Febbraio 2025 n. 2 Anno X Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura. Indice Metamorfosi del Limes Il discorso di Benito Mussolini che segn� l�inizio della dittatura fascista, cent�anni fa Viaggio senza ritorno I diner americani: storia e curiosit� sulle vere tavole calde Metamorfosi del Limes (di David Bidussa, �Prometeo� n. 167/24) - Una barriera che pu� essere naturale o artificiale, salvifica o invalicabile. Ha costretto l�umanit� di ogni epoca a destreggiarsi tra il confine su cui si combatte e la frontiera su cui si negozia. - Il confine � tornato a occupare il nostro immaginario contemporaneo. Forse non ci ha mai lasciato. E tuttavia forse in questo nuovo tempo sta assumendo configurazioni diverse, talvolta inaspettate. Per esempio nella riflessione di chi oggi nella destra alternativa declina protezione delle frontiere e lotta al cambiamento climatico [Santolini 2024]. � stato il geopolitico Klaus Dodds [2023 e 2024], docente alla Royal Holloway University di Londra, ad aver proposto una nuova riflessione su come dovremmo guardare il concetto di confine in questo nostro tempo sottolineando come saranno l'acqua, i minerali, lo spazio ad essere i luoghi che individueranno le guerre di confine [Sarcina 2024]. La proposta ha seri fondamenti. Ci torner� nella parte conclusiva di questa nota perch� la lettura che propone Dodds mi sembra saliente non solo per individuare le nuove forme o le nuove cause delle guerre che ci riguarderanno, ma anche una idea rinnovata di geografia a cui dobbiamo prestare attenzione. Prima vorrei considerare la condizione che precede le riflessioni di Dodds. Il politologo Carlo Galli ha ricordato recentemente [Galli 2021] come �confine� e �frontiera� per quanto possano apparire sinonimi, poi nei fatti non rappresentino lo stesso oggetto. Soprattutto non indichino la stessa condizione. Da una parte Galli ricorda come ci siano varie definizioni del �confine�. In sintesi ne fornisce tre. �Da una parte confine�, scrive, � �un'entit� meramente politica (�) la linea arbitraria che un potere disegna su una carta geografica�. Oppure definisce una �demarcazione naturale� (le montagne per esempio). In terza ipotesi �possiamo considerare il confine secondo una prospettiva storico-relazionale, come frutto dell'intreccio dell'elemento fisico con l'elemento politico e dell'interazione fra gli Stati�. Ma �i diversi modi di pensare il confine�, aggiunge, �sono per� accomunati dal concetto di pluralismo: c'� un confine se ci sono almeno due entit� che si confinano� [Galli 2021, p. 7]. Per �frontiera�, aggiunge, vale invece la considerazione opposta. In questo caso l'esempio che Galli propone � quello della storia degli Stati Uniti, probabilmente riprendendo un classico della storiografia americana come Turner [1959]. E precisa: �mentre il confine resta fermo o, se si muove, ci� avviene abbastanza lentamente, con sforzo, a partire dall'idea di un pluralismo o almeno di una dualit� che permane, la frontiera invece si muove, se possibile velocemente�. Per poi concludere: �La frontiera avanza con l'idea di non tornare indietro e di non fermarsi: la frontiera implica non il pluralismo ma il monismo� [ibidem]. Un concetto per certi aspetti non nuovo, che riprende, per esempio, la definizione di un geografo nazionalista come Friedrich Ratzel il quale nel suo studio canonico di fine Ottocento scrive che �la frontiera � costituita da innumerevoli punti sui quali un movimento organico � giunto ad arrestarsi� [Ratzel 1899, Bd. II, p. 259]. La distinzione consente di definire una distinzione tra una linea che assume la funzione di segnare la distinzione tra due comunit�, la frontiera diventa il segno di una linea di espansione. Significativamente Galli fa l'esempio della crescita e dell'espansione degli Stati Uniti dalla sua configurazione originaria nei 13 Stati fondativi alla condizione attuale, segnata appunto dalle linee di confine. Linee confermate o �rafforzate� dalla costruzione di muri. Una condizione che ha una lunga storia. In antichit� il tracciato fortificato che segue il Reno e che divide Roma dai Germani. Finalit� simili ha la muraglia cinese, volta pi� al contenimento che non alla separazione. Finalit� invece di separazione ha il vallo danese costruito nell'alto medioevo per impedire ad altri di invadere la Danimarca. Il timore � quello che giungano dei barbari da Sud, salvando il proprio livello di civilt�. Un aspetto che richiama il confine Messico Stati Uniti, per certi aspetti la funzione che ha il muro che seleziona il flusso tra Israele e territori occupati in Cisgiordana. Limiti naturali e artifici della politica Questa prima definizione consente di precisare appunto come la frontiera pi� che segnare una linea di divisione sia poi soprattutto, anche un percorso di possibili attraversamenti. Dunque, la frontiera, anche quando si presenta non come linea di separazione, accentua gli elementi di connessione o di scambio tra realt� che non necessariamente si propongono come alternative o naturalmente �nemiche�. La frontiera in altre parole accentua o chiede che si presti attenzione al tema della mobilit�. � un tratto, questo su cui, per esempio, insisteva circa un secolo fa Lucien Febvre [1928 e 1929]. In quel caso la riflessione era soprattutto definita intorno all'immagine del confine �naturale�. Un tema che, per esempio, lo appassioner� ancora negli ultimi suoi anni quando torner� a riflettere sul deserto come �linea di frontiera� [Febvre 1951]. Febvre giustamente osserva che la frontiera individua spesso, anzich� �norme