Giugno 2025 n. 6 Anno LV MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura Indice Addio Papa Francesco, la voce coraggiosa del vangelo sociale Bisogno di compagnia Ipse dixit Il giornale che parlava ai bambini La vera storia della focaccia genovese Caorle tra tradizioni, leggende e cultura �The Hustle�, il brano che 50 anni fa ha esortato il mondo a ballare Addio Papa Francesco, la voce coraggiosa del vangelo sociale (di Stefano Milani, Collettiva.it) - Con la scomparsa del pontefice, il mondo perde una figura profetica contro le disuguaglianze, lo sfruttamento del lavoro e la cultura dello scarto. Ci mancher� - Con la scomparsa di Papa Francesco, il mondo perde non solo un capo spirituale, ma un instancabile difensore degli ultimi. Jorge Mario Bergoglio, il primo Pontefice venuto �quasi dalla fine del mondo�, ha segnato un�epoca con il suo impegno per la giustizia sociale, la dignit� del lavoro e la pace. La sua predicazione non si � mai limitata alle parole: � stata testimonianza vissuta, spesso scomoda, sempre schierata dalla parte di chi veniva escluso. Papa Francesco ha fatto della difesa del lavoro dignitoso uno dei pilastri del suo magistero. Il suo rapporto con il mondo del lavoro non � mai stato quello di un osservatore distante, ma di un pastore che comprendeva fino in fondo il dramma della precariet� e dello sfruttamento. Uno degli episodi pi� significativi del suo pontificato in questo ambito fu l�incontro in Sala Nervi con la Cgil e il segretario Maurizio Landini, avvenuto il 19 dicembre 2022. Era la prima volta che un pontefice accoglieva ufficialmente il principale sindacato italiano, segnando un riconoscimento storico del ruolo dei lavoratori organizzati nella costruzione di una societ� pi� giusta. In quell�occasione, Francesco us� parole nette: �Il lavoro precario uccide. Uccide la dignit�, uccide il futuro, uccide la speranza. � inaccettabile che oggi esistano lavoratori poveri, persone che, pur lavorando, non riescono a vivere con dignit�. Questo � sfruttamento, non � economia!� Il Pontefice non esit� a denunciare anche le morti sul lavoro, definendole una �tragedia inaccettabile in un mondo civile�. Il suo insegnamento in questo campo ha spinto la Chiesa a prendere posizioni sempre pi� coraggiose su temi come il salario minimo, il diritto al riposo e la conciliazione tra lavoro e vita personale. Ma il rapporto di Francesco con i lavoratori non si � fermato agli incontri ufficiali: ha voluto ascoltare, conoscere e visitare direttamente gli operai, i braccianti, gli impiegati delle fabbriche in crisi. Ha abbracciato i rider sfruttati e ha parlato ai minatori rimasti senza lavoro in Argentina e in Europa. Per lui, il lavoro non era solo un diritto: era una vocazione, una missione, una forma di partecipazione alla creazione. Fin dal primo giorno del suo pontificato ha denunciato le disuguaglianze economiche e sociali come una delle pi� gravi ferite del nostro tempo. Ha parlato apertamente di un�economia che �uccide�, indicando un sistema in cui il profitto conta pi� della persona come una distorsione inaccettabile. Nell�enciclica Fratelli Tutti, ha ribadito il principio della destinazione universale dei beni, affermando che la propriet� privata non pu� essere un diritto assoluto quando esistono milioni di persone senza risorse per vivere. Francesco non si � mai tirato indietro nel denunciare l�indifferenza di fronte ai poveri. Ha parlato di una �globalizzazione dell�indifferenza� che anestetizza le coscienze e rende accettabile il fatto che milioni di persone siano escluse dalla ricchezza e dal benessere. Ma il suo insegnamento non � stato solo una denuncia, � stato un appello concreto alla solidariet�, alla politica del bene comune, all�economia della condivisione. Ha sostenuto progetti sociali coinvolgendo giovani imprenditori e studiosi per pensare a un nuovo modello economico basato sulla sostenibilit� e sulla giustizia. In un�epoca segnata da guerre e tensioni internazionali, Papa Francesco si � imposto come un messaggero di pace senza compromessi. La sua voce � stata tra le poche a levarsi con forza contro la corsa agli armamenti, la produzione e la vendita indiscriminata di armi, l�uso della violenza come soluzione ai conflitti. Nel pieno della guerra in Ucraina, fu uno dei pochi leader mondiali a chiedere apertamente negoziati immediati, invitando i potenti della Terra a fermarsi prima di condannare il mondo a un�escalation senza ritorno. E nello stesso giorno di Pasqua, il suo pensiero � andato �alla popolazione e in modo particolare alla comunit� cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace!�. Ma la sua battaglia per la pace non si � limitata ai conflitti armati. Ha denunciato con forza le guerre invisibili: quella contro i migranti, respinti e lasciati morire in mare; quella contro le popolazioni indigene, sfrattate dalle loro terre in nome dello sviluppo; quella contro le donne, ancora vittime di violenze e discriminazioni in molte parti del mondo. �Non si costruisce la pace con le bombe, ma con il dialogo. Non si difendono i popoli con le armi, ma con la giustizia. Non si governa con la paura, ma con la speranza�. Papa Francesco lascia un�eredit� che va oltre la Chiesa. Il suo insegnamento rester� come una sfida, un pungolo per le coscienze. Molti leader e potenti lo ascoltavano con rispetto, ma pochi avevano il coraggio di seguirlo davvero. Perch� Francesco non parlava di una religione comoda, ma di una fede che obbliga a cambiare, a scomodarsi, a prendere posizione. Ai lavoratori, ai poveri, agli emarginati ha lasciato non solo parole, ma una speranza concreta: la speranza che un mondo diverso sia possibile. E a chi lo ha considerato �un Papa troppo politico�, la storia risponder� con le sue stesse parole: �Non � politica, � Vangelo�. Bisogno di compagnia (di Elisabetta Intini, �Focus� n. 