relazione alla Resistenza. Fra i temi pi� controversi � rimasto il ruolo del terrorismo urbano, con contrapposte letture agiografiche o di condanna, mentre solo di recente � stata avviata una pi� approfondita ricostruzione dell�organizzazione gappista. L�attenzione alla vicenda Gentile � stata anche un riflesso delle dispute apertesi dagli anni �80 sul ruolo del Pci fra Resistenza e Repubblica, nel quadro del pi� ampio dibattito internazionale sull�uso della violenza da parte dei regimi e movimenti comunisti nel Novecento. Presentato come �caso irrisolto�, il delitto ha avuto infine una duratura fortuna giornalistica, alimentando quel corposo filone di ricostruzioni che hanno insistito sul peso di trame occulte come chiave di lettura dei passaggi pi� drammatici della recente storia italiana. Le reazioni a caldo e la memoria dell�attentato ebbero in ogni caso una specifica connotazione locale, anche per l�ampia cerchia di relazioni personali e affettive che circondavano Gentile: i tanti allievi e amici reagirono con sgomento e forte emozione alla sua morte, a prescindere dalle opposte appartenenze politico-ideologiche che proprio in quei mesi si stavano facendo sempre pi� esplicite. Non � un caso dunque che in citt� si siano periodicamente riaperti dibattiti e polemiche sull�ultimo atto della sua biografia, mentre � stata necessaria una lunga fase di decantazione perch� fossero avviate pi� meditate riflessioni storiografiche sul suo ruolo nella vita politica e culturale italiana. I primi hippie (di Irene Merli, �Focus Storia� n. 183/22) - All�alba del �900 nella Svizzera italiana nacque una comune alla ricerca di una vita pura. - Basta mettere piede sul Monte Verit� per essere investiti dalla sua forza. Un senso di pace e insieme di energia che spinge alla contemplazione anche oggi. Figuriamoci come apparve questa verdissima collina sopra Ascona, nel Canton Ticino (Svizzera), con vista spettacolare sul Lago Maggiore e sulle montagne, a chi arriv� qui all'inizio del XX secolo in cerca di una vita libera dalle catene della societ�. Sul monte, che allora si chiamava Monescia, nacque infatti una delle prime comuni europee, che professava una controcultura e capace di calamitare artisti, intellettuali e rivoluzionari, in nome dell'utopia. Ma la storia merita di essere raccontata dall'inizio. Nell'autunno del 1900 sei giovani vagavano tra Monaco, l'Italia del Nord e la Svizzera del Sud. Il gruppo era formato da Henri Oedenkoven, belga, la sua compagna tedesca Ida Hofmann, Jenny, sorella di Ida, i due fratelli Gr�ser, Karl e Gusto, transilvani, e Lotte Hattemer, una berlinese ribelle. Portavano i capelli lunghi, domati da fasce, indossavano larghi abiti in lino bianco e semplici sandali sui piedi nudi: sembravano hippie ante litteram. Venivano da famiglie borghesi molto agiate, ma non sopportavano pi� un mondo troppo industrializzato, veloce, attaccato al denaro e che minacciava corpo e anima. Volevano una vita �alternativa�. Appena arrivati ad Ascona, capirono di aver trovato il posto giusto: un enorme e rigoglioso bosco inerpicato su una collina alta 400 metri, affacciato sulle dolci acque del Verbano, dove non c'erano case n� persone. La propriet� di 75mila metri quadrati era di Alfredo Pioda, un politico liberale di Locarno che fu felice di vendere a quei giovani desiderosi di mettere in pratica i principi della Lebensreform (Riforma della vita), un movimento radicato in Germania che professava il ritorno alla natura. Fu cos� che nacque la colonia di Monte Verit�, come fu ribattezzato il Monescia. I �monteveritani� si misero subito all'opera: costruirono capanne dette �aria-luce� - spartani