Febbraio 2025 n. 2 Anno LV MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura. Indice Amichettismo: un termine nuovo per esprimere un vecchio concetto Con la testa tra le nuvole Oscar Wilde alla gogna Pane ferrarese, la storia di un alimento incredibile Mantova, una citt� aristocratica, ricca d�arte e storia Pino Daniele: reinvent� la musica di Napoli Amichettismo: un termine nuovo per esprimere un vecchio concetto (Ilpost.it) - mStoria di come in politica giri da sempre l'accusa di favorire �conventicole�, persone di fiducia e familiari - Nel dibattito politico italiano di queste settimane ricorre con una certa insistenza il termine �amichettismo�, una parola con cui ci si riferisce alla pratica di promuovere in posti di prestigio persone che hanno rapporti di consuetudine con esponenti politici, o che magari sono affiliati a certi partiti, e che proprio in virt� di questo loro essere �amichetti� ottengono favori pi� o meno leciti. La parola venne sdoganata da Giorgia Meloni durante un�intervista a Quarta Repubblica, il programma di Rete 4 condotto da Nicola Porro, il 22 gennaio del 2024. In quell�occasione la presidente del Consiglio disse che l�Italia � una nazione in cui �vige l�amichettismo�, e rifer� questa pratica soprattutto alla sinistra che usa scegliere �tra circoli di amichettisti� le persone da indicare per cariche importanti. �Avviso ai naviganti: il mondo nel quale per le nomine pubbliche la tessera del PD fa punteggio � finito�, disse Meloni. Da allora la parola si � affermata nell�uso quotidiano, con i partiti che la utilizzano per accusarsi a vicenda. Se infatti Meloni aveva parlato di �amichettismo� riferendosi alla sinistra, ben presto lo stesso termine � stato adoperato dagli esponenti dell�opposizione per attaccare la maggioranza di destra. E del resto �amichettismo� non � altro che una parola nuova per descrivere un concetto vecchio, che a seconda delle stagioni � stato raccontato come �familismo�, �nepotismo�, �favoritismo�, �clientelismo�, �parentopoli�, e in vari altri modi. � insomma una tendenza abbastanza consolidata nella politica italiana, che si fa pi� o meno evidente a seconda dei casi, e che ciclicamente viene indicata con questa o quell�espressione. A Meloni, a quanto pare, la parola �amichettismo� � stata suggerita da Pupi Avati, il noto regista emiliano che ultimamente ha partecipato ad alcuni eventi di Fratelli d�Italia come ospite indipendente, anche per la stima che ha di lui l�ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Ma a coniare il termine che ha poi ispirato Avati � stato invece Fulvio Abbate, giornalista e scrittore palermitano che nel maggio del 2023 ha pubblicato un breve libro, consultabile integralmente anche online, intitolato proprio cos�: L�amichettismo. Nell�apertura del saggio ne d� questa definizione: �L�amichettismo racconta un insieme chiuso di relazioni. Per lo pi� interessate. Un progetto d�ambizione decisamente professionale, l�affetto appare secondario. Cos� aderisce alle ragioni e alla prassi del liberismo, sebbene dichiari di collocare il proprio umano presidio esclusivo �a sinistra��. Questo � forse l�elemento interessante per capire come mai Meloni abbia fatto proprio questo termine, nel senso che per Abbate, come lui stesso ha poi spiegato, �amichettismo� � una parola che connota tipicamente la pratica clientelare della sinistra. Ma al di l� delle convinzioni di Abbate, il concetto non sembra poi cos� diverso da pratiche analoghe di partiti e governi di orientamento diverso, recenti e passate. Favoritismi d�ogni genere hanno caratterizzato la politica italiana fin dall�Unit�, e le degenerazioni clientelari sono state denunciate a pi� riprese durante la storia repubblicana, dal 1946 in poi, a volte alimentando polemiche pi� o meno estemporanee, altre volte dando consistenza a scandali clamorosi. Un segnale di come queste pratiche siano sedimentate nell�immaginario e nella cultura popolare � la ricorrenza con cui il cinema italiano, e in particolare la commedia, abbia trattato l�argomento, spesso esasperandolo o distorcendolo. Per esempio il film del 1960 Il vigile, di Luigi Zampa, prese ispirazione da fatti di cronaca per raccontare la vicenda di Otello Celletti, un vigile viterbese interpretato da Alberto Sordi che, con zelo inflessibile, multava per eccesso di velocit� il sindaco della citt�, finendo per questo nei guai: la storia era lo spunto per far emergere un groviglio di relazioni inopportune tra il sindaco, vari politici locali, e funzionari pubblici che godevano appunto di protezioni politiche. Oppure In nome del popolo italiano di Dino Risi, del 1971, raccont� delle tribolazioni di un magistrato fin troppo irreprensibile (Ugo Tognazzi), per dimostrare la colpevolezza di un imprenditore senza scrupoli (Vittorio Gassman) che si fa scudo delle sue importanti protezioni con ministri o onorevoli, amicizie cos� influenti che gli consentivano di far spostare di qualche metro i confini della Cassa del Mezzogiorno per includere anche la sua azienda tra quelle beneficiate dai fondi statali per le aree depresse del sud Italia. Sono solo due esempi tra tanti, ma la cosa interessante � che ciclicamente l�accusa di nepotismo, clientelarismo o familismo, in vario modo formulata, � stata rivolta quasi sempre ai partiti che detenevano maggiore potere. E cos�, se per decenni l�oggetto di queste critiche e di queste satire � stata perlopi� la Democrazia Cristiana, il partito moderato cattolico che dal 1945 all�inizio degli anni Ottanta � stato ininterrottamente alla guida del governo, con l�affermarsi del Partito Socialista guidato da Bettino Craxi le accuse si spostarono proprio ai socialisti. Addirittura fu Giulio Andreotti, cio� uno dei principali dirigenti democristiani e spesso accusato di rappresentare i peggiori vizi del suo partito, a sdoganare questa accusa nei confronti di Craxi. Successe nel novembre del 1986, in occasione di una missione diplomatica del governo italiano in Cina, alla quale Craxi, che era presidente del Consiglio, fece partecipare un numero stranamente alto di funzionari pubblici, imprenditori, insieme a vari familiari e conoscenti. Appena atterrato a Pechino, Andreotti, che faceva parte della delegazione come ministro degli Esteri, disse con studiata perfidia a un cronista dell�agenzia Ansa: �Siamo qui con Craxi e i suoi cari�. Tanto bast� per generare una grossa polemica su quel viaggio, e sulla composizione allargata della delegazione. Si racconta che