390/25) - Uno stimolo simile alla fame, che ci porta a interagire con gli altri. Questo � il senso di solitudine, secondo le pi� recenti ricerche scientifiche: un istinto fondamentale - Immaginate di desiderare un'abbuffata di pizza, focacce e brioche, ma, allo stesso tempo, di considerare questi cibi ipercalorici e poco salutari. Indecisi sul da farsi finite per evitarli, convincendovi che sia meglio cos�; intanto, l'appetito aumenta e, visto il digiuno, le forze vengono meno per il bisogno non soddisfatto di cibo. Questa similitudine rende piuttosto bene l'idea di quel che accade a un cervello affamato di relazioni sociali. Si desiderano gli altri tanto quanto li si teme: cos� si finisce in un circolo vizioso che la scienza sta iniziando a studiare soltanto ora e che, se spezzato, potrebbe davvero migliorare l'umore (e la vita). Per conoscere meglio la natura della solitudine � utile spogliarla da pregiudizi morali e considerarla dal punto di vista biologico: si tratta proprio di uno stimolo di base come la fame, il freddo o la sete, che segnala il bisogno di connessioni sociali. In effetti, la nostra specie � diventata dominante proprio perch� capace di fare rete. Sentirsi soli � allora un allarme che ci motiva a cercare la sicurezza nelle relazioni quando queste scarseggiano. A confermare le solide basi della �teoria evolutiva della solitudine�, proposta nel 2006 da John Cacioppo, ex direttore del Centro di Neuroscienze Cognitive e sociali dell'Universit� di Chicago scomparso nel 2018, c'� il fatto che la necessit� di stare insieme agli altri � reclamata dal cervello con gli stessi segnali neurali della fame. �Nel cervello il desiderio sociale � rappresentato in modi simili al desiderio di cibo�, spiega Livia Tomova, neuroscienziata e ricercatrice dell'Universit� di Cardiff (Regno Unito). Tomova ha usato la risonanza magnetica funzionale per misurare la risposta neurale evocata dal cibo o dai segnali sociali in 40 partecipanti che erano stati lasciati per 10 ore a digiuno, di alimenti oppure di relazioni. �Dieci ore di isolamento hanno accresciuto il desiderio sociale nei partecipanti. La voglia di stare con gli altri corrispondeva a un'attivit� aumentata in una regione del cervello chiamata mesencefalo, che � una specie di �centro di motivazione�. Abbiamo scoperto che il modello di attivit� in questa regione cerebrale era simile a quando quelle stesse persone non mangiavano da 10 ore. I nostri risultati supportano l'idea che la connessione sociale sia un bisogno fondamentale. E che il senso di solitudine sia una spinta motivazionale, come la fame, che ci segnala che qualcosa manca e che dobbiamo al pi� presto agire per riparare�. Alcuni ricercatori del Mit (Massachusetts Institute of Technology) ritengono di aver individuato l'origine di questa molla motivazionale in un gruppo di neuroni che rilasciano dopamina (un neurotrasmettitore implicato nei meccanismi di ricompensa) nell'area cerebrale del nucleo del rafe dorsale, coinvolta tra le altre cose nella modulazione del dolore. Stimolare questi neuroni accresce il senso di solitudine nei topi causando un disagio equiparabile al dolore fisico, e li stimola a cercare altri loro simili. �Ipotizziamo che questi neuroni promuovano un comportamento prosociale (ovvero la ricerca di un po' di compagnia) per rispondere a uno stato emotivo negativo, una sorta di infelicit� data dall'isolamento sociale�, spiega la neuroscienziata Gillian Matthews, prima autrice dello studio. �Insomma fanno parte di un sistema che monitora le connessioni sociali presenti e che risponde in caso ci sia un'anomalia, che poi sarebbe l'isolamento dagli altri�. Fin qui per� abbiamo parlato della faccia �utile� della solitudine. Che tuttavia, se diviene cronica, � capace di innescare un circolo vizioso che rende i solitari sempre pi� disconnessi. Lo provano alcuni studi recenti. Dopo 14 mesi nella stazione polare antartica Neumayer III (l'analogo terrestre, per scomodit� e isolamento, di una base spaziale), nove ricercatori che si sono prestati a una risonanza magnetica sono tornati con il cervello rimpicciolito nell'area dell'ippocampo, una regione cerebrale essenziale per l'orientamento, la memoria e l'apprendimento. Stando allo studio pubblicato nel 2019 sul New England Journal of Medicine, le alterazioni sono persistite per un mese e mezzo dopo il ritorno a casa. Non � chiaro se l'effetto sia stato provocato soltanto dalla solitudine o anche dall'esperienza in un ambiente �estremo�, ma secondo Alexander Stahn, ricercatore di medicina dello Spazio alla Charit� - Universit�tsmedizin Berlin, la riduzione del volume cerebrale nell'ippocampo potrebbe compromettere la capacit� di comprendere, valutare e ricordare le emozioni altrui. Ostacolando i rapporti umani. Anche in chi non � confinato in una stazione polare, la percezione della solitudine aumenta la sensazione di vigilanza e vulnerabilit�. Se, da un lato, si sente il bisogno di nutrire i contatti sociali, dall'altro si tende a diventare troppo attenti al modo in cui siamo percepiti e in cui percepiamo il prossimo. �I modelli evolutivi sulla solitudine suggeriscono che gli individui cronicamente soli abbiano difficolt� a interpretare le informazioni sociali�, scrivono in uno studio, pubblicato su Science Direct nel 2024, Bronwen Grocott e i colleghi psicologi clinici dell'Universit� della Columbia Britannica, Canada. Studi comportamentali e di neuroimaging dimostrano infatti che i solitari colgono soprattutto i segnali negativi che gli altri possono mandare loro, e che impiegano meno tempo, rispetto alla media, a cogliere i segnali visivi legati al rifiuto sociale. Insomma, si sentono rifiutati e per questo se ne stanno per conto proprio. Forse la spiegazione sta nel fatto che producono meno ossitocina (una molecola che migliora l'umore) in risposta a