chalet di legno che non avevano luce elettrica n� acqua corrente - e iniziarono a coltivare orti e piantare alberi da frutto per molte ore al giorno. Il lavoro manuale faceva parte del programma e i coloni erano �vegetabiliani�: non assumevano nessun alimento di origine animale. Non solo. Sulla collina dell'utopia erano banditi tabacco, alcolici, caff� e persino il sale. Henri, Ida e gli altri si lavavano all'aperto anche d'inverno, sotto le docce, e completamente nudi prendevano bagni di sole e aria, considerati un benefico nutrimento di corpo e anima. Ma non praticavano il libero amore: anche se rifiutavano l'istituzione del matrimonio, preferivano fare coppia fissa. Quando non lavoravano si dedicavano a esercizi di ginnastica euritmica (una sorta di danza) e la sera si ritrovavano nella Casa Centrale, dove leggevano, discutevano, meditavano e facevano musica (Ida era un'affermata pianista). Proprio la Casa Centrale, anch'essa di legno, nel 1904 divent� il Sanatorium Monte Verit�, una specie di centro benessere dove gli ospiti accettavano l'esperienza comunitaria e pagavano come potevano, anche con il lavoro. A gestirlo erano rimasti Henri e Ida: Karl Gr�ser e Jenny, diventati una coppia in attesa di un bimbo, non sopportavano pi� la durezza della vita a Monte Verit� e se ne andarono. Al contrario, Gusto si era ritirato a vivere in una grotta perch� rifiutava l'elettricit� che era intanto arrivata nella Casa Centrale. Dal Sanatorium iniziarono a passare molti ospiti: teosofi, riformatori, artisti, anarchici come Erich M�hsam, che defin� il luogo la �repubblica dei senza patria� e voleva fondare la Societ� degli Ultimi, lo psicoanalista Otto Gross, che sognava di fondare l'Universit� per l'emancipazione dell'uomo, il filosofo e teologo Martin Buber, il politico e scrittore August Bebel. �Quasi subito arriv� anche lo scrittore Hermann Hesse, per disintossicarsi dall'alcol�, spiega Nicoletta Mongini, responsabile cultura della Fondazione Monte Verit�. �Hesse frequent� spesso l'eremita Gusto Gr�ser, cui si ispir� per alcuni personaggi dei suoi libri�. Nel 1913 da Zurigo giunse anche Rudolf von Laban, danzatore, coreografo, inventore della danza mimica: voleva trasferire sulla collina dell'utopia i suoi corsi estivi di danza. L�idea piacque molto ai fondatori e Laban ebbe un tale successo che a poco a poco il Sanatorium si trasform� in una comunit� di artisti. Arrivarono cos� le grandi danzatrici Mary Wigman, Isadora Duncan e Charlotte Bara (che costru� il suo teatro alle pendici del monte), pi� avanti i dadaisti Hugo Ball e Tristan Tzara, oltre alla pittrice russa Marianne von Werefkin, che poi visse ad Ascona per tutta la vita. Il mix di spiritualismo, libera espressione artistica, alimentazione vegana, bellezza del luogo e mitezza del clima faceva da calamita per intellettuali e artisti eterodossi. E molto contava anche la scelta di neutralit� della Svizzera nel periodo della Grande guerra. Sul Monte Verit� si stava liberi e tranquilli, lontani dal conflitto e dalle citt� industrializzate e corrotte. Nel 1920 Ida ed Henri lasciarono per sempre il luogo dove avevano fondato la leggendaria colonia. Si era persa da tempo la spinta ideale iniziale e decisero di partire prima per la Spagna e poi per il Brasile, per provare a fondare altre comunit� simili a quella monteveritana. Ma il mito di quella meta sacra, al di fuori dello spazio e del tempo, era diventato pi� grande della realt�. Per qualche tempo la struttura fu gestita da alcuni artisti boh�mien, poi, nel 1926, tutto il complesso venne acquistato dal barone tedesco Eduard von der Heydt. Von der Heydt era il potente banchiere