di interdizione� pratiche di attraversamento. Questo vale soprattutto per terreni di separazione segnati dalla montagna oppure che danno luogo a una �terra di nessuno� anche se le dimensioni, e le configurazioni di quelle porzioni di spazio (per esempio quelle che definiscono frontiere linguistiche, oppure culturali, o religiose) seppur fondate su un fine di segnare una divisione forzata o di incrementare il tasso di conflittualit� e di distinzione, e dunque impedire pratiche, momenti, o consuetudini di scambio o di reciproca frequentazione, possono cambiare. In questo caso la possibilit� di dare luogo a configurazioni suscettibili di possibile ricomposizione una volta che il luogo di contrasto acquisti una diversa funzione (� per esempio il caso della sua riflessione sul Reno [Febvre 1998]). A lungo assunto come la barriera naturale, sintesi e simbolo della rivalit� franco-tedesca, il Reno sembrerebbe spiegabile solo come fondamento e come verifica della geografia politica, sommando in s� il concetto di confine e quello del mito fondativo della completezza e dell'organicit� di una comunit�. In altri termini un simbolo capace di esprimere un'etnia spazialmente e spiritualmente. Il Reno, spiega Febvre, pi� che una frontiera nel senso naturalistico e poi politico del termine, � una fascia di terreno che vive del continuo attraversamento di uomini e di attivit�, e che nel tempo determinano un sistema in rete su cui cresce una civilt� urbana caratterizzata dal dominio politico di una classe sociale - i mercanti - differenti e differenziati per esperienze artistiche, religiose e culturali, ma nondimeno avente una propria fisionomia unificabile e integrata. Prima di tutto il Reno � un prodotto artificiale. Ovvero: il Reno � un risultato e non un dato. Un risultato determinato dallo sviluppo e dall'insediamento gi� in Et� medievale, dalla distribuzione delle citt� lungo il suo percorso come unit� amministrativa periferica rispetto al contado in un primo tempo, poi dalla lenta egemonia delle prime sui secondi con il crescere della classe sociale dei mercanti. Uno sviluppo che non distingue tra �riva francese� e �riva tedesca�, ma che avviene omogeneamente e, soprattutto, complementarmente. Sistema insediativo che presenta molte tracce di contiguit� e si sviluppa senza soluzione di continuit�. Ma, soprattutto, sistema che � percepito come un'unit�: per la rete stradale, per le tappe dei pellegrinaggi che si distribuiscono indifferentemente lungo le due rive del fiume, nello sviluppo dei porti nei sistemi di interscambio verso il mare. Questo spazio caratterizzato da relazioni di reciprocit�, da sistemi urbani diversi e integrati, da funzioni economiche regionali e da economie distinte, ma unificato dal fatto di presentarsi come una rete, non resiste, invece, alla formazione della coscienza nazionale moderna, all'avvento della Rivoluzione francese, alla teorizzazione della Francia dell'�esagono�, di cui il Reno sarebbe uno dei suoi lati costituenti e dalle ripercussioni che il complesso di questi eventi determina nella riflessione dell'intellettualit� tedesca tra Valmy e Waterloo. Il Reno diviene allora una barriera, un confine. Non pi� punto di incontro e di unione tra valle e montagna, tra collina e collina, tra riva e pianura, tra Nord e Sud. Il progetto di Europa proprio come superamento dello Stato nazione moderno pu� essere perseguito non come un progetto artificiale, perch� � proprio la dimensione naturale di quello spazio a proporre una possibilit� di riscrittura di quel sistema. In altre parole, ci� che Febvre intendeva mettere in discussione con le sue osservazioni era da una parte la dottrina dei confini naturali, dall'altra denunciare il fondamento pseudoscientifico della geopolitica come quella disciplina e quella convinzione che affidava ai fattori geografici una funzione determinante nella storia politica. Nel linguaggio di Febvre la natura non definiva di per s� la configurazione politica e la fisionomia del territorio, ma presumeva una intenzione, una linea di comportamento, la costruzione di bisogni, di consuetudini, di pratiche economiche e di progetti di crescita e di sviluppo che connettevano territorio, risorse, modello industriale, pratiche d'uso delle risorse. Al centro di questa riflessione di Febvre stava l'idea (come poi torner� a riprendere nell'autunno 1944 nelle sue lezioni al College de France nella Parigi appena liberata) della necessit� di pensare una pratica di convivenza in Europa non fondata sul predominio di una realt� politica sulle altre [Febvre 2014]. Il confine non � una linea Quanto � ancora vera questa dinamica che lega geografia e progetto di costruzione di nuovi attori? Poco, dice Klaus Dodds. Sostiene Dodds che se � vero che la geopolitica si tiene su tre principi (il primo: misurare il potere e l'influenza in termini di spazio e territori; il secondo: spiegare i conflitti con la cornice geografica; il terzo: la geopolitica ha come fine dare forma nel presente al futuro che si auspica [Dodds 2023, pp. 6-7]), ci� che si � modificato � ci� che riconosciamo come confine [ivi, pp. 55-56]. Il confine non � pi� una linea. Confine � laddove si estende la mia capacit� di controllo, di sfruttamento, di governance delle materie prime. Prima trasformazione: i muri. Muri intesi non pi� solo come �barriere di prescrizione�, ma ora anche di protezione. Sono ora i ricchi che si isolano in nome della sicurezza, della tranquillit�, del silenzio, del diritto alla propria privacy. Con ci� segnando anche un differente