una conversazione positiva e ci� li porta a dare poca fiducia agli altri. Inoltre, apprezzano meno il contatto fisico e preferiscono mantenere distanze sociali maggiori rispetto a chi non soffre di solitudine. Risultato: l'ambiente esterno e chi lo abita assumono progressivamente connotati ostili, una spirale negativa che porta a isolarsi ancora di pi�. Per quanto affascinanti siano questi studi su solitudine e funzionalit� cerebrale, sono per� - ricorda Tomova - da interpretare con cautela: �Non � chiaro se le differenze osservate siano causate dalla solitudine, o se invece vi siano nelle persone differenze preesistenti che porteranno allo sviluppo della solitudine. Quanto ai cambiamenti nella struttura cerebrale, al momento esistono alcune prove di come questa possa essere alterata dall'isolamento sociale durante lo sviluppo, ma si tratta soprattutto di studi sui roditori e non � chiaro se e come si traducano sull'uomo�. Fare chiarezza sull'impatto della solitudine sul cervello potrebbe per� essere il primo passo per mettere a punto interventi psicologici e sociali capaci di contrastarla. In uno studio, pubblicato nel 2022 sul periodico Journal of Neuroscience, Jana Lieberz, ricercatrice del Dipartimento di Psichiatria e Psico-terapia dell'Ospedale Universitario di Bonn, in Germania, ha dimostrato che l'idea di entrare in relazione con gli altri in chi � cronicamente solo non attiva l'area cerebrale dell'amigdala, che elabora gli stimoli minacciosi, come invece avviene in chi soffre di ansia sociale. Si sta lontani dagli altri non per paura, quindi, ma per un'elevata reattivit� emotiva ai segnali che gli altri ci mandano. Questo spiega perch� dire semplicemente alle persone sole di uscire di casa e socializzare di pi�, esponendole gradualmente al presunto oggetto della loro ritrosia come si fa con chi nutre la fobia di qualcosa, spesso non aiuta a liberarle dall'isolamento, perch� non va al cuore del problema. Meglio sarebbe, ha dimostrato Lieberz in altri studi sul tema, insegnare con interventi psicologici ad avere pi� fiducia nelle proprie sensazioni �di pancia� sugli altri, e quindi a seguire l'istinto quando ci dice che abbiamo incontrato una brava persona, che insomma vale la pena di frequentarla. Si pu� aumentare inoltre la capacit� di agire in sincronia con il prossimo (per esempio fare qualcosa insieme, passeggiare, cucinare ecc.), un'abilit� sociale che contrasta la diffidenza. Resta il fatto che nelle giuste dosi la solitudine � anche un (sacrosanto) bisogno: il desiderio di ritagliarsi una distanza psicologica dagli altri aiuta a recuperare energie. La lingua inglese prevede persino un termine, aloneliness, per indicare il sentirsi scontrosi, irritabili, non compresi quando si � a forza deprivati del tempo da trascorrere da soli. �La solitudine pu� essere ristoratrice perch� ci consente di disattivarci emotivamente: nei nostri esperimenti vediamo forti emozioni di tipo positivo, come l'eccitazione, o di tipo negativo, come la frustrazione, calare in modo significativo dopo un breve periodo di solitudine. Questo �effetto di disattivazione� � utile per ricaricarci dopo incontri sociali sovrastimolanti, che potrebbero suscitare stress�, commenta Thuy-vy Nguyen, professoressa associata di Psicologia all'Universit� di Durham, Regno Unito. Affinch� la solitudine sortisca questo effetto pacificante non � necessario riempirla con chiss� quali attivit�. �Si tratta soprattutto di creare lo spazio per recuperare e ripristinare il nostro senso di calma interiore�, dice Thuy-vy Nguyen. Un buon libro o il giardinaggio possono abbondantemente bastare. Del resto, secondo uno studio condotto da Mark Adams e Netta Weinstein, psicologi dell'Universit� di Reading (Regno Unito), la solitudine pu� contribuire al benessere quotidiano quando nutre tre bisogni fondamentali: sentirsi connessi agli altri anche durante l'esperienza da soli, sentirsi competenti (ovvero capaci di fare qualcosa) e avere la sensazione di essere autonomi. Perch� la solitudine sia un'esperienza piacevole, insomma, � necessario lavorare sulla qualit� dei momenti trascorsi da soli. �Occorre che la solitudine sia una scelta�, precisa Thuy-vy Nguyen. �E, affinch� sia un'esperienza fruttuosa, non deve essere prolungata troppo�. Ipse dixit (di Elisa Venco, �Focus� n. 389/25) - Non sempre lo ha davvero �detto lui�. Spesso, le frasi famose che ci piace citare di tanto in tanto non sono state mai pronunciate, o erano diverse. Vero e falso delle citazioni celebri - Nel 2021, in occasione dei 75 anni dalla morte di H.G. Wells, noto scrittore di fantascienza, la zecca inglese ha coniato una speciale moneta da 2 sterline, su cui � stata impressa una frase celebre dell�autore (�I buoni libri sono magazzini di idee�). Peccato che, in realt�, Wells non abbia mai formulato quelle parole. Gli studiosi dell�autore hanno chiarito che nei suoi scritti � presente una frase un po� diversa: �I buoni libri sono i magazzini degli ideali�. Ma non � un caso isolato: spesso attribuiamo frasi e detti a personaggi famosi senza troppo badare alla loro autenticit�, e utilizziamo queste citazioni in molti contesi (perfino nei profili Facebook), facendone il nostro motto. Ma perch� ci piacciono cos� tanto? E come pu� succedere che molte delle frasi pi� spesso citate siano sbagliate o addirittura non siano mai state pronunciate? Indubbiamente una frase incisiva si scolpisce nella memoria, alla pari di una formula matematica cristallina e inoppugnabile, anche perch� spesso chiama in causa un�autorit� incontestabile. Non a caso gi� nel secolo XVI il filosofo francese Michel de Montaigne spiegava di aver infarcito i suoi Saggi di citazioni perch�, qualora avesse pensato un concetto cui Platone o Sant�Agostino erano gi� arrivati prima di lui, non c�era di meglio per trasmetterlo che usare le loro stesse