Settembre 2025 n. 9 Anno LV MINIMONDO Periodico mensile per i giovani Direzione redazione amministrazione e stampa Biblioteca Italiana per i Ciechi �Regina Margherita� Onlus via G. Ferrari, 5/a 20900 Monza Casella postale 285 tel. 039/28.32.71 fax 039/83.32.64 e-mail: bic@bibciechi.it web: www.bibliotecaciechi.it Registrazione 25-11-1971 n. 202 Dir. resp. Pietro Piscitelli Comitato di redazione: Pietro Piscitelli Massimiliano Cattani Luigia Ricciardone Copia in omaggio Rivista realizzata anche grazie al contributo annuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Cultura. Indice La prima bomba atomica, 80 anni fa su Hiroshima Sono unico, non viziato Ettore Majorana: cervello in fuga? Storia delle patatine fritte, da quelle belga alle croccanti in busta Trento, un mix prezioso di natura, storia e cultura Pippo Baudo, il conduttore e il talent scout La prima bomba atomica, 80 anni fa su Hiroshima (Ilpost.it) - Gli Stati Uniti scelsero una citt� non a caso per costringere il Giappone alla resa: tre giorni dopo tocc� a Nagasaki - Alle 8:15 di mercoled� 6 agosto (l�1:15 italiana) a Hiroshima, in Giappone, c�� stata, come ogni anno, una preghiera in silenzio. Le 8:15 � l�ora in cui, esattamente ottant�anni fa, un bombardiere degli Stati Uniti sganci� sulla citt� la prima bomba atomica mai impiegata in una guerra. La seconda, e finora ultima, fu usata tre giorni dopo su Nagasaki, a circa 400 chilometri di distanza. Era la fine della Seconda guerra mondiale: il Giappone era gi� sconfitto militarmente ma aveva rifiutato di arrendersi (la Germania nazista lo aveva fatto a maggio). Il 15 agosto del 1945 annunci� la resa incondizionata. La bomba atomica fu lanciata da circa 10-mila metri d�altezza da un bombardiere B-29 che si chiamava �Enola Gay� come la madre del suo pilota, Paul Warfield Tibbets. Scoppi� 600 metri sopra il centro di Hiroshima, sopra l�ospedale Shima. In quella zona rimase in piedi solo un edificio, la cui cupola � uno dei simboli della citt�. Le persone uccise dalla bomba furono pi� di 200mila (su 318mila abitanti): 140-mila a ridosso dell�attacco, le altre nei mesi e negli anni successivi a causa delle radiazioni, di cui all�epoca il governo statunitense nascose gli effetti devastanti, minimizzandoli con una campagna di disinformazione. Nei giorni successivi all�attacco, i toni della propaganda statunitense furono smaccatamente celebrativi. Per il governo era stato anche un test dell�ordigno messo a punto da un programma di ricerca segreto, il Progetto Manhattan. Per spiegarne la portata ai lettori che non avevano mai sentito parlare di una bomba atomica, l�edizione del 6 agosto del New York Times scrisse in prima pagina che �equivale a 20-mila tonnellate di TNT�. Il giornale riport� le minacce del presidente Harry S. Truman, che intimava all�Impero giapponese di arrendersi o di aspettarsi �una pioggia di rovine dal cielo come non se n�� mai vista una su questa Terra�. Il 9 agosto del 1945, come detto, gli Stati Uniti sganciarono la seconda bomba atomica su Nagasaki (con una carica esplosiva di 20 chilotoni, pi� potente di quella di Hiroshima che era di 15 chilotoni, anche se il New York Times parl� di 20). A Nagasaki furono uccise almeno 75-mila persone. Hiroshima e Nagasaki furono scelte come obiettivi perch�, in estrema sintesi, erano praticamente le uniche tra le maggiori citt� giapponesi dove ci fosse ancora qualcosa da distruggere. Nei mesi precedenti erano state risparmiate dall�aviazione statunitense con il preciso scopo di condurvi l�attacco dimostrativo, che mostrasse cio� al mondo la potenza della nuova bomba. Gli aerei viaggiarono di giorno e furono inviati senza scorta per far pensare ai giapponesi che fosse una missione di ricognizione. Non lo era. L�aspetto simbolico non fu secondario rispetto a quelli militari, ancora dibattuti. Hiroshima era la sede di numerose industrie militari e del quartier generale che avrebbe guidato la difesa del Giappone meridionale in caso di invasione. I comandanti delle forze armate statunitensi volevano costringere l�Impero a una resa per evitare di doverlo invadere via terra: una campagna militare che sarebbe stata assai dispendiosa in termini di uomini e di risorse, dopo anni di combattimenti (gli Stati Uniti entrarono in guerra nel dicembre del 1941 in seguito all�attacco giapponese sulla base navale di Pearl Harbor, alle Hawaii). Questo obiettivo venne raggiunto. Negli anni successivi agli attacchi sul Giappone, e alla fine del secondo conflitto mondiale, ci fu una gara tra Stati Uniti e Unione Sovietica, le due maggiori potenze dell�epoca, a dotarsi della bomba atomica. Nel contesto della Guerra Fredda, infatti, possederle era considerato un deterrente: necessario cio� a scoraggiare un attacco dell�altro blocco. A partire dagli anni Settanta, Stati Uniti e URSS iniziarono un dialogo improntato al controllo e alla limitazione delle armi atomiche, con ispezioni reciproche e pi� trasparenza sugli arsenali. Questa fase, che non port� mai a un vero disarmo, � di fatto finita con l�invasione russa dell�Ucraina. Nel 2023 la Russia si � ritirata dal New Start, l�ultimo di una serie di trattati di non proliferazione nucleare, e come diretta conseguenza delle sue minacce espansionistiche diversi paesi europei hanno rivalutato l�importanza di possedere arsenali atomici. Nel corso della cerimonia annuale il sindaco di Hiroshima, Kazumi Matsui, ha commentato questi sviluppi: ha parlato di �una tendenza al riarmo nel mondo� dicendo che �ignora spudoratamente le lezioni che la comunit� internazionale avrebbe dovuto imparare dalle tragedie della Storia�. Sono unico, non viziato (di Elisa Venco, �Focus� n. 386/24) - Molti ritengono che crescere senza fratelli renda egoisti e un po� asociali. Non � cos�: un solo figlio riceve, � vero, pi� cure e attenzioni, ma ci� lo rende pi� autonomo e generoso rispetto ai coetanei, dice la scienza - Fino a qualche anno fa erano tutti d�accordo con Granville Stanley Hall, primo presidente dell'American Psychological Association, che nel 1927 dichiar�: �Essere figli unici � di per s� una malattia�. Del resto, nell'immaginario comune i bambini cresciuti senza fratelli e sorelle sono viziati, narcisi, solitari e arroganti. Non a caso i protagonisti di film e telefilm, personaggi cui viene spontaneo affezionarsi, di solito sono pieni di fratelli e sorelle. Pensiamo alla differenza, per esempio, tra quanto ci sembravano amichevoli e spiritosi i cinque