Andreotti fosse stato infastidito per buona parte del viaggio in aereo da Marina Ripa di Meana, che aveva fatto esercizi di ginnastica posturale proprio davanti a lui. Ripa di Meana era moglie di Carlo, allora commissario europeo indicato proprio da Craxi, che era stato anche loro testimone di nozze. Anche di questa stagione socialista restano significative testimonianze nella cultura di massa, riferite perlopi� alla disinvoltura con cui Craxi e i suoi collaboratori gestivano il potere e le nomine pubbliche favorendo le persone a lui pi� vicine. Poi, con la fine della cosiddetta Prima Repubblica all�inizio degli anni Novanta, le accuse di favoritismi inopportuni furono rivolte a Silvio Berlusconi, che univa in maniera non proprio trasparente interessi pubblici e privati, e promuoveva in posti di rilievo istituzionale persone scelte spesso sulla base di discutibili simpatie personali. Ma a sua volta Berlusconi denunci� in pi� occasioni come la sinistra, proprio grazie alla sua rete di amicizie e di affiliazioni all�interno delle istituzioni, avesse creato e controllasse addirittura uno �Stato parallelo� fatto da scuole superiori, universit�, procure della Repubblica, Consiglio di Stato, Corte Costituzionale, giornali, televisioni. Alle accuse di familismo e nepotismo non sfugg� neppure Umberto Bossi, che tra l�altro ottenne di far eleggere suo figlio Renzo al Consiglio regionale lombardo nel 2010. Passando a stagioni politiche pi� recenti, nel novembre del 2013 Matteo Renzi era segretario del Partito Democratico e voleva mettere in difficolt� il governo di Enrico Letta, per prendere il suo posto. Perci� comment� un caso di presunto favoritismo dell�allora ministra della Giustizia Annamaria Cancellieri, dicendo che �la Repubblica degli amici degli amici � inaccettabile�. Poco dopo tocc� a lui essere criticato mentre governava, per la sua tendenza ad assegnare incarichi di potere a persone a lui molto vicine. Tra le varie, rimase famosa l�allusione di Pier Luigi Bersani, avversario interno di Renzi nel Partito Democratico: parlando appunto di �familismo� e di �sistemi di relazioni che si sovrappongono ai rapporti istituzionali�, Bersani disse che c�erano �troppe cose in pochi chilometri quadrati�, riferendosi appunto alla rete di conoscenze e amicizie toscane che Renzi si portava dietro dai tempi in cui era sindaco di Firenze. Del resto l�accusa di favorire le persone che si conoscono meglio � inevitabile per chi ha il potere. Tra le responsabilit� di chi sta al governo c�� appunto quella di nominare i dirigenti di societ� pubbliche, istituzioni, enti e fondazioni statali, e molte di queste nomine sono di natura fiduciaria. Il presidente del Consiglio, o un ministro, scelgono cio� gente che sia in sintonia con le loro idee, con cui negli anni hanno costruito un rapporto di stima: ed � fisiologico che sia cos�. Poi ovviamente c�� chi queste pratiche le adotta con maggiore accortezza e continenza, e chi con maggiore disinvoltura e arroganza. Ma per le opposizioni c�� sempre motivo di alimentare la polemica. Sugli eccessi di queste critiche, sulla tendenza cio� a fare della denuncia delle �conventicole� un�argomentazione retorica un po� vuota non solo nel campo della politica, ironizz� tra gli altri anche Paolo Virz� nel suo film Caterina va in citt�, del 2003. E cos�, anche il partito che pi� di tutti ha fatto della lotta al malcostume e al clientelismo politico un suo principio fondante, alimentando una propaganda spesso violenta contro la famigerata �casta�, ha finito per incappare in quegli stessi errori una volta andato al potere. Dopo la formazione del primo governo di Giuseppe Conte, nel quale Luigi Di Maio era vicepresidente del Consiglio e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, ci furono grosse polemiche quando si seppe che proprio Di Maio aveva nominato in alcune societ� pubbliche alcuni suoi amici di Pomigliano d�Arco, la citt� campana dov�era nato e cresciuto, e alcuni suoi vecchi compagni di classe delle superiori. Insomma, le accuse di �amichettismo� rivolte da Meloni alla sinistra non sono altro che la riproposizione, con un termine nuovo, di una critica antica e consolidata nel dibattito pubblico: e infatti per i partiti di opposizione � stato facile rigirare l�accusa alla stessa Meloni, che in questi suoi due anni di governo ha dimostrato di non farsi troppi problemi a favorire persone di sua stretta fiducia, spesso suoi familiari, in posizioni molto importanti: suo cognato Francesco Lollobrigida � ministro dell�Agricoltura e capo delegazione di Fratelli d�Italia, mentre sua sorella Arianna Meloni � una delle principali responsabili del partito. Con la testa tra le nuvole (di Raffaella Procenzano, �Focus� n. 386/24) - Passando da un pensiero all'altro, il cervello si �stacca� per un attimo. Ed � in questo meccanismo cognitivo che la distrazione si inserisce - Si dice che Ren� Descartes (Cartesio) fosse stato distratto da una mosca di passaggio mentre si trovava al lavoro nel suo studio: cominci� a seguirne il volo con lo sguardo, e gli venne l'idea che per descriverne il movimento punto per punto poteva prendere come riferimento gli angoli della stanza. Fu cos� che il grande matematico (e filosofo) ide� gli assi cartesiani. Una distrazione, dunque, aveva originato una geniale intuizione. Ma che cos'� questo fenomeno cognitivo che tutti conosciamo bene? Forse bisognerebbe prima dire che cosa non �. Definire la distrazione in effetti non � semplice perch� nei secoli questa parola (e quindi questo concetto) ha assunto significati diversi. Nel Medioevo, il distractus era colui che non volgeva la mente a Dio. Del resto, in latino distrahere significa �tirare qua e l� e quindi sviare i pensieri da ci� di cui dovrebbero occuparsi (o preoccuparsi): da questo deriva anche il significato di passatempo piacevole (�una distrazione�). Inoltre, � un fenomeno da non confondere con la sbadataggine: � vero, le persone distratte dimenticano facilmente impegni e oggetti, ma si tratta di un effetto, non della causa. Gli scienziati oggi descrivono la distrazione come uno stato in cui �il pensiero non � correlato al compito�, che poi in termini semplici significa che facciamo qualcosa pensando in realt� ad altro. In effetti, le ricerche dimostrano che passiamo �tra le nuvole� fino alla met� del nostro tempo di veglia. Succede ogni volta che siamo costretti a fare qualcosa di ripetitivo e perfino, come � stato scoperto di recente, quando cerchiamo di rimanere concentrati su un compito al quale teniamo. �Spesso infatti il vagabondaggio mentale � intenzionale: gli studi hanno rivelato che lo � in circa il 40% dei casi perfino negli esperimenti psicologici condotti in laboratorio, quelli in cui le persone sono invitate a concentrarsi su ci� che viene loro chiesto. E di solito chi partecipa a queste ricerche ha tutte le intenzioni di restare attento. Eppure...