parole, chiare e precise. La prassi della citazione tuttavia � molto pi� antica, poich� risale agli hypomn�mata degli antichi greci, ovvero a raccolte di appunti dense di citazioni, al punto che i filologi ricostruiscono le opere incomplete di grandi autori antichi anche integrandole con le citazioni riportate da altri. � il caso per esempio delle Noctes Atticae di Aulo Gellio (II sec. d.C.), testo denso di �travasi� da altri autori. La pratica di citare gli antichi � poi proseguita per tutto il Medioevo e il Rinascimento. Dal XVII secolo in Inghilterra le raccolte di frasi memorabili, dette commonplace books, smisero per� di essere solo raccolte personali di appunti, appannaggio delle persone colte, e divennero testi utilizzati da studenti e studiosi per imparare e memorizzare concetti utili. Nel tempo, la pratica della citazione si � estesa dagli specialisti alle persone comuni, e oggi non sono pochi coloro che sui social, riprendendo frasi di personaggi noti, rafforzano le proprie argomentazioni servendosi dell'autorit� del personaggio citato (�perbacco, lo ha detto Einstein!�), cos� danno anche prova di vastit� di interessi rafforzando la propria immagine. E sta qui una delle principali differenze tra le menzioni del passato e quelle odierne: un tempo riportare un commento o una frase specifica presupponeva la conoscenza diretta del testo citato; ora invece, molto spesso la fonte consiste al massimo in un'antologia o in raccolte online come Wikiquote o Brainyquotes, che non sono accurate e che favoriscono il moltiplicarsi di errori o addirittura di falsi. La verit�, in effetti, � che molte delle frasi che noi riteniamo proverbiali non sono mai state pronunciate, o non appartengono a chi pensiamo le abbia dette. Per esempio, ad affermare �non condivido quello che dici ma difender� fino alla morte il tuo diritto di dirlo�, non � stato, come sovente si ritiene, il filosofo francese Voltaire, bens� Evelyn Beatrice Hall (1868-1956), scrittrice britannica e autrice di una biografia del filosofo intitolata Gli Amici di Voltaire. Non � stato Joseph Goebbels, ministro della Propaganda nominato da Hitler, a dire �quando sento la parola cultura tolgo la sicura alla pistola (o alla mia Browning)�, bens� Hanns Johst, drammaturgo tedesco nazista, che ha inserito la battuta in un suo testo teatrale. Maria Antonietta non ha mai detto, in relazione ai rivoluzionari parigini, �se non hanno pane mangino brioche�: la frase � sicuramente precedente perch� gi� nota ai tempi di Jean-Jacques Rousseau, quando la sovrana non era ancora nata. E Machiavelli non ha mai detto esplicitamente �Il fine giustifica i mezzi�, per quanto queste parole riflettano almeno in parte il suo pensiero. Sono rivelazioni che lasciano... senza parole, ma che consentono anche di capire il meccanismo per il quale alcune frasi rimangono memorabili, anche se inventate. Le citazioni che fanno presa sul pubblico si distinguono infatti per un mix di scrittura, psicologia motivazionale e pseudo autorevolezza. A livello linguistico, la formulazione di un principio tramite rime, parallelismi (come nel detto latino simul stabunt, simul cadent ovvero �insieme staranno oppure insieme cadranno�) e chiasmi (una specie di inversione come nel caso della frase di Kennedy: �Non chiederti cosa pu� fare il tuo Paese per te; chiedi cosa puoi fare per il tuo Paese�), contribuisce all'efficacia del detto. Il modo di dire qualcosa � importante al punto che, stando a uno studio apparso sulla rivista scientifica Psychological Science, quando alle persone vengono mostrate due versioni dello stesso detto, esse sono pi� propense a considerare autentico quello in rima. A livello di ispirazione, invece, si tende a dare pi� credito a una frase quando � attribuita a qualcuno fuori dal comune. Ecco perch� alcune figure particolari, molto celebri e influenti, sono diventate �magneti di citazioni�, con numerose attribuzioni sbagliate. �La fama � un catalizzatore di detti�, riassume Garson O'Toole, un appassionato che dal 2010 indaga sulla veridicit� delle citazioni e pubblica i risultati sul sito The quote investigator (l'investigatore delle citazioni): ha analizzato in modo esaustivo pi� di 2.000 frasi celebri. Ma la notoriet� dev'essere di un certo tipo. Per �attirare� le citazioni, occorre innanzitutto avere rilevanza storica, come Abraham Lincoln, o Einstein, e una reputazione come creatori di aforismi �compatibili� con un certo tipo di frase. L'arguzia di Oscar Wilde si addice a un aforisma umoristico, non a uno politico, mentre il legame di Churchill con i grandi discorsi si adatta molto bene alle frasi motivazionali e meno alle battute. D'altra parte, ci sono anche autori �buoni per tutte le stagioni�, ai quali sono state appiccicate moltissime frasi: nel mondo dell'editoria anglosassone, per esempio, si dice che �quando non sai di chi � una frase, � di Mark Twain�. Accade perfino che nel tempo, poich� alcuni personaggi storici vengono dimenticati, le loro (presunte) affermazioni sopravvivano appiccicate ad altri, in una sorta di �selezione naturale, che opera sul processo di diffusione delle frasi memorabili e che favorisce i nomi pi� autorevoli in ogni epoca�, spiega O'Toole. Inoltre, quando un'affermazione acuta attribuita a una figura minore viene riassegnata a un nome importante, �la nuova paternit� si diffonde a un tasso molto pi� elevato, moltiplicando gli errori�. Un esempio sta in una massima spesso rivolta ai laureandi nei discorsi dei rettori americani: �Ci� che sta dietro di noi e ci� che sta davanti a noi � poca cosa rispetto a ci� che sta dentro di noi�. Queste (belle) parole sono state attribuite a grandi figure, come i filosofi statunitensi Ralph Waldo Emerson e Henry David Thoreau, ma secondo le indagini di O'Toole il loro autore � un agente di Borsa di nome Henry Stanley Haskins, forse un