dell'ex imperatore tedesco Guglielmo II e uno dei maggiori collezionisti europei di arte contemporanea, orientale e primitiva. Il barone si stabil� nella Casa Anatta, l'ex dimora di Ida ed Henri costruita contro la roccia in stile teosofico, con angoli arrotondati e senza spigoli, doppi muri in legno, porte scorrevoli, soffitti a volta ed enormi finestre con vista sul paesaggio come suprema opera d'arte. Von der Heydt trasform� la casa in una lussuosa residenza privata e la arred� con le sue collezioni d'arte. �Fece poi costruire un hotel nello stile razionale e funzionale del Bauhaus, partendo dalla struttura della Casa Centrale, che ancora oggi � funzionante�, continua Nicoletta Mongini. Ne risult� un albergo molto raffinato, anch'esso edificato contro la parete rocciosa, in cui il banchiere, che aveva tantissimi contatti internazionali, cerc� di mantenere vivo lo spirito di Monte Verit� ospitando personalit� del calibro dello psicoanalista Carl Gustav Jung, maestri del Bauhaus come Gropius, Albers, Moholy-Nagy, il grande pittore svizzero Paul Klee. Infine, il barone decise che alla sua morte tutta la propriet� sarebbe andata al Canton Ticino. Oggi, dopo alterne vicende, chi arriva sulla collina di Monte Verit� pu� visitare una capanna aria-luce, le docce e vasche dei coloni, la piantagione, la casa del t� e, dal 2017, il museo di Casa Anatta, che ospita la mostra Monte Verit�. Le mammelle della verit� di Harald Szeemann, importante storico dell'arte che ha raccolto per anni testimonianze e documenti sulla collina delle utopie. E guardando il lago pu� riflettere sulla modernit� di quei sei pionieri che oltre un secolo fa anticiparono temi come il vivere bio ed ecofriendly, la cura naturale del corpo e la cultura vegetariana, ancora oggi vitali e discussi. Eleonora Duse, la divina (di Alessandro Borelli, �Focus Storia� n. 210/24) - � considerata l�attrice teatrale pi� acclamata di sempre. Ma l�amore la distrusse. - Adorata dal pubblico, blandita dalla critica, celebrata ovunque come �la pi� grande attrice del mondo�, secondo la definizione dello scrittore e commediografo austriaco Hermann Bahr. Eppure Eleonora Duse - �la Divina� - si spense in solitudine, a 66 anni, in una camera d'albergo di Pittsburgh (Stati Uniti) il 21 aprile 1924. Era, ricordano i biografi, il Luned� di Pasqua. Le fu fatale un attacco di tubercolosi, malattia che la perseguitava da tempo. L'attrice era in tourn�e dall'ottobre dell'anno precedente e con i suoi spettacoli aveva trionfato, ancora una volta, a New York, Boston, Baltimora, Chicago, New Orleans, L'Avana, Los Angeles, San Francisco, Detroit e Indianapolis. Pochi mesi prima della sua uscita di scena, nel luglio 1923, la rivista americana Time le aveva dedicato la copertina, prima donna e prima italiana ad avere questo onore. Dando la notizia della scomparsa che, considerata l'epoca, si diffuse con incredibile rapidit�, il filosofo Adriano Tilgher not� su Il Mondo, due giorni dopo: �L'arte di Eleonora Duse brillava immortalmente giovane e fresca come la natura. L'acqua di vita eterna zampillava da lei. Una semplicit� e naturalezza sovrana da cui irradiava una sovrana spiritualit�, una cura minuziosa del pi� minuto particolare e, insieme, una fusione di tutti i particolari in una vivente e ricchissima unit�. Di lei, che recit� ovunque e sempre in italiano, lo scrittore russo Anton Cechov aveva scritto alla sorella: �Ho proprio ora visto l'attrice italiana Duse in Cleopatra di Shakespeare. Non conosco la lingua, ma ella ha recitato cos� bene che mi sembrava di comprendere ogni parola�. Tra le frasi di cordoglio, dopo la scomparsa, vi furono pure quelle, lapidarie e drammatiche (ma di dubbia autenticit�, poich� riferite da terzi), di Gabriele D'Annunzio. Il Vate - che 30 anni prima aveva intrecciato con Eleonora Duse una lunga, tormentata e a tratti dolorosa storia sentimentale e un non meno burrascoso sodalizio artistico - avrebbe detto: �� morta colei che non meritai!