�, afferma Paul Seli, che insieme ad altri colleghi dell'Universit� di Harvard (Usa) ha indagato le differenze tra i momenti di distrazione inconsapevoli e quelli volontari. Non � una distinzione di poco conto: �Noi pensiamo che, dal punto di vista cognitivo, i due fenomeni dipendano da meccanismi diversi di regolazione dell'attenzione�, aggiunge lo studioso. E volar via col pensiero senza rendersene conto � forse il pi� interessante. In francese, per esempio, esiste una parola precisa per indicare la distrazione involontaria: r�verie, che � diversa dall'italiano �fantasticheria�. Quest'ultima infatti di solito � intenzionale, la r�verie no: semplicemente succede. Ed � pi� diffusa tra i bambini che tra gli adulti (o forse questi ultimi hanno solo imparato a controllarla un po' o la mascherano meglio). Mentre si pu� fantasticare a piacimento su qualcosa (per esempio qualcosa che vorremmo succedesse), nella r�verie si cade senza volerlo e di solito ci si risveglia bruscamente senza sapere quanto tempo � durata. Perch� si inneschi bisogna essere soli, inoltre � pi� frequente che accada quando si cammina o si guarda fuori dal finestrino di un'auto o di un treno. E somiglia un po' al sogno, perch� una volta interrotta � difficile riprenderne il filo. Insomma, in questi casi si guarda senza vedere, si ascolta senza sentire. Pu� anche capitarci di non riconoscere una persona incontrata per strada. O di non rispondere subito a chi ci sta chiamando. Cos� il distratto pu� passare per uno stupido perch� non ascolta n� interagisce, o per un maleducato perch� passa senza salutare, o per un indelicato visto che gli pu� capitare di parlare di qualche disgrazia a qualcuno che ne � stato colpito in passato, o a volte per una persona stramba perch� spesso parla da solo o fa qualche smorfia seguendo il filo del suo pensiero interiore. Non a caso, apparire distratti quando siamo in compagnia di qualcuno � considerata maleducazione, poich� equivale a dire che le persone presenti non sono interessanti. Cos�, quando qualcuno chiede a che cosa stiamo pensando si risponde: �a niente�, per scusare il fatto che siamo assenti con la testa. Ma non � vero: quando ci si risveglia da questi momenti-altrove ci si ritrova con pensieri che non si sa bene da dove siano venuti. Le ricerche condotte finora in questo campo hanno rivelato che spesso durante le �assenze� si rievocano episodi del passato ma � ancora pi� frequente immaginare esperienze nel futuro. Va detto per� che le ricerche che hanno indagato i pensieri distraenti non distinguono tra fantasticherie volontarie e non. La distrazione, quindi, non � affatto un momento senza pensieri (tenere la mente completamente vuota del resto � difficilissimo). �Ci si distrae sempre perch� c'� qualcos'altro che ha catturato la nostra attenzione. Nella testa tra le nuvole quel qualcosa � uno �stimolo interno�, un pensiero o una immagine che fino a quel momento sono rimasti sotto la soglia della consapevolezza: potrebbe trattarsi di una preoccupazione, ma anche di un concetto assimilato solo di recente e tornato alla mente sotto angolazioni che aprono nuove prospettive�, continua Seli. Ecco perch� la distrazione pu� diventare il motore della creativit�. Il matematico Henri Poincar�, per esempio, raccontava che molte delle sue intuizioni erano arrivate in momenti improbabili, come una gita al mare, e in cui non stava minimamente pensando al suo lavoro. Tanto che lo studioso arriv� a formulare la teoria che, per scoprire qualcosa, era necessario, dopo un intenso periodo di lavoro sul problema, prendersi un po' di riposo. E la soluzione sarebbe arrivata. La distrazione quindi per Poincar� pi� che relax per la mente � un passaggio fondamentale per l'incubazione di un'idea. In effetti il meccanismo alla base della distrazione � noto da alcuni anni: quando l'attenzione passa dal compito che stavamo eseguendo a qualcos'altro che in parte la cattura, il cervello �stacca� e �riattacca�, passando da un pensiero all'altro. Ed � in questi distacchi che si intrufola la �testa tra le nuvole�. �Per vagabondare con il pensiero � indispensabile cambiare l'assetto mentale e per questo la tendenza a distrarsi dipende soprattutto dalla flessibilit� cognitiva, che � massima nei bambini (che non a caso si distraggono continuamente) ma diminuisce con l'et�, dice Liana Machado, che all'Universit� di Otago, in Nuova Zelanda, indaga proprio i meccanismi della disattenzione. �Questo spiegherebbe perch� le persone anziane riferiscono meno momenti di vagabondaggio mentale rispetto ai giovani, quando sono impegnati in un compito cognitivo�. Lo ha dimostrato anche un curioso esperimento condotto una decina di anni fa all'Universit� di Toronto, in Canada. I ricercatori hanno chiesto a un gruppo di persone di circa 70 anni di et� e a un altro gruppo di individui sotto i 30 anni di leggere ad alta voce un elenco di parole. Durante la lettura, i ricercatori distraevano i partecipanti con altre parole. Poi, dopo 15 minuti, chiedevano ai soggetti di ripetere le parole lette e anche quelle usate per distrarre. Risultato: entrambi i gruppi avevano dimenticato molte delle parole in elenco, ma solo le persone pi� anziane ricordavano abbastanza bene quelle usate per distrarre. Come se, appunto, si fossero concentrati anche su queste ultime oltre che sul compito da svolgere. La loro mente, insomma, aveva vagato meno su pensieri �interni�. Un risultato che stupisce, visto che di solito si pensa che le persone anziane dimentichino pi� cose. Un'altra conferma, quindi, che il vagabondaggio dei pensieri dipende dalla flessibilit� cognitiva e non dalla memoria. �Passare da uno stato mentale all'altro � fondamentale per generare nuove idee e potrebbe quindi essere per questo che la testa tra le nuvole � cos� legata alla creativit�, continua Machado. Tra l'altro, alcuni studiosi sostengono che il vagabondaggio mentale sia lo stato �normale� della mente ed � logico che, se la concentrazione diminuisce un po', il cervello tende a tornare al suo stato di default e quindi a vagare. E questo accade di