tipo disonesto visto che fu espulso da Wall Street per comportamenti scorretti. Immaginiamo quindi l'effetto di un oratore che suggerisca agli studenti di seguire il detto di un agente di Borsa radiato dall'albo. Se � vero che una frase pu� essere inventata, semplificata o attribuita a qualcuno di diverso dall'autore, molto pi� comunemente un'attribuzione errata deriva da un errore in buona fede. Qualcuno, cio�, condivide una citazione, ma nel processo attribuisce la citazione alla persona sbagliata o la ricorda male. Fortunatamente oggi l'abbondanza di documenti scritti offre una sorta di registro che gli �investigatori� possono utilizzare per tracciare la vera genealogia di queste citazioni. �Va detto per� che, in passato, una registrazione audio o video di alta qualit� di una persona che diceva una frase emblematica costituiva una prova inoppugnabile�, sottolinea O'Toole. �Ora � possibile creare un audio o un video fraudolento in cui un personaggio famoso pronuncia tutte le battute che vogliamo. � anche possibile creare ritagli di giornale digitali dall'aspetto realistico. Rintracciare la provenienza delle citazioni non � pi� cos� semplice�. L'intelligenza artificiale rischia di complicarci le cose, sia rendendo sempre pi� difficile verificare le fonti, sia moltiplicando via social le frasi inventate. Ma, giusto per concludere con una citazione in tema, quando utilizziamo un detto dovremmo sempre ricordarci dell'ammonimento dello scrittore Usa Ambrose Bierce, secondo il quale una citazione � �L'atto di ripetere erroneamente le parole di un altro�. Sempre che Bierce l'abbia detto davvero. Il giornale che parlava ai bambini (di Magda Gattone, �Focus Storia� n. 220/25) - Con il Corriere dei Piccoli sono cresciute quasi tutte le generazioni del secolo scorso. Mentre intratteneva i giovani lettori, raccontava un'Italia che andava scomparendo - �Piccoli amici nostri, che gi� vi raccogliete intorno a noi con un'attenzione grave e fiduciosa della quale non sono sempre capaci tutti i nostri innumerevoli amici grandi, voi avete il diritto di sapere subito come fu e come non fu che il Corriere della Sera ha pensato a voi�. Con queste giocose parole, scritte nel 1908 nell'editoriale �Come fu�, il Corriere dei Piccoli si present� per la prima volta al suo nuovo giovane pubblico, tendendogli la mano per accompagnarlo in un viaggio avventuroso che avrebbe attraversato quasi tutto il travagliatissimo secolo. Il giornale debutt� infatti il 27 dicembre del 1908, grazie alla brillante intuizione della pedagogista e giornalista Paola Lombroso, figlia del celebre antropologo Cesare Lombroso. Nel 1906 Paola Lombroso propose la sua idea a Luigi Albertini, direttore del Corriere della Sera. La commistione di novelle, giornalismo per fanciulli (il giornale strizzava l'occhio a lettori di et� compresa fra i 6 e i 13 anni) e racconti per immagini ricalcava le testate giornalistiche dell'epoca, che cercavano di svincolarsi dalla vecchia impostazione pedagogica ottocentesca, priva di humor e leggerezza. Come scrive lo storico del fumetto Giulio Cesare Cuccolini nel suo contributo per Corriere dei Piccoli. Storie, fumetto e illustrazioni per ragazzi (Skira - Fondazione Corriere della Sera, 2009), �con la nascita del Corriere dei Piccoli l'immagine irrompe prepotentemente sulle pagine di un periodico per ragazzi. Con il suo complesso apparato iconografico il nuovo supplemento del Corriere della Sera segna una svolta fra testo e immagine�. Paola Lombroso, da tempo impegnata nella causa dell'elevazione culturale delle classi popolari, aveva elaborato un progetto particolarmente avanzato per l'epoca, che rispondeva all'�ideale dell�insegnare divertendo�: le pagine del Corriere dei Piccoli erano costellate da giochi e concorsi, dalla corrispondenza, da approfondimenti di scienza e variet�, dalla sezione letteraria e dalle storie illustrate a colori (grande novit� per l'epoca). Le nuvolette, tipicamente inserite dagli autori americani all'interno della vignetta, furono sostituite da quartine di ottonari in rima poste a pi� dell'illustrazione. �Nel primo quarantennio di vita il Corriere dei Piccoli ha fatto recitare nelle sue tavole a quadretti un cast di circa 200 personaggi�, scrive Cuccolini, �dei quali solo una trentina provenienti da oltreoceano�. Le storie a fumetti, pur apparendo a prima vista fantasiose e divertenti, richiamavano molto spesso la situazione socio-politica italiana. Sin dalle prime tavole apparve un personaggio creato da Attilio Mussino: Bilbolbul, un bimbo di colore il cui corpo si adattava e si modificava per esprimere stati d'animo a seconda delle situazioni. Bilbolbul diventava letteralmente giallo dall'invidia o rosso per la vergogna, oppure, quando aveva fretta, gli spuntavano le ali ai piedi. Il personaggio apparve in un periodo in cui l'Italia giolittiana tentava di emulare il colonialismo delle potenze europee e inevitabilmente rifletteva il razzismo del tempo. Cos�, Bilbolbul si muoveva in un'Africa estremamente stereotipata dove tra deserti e i tukul si potevano scorgere gli indizi dell'occupazione italiana dell'Eritrea (1890) prima, e quelli della Libia (1912) poi. Attilio Mussino, prolifico disegnatore, fu il padre di altri tre personaggi concepiti per strumentalizzare e influenzare la giovane opinione pubblica durante la guerra in Libia combattuta contro l'Impero ottomano (1911-1912) e sostenere quindi lo sforzo bellico. Il primo fu Nello, un fanciullo che cercava di raggiungere la sponda libica per aiutare i commilitoni italiani. Segu� GianSaetta, intrepido bersagliere, che con brillanti stratagemmi riusciva a catturare drappelli di beduini. L'ultimo, Schizzo, era un ragazzo che sognava di essere coinvolto nei fatti d'arme sino a quando il sogno non si tramutava in un incubo che svaniva con un improvviso risveglio. Questa serie