Aprile 2025 n. 4 Anno X Parliamo di... Periodico mensile di approfondimento culturale Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registraz. n. 19 del 14-10-2015 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Indice Traditi dal Progresso Pregiudizi di ieri e di oggi L�origine del coronavirus � ancora un mistero Mussolini e la televisione Traditi dal Progresso (di Massimo Fini, �Il Fatto Quotidiano�, 8 febbraio 2025) �Tu sei futuro� dice una fortunata pubblicit� immaginando che il futuro grazie al Progresso ci dar�, se non proprio la felicit�, qualcosa di simile. Peraltro questo futuro orgiastico, come ho scritto altrove, arretra costantemente davanti a noi come a chi abbia la pretesa di raggiungere l�orizzonte. Per di pi� il futuro � un tempo inesistente, esiste il passato, esiste il presente, non esiste il futuro perch� � indeterminabile. Noi pensiamo alla Storia, cio� al passato e al presente, come a una linea coerente che sia pure fra varie convulsioni, avanzamenti e retrocessioni, ci ha portato all�oggi. Ma il Futuro non ha niente a che vedere con le nostre immaginazioni. Per fare un raffronto fra passato e presente prendiamo come linea di demarcazione la Rivoluzione industriale che ha di fatto segnato l�inizio della Modernit�. Cominciamo con le cose pi� semplici. Nevrosi e depressione nascono con la Modernit� tanto che contemporaneamente nasce la psicoanalisi, cio� il bisogno di frugare nel nostro inconscio per capire da dove hanno avuto origine queste depressioni e queste nevrosi. E Freud, alla fine della sua vita, ammise di non aver mai guarito nessuno perch� l�inconscio � talmente complesso da risultare insondabile. Dostoevskij lavorando sull�inconscio, sul suo inconscio, ha scritto grandi romanzi (I demoni, I Karamazov) ma nemmeno lui � riuscito a chiarire che cosa mai sia l�inconscio. Del resto sul piano del pensiero, su quello sociologico, sui rapporti familiari e umani, avevano gi� detto tutto i Greci nelle loro tragedie. I Greci non credevano al Futuro, per loro la Storia � �il passato visto con gli occhi del presente� (Tucidide ripreso poi da Croce). Immaginavano quindi di vivere in un eterno presente come in contemporanea il pensiero buddista o, pi� tardi, Nietzsche (l�eterno ritorno dell�identico). In era illuminista i vari Kant, Hegel, Feuerbach si sono limitati a descrivere e a razionalizzare il presente. Quindi non mi pare che sul piano della cultura si siano fatti grandi passi avanti, ma piuttosto indietro. Con la sola eccezione di Heidegger che ha posto il fondamentale problema dell�ambiguit� della Tecnica. � grazie alla Tecnica che nel Novecento ci sono state due grandi guerre mondiali che hanno causato circa settanta milioni di morti. Ma anche la guerra che ha avuto e potrebbe ancora avere un�utile funzione perch� scarica l�aggressivit� naturale che � in noi, in termini tradizionali non si fa pi� salvo rari casi circoscritti, � diventata una faccenda di droni e di missili supersonici, cio� un mestiere non per combattenti ma per �ingegneri dell�assassinio�. Ha perso la sua epica e anche la sua etica. La Tecnica ci ha portato vicini alla molto concreta possibilit� di un conflitto nucleare, cio� alla fine del mondo. Sullo stesso piano di negativit�, e anche pi� in alto, va messa la questione ambientale. Secondo un report del CNR del 2023 �la concentrazione attuale di CO2 ha superato i 420 ppm, segnando un incremento del 50% rispetto ai livelli ricostruiti alla fine del XVIII secolo�. Peraltro non c�� bisogno di tante statistiche. � evidente che pi� produciamo e consumiamo prodotti utili, ma anche assolutamente inutili, pi� inquiniamo. Siamo arrivati al punto che, in nome del progresso economico, noi non produciamo pi� per consumare ma consumiamo per poter produrre. Vale la pazzesca legge di Say, attivo fra la fine del Settecento e l�inizio dell�Ottocento: l�offerta crea la domanda. Io posso mettere sul mercato della merda ma questa alla fine verr� acquistata (alleggerendo un poco: � quanto avviene con l�attuale televisione, i social e compagnia cantante). Le due parole magiche sono innovazione e ricerca. L�innovazione, va da s�, ci porter� verso le �magnifiche sorti e progressive�. � l�innovazione ad aver creato la AI, l�intelligenza artificiale che soprattutto adesso, che si pu� autonomamente replicare, sta spossessando l�uomo della sua intelligenza. Si fa ricerca su tutto, soprattutto in campo alimentare e medico per migliorare le condizioni della nostra vita, e si arriva a scoprire che la ricetta della nonna era pi� sana e pi� buona. � indubbio che la medicina abbia fatto grandi passi avanti dai tempi di Ippocrate, ma � una conquista bifida perch�, soprattutto in Occidente, ha creato una popolazione di vecchi e l�insospettabile Cesare Musatti, novantenne, ha detto: �Vivere in un mondo dove la maggioranza della popolazione � vecchia mi farebbe orrore�. Il Progresso, si dice, ha ridotto al massimo le disuguaglianze sociali. � falso. Le disuguaglianze fra le classi sociali sono aumentate sia all�interno dei singoli Stati sia a livello internazionale. Nel Medioevo, i cosiddetti �secoli bui�, popolato nella stragrande maggioranza da contadini e artigiani, ognuno aveva una casa e un lavoro, i mendichi rappresentavano l�uno per cento della popolazione ed era mendico chi voleva esserlo. Oggi, se viviamo a Milano, vediamo file interminabili davanti alla Caritas e alle Ong che si occupano di questa questione. In via Vittor Pisani, sempre a Milano, una via di portici e quindi favorevole ai clochard, le banche hanno messo davanti ai loro portoni dei blocchi di cemento perch� i poveracci se ne stiano a debita distanza. � vero che nel Medioevo c�erano i nobili che non lavoravano e non producevano. Ma i nobili avevano almeno un dovere: difendere il territorio. E infatti spariranno dalla scena quando affideranno Il mestiere delle armi (Ermanno Olmi) ai mercenari andando a fare, imbellettati e imparruccati, i bellimbusti a Versailles. La decadenza dell�Impero romano ebbe inizio quando i cittadini di Roma, debosciati dal benessere che avevano raggiunto grazie alle conquiste, non vollero pi� rischiare la pelle per difendere la Capitale. In quanto alle tasse la �decima�, statale ed ecclesiastica, non � mai stata una vera decima perch� di fatto non arrivava quasi mai a raggiungere gli abitanti dei villaggi dove la loro