pi� in giovane et�. Sembra inoltre essere pi� frequente negli uomini rispetto alle donne. Una ricerca condotta all'Universit� del Mississippi (Usa) sulla distraibilit� degli studenti impegnati in compiti da effettuare online ha infatti rivelato che, almeno in questo caso, i maschi erano molto pi� distraibili delle femmine. �Il cambio di assetto mentale per� ha dei costi�, fa notare ancora Machado. �Per esempio nei casi di disattenzione alla guida. Ma non solo�. Come sappiamo tutti, basta che i momenti di �assenza� si prolunghino per qualche secondo (a volte durano lunghi minuti) perch� si verifichino i cosiddetti lapsus: si fanno per esempio azioni che non si intendevano fare, come appoggiare le chiavi su un mobile invece di metterle in tasca (e cos� si esce senza), o come chiamare qualcuno col nome sbagliato perch� in mente si accavallano pensieri che coinvolgono altre persone. Gli studiosi hanno verificato che i lapsus sono frequenti proprio nel caso in cui un compito automatico o di routine viene interrotto da pensieri distraenti. Il cervello, per�, sa prendere le sue contromisure e per rimanere �sul pezzo� utilizza la corteccia prefrontale, e in particolare le connessioni di quest'ultima alle zone posteriori dell'encefalo. Grazie a questi circuiti nervosi, infatti, la mente sceglie momento per momento su che cosa valga la pena mettere la sua attenzione ignorando il resto. Purtroppo, i lobi frontali del cervello maturano completamente solo intorno ai 25 anni, rendendo i ragazzi particolarmente portati a tenere la testa tra le nuvole. Inoltre, la tendenza a lasciarsi portar via dai pensieri random � assolutamente individuale. Per esempio, una ricerca effettuata all'Universit� di Uppsala, in Svezia, ha dimostrato che nei bambini con diagnosi di Adhd (disturbo da deficit di attenzione), i momenti in cui la mente vaga sono molti di pi� della media e lo stesso succede a questi individui in et� adulta, secondo un'altra ricerca dell'Universit� del Michigan (Usa). Insomma, chi non dimentica quasi mai nulla e riesce a rimanere concentrato, dicono i risultati degli studi, non � perch� ha pi� memoria degli altri ma perch� � pi� bravo a selezionare gli stimoli che arrivano alla mente, ignorando quelli �irrilevanti�. Sembra facile... Ascoltare musica �porta via� i pensieri? C'� chi non riesce a far nulla se non ascolta le canzoni preferite e c'� chi invece non si concentra se sente da lontano anche solo un brano di rilassante musica classica. Ma allora, quando si studia o si lavora, il sottofondo musicale aiuta o distrae? Gli studi in questo campo ormai sono tanti, e gli psicologi cognitivi sono arrivati alla conclusione che molto dipende dal lavoro che si sta svolgendo: per gli operai impegnati in un compito ripetitivo, per esempio, il ritmo favorisce la concentrazione. Per chi invece svolge un lavoro che necessita di ragionamenti complessi e che non � sempre uguale, la musica � spesso un disturbo. Ma, anche in questi casi ci sono eccezioni, perch� gli esperimenti hanno dimostrato che il tipo di personalit� � determinante nel lasciarsi pi� o meno distrarre da un sottofondo. Chi ha punteggi alti in un tratto detto �estroversione� (apertura agli altri e alle nuove esperienze) sembra infatti riuscire a studiare e lavorare sia con sia senza musica, mentre chi per temperamento resta pi� chiuso in se stesso viene facilmente disturbato da qualsiasi rumore esterno, note musicali comprese. Oscar Wilde alla gogna (di Massimo Manzo, �Focus Storia� n. 218/24) - Il brillante, eccentrico Oscar Wilde pag� caro il suo anticonformismo e il suo amore per un altro uomo: l�Inghilterra vittoriana lo pun� col carcere - Brillante scrittore, eccentrico dandy, struggente poeta: quando pensiamo a Oscar Wilde (1854, Westland Row, Dublino, Irlanda � 1900, Parigi, Francia) non pu� che balenarci in mente l'elegante esteta simbolo della letteratura di fine Ottocento. Ma dietro l'immagine estrosa e libertina, il pi� noto tra gli scrittori britannici fu anche un uomo travolto da uno scandalo giudiziario che fin� per distruggerlo. Il processo che lo condann� per oscenit� non fu peraltro solo una vicenda legale, ma il riflesso dell'et� vittoriana, un'epoca che dietro straordinari progressi scientifici e sociali, celava un lato oscuro fatto di ipocrisie e pregiudizi. Gli eventi che avrebbero portato Wilde alla rovina ebbero inizio nell'estate del 1891, anno in cui incontr� un poeta ventiduenne straordinariamente bello di nome Alfred Douglas, detto Bosie, rampollo di un'importante famiglia aristocratica di origine scozzese. All'epoca, Wilde aveva 37 anni ed era gi� un autore ricco e famoso. Lui e Alfred svilupparono presto un rapporto passionale strettissimo, trascorrendo insieme vacanze lussuose e partecipando a numerosi eventi mondani. Oscar non era per� uno scapolo: qualche anno prima di conoscere Bosie era infatti convolato a nozze con la coetanea Constance Mary Lloyd, che gli aveva dato due figli. Ci� non gli imped� di condurre una vita parallela a quella familiare, tra feste, lunghe assenze da casa e relazioni con altri uomini. I problemi, tuttavia, non arrivarono a causa di Constance, ma di John Sholto Douglas, marchese di Queensberry e padre di Alfred. Noto per essere un tipo irascibile e manesco (a lui si deve, tra l'altro, la stesura del primo regolamento del pugilato moderno) appena intu� che il figlio aveva una relazione con Wilde and� su tutte le furie, tentando in ogni modo di troncare la frequentazione. Inizialmente cerc� di dissuadere il poeta con le buone, ma quando si accorse che quest'ultimo non aveva intenzione di ascoltarlo pass� alle minacce. La situazione arriv� a un punto di non ritorno nel febbraio del 1895, quando il marchese si mise in testa di irrompere sulla scena del Saint James Theatre di Londra durante la prima della commedia L'importanza di chiamarsi Ernesto, venendo per� fermato dalla polizia. Qualche tempo dopo, fece recapitare un biglietto all'Albemarle Club, circolo frequentato da Wilde, su cui era scritta la frase �A Oscar Wilde che posa a sodomita�. Fu la goccia che fece traboccare il vaso: spinto da Alfred, da sempre in rotta di collisione con il genitore, lo scrittore si decise a denunciare il marchese per diffamazione, facendo una scelta che si sarebbe rivelata disastrosa. Il 3 aprile di quell'anno, quando Oscar e il padre di Alfred si ritrovarono faccia a faccia in tribunale, per difendersi dalle accuse di diffamazione Douglas decise infatti di passare al