continuer� fino al 1919, rivelando in maniera ancora pi� esplicita gli orientamenti politici del Corriere della Sera riguardo all'intervento italiano nella Prima guerra mondiale. Nel 1916 nacque Italiano, dalla matita di Antonio Rubino, che nelle vignette del giornale non perdeva occasione per beffare l'imperial-regio funzionario Kartoffel Otto, sventolandogli puntualmente il tricolore sotto il naso. Italiano non fu l'unico a �combattere� contro gli imperi centrali. Al suo fianco c'era Lea (1916), una ragazza trentina specializzata nel depistare i soldati austriaci e nel farli cadere in trappola. Inizialmente estraneo alle logiche del regime fascista, il Corriere dei Piccoli dal 1933 dovette concedere spazio anche alle storie dei balilla. Il primo di questa serie di personaggi fu Dado (anche lui uscito dalla matita di Rubino) che, insieme alla sorellina Stellina, celebrava i fasti del regime. La fascistizzazione dell'infanzia port� a sfornare una serie di �figli del regime�; come, per esempio, i Brio Balilla di Guido Moroni Celsi (1934), due ragazzini in camicia nera. Un'altra celebre coppia furono Romolino e Remoletto (1935-1940) di Bruno Angoletta, che si recavano in Etiopia per aiutare le truppe italiane nella conquista. Con l'ingresso dell'Italia nella Seconda guerra mondiale, nel 1940, timidi riferimenti al conflitto trasparirono dalle storie del pescatore Trinchettino (1940-1941, di Negrin) e del palombaro Marinello (1940-1941, di Rubino), che si beffavano degli inglesi. Oltre alle dinamiche relative alle vicende militari, il giornalino dava spazio anche agli altri grandi protagonisti del conflitto: la fame e i bombardamenti. Le vignette erano lo specchio della societ�, proprio perch� raccontavano la vita delle persone normali. Se i temi troppo crudi per i bambini venivano delicatamente sfiorati dalle parole dei personaggi, o rivisitati in chiave umoristica, nelle tavole apparvero una coppia di affamati senza fissa dimora (di Ferdinando Palermo, si chiamavano Pio Languore e Meo Carota) di cui divenne famoso il ritornello �come sempre a pancia vuota�. E non furono gli unici: anche storici protagonisti del Corriere dei Piccoli come il Signor Bonaventura, di Tofano - forse la star pi� longeva e nota - vennero calati nel contesto bellico e costretti a divincolarsi fra mille difficolt�. Apparve anche la figura dello sfollato in cerca di rifugio in campagna. Il vagabondo Cencio (1942-1945, di Angoletta) si rifugiava nei campi alla ricerca di cibo e al riparo dalla distruzione e dal fragore delle bombe. I pi� sfortunati invece, sempre con la proverbiale leggerezza che distinse la pubblicazione, venivano mostrati mentre si mettevano al riparo in un rifugio antiaereo: �La Bettina non viene@ gi� se non ha quel cencio blu@ mentre invece zia Isabella@ per discender s'ingioiella�. La guerra colp� anche il giornale che, a causa del razionamento della carta, venne ridotto nel formato. Con il passare degli anni, la guerra divenne solo un ricordo lontano e apparvero nuovi personaggi e una nuova formula editoriale che dava sempre pi� spazio al racconto per immagini a discapito del giornalismo divulgativo. Ma l'attenzione verso i problemi sociali non venne meno. Nel 1962, per esempio, il Corriere dei Piccoli anticip� un tema che verr� poi ripreso negli anni Settanta: la migrazione. Quello stesso anno sul giornale venne pubblicato Il treno del sole di Aldo di Gennaro, un romanzo a fumetti che narrava, con poetica delicatezza, l'emigrazione di una famiglia siciliana a Torino. Poi, anche nelle pagine del giornalino irruppe il Sessantotto, seppure rappresentato a tinte tenui da Chicca e Daniela (1966), creature di Grazia Nidasio. La liceale Chicca, grazie al giornalino scolastico, metteva in scena dei piccoli atti di protesta contro l'autorit�; quasi sembrando richiamare le vicende del foglio liceale La zanzara (giornale studentesco del liceo Parini di Milano, che fece scandalo con l'inchiesta Cosa pensano le ragazze d'oggi, centrata anche su temi sessuali). Dalla stessa matita nacque, nel 1969, il personaggio di Valentina Mela Verde, che trattava temi tipicamente adolescenziali, in un mondo in cui per la prima volta i giovani volevano svincolarsi dall'autorit� genitoriale e guadagnarsi un proprio spazio nella societ�. A gennaio del 1972 la testata cambi� nome in Corriere dei Ragazzi con una netta sterzata verso il pubblico adolescente, mentre il Corriere dei Piccoli divenne un inserto all'interno della nuova testata (salvo tornare in edicola, a grande richiesta, come pubblicazione autonoma nel maggio dello stesso anno). Negli anni Ottanta si cerc� di ringiovanire il magazine dando pi� spazio ai personaggi della televisione e agli anime giapponesi. Le tirature per� calarono inesorabilmente e l'emorragia di lettori fu inarrestabile. Non serv� nemmeno l'ultima operazione editoriale, dell'aprile 1992, che propose l'ennesimo cambio di nome: Corrierino, che riprendeva il nomignolo con cui il giornale � stato noto per anni tra i giovani lettori. Le troppe cure sperimentate per tentare di salvare il malato finirono per aggravarne la salute: nel 1994 l'editore Rizzoli lo cedette alla danese Egmont che, tempo un anno, nell'agosto 1995 lo port� alla chiusura definitiva. Finiva cos�, dopo 88 anni e 4.500 numeri, la gloriosa avventura della prima testata italiana a fumetti per bambini, che ha allietato l'infanzia di migliaia di piccoli lettori. La vera storia della focaccia genovese (Bottegaligure.it) - Alle origini della specialit� gastronomica del capoluogo ligure - La focaccia, ormai simbolo culinario ligure, ha una sua storia che inizia nell�antichit� e pi� precisamente, dall�epoca in cui fenici e greci mescolavano con acqua farine e cereali, come orzo e segale, che venivano poi cotte sul fuoco. Questo procedimento permetteva infatti di conservare questi