ripartizione era decisa dalla comunit� del villaggio che decideva, a ragion veduta, del suo e sul suo perch� su quel luogo ci viveva. Comunque, anche ammettendo che sia esistita una vera decima, si basava appunto su un decimo del patrimonio o del reddito. Oggi per redditi medi si arriva a pagare il 43 per cento di tasse il che vale, naturalmente, per l�uomo comune, non per chi ha la possibilit� di spostare, anche legalmente, i suoi capitali alle Cayman o alle Bermuda. Anche la figura dell�imprenditore, nel frattempo, � cambiata. Prima c�erano i �padroni� cio� i proprietari che, se si pensa a Adriano Olivetti, ai Crespi, ai Pirelli, conservavano una certa vocazione umanistica. Oggi ci sono i manager non legati n� all�azienda n� al territorio, per i quali spostarsi da un luogo all�altro � indifferente, si tratta solo di una questione di denaro. Parlando in senso pi� ampio Giovanni Botero, attivo nel Cinquecento - quando la ricchezza da immobiliare si stava spostando a mobiliare � notava che mentre gli antichi padroni erano legati al territorio e quindi alla nazione, per i redditieri era assolutamente indifferente spostarsi da una nazione all�altra. Infine lo Stato, �il pi� freddo di tutti i mostri� (Nietzsche), si � impadronito delle nostre esistenze ed entra anche nelle questioni pi� intime delle nostre vite. Siamo dei sudditi, nient�altro che sudditi. E questo lo chiamano Progresso. Pregiudizi di ieri e di oggi (di Elena Cattaneo, �Prometeo� n. 166/24) - Stereotipi di genere e prassi discriminatorie sono pi� diffuse di quanto si creda, anche in ambito accademico. La sociologa Camilla Gaiaschi ha studiato il fenomeno e pu� raccontarne i dati quantitativi (ma anche gli aspetti �invisibili�). - In Italia, fino al 1977, per studenti e studentesse delle scuole medie l'ora di applicazioni tecniche prevedeva un programma differenziato per i due sessi. Mentre le ragazze imparavano i segreti del ricamo e del punto croce e come gestire e organizzare il lavoro casalingo, ai loro compagni maschi venivano insegnate tecniche per il traforo e l'uso del compensato o per accendere una lampadina collegando due fili. � stato cos�, ad esempio, per me e mio fratello. Oggi nessuno si sognerebbe di impartire insegnamenti diversi per studentesse e studenti, ma siamo ancora lontani dall'aver superato molti di quei pregiudizi che fino a cinquant'anni fa si rispecchiavano nella programmazione scolastica e, pi� in generale, nelle consuetudini sociali. �La letteratura psico-sociale conferma che gli stereotipi di genere sono molto pi� diffusi di quanto la maggior parte di noi sia portata a credere - mi spiega Camilla Gaiaschi, sociologa dell'Universit� del Salento e autrice del libro Doppio standard (Carocci editore) -. Si tratta di preconcetti instillati fin dall'infanzia e presenti in entrambi i sessi, che si consolidano con la pre-adolescenza condizionando comportamenti e messaggi consci e inconsci, con effetti negativi sull'autostima femminile. Anche gli stereotipi evolvono, certamente, e oggi la situazione � migliore di cento anni fa, ma il cambiamento � esasperatamente lento e molto eterogeneo�. Scovare le differenze con metodo Gaiaschi si � laureata in filosofia all'Universit� Ca' Foscari di Venezia e ha conseguito un master di perfezionamento a Parigi. �La ricerca mi piaceva ma - confessa - volevo avere un impatto pi� diretto sulla societ�. La filosofia, al contrario, per quanto l'amassi, mi faceva sentire distante dal mondo�. La svolta � arrivata quando si � avvicinata ai movimenti femministi locali. Inizi� a studiare e ad appassionarsi alle teorie femministe e agli studi di genere e a pensare alla possibilit� di fare un dottorato di ricerca sul tema. �Ottenni una borsa di dottorato alla Statale, in sociologia. Da quel momento cambiai vita e da allora ogni giorno vivo il mio lavoro come un privilegio�. Seguono un post-doc alla Statale di quattro anni e una borsa Marie Curie individual fellowship all'Universit� di Losanna. Da novembre 2023 � ricercatrice all'Universit� del Salento. In Italia, ho scoperto, sono poche le ricercatrici che studiano il tema delle pari opportunit� nelle carriere scientifiche; tra queste Camilla ricorda Rossella Bozzon, Maria De Paola, Viviana Meschitti, Annalisa Murgia, Ilenia Picardi, Barbara Poggio, Mariacristina Sciannamblo, Assunta Viteritti. �Ma la pioniera del tema in Italia - mi dice - � Daniela Falcinelli, coordinatrice di diversi progetti europei e nazionali su donne e scienza�. Conosco Falcinelli, un punto di riferimento sulle tematiche relative alle risorse umane, di cui � responsabile all'Universit� di Milano. Per i suoi studi Gaiaschi si basa sia su metodi quantitativi, finalizzati alla raccolta di dati misurabili, che qualitativi, quindi con finalit� pi� descrittive. Questo approccio, apprezzato - mi dice - anche dai colleghi dei dipartimenti STEM, oltre all'uso di casi-studio utili a �catturare� le dinamiche discriminatorie pi� invisibili, utilizza rigorosi sistemi statistici per misurare e dimostrare lo svantaggio di genere. In particolare, sul fronte quantitativo, Camilla utilizza diverse tipologie di dati, a partire da quelli raccolti tramite questionari somministrati all'interno delle organizzazioni oggetto dei suoi studi, ad esempio gli ospedali e gli IRCCS, e da informazioni di tipo amministrativo o rintracciabili online, come i dati sulla popolazione accademica. �Le analisi che conduco sono mono, bi o multi-variate, a seconda che si considerino una, due o pi� variabili. Inoltre utilizzo modelli che consentono di misurare lo svantaggio di genere, ad esempio nella retribuzione o nella promozione, �adjusted�, ovvero a parit� di caratteristiche di partenza tra uomini e donne�. Per le analisi di tipo qualitativo invece, utilizza interviste: �Al momento dell'analisi, individuo i temi principali emersi nelle esperienze e nei vissuti dei partecipanti per risalire a quelle dinamiche e a quei meccanismi che, all'interno delle organizzazioni di ricerca, svantaggiano le donne. La maggior parte delle volte si tratta di modalit� poco riconoscibili a una prima visione d'insieme�. Se la biologia non c'entra Secondo il rapporto 2023 sull'Analisi di genere dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), negli ultimi dieci anni - dall'anno accademico 2011-12 a quello 2021-22 -, nelle universit� italiane la percentuale