rampolli del telefilm I Robinson e quanto saccente risultasse invece Hermione Granger, la studentessa figlia unica che compare in Harry Potter, che pur essendo un personaggio positivo non era certo un campione di simpatia e socievolezza. A molti di noi pare ovvio che un bambino che � sempre stato al centro dell�attenzione dei suoi genitori sia abituato a ritenersi un piccolo prodigio e titolato a ricevere tutto ci� che desidera. E questa considerazione negativa risale almeno al 1897, quando lo psicologo statunitense Eugene W. Bohannon esamin� pi� di 1.000 bambini, tra cui 46 figli unici, giudicando questi ultimi egoisti e antisociali, oltre che affetti da una salute peggiore rispetto a chi nasceva in famiglie numerose. In effetti, parecchi dei 46 ragazzi esaminati vivevano in fattorie isolate e lavoravano ogni giorno per molte ore: una condizione che poteva spiegarne sia le frequenti malattie sia la scarsa propensione a stare con gli altri. Inoltre, per quanto Bohannon riconoscesse molta fantasia nei figli unici, attribu� questa dote a �mancanza di compagnia� pi� che a tratti individuali e sottoline� che comunque costoro avrebbero potuto usarla per �la pratica dell�inganno e della menzogna�. � probabile, per�, che la svalutazione dei figli unici sia iniziata gi� prima dello studio di Bohannon, se non altro perch�, statisticamente, fino a tempi recenti i bambini senza fratelli sono stati una stranezza. I nostri antenati quasi sempre avevano una prole numerosa (anche in considerazione del tasso di mortalit� dei bambini); di conseguenza, per lungo tempo, essere figli unici era segno di problemi familiari, come la scarsa salute dei due genitori o la loro povert�. In ogni caso, dopo quel primo studio, gli stereotipi sul figlio unico proliferarono. Alfred Adler, eminente psicoterapeuta austriaco, esaminando come la struttura familiare influisca sullo sviluppo dei bambini, ne concluse che i figli unici venivano troppo coccolati e che i genitori che sceglievano di non avere altri bambini infliggevano loro �danni psicologici�. E nel 1979, lo psicologo George W. Crane della Northwestern University si spinse addirittura a inserire la penalizzante variabile del figlio unico nella sua �formula del divorzio�, finalizzata a prevedere l�esito di un matrimonio. In base alle interviste con 5.268 uomini e donne divorziati, Crane assegn� un punteggio a varie categorie di persone: a chi era figlio unico, lo studioso assegn� l�handicap pi� significativo, 25 punti, poich� pensava che i figli unici fossero irrazionali e inflessibili. Un figlio maggiore aveva invece un punteggio di 15; un minore di 10 e quello di mezzo di 3. La formula di Crane riuniva il punteggio di marito e moglie e poi divideva per 100 la somma risultante. Due figli unici coniugati ammontavano a 50 (25 pi� 25) e cos�, dividendo 50 per 100, ecco la previsione: i figli unici avrebbero totalizzato un divorzio ogni due matrimoni, un tasso molto pi� alto delle altre categorie. In realt�, secondo ricerche pi� recenti, i figli unici hanno solo una leggera probabilit� in pi� di divorziare rispetto a chi ha fratelli. In particolare, ogni fratello o sorella decresce del 3% la possibilit� di divorziare, anche se non � ben chiaro se ci� si debba all�abitudine dei fratelli di convivere con gli altri, riducendo cos� la conflittualit� in casa, o se invece i figli unici si lascino pi� spesso solo perch� sanno gestire meglio la solitudine. Ci� premesso, abbiamo ragione a pensar male dei figli unici? Detto brevemente: no. Tutti i luoghi comuni sul loro comportamento sono stati demoliti dopo l�analisi, avvenuta tra il 1986 e il 1988 (poi ripetuta varie volte fino al 2012), di centinaia di studi scientifici sul tema. Le due autrici della ricerca, le psicologhe Toni Falbo e Denise Polit, non hanno riscontrato infatti differenze significative di personalit�, socialit�, intelligenza tra figli unici e non, affossando l�idea dei primi �come egoisti, solitari o disadattati�. E lo stesso si pu� dire per quanto riguarda il narcisismo: una ricerca apparsa nel 2020 sul periodico Personality and Individual Differences, condotta su 8.689 studenti universitari americani, ha smentito che narcisismo o arroganza appartengano maggiormente a chi � cresciuto senza fratelli. Non regge neppure l�idea che i figli unici siano meno felici perch� crescono soli. Le ricerche non trovano riscontro di questa presunta infelicit�, anche se �alcuni studi sulla tarda infanzia e la prima adolescenza suggeriscono che i figli unici trascorrono pi� tempo per conto proprio. Ma questo non vuol dire che ne soffrano�, sottolineava Falbo. Inoltre, negli esperimenti condotti dalla stessa Falbo, i figli unici si sono dimostrati pi� cooperativi dei bambini confratelli che, al contrario, sono risultati pi� competitivi (forse perch� in casa trovano un rivale per l�attenzione dei genitori). Di conseguenza, i primi non restano necessariamente isolati, perch� il loro atteggiamento collaborativo favorisce lo sviluppo di amicizie. Mediamente, poi, i figli unici hanno un quoziente intellettivo leggermente superiore e voti pi� alti, forse perch� sono pi� stimolati e seguiti dai loro genitori. In pi�, come concluso dai ricercatori della Southwest University di Chongqing (Cina), che hanno messo a confronto 126 studenti senza fratelli e 177 con fratelli, i primi sono pi� portati per il pensiero laterale e le soluzioni creative. L�ipotesi degli esperti � che, dovendo da sempre fare affidamento solo su se stessi, siano spinti a diventare inventivi e intraprendenti gi� in tenera et�. A maggio di quest'anno, una analisi condotta riunendo i dati di 113 studi su quasi 240.000 bambini cinesi, ed effettuata all�Universit� di Macao, ha concluso che i figli unici hanno meno probabilit� degli altri di soffrire di disagio mentale. In compenso hanno un microbioma meno diversificato. La notizia non sorprende, poich� pi� bambini ci sono, pi� probabile � che i batteri vengano condivisi all�interno di una famiglia. Essere figli unici presenta per� qualche svantaggio: alcune ricerche provano che gestiscono peggio il conflitto, perch� non sono stati allenati alla rivalit� e al gioco tra fratelli. Tuttavia tendono ad avere relazioni pi� positive con i genitori e, grazie alle competenze sviluppate in queste relazioni, �imparano presto come andare d'accordo con gli adulti e adattarsi al loro mondo, il che � di grande utilit�, ha spiegato lo psicologo Carl Pickhardt, autore del saggio