significato delle parole. Pubblico significa �invasione di campo�, privato diventa sinonimo di salvaguardia [Quetel 2013]. Seconda trasformazione. Lucien Febvre spiegava come �frontiera� pi� che un confine, era quel terreno in cui con altri sentiamo fin dove siamo (o non siamo) �a casa�. Ora, spiega Klaus Dodds, quel segno ha nuovi contenuti, presenta nuovi significati e, soprattutto, rivoluziona radicalmente la nostra percezione di che cosa sia �geografia�. Le frontiere, anzich� allentarsi, divengono non solo linee di separazione, ma anche punti in grado di condizionare la vita quotidiana del vicino oltre il confine di Stato stabilito sulla carta. Per esempio, questa � l'agenda che segna i rapporti inquieti tra India e Cina da molto tempo (almeno dalla fine degli anni '50) con la Repubblica popolare cinese che fa di tutto per �governare� l'approvvigionamento di acqua controllando i flussi dei fiumi che nascono sul suo territorio e continuano in territorio indiano. Terza trasformazione. Confine, insiste correttamente Dodds, non significa terra o linea di divisione tra territori. Altri contenziosi marcano i conflitti tra Stati da molto tempo e ancor pi� significativamente lo segneranno in futuro. Per esempio, il controllo delle acque marine e la possibilit� di accedere allo sfruttamento delle risorse minerali (il petrolio prima di tutto) nel fondo marino. Progetto che segna l'espansione dei propri confini oltre la distanza riconosciuta come acque territoriali di ciascun Stato (12 miglia nautiche dalla costa) e che prevedibilmente (ma gi� nei fatti � cos�) porter� a uno scontro per il controllo nelle grandi aree marine. Per esempio: nell'area del pacifico, nelle acque che segnano il triangolo Cina-Coree-Giappone o in quelle tra Cina e Filippine. Nel corso del XX secolo, abbiamo ritenuto che i confini si sarebbero potuti allentare (tutta la scommessa della crescita e dell'allargamento dell'Unione Europea non partiva proprio dall'abbassamento delle dogane?). Nel frattempo, il confine si � smaterializzato e, contemporaneamente, si � irrigidito. Ricorda Dodds come venti anni fa, nel 2004, Steven Spielberg con il suo The Terminal ci avesse gi� avvertito di questa possibilit� �bizzarra� (peraltro il film � ispirato a una storia vera). Viktor Navorski, cittadino dello Stato immaginario di Krakozhia, atterra a JFK a New York ma non pu� superare i controlli, perch� il suo Stato, in seguito a un cambio di regime, non � pi� riconosciuto dagli Stati Uniti. Il suo futuro � rimanere in quella �terra di nessuno� che segna ormai il suo luogo di residenza. Venti anni dopo se i nostri dati biometrici non sono conformi alle regole di sicurezza del Paese in ingresso, il nostro destino � rimanere in quel vuoto, destinato a riempirsi di umani non desiderati. Non � un'ipotesi astratta. Riguarda milioni di persone. Il discorso di Benito Mussolini che segn� l�inizio della dittatura fascista, cent�anni fa (Ilpost.it) - Quello in cui rivendic� la responsabilit� politica dell'omicidio Matteotti e disse che avrebbe usato la forza per stare al potere, come poi fece. - Il 3 gennaio del 1925 Benito Mussolini tenne un discorso di fronte alla Camera dei deputati del Regno d�Italia che da molti storici � considerato l�inizio del fascismo come dittatura. Con quel discorso Mussolini si assunse �la responsabilit� politica, morale e storica� del clima nel quale l�assassinio di Giacomo Matteotti era avvenuto, l�anno prima, ma non la responsabilit� materiale: Matteotti era uno dei leader dell�opposizione in parlamento al governo di Mussolini ed era stato rapito e ucciso dopo aver denunciato brogli e violenze durante le elezioni del 1924, che avevano poi portato al governo di Mussolini. Mussolini disse come premessa che il suo non sarebbe stato un �discorso parlamentare� e sfid� apertamente il parlamento a portarlo davanti all�Alta corte di giustizia per processarlo, se lo riteneva responsabile dell�omicidio Matteotti. Poi dichiar� che nelle quarantott�ore successive �la situazione� sarebbe stata �chiarita su tutta l�area�, intendendo che avrebbe definitivamente preso il potere con la forza. Il giorno dopo le sue parole furono seguite da una circolare ai prefetti con la quale si chiedeva la repressione di ogni dissenso o tumulto e il controllo della stampa. Le condizioni per la nascita e il successo del fascismo in Italia erano state poste ben prima di quel discorso: dalla Prima guerra mondiale, innanzitutto, con un paese gi� diviso tra chi pensava che a quella guerra si dovesse partecipare e chi pensava di no. L�Italia era in una grave crisi economica e sociale che aveva colpito in maniera particolare i lavoratori delle fabbriche e delle campagne. Le loro rivendicazioni del 1919 e del 1920, promosse e sostenute anche dal Partito socialista, passarono alla storia come il �biennio rosso�, durante il quale una rivoluzione socialista parve imminente, con seria preoccupazione di borghesi, ceti medi antisocialisti e industriali, oltre che del governo liberale di Giovanni Giolitti. In quel clima di instabilit� politica nel marzo del 1919 a Milano, in un palazzo di piazza San Sepolcro, Benito Mussolini � che era inizialmente iscritto al Partito socialista ma ne venne espulso in seguito alla sua campagna per l�entrata dell�Italia nella Prima guerra mondiale � fond� con un centinaio di persone, quasi tutti militanti �interventisti� (cio� che volevano intervenire in guerra), i fasci di combattimento, assumendo via via posizioni sempre pi� nazionaliste. I fasci vennero presentati come i soggetti