delle ragazze immatricolate � sempre stata superiore a quella dei ragazzi, con valori dal 54,8% in su (nel 2021-2022 sono state il 55,3%). La realt� dietro questi numeri, tuttavia, si fa molto pi� complessa nel momento in cui si considerano le immatricolazioni per macro-aree di studio. Nell'ultimo anno accademico preso in considerazione dal rapporto ANVUR, il 2021-2022, le ragazze immatricolate nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) sono il 39,3%, mentre rappresentano oltre il 78% tra le immatricolazioni nell'area artistica, letteraria ed educativa. I dati sembrerebbero confermare l'opinione diffusa secondo cui esisterebbero competenze o talenti (tra cui quelli nelle materie STEM) prettamente maschili o femminili. Ho chiesto a Gaiaschi se questo convincimento abbia o meno fondatezza scientifica. �Prendiamo come esempio la matematica� suggerisce. �La letteratura pi� recente sul tema, partendo dai risultati di test o analisi condotte sugli studenti (un esempio sono i test OCSE-PISA) ha rilevato che non esistono differenze significative nelle performance logiche e computazionali tra bambini e bambine. Questi stessi studi dicono anche che il gap fra i due sessi che emerge negli anni successivi - attorno alla pre-adolescenza - si sta riducendo con il tempo, e, ad oggi, � molto diminuito rispetto a 20-30 anni fa. Inoltre, sappiamo che i risultati nei test cambiano da Paese a Paese: in alcune zone le studentesse esprimono risultati anche superiori�. Capisco, quindi, che il gap nelle performance degli adolescenti, quando esiste, non � un dato di fatto immutabile e non � espressione di differenze innate, in quanto varia nel tempo e geograficamente: �I fattori socio-culturali hanno un impatto determinante sullo sviluppo delle attitudini di ragazze e ragazzi, in matematica come in altre discipline. In altre parole, la biologia c'entra poco�. Eppure, a partire dalla pre-adolescenza accade �qualcosa�, perch� i dati dicono che i risultati delle ragazze ad un certo punto si discostano da quelli dei ragazzi. �Questo succede - mi spiega - come conseguenza dei riscontri differenti che insegnanti o genitori danno, per lo pi� non intenzionalmente, a ragazze e ragazzi rispetto alle loro capacit� e abilit�. Questi feedback, una volta interiorizzati, finiscono per avere effetti negativi sull'autostima femminile e per far credere alle ragazze di essere inadeguate a determinati ambiti di studio o di lavoro. Stereotipi che impediscono il salto Esiste un'ampia letteratura scientifica anche sull'effetto degli stereotipi di genere inconsci nel mondo del lavoro. �Gli ostacoli che impediscono alle donne di progredire sul lavoro sono molti e di varia natura - conferma Gaiaschi - con effetti anche sulle retribuzioni. Innanzitutto, le scelte educative delle ragazze, orientate per lo pi� verso l'ambito umanistico, come conseguenza di quei feedback ricevuti e interiorizzati durante l'adolescenza, comportano una minore impiegabilit� e stipendi pi� bassi di quelli che si potrebbero ottenere con un percorso di studi in ambito scientifico. A questo si aggiunge lo squilibrio nella distribuzione delle responsabilit� familiari e del lavoro domestico, che pesano ancora oggi per la maggior parte sulle donne�. Gli stereotipi di genere inconsci influenzano anche i datori di lavoro: �Reclutatori e selezionatori sono portati a ritenere le donne meno competenti, con effetti negativi in sede di assunzione e promozione. Il tutto in un contesto in cui, per il sesso femminile, permangono dinamiche organizzative che intralciano la progressione di carriera. Mi riferisco, ad esempio, a una minore inclusione nei network, con effetti negativi sull'accesso alle informazioni e alle opportunit�, frutto di una cultura lavorativa di impostazione �maschile�. A livello �macro� le donne sono svantaggiate anche dalla mancanza di politiche del lavoro, di welfare, di pari opportunit�. La stessa Italia fa molto poco in tema di occupazione femminile�. Le (poche) donne dell'accademia In ambito accademico si registra un lento miglioramento quanto alla presenza di donne in posizioni di vertice, ma i numeri sono ancora ampiamente a vantaggio dell'altro sesso: nelle universit� italiane, su dieci professori ordinari, sette sono uomini. Su 99 Rettori e Rettrici in carica in Italia a inizio 2024, appena tredici sono donne; in molti casi si tratta di istituzioni antiche di centinaia di anni, che vedono solo oggi la prima donna Rettrice. In sintesi, nonostante le recenti eccezioni, quello delle donne al vertice degli Atenei rimane un fenomeno limitato. Il dato - osserva Gaiaschi - non stupisce, se pensiamo che solo poco pi� di un quarto dei professori ordinari, status necessario per ambire alla carica di Rettore, � donna. �Si tratta di una forma molto forte di tetto di cristallo - commenta -, a cui si aggiunge un fenomeno tipico della rappresentanza politica: la difficolt� ad eleggere una donna che si candidi. � cos� nella politica, dove peraltro esistono norme che impongono �quote� minime di candidature del genere meno rappresentato, potrebbe essere cos� anche nelle �competizioni� elettorali accademiche. Non c'� nessuno studio che lo dimostri, ma sarebbe un'ipotesi interessante da testare�. Quando le donne reagiscono Mi � sempre pi� chiaro come le differenze nello sviluppo di attitudini e carriere siano innescate da fattori socio-culturali. Ma mi chiedo anche se le donne non abbiano una parte di responsabilit� nel mantenimento del gender gap, nel non reagire alle discriminazioni o sopraffazioni. �Apparentemente � cos� - risponde Gaiaschi - le donne hanno, per esempio, una minore propensione all'auto-promozione�. Quindi, dal momento che non chiedono di essere promosse, difficilmente lo saranno? �Non � cos� semplice, bisogna sempre considerare la circostanza in cui ci� avviene. La sociologia ci porta a riflettere sul �dietro le quinte� della questione: se lavoro in un ambiente che mi � ostile e non mi valorizza, dove non vengo ascoltata e dove osservo altre donne che fanno fatica ad essere promosse, sar� meno propensa a chiedere una promozione. Noi tutti, donne e uomini, siamo il risultato del contesto che ci circonda. La sindrome dell'impostore, cio� la condizione psicologica che ci fa credere di non meritare i successi ottenuti, � frutto anche di questo meccanismo: se gli altri non credono in