The future of your only child (MacMillan). D�altra parte, l'adolescenza per loro pu� essere un periodo particolarmente difficile, poich� i bambini che hanno sopportato da soli tutto il peso delle aspettative e dell�approvazione dei genitori faticano di pi� a diventare individui autonomi. Per un figlio unico, l'opposizione richiede infatti un coraggio extra. �Perch� non vuoi alienarti i tuoi genitori: sono le persone pi� importanti al mondo�, come sostiene Pickhardt. Una recente ricerca danese ha dimostrato un�altra differenza: i figli unici entrano nella pubert� circa 4-5 mesi prima di chi ha fratelli. La ragione � sconosciuta ma potrebbe essere di carattere evolutivo: essendoci un solo individuo che pu� trasmettere il Dna dei genitori � meglio che �si sbrighi� a farlo. Dopo i 50 anni d�et�, inoltre, i figli unici sembrerebbero pi� cagionevoli. Un�analisi condotta dall'Universit� di Stoccolma (Svezia) sui nati tra il 1940 e il 1975 ha riscontrato che i figli unici di mezza et� sono pi� spesso in sovrappeso e hanno tassi di mortalit� pi� elevati di chi ha fratelli. In genere, la solitudine � la prima causa che viene in mente per spiegare questo divario. Eppure, secondo i ricercatori � difficile sapere, per esempio, se sia davvero cos� o se alcune famiglie abbiano avuto solo un figlio per patologie pregresse dei genitori. � possibile, cio�, che i figli unici non si ammalino di pi� perch� sono soli, ma l'opposto: sono soli perch� hanno una salute pi� precaria. Anche in questo caso, insomma, pu� essere che le idee preconcette ce li mostrino in una luce che non ha riscontro nella realt�. Riportandoci in fondo al pregiudizio da cui siamo partiti: magari essere figli unici non sar� una malattia in s�, ma probabilmente si continua a pensare che tanto bene non faccia. E se i figli hanno molti anni di differenza? Si pensa che quando due fratelli hanno molta differenza di et�, di fatto crescano come figli unici. Ma � cos�? La scienza non conferma, ma sui fratelli �distanti� ha raccolto comunque dati interessanti. Uno studio pubblicato nel 2017 dall�Institute of Labor Economics di Bonn (Germania) ha provato a valutare per esempio come la differenza di et� influisca sulla personalit�. Sulla base dei dati relativi a 17.000 secondogeniti inglesi nati nell�aprile 1970, che sono stati seguiti fino ai 42 anni, � emerso che un ampio gap di et� si collega a un peggioramento di alcuni tratti della personalit� del pi� giovane rispetto alla media. Nello specifico, un divario di 7 o 5 anni porta a un comportamento pi� contraddittorio, a nevrosi pi� frequenti e a una maggiore introversione nel secondogenito. Uno studio del 2012 condotto dall'Universit� di Notre Dame nell�Indiana (Usa) conferma invece che la solitudine di cui ha goduto per vari anni il figlio maggiore si traduce in migliori risultati a scuola, forse perch� i genitori hanno �investito� (ovvero dedicato pi� tempo e attenzione) sul primogenito fino all'arrivo del fratello/sorella. Non sono invece state trovate relazioni tra il divario di et� tra fratelli e lo sviluppo del linguaggio nel figlio molto pi� piccolo, che risulta uguale a quello di chi ha avuto vicino fratelli di et� simile. Italia: un paese di �principini� Da tempo in Italia e non solo si parla di denatalit�, ovvero della costante tendenza a fare sempre meno figli. I motivi sono molteplici, dal costo dei figli all�et� crescente in cui le madri hanno il primogenito, ma i dati univoci: secondo un'analisi di Eurostat del 2023 sulle famiglie presenti nell'Unione Europea (circa 200 milioni), quasi la met� di quelle con bambini o ragazzi under 18 comprende solo un figlio, con l'eccezione di Irlanda e Paesi Bassi in cui i figli sono mediamente di pi�. In Italia nel 2023 le famiglie con un figlio sono risultate 3.195.000, contro le 2.223.900 con 2 figli e le 438.700 con 3. Nel 2006 erano tutte di pi�: 3.560.500 quelle con un figlio, 2.486.200 le famiglie con 2 figli e 455.300 quelle con 3 (l�analisi Eurostat fotografa la situazione nel momento in cui viene effettuata e considera solo i figli minorenni). Ettore Majorana: cervello in fuga? (di Massimo Manzo, �Focus Storia� n. 215/24) - La scomparsa del fisico, nel 1938, � ormai un classico dei misteri italiani. Davvero lasci� tutto per andare in Sud America? - �Ettore Majorana, ordinario di Fisica teorica all�Universit� di Napoli, � misteriosamente scomparso dagli ultimi di marzo. Di anni 31, alto metri 1.70, snello, con capelli neri, occhi scuri, una lunga cicatrice sul dorso di una mano. Chi ne sapesse qualcosa � pregato di scrivere�. Comincia cos�, con questo appello del 17 luglio 1938 sulla Domenica del Corriere, uno dei misteri italiani pi� indagati di sempre. Il caso si era aperto il 26 marzo, quando il celebre fisico Ettore Majorana aveva fatto perdere le sue tracce. Da allora, per oltre ottant'anni, la domanda � rimasta la stessa: che fine ha fatto? In molti hanno cercato di svelare il mistero sulla sua scomparsa e in tempi recenti si sono aperte nuove e intriganti piste investigative. Nato a Catania nel 1906, Majorana proveniva da un�illustre famiglia siciliana di ministri, scienziati e professori universitari (lo zio Quirino era presidente della Societ� di fisica d�Italia), ma super� per ingegno tutti i parenti. Nel 1923 entr� alla Scuola di ingegneria per poi passare alla Facolt� di fisica di Roma, dove nel 1929 si laure� a pieni voti. Il suo relatore era il futuro premio Nobel Enrico Fermi, e proprio grazie a lui Ettore fece il suo ingresso nell'istituto di fisica di via Panisperna insieme ad altri giovani scienziati, tra cui Edoardo Amaldi, Emilio Segr� e Franco Rasetti. Un team destinato a rivoluzionare il mondo della fisica, effettuando la prima fissione nucleare artificiale di un atomo di uranio e ponendo le basi teoriche per la futura creazione della bomba atomica. Tra i �ragazzi di via Panisperna�, Ettore si fece subito notare per le sue capacit� fuori dal comune. I suoi compagni lo battezzarono �il grande inquisitore�, mentre lo stesso Fermi lo paragon� a personaggi come Newton e Galileo. Un'esperienza negli istituti di fisica di Lipsia e Copenaghen, nel 1933, consacr� la sua fama di astro nascente, impressionando scienziati del calibro di Niels Bohr e Werner Heisenberg. A meno di trent'anni, Ettore Majorana era dunque sulla cresta dell�onda. Dietro il profilo da genio si celava per� un carattere fragile e chiuso, riluttante a pubblicare i risultati delle sue ricerche. Al