contrattacco, con lo scopo di dimostrare che il poeta era davvero omosessuale (e che dunque le parole del suo messaggio non erano diffamatorie). Inizialmente, Wilde fu spavaldo: si present� in udienza in abiti elegantissimi e neg� fermamente le accuse di sodomia, sfoggiando battutine sarcastiche che divertirono i presenti. Oltre a leggere pubblicamente le lettere indirizzate a Bosie, furono scandagliate anche alcune sue opere considerate immorali, tra cui Il ritratto di Dorian Gray (1890). Alle accuse lo scrittore rispose che �non esistono opere immorali [...] i libri sono ben scritti o mal scritti�. Fin qui nulla di inaspettato. Ma la trappola era pronta a scattare: il marchese chiam� sul banco dei testimoni pi� di dieci uomini pronti a raccontare i loro rapporti omosessuali con Wilde. Da quel momento, il procedimento prese una brutta piega: lo scrittore fu incalzato da domande che scandagliavano la sua vita privata e, per sostanziare la loro tesi, i legali di Douglas mostrarono i costosi doni fatti agli amanti mettendo in difficolt� Oscar, che cominci� a dare risposte vaghe e imbarazzate. Anche le sue battute di spirito avevano perso mordente. Come quando gli fu chiesto se avesse baciato un giovane di nome Walter Grainger. �Oh, assolutamente no!� rispose Wilde, �era un ragazzo particolarmente brutto�. Malgrado gli spettatori gradissero il suo umorismo, quella risposta ebbe sulla giuria l'effetto contrario: la lessero come una conferma della sua omosessualit�. Dopo tre giorni di udienze, l'avvocato di Wilde ritir� la querela contro Douglas sperando che la questione si chiudesse l�. Si sbagliava: le autorit� interpretarono il gesto come un segnale di colpevolezza ed emanarono un mandato di arresto con l'accusa di oscenit�. A differenza della Francia, unico Paese europeo nel quale l'omosessualit� era stata depenalizzata (pur non essendo ancora socialmente accettata), l'Inghilterra vittoriana aveva norme rigidissime al riguardo. Nel 1885, il Criminal Law Amendment Act aveva definito �oscenit� gravi� tutti gli atti sessuali tra uomini, rendendoli illegali e perseguibili penalmente. Per lo scrittore, fu l'inizio di una gogna che gli sarebbe costata cara. Nonostante gli amici pi� stretti gli avessero consigliato di fuggire dal Paese, prefer� rimanere in patria affrontando il processo, che cattur� l'attenzione del pubblico e dei principali giornali, diventando il caso pi� discusso del momento. Il nuovo procedimento inizi� il 26 aprile 1895 e ruot� intorno a ben 25 capi d'accusa per oscenit� grave, coinvolgendo Alfred Taylor, amico incolpato di aver procurato gli amanti a Wilde. Oltre ai principali quotidiani, a puntare il dito contro lo scrittore fu una sfilza di testimoni, la maggior parte dei quali pronta a inventarsi di sana pianta storie oscene al solo scopo di diffamarlo (o, peggio, ricattarlo). Alcune cameriere e una governante raccontarono per esempio di aver visto giovani uomini nel suo letto e di aver trovato macchie fecali sulle sue lenzuola, scatenando l'indignazione generale. Di nuovo, si passarono al setaccio le sue opere in cerca di indizi. In uno dei momenti cruciali del processo, fu chiesto allo scrittore di spiegare il significato della frase �l'amore che non osa pronunciare il suo nome�, tratta dalla poesia Two Loves scritta da Alfred Douglas e pubblicata nel 1894, che molti interpretarono come un eufemismo per indicare l'amore omosessuale. L'appassionata risposta del poeta fu memorabile: ��L'amore che non osa pronunciare il suo nome� in questo secolo � quel grande affetto di un uomo pi� maturo per uno pi� giovane, come c'era tra Davide e Gionata, come quello che Platone ha reso la base della sua filosofia [...]. � un affetto profondo e spirituale, puro quanto perfetto. Esso detta e permea grandi opere d'arte come quelle di Shakespeare e Michelangelo [...]. � bello, � nobile, � la forma pi� alta di affetto. Non c'� nulla di innaturale in esso�. L'arringa colp� il pubblico. Il processo si concluse con la giuria incapace di raggiungere un verdetto, ma le autorit� erano ormai convinte che Oscar Wilde meritasse una lezione esemplare. Meno di un mese dopo, lo scrittore fu processato nuovamente e questa volta condannato a due anni di lavori forzati, la pena massima prevista per il reato di oscenit�. Il secondo processo segn� un duro colpo e la reclusione nel carcere di Reading, nel Berkshire, gli cost� molto: la bancarotta, la separazione dalla moglie e l'allontanamento definitivo dai suoi figli, i cui cognomi furono cambiati. Oscar non rivide pi� la madre, la cui morte lo devast�, e le conseguenze fisiche della prigione contribuirono probabilmente alla sua morte prematura, nel 1900. Dopo il rilascio, viaggi� in Europa e si ricongiunse con Bosie, ma il legame era ormai spezzato. Anche la carriera letteraria sub� un brusco arresto: i suoi libri furono ritirati, i suoi lavori teatrali sospesi, il suo nome cancellato dalla scena culturale. Tuttavia, nonostante l'ostracismo, il talento di Wilde non pot� essere oscurato. La ballata del carcere di Reading, pubblicata in forma anonima nel 1898, fu acclamata dalla critica e dal pubblico. E appena pochi decenni dopo, il suo nome torn� a splendere nel firmamento della letteratura mondiale. Pane ferrarese, la storia di un alimento incredibile (Ilpanettiere.com) - Una tradizione che parte dal passato - Conosciuto come �coppia� o, nel dialetto locale, �ciupeta�, il pane ferrarese � uno degli alimenti che meglio caratterizzano la tradizione gastronomica della citt�. Oggigiorno, ormai, le sue origini si perdono tra storia e leggenda, ma di certo vi � del fascino in questo prodotto dalla forma cos� particolare: due rotoli di impasto, che si uniscono formando, appunto, una coppia. Secondo la versione pi� accreditata, questo pane ferrarese, che a tratti ricorda delle corna un po� affusolate, nasce come omaggio ad un personaggio storico profondamente radicato nel passato della citt�: Lucrezia Borgia, sposa del Duca Alfonso D�Este e donna dall�indiscusso fascino, oltre che dagli splendidi lunghi capelli, che rendevano ancora pi� intensa e potente la sua bellezza. E infatti, la tradizione vuole che la forma originaria del pane ferrarese, descritta nel 1694 dallo storico Antonio Frizzi, sia quella di un pane ritorto, ma non ancora allungato come due paia di corna che si intersecano nel mezzo. A portarlo una sera alla mensa di corte � si narra � � stato Cristoforo da Messisbugo, che lo offr� al Duca in occasione dei festeggiamenti