me, sar� difficile che cominci a crederci io�. Se � il contesto a influenzare le dinamiche sociali, allora c'� speranza per il futuro. Il tema delle pari opportunit� � infatti sempre pi� presente nel dibattito pubblico, in Italia come all'estero. Un segnale � arrivato anche con l'assegnazione, nel 2023, del Nobel per l'Economia a Claudia Goldin, economista statunitense dell'Universit� di Harvard, tra le pioniere degli studi sul divario di genere in ambito lavorativo. �Un commento sul valore degli studi della professoressa Goldin richiederebbe un capitolo a s� - mi avverte Gaiaschi - il suo � un Nobel pi� che meritato che rappresenta un riconoscimento non solo a un'eccellenza femminile, ma anche al tema stesso delle disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro, con un'attenzione particolare alla discriminazione e agli effetti della maternit�. L'assegnazione del premio � il segno che finalmente si tratta di temi non pi� marginali all'interno delle scienze economiche, bens� centrali�. Queste parole confermano che c'� una rivoluzione in corso, da cui difficilmente si potr� tornare indietro. �Una rivoluzione - concorda Gaiaschi - che � stata possibile grazie a una presa di coscienza femminile. L'ingresso massiccio delle donne nel mercato del lavoro, dagli anni Sessanta in poi, ha rappresentato un momento di rottura. Oggi siamo stufe di dover scegliere tra figli e lavoro, di non avere le stesse opportunit� dei colleghi maschi, non accettiamo pi� un modello di famiglia dove le responsabilit� di cura e domestiche sono disequilibrate all'interno della coppia, non accettiamo pi� di avere compagni possessivi, n� di tacere di fronte alla notizia di una donna uccisa dal partner o ex (la media in Italia nel 2023 � stata di un femminicidio ogni 3 giorni). No, non si torner� indietro da tutto questo�. Ma c'� anche un'altra ragione che ha fatto emergere la questione di genere e riguarda l'emergenza natalit�: �Nei paesi occidentali, sono le donne che lavorano a fare figli. Ma a condizione di poter usufruire di politiche di conciliazione vita-lavoro che non le costringano a scegliere tra famiglia e carriera�. Un Paese in cui la met� delle donne in et� lavorativa non ha e non cerca un'occupazione � un Paese con un'economia pi� debole e fragile di quanto potrebbe essere; mantenere fuori dal mercato del lavoro un quarto della popolazione potenzialmente attiva non conviene a nessuno, n� uomini n� donne, n� anziani n� giovani. Questa lunga conversazione con Camilla Gaiaschi mi ha aiutato a prendere coscienza di quanto anche la mia percezione della questione di genere, in passato, sia stata distorta e limitata, e di quanto i comportamenti di ognuno di noi, donne e uomini, sul lavoro, nella scuola e in famiglia, siano determinanti a creare un ambiente fertile dove le capacit�, le aspettative e i desideri di ogni ragazza (e ragazzo) possano realizzarsi. La rivoluzione della parit� si compir� quando saremo tutti consapevoli e determinati a riconoscere e scardinare dal nostro modo di pensare gli stereotipi che ci trattengono non solo dal realizzare noi stessi, ma anche dal contribuire con i nostri talenti alla societ� in cui viviamo. L�origine del coronavirus � ancora un mistero (Ilpost.it) - A cinque anni dall'inizio della pandemia si discute ancora sui primi tempi della sua diffusione, tra pipistrelli, caverne e ipotesi su fughe di laboratorio. - �Lo dico chiaramente: per quanto riguarda l�Organizzazione mondiale della sanit� (OMS), tutte le ipotesi rimangono aperte�. Era passato un anno dall�inizio della pandemia da coronavirus e con queste parole il direttore generale dell�OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, aveva chiarito nel 2021 che non c�erano ancora elementi certi per stabilire l�origine del virus che in un anno aveva causato la morte di almeno 3 milioni di persone. Di anni ora ne sono passati cinque e le morti sono diventate oltre 7 milioni, senza contare i milioni di decessi non registrati, ma sulle origini del coronavirus le ipotesi continuano a rimanere aperte e non � detto che si riesca a risolvere il mistero. Ormai da anni virologi, epidemiologi, istituzioni sanitarie, governi e i loro servizi segreti discutono e talvolta si scontrano sul modo in cui il SARS-CoV-2, il virus che ha condizionato pi� di qualsiasi altra cosa la nostra storia recente, si sia formato e abbia poi contagiato i primi esseri umani. Le attenzioni si sono concentrate su tre principali teorie: un�origine naturale, un errore di laboratorio o un imprevisto nella creazione di una nuova potente arma biologica. Soprattutto le teorie che escludono l�origine naturale hanno poi portato a loro volta alla genesi di ulteriori ipotesi, alcune pi� creative di altre e basate spesso su supposizioni e coincidenze, pi� che su dati e indizi scientifici misurabili e analizzabili. L�ipotesi dell�origine naturale � indicata spesso come la pi� probabile, sulla base di come si diffondono solitamente nuovi virus tra gli esseri umani. Fare una distinzione � comunque complicato: i virus evolvono e si differenziano per conto proprio, attraverso mutazioni dovute agli errori casuali di trascrizione del loro materiale genetico da parte delle cellule che hanno colonizzato. Il SARS-CoV-2 non fa differenza e per questo dall�inizio della pandemia gruppi di ricerca da tutto il mondo lavorano per ricostruire i vari passaggi della sua storia. Dal punto di vista genetico, il coronavirus che ha confinato per mesi in casa miliardi di persone ha diverse cose in comune con i virus che solitamente infettano i pipistrelli. A differenza di questi ultimi, il SARS-CoV-2 si fece per� notare quasi subito nel 2020 per due caratteristiche: la capacit� di legarsi facilmente alle cellule e la facilit� con cui riesce a entrare al loro interno. Entrambe contribuivano a renderlo un virus molto contagioso e pericoloso, ma anche molto diverso da altri coronavirus come quello che causa la SARS, la malattia respiratoria che caus� un�epidemia tra il 2002 e il 2004 in particolare in Asia. Furono proprio quelle caratteristiche non osservate in virus simili a far s� che alcuni virologi iniziassero a chiedersi se il SARS-CoV-2 potesse essere il frutto di una manipolazione genetica, attuata intenzionalmente per renderlo pi� contagioso. Alcuni dei pi� importanti esperti del settore ne discussero in una riunione in remoto