ritorno a Roma, malgrado fosse corteggiato da universit� come Yale e Cambridge, Ettore attravers� un periodo di depressione. Poi, il 16 novembre del 1937 gli fu assegnata d�ufficio la cattedra di professore straordinario di fisica teorica all�Universit� di Napoli, �per l�alta fama di singolare perizia�. Il soggiorno napoletano dur� appena quattro mesi. Alla fine di marzo 1938, Ettore era gi� un fantasma. Gli ultimi indizi li dissemin� lui stesso, con una serie di lettere dal contenuto contraddittorio. Il 25 marzo, prima di imbarcarsi su un piroscafo da Napoli a Palermo, scrisse ai genitori una lettera che faceva pensare al peggio: �Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all�uso, portate pure, ma per non pi� di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi�. Di tono simile un�altra missiva diretta al fisico Emilio Carrelli, con cui aveva stretto amicizia all'universit�: �Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile [...] ti prego di perdonarmi�. Parole che sanno di imminente suicidio. Eppure, il 26 marzo Majorana sbarc� sano e salvo nel capoluogo siciliano. In un�ennesima lettera indirizzata a Carrelli sembr� aver fatto un passo indietro: �Il mare mi ha rifiutato e ritorner� domani all�albergo Bologna [...]. Ho per� intenzione di rinunziare all�insegnamento�. In seguito, Ettore acquist� un biglietto navale di ritorno per Napoli. Poi, pi� nulla. Sulla scorta dell�allarme lanciato dai familiari, iniziarono le indagini ufficiali. Spunt� una prima testimonianza, quella del passeggero Vittorio Strazzeri, che dichiar� di aver visto Majorana sulla nave per Napoli. Non convinse gli inquirenti. Le ricerche in mare, intanto, non restituirono nessun cadavere. Cosa ancora pi� strana, si scopr� che prima di sparire Ettore aveva ritirato cinque stipendi arretrati e il passaporto. Il caso divenne una questione di Stato: per cercarlo, il governo sguinzagli� agenti in tutto il Paese e persino Mussolini insistette affinch� si venisse a capo della vicenda. Nell'estate del 1938 la polizia segreta fascista fin� in Cilento, dove alcuni pastori avevano avvistato un giovane fuggiasco vestito elegantemente nei pressi del vicino convento dei gesuiti. Anche in quel caso, le indagini finirono in un buco nell�acqua. La tesi pi� probabile, e ancora oggi non smentita del tutto, restava quella del suicidio. Fin da subito, per�, non convinse tutti. E se fosse fuggito per cambiare vita? Una delle prime ipotesi alternative alla morte � che lo scienziato si fosse rintanato in incognito in un convento. Alcuni decenni dopo, nel saggio La scomparsa di Majorana (1975), lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia ribad� tale teoria: secondo lui, il geniale Ettore avrebbe intuito in anticipo le conseguenze disastrose delle proprie scoperte sul piano bellico, cadendo in una sorta di crisi mistica e rifugiandosi nella certosa di Serra San Bruno, presso Vibo Valentia. Una tesi suggestiva, ma priva di riscontri. La teoria del �Majorana monaco� fu solo una delle tante fiorite negli anni, e nemmeno la pi� fantasiosa. C�� stato chi lo ha identificato in un misterioso vagabondo, tale Tommaso Lipari, comparso nel Dopoguerra nella cittadina di Mazara del Vallo (Trapani) e morto nel 1973. Scontroso e riservato, si diceva che quest�ultimo avesse una cicatrice sulla mano, proprio come Majorana, e che fosse appassionato di matematica. La sua vicenda attir� l�attenzione del magistrato Paolo Borsellino, nel 1986 procuratore a Marsala, che apr� un�inchiesta per saperne di pi�. Il risultato non lasci� adito a dubbi: Lipari non era affatto Majorana, ma un ex carcerato nato nel 1900 a Tunisi. Secondo un�altra ipotesi, il fisico si sarebbe trasferito in incognito in Germania (non si sa se volontariamente o meno) dove avrebbe collaborato con gli scienziati nazisti, finendo in Argentina in seguito alla caduta del regime hitleriano. La �pista nazista� non � l�unica a portare in America Latina. Nel 1987 l�ex professore universitario Erasmo Recami sostenne che lo scienziato fosse emigrato a Buenos Aires, dove avrebbe vissuto fino alla met� degli Anni �50. Per giungere a questa conclusione si bas� su diverse testimonianze, tra cui quella di Blanca de Mora, moglie del premio Nobel per la letteratura Miguel Angel Asturias, che avrebbe confidato candidamente a dei conoscenti: �Ettore Majorana? A Buenos Aires lo conoscevano in tanti�. La permanenza nella capitale argentina sarebbe avvenuta alla luce del sole, con frequenti contatti con membri della comunit� italiana. Una svolta sorprendente arriv� nel 2008, quando un ex emigrato italiano di nome Francesco Fasani telefon� alla trasmissione televisiva Chi l�ha visto?, facendo rivelazioni clamorose. Durante la sua permanenza nella citt� venezuelana di Valencia, a partire dal 1955, Fasani raccont� di aver stretto amicizia con un cinquantenne estremamente riservato che si faceva chiamare �signor Bini�. A svelargli che si trattava di Ettore Majorana sarebbe stato un altro italiano, un certo Carlo. Unica prova dell�esistenza di Bini, una vecchia fotografia conservata da Fasani, che lo ritrae insieme a un uomo sorridente dall�aria invecchiata. Era lui il fisico scomparso? Il racconto del supertestimone era dettagliato, tanto da spingere la procura di Roma ad aprire un�inchiesta, conclusasi nel 2015 con una tesi scioccante: Ettore Majorana si sarebbe �trasferito volontariamente all�estero permanendo in Venezuela almeno nel periodo tra il �55 e il �59�. A supportare l�ipotesi ci sarebbero vari elementi, prima tra tutti l�analisi della foto di Fasani. Secondo il Ris dei carabinieri, infatti, �la comparazione del viso di Bini con quello di Ettore Majorana e con quello del padre dello scienziato, Fabio Majorana [�], addirittura nei singoli particolari anatomici�. Ma c�� anche un altro indizio: una cartolina regalata da Fasani al fratello e ritrovata, a suo dire, nella macchina di Bini, sempre zeppa di carte e appunti. La missiva, datata 1920, contiene appunti relativi a ricerche sulla forza di gravit�, ma a stupire � il mittente: Quirino Majorana, zio di Ettore. Com�era finita nelle mani di Fasani? Stando alla procura, �Il reperimento di siffatta missiva nell�auto di Bini conferma la vera identit� di costui come Ettore Majorana, stante il rapporto di parentela con lo zio Quirino [�] e il frequente rapporto epistolare gi� intrattenuto tra gli stessi�. Malgrado le conclusioni dei magistrati, sulla presunta permanenza venezuelana