cibi per lunghi periodi di tempo, caratteristica molto utile all�epoca. La storia ci insegna che questo prezioso alimento o versioni simili ad esso, hanno avuto un ruolo importante nell�alimentazione di ogni epoca storica. La focaccia, infatti, permetteva di cibarsi con pochi e semplici ingredienti, facilmente reperibili e, inoltre, era buona allora come oggi. I Romani, ad esempio, consideravano la focaccia un alimento degno di essere offerto agli dei durante le celebrazioni a loro dedicate. Nel Medioevo invece, veniva preparata in occasione di eventi importanti come matrimoni e funerali. Durante il 1500 circa, il vescovo di Genova Matteo Gambaro proib� la consumazione in Chiesa durante le funzioni. Nonostante questa regola, nel Rinascimento, si continu� a prepararla in occasione dei banchetti nuziali. Tra i motivi che fecero durare cos� a lungo la tradizione culinaria della focaccia ovviamente troviamo anche i pescatori e i viaggiatori, naviganti che avevano a disposizione solo pochi ingredienti basilari per cibarsi e soprattutto avevano necessit� di cibi che potessero conservarsi durante i lunghi viaggi. Dal 1800 la versione della focaccia inizi� ad essere pi� simile a quella che mangiamo oggi, che include l�utilizzo del lievito e dell�olio. Da quel momento inizi� ad essere inserita nei dizionari di cucina e nelle Cuciniere, i primi libri di cucina genovese che, al loro interno, riportano nel tempo un�ulteriore evoluzione nel procedimento di preparazione. Nella descrizione delle fossette che caratterizzano la superficie della �f�gassa�, ad esempio, il procedimento include il fatto di pizzicare appena la superficie della pasta, mentre la versione odierna descrive come affondare le dita, usando quasi tutta la prima falange, andando cos� a creare le famose fossette che la caratterizzano. Grazie a Luigi Tommaso Belgrano, storico, bibliotecario e docente dell�epoca, e alla sua opera �Della vita privata dei genovesi� del 1866, sappiamo che gi� nel 1392 nell�inventario dei beni di un fornaio, si trovava l�indicazione �pala una magna pro fugacis�, con riferimento cio� a una grande pala necessaria per introdurre nel forno un prodotto forse non contenuto in una teglia, ma bens� cotto direttamente sul piano del forno. Appare verosimile che quello che un tempo veniva definito �focaccia� fosse in realt� una spianata semplice e non troppo condita, probabilmente pi� simile ad un pane sottile. Nel porto di Genova, oltre ai forni nacquero le �sciamadde� (dal dialetto genovese, �fiammata�), antiche friggitorie di strada che includevano anche il forno a legna con la fiammata. Al suo interno veniva cotta anche la focaccia che divent� cos� un cibo molto popolare perch� poco costoso. Con il passare del tempo divenne la colazione dei portuali, in particolare dei camalli (termine che deriva dall�arabo �hammai�, ovvero faticatore a spalla), gli scaricatori o facchini portuali che lavoravano sulle navi del porto di Genova. Il procedimento di preparazione della focaccia ha subito diverse modifiche nella sua storia, ognuna portata dal cambiamento delle abitudini a tavola e dalle necessit�. Come prima cosa, oggi la ricetta tradizionale prevede l�uso del lievito chimico, spesso di birra, e non madre come si usava una volta. Nonostante ci�, resta uno degli alimenti pi� apprezzati in Liguria, nel resto d�Italia e a volte anche all�estero, dove vivono fra l�altro, numerosissime persone provenienti da Genova. Non conosciamo la quantit� precisa di olio che veniva aggiunta sopra o nell�impasto, ma sappiamo che oggi vengono utilizzati prodotti di minor costo invece dell�olio extra vergine di oliva. Tradizioni come quella della focaccia non potranno mai morire, infatti a Genova ancora oggi possiamo trovare diversi panifici che utilizzano la ricetta tradizionale classica con ingredienti di alta qualit�. In citt�, se ne producono circa 1600 tonnellate l�anno e continuano ad aprire nuove focaccerie in ogni angolo di Genova, creando innumerevoli varianti della focaccia, ognuna apprezzata per la sua unicit�. Oltre alla focaccia classica, tra le varianti pi� conosciute e apprezzate c�� sicuramente quella con le cipolle o �fug�ssa co-a �i�ule�, quella con le olive e vi suggeriamo anche quella con la salvia. Caorle tra tradizioni, leggende e cultura (Pradelletorri.it) - Perla dell�Adriatico, piccola Venezia, Citt� Veneta della Cultura nel 2022: nel corso degli anni Caorle ha guadagnato tanti nomi e titoli grazie alla sua bellezza unica e al suo vasto patrimonio naturale e artistico - Le origini di Caorle risalgono all�epoca romana, quando la citt� serviva principalmente come porto fluviale e base per la pesca. Nel corso dei secoli, il villaggio si trasform� in una fiorente comunit� di pescatori grazie alla sua ottima posizione e allo spopolamento dell�entroterra dovuto alle invasioni barbariche. La tradizione marinara di Caorle � ancora vivida oggi e si pu� osservare in vari aspetti della vita cittadina, come per esempio il mercato del pesce che anima ogni pomeriggio il porto di Caorle. Qui la vendita del pescato avviene attraverso un�asta molto particolare, nota come �asta ad orecchio�. Ristoratori e albergatori locali sussurrano le loro offerte al battitore dell�asta, il quale annuncia poi a voce alta il miglior offerente. Un altro luogo particolarmente suggestivo e testimone della cultura marittima della citt� � l�isola dei Pescatori: un pittoresco sentiero che costeggia la Laguna costellato di costruzioni rustiche dall�aspetto quasi preistorico. Questi �casoni� di legno e canne palustri erano originariamente utilizzati dai pescatori come rifugi durante le loro lunghe sessioni di pesca. La tradizione marinara di Caorle viene poi celebrata con la Festa del Pesce, che si svolge solitamente ogni settembre. Per una settimana, la citt� si trasforma in un vivace festival