all�inizio di febbraio del 2020. Tra i partecipanti c�era anche Anthony Fauci, all�epoca il direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) e uno degli immunologi pi� famosi e rispettati al mondo. Nella riunione furono condivise valutazioni importanti sulle caratteristiche naturali dei coronavirus. Successivi approfondimenti sulla capacit� di altri virus di legarsi facilmente alle cellule (per quanto non strettamente imparentati con SARS-CoV-2) portarono l�ipotesi di un virus ingegnerizzato a essere vista come improbabile. Niente di insolito: nella ricerca scientifica si formulano e scartano ipotesi di continuo, ma i dubbi iniziali avrebbero condizionato fortemente il dibattito intorno alle origini del coronavirus, soprattutto negli Stati Uniti, finendo al centro del confronto politico. Nel corso delle audizioni al Congresso organizzate per provare a ricostruire le cause della pandemia anni dopo, allo stesso Fauci fu rinfacciata la partecipazione a quella riunione, in cui aveva ridimensionato le ipotesi sulla fuga da un laboratorio. Nei giorni dopo quell�incontro, si scopr� che forse alcuni parenti alla lontana del SARS-CoV-2 erano originari di una caverna nella provincia cinese dello Yunnan, a quasi duemila chilometri da Wuhan, la citt� della Cina dove erano stati rilevati i primi contagi alla fine del 2019. Non era stato trovato un virus vero e proprio, ma una sequenza del suo materiale genetico rinvenuto nelle feci di un pipistrello nel 2013, in seguito ad alcune analisi rese necessarie dalla morte di tre minatori per un�infezione respiratoria dalle cause misteriose l�anno precedente. Le analisi nel 2013 erano state condotte da un gruppo di ricerca dell�Istituto di virologia di Wuhan, specializzato proprio nello studio dei coronavirus, e questo ha inevitabilmente contribuito ad alimentare le ipotesi sull�origine in laboratorio del SARS-CoV-2. Si � detto che i ricercatori avessero portato il virus a Wuhan e che poi, anni dopo, sarebbe finito per errore fuori dal laboratorio, forse in seguito all�infezione accidentale di una delle persone che lavoravano al suo interno. Ci� che era stato trovato nelle feci di pipistrello non era per� un virus completo, ma una sequenza e sarebbe stato molto difficile produrre da questo un coronavirus completo in laboratorio. Le tre morti dei minatori non furono inoltre ricondotte con certezza a un possibile lontano parente di SARS-CoV-2: forse ebbero una causa virale diversa. La spiegazione pi� condivisa � che il coronavirus a Wuhan arriv� in qualche altro modo, probabilmente tramite una specie intermedia tra i pipistrelli e gli esseri umani. I sospetti si sono concentrati a lungo sui pangolini, ma studi pi� recenti hanno ipotizzato un ruolo dei cani procione, animali simili a volpi tipici dell�Asia orientale. Il virus sarebbe passato dai pipistrelli ai cani procione, mutando ulteriormente e acquisendo la capacit� di interagire meglio con alcune proteine sulle membrane delle cellule. Per saperlo con certezza, sarebbero per� necessari dati risalenti alla fine del 2019 e ai primi giorni del 2020 che le autorit� cinesi non diffondono, o che forse non furono raccolti. Ci sono elementi per ritenere che nel mercato di Wuhan dove furono rilevati i primi casi fossero in vendita animali selvatici vivi, compresi porcospini, zibetti e cani procione. Raccogliendo campioni di sangue, muco e feci si sarebbero potute cercare tracce del materiale genetico di un virus, ed eventualmente confrontarle con quelle dei primi casi di infezione tra gli esseri umani. In questo modo si sarebbe potuto capire se al mercato i contagi fossero avvenuti da animali a umani e non viceversa, ottenendo indizi per ricostruire il punto di partenza del contagio. Alla fine del 2019 il mercato fu per� chiuso dalle autorit� cinesi, senza la possibilit� di confermare la presenza di quegli animali e di raccogliere dei campioni. La rapidit� della chiusura fu probabilmente dovuta alla necessit� di nascondere la vendita degli animali selvatici vivi, formalmente vietata proprio per ridurre il rischio della trasmissione di malattie agli esseri umani. Il mercato di Huanan di Wuhan, in Cina, fu chiuso alcuni giorni dopo la scoperta dei primi casi di contagio. Ancora oggi, a distanza di cinque anni, l�OMS chiede al governo della Cina di condividere informazioni sull�inizio della pandemia che potrebbero rivelarsi cruciali, non solo per ricostruire come andarono le cose, ma anche per prepararsi meglio in vista delle future emergenze sanitarie internazionali. La scarsa trasparenza ha contribuito molto alla costruzione dell�ipotesi dell�origine nel centro di ricerca di Wuhan del coronavirus. Alcune dichiarazioni dei responsabili dell�intelligence statunitense hanno contribuito ad alimentare quelle ipotesi. Nel 2021 un rapporto dell�Ufficio del direttore dell�Intelligence nazionale degli Stati Uniti (ODNI) ha segnalato come ci fosse una divisione tra le agenzie riguardo alle ipotesi sull�origine del coronavirus. Per lungo tempo l�FBI ha detto di ritenere �con moderata fiducia� che SARS-CoV-2 sia stato il frutto di attivit� di laboratorio, mentre la CIA aveva mantenuto una posizione pi� cauta, allineandosi a quella dell�FBI solo nelle ultime settimane. Le indagini del Congresso hanno portato a varie dichiarazioni, orientate verso una fuga accidentale da un centro di ricerca. Le audizioni del Congresso e il lavoro dell�intelligence hanno comunque ricevuto diverse critiche, segnalando come le indagini siano state condizionate dalla mancanza di dati grezzi su cui fare valutazioni pi� accurate. Conversazioni e carteggi tra gli esperti, soprattutto all�inizio della pandemia quando la situazione era molto incerta, sono state portate come prove a favore dell�ipotesi del laboratorio, anche se in molti casi erano semplici confronti su tutte le opzioni possibili per ricostruire le prime fasi dell�epidemia. Uno degli elementi centrali usati da una parte consistente dei sostenitori dell�ipotesi sulla fuga accidentale dal centro di ricerca di Wuhan divenne di pubblico dominio nel 2021, quando un�inchiesta svel� l�esistenza di �Project Defuse�: una proposta di finanziamento che gruppi di ricerca statunitensi e di Wuhan avevano presentato nel 2018 all�Agenzia per i progetti di ricerca avanzata di difesa degli Stati Uniti (DARPA). Il progetto prevedeva di partire da