di Majorana restano molti punti oscuri, che un�inchiesta giornalistica ha provato a chiarire. Approfondendo le dichiarazioni di Fasani e con ricerche sul posto � venuto fuori che il nome Bini non risulta in nessun documento ufficiale. In compenso, si � riusciti a capire chi fossero alcuni personaggi a lui legati, come il fantomatico �signor Carlo�, l�uomo che avrebbe rivelato poi l�identit� di Bini a Fasani, identificato con l'imprenditore Carlo Venturi. Ebbene, stando alla ricostruzione dell'inchiesta, dopo il rovesciamento del regime del dittatore Juan Domingo Per�n (1955) Ettore, fino ad allora residente a Buenos Aires, sarebbe fuggito insieme a Venturi in Venezuela, assumendo una falsa identit� e trasferendosi in un villaggio tra Valencia e Maracay. A poca distanza da l�, in quegli anni si stava per costruire il primo reattore nucleare dell�America Latina e non � escluso che Bini-Majorana abbia partecipato al progetto. Un ennesimo colpo di Stato militare, nel 1958, avrebbe portato il fisico a nascondersi in un convento dei cappuccini a Valencia. Da quel momento, anche la ricostruzione giornalistica si ferma. E la domanda �che fine ha fatto Majorana?� rimane ancora oggi senza risposta. Sulle sue tracce L�improvvisa scomparsa di Ettore Majorana � stata nel tempo oggetto di innumerevoli saggi e inchieste, non sempre attendibili. Una delle ricerche pi� approfondite sul tema � stata condotta nel 2015 dai giornalisti Giuseppe Borello, Lorenzo Giroffi e Andrea Sceresini, autori del volume La seconda vita di Majorana (Chiarelettere). Per saperne di pi�, abbiamo intervistato Andrea Sceresini. - Com'� nata la vostra inchiesta? �Siamo partiti dalla tesi formulata dal Tribunale di Roma, provando a verificare sul campo le conclusioni dalla sentenza e colmando alcune delle lacune che i magistrati italiani non avevano potuto approfondire, anche per via della reticenza del governo di Caracas a fornire informazioni. Per pi� di un mese, la nostra indagine ci ha cos� portato in giro per il Venezuela al fine di raccogliere informazioni di prima mano, testimonianze e documenti, visitando di persona i luoghi descritti da Francesco Fasani e tentando di rinvenire le tracce di Majorana�. - Quali sono state le difficolt� maggiori che avete incontrato? �Data la difficile condizione in cui versa il Venezuela, in alcune circostanze si rischiava persino spostandosi da una citt� all'altra. Rinvenire documenti provenienti dagli uffici statali, inoltre, � stato complicato. I continui rivolgimenti politici di cui � stato oggetto il Paese nel corso della propria storia, gi� a partire dagli Anni 50, hanno comportato la distruzione di numerosi archivi e compromesso materiale potenzialmente utile per la nostra indagine. Ci� nonostante, abbiamo ricevuto anche inaspettati aiuti, come quello di una fonte italo-venezuelana, che ci ha messo a disposizione un'immensa banca dati elettronica con l'elenco di tutti gli stranieri giunti in Venezuela tra il 1943 e il 2004�. - Quando vi siete accorti che la �pista venezuelana� poteva rivelarsi quella giusta? �Nel momento in cui abbiamo capito che il racconto di Fasani era corroborato da fatti concreti e non presentava sbavature, malgrado fossero passati molti anni dal suo ultimo incontro con il �signor Bini�. Oltre alle prove fornite alla magistratura, come la foto scattata con lui nel 1955 e la cartolina del 1920 riconducibile a Quirino Majorana, zio di Ettore, abbiamo infatti riscontrato che le persone e i luoghi evocati da Fasani non erano frutto di fantasia. Attraverso la nostra banca dati abbiamo potuto fare importanti passi avanti nell'identificazione di alcune figure chiave da lui menzionate, come Carlo Venturi e Leonardo Cuzzi, emigrati italiani in stretto contatto con Bini�. - Che rapporto c�era tra Bini e Fasani? �I due si conobbero poco dopo l'arrivo di Fasani a Valencia e presto instaurarono un rapporto quasi filiale. Nonostante l'estrema riservatezza di Bini, Fasani riusc� a carpire alcuni dettagli significativi del personaggio: dalla data di nascita (1906) identica a quella di Majorana, ai piccoli foglietti di carta di cui era spesso coperta l'automobile del suo amico sui quali Bini annotava numeri, cifre e lunghe formule matematiche�. - Esiste un legame tra la vostra inchiesta e la �pista argentina� gi� ipotizzata dal professor Erasmo Recami? �Certamente. Le due vicende sono da mettere in continuit�, come dimostrano le date, perfettamente compatibili. Nel raccogliere le testimonianze di coloro che avevano conosciuto Majorana a Buenos Aires, Recami aveva inoltre individuato una serie di indirizzi, dagli affittacamere che lo avrebbero ospitato ai salotti italoargentini che avrebbe frequentato. Ebbene, questi luoghi si trovavano a pochissima distanza dall'abitazione di Carlo Venturi, l'imprenditore con cui Ettore sarebbe fuggito in Venezuela, circostanza che ci fa pensare che i due si conoscessero�. - Durante il suo soggiorno in Sud America, che lavoro svolgeva, secondo voi, Majorana? �Molto probabilmente, fu coinvolto in progetti ingegneristici governativi sia in Argentina sia in Venezuela, sfruttando le proprie capacit� in materia. Non possiamo escludere che collabor� alla costruzione del primo reattore nucleare dell'intera America Latina, sorto proprio negli Anni �50 sulle colline a ovest di Caracas�. - Quando si perdono le sue tracce in Venezuela? �Il 23 gennaio 1958, un golpe militare rovescia il regime del dittatore Marcos P�rez Jim�nez. La sua caduta port� a una serie di brevi ma violente persecuzioni anti-italiane. A quel punto, sulla base di vari indizi trovati in loco, abbiamo ipotizzato che Ettore Majorana si sia rifugiato nel convento dei cappuccini di plaza Sucre, a Valencia. Non vi � certezza su cosa avvenne dopo, ma se � deceduto in Venezuela, potrebbe essere stato seppellito nel piccolo cimitero di Guacara, sulla strada tra Valencia e Maracay�. Storia delle patatine fritte, da quelle belga alle croccanti in busta (di Michela Becchi, Gamberorosso.it) - Create in Belgio, divenute famose in America, oggi apprezzate ovunque: le patatine fritte non conoscono et� o confini, sanno conquistare davvero tutti. Ecco come sono nate - Goduriose, saporite, con un po� di sale oppure immerse in salse dense e cremose. In una parola: irresistibili. Le patatine fritte sono uno dei contorni pi� sfiziosi che ci siano, nella classica versione a fiammifero o nella loro evoluzione pi� recente, croccante e a fette