gastronomico. Lungo la spiaggia si allestiscono stand, bar e tavoli dove � possibile degustare il meglio dei prodotti ittici locali, in un�atmosfera di festa e convivialit�. Il centro di Caorle, conosciuto come �Rio Terr�, � un insieme di calli, campielli e viuzze coloratissime che le hanno valso il soprannome di �piccola Venezia�. Tra i tanti luoghi d�interesse vi � il Duomo di Caorle e il suo campanile, simbolo della citt� tanto quanto il mare. Costruita nel 1083, la cattedrale presenta un�armoniosa fusione di elementi romanici e bizantini, tipici di molti edifici ecclesiastici del Veneto di quel periodo. Altro luogo di interesse � il Santuario della Madonna dell�Angelo, situato sulla spiaggia di Caorle e legato ad antiche credenze religiose. Secondo una leggenda risalente al VII secolo, alcuni pescatori locali trovarono in mare una statua lignea della Madonna che galleggiava nonostante poggiasse su di un piedistallo in marmo. Sorprendentemente, solo alcuni bambini riuscirono a sollevarla. Portata al Duomo di Caorle, la statua scomparve in circostanze misteriose, per essere poi ritrovata nella piccola chiesetta sulla spiaggia, ovvero l�attuale Santuario. Da allora la storia del Santuario � caratterizzata da episodi prodigiosi, come la grande inondazione del 1727 che, pur devastando Caorle, risparmi� miracolosamente la chiesetta. Nel 1923 la statua venne poi distrutta da un incendio causato da dei ladri. In memoria di questo evento, ogni secondo fine settimana di luglio, Caorle organizza una processione durante la quale una copia della statua della Madonna viene trasportata dal Santuario fino al Duomo. Per l�occasione, il campanile della citt� viene illuminato da fuochi pirotecnici che simulano un incendio, offrendo uno spettacolo visivo di grande impatto emotivo e simbolico. Nel corso della sua lunga storia, la bellezza di Caorle ha ispirato una moltitudine di artisti e creativi di tutto il mondo. Tra questi, il celebre scrittore Ernest Hemingway, che tra il 1955 e il 1957 ha frequentato assiduamente la laguna di Caorle, innamorandosi cos� della sua natura incontaminata. Oltre alla sua bellezza naturale e alla sua ricca storia, Caorle � oggi teatro di vivaci manifestazioni culturali che celebrano l�arte in tutte le sue forme. Una di queste � �Scogliera Viva�, un evento unico nel suo genere che trasforma la scogliera in una galleria d�arte a cielo aperto. Ogni due anni, artisti provenienti da tutto il mondo sono invitati a scolpire direttamente sugli scogli di Caorle, arricchendo cos� il lungomare di opere d�arte suggestive. Un altro evento di spicco � �Luna nel Pozzo�, un festival che combina teatro di strada, musica e performance artistiche, e che trasforma la citt� in un palcoscenico vivente. Inoltre, Caorle offre una variet� di eventi culturali che arricchiscono l�offerta turistica durante tutto l�anno, come per esempio: - Caorle Sea Festival � Street Art Spring Experience, dove artisti internazionali creano murales colorati in vari angoli della citt�. - Centro Culturale Bafile, che ospita ogni anno una serie di mostre ed esposizioni artistiche da tutto il mondo. - Caorle Film Festival, evento annuale che celebra il cinema indipendente con proiezioni e incontri. - Caorle Oltremare, rassegna culturale in cui scrittori e giornalisti di fama internazionale si incontrano con il pubblico in piazza Vescovado per discutere delle proprie opere e condividere le loro esperienze. - Caorle in Jazz, evento annuale che trasforma le vie della citt� in un palcoscenico all�aperto, con esibizioni di artisti jazz locali e internazionali. - Caorle Street Piano Festival, manifestazione musicale unica nel suo genere. Diversi pianoforti vengono posizionati negli angoli pi� belli della citt�, pronti per essere suonati dai passanti e da musicisti professionisti. Per gli appassionati di sport, la citt� ospita eventi di livello nazionale come il Campionato italiano di Beach Volley, il trofeo internazionale di Karate e la regata velica �la 500�. Anche fuori dalla stagione estiva, Caorle si anima con il Caorle Christmas Time, mantenendo la citt� viva tutto l�anno. Dunque, come risulta evidente, Caorle � una citt� con innumerevoli storie da raccontare, un luogo dove ogni angolo rivela secoli di storia e ogni evento porta con s� l�eco di antiche tradizioni. �The Hustle�, il brano che 50 anni fa ha esortato il mondo a ballare (Songmeaning.io) - Nel 1975 Van McCoy con la sua orchestra lanciava il motivo che sarebbe stato uno dei capisaldi della disco music di tutti i tempi - Certo! La canzone �The Hustle� di Van McCoy � un grande classico della musica disco degli anni '70 e prima di tutto, parla di un ballo molto popolare che port� a una vera e propria moda. La canzone invita le persone a �fare la Hustle�, un ballo che si esegue in coppia o anche da soli, caratterizzato da passi fluidi e movimenti energici. Il ritornello ripetitivo di �Do it! Do it!� crea un'atmosfera coinvolgente e invita tutti a unirsi al divertimento. Questo riflette lo spirito di festa e libert� tipico di quel periodo. Negli anni '70, la disco era il genere musicale predominante e �The Hustle� � diventata l'emblema di quella cultura. La canzone � stata scritta per incoraggiare le persone a muoversi, a lasciarsi andare e a divertirsi sulla pista da ballo. In sostanza, �The Hustle� non ha una trama complessa ma trasmette un messaggio di gioia e comunit� attraverso la danza. Rappresenta un momento di libert� e espressione personale, tipico di un'epoca in cui la musica e il ballo erano elementi chiave della vita sociale. Il ballo stesso, la Hustle, divenne simbolo di quell'epoca e si diffuse rapidamente in tutte le discoteche, rendendo chiunque parte della festa. � una celebrazione dei buoni tempi, di muoversi insieme e di godere della musica, e continua a essere un pezzo iconico della storia musicale.