alcune versioni dei virus che avevano causato la SARS e di studiare quali modifiche li potessero rendere pi� abili nell�intrufolarsi nelle cellule. Questo �guadagno di funzione�, come viene chiamato in virologia, avrebbe permesso di studiare meglio i coronavirus e di comprendere il modo in cui interagiscono con i loro ospiti. La ricerca in questo ambito � importante anche per sviluppare terapie che sfruttino alcune caratteristiche dei virus, per esempio per distruggere le cellule tumorali. Project Defuse non fu approvato e non fu quindi mai finanziato, ma per chi sostiene l�ipotesi del laboratorio non ci sono elementi per escludere che a Wuhan gli esperimenti fossero stati realizzati ugualmente, forse in condizioni non ideali di contenimento. Shi Zhengli, la responsabile della divisione che si occupa di coronavirus nel centro di ricerca, ha sempre negato questa circostanza e in pi� occasioni ha detto che i suoi ricercatori non hanno mai trovato corrispondenze tra le sequenze genetiche dei virus utilizzati nel laboratorio nel periodo 2004-2021 e il SARS-CoV-2. In molti si sono per� chiesti se la responsabile sia libera di dare tutte le informazioni o se abbia ricevuto pressioni dal governo cinese, che in questi anni ha esercitato un forte controllo su cosa si pu� dire o non dire anche intorno all�attivit� scientifica sul coronavirus. Dopo un lungo periodo in cui l�ipotesi del laboratorio era piuttosto in voga e raccontata sui media di mezzo mondo, in particolare degli Stati Uniti, all�inizio di marzo del 2023 una nuova ricerca sembr� ridimensionare la questione. Era basata su informazioni genetiche ottenute tramite l�analisi di campioni raccolti da maniglie, utensili e altre superfici nel mercato di Wuhan all�inizio del 2020, ma mai resi pubblici. Lo studio mostrava come ci fosse una stretta vicinanza tra i punti in cui erano state rilevate tracce di materiale genetico riconducibili ai cani procione e i punti in cui c�erano tracce del coronavirus. Non era la prova definitiva dell�arrivo del virus al mercato di Wuhan e da l� della sua diffusione tra gli esseri umani, ma dava nuovi elementi a conferma dell�ipotesi dell�origine naturale del SARS-CoV-2. La mancanza di dati su cosa ci fosse veramente al mercato alla fine del 2019 rende comunque impossibile avere conferme. Non si pu� escludere che fossero state alcune persone gi� infette a trasmettere il virus ai cani procione, noti per essere molto suscettibili al coronavirus, e che un luogo molto affollato come quel mercato avesse semplicemente fatto da cassa di risonanza, facilitando i contagi partiti da alcuni dei suoi visitatori. Le autorit� cinesi hanno sostenuto di avere analizzato almeno 80-mila animali nei primi tempi della pandemia, ma molti di loro erano conservati negli zoo o erano animali da allevamento, mentre non risultano indizi sulla presenza di cani procione e altre specie che si ritiene fossero presenti al mercato. Ammettere che fosse ancora tollerata nel 2019 la vendita di animali selvatici vivi metterebbe il governo cinese in una posizione molto difficile e danneggerebbe la sua reputazione a livello internazionale. Lo stesso avverrebbe nel caso di una effettiva fuga accidentale dal laboratorio di Wuhan, e questo spiega le reticenze nonostante le ripetute richieste da parte dell�OMS e della comunit� internazionale. Per ricondurre con un buon livello di sicurezza le origini del virus che causa la SARS a uno specifico genere di pipistrello (Rhinolophus) furono necessari 15 anni di indagini. A volte il caso fa s� che ci voglia meno, in altre circostanze possono essere necessari decenni e le risposte spesso non sono definitive. � un lavoro complesso, talvolta ostacolato da governi che non sono interessati a far emergere loro negligenze, e che � pi� difficile da comunicare e spiegare rispetto a un�ipotesi all�apparenza lineare come: qualcuno ha fatto un errore in un laboratorio. David Quammen, rispettato divulgatore e autore di libri di successo sulla diffusione di virus e malattie come Spillover, ha riflettuto proprio su questi aspetti in un lungo articolo pubblicato un paio di anni fa sul New York Times: �Molti di noi si fanno un�opinione dopo una meticolosa ponderazione empirica degli indizi. Ci affidiamo istintivamente ai nostri preconcetti, oppure facciamo nostre storie con trame semplici, personaggi buoni e cattivi che seguono traiettorie melodrammatiche che appaiono consone per portata all�evento in questione. Il processo di scoperta scientifica � qualcosa di complesso che coinvolge la raccolta di dati, la verifica delle ipotesi, la loro falsificazione e revisione e ulteriori test grazie al lavoro di esseri umani intelligenti, ma fallibili�. Quammen dice che si � ormai arrivati al punto in cui non sono gli indizi a essere messi a confronto, �ma � un confronto tra storie�. E questo confronto sar� probabilmente pi� difficile ora che Donald Trump ha iniziato il proprio secondo mandato da presidente, mettendo a capo del dipartimento della Salute Robert F. Kennedy, che nel periodo della pandemia aveva diffuso molte teorie cospirazioniste sul COVID-19 e sul ruolo di Anthony Fauci nella gestione dell�emergenza sanitaria. Secondo i pi� scettici, non sapremo mai che cosa accadde veramente negli ultimi mesi del 2019 a Wuhan, ma avvicinarsi il pi� possibile alla realt� dei fatti potrebbe rivelarsi essenziale per il futuro. L�11 febbraio il Gruppo consultivo scientifico per le origini dei nuovi agenti patogeni dell�OMS (SAGO) ha pubblicato un rapporto contenente le linee guida sugli studi da condurre per �indagare le origini di patogeni emergenti o riemergenti�, in modo da avere strumenti condivisi e trasparenti per contenere nuove crisi sanitarie globali. Il documento segnala l�importanza di effettuare da subito indagini nei luoghi dove � stata rilevata per la prima volta una malattia infettiva causata da un nuovo patogeno, cos� come la necessit� di collaborazione tra governi e istituzioni sanitarie. Il preambolo � dedicato alla pandemia di COVID-19, la Cina non viene citata. Mussolini e la televisione (di Stefania Carini, Ilpost.it) - La tv in Italia fu ufficialmente inaugurata il 3 gennaio 1954. Ma i suoi primi passi, in realt�, aveva iniziato a muoverli gi� nel 1932. E la star, in quell�occasione, fu, manco a dirlo, il Duce. - Chi lo sa se la prima volta che Mussolini si trov� davanti