�. Il poeta e l'attrice, i cui destini furono indissolubilmente uniti per quasi un decennio, nonostante le crisi e gli allontanamenti, si erano conosciuti a Roma nel 1882. D'Annunzio, ventunenne, vi si trovava per frequentare la facolt� di Lettere e Filosofia. Ma era, in realt�, gi� un protagonista della joie de vivre capitolina: scriveva per giornali in gran voga, come Il Fanfulla della Domenica, mentre le donne facevano a gara per essere menzionate nelle sue rubriche. Eleonora Duse, nata a Vigevano nel 1858 in una famiglia d'attori originari di Chioggia, in Veneto, calcava il palcoscenico dall'et� di quattro anni e nel 1879 era entrata nella prestigiosa Compagnia Semistabile di Torino di Cesare Rossi, dove avrebbe portato a maturazione una propria poetica che, raccogliendo l'eredit� del passato, rompeva gli schemi consolidati della tradizione teatrale dell'epoca. Il primo incontro, a Roma, fu fugace ma lasci� il segno: l'approccio di D'Annunzio, com'era nel suo carattere, fu sbrigativo e soprattutto esplicito nelle avances. Lei lo respinse con sdegno ma in privato annot�: �Gi� famoso e molto attraente, con i capelli biondi e qualcosa di ardente nella sua persona�. Si ritrovarono nel 1888, sempre nella capitale, al Teatro Valle, e poi nel 1892, quando il Vate le fece pervenire una copia delle sue Elegie romane con la dedica �Alla divina Eleonora Duse�. Lei era reduce dal matrimonio fallito con il collega Tebaldo Checchi: poco dopo averne scoperto i tradimenti aveva compiuto la scelta, provocatoria e dirompente, di scoprirsi il seno in scena, suscitando uno scandalo senza precedenti. Ed era delusa dalla relazione tormentata con il primo attore Flavio And� ed esausta per quella, a lungo clandestina, con il celebre librettista di Giuseppe Verdi, Arrigo Boito, che per lei aveva adattato Antonio e Cleopatra di Shakespeare. Decise dunque di concedersi al poeta: volle incontrarlo a Venezia, con una trepidazione che la stessa Duse raccont� cos�, parlando di s� in terza persona: �Si abbandona alla presa di quegli occhi chiari, si sorprende a dimenticare tutta la sua amara sapienza della vita e a godere della lusinga che essi esprimono�. Il legame sentimentale con D'Annunzio divenne stabile dal 1894. Eleonora Duse era gi� una �sacerdotessa del teatro�, impegnata sui palcoscenici di tutta Europa e Oltreoceano con un vastissimo repertorio: da Ibsen a Giacosa, da Sardou a Dumas passando per Verga. Nel 1898, con la Divina ancora in piena attivit�, il Teatro Brunetti di Bologna avrebbe mutato il nome in Teatro Duse. Un segno dei tempi. Il suo stile anticonformista, aperto all'improvvisazione, pervaso da slanci emotivi ignoti alla recitazione ottocentesca, totalmente ostile alla cosmesi, dentro e fuori la scena, le procur� ovunque successi e lodi. Aveva una non comune capacit� di immedesimarsi nei personaggi: �Le donne delle mie commedie mi sono talmente entrate nel cuore e nella testa che mentre m'ingegno di farle capire a quelli che m'ascoltano, sono esse che hanno finito per confortare me�, disse una volta. Per il Vate la relazione con l'attrice divenne il viatico (non immune da calcoli, secondo pi� d'un biografo) per l'agognata celebrit�: Eleonora Duse, infatti, port� sulle scene i drammi dannunziani (Il sogno di un mattino di primavera, La Gioconda, Francesca da Rimini, La