pi� attivi ed efficaci nel difendere la borghesia produttiva e i ceti medi che non si riconoscevano nei partiti tradizionali e nello Stato liberale, che erano contrari alle rivolte operaie, agli scioperi dei braccianti agricoli e alle occupazioni delle fabbriche. Tra il 1920 e il 1921, anno in cui fu decisa la trasformazione del movimento in partito, i fascisti si organizzarono militarmente in squadre armate. Cominciarono a organizzare spedizioni violente i cui obiettivi erano gli oppositori politici, le sedi dei sindacati, le cooperative dei lavoratori, le redazioni dei giornali di sinistra, le tipografie. Lo �squadrismo� arriv�, nel giro di pochissimi mesi, a esercitare in quasi tutto il paese un potere incontrastato agendo come un antistato nello Stato, tollerato da governi deboli e favorito da un alto livello di collusione con la forza pubblica: c�erano forme di collaborazione con prefetti, questori, funzionari di polizia, carabinieri, guardie regie e magistrati; diversi ufficiali dell�esercito parteciparono direttamente alle spedizioni. Nella convinzione che il fascismo fosse un fenomeno passeggero e anche utile per indebolire socialisti e popolari, i quattro governi sostenuti da maggioranze eterogenee che si succedettero dal 1919 al 1922 si rifiutarono di usare la forza legale per reprimere la violenza del fascismo e favorirono anzi il suo ingresso in parlamento. Lo squadrismo spodestava con la forza le amministrazioni locali socialiste, e nel frattempo Giolitti per le elezioni politiche del maggio del 1921 accolse i fascisti nelle alleanze elettorali di destra che vennero chiamate �Blocchi nazionali�: alla fine su un�ottantina di candidati, 35 furono eletti. Allo stesso tempo Mussolini inizi� a preparare la via politica alla presa del potere, da affiancare a quella insurrezionale. Da una parte cominci� dunque a trattare con alcuni ex presidenti del Consiglio e con i principali esponenti liberali per trovare un accordo su un�eventuale partecipazione dei fascisti al governo, dall�altra incit� pubblicamente i militanti a fare la rivoluzione contro lo stato liberale. Come ha raccontato lo storico italiano Emilio Gentile, la combinazione delle trattative con l�insurrezione violenta fu l�originalit� tecnica del fascismo. La prima via era un fattore complementare al successo della seconda, necessaria per un duplice scopo: fare pressione sul governo per spingerlo alle dimissioni e dall�altra parte �fare apparire l�ascesa del fascismo al potere non come un normale cambio di governo ma come un trapasso di regime: l�insurrezione era il �grande atto�, reale e simbolico nello stesso tempo, col quale il partito milizia doveva arrivare al potere, sconfiggendo l�impotente Stato liberale, per costruire il nuovo Stato fascista�. Fu in quel periodo che emerse l�idea della grande marcia su Roma che venne organizzata tra il 27 e il 28 ottobre del 1922: fu una mobilitazione di circa 16mila uomini con scarsi armamenti, equipaggiati male e che di fatto non compirono alcuna impresa. Ma fu di nuovo la fragilit� delle istituzioni a rendere la marcia un momento fondativo. La mattina del 28 ottobre il ministero dell�Interno diffuse un telegramma in cui dava notizia che il governo presieduto da Luigi Facta aveva approvato lo stato d�assedio su tutto il territorio nazionale, per la prima volta nella storia dell�Italia unita (cio� dal 1861). Nonostante questo, per�, le molte prefetture che sarebbero dovute intervenire per fermare le occupazioni fasciste nelle citt� non lo fecero. Per di pi�, poche ore dopo, la decisione venne invertita per volere del re, che non ratific� lo stato d�assedio e che anzi ne ordin� la revoca. Il 29 ottobre Mussolini ricevette l�incarico di formare il governo nonostante l�esigua rappresentanza parlamentare. Il 30 arriv� a Roma entrando nella citt� insieme alle truppe squadriste e a quelle dell�esercito, che ormai non opponevano pi� resistenza, e il 16 novembre and� alla Camera dove pronunci� il suo discorso forse pi� celebre, il primo da presidente del Consiglio. Disse: �Potevo fare di questa aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il parlamento e costituire un governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto�. Nel frattempo, pur promettendo a parole la normalizzazione dell�ordine pubblico, gli squadristi vennero lasciati liberi di agire come sempre avevano fatto e furono anzi legalizzati come Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN) alla fine del 1923. Le elezioni dell�aprile del 1924 si svolsero in questo clima generale di violenza, e tra denunce di brogli, abusi e intimidazioni: tutte cose che furono denunciate il 30 maggio alla Camera dal deputato e segretario del Partito Socialista Giacomo Matteotti in un discorso molto duro. In questo contesto violento e oppressivo, alla fine le elezioni si conclusero con una schiacciante vittoria del �listone nazionale�, formato in gran parte da candidati fascisti che conquistarono una maggioranza di due terzi. Ma la posizione di Mussolini era meno solida di quanto apparisse dall�esterno. L�opposizione aveva comunque ottenuto pi� di un terzo dei seggi in parlamento, mentre nel listone fascista erano stati eletti anche numerosi liberali ed esponenti della destra storica, persone che non sarebbe stato impossibile separare dal fascismo. Anche se non era facile, un�opposizione parlamentare efficace al governo sembrava ancora possibile. Inoltre i governi dell�epoca rispondevano direttamente al re, che poteva scioglierli a piacimento. Molti leader dell�epoca erano convinti