sottili, le patatine in busta. Che si tratti di chips all�inglese, pi� spesse e tozze, fries all�americana sottili e allungate o di sfoglie confezionate, le patatine sono state per molto tempo associate al concetto di junk food, ma oggi sappiamo che vengono realizzate artigianalmente anche da pub e ristoranti, fritte in olio buono e partendo da una materia prima di qualit�. Certo, sono pur sempre caloriche, ma concedersi una coccola di tanto in tanto � pi� che legittimo. E poi, chi sa resistere a un piatto di deliziosi bastoncini gialli dall�aspetto invitante? Ma proviamo a capire quando e dove sono nate. Primo assam, secundo elixam, tertio e iure uti coepisse natura docet. Scomodiamo Varrone per ricordare le tappe cronologiche dell�evoluzione delle tecniche di cottura: prima l�arrosto, poi il lesso e infine la cottura in salsa. Ben pi� recente � l�introduzione della frittura, gi� presente fra le popolazioni antiche ma per niente popolare. Di fonti scritte sulle origini delle patatine non ce ne sono molte ma un dubbio fra tutti � quello che attanaglia gli appassionati: Francia o Belgio? Due Paesi che si contendono la paternit� della ricetta, attribuita tradizionalmente ai belgi, che sembra usassero friggere striscioline di patate gi� dal Seicento. Un�usanza nata per necessit�, per sopperire alla mancanza di pesci durante le gelate del fiume Mosa. Le mogli dei pescatori sostituirono prontamente i pesciolini fritti con delle fettine di patate, tagliate per lungo in modo da ricordarne la forma. Dal canto loro, i francesi hanno un�altra teoria e legano l�invenzione delle patatine fritte all�ufficiale medico Antoine-Augustine Parmentier: � a lui che si deve il consumo del tubero, inizialmente destinato ai maiali perch� considerato portatore di diverse malattie, fra cui la lebbra. Imprigionato in Prussia durante la guerra dei sette anni, Parmentier fu costretto a coltivare e mangiare patate, scoprendone cos� i vantaggi e il sapore delizioso, che cerc� di introdurre in Francia al suo ritorno. A seguito di un�intensa campagna di promozione, nel 1789 finalmente nacque il primo chiosco di patatine fritte, create per invogliare le persone al consumo. Resta pi� accreditata, per�, la teoria belga: in quegli anni, infatti, si svolgeva la guerra di successione austriaca attorno all�attuale Belgio, e ci sono buone probabilit� che i francesi abbiano piuttosto preso in prestito l�idea dai vicini, sviluppandola in seguito. Una cosa � certa: ai francesi si deve l�introduzione della pietanza in America, dove non a caso sono chiamate French fries. Un contorno che conquist� subito gli Stati Uniti, a cui va invece il merito di averle rese famose nel resto del mondo, attraverso le grandi catene di fast food in cui rappresentavano uno dei prodotti di punta. Del resto, si tratta �solamente� di patate fritte con un po� di sale, il piatto perfetto per cucine veloci che puntano ad alti numeri: economico, pratico, goloso. E mette anche sete. Oltre ai classici stick, c�� un altro modo per preparare le patate fritte: tagliate a sfoglia. Sono quelle pi� diffuse a livello industriale, vendute in busta, l�accompagnamento immancabile di cocktail, calici di vino e boccali di birra. Secondo la leggenda � stato lo chef newyorkese George Crum a idearle nel 1853, per conquistare il palato dell�imprenditore Cornelius Vanderbilt che rimandava indietro qualsiasi piatto: per fargli un dispetto, il cuoco affett� le patate cos� finemente da renderle dure e croccanti e le riemp� di sale, ma l�esigente ospite le mangi� di buon grado, trovandole squisite. In realt�, si tratta di un racconto popolare non veritiero, soprattutto perch� Vanderbilt non si trovava negli Stati Uniti in quel momento. Gi� una trentina di anni prima, invece, venne pubblicato �The Cook�s Oracle� del fisico britannico William Kitchiner, che citava la ricetta delle �patatine fritte a fette o riccioli�. Un ricettario scritto con l�intento di aiutare le persone a mangiare sano: e pensare che oggi le patatine in busta sono uno dei pi� acerrimi nemici dei salutisti! A dare una svolta all�industria delle crisps (all�inglese, chips per gli americani) � stata la Seconda Guerra Mondiale, periodo in cui tutti i beni non essenziali vennero razionati, a cominciare dallo zucchero e i dolci. Anche le patatine erano superflue ma i produttori a quel punto erano gi� molti, cos� si allearono e chiesero di cambiare la norma. Non avendo a disposizione dolciumi, la popolazione si rivers� sulle patatine per soddisfare la voglia di snack, facendo cos� salire le vendite alle stelle. Il resto � storia nota: lo sviluppo industriale ha fatto s� che le patatine in busta divennero uno snack popolare, democratico, diffuso ovunque per via della sua semplicit�. Col tempo sono poi stati introdotti aromi e insaporitori, e sono nati i grandi marchi che hanno segnato le evoluzioni del comparto, da Frito-Lay a Pringles. Trento, un mix prezioso di natura, storia e cultura (Italia.it) - Trento, capoluogo del Trentino Alto Adige, � una splendida meta per chi vuole immergersi nell�arte, ma anche nel verde pi� rigoglioso in cerca di relax - Una lunga e ricca tradizione la lega ad alcuni dei momenti pi� importanti della storia d�Italia: incastonata nel cuore delle Alpi, si � sviluppata al tempo dei Romani e conserva di quel periodo molti elementi come la basilica paleocristiana e lo spazio archeologico sotterraneo di piazza Cesare Battisti. La storia ultramillenaria che caratterizza Trento ha sempre attratto sensibilit� diverse, provenienti dal Nord e dal Sud Europa, creando un mix culturale unico nel suo genere. Sono rinomatissime le tante e ricche specialit� gastronomiche tipiche della zona. Insomma, una meta dedicata al benessere a 360 gradi a cui dedicare molto pi� che una semplice breve gita. I resti della Trento romana sono testimonianza del glorioso passato dell�antica Tridentum. Durante la decadenza dell�Impero Romano nacque il ducato longobardo di Trento, che prosper� per due secoli, ma che alla fine lasci� spazio al dominio franco. A poco a poco sempre pi� terreni furono assegnati a ecclesiastici, il che port� alla creazione del principato vescovile di Trento, forte e solido per oltre sette secoli fino alla parentesi del dominio napoleonico, prima, e a quello austriaco, dopo. Nel corso del 1500 ebbe luogo il celeberrimo concilio di Trento, con cui la Chiesa cattolica dett� le linee per reagire alla Riforma protestante. Il Trattato di Saint-Germain-en-Laye