citt� morta, La figlia di Iorio), spesso finanziando le produzioni e assicurandone il successo e l'attenzione della critica anche fuori dall'Italia. Con i proventi dell'attivit� della Divina, D'Annunzio riusc� a pagare i creditori. Il primo strappo mortificante per l'attrice era dietro l'angolo: nel 1896 D'Annunzio le prefer� Sarah Bernhardt, sua rivale, per la prima rappresentazione in Francia della tragedia La citt� morta. Eleonora Duse, che di fatto lo manteneva, nel rapporto risultava soggiogata. Ma non gli faceva pesare nulla, rinnegava persino il suo talento, arrivando all'umiliazione di s�: �Perdonami anche questo�, gli scriveva, �cio� di sentire solamente la mia gioia quando ti sono vicina, poich� gioia io a te non so darne. Io sono la tua poveretta [...]. Il genio quale sei tu... Ahim� so bene che l'artista che esegue l'opera d'arte non � l'opera d'arte�. Negli anni in cui le fu accanto, il poeta risult� eccezionalmente prolifico: componeva migliaia di versi ogni giorno, scrisse numerosi libri, rimedit� su lavori giovanili come le Novelle della Pescara. Nel 1898 affitt� una villa a Settignano, nei pressi di Firenze, per essere vicino a Villa La Porziuncola, dove la Divina viveva. Nel frattempo, per�, seguit� a tradirla con centinaia di amanti. Nel volgere di poco, i segni d'insofferenza da parte di D'Annunzio iniziarono a farsi sempre pi� frequenti. Era ancora accanto a Eleonora Duse quando diede alle stampe il romanzo Il fuoco: gi� i contemporanei vi riconobbero riferimenti alla loro tormentata vicenda sentimentale leggendo la storia della Foscarina, una bella donna, attrice non pi� giovane, che ama il protagonista, Stelio Effrena, fino all'annullamento di s�. Lui non si fa scrupoli nel descrivere �lo sfacelo fisico� della compagna. Un amico della Duse, dopo aver letto il manoscritto, l'implor� di non permetterne la pubblicazione. Lei fu categorica: �Conosco il romanzo, ho autorizzato la stampa perch� la mia sofferenza, qualunque essa sia, non conta, quando si tratta di dare un altro capolavoro alla letteratura italiana: e poi, ho quarant'anni e amo�. Gi� malata, si vide infine sottrarre la parte di Mila di Codra ne La figlia di Iorio, da lei interpretata tante volte, scritta da D'Annunzio �per lei e accanto a lei�, che fu data alla giovane Irma Gramatica. In una lettera Eleonora Duse gli grider�: �Tu m'hai accoppata - e con che arte � la tua!�. L'assenza momentanea della Divina dalla Porziuncola, in quello stesso periodo, facilit� gli incontri del Vate con Alessandra Starabba di Rudin�, figlia del marchese Antonio, due volte primo ministro del Regno, che, nel 1904, si trasfer� a vivere con lui. La relazione con la Duse era ormai finita. Il ricordo dell'attrice lo insegu�, per�, sempre e fu, a tratti, tormentoso. Durante la Prima guerra mondiale, alla quale partecip�, D'Annunzio tenne sempre con s� un anello di smeraldi, dono dell'attrice, nella convinzione che lo proteggesse dalla morte. E al Vittoriale, la casa-museo edificata nel 1921 a Gardone Riviera, nel Bresciano, conservava il busto di Eleonora, che chiamava �Testimone velata�. La copriva infatti con un velo, ogni volta che si dedicava alla scrittura. Perch�, sosteneva, non doveva essere guardato mentre lavorava. E fu costretto ad ammettere: �Nessuna donna mi ha mai amato come Ghisola, n� prima, n� dopo�, tornando a usare il soprannome con cui l'aveva ribattezzata, insieme ad altri come Ghisolabella, Isa, Perdita e Nomade, per via dei suoi continui viaggi in tourn�e. Lei, invece, lasci� scritte poche parole, compendio di dramma e passione: �Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto, perch� ho amato�.