che con una forte opposizione parlamentare si sarebbe riusciti a far cadere il traballante governo Mussolini. Le opposizioni, per�, faticarono a mettere insieme un piano comune, divise com�erano tra cattolici, socialisti, comunisti e liberali. Quando il 10 giugno Matteotti venne rapito (e poi ucciso: il suo corpo sarebbe stato trovato solo il 16 agosto) Mussolini diede una risposta debole, ma la maggioranza delle opposizioni decise di riunirsi mettendo in atto l�unico piano su cui si trovarono d�accordo. Il 26 di quello stesso mese, 123 deputati dell�opposizione decisero di non partecipare pi� ai lavori parlamentari fino a che i responsabili del delitto Matteotti non fossero stati processati. Si riunirono in una sala di Palazzo Montecitorio dove il leader dei socialisti Filippo Turati tenne un discorso che avrebbe dato nome al loro movimento: �Noi parliamo da quest�aula parlamentare mentre non v�� pi� un parlamento. I soli eletti stanno nell�Aventino delle nostre coscienze, donde nessun adescamento li rimuover� sinch� il sole della libert� non albeggi, l�imperio della legge sia restituito, e cessi la rappresentanza del popolo di essere la beffa atroce a cui l�hanno ridotta�. Gli �aventiniani� non entrarono pi� nell�aula: ci rimasero, oltre ai fascisti, soltanto i comunisti e i deputati vicini all�ex presidente del Consiglio Giovanni Giolitti, fermamente contrario all�Aventino. Il governo Mussolini, che sembrava traballante, si riprese in fretta. Forte dell�indecisione delle opposizioni e pressato dai suoi militanti pi� estremisti, nel primo pomeriggio del 3 gennaio del 1925 Mussolini tenne alla Camera dei deputati un discorso con il quale non annunci� le proprie dimissioni come alcuni si aspettavano, ma rivendic� la propria posizione: �Signori! �Il discorso che sto per pronunziare dinanzi a voi forse non potr� essere a rigore di termini classificato come un discorso parlamentare. Pu� darsi che alla fine qualcuno di voi trovi che questo discorso si riallaccia, sia pure traverso il varco del tempo trascorso, a quello che io pronunciai in questa stessa aula il 16 novembre. Un discorso di siffatto genere pu� condurre e pu� anche non condurre ad un voto politico. Si sappia ad ogni modo che io non cerco questo voto politico. Non lo desidero: ne ho avuti troppi. L�articolo 47 dello Statuto dice: �La Camera dei deputati ha il diritto di accusare i ministri del re e di tradurli dinanzi all�Alta corte di giustizia�. Domando formalmente se in questa Camera, o fuori di questa Camera, c�� qualcuno che si voglia valere dell�articolo 47�. Tenendo tra le mani il manuale dei deputati che conteneva lo Statuto del Regno, Mussolini incit� chiunque a trascinarlo davanti a una corte per giudicarlo se davvero lo si fosse ritenuto complice del delitto Matteotti. E poich� nessuno lo fece fu lui a levare l�accusa contro se stesso, per discolparsi. Si era detto, rifer�, che lui avesse fondato una polizia politica segreta per eliminare gli oppositori, che il fascismo non fosse stato altro che �olio di ricino�, �manganello� e �un�associazione a delinquere�: ma se cos� fosse stato, aggiunse, si sarebbe dovuto procedere immediatamente a preparare �il palo e la corda� per impiccarlo seduta stante. Prosegu� dicendo che per tre mesi era stata portata avanti una campagna �immonda e miserabile� nei suoi confronti, che �le pi� macabre menzogne� erano state �affermate diffusamente su tutti i giornali�, e che lui aveva reagito responsabilmente frenando i violenti e restando �sempre tranquillo e calmo in mezzo a questa bufera�, mentre i suoi oppositori avevano scelto �la sedizione dell�Aventino� che aveva avuto come unica conseguenza l�aumento delle aggressioni contro i fascisti in tutt�Italia, che elenc�. E concluse: �Voi vedete da questa situazione che la sedizione dell�Aventino ha avuto profonde ripercussioni in tutto il paese. Ed allora viene il momento in cui si dice: basta! Quando due elementi sono in lotta e sono irreducibili, la soluzione � nella forza. Non c�� stata mai altra soluzione nella storia e non ci sar� mai. �Ora io oso dire che il problema sar� risolto. Il fascismo, governo e partito, � in piena efficienza. Signori, vi siete fatte delle illusioni! Voi avete creduto che il Fascismo fosse finito perch� io lo comprimevo, che il Partito fosse morto perch� io lo castigavo e poi avevo anche la crudelt� di dirlo. Se io la centesima parte dell�energia che ho messo a comprimerlo la mettessi a scatenarlo, oh, vedreste allora� �Ma non ci sar� bisogno di questo, perch� il governo � abbastanza forte per stroncare in pieno e definitivamente la sedizione dell�Aventino. �L�Italia, o signori, vuole la pace, vuole la tranquillit�, vuole la calma laboriosa; gliela daremo con l�amore, se � possibile, o con la forza se sar� necessario. Voi state certi che nelle 48 ore successive al mio discorso, la situazione sar� chiarita su tutta l�area, come dicono. E tutti sappiamo che non � capriccio di persona, che non � libidine di governo, che non � passione ignobile, ma � soltanto amore sconfinato e possente per la Patria�. La promessa venne mantenuta, per i successivi vent�anni. Le parole di Mussolini furono seguite da una circolare ai prefetti che dispose la repressione di ogni dissenso o tumulto e drastiche limitazioni alla libert� di stampa. A partire da l�, e attraverso una serie di leggi approvate nel giro di pochi anni, il sistema politico italiano venne trasformato in una dittatura, che croll� definitivamente solo vent�anni dopo, il 25 aprile del 1945 con la vittoria degli Alleati e