a un obiettivo televisivo guard� dritto davanti a s�, magari per cercare la complicit� di chi stava dall�altra parte, come fa Luca Marinelli nella serie M � Il figlio del secolo diretta da Joe Wright e scritta da Stefano Bises e Davide Serino, uscita su Sky. Anche se l�inizio delle trasmissioni regolari della tv italiana � datato 3 gennaio 1954, la televisione esisteva gi� sotto il fascismo, in via sperimentale, e il Duce la prov� almeno due volte � ma solo una di queste � arrivata fino a noi. � il 1932. Mussolini sta facendo un giro per l�Italia per celebrare i dieci anni della marcia su Roma. Come racconta con toni entusiasti il Radiocorriere. Settimanale dell�Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, nato nel 1925 quando le trasmissioni radio furono diffuse su tutto il territorio nazionale, al Palazzo dell�Elettricit� di Torino alcuni tecnici avevano preparato per lui anche �gli apparecchi trasmittenti e riceventi di televisione� per mostrargli un piccolo esperimento di trasmissione a distanza senza pellicola. E infatti ecco che al Duce appare �magicamente�, �in un apparecchio ricevente�, la figura di un delegato dell�EIAR (Ente italiano per le audizioni radiofoniche, appunto), che in quel momento si trovava in un�altra stanza, evidentemente davanti a �un apparecchio trasmittente�. A Mussolini, oltre all�immagine, giunge anche la voce del delegato: �Noi vi promettiamo, o Duce, di dare tutto il nostro entusiasmo di tecnici e di studiosi perch� nel secondo decennale fascista questo esperimento esca dal laboratorio alla ribalta della vita industriale, sicch� l�Italia, come pulsante e potente cellula fotoelettrica, possa soprattutto e tutti offrire al mondo la fulgida visione di un popolo che in sole e in ombra � pronto oggi, come ieri, come domani, ad ubbidirvi, a servirvi, ad amarvi!�. Il momento � solenne � spiega l�articolo � e il Duce ascolta compiaciuto, comprendendo e approvando �l�arditismo della similitudine, insieme scientifica e poetica, dell�Italia raffigurata come una cellula irradiante energia�. Per stupire ulteriormente Mussolini, il delegato EIAR scrive su una lavagna alcune �parole che vengono graficamente trasmesse nell�attimo stesso che la mano commossa le traccia�. Quali sono queste parole? Be�, ovvio: �Evviva il Duce!�. Quel momento �magico e ardito� non poteva finire cos�: Mussolini, la star dell�Italia tutta, �si trasforma da spettatore in attore e, recandosi nella sala di trasmissione, si mette davanti all�apparecchio trasmittente. Cos� gli invitati nel buio della sala principale vedono apparire viva e parlante la maschia figura del Condottiero�. � questo l�inizio simbolico della �tv di Mussolini�, il periodo sperimentale del piccolo schermo sotto il fascismo, raccontato nell�omonimo libro del 2003 da Diego Verdegiglio. La televisione era nata nel 1925, anno in cui l�inglese John Baird inizi� a far conoscere il suo sistema di ripresa, trasmissione e ricezione delle immagini, che l�anno dopo sarebbe stato presentato anche a Milano. � qui, oltre che a Torino e a Roma, che iniziano le prime sperimentazioni in Italia, in attesa dell�inaugurazione ufficiale delle prime trasmissioni che si sarebbe tenuta il 22 luglio 1939 in via Asiago a Roma. Inizialmente i programmi si vedono nei televisori montati nel padiglione del Villaggio balneare, un complesso con piscine, teatro, pista da ballo e intrattenimenti vari dentro il Circo Massimo, e nei televisori in vetrina in alcuni negozi di via del Corso e via Nazionale. Si tratta, ovviamente, di una televisione ancora limitata, non solo per il numero di ore trasmesse (prima due poi quattro) ma anche per il numero di telespettatori raggiunti. � pi� che altro una dimostrazione tecnica, una meraviglia da mostrare nelle fiere o da mettere in vetrina, che molto raramente arriva nella casa di qualche ricco e potente. Di quella prima tv italiana ci sono rimasti pochissimi documenti, e niente di audiovisivo, parrebbe. Per questo � prezioso il lavoro di Verdegiglio, che si affida ai giornali dell�epoca e alle memorie di chi c�era. Come capita sempre con le nuove tecnologie, la prima tv suscit� speranze e paure. Ci fu chi la esalt�, immaginandone il futuro: la possibilit� di trasmettere in diretta quel che accadeva nel mondo, che fosse una partita di calcio o la funzione papale in piazza San Pietro. E ci fu chi si interrog� sulla sua possibile dimensione artistica, soprattutto se paragonata al cinema, e perfino chi immagin� che i personaggi dentro gli apparecchi fossero vivi e avrebbero, prima o poi, spiato gli spettatori. In una vignetta del 1939 che appare sulla copertina del giornale umoristico Il Travaso delle idee si vede una coppia vicino a un letto, lui in pigiama e lei intenta a togliersi il vestito. Sullo schermo del grosso televisore accanto a loro, un uomo dice: �Peppino, Gaetano, Arturo, correte a vedere! Ci sono due sposetti in viaggio di nozze!!�. Dai resoconti dell�epoca sappiamo che nel 1939 i primi programmi andavano in onda, e solo per qualche ora, di sera. Era un susseguirsi di numeri da variet�: scenette comiche, numeri da rivista musicale, imitatori e cantanti, Macario, Fabrizi, Nunzio Filogamo, e poi qualche adattamento di opere teatrali. Tra febbraio e marzo del 1940 and� in onda Ho scritto un bel soggetto, il primo prodotto di fiction inedito e originale della televisione italiana di cui ci sia giunta memoria. La trama: uno sceneggiatore italiano va a Hollywood per proporre la sua idea di dramma storico, che viene totalmente stravolta da produttore, regista e diva. �Morale della favola: autori non andate a Hollywood�� si raccomanda ancora, autarchicamente, il Radiocorriere in un servizio realizzato con foto di scena. In Italia la tv rimane un esperimento, che nasce in ritardo rispetto ad altri paesi e per di pi� a ridosso dello scoppio della Seconda guerra mondiale, che ne ferma lo sviluppo: le trasmissioni vengono infatti interrotte gi� alla fine di maggio del 1940, poche settimane prima del 10 giugno, giorno dell�entrata in guerra. Senza vedere il materiale video, � difficile decifrare l�effetto di quei primi programmi. Dai resoconti del Radiocorriere � evidente che il regime ne intu� le potenzialit� propagandistiche, ma anche che le prime trasmissioni furono di puro intrattenimento, durarono troppo poco e raggiunsero troppe poche persone per