del 1919 sanc� l�appartenenza di Trento all�Italia. Una citt� che unisce alla perfezione la sua natura alpina a un�eleganza tutta italiana che sfoggia sulle caratteristiche facciate dei palazzi storici del centro decorate con meravigliosi affreschi rinascimentali. Cosa vedere a Trento? Le attrattive a disposizione sono tante, ecco una selezione delle mete da non perdere: Partiamo dalla cultura e dall�imperdibile Muse di Trento. Si tratta di uno dei musei di scienze naturali pi� importanti d�Europa, con un design unico studiato dall�archistar Renzo Piano. Il centro storico poi � puntellato da monumenti e chiese meravigliose a partire da Duomo di Trento, spettacolare complesso in stile romanico edificato nel 1212: vi si tennero le sedute formali del Concilio di Trento. Affacciati su piazza Duomo troverete la Torre Civica e Palazzo Pretorio: la prima venne costruita a met� del XII secolo, il secondo fu residenza vescovile fino alla met� del XIII secolo. Passiamo poi al Castello Buonconsiglio, una volta residenza dei vescovi di Trento, dal 1200 al 1700, oggi sede museale di diverse collezioni. Mostre, laboratori didattici e spettacoli si tengono solitamente al Palazzo delle Albere, una villa e fortezza del XVI secolo costruita dai principi vescovi Madruzzo. Non solo arte, ma anche tanta natura: chi visita Trento dovrebbe ritagliarsi del tempo per goderne. Il Monte Bondone, un complesso montuoso a ovest di Trento � meta imprescindibile per gli amanti della neve mentre il Lago di Toblino, 15 chilometri a ovest di Trento, � un piccolo lago alpino di fondovalle circondato da un canneto e da una particolare vegetazione. Tappe che meriteranno la vostra attenzione sono anche: - Il Palazzo Roccabruna; - Il Museo Diocesano Tridentino; - Santa Maria Maggiore a Trento; - Lo Spazio Archeologico Sotterraneo. Oltre al corposo patrimonio artistico e culturale, Trento offre un ampio ventaglio di attivit� per tutta la famiglia. Cosa fare a Trento? Tra tutte le possibilit�, proponiamo 4 idee adatte a tutti, ideali per passare una meravigliosa vacanza in pieno clima trentino. Il primo imprescindibile appuntamento � con i tipici mercatini di Natale di Trento, che richiamano visitatori da tutto il mondo. Una manifestazione che si tiene nel periodo natalizio all'insegna del buon cibo locale, dell'artigianato, della tradizione e della sostenibilit� ambientale. Il mercato contadino di piazza Dante merita una visita: ogni sabato nel centro storico della citt� � possibile acquistare frutta, verdura, salumi, formaggi e uova della zona. Cibo ma anche ottimo vino. Le degustazioni di vini con visite guidate nelle cantine della zona abbondano, permettendo di trascorrere qualche ora tra sapori e profumi tipici. Infine, gli amanti degli sport invernali non potranno non fare un salto allo Snowpark Monte Bordone, facilmente raggiungibile da Trento e ricco di strutture per sciatori e snowboarder a tutti i livelli d�esperienza. La tradizione culinaria trentina nasce come cucina di sopravvivenza, quindi basata su ingredienti poveri ma allo stesso tempo sostanziosi e ricchi di sapore, caratterizzati dall�autenticit� delle origini alpine, ma con influenze dai territori confinanti (veneto e austriaco). Cosa mangiare a Trento? Questi i piatti da non perdere per nessuna ragione: Per gli amanti dei primi i canederli, palline fatte con pane, uova, farina, latte, spezie e aromi condite con formaggi, carne, salumi o verdure; per non parlare degli sp�tzle, piccoli gnocchi di farina di grano tenero, uova e acqua, serviti in brodo o conditi con i pi� disparati ingredienti tra i quali formaggi, insaccati e panna. La carne salada, una saporita carne bovina marinata con sale, spezie, erbe aromatiche, accontenter� chi ama i sapori decisi. Senza bisogno di presentazioni, lo strudel di mele, il celeberrimo dolce che nell�impasto racchiude le mele, la cannella, i pinoli e l�uvetta ammollata nel rum. Tra le altre delizie da provare nelle tipiche stube disseminate in citt�: gli strangolapreti alla trentina, la zuppa d�orzo alla trentina e lo spezzatino di cervo alla trentina. Allontanarsi dai percorsi pi� turistici per scoprire piccole chicche meno battute � possibile. Tra i luoghi insoliti di Trento spicca l�Orrido di Ponte Alto, un canyon mozzafiato scavato per migliaia di anni dalle acque tumultuose del Torrente Fersina, con due cascate spettacolari. Un�avventura davvero travolgente. Un salto al Museo dell�Aeronautica Gianni Caproni permette invece di ammirare una collezione di aeromobili storici. La Fontana del Nettuno di Trento, di origine settecentesca, domina Piazza del Duomo e merita di essere apprezzata. Gli amanti della natura adoreranno il Giardino Botanico Alpino Viote, uno dei pi� antichi delle Alpi, con 2000 specie di piante di alta quota, alcune delle quali a rischio estinzione. Pippo Baudo, il conduttore e il talent scout (Ilpost.it) - Grazie alla sua grande influenza diede le prime occasioni di visibilit� a cantanti, comici e intrattenitori diventati volti noti della televisione italiana - Tra gli anni Settanta e Ottanta giornalisti, opinionisti e addetti ai lavori cominciarono ad associare al celebre conduttore televisivo Pippo Baudo la frase �L�ho inventato io!�. Nel tempo questo motto � diventato lo slogan pi� rappresentativo della figura di Baudo, morto sabato 16 agosto a 89 anni: viene spesso riproposto in documentari, libri e altri prodotti culturali a lui dedicati, e d� un�idea dell�enorme influenza che riusc� a esercitare su almeno tre generazioni di comici, cantanti e intrattenitori, a cui offr� le prime occasioni di visibilit� e la possibilit� di diventare protagonisti dello spettacolo italiano. Il suo nome completo era Giuseppe Raimondo Vittorio Baudo, ed era nato nel 1936 a Militello in Val di Catania, un piccolo paese dell�entroterra siciliano, figlio di un avvocato e di una casalinga. Da giovane lavor� in un teatro locale facendo da intrattenitore e pianista tra gli spettacoli, rendendosi conto in fretta di essere pi� bravo in quella veste che come attore. Si laure� in Giurisprudenza il giorno dopo aver presentato la serata finale di �Miss Sicilia� a molti chilometri di distanza, trovando poi un passaggio notturno su un camioncino con cui riusc� ad arrivare in tempo per la discussione della tesi. Con l�amico Tuccio Musumeci cominci� poi una carriera nel cabaret, facendogli da spalla, e debuttando in un programma della Rai nel 1956, con il concorso per