delle forze della Resistenza nella Seconda guerra mondiale. Viaggio senza ritorno (di Chiara Clini, �Focus Storia� n. 218/24) - L�autrice del romanzo L�ultima crociera, ci accompagna nell�Inghilterra del 1940 e sulla nave Arandora Star, affondata dai tedeschi col suo carico di civili innocenti. Morirono 800 persone, di cui 445 italiane. - La storia dello zio Guido, che don� il suo salvagente a un altro naufrago dell'Arandora Star e che, colpito da un pezzo di legno poco dopo essersi tuffato, mor� nelle profondit� dell'oceano Atlantico, � una delle prime storie di famiglia che ricordo. La mamma la raccontava a me e a mio fratello e le immagini che la mia mente creava nell'ascoltarla erano vaghe, molto astratte. Ricordo la prua gigantesca di una nave in un mare scuro, due omini piccoli piccoli; un salvagente e un�asse di legno che cadeva addosso allo zio Guido che, pur sapendo nuotare, precipita nell'abisso dell'oceano. Ricordo che chiedevo alla mamma come poteva essere sicura che le cose fossero andate proprio cos� e lei che ci spiegava che alla fine il giovane salvato dal giubbotto salvagente dello zio aveva rintracciato sua madre, la nonna Luisa, ed era andato a Bardi, dove abitava, per ringraziarla e chiederle perdono. La storia finiva cos�. C'era la guerra, uno zio emigrato in Inghilterra per lavorare, finito non so come su una grande nave e una morte coraggiosa per salvare un'altra vita. Per molti anni non chiesi nient'altro. Crescendo, e trascorrendo le estati nel paese di Bardi, sull'Appennino parmense, dove era nato lo zio Guido e dove c'era e c'� ancora una via intitolata ai martiri dell'Arandora Star, imparai che sulla nave, oltre allo zio della mamma, erano morti molti altri bardigiani, e molti, moltissimi altri italiani. Imparai che la nave era stata silurata da un sottomarino tedesco il 2 luglio 1940, dopo neppure due giorni di navigazione; che non aveva la scorta n� le insegne della Croce Rossa; e che il capitano Moulton temeva che non sarebbe mai arrivata a destinazione. Ricordo di avere assistito alla messa di suffragio che si teneva ogni 2 luglio nel piccolo cimitero di montagna (per me il pi� bello del mondo) che aveva dedicato una cappella ai naufraghi della gloriosa nave da crociera sequestrata dalla marina britannica per deportare in Canada 1.500 stranieri nemici tra italiani, austriaci e tedeschi. La nave non raggiunse mai il Canada e affond� vicino al capo di Bloody Foreland, tra la Scozia e l'Irlanda, dove la leggenda narra che sia stato affondato, qualche centinaio d'anni prima, un vascello dell'Invincibile Armata. Fino ai primi anni Duemila non ho mai riflettuto su cosa significasse questa storia da un punto di vista pi� grande. Era per me una storia di famiglia e non mi ero mai domandata come mai nessuno, al di fuori di Bardi, la conoscesse. Eppure, poteva considerarsi una tragedia dell'emigrazione italiana con pi� vittime del disastro di Marcinelle (l'esplosione nella miniera belga, nel 1956). Eppure, tra le vittime, oltre alle centinaia di italiani innocenti, vi erano anche giovanissimi ragazzi ebrei rifugiatisi in Inghilterra con il programma Kindertransport, ebrei adulti, italiani e tedeschi. Qualche esempio: lo speaker di Radio Londra, Uberto Limentani, che ha poi ispirato il protagonista del mio romanzo, e l'antifascista Decio Anzani, segretario della Lega dei diritti umani. Chi aveva permesso una tale tragedia? Arriviamo cos� al 2002, quando mi iscrivo al Master di sceneggiatura dell'Universit� Cattolica di Milano e mi trovo a cercare una storia da proporre alla casa di produzione che collabora con l'universit�, con cui ho poi lavorato come story editor e sceneggiatrice. Intanto mio zio materno, Beppe Conti, gi� da tempo presidente del Comitato pro vittime Arandora Star, che stava lottando perch� i bardigiani morti in mare come stranieri nemici fossero riconosciuti vittime innocenti della guerra (anche se la prima vittima della guerra � l'innocenza, come dice Oliver Stone nel film Platoon), stava aiutando una giovane laureanda con la sua tesi sull'Arandora Star. Maria Serena Balestracci ha poi pubblicato la sua ottima tesi con il titolo Arandora Star. Dall'oblio alla memoria. In una preziosa sezione del libro, oltre alla ricostruzione puntuale dei fatti storici, a parlare sono direttamente gli ultimi superstiti e i parenti delle vittime. A mano a mano la storia dell'Arandora Star si arricchiva cos� di dettagli precisi e illuminanti, che mi permettevano di vedere la tragica vicenda come un film. Insomma, cominciavo ad avere davvero buon materiale per le mani, e proposi alla casa di produzione una storia al tempo stesso drammatica e struggente. Ma per girare una miniserie che nella sua spettacolarit� si ispira al Titanic ci sarebbe voluto un produttore hollywoodiano a cui non sapevo come arrivare. Ingenuit� del principiante. Il progetto � rimasto nel cassetto. Ma le testimonianze dei superstiti, i racconti dei campi di internamento, la scoperta che ad affondare la nave, con l'ultimo siluro, fosse stato il capitano Gunther Prien, il �toro di Scapa Flow� decorato con la croce di ferro da Hitler in persona, aveva ormai stimolato la mia fantasia di autrice e la mia coscienza di cittadina. Quella dell'Arandora Star non era una storia che potevo abbandonare nel cassetto. Decisi cos� di pensare a un romanzo. Non � stato facile capire come rendere sulla pagina la complessit� di tutto quello che gira attorno al 2 luglio 1940. Quale punto di vista scegliere? Quali, tra i personaggi e i temi, erano per me vivi e sanguinanti? Cosa