avere un effetto reale sulla popolazione. A funzionare da propaganda fu, se mai, la tv stessa, in quanto meraviglia tecnica che rifletteva il linguaggio, l�estetica e l�ideologia del regime. Per celebrare l�inaugurazione delle trasmissioni al Villaggio balneare nel 1939, il Radiocorriere scrisse che la televisione �mander� le pi� belle e vigorose immagini della razza e dell�arte italiana a documentare e illustrare visibilmente nel mondo i volti numerosi e geniali del nostro progresso e gli aspetti radiosi della nostra Civilt�. Ma gi� nell�Annuario dell�EIAR del 1929 ci si interroga sul rapporto tra guerra e televisione: se si far� vedere e sentire la voce della sua mamma a un soldato al fronte, quello si lancer� senza paura in battaglia e �se anche la mamma lo vedr�, le due anime saranno eternamente abbracciate nel nome della Patria�. Nel 1933 si favoleggia di trasmettere in tutto il mondo i raduni fascisti: �Pensate al buon italiano del fascio di Buenos Aires che mentre Mussolini passa in rivista le legioni dell�Urbe lo segue di l� dell�oceano, in casa sua! Senza vedersene, saluter� romanamente�. Quello che si sa � che, come racconta il Radiocorriere, il 30 ottobre 1939 il Duce assistette dal suo salotto di Villa Torlonia a una trasmissione televisiva, giudicandola �attraente e suggestiva�. Il regime fascista controll� e us� a proprio vantaggio i mezzi di comunicazione di massa, dalla stampa ai cinegiornali alla radio. La televisione, per�, era ancora nella sua preistoria: primi passi tecnologici e prime timide trasmissioni. Le possibilit� del mezzo furono intuite, ma la televisione fascista dur� troppo poco e fu troppo limitata per funzionare davvero come mezzo di propaganda. Anche perch� nei regimi la propaganda deve essere magniloquente. In Germania erano pi� avanti: la tv era stata inaugurata gi� nel 1935, un anno prima delle Olimpiadi di Berlino, che furono un test importante perch� vennero teletrasmesse in 27 luoghi pubblici per 8 ore al giorno. Grazie alla televisione, Hitler present� ai tedeschi e al mondo la potenza tecnologica della Germania anche se, come dimostr� nel 1938 il documentario Olympia di Leni Riefenstahl, soltanto il cinema con il suo linguaggio ormai consolidato poteva trasformare le Olimpiadi in un�esperienza estetizzante e nel primo evento sportivo di massa della storia. � in Germania che Mussolini apparve in tv la seconda volta, dopo il primo esperimento italiano del 1932, di cui non � rimasta traccia audiovisiva. I filmati che siamo abituati a vedere di lui sono quelli dei cinegiornali Luce. Anche la ripresa del suo viaggio a Monaco del 1937 � in pellicola, ma era destinata alla televisione tedesca. In alcuni casi, come durante le Olimpiadi, la pellicola poteva essere sviluppata subito e teletrasmessa con qualche decina di secondi di ritardo. Le bobine dell�incontro con Hitler del 1937 a Monaco sono state ritrovate insieme ad altre alcuni anni fa, permettendo al regista Michael Kloft di realizzare il documentario Television Under the Svastika, andato in onda anche in Italia sulla Rai all�interno del programma La storia siamo noi. Neppure in Germania, per�, la televisione fu un mezzo di comunicazione di massa. Era diffusa principalmente tra gerarchi, giornalisti e tecnici dell�ufficio postale che gestivano salette di visione collettiva. Come quella italiana, trasmetteva soprattutto programmi di intrattenimento, numeri musicali, filmati culturali, qualche reportage, servizi dedicati alla cucina e alla forma fisica e rudimentali sceneggiati. Raggiunse un pubblico pi� vasto soltanto con le Olimpiadi. Il fatto che furono ripresi anche alcuni �raduni di Norimberga�, i congressi annuali del partito nazionalsocialista, dimostra che le sue potenzialit� come strumento di informazione e consenso furono intuite gi� allora. Secondo Kloft, per�, la sua efficacia propagandistica fu scarsa anche in quelle occasioni, non solo per la limitatezza dei mezzi ma anche per un certo disinteresse dei vertici nazisti. Quello che passa in quei programmi, tanto pi� se di intrattenimento, � un messaggio pi� modesto e quotidiano che restituiva e rafforzava la mentalit� del tempo, veicolando un tipo di propaganda pi� sottile: le annunciatrici salutano sempre gli spettatori con la frase �Heil Hitler�; le canzoni tradizionali tedesche si alternano ai canti nazisti; vengono trasmessi un servizio sulla �Scuola delle spose del Reich� dove si impara a diventare brave mogli e un altro per istruire sui pericoli del bolscevismo e della �razza ebraica�. Quando l�1 settembre 1939 la Germania invade la Polonia, le trasmissioni vengono interrotte per riprendere solo sei settimane dopo. Fino al 1943, quando a causa dei bombardamenti degli Alleati le trasmissioni quotidiane sono difficili da garantire, la televisione si trasforma in una sorta di canale tematico di consigli per il periodo della guerra. In uno degli ultimi programmi si vedono soldati con protesi che ballano con alcune ragazze. �Hai entrambe le gambe amputate, ma sei ancora capace di godere delle cose della vita�, dice una ragazza a uno di loro. �S�, risponde il soldato, �la vita � veramente una cosa meravigliosa�. La propaganda tenta di alzare il morale alla popolazione, ma le immagini ormai dicono altro. Nell�autunno del 1944 la televisione del Terzo Reich si spegne. Nel 1937, al tempo della visita di Mussolini a Monaco, i regimi nazifascisti potevano ancora fingersi grandiosi. I due dittatori sfilano insieme verso le truppe con baldanza militaresca. L�inquadratura � a distanza. Il tono quello della cronaca in diretta, radiofonica. Ma nelle immagini che seguono, Mussolini � accolto nella residenza di campagna di Hermann G�ring, il luogotenente di Hitler. E qui la telecamera si avvicina reverenziale, per concedere al pubblico di allora e a noi che guardiamo quasi novant�anni dopo un momento intimo, privato, glamour dei potenti. � in quell�istante che sul corpo dei capi si intravede un�altra propaganda, quella futura che vediamo ogni giorno sui social, che allora la neonata tv non poteva sfruttare e neppure intuire, ma che probabilmente costituisce la sua forza specifica. E per� pi� subdola. Il dittatore non appare e non � messo in scena come il �maschio Condottiero� ma � (quasi) uno di noi. Per pochissimi secondi, sembra che Mussolini guardi davanti a s�, dritto nell�obiettivo, verso di noi.