per il Carnevale. Nei secoli, la forma (e dunque la consistenza) del pane ferrarese � lentamente cambiata, sino ad arrivare alla versione odierna, composta da due pezzi di pasta che vengono lavorati sino ad ottenere gli ormai caratteristici profili allungati e, infine, uniti al centro creando una croce. Ed � proprio la parte centrale a presentare una consistenza pi� morbida, con mollica all�interno, mentre le estremit�, che rimangono pi� croccanti, sono spesso chiamate, appunto, crostini. Inoltre, c�� chi insinua che la forma tipica del pane ferrarese, che a tratti ricorda due paia di corna unite nel mezzo, possa essere una sorta di riferimento �goliardico� alla coppia Borgia-D�Este. La storia del pane ferrarese arriva, comunque, fino ai giorni nostri. Anzi, precisamente, al 2004, anno in cui questa specialit� diviene �protetta�, grazie alla fondazione di un consorzio di tutela. A partire da quel momento, il pane ferrarese � per poter apporre il marchio IGP � dev�essere necessariamente prodotto in provincia di Ferrara, con precise tecniche messe per iscritto. Oggi, infatti, esiste un disciplinare che regola, appunto, le modalit� di lavorazione e cottura del pane ferrarese, specificando, oltre a questi aspetti, anche la tipologia e le proporzioni dei vari ingredienti: 35% di acqua rispetto alla farina mentre, per lo strutto, la percentuale stabilita � il 6%. E l�impasto? La ricetta pi� antica prevede l�impiego della cosiddetta �pasta madre�, un impasto pi� duro rispetto a quelli comunemente utilizzati per i classici prodotti da forno, dotato di una consistenza e di un sapore che, secondo gli esperti, � impossibile riprodurre in altri modi. Mantova, una citt� aristocratica, ricca d�arte e storia (Italia.it) - Mantova � un piccolo ma preziosissimo gioiello della Lombardia, una delle citt� d'arte pi� importanti d'Italia il cui centro storico, perfettamente preservato, colpisce e conquista - Circondata da laghi e da un ambiente ad alto valore naturalistico, ricca di arte e di storia, Mantova fu trasformata dai Gonzaga in una citt�-corte di grandissimo splendore: le testimonianze del suo passato si possono ammirare nei cortili, nelle piazzette e nei portici che ricordano gli splendori delle corti cinquecentesche. Il connubio di palazzi rinascimentali, edifici medievali e imponenti architetture neoclassiche completa un panorama urbano unico nel suo genere, da ammirare col naso all'ins�. Fervente e vitale, la citt� ospita ogni anno il Festival della Letteratura e richiama a s� tantissimi turisti curiosi che se ne innamorano perdutamente. La storia di Mantova vanta origini antichissime, probabilmente etrusche. Si dice che il fondatore, l�eroe Onus, abbia dedicato la citt� alla divinit� maschile Mantus. Occupata prima dai Galli e poi dai Romani, divenne colonia in cui si diffuse il Cristianesimo. Caduto l�Impero Romano, la Mantova medievale fu invasa dai Goti, dai Bizantini, dai Longobardi e dai Franchi finch� divent� uno dei domini feudali della famiglia dei Canossa. Successivamente fu libero Comune: si difese contro le forze imperiali mentre si ingrandiva, costruiva magnifici edifici e cingeva le sue mura. Nel periodo delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, Pinamonte Bonacolsi si impadron� di Mantova, rendendola florida e ricca d'arte. Una signoria che termin� nel 1323 con la morte di Rinaldo detto Passerino e che diede inizio a quella dei Gonzaga. I Gonzaga resero Mantova un gioiello di grande splendore e valore artistico con la costruzione dei pi� grandiosi edifici. Frequentarono la corte gonzaghesca molti nomi illustri, tra i quali l�Ariosto, il Tasso, il Correggio e il Tiziano. Ludovico II accolse nella citt� gotica la nuova arte rinascimentale, ospitando il Brunelleschi, il Mantegna e altri rinomati artisti mentre l'architetto Giulio Romano organizzava un importantissimo riordino urbanistico. Assediata e presa da Napoleone, Mantova torn� nel 1814 all�Austria: alle angherie dei governanti il popolo mantovano rispose con moti liberali. Nel 1866 Mantova entr� a far parte del Regno d'Italia. �Questa � una bellissima citt�, degna c�un si muove mille miglia per vederla�. Cos� Torquato Tasso descriveva Mantova: una citt� che merita anche un lunghissimo viaggio per essere vista. Patria di Virgilio e custode dei capolavori del Mantegna, Mantova � Patrimonio dell�Umanit� UNESCO dal 2008 e Capitale Italiana della Cultura nel 2016 e offre tantissimi punti di interesse. Cosa vedere a Mantova per non perdersi nulla? Ecco le prime 3 attrattive. Cominciate dalla Mantova dei capolavori architettonici: la prima tappa � il Palazzo Te di Mantova. Le teorie sul suo nome sono due: per alcuni deriva da quello dell�isola Teieto, poco distante da dove sorse la citt� lombarda; per altri, � dovuto alla posizione presso l�intersezione di due strade che creano una grande T. Costruito da Giulio Romano, � l�occasione perfetta per perdersi tra la bellezza dei giardini, delle facciate e delle sale del palazzo. Continuate con la Mantova della Reggia: il secondo stop non pu� che essere dedicato al Palazzo Ducale di Mantova, residenza da oltre 500 stanze in cui visse e govern� la famiglia Gonzaga tra cortili, stanze, giardini e meravigliosi affreschi. Infine, la Mantova del tempo: l�ultima tappa obbligata � la Torre dell�Orologio. Costruzione rinascimentale voluta dai Gonzaga, domina Piazza delle Erbe e ha un�interessante esposizione degli oggetti e degli ingranaggi sostituiti nel corso del tempo. Incantevole, calma, ricca di palazzi, chiese, musei e luoghi di interesse, questa perla lombarda � ideale per intrattenere tutta la famiglia. Cosa fare a Mantova per divertire grandi e piccini? Di certo i lettori incalliti e gli amanti dell�arte non possono perdersi il Festivaletteratura di Mantova, una manifestazione che si tiene nei primi giorni di settembre tra incontri con gli autori, reading, concerti, spettacoli e installazioni artistiche. Per tutti, consigliatissime le visite guidate al Palazzo Te di Mantova che permettono di apprezzarne al meglio la storia e il valore dalle parole degli esperti. Per chi ama camminare, infine, un Mantova Tour a piedi: una guida mostrer� i punti strategici della citt� lungo il percorso. Il tempo sembra non bastare quando si visita una citt� ricca e sfaccettata come Mantova, ma sar� meglio trovarne un po� da dedicare ai suoi luoghi insoliti. A partire dalla Camera degli Sposi, stanza nel torrione nord-est del Castello di San Giorgio di Mantova, celebre