fare per non risultare retorica? In chi mi immedesimavo e cosa mi faceva ancora arrabbiare? E, soprattutto, era possibile allora capire davvero quale fosse la parte dei giusti? La mia protagonista, Harriet, segretaria dell'Alien Committee che si occupava di schedare gli stranieri nemici, ama gli elenchi e le liste. Ama tracciare le linee. Chi sta da una parte e chi dall'altra. Chi ha ragione e chi ha torto. Senza dubbi. Peccato, come dice lei stessa, che non lo ha mai saputo fare nella sua vita. Peccato che proprio facendo cos�, si commettono gli errori pi� grandi. Per non parlare di Churchill, che con il suo ordine �collar the lot� (�prendeteli tutti�), per non sbagliare fece arrestare tutti gli italiani tra i 15 e i 70 anni che risiedevano nel Regno Unito da meno di vent'anni. � vero che in quel momento l'Inghilterra era rimasta sola contro Hitler: Norvegia, Belgio, Olanda erano state occupate, e la Francia era sul punto di capitolare. Gli inglesi, terrorizzati dalla presenza nell'isola di una �quinta colonna� che rendesse possibile l'invasione nazista, avevano il tempo per distinguere tra fascisti ed ebrei scappati alle leggi razziali? Forse no, ma il solco della Storia testimonia la loro decisione. Non dimentichiamo che all'epoca gli immigrati italiani non erano affatto amati. Uno stralcio dell'edizione quotidiana del Daily Mirror, il 27 aprile 1940, recitava: �L'italiano a Londra rappresenta una parte indigeribile della popolazione [...]. Le navi scaricano eserciti di Gino, Tito e Mario dalle sopracciglia a mo' di scarafaggi [...]�. E anche dopo che la nave venne silurata, gli italiani furono descritti dai giornali come vigliacchi ed egoisti. Sul Daily Express scrissero: �L'intera masnada ha cercato per prima cosa di salvare la propria pelle [...]. Urlavano come bambini impauriti�. Ci� accadeva nonostante l'eroismo dell'equipaggio inglese, a quanto dicevano i giornali, che aveva cercato di trarre tutti in salvo... Non and� esattamente cos�. Anche se possiamo testimoniare l'eroismo dell'equipaggio e in particolare del capitano Moulton, che non abbandon� mai la nave. Con grande fatica, tanto tempo e tante letture ho trovato i miei personaggi. Ho trovato coloro che mi avrebbero traghettato in questa avventura. A ognuno di loro ho regalato un po' di me. Ognuno di loro si � impadronito di qualcosa che mi hanno raccontato parenti e amici. O che ho conosciuto leggendo le storie vere, legate alla tragedia del naufragio e della guerra, o le vicende inventate dagli autori di romanzi (bellissimi) ambientati durante la Seconda guerra mondiale. Non ho lo spazio qui per ringraziare tutti gli autori e i personaggi che mi hanno fatto compagnia dal 2019 ad oggi, ma alcuni non posso non ricordarli. Uberto Limentani, fuoriuscito ebreo milanese, studioso di letteratura e protagonista della redazione di Radio Londra, autore del Rapporto confidenziale sul mio internamento, � stato fondamentale per immaginarmi Jacopo, altro protagonista del romanzo. Jacopo si � imbevuto anche del poco che ho trovato su Massimo Coen, anche lui veneziano, ebreo e collega di Limentani alla Bbc. Ho approfondito la storia degli ebrei veneziani e ho fatto tesoro delle testimonianze di Lia Finzi e del bellissimo volume Scaramucce sul lago Ladoca di Roberto Bassi, gi� presidente della Comunit� ebraica veneziana. La parte pi� difficile del lavoro, e anche l'ultima, � stata entrare nel sottomarino di Gunther Prien. Ho letto testi storici sulla guerra sottomarina, i diari di bordo del capitano tedesco e la storia vera del sommergibilista che ha ispirato il film U-Boot di Wolfgang Petersen. Ho letto la graphic novel Heimat di Nora Krug e poi, soprattutto, ho riscoperto Moby Dick, l'equipaggio del Pequod e il capitano Achab. E tutto ha trovato il suo posto. I diner americani: storia e curiosit� sulle vere tavole calde (di Michela Becchi, (Gamberorosso.it) - Prima truck su ruote con cibo di bassa qualit�, col tempo locali sempre pi� strutturati che rispecchiano l�identit� del Paese. Fenomenologia dei celebri diner americani. - Arredi vintage e colori brillanti, un vecchio jukebox all�angolo, divanetti in pelle, un lungo bancone, salse gi� posizionate sui tavoli� Ed � subito Walter e Drugo ne �Il grande Lebowski�. O Meg Ryan, nei panni di Sally, nell�iconica scena del finto orgasmo ai tavoli del Katz in �Harry ti presento Sally�. Per noi italiani quella del diner, la tavola calda americana, � un�idea lontana, un�immagine catturata solo attraverso il cinema; non mancano i locali che ne imitino stile e menu, ma la tradizione statunitense non � mai riuscita a mettere radici nella Penisola. Tant�� che la stessa parola �tavola calda� nell�immaginario collettivo italiano assume un significato ben lontano da quello del diner, pi� simile a una rosticceria che a un vero ristorante. In America, invece, i diner non sono solo dei capisaldi della tradizione gastronomica, ma anche la rappresentazione di una cultura ormai quasi inesistente, quella della middle-class statunitense, un tempo predominante, dove le famiglie si riunivano nel weekend per un brunch o uno spuntino veloce. Luoghi economici, in cui si poteva mangiare tanto spendendo poco, aperti fino a notte fonda e accessibili a tutti, punti di ritrovo e di aggregazione ma prima di tutto anello di congiunzione per molti in un�America eterogenea e divisa. Oggi sono in parte un vecchio mito, soppiantati a partire dagli anni �70 dai fast food che cominciavano a diffondersi nel Paese, ma capita di trovarli ancora, specialmente negli Stati del New England, nel