radiocronisti Radiosquadre. Il suo esordio come conduttore televisivo arriv� all�inizio degli anni Sessanta, presentando varie trasmissioni musicali girate in Sicilia e nel Sud Italia, finch� non partecip� alle registrazioni della nuova trasmissione Settevoci, un variet� e quiz musicale che fu mandato in onda a partire dal 1966 e fino al 1970. Lo stesso Baudo raccont� a lungo che fu trasmessa inizialmente perch� alla Rai non erano arrivate le bobine di Le avventure di Rin Tin Tin, ma era probabilmente un falso ricordo e la leggenda metropolitana fu poi smentita. Nel 1968 Baudo present� per la prima volta il Festival di Sanremo: vinsero Sergio Endrigo e Roberto Carlos con �Canzone per te�, e Baudo entr� nel gruppo ristretto dei conduttori pi� riconoscibili della televisione italiana, insieme a Enzo Tortora, Mike Bongiorno e Corrado. Negli anni Settanta present� il variet� Canzonissima, i quiz Spaccaquindici, Un colpo di fortuna, Chi? e Secondo voi, finch� non succedette a Corrado alla conduzione di Domenica In, variet� del pomeriggio domenicale con cui divent� il conduttore di punta della Rai. E negli anni Ottanta gli fu nuovamente affidato il Festival di Sanremo, per ben tre edizioni consecutive. In quegli anni condusse anche il variet� del sabato sera Fantastico, tra i pi� famosi della storia della tv italiana, che era stato condotto in precedenza da altri protagonisti della tv italiana come Corrado, Raffaella Carr�, Loretta Goggi e Gigi Proietti, e che Baudo riport� al successo dopo alcuni anni di crisi. La sua capacit� di scoprire e valorizzare talenti era dovuta a vari fattori: la sua conoscenza dei principali festival musicali italiani, i rapporti costanti con manager, impresari e societ� discografiche e la capacit� di creare contesti televisivi in cui esaltare le qualit� degli artisti emergenti, per esempio. Ma a consolidare la fama da talent scout di Baudo fu soprattutto la posizione egemonica che riusc� a ritagliarsi nella Rai degli anni Settanta, Ottanta e Novanta, quando divent� il presentatore pi� popolare della televisione italiana e riusc� a esercitare un�influenza senza paragoni sulle scelte dell�azienda. Era il conduttore pi� strettamente associato al Festival di Sanremo, il programma di maggior richiamo della televisione italiana, di cui non fu soltanto il volto ma anche il direttore artistico in molte edizioni, con la possibilit� di orientarne le scelte e l�impostazione. Nelle altre trasmissioni di grande popolarit� da lui condotte come Domenica In e Fantastico, il suo ruolo andava ben oltre la conduzione: partecipava alle decisioni creative, contribuiva alla selezione degli ospiti e spesso definiva il taglio stesso del programma. Le trasmissioni in cui era coinvolto erano seguite da milioni di spettatori, ed erano il contesto ideale in cui fare esordire artisti molto giovani e con scarsa esperienza che volevano combinare qualcosa nel mondo dello spettacolo: venire presentati da Baudo significava diventare immediatamente familiari al pubblico italiano, e ottenere un�occasione di esposizione mediatica con poche eguali. Dopo la prima conduzione del 1968, Baudo torn� a presentare il Festival di Sanremo per tre edizioni tra il 1984 e il 1987, nelle quali stabil� record di ascolti rimasti a lungo imbattuti. In quel triennio introdusse la categoria Nuove proposte. Non era la prima volta che il Festival associava il suo nome a cantanti emergenti: gi� dagli anni Sessanta esistevano concorsi paralleli o selezioni per esordienti, spesso legati a manifestazioni pi� piccole ma strettamente collegate, come il Festival di Castrocaro. La novit� introdotta da Baudo fu per� quella di integrare la categoria nella programmazione ufficiale del Festival. I giovani artisti non si esibivano pi� in concorsi separati, ma salivano sullo stesso palco dei �Big� (i cantanti gi� famosi e affermati), davanti allo stesso pubblico di milioni di telespettatori. L�operazione funzion�: proprio in quegli anni debuttarono tra gli altri Eros Ramazzotti, che nel 1984 vinse in quella categoria con �Terra promessa�, Mietta e Marco Masini, tutti poi diventati nomi importanti della musica pop di quel periodo. Baudo conferm� la formula anche nel decennio successivo, quando condusse cinque edizioni consecutive del Festival, dal 1992 al 1996. In quegli anni debuttarono Laura Pausini, vincitrice della categoria Nuove proposte nel 1993 con �La solitudine�, Giorgia, che l�anno successivo vinse con �E poi�, e Andrea Bocelli, che dopo una lunga gavetta nel 1994 divent� popolarissimo proprio grazie alla sua prima partecipazione a Sanremo. Ma da quelle edizioni emersero anche Nek, Gianluca Grignani, Irene Grandi e Biagio Antonacci. Il legame con il Festival non si esaur� con gli anni Novanta: Baudo torn� a condurlo nel 2002, nel 2003 e poi nel 2007 e 2008. Negli anni Ottanta, quando condusse programmi di grande successo come Fantastico e Domenica In, Baudo diede grande spazio a comici e donne di spettacolo. Uno degli esempi pi� famosi � quello di Beppe Grillo. Lo not� nel 1977, durante uno spettacolo al locale di cabaret milanese La Bullona, e decise di ospitarlo in programmi come Secondo voi, Luna Park e Fantastico, dove si distinse per i suoi monologhi sardonici. Nel 1986, durante una puntata del programma, Grillo fece la battuta, diventata celebre, su due tra i principali esponenti del Partito Socialista, Claudio Martelli e Bettino Craxi. Dopo quell�episodio, Baudo fu allontanato dalla Rai: nel 1987 firm� un contratto con Fininvest diventando direttore artistico di Canale 5 e conducendo il variet� Festival, ma non and� molto bene e ritorn� in Rai, dove all�inizio degli anni Novanta riprese Domenica In, fino all�ultima edizione da lui condotta nella stagione 2016-2017. Nonostante avesse gi� cominciato a farsi notare come attore di cinema e teatro, anche Roberto Benigni aument� la sua popolarit� grazie a Baudo, che lo fece partecipare ad alcuni dei suoi programmi pi� famosi. Oltre a Grillo, Baudo contribu� a far conoscere al grande pubblico anche il Trio formato da Anna Marchesini, Tullio Solenghi e Massimo Lopez, che trov� spazio nei suoi variet� televisivi e divenne molto popolare negli anni Ottanta. Parallelamente, Baudo offr� opportunit� a numerose figure femminili. Heather Parisi debutt� in televisione nel 1979 in Luna Park, mentre Lorella Cuccarini si impose a met� degli anni Ottanta proprio grazie a Fantastico, che la rese una delle showgirl pi� note del decennio.