per il ciclo di affreschi che ricoprono le pareti, capolavoro del Mantegna. Aggiungete alla lista la Sala del Labirinto, che vi lascer� a bocca aperta: � un soffitto nella Domus Nova, all'interno dell'Appartamento Ducale, in cui perdersi con lo sguardo per districarne la contorta struttura. Infine, l�Appartamento dei Nani di Corte: le sue camere, considerate a lungo residenza dei famosi nani gonzaghesi, hanno curiosi soffitti bassi e colorati. La cucina mantovana � ancora ricca di piatti della tradizione risalenti ai tempi dei Gonzaga. Legata alla terra, � saporita, ricca e variegata, caratterizzata dall'influenza della cucina emiliana e di quella lombarda. Quindi, cosa mangiare in questa meravigliosa citt�? I tortelli di zucca, come prima cosa: irresistibili con il loro ripieno di zucca dolce e mostarda mantovana. Poi la torta sbrisolona, un dolce friabile fatto con farina di mais, tanto burro e le mandorle. Infine, il risotto alla pilota: un piatto deciso, a base di maiale, salamella, grana. Non esattamente dietetico, ma delizioso. Pino Daniele: reinvent� la musica di Napoli (Ilpost.it) - Mor� dieci anni fa dopo aver trovato un incastro unico tra canzone popolare, blues e jazz, sempre con la sua chitarra in mano Nel 1976 il giornalista Claudio Poggi incontr� Pino Daniele, un talentuoso chitarrista napoletano, in un bar di Via Toledo, nel centro di Napoli. Poggi lo seguiva fin dagli inizi della sua carriera: qualche anno prima aveva scritto per Nuovo Sound, la rivista con cui collaborava, un lungo articolo dedicato ai Batracomiomachia, la band blues con cui si era fatto conoscere nei locali del centro storico. �Scrivo anche per conto mio, pezzi in napoletano. Se vuoi te li faccio sentire�, disse Daniele. Poggi accett�, e lui gli consegn� una cassetta che aveva registrato insieme al percussionista Rosario Jermano. Conteneva quattro canzoni: �Che calore�, �Furtunato�, �Libert� e ��O padrone�. Poggi fece arrivare la cassetta sulla scrivania di Bruno Tibaldi, produttore discografico della EMI, che rimase folgorato dall�ascolto e propose un contratto a entrambi: il risultato fu Terra Mia, il primo album di Pino Daniele, che usc� nel 1977. La produzione fu curata da Poggi, e nonostante la singolarit� della proposta ottenne fin da subito degli ottimi riscontri di pubblico e critica. All�inizio la EMI temeva infatti che l�utilizzo del dialetto napoletano potesse rappresentare un ostacolo linguistico, ma in realt� questa caratteristica contribu� a rendere familiare lo stile di Daniele in tutta Italia: �Napule � e ��Na tazzulella �e caf�, i primi due singoli estratti dal disco, ebbero un successo enorme, e il blues che veniva suonato a Napoli e dintorni divent� prima un genere musicale a s� stante, e poi un fenomeno culturale di interesse nazionale. Da quel momento e fino alla sua morte, avvenuta il 4 gennaio di dieci anni fa, Daniele non avrebbe mai smesso di comporre musica, suonare dal vivo e influenzare nuove generazioni di musicisti, napoletani e non solo. Fu il primo a sdoganare per davvero l�utilizzo del dialetto napoletano nella canzone italiana, oggi molto presente soprattutto nel rap, diventando il pi� importante interprete del cosiddetto �Neapolitan Power�, una definizione coniata dalla critica musicale del tempo per descrivere il momento di grande fervore creativo che Napoli visse tra gli anni Sessanta e Settanta, quando alcuni musicisti locali ebbero l�intuizione di ibridare la musica popolare napoletana con i generi che andavano per la maggiore oltreoceano, come il jazz e il blues. Pino Daniele rese quella musica cos� contaminata e particolare, che lui stesso defin� �tarumb� (a simboleggiare l�unione tra la tarantella campana e il blues), la forma d�arte napoletana per eccellenza, mascherando composizioni sofisticatissime dietro a melodie orecchiabili e cantabili, diventate nel tempo tra le pi� familiari della musica italiana contemporanea. La sua attivit� musicale ricevette estesi apprezzamenti anche all�estero, come dimostrano le sue molte collaborazioni con musicisti jazz e blues di fama mondiale come Eric Clapton, Chick Corea, Bob Berg, Joe Bonamassa, Gato Barbieri e Pat Metheny. Daniele si distinse anche per il suo eclettismo nella scrittura: era capace di alternare ballate struggenti e malinconiche (�Napule �), canzoni autoironiche e danzerecce (�A me me piace �o blues�, �I say i� sto cc�) e inni di denuncia sociale (�Je so� pazzo�), creando spesso paradossi e metafore originali. Il repertorio di Daniele oggi � considerato una sorta di canone della musica napoletana della seconda met� del Novecento: negli anni � stato ripreso, citato e rielaborato da musicisti provenienti anche da generi lontanissimi tra loro, e le sue canzoni sono cos� radicate nell�immaginario locale da essere recitate a memoria, un po� come fossero litanie. Daniele nacque a Napoli il 19 marzo 1955, nel quartiere popolare di Porto. La sua infanzia fu scandita da grandi ristrettezze economiche: figlio di un portuale e di una casalinga che lavorava discontinuamente come donna delle pulizie, viveva con i genitori e altri cinque fratelli in un minuscolo �vascio�, le tradizionali abitazioni napoletane poste al pian terreno e composte da una o due stanze. Daniele abit� in quella casa per poco: a quattro anni si trasfer� nell�appartamento di Bianca e Lia Lamberti, due sorelle per cui sua madre faceva le pulizie, e con cui stabil� un legame fortissimo, fino a considerarle delle zie acquisite. In quel condominio viveva anche Salvatore Battaglia, un musicista autodidatta che lo fece appassionare ai dischi di Elvis Presley e Django Reinhardt, e che gli insegn� le diteggiature dei primi accordi alla chitarra. Cominci� a suonare in maniera pi� continuativa a 12 anni, quando pot� permettersi la sua prima chitarra: una Eko molto economica, modello X27, e di colore nero. Daniele impar� a padroneggiare lo strumento da autodidatta, acquisendo un�impostazione molto personale e un tocco formidabile e molto riconoscibile. Quando frequentava la ragioneria all�istituto Armando Diaz era gi� un nome conosciuto nei quartieri del centro: partecipava a moltissime jam session (ritrovi di musicisti che suonano insieme senza uno schema concordato, basandosi solo sull�improvvisazione), insieme a futuri colleghi come i fratelli Edoardo ed Eugenio Bennato, Corrado Rustici, Bob Fix e James Senese, un eclettico sassofonista che di l� a qualche anno sarebbe diventato un suo frequentissimo collaboratore. A