New Jersey, a New York o nella citt� di New Orleans. E vale comunque la pena ripercorrerne la storia, un tragitto che comincia a Rhode Island, con Walter Scott, addetto stampa part-time di 17 anni che, per arrotondare, inizi� a vendere panini e caff� ai lavoratori della redazione di turno di notte e ai club per uomini. Tutto questo accadeva nel 1858 e gi� nel 1872 l�attivit� divent� talmente redditizia che Scott abbandon� il suo lavoro alla stampa e cominci� a vendere cibo di notte, trasformando il suo carro di cavallo in un banchetto di street food ante litteram. Il suo successo ispir� diverse persone a unire le forze e lanciarsi nel nuovo business dei carri, mentre le compagnie di produzione cominciarono a crearne di nuovi, sempre pi� evoluti, fino a quando non inizi� a esserci la possibilit� di sostare all�interno. Iniziarono cos� ad apparire i primi �Nite Owls�, i gufi della notte presenti soprattutto nelle cittadine del New England a fine Ottocento, tappe fisse a pranzo per i lavoratori e le persone che giravano a piedi, ma anche per tutti i dipendenti in cerca di un pasto caldo dopo le 8 di sera, orario di chiusura dei ristoranti. La diffusione dei carretti divent� talmente capillare da spingere molte citt� a emanare delle restrizioni sugli orari: i truck � nel frattempo divenuti meccanici, con modelli elettrici � dovettero allora trovare delle posizioni permanenti e fare i conti con costi pi� alti. Era il tempo dei �greasy spoon�, termine con cui si indicavano i posti dove si mangiavano piatti grassi, perlopi� fritti, per niente curati. Facciamo un salto temporale di due decenni e arriviamo al 1920, l�anno del diritto di voto alle donne. Una conquista che comport� dei cambiamenti anche a livello sociale, modificando gradualmente le abitudini della popolazione. Compreso il piacere della ristorazione, fino a quel momento riservato perlopi� ai lavoratori uomini. Fu allora che i proprietari dei primi diner iniziarono a migliorare la loro immagine, inserendo qualche fiore e ridipingendo le pareti, ma soprattutto aggiungendo la parola Miss prima del nome, per rendere pi� femminile l�immagine del locale. E cos� anche i costruttori dei truck cominciarono a introdurre degli elementi diversi, come i bagni, i tavoli e le sedute. Non pi� carretti fatiscenti per gli avventori notturni, quindi, ma truck sempre pi� evoluti e moderni, che negli anni �30 cominciano ad assumere uno stile nuovo, pi� semplice e dalle linee futuristiche, a rappresentare quella velocit� e modernit� tipica del servizio e del format innovativo. Furono proprio i diners a sopravvivere durante il periodo della Grande Depressione, grazie alla loro formula immediata ed economica, alla portata di tutti, mentre tanti altri ristoranti chiudevano i battenti. Le tavole calde non solo resistevano, ma crescevano: quando fra gli anni �30 e �40 i tram interurbani vennero sostituiti con gli autobus a combustione interna, molti altri aspiranti ristoratori potettero permettersi di trasformare dei vecchi carretti in luoghi di ristoro. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la domanda aument� in maniera esponenziale: i soldati che avevano ottenuto i prestiti erano di ritorno dalla guerra e l�economia cominciava di nuovo a guardare al futuro. Gli americani dovevano rifarsi degli anni di crisi ed erano vogliosi di spendere soldi, e nel frattempo le innovazioni tecnologiche sviluppate prima e durante la guerra vennero sfruttate per la produzione di nuovi materiali destinati alle attivit� commerciali, come la formica, la Naughahyde (un marchio di pelle artificiale) e le pavimentazioni in terrazzo. L�aspetto dei diner cos� come lo conosciamo, con tanti elementi in acciaio e soprattutto le grandi vetrate tutte attorno, nasce per� qualche anno dopo, quando le persone iniziarono a spostarsi dalle citt� alla periferia. Gli esterni cos� appariscenti servivano soprattutto ad attrarre gli automobilisti di passaggio, mentre l�ossessione per lo Spazio, il primo lancio e l�esplorazione cominciata negli anni �50 ispir� gli arredi interni, con soffitti pi� alti e volumi ampi. Dopo il successo iniziale, l�avvento dei fast food mise in crisi il settore dei diner, che dopo gli anni �70 ricominciarono a essere costruiti ma con un look retr� pensato per attirare pi� clientela. Un finto vintage che inizi� a diffondersi anche in Europa, dando il via a una serie di catene. Il fascino di un tempo ormai � perduto, ma l�interesse nei diner americani continua ancora oggi: diversi locali del passato sono infatti stati salvati dalla demolizione e rilocati in posti nuovi negli States e in Europa, e nel registro nazionale dei locali storici sono presenti tutte le tavole calde vecchie ancora funzionanti. E in questi locali, cos� tipici e suggestivi, cosa si pu� gustare? Se un tempo erano chiamati �greasy spoon�, con gli anni i diner hanno evoluto la propria cucina, mantenendo sempre la regola del buon rapporto qualit�/prezzo. Piatti semplici e veloci, sfiziosi e a basso costo: waffles e pancakes a colazione, per esempio, oppure uova e bacon, eggs benedict e omelette. Da bere caff� (americano, s�intende!) ma anche milkshake, gli immancabili frapp� alla frutta o al cioccolato fatti con ghiaccio e latte, spesso decorati con panna montata e sciroppi. Non mancano hamburger e patatine fritte, ma soprattutto gli hash browns, delle crocchette di patate grattugiate pressate e fritte. E ancora anelli di cipolla fritti, bistecca e patatine e piatti a base di carne di pollo. Per dessert? Una fetta di apple pie, naturalmente.