quelle jam session partecipavano anche il pianista Paolo Raffone, il violinista Gianni Battelli, il contrabbassista Rino Zurzolo, il sassofonista contralto Enzo Avitabile, il batterista Rosario Jermano e il cantante Enzo Ciervo. L�intesa tra loro divent� cos� forte che presto smisero di suonare per strada e cominciarono a provare regolarmente nel rione Sanit�, in un piccolo appartamento di propriet� di Ciervo: fondarono un gruppo, lo chiamarono come un celebre poemetto greco che raccontava di una battaglia tra rane e topi � Batracomiomachia � e insieme fecero ballare e divertire la gente che passava per i luoghi in cui veniva suonato il blues in quegli anni, come Spaccanapoli e San Domenico Maggiore. Parallelamente, Daniele inizi� a scrivere canzoni per suo conto e a incidere parti di chitarra nei dischi di cantanti come Bobby Solo, Gianni Nazzaro e Jenny Sorrenti, sorella del pi� famoso Alan. Il suo primo momento di popolarit� fu per� nel 1977, dopo l�incontro con Poggi e la pubblicazione di Terra Mia. Avitabile, che suon� i fiati in quel disco, ha raccontato che lui, Daniele e gli altri musicisti coinvolti nel progetto non erano per nulla pronti alla celebrit�. Quando si presentarono a Firenze per incontrare la EMI e suonare una parte del repertorio al Salone dei Congressi, arrivarono �vestiti malissimo e senza un minimo di cura dell�immagine�. In quel periodo per l�etichetta incideva anche Alan Sorrenti, che �si present� alla convention in tutto il suo splendore, bellissimo, con una camicia lucida rossa ed un sole dorato sulla schiena�, ha ricordato Avitabile. Al suo cospetto, ha aggiunto, lui, Daniele e gli altri sembravano �dei parcheggiatori disorganizzati�, al punto che �i discografici incaricarono un dipendente di farci comprare delle camicie di velluto a coste di colore diverso ma di misura unica�. Il secondo album, Pino Daniele, il primo con James Senese al sassofono, usc� nel 1979. Ebbe meno successo del disco d�esordio, ma conteneva una delle canzoni pi� celebri di Daniele: �Je so� pazzo�, in cui Daniele attualizzava l�ultimo discorso pronunciato da Masaniello, il pescatore che nel 1647 fu protagonista delle insurrezioni napoletane contro le autorit� spagnole. Con il terzo disco, Nero a met�, Daniele divent� uno dei musicisti italiani pi� popolari e amati del tempo. Apparentemente era un album semplice: le 12 canzoni che lo componevano erano orecchiabili e coinvolgenti, contenevano ritornelli efficaci ed erano facili da ricordare a memoria anche per chi aveva poca familiarit� con il dialetto napoletano; in realt� erano per� strutturate su progressioni di accordi complesse e difficili da replicare e su accenti ritmici sincopati, ossia sfasati e imprevedibili. Anzich� usarle per un manierismo fine a s� stesso, per�, Daniele mise queste intricate strutture al servizio della melodia e delle possibilit� espressive dei musicisti di enorme talento che parteciparono al disco, come il bassista Gigi De Rienzo, il batterista Ernesto Vitolo e Senese, solo per citarne alcuni. Nero a met� � considerato tuttora il miglior disco di Daniele, e pi� in generale uno dei migliori album italiani della seconda met� del Novecento. Contiene alcune delle sue canzoni pi� frenetiche ed esaltanti, come �A me me piace �o blues� e �I say i� sto cc�, ma anche �Quanno chiove�, una delle sue ballate pi� famose, che negli anni successivi sarebbe stata reinterpretata da diversi cantanti, come Mina, Giorgia ed Eros Ramazzotti. Daniele mantenne questo approccio anche nei due dischi successivi (Vai mo� e Bella �mbriana) prima di stravolgerlo in Musicante (1984), influenzato dall�afrobeat di Fela Kuti e da un suo personale interesse per i ritmi arabeggianti, e che segn� uno slittamento verso la world music. Fino al 2012 pubblic� altri 15 dischi, allontanandosi progressivamente dal blues in favore di una proposta sempre pi� pop, per quanto personale e ricercata. Questa svolta fu evidente in particolare dopo la pubblicazione di Mascalzone Latino (1989), scritto e composto insieme al pianista Bruno Illiano, e caratterizzato da una mescolanza di suoni elettronici e acustici. Gi� a partire dagli anni Ottanta stabil� una rete di contatti con musicisti di fama internazionale impensabile per altri colleghi del tempo: inizi� nel 1982, collaborando con Alphonso Johnson e Wayne Shorter, rispettivamente bassista e sassofonista dei Weather Report, un supergruppo fusion che tra gli anni Settanta e Ottanta divent� famoso in tutto il mondo grazie al contributo di Jaco Pastorius, uno che sta al basso come Jimi Hendrix sta alla chitarra. Due anni dopo partecip� alle registrazioni di un disco del sassofonista argentino Gato Barbieri e apr� i concerti italiani di Carlos Santana e Bob Dylan. Negli anni successivi condivise il palco con alcuni grandi interpreti del rock e del jazz dello scorso secolo, tra cui Eric Clapton, Pat Metheny, Pete Haycock, Steve Hunter, Robby Krieger, Joe Bonamassa, Andy Powell e Ted Turner. Daniele compose anche le colonne sonore di alcuni film, tra cui i tre pi� famosi di Massimo Troisi (Ricomincio da tre, Le vie del Signore sono finite e Pensavo fosse amore� invece era un calesse) e La mazzetta di Sergio Corbucci. Mor� il 4 gennaio del 2015, dopo un infarto mentre si trovava nella sua casa di campagna a Magliano, in provincia di Grosseto. Fu trasportato d�urgenza all�ospedale Sant�Eugenio di Roma, ma la rianimazione cardiorespiratoria non pot� salvarlo. Oggi � considerato un personaggio fondamentale dell�iconografia di Napoli, con un�importanza pari a quella di gente come Tot� e Diego Armando Maradona: passeggiando in citt� non � raro imbattersi in uno dei murali a lui dedicati, come quello che si trova alla fine di via dei Tribunali, in cui � raffigurato come una specie di santo; percorrendo San Gregorio Armeno, la via dei presepi, � impossibile non notare le centinaia di statuette a lui dedicate. Anche quando la sua carriera era all�apice, Daniele segu� con grande interesse l�evoluzione della musica napoletana, avvicinandosi a proposte a volte lontanissime dalla sua. Era noto per esempio il suo rapporto di amicizia con il gruppo reggae dei 99 Posse, con cui suon� dal vivo in varie occasioni, e pochi mesi prima di morire aveva registrato una canzone con il rapper Clementino. Negli ultimi dieci anni Daniele � stato raccontato da diversi musicisti napoletani, provenienti soprattutto dalla scena hip hop locale, che hanno campionato le sue canzoni o citato i suoi versi pi� famosi.